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Meditazione gennaio 2015
Diocesi di Nuoro Ritiro al Clero La presenza di Gesù nella comunità credente "Ecco la vergine concepirà e partorirà unfiglio che sarà chiamato Emanuele che significa Dio con noi" (Mt 1,23). "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). "Ecco io sono con voi tutti i giornifino allafine del mondo" (Mt 28,20). Continuando il nostro cammino di contemplazione delle varie "presenze del Signore" nella storia, questa volta ci soffermiamo a riflettere sulla presenza di Gesù tra i suoi, nella comunità ecclesiale, con qualche accenno anche al presbiterio nel quale, l'ordinazione sacerdotale ci incorpora, con a capo il Pastore. Emanuele è il nome (e dunque la missione) della II divina persona; il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi. Il Verbo di Dio fin dall'eternità è sempre stato in "azione" per noi perché "tutto è stato fatto per mezzo di Lui" (Gv 1,3) ci ricorda il Prologo. Ma in Gesù si è reso presente. E così sarà per sempre: "Ecco io sono con voi tutti i giornifino alla fine del mondo"(Mt 28,20). Il Risorto vive nella sua Chiesa perché "Cristo è sempre presente nella sua Chiesa" ricorda la Sacrosantum Concilium. Che Lui sia presente nella comunità ecclesiale lo crediamo, con fede nella Parola rivelata. Ma occorre chiedersi: come sentire gli effetti di questa presenza? Come far sì che questa presenza possa esercitare la sua azione di grazia a nostro favore? Quale il nostro "contributo" affinché possiamo percepire la sua presenza e godere della sua azione? Secondo l'evangelista Matteo è uno solo: essere uniti nel suo nome! Nella meditazione di oggi proveremo allora a capire un po' di più cosa significa essere unititi nel nome di Gesù affinché Egli sia presente in mezzo a noi. E ancora: che tipo di presenza è quella di Gesù risorto tra noi? Morale, spirituale, simbolica, esemplare ... Fondamento biblico del tema La presenza di Dio in mezzo al suo popolo è annunciata già nell'Antico Testamento. Si legge nel libro del Levitico: "Porrò in mezzo a voi la mia dimora né mai vi abbandonerò. Vivrò in mezzo a voi, sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo" (Lv 26,11-12). Questo annuncio è stato sovente rinnovato dai profeti come si legge in Ez 11,15). Il Tempio - così importante per Israele rappresenta il luogo supremo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo, prefigurazione del Tempio del Corpo di Cristo che è la Chiesa, di cui ci parla Giovanni nel suo Vangelo al capitolo 2. Con l'incarnazione del Verbo, il tema della Presenza di Dio acquista un significato nuovo e, diremmo, unico. L'invisibile infatti, si è fatto visibile. Ed è Egli stesso, venuto nella carne, conferma la sua presenza nella e per la Chiesa e a favore di tutta l'umanità. Guardiamo più da vicino il testo di Mt 18,19-20. "In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". Il contesto. Il capitolo 18 riporta la cosiddetta "regola di comunità". Gesù da indicazioni precise per la vita della comunità. Titola la Bibbia di Gerusalemme (edizione CEI 2008): Discorso 1 sulla vita nella Chiesa. Interessante l'elenco dei temi: Chi è il più grande (dunque il tema del servizio), lo scandalo, la pecora smarrita, la correzione fraterna, la preghiera in comune, il perdono delle offese e la parabola del servo spietato. Potrebbe essere utile, ogni tanto, rileggerlo per fare un esame di coscienza, personale e comunitario, sulla nostra vita ecclesiale e in particolare sulla comunità presbiterale. Il nostro testo è inserito nella pericope che parla della preghiera in comune. Qualche commento a ogni singola espressione: "perché": Se si è uniti nel suo nome, Gesù si rende presente e porta Egli stesso al Padre la preghiera. Egli prega con noi (e questo dà anche la misura di ciò che si deve chiedere) e noi in Lui. Per