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Lei faccia l`ammalato il medico sono io
TACCUINO “Lei faccia l’ammalato il medico sono io” Riprendo su queste pagine il tema dei rapporti fra medico e paziente, in margine ad uno studio sulle competenze per la salute pubblicato in giugno dall'Istituto di medicina preventiva dell'Università Zurigo e ad un sondaggio sugli ospedali realizzato il mese scorso dal sito internet comparis.ch. Il primo punta l'indice contro la classe medica, sostenendo che non fornirebbe ai pazienti sufficienti informazioni. Solo una minoranza delle persone interpellate ha dichiarato di ricevere delucidazioni sui vantaggi e gli inconvenienti di un trattamento o di essere stata informata sulle diverse possibilità di cura. E questo a scapito della possibilità per il paziente di assumere un ruolo attivo nelle decisioni che lo concernono. Il secondo per contro ha evidenziato come gli ospedali ticinesi siano i più apprezzati dai pazienti. Da un questionario è risultato che l'OBV è l'istituto che registra in assoluto il grado di soddisfazione maggiore da parte dei pazienti. Nei primi quindici posti figurano pure l'Ospedale La Carità di Locarno, il San Giovanni di Bellinzona e il Civico di Lugano. Da notare che tutti i nosocomi hanno ricevuto punteggi elevati proprio nell'ambito dell'informazione al paziente, segnatamente per quanto riguarda la comprensione delle risposte date dai medici e dal personale curante, la spiegazione degli interventi e le informazioni contraddittorie. Alla luce di queste indicazioni sorgono spontanee alcune riflessioni. Sulla questione dell'informazione i due studi giungono a conclusioni diverse, per non dire opposte. Ora, delle due l'una. O i medici ospedalieri sono tutti disponibili e sanno avere un rapporto empatico con il paziente e quelli extraospedalieri no, pur essendo in certi casi le stesse persone. Oppure sono gli studi a fornire indicazioni che non riflettono la realtà, per carenze metodologiche o di campionatura. A mio avviso la contraddizione fra le due conclusioni è a suo modo rivelatrice, sia perché pone ancora una volta il problema della credibilità delle indagini in campo sanitario, spesso riportate con enfasi dai media, sia perché dimostra la necessità di un'unità di metodologia nel valutare le varie sfaccettature del sistema sanitario svizzero e ticinese in particolare. Non è una questione di lana caprina. A seconda di quale conclusione si prende per buona, c'è il rischio di cospargersi inutilmente il capo di cenere o abbandonarsi ad atteggiamenti trionfalistici. Sono entrambe risposte sbagliate a un problema complesso, che non può essere affrontato a colpi di studi o di decreti, ma che richiede in primo luogo una costante e stretta collaborazione fra medici e pazienti, a seconda delle responsabilità e delle competenze degli uni e degli altri. È più che opportuno discuterne. Trovo positivo in proposito il dibattito lanciato dal presidente dell'Associazione dei pazienti Gabriele Chiesi (Corriere del Ticino 19 giugno) e ripreso dall'OMCT attraverso il sottoscritto (Corriere del Ticino del 27 giugno), anche se contraddistinto finora dalla totale assenza del DSS, che era fra i committenti della ricerca dell'Università di Zurigo. Chi stabilisce cosa sia meglio per l'ammalato? Giuseppe Remuzzi, direttore responsabile della Divisione di Nefrologia e Dialisi degli Ospedali Riuniti di Bergamo, ha fornito in termini chiari, condivisibili e accessibili sul Corriere della Sera (del 10.07.2007) un parere illuminante e, qui riporto fedelmente i passaggi essenziali: “Il dottore di un tempo era come quello di Lev. N. Tolstoj in “La morte di Ivan Il'ic”. A Ivan Il'ic importava una sola cosa, se il suo stato era grave o no; e a questa domanda quanto mai assurda il medico rispose “vi ho già detto, Signore, tutto quello che ritenevo utile e ragionevole che sapeste”. Oggi tanti ammalati vanno dal medico dopo aver passato ore e ore a leggere tutto ciò che c'è sulla loro malattia sui giornali, alla televisione o su internet. Sanno quali sono i centri migliori, i medici più preparati e la terapia più moderna. Sbagliato? Niente affatto, ma se gli ammalati sanno di medicina o se hanno passato abbastanza tempo su internet da saperne di più del medico allora bisogna saperci parlare. E qui sta il problema perché nelle università non si impara a parlare con gli ammalati. Quanti medici sono capaci di dire quello che nessuno vorrebbe sentirsi dire? Pochissimi secondo uno studio fatto negli Stati Uniti nel 2006. Con gli ammalati non si dovrebbe parlare troppo, ma nemmeno troppo poco o peggio ancora in troppe persone. Quando si parla in troppi, quasi sempre si dicono cose diverse, anche senza volerlo. Il medico ha comunque poco tempo per parlare con l'ammalato, mentre l'ammalato ha tutto il giorno per pensarci e se persone diverse gli hanno detto cose diverse ha tutto il tempo per interrogarsi sulle inconsistenze, che magari sono solo formali. Oggi si fa un gran parlare di consenso informato: è un foglio che il malato firma prima di certe cure per sapere di più e decidere se farsi fare quella certa cura o quel intervento chirurgico. Ma attenti a sentirsi apposto perché l'ammalato “ha firmato”. Più che il consenso informato vale che ci sia fra l'ammalato e il suo medico un patto non scritto, fatto di decisioni prese insieme, giorno per giorno e di responsabilità da condividere.” Una volta si diceva “lei faccia l'ammalato il medico sono io”. Adesso con enciclopedie, giornali, radio, televisione e internet non lo si può più fare, con due pericoli: 1. che l'ammalato riduca il medico a uno che prende ordini e basta; 2. che un poco alla volta il medico finisca per sottrarsi alla sua parte di responsabilità. Il dottore di Ivan Il'ic certamente sbagliava, ma questo sarebbe l'eccesso opposto altrettanto sbagliato. Agli economisti sanitari e a chi dirige la sanità (assicuratori, politici) la necessità di riflettere, senza tralasciare la razionalità medica. Ne va del nostro sistema sanitario che ancora oggi è da tutti definito tra il migliore ed il più equo al mondo. 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE Franco Denti 327 SEZIONE SCIENTIFICA MISURE GENERALI PER LA PRESA A CARICO DI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA CARDIACA S. Muzzarelli, G. Mombelli Introduzione L'insufficienza cardiaca è una malattia frequente che secondo stime recenti colpisce circa il 2% della popolazione occidentale. A causa dell'attuale evoluzione demografica e della propagazione delle malattie cardiovascolari si prevede che la prevalenza aumenti del 30% entro l'anno 20201. Dati epidemiologici mostrano chiaramente che la prevalenza e l'incidenza sono fortemente dipendenti dall'età, cosicché circa il 10% degli ultra ottantenni soffrono di una forma di insufficienza cardiaca2. Quale conseguenza di questa particolare distribuzione demografica i pazienti con insufficienza cardiaca sono spesso affetti da comorbidità rilevanti e quindi soggetti a regimi farmacologici complessi che possono influenzare in modo negativo il grado di correttezza di assunzione dei farmaci. I pazienti anziani sono inoltre più spesso confrontati con problemi cognitivi e isolamento sociale, fattori che a loro volta possono ostacolare la presa a carico terapeutico-farmacologica ottimale. Oltre all'assunzione corretta di medicamenti, anche la capacità di autocontrollo (peso corporeo, riconoscimento dei sintomi precoci dello scompenso cardiaco), l'adattamento dello stile di vita (dieta, attività fisica regolare) e la capacità di reagire in modo adeguato in caso di apparizione di sintomi di scompenso cardiaco sono punti cruciali spesso deficitari nel paziente anziano. La descrizione di queste problematiche pratiche e delle possibili misure concrete per ottimizzare la presa a carico di pazienti con insufficienza cardiaca sono gli obiettivi di questo articolo. Attitudine del paziente quale fattore prognostico nell'insufficienza cardiaca? Nonostante gli importanti progressi terapeutici, la sindrome dell'insufficienza cardiaca è tuttora associata ad un alto tasso di mortalità e morbilità3. È ben risaputo, che il decorso clinico è spesso caratterizzato da scompensi cardiaci recidivati e conseguente tasso di reospedalizzazione estremamente