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Meditazione gennaio 2015

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Meditazione gennaio 2015
Diocesi di Nuoro
Ritiro al Clero
La presenza di Gesù nella comunità credente
"Ecco la vergine concepirà e partorirà unfiglio che sarà chiamato Emanuele che significa
Dio con noi" (Mt 1,23).
"Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).
"Ecco io sono con voi tutti i giornifino allafine del mondo" (Mt 28,20).
Continuando il nostro cammino di contemplazione delle varie "presenze del Signore" nella
storia, questa volta ci soffermiamo a riflettere sulla presenza di Gesù tra i suoi, nella comunità
ecclesiale, con qualche accenno anche al presbiterio nel quale, l'ordinazione sacerdotale ci
incorpora, con a capo il Pastore.
Emanuele è il nome (e dunque la missione) della II divina persona; il Verbo si è fatto carne
ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Il Verbo di Dio fin dall'eternità è sempre stato in "azione" per
noi perché "tutto è stato fatto per mezzo di Lui" (Gv 1,3) ci ricorda il Prologo. Ma in Gesù si è reso
presente. E così sarà per sempre: "Ecco io sono con voi tutti i giornifino alla fine del mondo"(Mt
28,20). Il Risorto vive nella sua Chiesa perché "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa" ricorda
la Sacrosantum Concilium.
Che Lui sia presente nella comunità ecclesiale lo crediamo, con fede nella Parola rivelata.
Ma occorre chiedersi: come sentire gli effetti di questa presenza? Come far sì che questa presenza
possa esercitare la sua azione di grazia a nostro favore? Quale il nostro "contributo" affinché
possiamo percepire la sua presenza e godere della sua azione? Secondo l'evangelista Matteo è uno
solo: essere uniti nel suo nome! Nella meditazione di oggi proveremo allora a capire un po' di più
cosa significa essere unititi nel nome di Gesù affinché Egli sia presente in mezzo a noi. E ancora:
che tipo di presenza è quella di Gesù risorto tra noi? Morale, spirituale, simbolica, esemplare ...
Fondamento biblico del tema
La presenza di Dio in mezzo al suo popolo è annunciata già nell'Antico Testamento. Si legge
nel libro del Levitico: "Porrò in mezzo a voi la mia dimora né mai vi abbandonerò. Vivrò in mezzo
a voi, sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo" (Lv 26,11-12). Questo annuncio è stato sovente
rinnovato dai profeti come si legge in Ez 11,15). Il Tempio - così importante per Israele rappresenta il luogo supremo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, prefigurazione del
Tempio del Corpo di Cristo che è la Chiesa, di cui ci parla Giovanni nel suo Vangelo al capitolo 2.
Con l'incarnazione del Verbo, il tema della Presenza di Dio acquista un significato nuovo e,
diremmo, unico. L'invisibile infatti, si è fatto visibile. Ed è Egli stesso, venuto nella carne, conferma
la sua presenza nella e per la Chiesa e a favore di tutta l'umanità.
Guardiamo più da vicino il testo di Mt 18,19-20. "In verità vi dico ancora: se due di voi
sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la
concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro".
Il contesto. Il capitolo 18 riporta la cosiddetta "regola di comunità". Gesù da indicazioni
precise per la vita della comunità. Titola la Bibbia di Gerusalemme (edizione CEI 2008): Discorso
1
sulla vita nella Chiesa. Interessante l'elenco dei temi: Chi è il più grande (dunque il tema del
servizio), lo scandalo, la pecora smarrita, la correzione fraterna, la preghiera in comune, il
perdono delle offese e la parabola del servo spietato. Potrebbe essere utile, ogni tanto, rileggerlo
per fare un esame di coscienza, personale e comunitario, sulla nostra vita ecclesiale e in particolare
sulla comunità presbiterale.
