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Diapositiva 1 - Fondazione Maddalena Grassi
Complicanze vascolari e comiziali nel follow-up dei pazienti con tumore cerebrale Dott. A. Botturi COMPLICANZE VASCOLARI nel follow-up TROMBO-EMBOLICHE Complicanze vascolari EMORRAGICHE CANCER August 1, 2000 / Volume 89 / Number 3 An Evidence-Based Review Indica una percentuale di tromboembolismo venoso dopo la III settimana operatoria tra il 7 e il 24%. Complessivamente il 5% dei Pz. sviluppa una embolia polmonare e L’80% di questi muore complicazioni correlate. per Quale è la frequenza ed incidenza nella popolazione senza una specifica patologia dei più importanti fenomeni trombo-embolici ? Conclusions: Venous thromboembolism is a major national health problem, especially among the elderly. While the incidence of pulmonary embolism has decreased over time, the incidence of deep vein thrombosis remains unchanged for men and is increasing for older women. These findings emphasize the need for more accurate identification of patients at risk for venous thromboembolism, as well as a safe and effective prophylaxis. Arch Intern Med. 1998; 158:585-593 Studio retrospettivo su una coorte di oltre 2000 Pz. per un periodo di 25 anni. Gruppo della Mayo Clinic. The incidence of venous thromboembolism increases markedly with advancing age, and pulmonary embolism, a potentially fatal complication of deep vein thrombosis, represents an increasing proportion of total venous thromboembolism events with advancing age. La relazione tra malattia neoplastica e disordini tromboembolici è nota dal 1865. Armand Trousseau recognised that phlegmasia alba was frequently associated with malignant disease. His description of the causality in his most famous work Clinique médicale de l'Hôtel Dieu de Paris is impressive. When he later suffered phlebitis of the left arm, he correctly diagnosed stomach cancer, from which he died six months later. Portrait of Richard Wiseman (1625–1686) by Sir Balthazar Gerbier (1601–1667) (Adapted from: British Journal of Surgery, (1929) 16, 358). He described in detail the clinical manifestations of venous thrombosis following childbirth and in particular, what might cause such symptoms to develop. Wiseman is describing two of the three factors subsequently ascribed to Virchow's triad as causes of coagulating blood; stasis ('depending of the Part or from some other pressure upon the Vessel') and hypercoagulability ('by its own [the bloods] grossness' [def: something within itself]), almost two hundred years before Virchow. Virchow's triad describes three factors that contribute to the development of venous thrombosis: Hypercoagulability, stasis and endothelial injury . Wirchow confutò l’ipotesi di Cruveilhier, che identificava i trombi nei vasi polmonari come conseguenza di un danno locale. Wirchow disegnò un elegante esperimento in cui inserì diversi trombi nella vena giugulare di cane, per rappresentare un trombo derivante da un arto. Egli trovò gli emboli nei polmoni dei cani cha avevano sofferto di distress respiratorio. Thrombosis and intracranial tumors. Kayser-Gatchalian MC, Kayser K. J Neurol. 1975 Jul 2;209(3):217-24 334 necropsy reports of intracranial neoplasm from an autopsy material over 13 years were reviewed to study the relationship of intracranial tumors to vascular thrombosis. The incidence of venous thrombosis in intracranial tumors was found to be 27.5% while that of a control group without malignancies taken at random from the autopsy material was 17%. The difference gives a statistical significance of P less than or equal to 0.05. The parameters of sex, surgical intervention, the malignancy and the histological type of the tumor apparently dod not affect thrombus formation to a statistically significant degree. There is increased thrombosis