questo la preghiera è accolta. Commentando Mt 18,20, Giovanni Crisostomo scrive: «se si vive concordi e uniti, si ottiene dal Padre ciò che gli si domanda e si ha Cristo in mezzo a noi», specificando però che la concordia ivi richiesta implica una vita evangelica come quella degli apostoli a cui furono indirizzate queste parole, e li cita specificamente come esempio di persone che «avevano Gesù in mezzo» («Habebant Jesum in medio») . "due o tre"-. Cioè qualsiasi numero superiore a uno. Già la tradizione ebraica ricordava come la presenza di Jhavè fosse assicurata quando almeno io israeliti uomini, erano riuniti attorno alla Thorà. "riuniti.": Solo per un'assemblea liturgica? Biblisti importanti, quali Gerard Rosse, e soprattutto la tradizione patristica, sostengono che l'indicazione "riuniti nel mio nome" non è da intendersi solo in senso liturgico. "nel mio nome": Il nome dice la sua persona. E' da intendersi, quindi, per me, nel mio interesse, a causa mia, per amor mio, nella mia volontà. "io sono in mezzo a loro": è una presenza locale anche se non legata ad un determinato luogo. Ed è immeditata perché attirato dalla loro fede. Origene dice che non bisogna "trascurare le parole del Signore, perché non disse: dove due o tre io sarò in mezzo a loro, ma io sono in mezzo a loro".2 E ancora: "Cristo, dove vede due o tre riuniti nella fede nel suo nome, va la ed è in mezzo a loro, attirato dalla loro fede e provocato dalla loro unanimità".* Già da queste prime considerazioni, possiamo notare come questa presenza sia indicativa e necessaria per l'identità della Chiesa. Il teologo Congar scrive che la Chiesa è "il luogo supremo di una nuova presenza di Dio tra gli uomini, fatto di carne, esteso nello spazio e nel tempo; Cristo che farà di tutti gli uomini uniti nella Chiesa un luogo della sua presenza nel mondo".* E tutto questo se uniti nel suo nome, cioè, ci ricordano i Padri, se ci sarà quell'amore reciproco come condizione preliminare necessaria per ottenere la presenza effettiva del Signore in mezzo a due o tre cristiani. Scrive Teodoro Studita: "Ti prego vivamente nel Signore che tu non provveda soltanto alla tua solidità di vita ma che ti prenda cura anche deifratelli: affinché tu sia amato da ' G. Crisostomo, In Matth., Hom. 60,3, PG 58,587. - In Inscrìpt. Act. Apost. 2,4, PG .51,83. 2Origene, Comment in Matth. XIV, is., PG 13,1191. 3Origene, Comm. al Cantico, 41, PG 13,94 B. Congar, La Tradition et la vie de l'Eglise, primiere partie, Je sais, Je crois, Librarne Artheme Fayard, p.112. essi ed a tua volta li ami, cosicché sarai amato e amerai. Dov'è la carità spirituale, qui è Cristo in mezzo, come ha promesso".s Nel Concilio Vaticano II il testo di Mt 18,20 è ripreso in vari documenti e in vari contesti. (Mediator Dei, Sacrosantum Concilium, Misterium fidei, Unitatis Redintegratio, Apostolicam actuositatem). Mi pare particolarmente interessante il testo sulla vita religiosa. Nel decreto Perfectae Caritatis al n° 15 si legge: "I religiosi come membra di Cristo, infraterna comunanza di vita si prevengano gli uni gli altri nel rispetto scambievole (Rm 12,10) portando i pesi gli uni degli altri (Gal 6,2). Infatti con l'Amore di Dio diffuso nei cuori per mezzo dello Spirito (Rm 5,5) la comunità come una famiglia unita nel nome del Signore gode della Sua presenza (Mt 18,20). La carità poi è il vincolo di perfezione (Col 3,14) e per mezzo di essa noi sappiamo di essere passati dalla morte alla vita (iGv 3,14). Anzi l'unità dei fratelli manifesta l'avvento di Cristo (Gv 13,35; 17,21) e da essa promana l'apostolato". Perché il Signore sia presente (e sentirne gli effetti) nella comunità è presupposta l'unità frutto dell'amore scambievole. Se Gesù è presente, quanti ci incontrano possono goderne gli effetti. Ecco perché dall'unità si promana l'apostolato. Chiara Lubich, che su questo