Il nostro testo è inserito nella pericope che parla della preghiera in comune. Qualche
commento a ogni singola espressione:
"perché": Se si è uniti nel suo nome, Gesù si rende presente e porta Egli stesso al Padre la
preghiera. Egli prega con noi (e questo dà anche la misura di ciò che si deve
chiedere) e noi in Lui. Per questo la preghiera è accolta. Commentando Mt 18,20,
Giovanni Crisostomo scrive: «se si vive concordi e uniti, si ottiene dal Padre ciò che
gli si domanda e si ha Cristo in mezzo a noi», specificando però che la concordia ivi
richiesta implica una vita evangelica come quella degli apostoli a cui furono
indirizzate queste parole, e li cita specificamente come esempio di persone
che «avevano Gesù in mezzo» («Habebant Jesum in medio») .
"due o tre"-. Cioè qualsiasi numero superiore a uno. Già la tradizione ebraica ricordava come la
presenza di Jhavè fosse assicurata quando almeno io israeliti uomini, erano riuniti
attorno alla Thorà.
"riuniti.":
Solo per un'assemblea liturgica? Biblisti importanti, quali Gerard Rosse, e
soprattutto la tradizione patristica, sostengono che l'indicazione "riuniti nel mio
nome" non è da intendersi solo in senso liturgico.
"nel mio nome": Il nome dice la sua persona. E' da intendersi, quindi, per me, nel mio interesse,
a causa mia, per amor mio, nella mia volontà.
"io sono in mezzo a loro": è una presenza locale anche se non legata ad un determinato luogo.
Ed è immeditata perché attirato dalla loro fede. Origene dice che non bisogna
"trascurare le parole del Signore, perché non disse: dove due o tre io sarò in mezzo
a loro, ma io sono in mezzo a loro".2 E ancora: "Cristo, dove vede due o tre riuniti
nella fede nel suo nome, va la ed è in mezzo a loro, attirato dalla loro fede e
provocato dalla loro unanimità".*
Già da queste prime considerazioni, possiamo notare come questa presenza sia indicativa e
necessaria per l'identità della Chiesa. Il teologo Congar scrive che la Chiesa è "il luogo supremo di
una nuova presenza di Dio tra gli uomini, fatto di carne, esteso nello spazio e nel tempo; Cristo
che farà di tutti gli uomini uniti nella Chiesa un luogo della sua presenza nel mondo".* E tutto
questo se uniti nel suo nome, cioè, ci ricordano i Padri, se ci sarà quell'amore reciproco come
condizione preliminare necessaria per ottenere la presenza effettiva del Signore in mezzo a due o
tre cristiani. Scrive Teodoro Studita: "Ti prego vivamente nel Signore che tu non provveda
soltanto alla tua solidità di vita ma che ti prenda cura anche deifratelli: affinché tu sia amato da
' G. Crisostomo, In Matth., Hom. 60,3, PG 58,587. - In Inscrìpt. Act. Apost. 2,4, PG .51,83.
2Origene, Comment in Matth. XIV, is., PG 13,1191.
3Origene, Comm. al Cantico, 41, PG 13,94 B.
Congar, La Tradition et la vie de l'Eglise, primiere partie, Je sais, Je crois, Librarne Artheme Fayard, p.112.
essi ed a tua volta li ami, cosicché sarai amato e amerai. Dov'è la carità spirituale, qui è Cristo in
mezzo, come ha promesso".s
Nel Concilio Vaticano II il testo di Mt 18,20 è ripreso in vari documenti e in vari contesti.
(Mediator Dei, Sacrosantum Concilium, Misterium fidei, Unitatis Redintegratio, Apostolicam
actuositatem). Mi pare particolarmente interessante il testo sulla vita religiosa. Nel decreto
Perfectae Caritatis al n° 15 si legge: "I religiosi come membra di Cristo, infraterna comunanza di
vita si prevengano gli uni gli altri nel rispetto scambievole (Rm 12,10) portando i pesi gli uni degli
altri (Gal 6,2). Infatti con l'Amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello Spirito (Rm 5,5) la
comunità come una famiglia unita nel nome del Signore gode della Sua presenza (Mt 18,20). La
carità poi è il vincolo di perfezione (Col 3,14) e per mezzo di essa noi sappiamo di essere passati
dalla morte alla vita (iGv 3,14). Anzi l'unità dei fratelli manifesta l'avvento di Cristo (Gv 13,35;
17,21) e da essa promana l'apostolato".