elevato. Si stima che 6 mesi dopo dimissione dall'ospedale per scompenso cardiaco il 40-50% dei pazienti vengono nuovamente reospedalizzati. Nella maggior parte dei casi per recidiva di scompenso cardiaco (70%), più raramente a causa di malattie concomitanti4-6. Diversi studi hanno identificato la compliance medicamentosa insufficiente e la scarsa aderenza alle misure dietetiche (restrizione idrosalina) quali principali responsabili dello scompenso cardiaco nel 20-40% dei casi7-9. Una recente analisi effettuata sul collettivo di pazienti reclutati nello studio Charme (studio randomizzato sull'efficacia dell'AT-II antagonista Candesartan in pazienti con insufficienza cardiaca) ha potuto dimostrare che i pazienti con compliance medicamentosa scarsa (ca. 11% del collettivo globale) avevano un tasso di mortalità e ospedalizzazione nettamente aumentato rispetto ai pazienti complianti. È interessante osservare che pure i pazienti con compliance insufficiente randomizzati al placebo avessero una prognosi peggiore10. Ciò lascia supporre che questi pazienti abbiano una scarsa aderenza 72 SETTEMBRE 2007 non solo al farmaco testato, bensì a tutto il regime farmacologico ed eventualmente alle misure generali di adattamento dello stile di vita (esercicio fisico, dieta etc.), esprimendo così un'attitudine generale di trascuratezza verso la propria malattia. Complice insufficiente: un fenomeno diffuso? Quando si parla di compliance in pazienti con insufficienza cardiaca è possibile estendere il concetto alle varie dimensioni nella presa a carico medica che necessitano una partecipazione attiva da parte del paziente: 1) compliance al regime farmacologico; 2) alle misure di adattamento dello stile di vita (dieta e esercizio fisico); 3) alle misure di autocontrollo (misurazione del peso corporeo, riconoscenza e reazione adeguata in caso di insorgenza di sintomi dello scompenso cardiaco). Compliance al regime farmacologico Si stima che solo il 70% dei pazienti con insufficienza cardiaca rispettino adeguatamente il regime farmacologico prescritto11. È importante sottolineare che il grado di aderenza stimato varia estremamente a dipendenza del metodo di valutazione utilizzato e del collettivo di pazienti analizzato. Un recente lavoro pubblicato nella rivista “New England Journal of Medicine” suggerisce una distinzione tra metodi diretti e indiretti per la misurazione/valutazione della compliance. I metodi diretti, quali l'osservazione del paziente durante l'assunzione di un farmaco o la misurazione di tassi plasmatici/urinari di un farmaco o un suo metabolita, sono generalmente più accurati e precisi ma difficili da effettuare. Metodi indiretti come interviste al paziente, questionari specifici o scatole di medicamenti con monitoraggio elettronico incorporato (MEMS), sono più facilmente applicabili ma meno accurati. È intuitivo che un paziente intervistato o invitato a compilare un TRIBUNA MEDICA TICINESE 329 SEZIONE SCIENTIFICA questionario ben difficilmente ammetta di non assumere correttamente i medicamenti, mentre con una scatola di medicamenti con monitoraggio elettronico il paziente è consapevole di essere attivamente osservato e giudicato nelle sue abitudini di assunzione di medicamenti; di conseguenza l'assunzione “spontanea” di farmaci viene influenzata. Tramite metodi indiretti la compliance viene quindi generalmente sovrastimata12. Queste considerazioni vengono ben rispecchiate dagli studi effettuati: mentre i questionari valutano che circa il 90-95% dei pazienti sono complianti; il tasso di compliance cala al 70-80% se la valutazione basa su MEMS e addirittura al fino al 10% valutando le banche dati farmaceutiche (relazione tra il numero di pastiglie ritirate dal paziente in farmacia rispetto a quante prescritte)11. Nonostante vi siano alcune discrepanze, questi risultati suggeriscono che la mal-compliance medicamentosa sia una problematica frequente e potenzialmente correggibile in pazienti con insufficienza cardiaca. Compliance agli adattamenti dello stile di vita Nonostante gli effetti benefici di un'alimentazione adeguata e dell'esercizio fisico regolare siano ben noti e documentati, queste misure vengono raramente implementate. Un apporto idrosalino controllato (si raccomanda un'assunzione di liquidi inferiore a 1,5l/giorno e di sale inferiore a 3-4 g/giorno) viene osservato purtroppo solo dal 30-50% dei pazienti cardiopatici. Solo il 40% dei pazienti esercitano pratiche sportive/riabilitative regolarmente11. Compliance alle misure di autocontrollo Per quanto concerne la misurazione regolare del peso corporeo solo il 40% dei pazienti si attengono a questa misura estremamente semplice ma efficace per riconoscere precocemente 330 TRIBUNA MEDICA TICINESE uno scompenso cardiaco13. È inoltre interessante osservare che i sintomi cardinali dello scompenso cardiaco vengono frequentemente trascurati a lungo prima che i pazienti cerchino un'assistenza medica. Uno studio che ha analizzato questa problematica ha infatti evidenziato che la dispnea generata da uno scompenso è stata trascurata per 3 giorni, l'ortopnea per 2 giorni, edemi periferici e un aumento ponderale per 7 giorni, palpitazioni per più di 3 giorni in pazienti anziani ospedalizzati per scompenso cardiaco14. È possibile migliorare la compliance dei nostri pazienti? Diversi fattori/predittori di mal-compliance sono stati identificati. Caratteristiche dei pazienti, quali un elevato numero di co-morbidità, un isolamento sociale e una classe NYHA bassa (mantenuta capacità funzionale), come pure caratteristiche del regime terapeutico (numero elevato di farmaci e cambiamenti terapeutici frequenti) e un rapporto medico paziente scarso, sembrano essere associati ad una compliance medicamentosa insufficiente13. Altri studi hanno potuto evidenziare che un basso livello di istruzione e conoscenza a riguardo della patologia dell'insufficienza cardiaca fossero chiaramente associati una scarsa aderenza al regime farmacologico, alle misure di autocontrollo e all'adattamento dello stile di vita15. Questi risultati suggeriscono che misure finalizzate all'istruzione specifica del paziente, alla semplificazione del regime terapeutico e al rafforzamento del rapporto medico-paziente siano di fondamentale importanza nella gestione dei pazienti con insufficienza cardiaca. Quest'ipotesi viene confermata da diversi studi prospettivi e randomizzati che hanno analizzato l'effetto di una presa a carico multidisciplinare nella gestione ambulatoriale di pazienti con insufficienza cardiaca. Un intervento multidimensionale, comprendente un'istruzione specifica e struttu- 72 SETTEMBRE 2007 rata (misure di autocontrollo, terapia farmacologica, dieta), una semplificazione del regime farmacologico dove possibile e delle visite infermieristiche a domicilio atte a garantire l'implementazione delle misure contenute nell'istruzione, ha potuto ridurre drasticamente il tasso di reospedalizzazione e i costi, migliorando al contempo la qualità di vita dei pazienti16-18. È importante sottolineare che la maggior parte di questi interventi sono realizzabili pure da parte di medici praticanti o all'interno di una struttura ospedaliera. L'istruzione del paziente e delle persone coinvolte nella gestione medica (familiari, parenti, etc.), la semplificazione della farmacoterapia, l'eventuale potenziamento della rete di sostegno a domicilio (aiuto infermieristico a domicilio, preparazione dei medicamenti da parte della farmacia con appositi box settimanali) sono misure semplici che richiedono un utilizzo ragionevole di risorse, ma possono influenzare il modo significativo il decorso. Contenuti dell'istruzione al paziente Come suggerito dalle linee direttive internazionali per la presa a carico di pazienti con insufficienza cardiaca i punti fondamentali di istruzione comprendono19: 1 Informazione circa l'importanza dell'assunzione regolare dei farmaci prescritti. A questo proposito una breve spiegazione dei principi di azione e degli effetti dei singoli farmaci possono stimolare la motivazione del paziente all'assunzione dei vari medicamenti. 