frequency with increasing age. The presence of hemiparesis or hemiparalysis does not affect the incidence of thrombosis. However, it determines to a great degree the lateralization of the thrombus. FATTORI DI RISCHIO ASSOCIATI A TROMBOSI VENOSA Paresi di una gamba; ( rischio relativo (RR) = 2,6 e 3,6). Età avanzata RR = 2,0 in Pz. > 60 anni. Chemioterapia RR = 6,1. Diagnosi istologica = GBL > 5 x v.s. AA. Durata dell’operazione RR = 1,6. ETA’ 22-44 ETA’ 45-53 ETA’ 54-63 Sopravvivenza senza trombosi stratificata per età Sopravvivenza senza trombosi stratificata per dimensione della neoplasia CANCER April 15, 2004 / Volume 100 / Number 8 Gruppo A Gruppo AB Sopravvivenza senza trombosi stratificata per gruppo sanguigno NEURO-ONCOLOGY APRIL 2007 The cumulative probability of VTE was 21% after three months and 26% after one year. VTE was not significantly associated with survival (univariate time-dependent HR 5 1.43, 95% CI 5 0.68– 2.97, P 5 0.35; Fig. 3). Patients that received a total resection had a significantly better survival than did patients with subtotal resection and biopsy (univariate analysis). Studio retrospettico popolazione di 315 Pz. durata dell’osservazione 1997-2001 59 Pz. (18,8%) hanno sviluppato DVT 11 Pz. (3,5%) hanno sviluppato DVT e PE 5 sono morti per PE. Genetic and Plasma Markers of Venous Thromboembolism in Patients with High Grade Glioma Vol. 10, 1312–1317, February 15, 2004 Clinical Cancer Research Il polimorfismo dei geni codificanti per le proteine coinvolte nella coagulazione non è distribuito differentemente negli astrocitomi e nei GBM, a confronto con i controlli. Vi è sicuramente un aumento di VEGF, rilasciato dal tumore. Aumento dei valori di omocisteina in seguito a chemioterapia. Aumento del Tissue plasminogen activator ; Aumento del Plasminogen activator inhibitor-1 . Omocisteina VEGF PAI-1 tPA Platelet Cancer Pro Coagulant Tissue Factor Activity Rilascio del FIBRINO PETPTIDE Protrombina Activator Protrombina Activation Denton Cooley did the first pulmonary embolectomy under extracorporeal circulation, April 18, 1961. Friedrich Trendelemburg, performed the first emergency pulmonary embolectomy, 1908. John H. Gibbon. Invented the heart-lung machine. On May 6, 1953 did the first successful open-heart operation using it. The best protection against DVT and PE lies not in the use of the filters but rather, in the identification of patients at risk and the implementation of adequate prophylactic measures. July 9, 1998 Studio randomizzato in doppio cieco coinvolgente circa 300 Pz. che andavano in contro a NCH (la > parte per K cerebrale); 40 mg ENOXAPARINA die + calze (17% VTE) vs calze da sole (32%VTE) Arch Intern Med. 2000;160:2327-2332 Metanalisi di 4 trial tromboprofilassi con utilizzo LMWH e UFH ha dimostrato: di di (LMWH = low moleculare weights heparins; UHF = unfractioned heparins; - una riduzione del rischio di VTE dal 12,5% al 6,2% e con un rischio di sanguinamento maggiore del 2%. Incidence and treatment of peripheral venous thrombosis in patients with glioma Ann Neurol. 1983 Mar;13(3):334-6 Ruff RL, Posner JB The incidence, prevention, and treatment of peripheral venous thrombosis were studied retrospectively in 381 patients with malignant glioma. We conclude that patients with malignant gliomas have a high risk of developing peripheral venous thrombosis; that antithrombotic therapy reduces the incidence of thrombosis following craniotomy; and that, in patients who develop phlebitis, anticoagulation reduces the risk of pulmonary emboli without increasing the risk of intracranial hemorrhage. Complications of therapy for venous thromboembolic disease in patients with brain tumors Neurology. 1993 Jun;43(6):1111-4 Levin JM, Schiff D, Loeffler JS, Fine HA, Black PM, Wen PY Analizza numerose e diverse complicazioni in Pz. con inferior vena cava (IVC) filters. 