versetto ha incentrato tutta la sua esperienza spirituale, commentando Mt 18,20 scrive: "Come due poli della luce elettrica contengono la corrente, ma producono la luce solo al loro contatto, così la carità reciproca, unendo le nostre anime rende presente Gesù".6 E' qualcosa di nuovo che supera i due termini come la luce è diversa dai due poli. In modio ardito, il biblista e teologo J. Galot precisa quale tipo di presenza è quella del Signore tra i suoi. Egli afferma: "Bisogna riconoscere pieno valore all'affermazione di Gesù: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18, 20). Sarebbe non comprendere il senso profondo dell'affermazione intendendola unicamente come una presenza morale del Cristo in ogni riunione (. . .). Questa presenza conserva tutta la sua realtà. È una presenza ontologica".7 A scanso di equivoci, vorrei subito ricordare che il prezzo per ottenere questa presenza è molto alto: la morte di sé e del proprio egoismo per amore di Cristo e dei fratelli. L'amore vicendevole non è un sentimentalismo. Richiede costante sacrificio del proprio io per vivere per il fratello, è perfetta rinuncia di sé, rinnegare se stessi, è portar l'uno i pesi dell'altro. S. Giovanni Crisostomo rammenda che il nostro amore al fratello deve essere totale, gratuito e soprannaturale. Questo donerà la presenza di Gesù in mezzo a noi: "Che dunque? Non vi sonoforse due o tre riuniti nel mio nome? Vi sono sì, ma raramente. Infatti Gesù non parla semplicemente di riunione spirituale ... Ciò che Egli dice ha questo significato: se qualcuno mi tiene come causa principale del Suo amore verso il prossimo, io sono con loro. Oggi vediamo invece che la maggior parte degli uomini hanno altre motivazioni alla loro amicizia: uno ama perché è amato, un altro perché è stato onorato; un altro perché qualcuno gli è stato utile in qualche affare terreno; un altro per motivo analogo. Ma è difficile trovare qualcuno che ami per Cristo, come si deve amare il prossimo ... chi ama così (cioè per Cristo)... anche se odiato, insultato, minacciato di morte, continua ad amare... poiché così Cristo ha amato i nemici... con il più grande amore ...".8 s Teodoro Studita, Epist. Il, PG 99,1350 Cf.C. Lubich, Spiritualità dell'unità e vita trinitaria. Lezione per la laurea "honoris causa"in teologia,in «Nuova Umanità», XXVI (2004/1), 151, pp. 11-20. 7J.Galot, Lapersona di Cristo,Assisi 1992, p 101. 8 G. Crisostomo, In Matth., Hom. 60,3, PG 58 587. Nel testo non si specifica l'identità dei due chiamati ad essere uno: possono esser due peccatori pentiti, 2 ragazzi, due monache ... purché siano nella mutua carità. Certo, per esser uniti nel nome di Gesù è presupposto lo stato di Grazia. Solo così possiamo veramente esser uniti per Lui, in ordine a Lui, nella fede, nell'Amore e nell'attesa di lui. E' necessario poi essere uniti alla Sua volontà. Scrive S. Basilio: "In che modo possiamo diventare degni di avere Gesù in mezzo a noi riuniti nel suo nome"? Coloro che si riuniscono nel nome di qualcuno devono conoscere bene la volontà di colui che li ha riuniti e conformarsi ad essa"? Alle stesse condizioni Gesù in mezzo è presente anche se distanti. Scrive Atanasio: "Sebbene ci separi la distanza, tuttavia il Signore ci riunisce spiritualmente mediante la concordia e il vincolo della pace. Mentre abbiamo questi sentimenti ed eleviamo la medesima preghiera, nessuna distanza ci può dividere poiché il Signore unisce e ci lega strettamente insieme. Infatti dove due o tre sono riuniti nel suo nome, anche a distanza, il Signore è presente in mezzo a loro, come promise".10 Quali sono i frutti spirituali della presenza di Gesù in mezzo alla comunità credente? Se queste sono le condizioni per sperimentare la presenza di Gesù quali sono 1frutti spirituali della sua presenza nella comunità credente? Poiché Gesù agisce e porta lo Spirito, i