2 Restrizione idrosalina a 3-4 g/giorno di sale da cucina e 1,5 l/giorno di liquidi. A questo proposito i pazienti vanno sensibilizzati alle “fonti nascoste” di sale (brodo, varie spezie salate) sollecitando al contempo l'utilizzo di spezie alternative senza contenuto di sale. Per quanto concerne il controllo dell'apporto idrico si può SEZIONE SCIENTIFICA consigliare di misurare la quantità dei vari liquidi ingeriti in una giornata (tè, caffè, acqua e varie bevande) e adattare se necessario le abitudini in merito. 3 I pazienti con insufficienza cardiaca (specialmente in caso di tendenza all'accumulo idrosalino) dovrebbero pesarsi giornalmente, di mattina a digiuno. Per stimolare questa pratica e dare al contempo al paziente e al medico curante la possibilità di valutare la dinamica di questo parametro è consigliabile fornire un apposito diario per marcare il peso misurato. È così possibile adattare la terapia diuretica secondo il peso e fornire al paziente un'importante mezzo di autocontrollo. In caso di incremento ponderale significativo (>2kg nell'arco di giorni) è consigliato un consulto medico. 4 In modo individuale e secondo necessità è consigliata la misurazione regolare della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca. Questi parametri possono aiutare il medico ad adattare la terapia farmacologica in modo ottimale. Al contempo l'ipertensione arteriosa mal controllata e disturbi del ritmo quali la fibrillazione atriale sono cause frequenti dello scompenso cardiaco. Entrambi sono potenzialmente identificabili da parte del paziente. 5 I pazienti devono essere istruiti a riconoscere e reagire in modo adeguato a sintomi dello scompenso cardiaco quali un'intolleranza alle sforzo e/o dispnea insoliti, ortopnea, dispnea parossistica notturna, aumento ponderale (> 2 kg in pochi giorni), edemi, astenia e palpitazioni insolite. 6 Un'interruzione completa del tabagismo e un consumo etilico controllato sono consigliabili. 7 Come spiegato precedentemente l'esercizio fisico regolare in regime aerobico contribuisce in modo fondamentale al miglioramento della funzione cardiaca, vascolare e del metabolismo della muscolatura sche- letrica, esercitando quindi un effetto positivo sulla prognosi e la qualità di vita di pazienti cardiopatici. 8 L'utilizzo di analgesici antireumatici è fortemente sconsigliato in pazienti cardiopatici. Questa classe di medicamenti favorisce infatti la ritenzione idrosalina, la vasocostrizione periferica, gli eventi vascolari atero-trombotici, interagendo al contempo in modo imprevedibile sulla farmacodinamica dei medicamenti di anticoagulazione orale. Si stima che circa il 20% degli scompensi cardiaci necessitanti un'ospedalizzazione siano al meno parzialmente favoriti dall'assunzione di questi medicamenti20;21. Di conseguenza l'assunzione, anche sporadica, deve essere ricercata in modo attivo da parte del medico curante. In caso di necessità è utile consigliare misure analgesiche alternative basate su paracetamolo e oppiacei. Conclusione La compliance insufficiente al regime farmacologico, alle misure di autocontrollo, ai cambiamenti delle abitudini culinarie e all'esercizio fisico regolare è quindi un fenomeno diffuso e chiaramente associato un impatto prognostico negativo. Il fatto che semplici misure di correzione possano modificare positivamente l'atteggiamento dei pazienti, influenzandone in modo significativo la prognosi, dovrebbe motivare noi tutti ad effettuare sforzi ulteriori in questa direzione. Un maggiore coinvolgimento e una responsabilizzazione del singolo paziente sembra essere un passo fondamentale per garantire un atteggiamento attivo e consapevole del paziente nella presa a carico della malattia nei suoi vari aspetti. Dr. med. S. Muzzarelli Universitätsspital Basel, Klinik für Kardiologie Petersgraben 4, 4055 Basel E-mail: [email protected] PD Dr. med. G. Mombelli Servizio di medicina Interna Ospedale Regionale Locarno 6600 Locarno Bibliografia 1 Stewart S, MacIntyre K, Capewell S, McMurray JJ. Heart failure and the aging population: an increasing burden in the 21st century? Heart 2003; 89(1):49-53. 2 Cowie MR, Wood DA, Coats AJ et al. Incidence and aetiology of heart failure; a population-based study. Eur Heart J 1999; 20(6):421-428. 3 MacIntyre K, Capewell S, Stewart S et al. Evidence of improving prognosis in heart failure: trends in case fatality in 66 547 patients hospitalized between 1986 and 1995. Circulation 2000; 102(10):1126-1131. 4 Chin MH, Goldman L. Correlates of early hospital readmission or death in patients with congestive heart failure. Am J Cardiol 1997; 79(12):1640-1644. 5 Vinson JM, Rich MW, Sperry JC, Shah AS, McNamara T. Early readmission of elderly patients with congestive heart failure. J Am Geriatr Soc 1990; 38(12):1290-1295. 6 Wexler DJ, Chen J, Smith GL et al. Predictors of costs of caring for elderly patients discharged with heart failure. Am Heart J 2001; 142(2):350-357. 7 Michalsen A, Konig G, Thimme W. Preventable causative factors leading to hospital admission with decompensated heart failure. Heart 1998; 80(5):437-441. 8 Tsuyuki RT, McKelvie RS, Arnold JM et al. Acute precipitants of congestive heart failure exacerbations. 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La frequen- za con cui si verificano tali oscillazioni, ovvero il numero di oscillazioni per secondo, determina le proprietà e l'uso che ne può essere fatto. Le frequenze sono misurate in hertz (Hz), dove 1 Hz è 1 oscillazione per secondo, 1kHz o kilohertz è pari a 1000 Hz, 1 MHz o megahertz è pari a un milione di Hz e 1GHz o gigahertz è pari a un miliardo di Hz o 109Hz (vedi Figura 1). Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento notevole nel numero e nella tipologia delle fonti di campi elettromagnetici, soprattutto i campi a frequenza estremamente bassa (0-300 Hz, extremely low frequencies o ELF), le radiofrequenze (300 Hz - 300 MHz, RF), nonché le micro-onde (300 MHz 300 GHz). L'esposizione a campi a frequenza estremamente bassa (ELF) deriva soprattutto dalle fonti create dall'uomo per la generazione, trasmissione e uso dell'elettricità; in particolare è possibile distinguere due tipologie di esposizione a tali campi: - esposizione occupazionale che avviene, per esempio, nelle industrie elettriche ed elettroniche, nel campo della saldatura e nella riparazione/uso di motori elettrici; - esposizione ambientale (i cui livelli sono tipicamente bassi) che avviene nelle zone residenziali in prossimità delle linee di trasmissione elettrica oppure attraverso l'utilizzo domestico di apparecchiature elettriche. L'esposizione a radiofrequenze (RF), invece, si identifica con i campi di radiofrequenza generati dalle trasmissioni radio-televisive e da tutti gli altri apparecchi di telecomunicazione. In casa, le radiofrequenze sono generate da forni a micro-onde, allarmi antifurto, radio, TV, basi di telefoni senza filo. Tuttavia, la maggiore fonte di esposi- Fig. 1: I campi magnetici in funzione della frequenza (Hz) e del loro uso nella vita quotidiana 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 333 SEZIONE SCIENTIFICA zione a radiofrequenze è rappresentata dai telefoni cellulari. Anche l'ambiente lavorativo assume un ruolo fondamentale: gli impiegati che lavorano in prossimità di sistemi che emettono radiofrequenze possono ricevere livelli superiori di esposizione. Tra questi citiamo i lavoratori delle industrie di trasporto, della tele-comunicazione, gli antennisti, il personale militare (operatori radar), gli ufficiali di polizia che utilizzano i radar per il controllo del traffico, il personale medico che utilizza apparecchiature per il trattamento del dolore e delle infiammazioni o dispositivi elettro-chirurgici per l'incisione e la sutura dei tessuti. Le evidenze scientifiche Il cresciuto interesse scientifico e la cresciuta attenzione da parte della popolazione generale verso tale fenomeno fa sorgere spontaneamente le seguenti domande: l'esposizione a ELF o RF è cancerogena? Quali sono le evidenze scientifiche? Esposizione a ELF e Tumori Nel 1979 è stato pubblicato il primo Report circa una possibile associazione tra esposizione a campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF) e leucemie infantili (Wertheimer et al., 1979). Da allora il numero di studi epidemiologici sofisticati si sono via via moltiplicati. Numerosi gruppi di esperti hanno analizzato in modo approfondito i risultati scientifici circa gli effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF). Un