12% EP; 57% trombosi IVC o DVT recidive. L’utlizzo di IVC e terapia anticoagulante diminuisce il rischio di PE ma aumenta quello di DVT. Come si fa una valutazione clinica di un paziente in cui si sospetta una TVP - Dolore spontaneo o provocato dallo stiramento dei muscoli (dolorabilità alla pressione lungo la distribuzione delle vene profonde dell’arto o segno di Bauer, - dolorabilità alla flessione dorso-plantare del piede o segno di Homans); - DOLORE, dolorabilità alla pressione (segno di Hunter), - dolorabilità alla pianta del piede (segno di Payr), dolorabilità al cavo popliteo (segno di Krieg), dolorabilità alla compressione (segno di Tschmark). - dolore alla pianta del piede o al cavo popliteo; - rossore; - cianosi; - aumento della temperatura cutanea; - crampi; - aumento della circonferenza dell’arto per edema franco; - sviluppo tardivo di circoli collaterali; - phlegmasia alba dolens (quadro clinico in cui, oltre all’alterato deflusso venoso provocato dalla trombosi, esiste un vasospasmo arterioso con pallore, riduzione della temperatura dell’arto interessato e iposfigmia arteriosa). - Phlegmasia Cerulea Dolens (Trombosi con completa ostruzione venosa ) Il primo modello clinico finalizzato alla valutazione delle probabilità pretest (probabilità clinica) di TVP è stato sviluppato e validato in più riprese da Wells e coll. in pazienti ambulatoriali che si erano presentati alla visita medica con sospetto di TVP2,3 (tabella 2). In base alla presentazione clinica, i pazienti sono stati stratificati in categorie ad alta o bassa probabilità di TVP. I pazienti ambulatoriali con i classici segni e sintomi di TVP ed almeno un fattore di rischio presentano l’85% di probabilità di avere una TVP, mentre quelli con caratteristiche atipiche e nessun fattore di rischio identificabile presentano solo una probabilità di circa il 5% diavere una trombosi. Il modello è stato applicato con successo in differenti popolazioni di pazienti, compresi pazienti ospedalizzati e pazienti che si sono presentati in dipartimenti d’urgenza, dimostrandosi sicuro ed attendibile. Lancet 1997; 350: 1795–98 Quali sono gli accertamenti diagnostici obiettivi più attendibili? Gli esami più utili per la diagnosi di TVP sono l’ecodoppler e il test D-Dimero. In combinazione con la valutazione clinica, queste indagini hanno marcatamente ridotto la necessità della venografia di contrasto, che è il goldstandard per la diagnosi di TVP. Studi di coorte rigorosamente condotti hanno evidenziato che le strategie di diagnosi che prevedono la valutazione clinica pretest, l’ecodoppler e il test D-Dimero sono sicure ed attendibili per una corretta gestione della TVP. Il D-Dimero è il prodotto finale della degradazione della fibrina ad opera della plasmina. Valori elevati di D-Dimero sono espressione di avvenuta formazione di un coagulo con successiva fibrinolisi e caratterizzano pertanto le malattie tromboemboliche (TVP ed embolia polmonare) e la CID (coagulazione intravascolare disseminata). Tuttavia, poiché l’attivazione della coagulazione accompagna molteplici situazioni, valori aumentati di D-Dimero si possono trovare anche in altre patologie quali: infezioni, traumi, interventi chirurgici, infarto miocardico, neoplasie e anche in condizioni parafisiologiche quali la gravidanza e la senescenza. Il valore normale per D-Dimero con metodo di riferimento (immunoenzimatico ELISA) è inferiore a 0,5 ng/mL; con altri metodi si ottengono valori normali differenti. Il metodo immunoenzimatico per la determinazione del D-Dimero è caratterizzato da elevata sensibilità (capacità di individuare i malati), anche se la specificità è relativamente bassa (perché, come si è appena detto, il test può risultare positivo in diverse patologie, dando cioè falsi positivi). Con il metodo immunozimatico il D-Dimero