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Intervista a Klaus Voigt
i ragazzi di “Villa Emma” a Nonantola Intervista a Klaus Voigt di Cinzia Villani Il 17 luglio 1942 giunsero a Nonantola, in provincia di Modena, 40 ragazzi e ragazze ebrei dai sei ai diciotto anni. Arrivavano da Lubiana, nella parte della Slovenia annessa nel 1941 all’Italia; con loro nove accompagnatori, fra cui Josef Indig, Marco Shoky ed il pianista Boris Jochvedson. I giovani provenivano da Berlino, Francoforte, Graz, Lipsia, Amburgo e Vienna, da dove erano fuggiti per sottrarsi alla persecuzione nazista. A Nonantola furono alloggiati in un’imponente casa di campagna, Villa Emma, affittata da un’organizzazione ebraica italiana, la Delasem (Delegazione per l’assistenza agli emigranti). Qui i ragazzi si dedicarono a lavori agricoli, di falegnameria e cucito, si occuparono della casa e seguirono le lezioni scolastiche impartite dagli accompagnatori. L’intento era quello di prepararli alla vita di un kibbutz in Palestina. Grande importanza veniva data alla vita religiosa: le funzioni del venerdì e del sabato mattina erano obbligatorie. I pasti erano poveri e molto simili all’alimentazione dei contadini della zona. Nella primavera del 1943 il gruppo si arricchì di altri 33 giovani fuggiti dalla Bosnia e dalla Croazia: quasi tutti erano orfani, i loro genitori morti nei lager tedeschi e croati. Dopo l’8 settembre, quando le truppe germa- 9 8storiae 10 niche avevano già raggiunto il paese, ragazzi ed accompagnatori vennero aiutati da gente del luogo che li nascose. Grazie all’intervento del medico condotto Giuseppe Moreali, che aveva avuto in cura i ragazzi e del giovane sacerdote don Arrigo Beccari, trovarono tutti una sistemazione: alcuni nel seminario adiacente all’abbazia del paese e dalle suore, altri presso famiglie di artigiani, contadini e commercianti del posto. Non si trattava però di un rifugio sicuro. Con l’aiuto della Delasem e dopo molte traversie, quasi tutti i ragazzi trovarono rifugio in Svizzera: fra il 6 ed il 17 ottobre 1943, divisi in gruppi, guadarono al buio il fiume nei pressi di Ponte Tresa e raggiunsero la salvezza. Uno dei ragazzi, Max Federmann, si unì ai partigiani nelle Marche e combattè fino alla liberazione. L’unico che non si salvò fu Salomon Papo, originario di Sarajevo: ricoverato in un sanatorio sull’Appennino modenese, non fu portato oltre confine quasi certamente perché si temeva che il viaggio potesse compromettere ulteriormente la sua salute. Fu deportato dal campo di transito di Fossoli il 5 aprile 1944 alla volta di Auschwitz, da dove non fece ritorno. Nel dopoguerra Jochvedson e Schoky si recarono a Merano e collaborarono con la Brichah, un’organizzazione sionista clandestina che aiutò migliaia di profughi ebrei a raggiungere l’Italia e quindi ad emigrare in Palestina. Jochvedson morì nel 1948 ed è sepolto nel cimitero ebraico di questa città. La sua lapide riporta questa scritta: “Qui riposa il nostro caro Boris il quale con la sua attività ha reso possibile a molti nostri fratelli di raggiungere Israele. Gli amici della Bricha”. All’opera di Giuseppe Moreali e don Arrigo Beccari è stato dedicato dallo Yad Vashem 11 Klaus Voigt, storico berlinese, si occupa da anni di profughi dal Reich hitleriano in Italia. Fra le sue numerose pubblicazioni i due volumi Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945, Firenze 19931996. Bibliografia PICCININI O., VOIGT K., I ragazzi ebrei di Villa Emma a Nonantola. Die jüdischen Kinder der Villa Emma in Nonantola. Fotografie di una mostra. Photographien einer Ausstellung, Nonantola 2002; VOIGT K., Villa Emma. Ragazzi ebrei in fuga 1940-1945, Firenze 2002; INDIG ITHAI J., Anni in fuga. I ragazzi di Villa Emma a Nonantola, a cura di Klaus Voigt, Firenze-Milano, 2004. di Gerusalemme un albero nel viale dei Giusti. Professor Voigt, come è nata l’idea di studiare e