frutti sono quelli dello Spirito, come espressione poliedriche dell'unità. Sono quelli elencati da san Paolo in Gal 5,22: L'Amore, la gioia, la pace, la pazienza, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé. Considerando il testo di Paolo possiamo dire, in una parola, che il dono della presenza di Gesù in mezzo è l'amore-unità contrapposti dall'Apostolo alle gelosie, invidie, dissensi, inimicizie, le divisioni, impurità ... la disunità La luce Origene sottolinea un altro frutto della presenza di Gesù in mezzo: la luce per il discernimento. Scrive il padre della Chiesa: "Gesù in mezzo alle persone unite nel suo nome è disposto ad illuminare i cuori di coloro che vogliono comprendere la sua dottrina ... Se poi non riusciamo a risolvere e spiegare qualche problema, avviciniamoci a Gesù con tutta la concordia dei sentimenti circa la nostra richiesta, poiché egli è presente dove due o tre sono riuniti nel suo nome e, mentre è presente con la sua potenza e potere, è disposto ad illuminare i cuori ... per penetrare con l'anima le questioni".11 La Provvidenza Anche il dono della Provvidenza sarà elargito copiosamente alla comunità che per il reciproco amore avrà la presenza di Gesù. Scrive ancora S. Basilio: "La preghiera stessa, se è priva dell'elemento comunità, è molto meno efficace di quanto potrebbe essere; e il Signore ha promesso che sarebbe stato in mezzo a due o tre che lo avesse invocato in comunione di Spirito... 9 Basilio Reg. Breviarius tract. Interr., 225, PG 31,1231 10 Atanasio Epist. fest, X 2, PG 26,1397-1398. 11 Origene, Comm. in Matth. XIII, 15, PG 13,1131 Non ci mancherà nulla del necessario purché ci sia Gesù in mezzo e se ci mancherà qualcosa per essere provati, è meglio per noi essere nell'indigenza ed essere con Cristo piuttosto che possedere tutte le ricchezze del mondofuori dell'unione con Lu?'.12 Concludo questa prima parte della meditazione rileggendo con voi un brano bellissimo di un discorso che Paolo VI fece parlando alla Parrocchia di S. Maria Consolatrice a Roma nel 1965 e che può essere utile considerare per una revisione della nostra vita comunitaria in parrocchia: "Sono uniti i fedeli nell'amore, nella carità di Cristo? Di certo questa è una parrocchia vitale; qui c'è la vera Chiesa; giacché è rigoglioso, allora il fenomeno divino - umano che perpetua la presenza di Cristo fra noi. Sono i fedeli insieme unicamente perché iscritti nel libro dell'anagrafe e sul registro dei battesimi? Sono aggregati solo perché si trovano la domenica, ad ascoltare la Messa, senza conoscersi, facendo magari di gomito gli uni gli altri? Se così è, la Chiesa non risulta in quel caso compaginata; il cemento che di tutti deve formare la organica unità, non è ancora operante. Ricordate la parola solenne di Cristo. Vi riconosceranno veramente per miei discepoli, autentici seguaci efedeli, se vi amerete gli uni gli altri; se ci sarà questo calore di affetti, di sentimenti, se vibrerà la simpatia voluta più che vissuta, creata da noi, più che spontanea, con quella larghezza di cuore e quella capacità di generare il Cristo in mezzo a noi, derivanti, appunto, dal sentirci uniti in Lui e per Luz".13 II 1. L'amore al fratello: una novità compresa e dimenticata Già nel ritiro dello scorso mese ci siamo fermati a considerare la presenza di Gesù nel fratello. Ora vorrei riprendere il tema, considerando il nostro prossimo lo come "dono di Dio" per vivere il Vangelo e, in particolare, il comandamento nuovo dell'amore reciproco fino a godere della presenza di Cristo tra noi. Infatti se il comandamento di amare il fratello era già patrimonio dell'Antico Testamento, il comandamento di Gesù è "nuovo" perché chiede un ulteriore passo: l'amore reciproco tra i credenti. La comunità cristiana nasce, cresce e matura non solo quando i cristiani amano il fratello, ma quando i cristiani si