ha un elevato VPN per TVP; il VPN è però variabile a seconda della probabilità clinica pre-test (tabella 3). Nei casi in cui la probabilità pre-test è bassa o moderata il VPN del D-Dimero è molto elevato; cioè se il D-Dimero risulta negativo esclude con quasi assoluta certezza la TVP. Nei casi a bassa probabilità pre-test, pertanto, è utile eseguire il test D-Dimero come primo test all’esordio dei sintomi; in questo modo, secondo vari studi, circa il 20 – 30 % dei pazienti con sospetta malattia tromboembolica possono essere esclusi da successivi accertamenti di D-Dimero in quanto presentano valori nella norma. Nei casi di probabilità pre-test elevata, è utile ricorrere come primo test all’ecodoppler, mentre il D-Dimero mantiene la sua utilità nei casi di dubbio diagnostico (grafico 1). ECODOPPLER L’ecodoppler è la metodica non invasiva di prima scelta per la diagnosi di TVP prossimale degli arti inferiori (per definizione, trombosi estesa dalla vena poplitea ai segmenti iliaco-femorali). Essa gode di una elevata accuratezza diagnostica, praticità e semplicità d’uso, economicità, innocuità, e può essere ripetuta senza restrizioni (tabella 4). La visualizzazione del sistema venoso si ottiene tramite apparati ecografici ad alto potere di risoluzione che consentono di evidenziare le più fini caratteristiche morfostrutturali della parete e degli apparati valvolari. L’abbinamento dello studio ecografico con i dati funzionali ed emodinamici Doppler permette di completare l’informazione morfologica superando i limiti insiti nelle singole metodiche eseguite separatamente. Ulteriori vantaggi si sono ottenuti dalla codificazione dei dati velocimetrici attraverso una scala colorata che ha permesso di ottenere informazioni non solo statiche ma anche dinamiche del flusso ed in tempi nettamente inferiori (eco-color-doppler). È possibile esplorare direttamente e in maniera completa la vena. femorale comune, la femorale profonda alla confluenza con la comune, la femorale superficiale, la poplitea, le sottopoplitee alla confluenza con la poplitea e infinecon maggiore difficoltà quelle distali. Trombosi venosa profonda (TVP): ostruzione, parziale o totale, di un vaso venoso profondo in un qualsiasi distretto dell’organismo. La TVP degli arti inferiori è di gran lunga la più frequente nella pratica medica. Non va confusa con la tromboflebite che è invece una infiammazione delle vene superficiali (esempio, vena safena magna) con o senza trombosi. Embolia polmonare (EP): complicanza assai temibile della TVP, causata dalla migrazione nel circolo arterioso polmonare di parte o della totalità del trombo venoso. Sindrome post-trombotica (o post-flebitica): complicanza della TVP, caratterizzata da un complesso di sintomi ad andamento cronico, tra i quali predominano edema, dolore, alterazioni trofiche tissutali (eczema, pigmentazioni cutanee, ulcerazioni, lipodermatosclerosi) e dilatazione delle vene superficiali. LMWH: low molecular weight heparin; IVC: inferior vena cava; PE: pulmonary embolism; DVT: Deep-vein thrombosis Sospetta embolia polmonare Scintigrafia Rx. torace TC torace FOLLOW UP DOPO TERAPIA PRIMARIA FOLLOW UP DOPO TERAPIA PRIMARIA COMPLICANZE VASCOLARI nel follow-up EMORRAGICHE Complicanze vascolari Curr Neurol Neurosci Rep. 2006 May;6(3):187-92. Links Stroke in cancer patients. Nguyen T, DeAngelis LM. Department of Neurology, Memorial Sloan-Kettering Cancer Center, 1275 York Avenue, New York, NY 10021, USA. Cancer patients are at increased risk for stroke from direct and indirect effects of their malignancy. Some tumors are at high risk for cerebrovascular complications. Certain stroke mechanisms are specific to cancer, such as compression and occlusion of cerebral vessels by tumor, coagulopathy predisposing to hemorrhage and thrombosis, and treatment-related atherosclerosis. Special