raccontare la storia dei “ragazzi di Villa Emma”? L´idea di raccontare la storia dei “ragazzi di Villa Emma” è stata proposta dal giovane sindaco di Nonantola, Stefano Vaccari, già all’inizio della sua prima legislatura dieci anni fa. Era consapevole, infatti, che questa vicenda, così significativa per la storia della sua città, rischiava di cadere nell’oblio. Alla ricerca di uno storico che potesse scrivere la storia dei “ragazzi”, si è rivolto al Centro di Documentazione Ebraica le persone e le famiglie che li avevano nascosti. Nel corso dei nostri incontri, i “ragazzi” mi hanno dato informazioni preziose che non avrei potuto ricavare da fonti archivistiche, sia sulla loro fuga durata cinque anni sia in merito al loro soggiorno a Villa Emma. Alcuni di loro, spontaneamente, mi hanno mostrato delle fotografie e, con mio grande stupore, persino interi album; li hanno messi a mia disposizione, affinché io potessi riprodurli nel libro. E’ nata così l´idea di preparare anche una mostra fotografica e documentaria: inaugurata a Nonantola nell’ottobre 2001, è stata poi ospitata in oltre quindici città europee. Fino a poco 12 13 9. Cartina degli spostamenti dei ragazzi. 10. Copertina del catalogo della mostra. 11. Klaus Voigt. 12. Manifesto della mostra sui ragazzi di Nonantola a Lipsia. 13. Ragazzi sia del gruppo tedesco e austriaco che del gruppo jugoslavo, con ac- Contemporanea di Milano e la presidente, Luisella Mortara Ottolenghi, ha fatto il mio nome. Dopo alcune ricerche archivistiche per accertare che la documentazione disponibile fosse sufficiente per la redazione di un libro, mi sono messo al lavoro. Ho intrapreso viaggi di studio soprattutto in Israele, in Italia e in Svizzera per raccogliere materiale. Durante questi viaggi ho avuto occasione di conoscere una ventina dei “ragazzi di Villa Emma”, ormai in età avanzata. La maggior parte di loro vive in Israele. Nessuno si era stabilito in Italia nel dopoguerra, ma molti vi hanno fatto ritorno due volte su invito del Comune di Nonantola, per rivedere i luoghi dove avevano soggiornato e per incontrare tempo fa tutta l´attività per commemorare il salvataggio dei “ragazzi di Villa Emma” è stata svolta dal Comune di Nonantola. Oggi ne ha cura la Fondazione Villa Emma che, dopo anni di preparazione, è stata istituita nel marzo dell’anno scorso. Il suo scopo non è solo gestire il luogo della memoria, ma anche cercare di rendere attuale il messaggio di aiuto e solidarietà che i ragazzi trovarono a Nonantola. Si contrappone ad ogni forma di intolleranza, di xenofobia e di antisemitismo, promuovendo, ad esempio, studi su minoranze e profughi, con particolare riferimento ai bambini. Perché la vicenda dei “ragazzi di Villa Emma” è così 9 storiae 14 Cosa ne è stato dei ragazzi alla fine della guerra? In Svizzera la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze fu ospitata, con altri giovani ebrei, quasi tutti profughi dalla Francia, in un istituto sionista a Bex nella valle del Rodano, dove poterono continuare l’istruzione scolastica, agricola e artigianale. Quarantasei ragazzi partirono dalla Svizzera con il primo trasporto diretto in Palestina. Viaggiarono in treno fino a Barcellona e si imbarcarono per Haifa, dove arrivarono nel giugno 1945; furono condotti poi ai kibbuzim ai quali erano stati destinati. Alcuni vivono ancora lì; altri, nel corso degli anni, si sono trasferiti nelle città. Coloro che non partirono per la Palestina si resero indipendenti dal gruppo di Bex: preferirono frequentare corsi per conseguire la maturità liceale o imparare un mestiere a loro scelta. Chi aveva parenti negli Stati Uniti, in Inghilterra o congiunti sopravvissuti in Jugoslavia, generalmente si trasferì in quei paesi. Solo in tre rimasero in Svizzera. L´unico “ragazzo” che oggi vive in Germania, un musicista, vi ha fatto ritorno anni dopo da Israele. La Fondazione Villa Emma a Nonantola ha una