Perché il Signore sia presente (e sentirne gli effetti) nella comunità è presupposta l'unità
frutto dell'amore scambievole. Se Gesù è presente, quanti ci incontrano possono goderne gli effetti.
Ecco perché dall'unità si promana l'apostolato. Chiara Lubich, che su questo versetto ha incentrato
tutta la sua esperienza spirituale, commentando Mt 18,20 scrive: "Come due poli della luce
elettrica contengono la corrente, ma producono la luce solo al loro contatto, così la carità
reciproca, unendo le nostre anime rende presente Gesù".6 E' qualcosa di nuovo che supera i due
termini come la luce è diversa dai due poli.
In modio ardito, il biblista e teologo J. Galot precisa quale tipo di presenza è quella del
Signore tra i suoi. Egli afferma: "Bisogna riconoscere pieno valore all'affermazione di Gesù: "Dove
sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Sarebbe non
comprendere il senso profondo dell'affermazione intendendola unicamente come una presenza
morale del Cristo in ogni riunione (. . .). Questa presenza conserva tutta la sua realtà. È una
presenza ontologica".7
A scanso di equivoci, vorrei subito ricordare che il prezzo per ottenere questa presenza è
molto alto: la morte di sé e del proprio egoismo per amore di Cristo e dei fratelli. L'amore
vicendevole non è un sentimentalismo. Richiede costante sacrificio del proprio io per vivere per il
fratello, è perfetta rinuncia di sé, rinnegare se stessi, è portar l'uno i pesi dell'altro. S. Giovanni
Crisostomo rammenda che il nostro amore al fratello deve essere totale, gratuito e soprannaturale.
Questo donerà la presenza di Gesù in mezzo a noi: "Che dunque? Non vi sonoforse due o tre riuniti
nel mio nome? Vi sono sì, ma raramente. Infatti Gesù non parla semplicemente di riunione
spirituale ... Ciò che Egli dice ha questo significato: se qualcuno mi tiene come causa principale
del Suo amore verso il prossimo, io sono con loro. Oggi vediamo invece che la maggior parte
degli uomini hanno altre motivazioni alla loro amicizia: uno ama perché è amato, un altro perché
è stato onorato; un altro perché qualcuno gli è stato utile in qualche affare terreno; un altro per
motivo analogo.
Ma è difficile trovare qualcuno che ami per Cristo, come si deve amare il prossimo ... chi
ama così (cioè per Cristo)... anche se odiato, insultato, minacciato di morte, continua ad amare...
poiché così Cristo ha amato i nemici... con il più grande amore ...".8
s Teodoro Studita, Epist. Il, PG 99,1350
Cf.C. Lubich, Spiritualità dell'unità e vita trinitaria. Lezione per la laurea "honoris causa"in teologia,in «Nuova Umanità», XXVI
(2004/1), 151, pp. 11-20.
7J.Galot, Lapersona di Cristo,Assisi 1992, p 101.
8 G. Crisostomo, In Matth., Hom. 60,3, PG 58 587.
Nel testo non si specifica l'identità dei due chiamati ad essere uno: possono esser due
peccatori pentiti, 2 ragazzi, due monache ... purché siano nella mutua carità. Certo, per esser
uniti nel nome di Gesù è presupposto lo stato di Grazia. Solo così possiamo veramente esser uniti
per Lui, in ordine a Lui, nella fede, nell'Amore e nell'attesa di lui. E' necessario poi essere uniti alla
Sua volontà. Scrive S. Basilio: "In che modo possiamo diventare degni di avere Gesù in mezzo a
noi riuniti nel suo nome"? Coloro che si riuniscono nel nome di qualcuno devono conoscere bene
la volontà di colui che li ha riuniti e conformarsi ad essa"?
Alle stesse condizioni Gesù in mezzo è presente anche se distanti. Scrive Atanasio: "Sebbene
ci separi la distanza, tuttavia il Signore ci riunisce spiritualmente mediante la concordia e il
vincolo della pace. Mentre abbiamo questi sentimenti ed eleviamo la medesima preghiera,
nessuna distanza ci può dividere poiché il Signore unisce e ci lega strettamente insieme. Infatti
dove due o tre sono riuniti nel suo nome, anche a distanza, il Signore è presente in mezzo a loro,
come promise".10
Quali sono i frutti spirituali della presenza di Gesù in mezzo alla comunità
credente?