certo numero di studi epidemiologici sulle leucemie infantili indica una possibile relazione tra il rischio di insorgenza e l'esposizione a tali frequenze (ELF) (Ahlbom A et al., 2000; Greenland S et al., 2000). Per contro, non ci sono ancora evidenze scientifiche riguardo la relazione tra i tumori in età adulta e l'esposizione occupazionale o ambientale a ELF (IARC Monographs Vol. 80, 2002). Anche gli esperimenti in animale non 334 TRIBUNA MEDICA TICINESE hanno mostrato fino ad ora risultati consistenti. L'International Agency for Research on Cancer (IARC) ha classificato i campi a frequenze estremamente basse (ELF) come “possibile causa di insorgenza di tumori negli uomini” (“gruppo 2B” secondo IARC Monographs Vol. 80, 2002), sulla base delle evidenze scientifiche relative alle leucemie infantili (IARCPress Release n. 136, 2001). Nonostante non sia ancora nota una relazione di tipo causale tra esposizione a campi magnetici e leucemie infantili, da una recente analisi condotta da Kheifets L e colleghi (2006) è stato stimato a livello mondiale il possibile impatto sulla salute pubblica in termini di frazione attribuibile (%). La stima del numero globale di nuovi casi di leucemia infantile (in età <15 anni) è nel 2000 pari a 49000 nuovi casi/anno, corrispondenti ad un tasso di incidenza standardizzato di 2.68 casi per 100.000 abitanti (IARC, 2000). La frazione attribuibile a ELF è ottenuta dal confronto tra il numero di casi insorti in una popolazione ad un dato livello di esposizione (in media >0.3 µT nello studio in esame) e il numero di casi che potrebbero insorgere se l'esposizione a ELF fosse ridotta od eliminata in seguito a specifici interventi. Tale parametro oscilla a livello mondiale tra <1%-4%. Infine, poiché la frazione attribuibile è altamente dipendente dalla distribuzione dei livelli di esposizione a ELF, gli autori concludono lo studio illustrando la necessità di raccogliere più informazioni sui livelli di esposizione nel mondo. Esposizione a RF e Tumori Ancora meno chiara è la relazione tra esposizione a radiofrequenze (RF) e insorgenza di tumori. Pochi studi epidemiologici in ambito occupazionale hanno mostrato un possibile aumento del rischio di leucemia o tumori cerebrali (Groves FD et al., 2002; Milham S Jr, 1988;), mentre altri studi ne hanno evidenziato un decremento (Morgan RW et al., 2000). Anche l'evidenza sperimentale è limitata, ma suggerisce che le radiofrequenze (RF) non causano mutazioni del DNA. Quindi, la mancanza di riproducibilità dei risultati limita la possibilità alla IARC di arrivare ad Fig. 2: Incidenza delle principali neoplasie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti, standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR) 72 SETTEMBRE 2007 SEZIONE SCIENTIFICA una conclusione precisa. A tal proposito, è in corso uno studio multicentrico (INTERPHONE), coordinato dalla IARC e in collaborazione con i Registri Tumori di 13 paesi nel mondo: Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Israele, Italia, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Svezia e Gran Bretagna. Si tratta di uno studio caso-controllo su base di popolazione che ha lo scopo di studiare la relazione tra i tumori della regione testa-collo e l'uso di telefoni cellulari da parte di persone con un'età compresa tra 30-59 anni. Recenti risultati di INTERPHONE hanno riportato un'assenza di rischio di tumori cerebrali (gliomi, meningiomi) o neuromi acustici in Giappone (Takebayashi T et al., 2006) e Germania (Berg G et al., 2006; Schuz J et al., 2006); le stesse conclusioni sono emerse da una meta-analisi di sei studi caso-controllo su base di popolazione condotti in cinque paesi del Nord Europa (Schoemaker MJ et al., 2005, Lahkola A et al., 2007). Altri studi non hanno fornito risultati consistenti e convincenti circa una relazione causale tra esposizione a RF e qualsiasi effetto nocivo sulla salute (Ahlbom 2006; Ahlbom A et al., 2004; Lonn S et al., 2005), anche quando si considerano le emissioni da parte di trasmettitori radio/TV o stazioni base della telefonia mobile (Jauchem JR, 2003). Epidemiologia delle leucemie infantili (0-14 anni) Le leucemie rappresentano circa 1/3 delle neoplasie che colpiscono i bambini. La figura 2 mostra l'incidenza delle principali neoplasie in età compresa tra 0 e 14 anni nel mondo. In ordine di frequenza le leucemie sono seguite dai linfomi non Hodgkin, dalle neoplasie del sistema nervoso centrale, dai linfomi di Hodgkin e dai tumori renali. Altre forme tumorali seguono con frequenze minori. Nelle bambine l'incidenza è pressoché sovrapponibile a quella dei bambini a parte i tumori del sistema Fig. 3: Incidenza delle leucemie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti, standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR), sesso maschile Fig. 4: Mortalità delle leucemie infantili (0-14 anni) nel mondo per 100'000 abitanti, standardizzata secondo la popolazione mondiale (ASR), sesso maschile nervoso centrale più frequenti dei linfomi (Ferlay J et al., 2004). La distribuzione dell'incidenza delle leucemie nel mondo evidenzia differenze tra i diversi continenti. La figura 3 ne mostra le principali caratteristiche: le regioni dove si osservano le inci- 72 SETTEMBRE 2007 denze più elevate sono l'America del Nord, parte dell'Europa, Australia e Nuova Zelanda; i paesi africani risultano, invece, i meno colpiti. L'evoluzione dei trattamenti, il miglioramento dei protocolli terapeutici e delle tecniche di trapianto midollare TRIBUNA MEDICA TICINESE 335 SEZIONE SCIENTIFICA hanno portato ad una diminuzione della mortalità, in particolare nei paesi industrializzati. Attualmente la leucemia infantile, pur rimanendo una malattia grave in tutti i suoi riscontri che talvolta porta al decesso, è curabile nella maggior parte dei casi. La figura 4 mostra la ripartizione dei tassi di mortalità delle leucemie nel mondo. Come si colloca il Canton Ticino rispetto al resto del mondo? Qual è l'impatto sulla salute della popolazione ticinese dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF)? È possibile formulare alcune ipotesi sulla base delle attuali conoscenze scientifiche? Il dato in Ticino è ben sovrapponibile a quanto osservato nei paesi industrializzati. Nel periodo 1996-2006 nel cantone si sono registrati 21 nuovi casi di leucemia infantile (mediamente 1.9 casi all'anno). Tale risultato espresso in termini di tasso standardizzato sulla popolazione mondiale corrisponde a 4.4 casi ogni 100.000 abitanti (6.4 per 100.000 nei bambini e 2.7 per 100.000 nelle bambine). Inoltre dall'analisi dei trend emerge una sostanziale stabilità dei tassi di incidenza. Per valutare il possibile impatto sulla salute pubblica dei campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse (ELF) è stato ripreso il ragionamento sviluppato da Kheifets L e colleghi. La stima del numero di casi attribuibili ad ELF in Ticino è stata ottenuta assumendo da un lato che la distribuzione dell'esposizione a ELF sia la stessa di quella riportata nello studio considerato (in media >0.3 µT) e dall'altro che esista una relazione di tipo causale tra esposizione e insorgenza di leucemia, fenomeno che porterebbe lo IARC a classificare i campi elettromagnetici a frequenze estremamente basse come fattore cancerogeno per l'uomo (“gruppo 1” della Classificazione IARC). È stato ipotizzato in Ticino un valore medio di frazione attribuibile pari a 2.5%, che moltiplicato 336 TRIBUNA MEDICA TICINESE per il numero totale di leucemie infantili insorte nel periodo 1996-2006 (ovvero 21 casi), conduce ad una stima del numero di casi attribuibili ad ELF pari a 0.5 casi in 11 anni di osservazione (ovvero 0.025*21). Sulla base di tali stime è possibile assumere che approssimativamente ogni 50 anni si verificano 2,3 casi di leucemia infantile attribuibili ad esposizione a ELF. In conclusione, la difficoltà e/o complessità nel descrivere in modo oggettivo la distribuzione dell'esposizione a campi elettromagnetici e la rarità del fenomeno in esame (ovvero l'insorgenza di leucemie) implicano la necessità di condurre grossi studi a livello internazionale per il raggiungimento di risultati significativi e consistenti. A tal proposito, il Registro Tumori del Canton Ticino oltre ad aver annunciato la propria disponibilità a partecipare ad eventuali nuove fasi dello studio INTERPHONE, ha accolto positivamente la proposta di un nuovo progetto (CEFALO) finanziato dalla Fondazione Svizzera per la Ricerca sulla Comunicazione Mobile. I paesi partecipanti sono Danimarca, Norvegia, Svezia e Svizzera. Si tratta di uno studio multicentrico che ha lo scopo di esaminare in modo accurato tutti i possibili fattori di rischio associati all'insorgenza dei tumori cerebrali tra i giovani di età compresa tra 7-19 anni. Particolare attenzione è rivolta verso gli effetti potenzialmente negativi dell'uso di telefoni cellulari, che negli ultimi anni si sono diffusi anche tra i giovani. Dr. Stat. Alessandra Spitale Registro Tumori Cantone Ticino Istituto Cantonale di Patologia Dr. Med. Andrea Bordoni Registro Tumori Cantone Ticino Istituto Cantonale di Patologia Bibliografia 1 Ahlbom A. 2006. Studies on Base Stations and Other Telecommunications Towers. Available: http://www.who.int/pehemf/meetings/archive/ahlbom_bsw.pdf [accessed 7 October 2006]. 