consideration for these mechanisms needs to be made when evaluating cancer patients, and treatment aimed at secondary prevention needs to incorporate overall prognosis and goals of care. PMID: 16635426 [PubMed - indexed for MEDLINE] Curr Oncol Rep. 2008 Jan;10(1):72-7. Links Management of stroke in cancer. Rogers LR. Department of Neurology, University of Michigan Health System, 1920F Taubman Center, Ann Arbor, MI 48109, USA. [email protected] Cerebrovascular disorders, including brain infarction, brain hemorrhage, and cerebral venous thrombosis, can occur as an early sign of cancer, but typically occur late in the clinical course. These disorders are due to a variety of pathogenic mechanisms, including coagulation disorders associated with the cancer, invasion or compression of vessels from tumor in or adjacent to the brain, and the adverse effects of cancer therapy. The appropriate therapy for these cerebrovascular disorders is empiric in most instances, because as yet there are no prospective treatment trials for them. A review of the existing literature reveals that improvement in patient quality of life and prevention of further cerebrovascular events can be obtained in some clinical situations. COMPLICANZE COMIZIALI nel follow-up QUALI RISPOSTE ABBIAMO OGGI ? Certezze e controversie nella gestione dell’epilessia tumorale. Raccomandazioni AINO EPILESSIA I pazienti con tumore cerebrale possono presentare crisi epilettiche come sintomo di esordio della loro malattia (20-40%). Dal 10% al 30% dei Pz. svilupperà una crisi nel corso della malattia. Ricordiamo che l’incidenza di tumori cerebrali in Pz. con crisi epilettiche è del 4% circa. Causes of epilepsy (children and adults). The proportions of epilepsy from each type of brain injury approximate the attributable risk for that brain injury. Figure 1. Relative risk for unprovoked seizures after common brain injuries. The dotted vertical line represents the general population risk for unprovoked seizures. MR/CP = mental retardation/cerebral palsy; SAH = subarachnoid hemorrhage; CVA = cerebrovascular accident; TBI = traumatic brain injury. Rischio relativo (RR)», denominato in inglese «risk ratio» ossia rapporto fra i rischi. Infatti, il rischio relativo è il rapporto fra il rischio nel gruppo degli esposti e il rischio nel gruppo dei non esposti. Forse è più efficace e più precisa la seguente definizione: il rischio relativo è il rapporto tra l'incidenza negli esposti e l'incidenza nei non esposti. Associazione tra istotipo e freq. delle crisi: Melanoma, polmone, mammella neurology.thelancet.com Vol 6 May 2007 Melanie S M van Breemen, Erik B Wilms, Charles J Vecht Indipendentemente dal tipo di tumore i Pz. che si presentano alla diagnosi con una crisi hanno un maggiore rischio di ricorrenza dell’evento - nonostante la terapia anticomiziale. SEDE: una lesione corticale è un fattore predittivo per lo sviluppo dell’epilessia. Lesioni dei lobi frontali, temporali e parietali sono comunemente associate ad epilessia rispetto a lesioni occipitali. Tumori infratentoriali e sellari sono raramente causa di epilessia, a meno che non si estendano a livello degli emisferi cerebrali. EPILETTOGENESI NEI TUMORI CEREBRALI Tipo di tumore Ruolo del tessuto peritumorale Ruolo del microambiente Fattori genetici Epilettogenesi secondaria PERCHÉ È RILEVANTE L’EPILESSIA Il controllo delle crisi in questi Pz. è una parte importante della pratica clinica. Infatti in presenza di un tumore controllato lo sviluppo di crisi epilettiche aggiunge una sostanziale morbilità nei Pz. Per quanto riguarda i gliomi di basso grado il problema coinvolge Pz. giovani con discreta prognosi, con una vita sociale, professionale attiva, nei quali il mancato controllo delle crisi, unito ai possibili eventi avversi dei farmaci antiepilettici, può