Se queste sono le condizioni per sperimentare la presenza di Gesù quali sono 1frutti
spirituali della sua presenza nella comunità credente?
Poiché Gesù agisce e porta lo Spirito, i frutti sono quelli dello Spirito, come espressione
poliedriche dell'unità. Sono quelli elencati da san Paolo in Gal 5,22: L'Amore, la gioia, la pace, la
pazienza, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé. Considerando il testo di
Paolo possiamo dire, in una parola, che il dono della presenza di Gesù in mezzo è l'amore-unità
contrapposti dall'Apostolo alle gelosie, invidie, dissensi, inimicizie, le divisioni, impurità ... la
disunità
La luce
Origene sottolinea un altro frutto della presenza di Gesù in mezzo: la luce per il
discernimento. Scrive il padre della Chiesa: "Gesù in mezzo alle persone unite nel suo nome è
disposto ad illuminare i cuori di coloro che vogliono comprendere la sua dottrina ... Se poi non
riusciamo a risolvere e spiegare qualche problema, avviciniamoci a Gesù con tutta la concordia
dei sentimenti circa la nostra richiesta, poiché egli è presente dove due o tre sono riuniti nel suo
nome e, mentre è presente con la sua potenza e potere, è disposto ad illuminare i cuori ... per
penetrare con l'anima le questioni".11
La Provvidenza
Anche il dono della Provvidenza sarà elargito copiosamente alla comunità che per il
reciproco amore avrà la presenza di Gesù. Scrive ancora S. Basilio: "La preghiera stessa, se è priva
dell'elemento comunità, è molto meno efficace di quanto potrebbe essere; e il Signore ha
promesso che sarebbe stato in mezzo a due o tre che lo avesse invocato in comunione di Spirito...
9 Basilio Reg. Breviarius tract. Interr., 225, PG 31,1231
10 Atanasio Epist. fest, X 2, PG 26,1397-1398.
11 Origene, Comm. in Matth. XIII, 15, PG 13,1131
Non ci mancherà nulla del necessario purché ci sia Gesù in mezzo e se ci mancherà qualcosa per
essere provati, è meglio per noi essere nell'indigenza ed essere con Cristo piuttosto che possedere
tutte le ricchezze del mondofuori dell'unione con Lu?'.12
Concludo questa prima parte della meditazione rileggendo con voi un brano bellissimo di
un discorso che Paolo VI fece parlando alla Parrocchia di S. Maria Consolatrice a Roma nel 1965 e
che può essere utile considerare per una revisione della nostra vita comunitaria in parrocchia:
"Sono uniti i fedeli nell'amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia
vitale; qui c'è la vera Chiesa; giacché è rigoglioso, allora il fenomeno divino - umano che
perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perché iscritti nel libro
dell'anagrafe e sul registro dei battesimi? Sono aggregati solo perché si trovano la domenica, ad
ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni gli altri? Se così è, la
Chiesa non risulta in quel caso compaginata; il cemento che di tutti deve formare la organica
unità, non è ancora operante. Ricordate la parola solenne di Cristo. Vi riconosceranno veramente
per miei discepoli, autentici seguaci efedeli, se vi amerete gli uni gli altri; se ci sarà questo calore
di affetti, di sentimenti, se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che
spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare il Cristo in mezzo a noi,
derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Luz".13
II
1. L'amore al fratello: una novità compresa e dimenticata
Già nel ritiro dello scorso mese ci siamo fermati a considerare la presenza di Gesù nel
fratello. Ora vorrei riprendere il tema, considerando il nostro prossimo lo come "dono di Dio" per
vivere il Vangelo e, in particolare, il comandamento nuovo dell'amore reciproco fino a godere della
presenza di Cristo tra noi. Infatti se il comandamento di amare il fratello era già patrimonio
dell'Antico Testamento, il comandamento di Gesù è "nuovo" perché chiede un ulteriore passo:
l'amore reciproco tra i credenti. La comunità cristiana nasce, cresce e matura non solo quando i
cristiani amano il fratello, ma quando i cristiani si amano reciprocamente.