amano reciprocamente. Il cammino è impegnativo, perché già l'amore al fraterno è una conquista (intendo quello che non riceve risposta ... che non è reciproco ...). Costituisce ancora una considerevole novità affermare che proprio attraverso il fratello, amato soprannaturalmente, io posso vivere un cammino spirituale che mi conduce all'unione con Dio. Per comprendere quanto è nuovo considerare il fratello come "via" per giungere all'unione con Dio1'», basta citare il noto libro di meditazione (certamente tra i più letti) "L'imitazione di Cristo", dove al capitolo XX, fa sua la frase di Seneca. Si legge "Isanti più grandi evitavano, quando potevano, la compagnia degli uomini, e preferivano servire Dio nella solitudine. Disse un saggio 'Ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima' per questo "colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, ritirarsi dalla gente. A chi invero si allontana da amici e conoscenti, si accosta Iddio ci suoi angeli". Apa Arsenio, un anacoreta diceva: "Fuggi gli uomini e sarai salvo" (Padri del deserto, Roma 95, p.97). Proprio per questo, la fuga dal mondo, è stata considerata per molto tempo l'unica 12 Basilio, Constit. ascet. 34,1, PG 31,1423-1426 •a Insegnamenti di Paolo VI, PoliglottaVaticana, 1965, II, pp.1072-1074. '*» cfr Benedetto XVI nella Deus Caritas est, 16. via di perfezione, facendo ritenere i molti che non erano chiamati alla vita religiosa, pressoché incapaci di giungere alla santità. Ma questa non fu la vocazione di Gesù il quale ha vissuto uomo tra gli uomini, la vita quotidiana di ogni uomo del suo tempo. Ha coltivato amicizie, fino al punto di essere considerato un mangione ed un beone, in particolare dei peccatori. Il comandamento nuovo Vediamo più da vicino il testo del Vangelo di Giovanni nel quale troviamo indicata da Gesù la via dell'unità, essenziale per avere la presenza di Gesù tra noi: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri! Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,34-35). 2.1. E' il comandamento nuovo! Nuovo perché è il suo ed è l'unico comandamento dato da Gesù nel Nuovo Testamento. E' nuovo anche rispetto all'Antico Testamento dove invitava ad amare il prossimo come se stessi. E' nuova l'indicazione della reciprocità. E questo perché, come direbbe Gandhi: "Tu ed io non siamo che una cosa sola: non posso farti del male senza ferirmi". i.2.Amatevi come io vi ho amati. E' nuova anche la misura della carità chiamata ad essere come l'amore di Cristo per l'uomo. Occorre guardare a Cristo entrato nel mondo ha preso carne umana per camminare con gli uomini, per condividere gioie e dolori, annunciare l'amore che salva, e morire crocifisso prò nobis". E' l'amore di Cristo che spinge l'apostolo Pietro, a esortare, in attesa del ritorno del Signore: "Soprattutto conservate fra voi una carità fervente" (ìPt 4,8). S. Agostino scrive: "Se tutti si sapessero segnare con la croce, se rispondessero e cantassero Vhalleluia, se ricevessero il battesimo ed entrassero nelle Chiese, se facessero costruire i muri delle basiliche, resta il fatto che soltanto la carità fa distinguere i figli di Dio... Quelli che hanno la carità sono nati da Dio, quelli che non l'hanno non sono nati da Dio. E' questo il grande criterio di discernimento. Se tu avessi tutto e ti mancasse quest'unica cosa, a nulla gioverebbe ciò che hai; se non hai le altre cose ma possiedi la carità, tu hai adempiuto la legge...". 1.3. E' un "comandamento" cioè è assolutamente necessario. 