compromettere pesantemente la qualità di vita. Phenobarbital, Primidone, Carbamazepina, Phenitoina neurology.thelancet.com Vol 6 May 2007 AED INDUTTORI Chemioterapiaci: Cisplatino, vincristina, doxurubicina possono ridurre l’attività di CBZ e PHE. Metrotrexate, cisplatino e doxorubicina possono ridurre la concentrazione dell’a. valproico. Doxurubicina e cisplatino possono diminuire la concentrazione di CBZ e a. valproico. Gli effetti tossici di di a. valproico sono aumentati quando vi è in concomitanza cisplatino e nitrosuree. La PHE e il PB accorciano, la vita media e del desametasone. Journal of Neuro-Oncology (2005) 72: 255–260 Stefan Oberndorfer, Maria Piribauer, Christine Marosi, Heinz Lahrmann, Peter Hitzenberger and Wolfgang Grisold “P450 enzyme inducing and non-enzyme inducing antiepileptics in glioblastoma patients treated with standard chemotherapy” EI-AED Non EI-AED EI-AED e non EI-AED hanno effetti diversi sui trattamenti chemioterapici. I dati di sopravvivenza indicano una significativa differenza tra il gruppo B e il gruppo C può essere spiegata dalla diminuzione del metabolismo del CCNU da parte dei EIAED rispetto ai non-EI-AED. Dall’analisi degli studi disponibili in letteratura riguardanti l’utilizzo degli antiepilettici in Pz. con epilessia tumorale, si nota una disomogeneità nell’approccio al problema, con scarsità degli studi randomizzati e con lungo follow up, il che rende difficile fare delle valutazioni in termine di evidenza. Si nota che la 1° linea di terapia con AED fallisce in circa il 60% dei Pz. con epilessia tumorale, nel restante 40% dei casi un altro 60% avrà un nuovo fallimento in mono o politerapia. L’efficacia dei nuovi AED nel trattamento delle crisi epilettiche in Pz. con neoplasie cerebrali non è stata estensivamente indagata, né esistono studi di confronto dell’efficacia tra vecchi e nuovi AED. Per quanto riguarda l’efficacia dei nuovi AED nel trattamento dell’epilessia tumorale sono disponibili in letteratura solo studi sull’efficacia in add-on di LEV, TGB, GBP. Non esistono studi che abbiano valutato separatamente l’efficacia della terapia antiepilettica nei gliomi di basso grado. Epileptic seizures during follow-up of patients treated for primary brain tumors J Hildebrand; Cr Lecaille, RN; Joe¨lle Perennes, RN; J-Y Delattre, July (2 of 2) 2005 NEUROLOGY 65 Questo studio ci segnala che un completo controllo delle crisi è stato ottenuto solo nel 12,6% dei Pz. usando in associazione CT e più AED e BDZ. RACCOMANDAZIONI AED DI VECCHIA GENERAZIONE (Raccomandazione A): Gli AED induttori di vecchia generazione (CBZ, PHT, PRM, PB), non devono essere usati nel trattamento di tali Pz. perché sicuramente in grado di interferire con i CT e di indurre importanti eventi avversi in questa popolazione di Pz. (Raccomandazione B): AED di vecchia generazione in associazione ad irinotecan; da non utilizzare nel trattamento per la probabile pericolosità dell’associazione e per la probabile riduzione di efficacia della CT. (Raccomandazione C): AED di vecchia generazione in associazione a radioterapia da non usarsi per il potenziale rischio di eventi avversi. (Raccomandazione C): VPA in associazione a nitrosuree, CDDP, etoposide e metrotrexato da non usarsi per il potenziale rischio di eventi avversi. AED DI NUOVA GENERAZIONE (Raccomandazione A): AED di nuova generazione nel trattamento delle crisi epilettiche in Pz. con neoplasie o metastasi cerebrali inducono minori eventi avversi ed interazioni con i CT rispetto ai vecchi AED. (Raccomandazione B): Levetiracetam in add-on è consigliato nel trattamento delle crisi epilettiche in Pz. con neoplasie o metastasi cerebrali. (Raccomandazione B): Gabapentin in add-on è consigliato nel trattamento delle crisi epilettIche in Pz. con neoplasie e/o metastasi cerebrali. (Raccomandazione