2 Ahlbom A, Day N, Feychting M, Roman E, Skinner J, Dockerty J et al. A pooled analysis of magnetic fields and childhood leukaemia. Br J Cancer. 2000 Sep;83(5):692-8. 3 Ahlbom A, Green A, Kheifets L, Savitz D, Swerdlow A, ICNIRP (International Commission for Non-Ionizing Radiation Protection) Standing Committee on Epidemiology. 2004. Epidemiology of health effects of radiofrequency exposure. Environ Health Perspect 112:1741-1754. 4 Berg G, Spallek J, Schuz J, Schlehofer B, Bohler E, Schlaefer K, et al. 2006. Occupational exposure to radio frequency/microwave radiation and the risk of brain tumors: interphone study group, Germany. Am J Epidemiol 164(6):538-548. 5 Bernard WS, Kleihues. World Cancer Report. Lyon: IARCPress, 2003. 6 Bernhardt JH, Matthes R, Repacholi M, eds. Non-Thermal Effects of RF Electromagnetic Fields (International Commission on NonIonizing Radiation Protection, WHO). Geneva: World Health Organization, 1997. 7 Bernhardt JH, Matthes R, Repacholi M, eds. Static and Extremely Low Frequency Electric and Magnetic Fields (International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection, WHO). Geneva: World Health Organization, 1998. 8 Greenland S, Sheppard A, Kaune W, Poole C, Kelsh M. A pooled analysis of magnetic fields, wire codes, and childhood leukemia. Childhood Leukemia-EMF Study Group. Epidemiology. 2000 Nov;11(6):624-34. Review. 9 Groves FD, Page WF, Gridley G, Lisimaque L, Stewart PA, Tarone RE, et al. Cancer in Korean war navy technicians: mortality survey after 40 years. Am J Epidemiol. 2002 May 1;155(9):810-8. 10 IARC finds limited evidence that residential magnetic fields increase risk of childhood leukaemia. IARCPress Release n. 136 (2001) 11 International study on health effects of mobile (cellular) phones to go ahead. IARCPress Release n. 127 (1998). 72 SETTEMBRE 2007 SEZIONE SCIENTIFICA 12 IARC Monographs Vol. 80. Non-ionizing Radiation, Part I: Static and Extremely Low Frequency (ELF) Electric and Magnetic Fields. Lyon, 2002. 13 Jauchem JR. 2003. A literature review of medical side effects from radio-frequency energy in the human environment: involving cancer, tumors, and problems of the central nervous system. J Microw Power Electromagn Energy 38:103-123. 14 Kheifets L, Afifi AA, Shimkhada R. Public Health Impact of Extremely Low-Frequency Electromagnetic Fields. Environ Health Perspect, 2006 Oct;114(10):1532-7 15 Lahkola A, Auvinen A, Raitanen J, Schoemaker MJ, Christensen HC, Feychting M, et al. 2007. Mobile phone use and risk of glioma in 5 North European countries. Int J Cancer; doi 10.1002/ijc.22503 [Online 17January 2007]. study group, Germany). Am J Epidemiol 163:512-520. 24 Takebayashi T, Akiba S, Kikuchi Y, Taki M, Wake K, Watanabe S, et al. 2006. Mobile phone use and acoustic neuroma risk in Japan. Occup Environ Med 63:802-807. 25 The Royal Society of Canada report, 1999: http://www.rsc.ca/english/RFreport.pdf 26 The Stewart report: Independent Expert Group on Mobile Phones: Report on Mobile Phones and Health, 2000, UK: http://www.iegmp.org.uk/report/index.htm 27 US National Reasearch Council report: Possible Health effects of Exposure to Residential Electric and Magnetic Fields (1997: http://books.nap.edu/books/ 0309054478/html) 16 Lonn S, Ahlbom A, Hall P, Feychting M, Swedish Interphone Study Group. 2005. Long-term mobile phone use and brain tumor risk. Am J Epidemiol 161:526-535. 28 Valberg PA, van Deventer TE, Repacholi MH. Workgroup report: base stations and wireless networks-radiofrequency (RF) exposures and health consequences. Environ Health Perspect. 2007 Mar;115(3):416-24. Epub 2006 Nov 6. 17 McKinlay A. A possible health effect related to the use of radiotelephones. Radiological Protection Bull 1997, 187: 9-16. 29 Werthmeier N, Leeper E.Electrical wiring configurations and childhood cancer. Am J Epidemiol. 1979 Mar;109(3):273-84. 18 Milham s Jr. Increased mortality in amateur radio operators due to lymphatic and hematopoietic malignancies. Am J Epidemiol. 1988 Jan;127(1):50-4. 19 Morgan RW, Kelsh MA, Zhao K, Exuzides KA, Heringer S, Negrete W. Radiofrequency exposure and mortality from cancer of the brain and lymphatic/hematopoietic systems. Epidemiology. 2000 Mar;11(2):118-27 20 Repacholi MH. Low-level exposure to radiofrequency electromagnetic fields: health effects and research needs. Bioelectromagnetics 1998, 19: 1-19. 21 Royal Society of Canada. A Review of the Potential Health Risk of Radiofrequency Fields from Wireless Telecommunication Devices (RSC.EPR 1999-1). Ottawa: Royal Society of Canada, 2000. 22 Schoemaker MJ, Swerdlow AJ, Ahlbom A, Auvinen A, Blaasaas KG, Cardis E, et al. 2005. Mobile phone use and risk of acoustic neuroma: results of the Interphone casecontrol study in five North European countries. Br J Cancer 93:842-848. 23 Schuz J, Bohler E, Berg G, Schlehofer B, Hettinger I, Schlaefer K, et al. 2006. Cellular phones, cordless phones, and the risks of glioma and meningioma (INTERPHONE 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 337 SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB Il Journal Club di questo mese è stato curato dall’Istituto Cantonale di Patologia RELAZIONE TRA ASSUNZIONE DI ASPIRINA E RISCHIO DI CANCRO COLORETTALE IN RAPPORTO ALL’ESPRESSIONE DI COX-2 Aspirin and the risk of colorectal cancer in relation to the expression of COX-2; A. T. Chan et al, N Engl J Med, vol.356 (21): pp. 2131-2142, 2007 Riassunto/Adattamento: Dr. M. Frattini Laboratorio Diagnostica Molecolare Istituto Cantonale di Patologia via in Selva 24, 6600 Locarno Introduzione Studi osservazionali e randomizzati hanno mostrato che l'uso regolare di aspirina riduce il rischio di sviluppare una neoplasia colorettale. Tuttavia, il meccanismo tramite il quale l'aspirina diminuisce tale rischio non è ancora stato individuato. È noto che l'aspirina inibisca l'azione delle cicloossigenasi, di cui la forma COX-2 è implicata in vari rilevanti processi, quali l'infiammazione e la proliferazione cellulare. Studi clinici randomizzati hanno dimostrato che inibitori selettivi di COX-2 determinano una riduzione del rischio di sviluppare un adenoma ricorrente in popolazioni classificate ad alto rischio per adenomi e cancri colorettali. Scopo del presente lavoro è quello di verificare se l'influenza dell'aspirina sul rischio di sviluppo di un cancro colorettale sia collegata all'espressione di COX-2. Materiali e metodi Le analisi sono state condotte partendo da due coorti di individui: 121.701 infermiere (The Nurses'-Health Study) e 51.529 dentisti maschi (The Health Professionals Follow-up Study). Di queste popolazioni sono state raccolte informazioni in senso prospettico riguardanti le abitudini di vita (fumo, consumo di alcol, attività fisica, apporto di vitamine) e l'assunzione (dose e frequenza) di aspirina, tramite la compilazione di appositi questionari ogni due anni, a partire dal 1976 per le infermiere e dal 1986 per i dentisti. È stata riscontrata l'insorgenza di tumore colorettale in 648 casi di infermiere e in 662 casi di dentisti. L'analisi dell'espressione di COX2, effettuata tramite immunoistochimica, è stata limitata ai pazienti di cui si avevano a disposizione sezioni non colorate con mucosa sana adiacente il prelievo neoplastico: 