Il cammino è impegnativo, perché già l'amore al fraterno è una conquista (intendo quello
che non riceve risposta ... che non è reciproco ...). Costituisce ancora una considerevole novità
affermare che proprio attraverso il fratello, amato soprannaturalmente, io posso vivere un
cammino spirituale che mi conduce all'unione con Dio. Per comprendere quanto è nuovo
considerare il fratello come "via" per giungere all'unione con Dio1'», basta citare il noto libro di
meditazione (certamente tra i più letti) "L'imitazione di Cristo", dove al capitolo XX, fa sua la frase
di Seneca. Si legge "Isanti più grandi evitavano, quando potevano, la compagnia degli uomini, e
preferivano servire Dio nella solitudine. Disse un saggio 'Ogni volta che andai tra gli uomini ne
ritornai meno uomo di prima' per questo "colui che vuole giungere alla spiritualità interiore,
deve, ritirarsi dalla gente. A chi invero si allontana da amici e conoscenti, si accosta Iddio ci suoi
angeli".
Apa Arsenio, un anacoreta diceva: "Fuggi gli uomini e sarai salvo" (Padri del deserto,
Roma 95, p.97). Proprio per questo, la fuga dal mondo, è stata considerata per molto tempo l'unica
12 Basilio, Constit. ascet. 34,1, PG 31,1423-1426
•a Insegnamenti di Paolo VI, PoliglottaVaticana, 1965, II, pp.1072-1074.
'*» cfr Benedetto XVI nella Deus Caritas est, 16.
via di perfezione, facendo ritenere i molti che non erano chiamati alla vita religiosa, pressoché
incapaci di giungere alla santità.
Ma questa non fu la vocazione di Gesù il quale ha vissuto uomo tra gli uomini, la vita
quotidiana di ogni uomo del suo tempo. Ha coltivato amicizie, fino al punto di essere considerato
un mangione ed un beone, in particolare dei peccatori.
Il comandamento nuovo
Vediamo più da vicino il testo del Vangelo di Giovanni nel quale troviamo indicata da Gesù
la via dell'unità, essenziale per avere la presenza di Gesù tra noi: "Vi do un comandamento nuovo:
che vi amiate gli uni gli altri! Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli
altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv
13,34-35).
2.1.
E' il comandamento nuovo!
Nuovo perché è il suo ed è l'unico comandamento dato da Gesù nel Nuovo Testamento.
E' nuovo anche rispetto all'Antico Testamento dove invitava ad amare il prossimo come
se stessi. E' nuova l'indicazione della reciprocità. E questo perché, come direbbe
Gandhi: "Tu ed io non siamo che una cosa sola: non posso farti del male senza
ferirmi".
i.2.Amatevi come io vi ho amati. E' nuova anche la misura della carità chiamata ad essere
come l'amore di Cristo per l'uomo. Occorre guardare a Cristo entrato nel mondo ha
preso carne umana per camminare con gli uomini, per condividere gioie e dolori,
annunciare l'amore che salva, e morire crocifisso prò nobis". E' l'amore di Cristo che
spinge l'apostolo Pietro, a esortare, in attesa del ritorno del Signore: "Soprattutto
conservate fra voi una carità fervente" (ìPt 4,8). S. Agostino scrive: "Se tutti si
sapessero segnare con la croce, se rispondessero e cantassero Vhalleluia, se
ricevessero il battesimo ed entrassero nelle Chiese, se facessero costruire i muri delle
basiliche, resta il fatto che soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio... Quelli che
hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. E' questo
il grande criterio di discernimento. Se tu avessi tutto e ti mancasse quest'unica cosa, a
nulla gioverebbe ciò che hai; se non hai le altre cose ma possiedi la carità, tu hai
adempiuto la legge...".
1.3. E' un "comandamento" cioè è assolutamente necessario.
1.4.L'amore reciproco è così "nuovo" da distinguere e identificare la nuova comunità
fino a renderla feconda nel suo apostolato (da questo vi riconosceranno miei
discepoli). Solo dopo l'Incarnazione del Verbo, infatti, abbiamo conosciuto in pienezza
la rivelazione della vita Trinitaria. Alla comunità cristiana il compito di esserne icona. E'
il presupposto di ogni evangelizzazione (da questo...). Ammonisce Papa Giovanni
Paolo II nella NMI che se manca una spiritualità di comunione "gli strumenti esteriori
della comunione diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione"(n°43).