1.4.L'amore reciproco è così "nuovo" da distinguere e identificare la nuova comunità fino a renderla feconda nel suo apostolato (da questo vi riconosceranno miei discepoli). Solo dopo l'Incarnazione del Verbo, infatti, abbiamo conosciuto in pienezza la rivelazione della vita Trinitaria. Alla comunità cristiana il compito di esserne icona. E' il presupposto di ogni evangelizzazione (da questo...). Ammonisce Papa Giovanni Paolo II nella NMI che se manca una spiritualità di comunione "gli strumenti esteriori della comunione diventerebbero apparati senz'anima, maschere di comunione"(n°43). Concludo con le parole di Papa Francesco rivolte ai Vescovi italiani il 19 maggio 2014 (n.2). Un'ottima conclusione e sintesi del nostro approfondimento. "Pastori di una Chiesa che è corpo del Signore: "Proviamo, ancora, a domandarci: che immagine ho della Chiesa, della mia comunità ecclesiale? Me ne sento figlio, oltre che Pastore? So ringraziare Dio, o ne colgo soprattutto i ritardi, i difetti e le mancanze? Quanto sono disposto a soffrire per essa?... L'unità richiede un cuore spogliato di ogni interesse mondano, lontano dalla vanità e dalla discordia; un cuore accogliente, capace di sentire con gli altri e anche di considerarli più degni di se stessi. Così ci consiglia l'apostolo.... Ne siamo convinti: la mancanza o comunque la povertà di comunione costituisce lo scandalo più grande, l'eresia che deturpa il volto del Signore e dilania la sua Chiesa. Nulla giustifica la divisione: medio cedere, meglio rinunciare - disposti a volte anche a portare su di sé la prova di un ingiustizia -piuttosto che lacerare la tunica e scandalizzare il popolo santo di Dio. Per questo, come Pastori, dobbiamo rifuggire da tentazioni che diversamente ci sfigurano: la gestione personalistica del tempo, quasi potesse esserci un benessere a prescindere da quello delle nostre comunità; le chiacchiere, le mezze verità che diventano bugie, la litania delle lamentele che tradisce intime delusioni; la durezza di chi giudica senza coinvolgersi e il lassismo di quanti accondiscendono senza farsi carico dell'altro. Ancora: il rodersi della gelosia, l'accecamento indotto dall'invidia, l'ambizione che genera correnti, consorterie, settarismo: quant'è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso ...E, poi, il ripiegamento che va a cercare nelleforme del passato le sicurezze perdute; e la pretesa di quanti vorrebbero difendere l'unità negando le diversità, umiliando così i doni con cui Dio continua a rendere giovane e bella la sua Chiesa... Rispetto a queste tentazioni, proprio l'esperienza ecclesiale costituisce l'antidoto più efficace. Promana dall'unica Eucaristia, la cuiforza di coesione genera fraternità, possibilità di accogliersi, perdonarsi e camminare insieme; Eucaristia, da cui nasce la capacità difar proprio un atteggiamento di sincera gratitudine e di conservare la pace anche nei momenti più difficili: quella pace che consente di non lasciarsi sopraffare dai conflitti - che poi, a volte, si rivelano crogiolo che purifica - come anche di non cullarsi nel sogno di ricominciare sempre altrove. Una spiritualità eucaristica chiama a partecipazione e collegialità, per un discernimento pastorale che si alimenta nel dialogo, nella ricerca e nellafatica del pensare insieme... Non stancatevi di intessere tra voi rapporti all'insegna dell'apertura e della stima reciproca: la forza di una rete sta in relazioni di qualità, che abbattono le distanze a avvicinano i territori con il confronto, lo scambio di esperienze, la tensione alla collaborazione. I nostri sacerdoti, voi lo sapete bene, sono spesso provati dalle esigenze del ministero e, a volte, anche scoraggiato dall'impressione dell'esiguità dei risultati: educhiamoli a non fermarsi a calcolare entrate e uscite, a verificare se quanto si crede di aver dato corrisponde poi al raccolto: il nostro - più che di bilanci - è il tempo di quella pazienza che è il nome dell'amore maturo, la verità del nostro umile, gratuito e fiducioso donarsi alla Chiesa. Puntate ad assicurare loro vicinanza e comprensione,fate che nel vostro cuore possano sentirsi sempre a casa; curatene la formazione umana, culturale, affettiva e spirituale"