collaborazione con la Maison d’Izieu in Francia. Ci racconti la vicenda di questi 44 ragazzi ebrei arrestati in Francia con i loro educatori e deportati. La collaborazione, prima del Comune di Nonantola e ora della Fondazione Villa Emma, con la Maison d’Izieu, luogo di memoria per i bambini ebrei sterminati, è stata avviata circa quattro anni re rifugio in Italia dopo l’entrata del paese in guerra ed a cui fu permesso di restare unito. La maggior parte di loro aveva perduto i genitori: erano orfani, pertanto non potevano rinunciare ai loro accompagnatori. A Villa Emma ricevettero inoltre un’istruzione in previsione della loro futura emigrazione in Palestina. Durante il loro soggiorno a Nonantola, malgrado le “leggi razziali” e la propaganda antisemita del governo fascista, poterono contare sulla simpatia della popolazione. Pure il fatto che fu consentito loro di vivere a Villa Emma, in condizioni tutto sommato favorevoli, grazie anche al sostegno della Delasem, è un fatto di rilievo. Ma ancora più meritevole e degna di essere ricordata è la solidarietà dimostrata da molti abitanti di Nonantola nel momento del pericolo, in primo luogo dal medico Giuseppe Moreali e Don Arrigo Beccari. Nell’arco di 48 ore Villa Emma fu abbandonata e i ragazzi nascosti. Nell’aiutare i ragazzi sottraendoli all’arresto, anche i soccorritori correvano gravi pericoli. Fu una grande dimostrazione di coraggio civile. Il fatto che fossero nascosti e protetti, fu decisivo per la loro fuga in Svizzera. Non conosco nessun altro esempio in Italia di un così vasto, spontaneo e rapido aiuto ad ebrei in una piccola città, tanto più che ciò avvenne subito dopo l´8 settembre. 10 storiae 15 17 18 16 fa dopo l’inaugurazione della mostra sui “ragazzi di Villa Emma”. E’ stato realizzato uno scambio: la mostra d’Izieu è stata portata a Nonantola, quella di Nonantola è tutt’ora esposta a Izieu. Sede dell’esposizione in Francia è la villa in cui furono ospitati i 44 ragazzi. Nell’aprile 1944 essi furono arrestati e rinchiusi nel campo di transito di Drancy: tutti furono deportati ad Auschwitz o in un’altro luogo di sterminio nell’Est europeo. Solo una degli insegnanti, Léa Feldblum, fece ritorno. Un raffronto fra le due vicende è particolarmente istruttivo, anche in quanto le modalità di convivenza a Villa Emma e nella Maison d’Izieu erano molto simili. Tutti e due gli edifici davano alloggio a ragazzi ebrei profughi. Quelli di Izieu per la maggior parte erano stati liberati dall’organizzazione ebraica OSE (Oeuvre de Secours aux Enfants – Opera di soccorso ai bambini) dai campi di internamento nel Sud della Francia. Erano stati separati dai loro genitori: anche questi ultimi, tranne poche eccezioni, furono deportati. Izieu fu scelto come luogo di soggiorno perché situato nella zona d’occupazione italiana, dove i profughi ebrei furono protetti dalla deportazione dalle autorità militari. La situazione cambiò radicalmente dopo l’8 settembre 1943, quando le truppe italiane si ritirarono e la Francia intera cadde sotto l’occupazione tedesca. Gli accompagnatori dei ragazzi sperarono troppo a lungo che una località completamente isolata, come quella d’Izieu, non venisse scoperta dalla polizia tedesca. Non fu così. I preparativi per il trasferimento dei ragazzi in un altro luogo, che alla fine non si sarebbe comunque rivelato sicuro, erano già in corso quando avvenne la tragedia. Un sentito ringraziamento al Comune di Nonantola, alla Fondazione “Villa Emma” e alla dott.ssa Ombretta Piccinini per l’autorizzazione alla pubblicazione delle immagini qui riprodotte. 19 14. Al lavoro per sbucciare le patate nel cortile del castello di caccia. 15. Orario della giornata a Villa Emma. 16. Helene Barkic e Goffredo Pacifici nel magazzino della Delasem a Villa Emma. 17. Al lavoro per arare il terreno intorno a Villa Emma. 18. Ragazzi intenti a dissodare il terreno per l’orto. 11 storiae