368 casi di infermiere e 268 casi di dentisti (636 casi complessivamente). I casi sono stati classificati come non esprimenti o con debole, media o intensa espressione di COX-2, confrontando l'espressione nella lesione tumorale rispetto a quella della mucosa sana. I casi con media e marcata espressione sono stati classificati come sovraesprimenti COX-2, quelli con debole o nessuna espressione come non-sovraesprimenti. Risultati Dai risultati dei questionari è emerso che coloro che usano regolarmente aspirina sono generalmente più anziani, fumatori o ex-fumatori, assumono vitamine, alcool e folato a più alte dosi, e fanno meno attività fisica. Dei 636 tumori analizzati, 423 (67%) sono stati classificati sovraesprimenti COX-2. In entrambe le coorti è stato osservato un trend generale di diminuzione del rischio di cancro nei pazienti che assumono aspirina, confermando i dati della letteratura. Analizzando i dati in funzio- 72 SETTEMBRE 2007 ne dell'espressione di COX-2, è stato osservato che il beneficio dell'assunzione di aspirina è limitato ai casi con sovraespressione di COX-2. Inoltre, è stato dimostrato che anche il dosaggio di aspirina è importante, in quanto un'evidente diminuzione del rischio è stata riscontrata nei pazienti che assumono regolarmente 5 compresse (da 325 mg) per settimana, ma sempre soltanto per i pazienti con marcata espressione di COX-2. Gli Autori hanno anche stimato l'incidenza, standardizzata per età, di cancro: per i pazienti con marcata espressione di COX-2, l'incidenza è di 37 casi per 100.000 persone-anno se assumono aspirina, contro 56 casi se l'aspirina non è assunta. Per i casi COX-2 negativi, non si riscontrano differenze significative (27 vs 28 casi per 100.000 persone-anno, a seconda che l'aspirina sia assunta o meno, rispettivamente). Conclusioni Lo studio ha alcuni punti di forza: 1) sono state raccolte informazioni dettagliate circa l'uso dell'aspirina in un lungo periodo di follow-up; 2) i dati sono stati raccolti in senso prospettico e quindi anche prima della diagnosi di cancro; 3) i dati dovrebbero essere accurati perché le coorti comprendono individui con professionalità legate alla gestione della salute; 4) in analisi sono stati considerati maggiori potenziali fattori confondenti; 5) i dati si confermano in entrambe le coorti considerate. I punti critici dello studio riguardano invece: 1) l'autosomministrazione dell'aspirina da parte del paziente stesso; 2) l'assenza di correlazioni con l'effetto del fumo, dell'attività fisica e dell'assunzione di alcool e vitamine; 3) l'assenza di un metodo standardizzato di valutazione dell'espressione di COX-2, anche se gli Autori hanno applicato i criteri maggiormente utilizzati in letteratura. Partendo da due ampie casistiche, questo lavoro ha mostrato come la TRIBUNA MEDICA TICINESE 339 SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB regolare assunzione di aspirina porti ad un diminuito rischio di sviluppare un cancro colorettale per i pazienti che mostrano una marcata espressione di COX-2. La diminuzione del rischio è più accentuata nei pazienti che assumono dosi maggiori di tale farmaco e per estesi periodi temporali. Questo lavoro conferma dunque i dati della letteratura sul fatto che l'effetto anticancro dell'aspirina si esplica, almeno in parte, sull'inibizione di COX-2, suggerendo quindi che tale farmaco possa essere somministrato a pazienti a più alto rischio (ad esempio, coloro che hanno già sviluppato un cancro colorettale che ha mostrato una marcata espressione di COX-2). 340 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007 SEZIONE SCIENTIFICA - JOURNAL CLUB CELIACHIA: STUDIO ISTOLOGICO DI FOLLOW-UP Coeliac disease: a histological follow-up study. B.T. Bardella et al Histopathology, vol. 50: pp 465-471, 2007 Riassunto/Adattamento: Luca Mazzucchelli Istituto Cantonale di Patologia via in Selva 24, 6600 Locarno Introduzione La celiachia è una malattia immunomediata causata da intolleranza permanente al glutine che colpisce individui predisposti dopo ingestione di alcune proteine contenute in cereali. La disponibilità di tests sierologici e l'ampio uso dell'endoscopia gastroduodenale hanno rivelato negli ultimi anni come questa malattia sia molto frequente in Europa (1 su 200 soggetti) e come la manifestazione clinica possa variare da silente a forme gravi di malassobimento. L'unica alternativa per alleviare i sintomi, normalizzare i tests sierologici e ripristinare l'integretà della mucosa intestinale è costituita da una rigorosa dieta priva di glutine protratta per tutta la vita. Attualmente i tests sierologi e l'aspetto istopatologico della mucosa intestinale, integrati con il quadro clinico, sono considerati esami standard per una diagnosi definitiva. Le linee guida per i controlli di follow up di pazienti affetti da celiachia sono per contro meno precise, con particolare riferimento all'utilità di una biopsia duodenale. Lo scopo del presente studio è quello di analizzare la risposta istologica ad una dieta priva di glutine in una serie di pazienti celiaci in remissione clinica. Pazienti e metodi Le analisi sono state condotte su una serie di 249 pazienti (84 uomini e 165 donne) comprendente 135 soggetti in età pediatrica e 114 adulti inclusi in base ai seguenti criteri: 1) disponibilità di biopsie duodenali di buona qualità al momento della diagnosi e al primo controllo di follow up; 2) diagnosi e follow up nella stessa istituzione; 3) positività per anticorpi antiendomisio e/o antitransglutaminasi, o antigliadina; 4) buona compliance alla dieta giudicata da una dietista specializzata; 5) remissione clinica, definita con scomparsa di sintomi, normalizzazione di tests ematici (se alterati al momento della diagnosi) e tests sierologici negativi al momento della biopsia di follow up. Le alterazioni della mucosa duodenale sono state classificate secondo il sistema di Marsh modificato nel quale la mucosa normale viene definita di tipo 0 mentre la mucosa di tipo 1, 2, e 3 è considerata patologica essendo caratterizzata rispettivamente da aumento di linfociti intraepiteliali, iperplasia delle cripte intestinali e atrofia dei villi intestinali variabile da lieve a completa. L'analisi statistica condotta con metodi appropriati ha correlato i risultati con numerosi parametri quali ad esempio l'età dei pazienti, la durata del follow up oppure la presenza di forme tipiche, atipiche o silenti al momento della diagnosi. Risultati Tutti i pazienti presentavano una mucosa duodenale di tipo Marsh 3 al momento della diagnosi e mostrano una regressione delle alterazioni istopatologiche dopo aver seguito una dieta giudicata appropriata. Dopo un follow up mediano di due anni i pazienti in età pediatrica mostrano nel 74,1% dei casi mucosa normale (Marsh 0), nel 3,7% aumento dei linfociti intraepiteliali (Marsh 1) e nel 22,2% iperlasia delle cripte intestinali oppure atrofia dei villi intestinali (Marsh 2 oppure 3). Dopo il medesi- 72 SETTEMBRE 2007 mo follow-up mediano la mucosa duodenale di pazienti adulti è stata classificata normale (Marsh 0) nel 17,5% dei casi mentre 20,2% dei pazienti mostrano alterazioni di tipo Marsh 1 e 62,3% di tipo Marsh 3 con lieve o moderata atrofia dei villi intestinali. Le analisi hanno mostrato che l'età al momento della diagnosi è l'unica variabile statisticamente significativa per una normalizzazione istologica della mucosa duodenale. Conclusioni e commento Lo studio conferma risultati di analisi precedenti e dimostra che alterazioni istomorfologiche della mucosa duodenale persistono in pazienti con celiachia malgrado una dieta apparentemente rigorosa e una remissione clinica e sierologica completa. In particolare mentre il 74,1% dei pazienti in età pediatrica mostra una normalizzazione morfologica completa della mucosa, tale fenomeno è osservabile solo nel 17,5% dei pazienti adulti. Gli Autori suggeriscono che probabilmente giovani pazienti sono più disciplinati di adulti nel seguire una dieta, non da ultimo perché controllati e seguiti dai genitori. Il significato della persistenza di alterazioni della mucosa duodenale rimane tuttavia non del tutto chiaro e solleva importanti quesiti. Infatti, se la scomparsa di sintomi e negatività di tests sierologici sono ritenuti sufficienti per una remissione della malattia, anche casi di celiachia silente con alterazioni di tipo Marsh 1 e 2 non dovrebbero essere trattati con dieta. Se invece alterazioni di tipo Marsh 1 e 2 vengono considerate patologiche allora una migliore consulenza dietetica e un regolare follow-up endoscopico sono inevitabili. In questo senso rincresce che lo studio non fornisca dati su pazienti con alterazioni lievi della mucosa duodenale al momento della diagnosi (inferiori a Marsh 3). In ogni caso si suggerisce un atteggiamento prudenziale in pazienti con celiachia TRIBUNA MEDICA TICINESE 341 SEZIONE SCIENTIFICA in remissione dal momento che non vi sono attualmente dati a proposito dell'evoluzione di alterazioni mucose lievi di tipo Marsh 1 e 2 ed in particolare non possono essere escluse a lungo termine complicanze come osteopenia oppure insorgenza di neoplasie. 