B): Lamotrigina, Pregabablin, Ocarbazepina, Tiagabina, Topiramato, Zonisamide non hanno studi sufficienti per esprimere un livello di raccomandazione. GLIOMI di BASSO GRADO Pz. non in terapia anti-neoplastica Pz. in terapia anti-neoplastica 1° scelta VECCHI AED VPA NUOVI AED LEV LTG OXC TPM SECONDA SCELTA/ADD-ON CBZ, PHT, GBP 1° scelta NON INDUTTORI LEV DEBOLI INDUTTORI LTG OXC TPM SECONDA SCELTA/ADD-ON GBP-VPA GLIOMI di ALTO GRADO e METASTASI Pz. comunemente in terapia antineoplastica PRIMA SCELTA Nei gliomi di alto grado Non induttori DEBOLI INDUTTORI LEV LTG, OXC, TPM SECONDA SCELTA/ADD-ON GBP-VPA PRIMA SCELTA Nelle metastasi LEV OXC EPILESSIA POST-OPERATORIA: RUOLO DELLA PROFILASSI I Pz. con tumore cerebrale possono presentare crisi epilettiche come sintomo di esordio della malattia (freq. 20-40% dei casi). Dalla letteratura non vi sono dubbi circa l’utilità ad introdurre una terapia antiepiletica. Maggiore incertezze e quesiti irrisolti esistono invece per quanto riguarda l’utilità di instaurare un trattamento profilattico con farmaci antiepilettici in Pz. che non abbiano presentato crisi all’esordio. Le crisi epilettiche rappresentano una complicanza nota e temibile della chirurgia dei tumori sovratentoriali, con un’incidenza compresa tra il 15 e il 20%. CRISI PRECOCI: < 1 settimana dall’intervento (“provoked seizures”). Max. incidenza 48-72 h dall’intervento. Focali, generalizzate. CRISI TARDIVE: > 1 settimana dal’interevento (“unprovoked seizures”). Analisi del rischio: Tipo di neoplasia. I tumori di basso grado sono più epilettogeni. Lesioni a rischio di sanguinamento. Localizzazione della lesione: lesioni sovratentoriali. Aumento della pressione intracranica; coinvolgimento del lobo temporale, parietale. Lesioni superficiali, corticali. I meningiomi della falce sono altamente epilettogeni. Tipo di approccio chirurgico. Presenza di deficit neurologici post-operatori. Storia di precedente di crisi epilettiche. RUOLO DELL’EEG. RACCOMANDAZIONI LIVELLO A La terapia profilattica anticonvulsivante non dovrebbe essere utilizzata di routine nei Pz. con tumore cerebrale di nuova diagnosi. LIVELLO B Nei Pz. con tumori cerebrali che non hanno presentato crisi, è appropriato sospendere i farmaci antiepilettici dopo la 1 settimana post-operatoria, in particolare modo in quei soggetti che sono clinicamente stabili e presentano eventi avversi della terapia con antiepilettici. LIVELLO C Profilassi antiepilettiche delle crisi che si verificano durante la 1 settimana postoperatoria presenta un’utilità clinica incerta per le evidenze al riguardo che risultano non conclusive e contrastanti. PROFILASSI ANTIEPILETTICA PRE-OPERATORIA PZ. con tumore cerebrale senza crisi all’esordio Candidato all’intervento chirurgico NO Non instaurare alcun trattamento con AED SI PZ Iniziare AED prima dell’intervento (preferibili di 2 generazione) RT NO-RT Prolungare AED fino al completamento Sospendere AED dopo la 1 settimana post-operatoria PROFILASSI delle CRISI POST-OPERATORIE PRECOCI INGRESSO IN NCh PZ. con crisi TERAPIA Valutare l’efficacia clinica dell’AED e controllarne il livello per valutare se il farmaco sia nei range terapeutici prima dell’intervento no Supplemento i.v. PZ SENZA CRISI PROFILASSI Valutazione del Pz. si ok Tempo sufficiente per raggiungere un’adeguata dose orale prima dell’intervento si Iniziare AED per os no AED iv durante l’intervento Valutare la presenza di FATTORI DI RISCHIO Supplemento iv Lorazepam SEDE DEL TUMORE LESIONI EMORRAGICHE TIPO E DURATA DELL’INTERVENTO Supplemento iv Lorazepam EZIOLOGIA e DISTRIBUZIONE dello STATO EPILETTICO La definizione di STATO di MALE EPILETTICO è una condizione in cui l’attività epilettica persiste per 30’o più LO STATO DI MALE EPILETTICO PARZIALE COMPLESSO Forma di stato di male non convulsivo definito come un episodio epilettico prolungato in cui scariche