Concludo con le parole di Papa Francesco rivolte ai Vescovi italiani il 19 maggio
2014 (n.2). Un'ottima conclusione e sintesi del nostro approfondimento.
"Pastori di una Chiesa che è corpo del Signore: "Proviamo, ancora, a domandarci: che
immagine ho della Chiesa, della mia comunità ecclesiale? Me ne sento figlio, oltre che Pastore? So
ringraziare Dio, o ne colgo soprattutto i ritardi, i difetti e le mancanze? Quanto sono disposto a
soffrire per essa?... L'unità richiede un cuore spogliato di ogni interesse mondano, lontano dalla
vanità e dalla discordia; un cuore accogliente, capace di sentire con gli altri e anche di
considerarli più degni di se stessi. Così ci consiglia l'apostolo....
Ne siamo convinti: la mancanza o comunque la povertà di comunione costituisce lo
scandalo più grande, l'eresia che deturpa il volto del Signore e dilania la sua Chiesa. Nulla
giustifica la divisione: medio cedere, meglio rinunciare - disposti a volte anche a portare su di sé
la prova di un ingiustizia -piuttosto che lacerare la tunica e scandalizzare il popolo santo di Dio.
Per questo, come Pastori, dobbiamo rifuggire da tentazioni che diversamente ci sfigurano:
la gestione personalistica del tempo, quasi potesse esserci un benessere a prescindere da quello
delle nostre comunità; le chiacchiere, le mezze verità che diventano bugie, la litania delle
lamentele che tradisce intime delusioni; la durezza di chi giudica senza coinvolgersi e il lassismo
di quanti accondiscendono senza farsi carico dell'altro. Ancora: il rodersi della gelosia,
l'accecamento indotto dall'invidia, l'ambizione che genera correnti, consorterie, settarismo:
quant'è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso ...E, poi, il ripiegamento che va a cercare
nelleforme del passato le sicurezze perdute; e la pretesa di quanti vorrebbero difendere l'unità
negando le diversità, umiliando così i doni con cui Dio continua a rendere giovane e bella la sua
Chiesa...
Rispetto a queste tentazioni, proprio l'esperienza ecclesiale costituisce l'antidoto più
efficace. Promana dall'unica Eucaristia, la cuiforza di coesione genera fraternità, possibilità di
accogliersi, perdonarsi e camminare insieme; Eucaristia, da cui nasce la capacità difar proprio
un atteggiamento di sincera gratitudine e di conservare la pace anche nei momenti più difficili:
quella pace che consente di non lasciarsi sopraffare dai conflitti - che poi, a volte, si rivelano
crogiolo che purifica - come anche di non cullarsi nel sogno di ricominciare sempre altrove.
Una spiritualità eucaristica chiama a partecipazione e collegialità, per un discernimento
pastorale che si alimenta nel dialogo, nella ricerca e nellafatica del pensare insieme...
Non stancatevi di intessere tra voi rapporti all'insegna dell'apertura e della stima
reciproca: la forza di una rete sta in relazioni di qualità, che abbattono le distanze a avvicinano i
territori con il confronto, lo scambio di esperienze, la tensione alla collaborazione. I nostri
sacerdoti, voi lo sapete bene, sono spesso provati dalle esigenze del ministero e, a volte, anche
scoraggiato dall'impressione dell'esiguità dei risultati: educhiamoli a non fermarsi a calcolare
entrate e uscite, a verificare se quanto si crede di aver dato corrisponde poi al raccolto: il nostro
- più che di bilanci - è il tempo di quella pazienza che è il nome dell'amore maturo, la verità del
nostro umile, gratuito e fiducioso donarsi alla Chiesa. Puntate ad assicurare loro vicinanza e
comprensione,fate che nel vostro cuore possano sentirsi sempre a casa; curatene la formazione
umana, culturale, affettiva e spirituale"
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