342 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007 SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico CASO CLINICO UN CASO DI MENINGITE RECIDIVANTE Liquor: Leucociti acqua di roccia 0.177 G/l (norma <0,005), 98% cellule mononucleate Proteine 1.82 g/l (norma 0.15-0.45) Glucosio 2.9 mmol/l (norma 2.2-4.2) Acido lattico 4,5 mmol/l (norma 1.2-2.1) Colorazione Gram: liquor abatterico D. Fadini, B. Balestra Tab. 1: Esame del liquor Il Caso Clinico La Signora M. E., classe 1954, presenta quali antecedenti internistici un'ernia iatale senza malattia da riflusso, un tabagismo (20 PY) e gli esiti di colecistectomia laparoscopica. Non assume alcuna terapia abituale. Un giorno di primavera si presenta al nostro Pronto Soccorso per cefalea, febbre e fotofobia. Episodi simili sono intercorsi più volte a partire dal 1977. Alla visita clinica notiamo uno stato subfebbrile (37.6°C ascellare), dei parametri emodinamici normali (PA 120/70, P 77/min), un reperto cardiopolmonare ed addominale senza particolarità, cute e mucose senza lesioni, mentre lo status neurologico si distingue per un meningismo senza alcun deficit neurologico focale. rimane negativa, la ricerca dei virus Herpes Simplex e Varicella-Zoster nel liquor tramite PCR è parimenti negativa (nel sangue sono positive per i due virus le IgG ma non le IgM), la ricerca di Borrelia e Treponema pallidum nel siero e nel liquor non dà esito positivo. Infine il titolo di ANA è inferiore a 1/80 e il test HIV è negativo. Riprendiamo ora l'anamnesi della nostra paziente: tra il 1977 ed il 1982 presenta quattro episodi di meningite a decorso benigno; viene ricoverata allora in ospedale, dove viene sospettata la diagnosi corretta. Tra il 1985 ed il 1992 seguono altri quattro episodi, automedicati dalla paziente a domicilio con AINS. L'episodio recente ha porta- to la signora M. E. in Pronto Soccorso in virtù di una sintomatologia più intensa che in passato. Il decorso, grazie ad una medicazione con Metamizol (Novalgin®), si svolge in modo del tutto favorevole con temperature timpaniche massime non oltre 38.2°C e risoluzione dei sintomi in quattro giorni. In seconda giornata appare a livello della natica destra una lesione molto suggestiva per Herpes simplex (v. figura 1). La Diagnosi Differenziale Di fronte ad un esame del liquor cefalorachidiano che indica una meningite ma è negativo dal lato batteriologico (colorazione Gram abatterica, colture negative) sono da prendere in considerazione infezioni batteriche pretrattate con antibiotici o batteri difficilmente coltivabili (Brucella, Borrelia, Lue, Leptospira,…), infezioni virali (HIV, HSV, CMV, VZV, Enterovirus,…), fungine (criptococco, candida,…), tubercolari e da parassiti (toxoplasma, echinococco,…). Il coinvolgimento meningeo di malattie neoplastiche (carcinomi, linfomi) o autoimmuni (sarcoidosi, vascoliti, LES); la sindrome da ipoli- Agli esami di laboratorio si impone una discreta leucocitosi (11.4 G/l, neutrofili 76%) con PCR 9.2 mg/l e VES 4 mm/h. La paziente viene sottoposta a rachicentesi: il liquor risulta acqua di roccia con una pleocitosi moderata a cellule mononucleate ed aumento del lattato a 4.5 mmol/l (v. tabella 1). La colorazione Gram non evidenzia batteri. Le ulteriori indagini danno i seguenti risultati: la coltura di sangue e liquor Fig. 1: Lesione cutanea erpetica in seconda giornata a livello della natica destra 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 343 SEZIONE SCIENTIFICA - Il caso clinico quorrea e la trombosi dei sinus venosi possono anche presentare un quadro di pleocitosi sterile. Da non dimenticare infine le cause medicamentose (AINS, Bactrim, vaccini, immunoglobuline,...). La diagnosi differenziale della meningite recidivante comprende: • La meningite piogena favorita da immunosoppressione (HIV, déficit del Complemento,…) o da fistole, corpi estranei, infezioni della sfera ORL. • Le alterazioni anatomiche come il craniofaringioma, le cisti epidermoidi, i gliomi • Medicamenti (spec. AINS, Bactrim, immunoglobuline, farmaci intratecali) • Le infezioni croniche recidivanti come la meningite da HIV, lue, borrelia, brucella, tubercolosi • Le malattie infiammatorie croniche recidivanti come la sarcoidosi, il LES, le vascoliti, la malattia di Behçet • L'emicrania (che solo molto raramente è febbrile e può presentare una discreta pleocitosi del liquor) • La Malattia di Mollaret Nel nostro caso, dopo aver escluso altre cause con gli esami sopra descritti, abbiamo posto la diagnosi di meningite di Mollaret. La Meningite di Mollaret Nel 1944 P. Mollaret, pediatria parigino, descrive per la prima volta una forma di meningite asettica recidivante a decorso benigno. Nel liquor trova grosse cellule descritte come di origine “endoteliale” (le cellule di Mollaret), che in effetti sono monociti attivati. Nel 1962 G. W. Bruyn focalizza meglio gli aspetti clinici e diagnostici di questa sindrome: il paziente deve presentare attacchi recidivanti ed autolimitanti di febbre, cefalea, nausea o vomito e meningismo, accompagnati a volte da mialgie. Nella metà dei casi possono sopravvenire disturbi neurologici focali 344 TRIBUNA MEDICA TICINESE transitori, tra i quali la diplopia e gli stati confusionali o allucinatori. L'insorgenza è acuta, la sintomatologia dura da due a cinque giorni, e decorre con una restitutio ad integrum. Nel liquor si trova una pleocitosi moderata con predominanza di cellule mononucleate, una proteinorrachia, il tasso di glucosio è normale o ridotto. Le cellule di Mollaret sono “diagnostiche” ma si trovano solo nella fase iniziale. Il decorso è caratterizzato da 5-15 attacchi a distanza di settimane/anni, per poi interrompersi definitivamente. Negli anni '90 si intraprende la ricerca di un potenziale agente infettivo della malattia di Mollaret: tramite “polymerase chain reaction” viene dimostrata in una cinquantina di pazienti affetti da meningite recidivante la presenza di HSV 2 nel liquor (in due casi anche di HSV 1), e se ne ipotizza una relazione di causa-effetto attraverso migrazione del virus dai gangli nervosi colpiti a livello sacrale. T. Bergstrom evidenzia poi in un'analisi della letteratura che 11-36% dei pazienti affetti da infezione primaria a HSV 2 sviluppano sintomi di irritazione meningea, e che circa il 20% di loro avrà una ricaduta di meningite. La maggior parte dei pazienti affetti da malattia di Mollaret non presenta però lesioni erpetiche durante la meningite. L'opzione terapeutica rimane aperta, sia a causa del decorso spontaneamente benigno della malattia, sia per l'esiguità dei casi. Un trattamento con Aciclovir per via parenterale è forse utile durante la fase acuta, l'assunzione di Valaciclovir o Famciclovir per os è potenzialmente utile sia in fase acuta sia per prevenire le recidive. Conclusione La nostra paziente ha presentato un'anamnesi, un quadro clinico ed un decorso tipici per una meningite recidivante di Mollaret. L'insorgenza, due giorni dopo l'inizio dei sintomi, di una lesione cutanea erpetica a livello gluteale rafforza sia la diagnosi che l'ipo- 72 SETTEMBRE 2007 tesi eziologica di un coinvolgimento virale a herpes genitalis, anche se quest'ultimo non ha potuto essere dimostrato nel liquor. Tenuto conto della sporadicità degli attacchi presentati dalla paziente e della risposta immediata agli AINS, abbiamo rinunciato ad un trattamento preventivo antivirale. Corrispondenza dell'autore: Dr med. D. Fadini Caposervizio di Pronto Soccorso