epilettiche a localizzazione focale con andamento fluttuante o rapidamente ricorrente che determinano uno stato confusionale. La confusione è la principale caratteristica clinica dello stato di male parziale complesso. Questa può fluttuare o essere pressoché continua. La severità delle confusione può variare da uno stato stuporoso profondo con scarsa risposta agli stimoli esterni a deficit cognitivi. L’amnesia è un sintomo frequente non costante. Possono esserci modificazioni nel comportamento, disturbi dell’eloquio e del linguaggio. La durata è di gg. o addirittura settimane; tipicamente ore. ADDENDUM 1. Lo stato di male epilettico è un’urgenza, che non trattato conduce ad un danno neuronale permanente e può essere letale nel 30–50% dei casi. Viene definito come una continua attività epilettica della durata superiore ai 5 minuti o come una sequenza di crisi epilettiche tra le quali non vi sia un pieno ristabilimento delle funzioni cerebrali. Nel 30–50% dei casi si tratta della prima manifestazione epilettica (anamnesi personale negativa per epilessia). Il trattamento precoce può nella maggior parte dei casi interrompere lo stato di male epilettico e condurre ad una risoluzione clinica completa. 2. Dal profilo patogenetico si tratta di una condizione di attività elettrica neuronale permanente o ripetitiva e non autolimitante. L’attività epilettica può essere focale o generalizzata. 3. Dal profilo fenomenologico lo stato di male epilettico si presenta solitamente con movimenti stereotipati involontari focali o generalizzati (ad esempio crisi tonico-clonica). Nel 30–40% dei casi non si riscontra durante lo stato di male epilettico alcuna attività motoria, si tratta in questo caso di uno stato di male epilettico non convulsivo. 4. Gli accertamenti d’urgenza comprendono la ricerca e l’esclusione di fattori metabolici scatenanti uno stato di male epilettico (p.es. ipoglicemia, diselettrolitemia), l’intossicazione (alcool) e/o il dosaggio errato di farmaci, in particolare di antiepilettici. Nella situazione d’urgenza con crisi epilettica motoria manifesta è superfluo eseguire un elettroencefalogramma in quanto questo ritarderebbe unicamente l’inizio della terapia specifica. Per contro un elettroencefalogramma tempestivo è sempre indicato nel sospetto di uno stato di male epilettico non convulsivo. 5. Il principio della terapia si svolge secondo unalgoritmo di progressiva escalazione della terapia intravenosa con lo scopo di interrompere l’attività epilettica. a) stadio 1 (prima del ricovero): inizio con una benzodiazepina, si consiglia con lorazepam***(4 mg in 2 min). Con una benzodiazepina si può interrompere uno stato di male epilettico ca. nel 80 % dei casi; b) stadio 2 (ricovero): fenitoina o acido valproico***. Entrambe le sostanze sono da considerarsi farmaci di prima scelta. Valutazionedel singolo farmaco a seconda della situazione; c) stadio 3 (anestesia): le alternative sono il midazolam o il propofolo (sempre combinato con una benzodiazepina). Nel caso di uno stato di male epilettico farmaco-resistente considerare l’inizio di una terapia conbarbiturati. Per il trattamento dello SE la loro somministrazione è obbligatoriamente parenterale. Si possono utilizzare i seguenti preparati: – diazepam (Valium®); – midazolam (Dormicum®); – clonazepam (Rivotril®); – lorazepam (Temesta®). Dall’esame dei risultati degli studi clinici raccomandiamo il lorazepam come benzodiazepina di prima scelta, per i seguenti motivi: dopo somministrazione singola, il lorazepam ha uneffetto anticonvulsivo molto più duraturo neiconfronti delle altre benzodiazepine , il che comporta un rischio minore di crisi recidive e un minor bisogno di somministrazioni ripetute. In secondo luogo, sembra che con il lorazepam insorgano meno depressioni respiratorie per quantità e gravità che con il midazolam.