Ospedale della Beata Vergine 6850 Mendrisio e-mail: [email protected] Bibliografia Mollaret P. La méningite endothélio-leukocytaire multi-récurrente bénigne. Rev Neurol (Paris) 1944 ;76 :57-67 Bruyn GW, Straathof LJA, Raymakers GMJ. Mollaret's meningitis. Differential diagnosis and diagnostic pitfalls. Neurology 1962 ; 12 :745-53 Bergstrom T, Vahlne A et al. Primary and recurrent herpes simplex virus type 2-induced meningitis. J Infect Dis 1990 ;162 :322-30 Bergstrom T, Alestig K. Treatment of primary and recurrent herpes simplex virus type 2 induced meningitis with acyclovir. Scand J Infect Dis 1990;22:239-40 Picard FJ, Dekaban GA et al. Mollaret's meningitis associated with herpes simplex type 2 infection. Neurology 1993;43:1722-7 Cohen BA, Rowley AH, Long CM. Herpes simplex type 2 in a patient with Mollaret's meningitis: demonstration by polymerase chain reaction. Ann Neurol 1994;35:112-6 Schlesinger Y et al. Herpes simplex virus type 2 meningitis in the absence of genital lesions: improved recognition with use of polymerase chain reaction. Clin Infect Dis 1995 ;20 :842-8 Chan TY, Parwani AV et al. Mollaret's meningitis: cytopathologic analysis of fourteen cases. Diagn Cytopathol 2003;28:227-31 Tyler KL. Herpes simplex virus infections of the central nervous system: encephalitis and meningitis, including Mollaret's. Herpes 2004;11 Suppl2:57A-64A Shalabi M, Whitley RJ. Recurrent benign lymphocytic meningitis. Clin Infect Dis 2006; 43:1194-7 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole PATOLOGIA IN PILLOLE Nr. 19 Storia clinica Un uomo di 76 anni degente per insufficienza renale cronica con iperpotassemia, lamenta rettorragie di nuova insorgenza. Si procede ad una colonoscopia che rivela ulcere superficiali grandi fino a 2x1cm alla flessura colica destra e al colon ascendente. Per l'endoscopista le lesioni sono compatibili con origine farmacologica; un morbo di Crohn o un'ischemia appaiono meno probabili. Si eseguono molteplici biopsie. U. Perriard, M. Uehlinger Indica la diagnosi corretta: 72 SETTEMBRE 2007 a b c d e Colite ischemica Morbo di Crohn Colite da farmaci Colite infettiva Colite collagenosa TRIBUNA MEDICA TICINESE 345 SEZIONE SCIENTIFICA - Patologia in pillole Reperti anatomopatologici Mucosa del colon con focale necrosi superficiale e segni di rigenerazione epiteliale alla base delle cripte intestinali. In prossimità di un'ulcera acuta, inglobato nell'essudato fibrinoleucocitario, si osserva la presenza di materiale estraneo in forma di cristalli angolati, lievemente basofili. La lamina propria mostra un aspetto ialinizzato Diagnosi Colite da farmaci (con ulcere di tipo ischemico e materiale estraneo compatibile con kayexalate) Commento Una colite da farmaci può manifestarsi con diversi sintomi e numerose alterazioni istopatologiche della mucosa intestinale. Ad esempio la somministrazione di antibiotici può causare una colite acuta/subacuta da lieve a moderata fino a forme gravi quali una colite pseudomembranosa su clostridium difficile mentre farmaci chemioterapici possono generare ulcere dell'intero tratto gastrointestinale associate a segni di sofferenza cellulare dell'epitelio di superficie. Altri farmaci provocano alterazioni istologiche meno specifiche che rendono la diagnosi di colite da farmaci più difficile. In questo contesto gli antiinfiammatori non-steroidei, che sono responsabili della maggior parte delle coliti da farmaci, possono causare focali erosioni acute come in alcune forme di colite infettiva, ulcere croniche simili a quelle osservabili in un'infiammazione cronica dell'intestino, lesioni di tipo ischemico, fibrosi sottopiteliale come in una colite collagenosa oppure indurre alterazioni suggestive di un'infezione virale quali la presenza di marcata apoptosi epiteliale. Il polistirene sulfonato di sodio (sodium polystyrene sulfonate/SPS, “Kayexalate”, Resonium® A), una resina cationica portatrice di ioni di sodio, è un modulatore di cationi, somministrato 346 TRIBUNA MEDICA TICINESE per via orale oppure rettale per il trattamento di iperpotassemia. Una sospensione di SPS in sorbitolo ipertonico viene spesso preferita ad una sospensione acquosa per prevenire la costipazione e formazione di SPSbezoar. Lesioni nel tratto gastrointestinale sono un raro ma conosciuto effetto secondario (1% dei pazienti) dopo la somministrazione di SPS, che possono manifestarsi con dolori addominali, nausea e diarrea con sangue. Nel colon sono descritte alterazioni istologiche di entità variabile comprendenti erosioni focali, ulcerazioni con o senza pseudomembrane e necrosi intestinale transmurale. Le lesioni nel tratto gastrointestinale superiore, come ulcere esofagee e gastrite emorragica, sono meno frequenti e meno severe. Mentre il sorbitolo non è visibile al microscopio, la resina cristallina di SPS è istologicamente caratteristica. Si osservano infatti cristalli angolati, lievemente basofili nella regione delle ulcere o erosioni. Nella diagnosi differenziale bisogno considerare pure cristalli di colestiramina (Quantalan®) che appaiano più basofili e opachi. Definire il ruolo di una sospensione di SPS nello sviluppo di una necrosi colica con quadro ischemico può rivelarsi un compito arduo in pazienti anziani con molteplici patologie. Infatti si tratta spesso di soggetti ipovolemici o con ipotensione dopo un intervento chirurgico o dialisi per cui diversi fattori possono contribuire all'insorgenza di un danno intestinale di tipo ischemico. Anche l'uremia e livelli alti di renina in pazienti con insufficienza renale possono, a causa di un'elevata secrezione di angiotensina con consecutiva vasocostrizione, aggravare l'ischemia nel colon mentre l'immunocompetenza ridotta dei pazienti può favorire infezioni opportunistiche del tratto gastrointestinale. Il meccanismo del danno da SPS non è per tanto del tutto 72 SETTEMBRE 2007 chiaro, anche se esperimenti su topi suggeriscono un effetto tossico diretto di SPS in sorbitolo, probabilmente attraverso una stimolazione della produzione di prostaglandine. Nella letteratura vengono descritti casi sintomatici di colite da kayexalate con dosaggi variabili, comunque già da 20g al giorno. I sintomi si possono manifestare da alcune ore fino a giorni dopo somministrazione dell'ultima dose. Secondo alcuni studi fino a 25% dei pazienti con colite su questo tipo di farmaco richiede una colectomia rispettivamente ileocolectomia; il tasso di mortalità, in considerazione anche della polimorbidità dei pazienti, è alto. U. Perriard Istituto cantonale di patologia, Locarno M. Uehlinger FMH Gastroenterologia, Minusio Bibliografia Lillemoe KD, Romolo JL, Hamilton SR, Pennington LR, Burdick JF, Williams GM. Intestinal necrosis due to sodium polystyrene (Kayexalate) in sorbitol enemas: clinical and experimental support for the hypothesis. Surgery 1987; 101(3): 267-72. Abraham SC, Bhagavan BS, Lee LA, Rashid A, Wu TT. Upper gastrointestinal tract injury in patients receiving kayexalate (sodium polystyrene sulfonate) in sorbitol: clinical, endoscopic and histopathologic findings. Am J Surg Pathol 2001; 25(5):637-44 Rashid A, Hamilton SR. Necrosis of the gastrointestinal tract in uremic patients as a result of sodium polystyrene sulfonate (Kayexalate) in sorbitol: an underrecognized condition. Am J Surg Pathol 1997; 21(1):60-9 SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG EFFETTI DELLE TURBE ELETTROLITICHE SULL' ELETTROCARDIOGRAMMA A. Sorgente Le turbe elettrolitiche sono associate a modificazioni elettrocardiografiche eterogenee, la cui conoscenza è di fondamentale importanza per una corretta pratica clinica. Gli effetti dipendono dalle concentrazioni degli ioni a livello cellulare come anche dai livelli assoluti di ognuno di essi nel siero. C'è in generale una maggiore corrispondenza tra le modificazioni elettrocardiografiche e la clinica del paziente che tra le mani- festazioni elettrocardiografiche e i livelli siero-ematici di tali elettroliti. Le derivazioni precordiali sono più utili delle derivazioni periferiche nel riconoscimento delle turbe elettrolitiche; una valutazione seriata degli elettrocardiogrammi permette inoltre una migliore interpretazione della situazione clinica rispetto alla valutazione di un singolo elettrocardiogramma. Iperpotassemia (figura 1) Nell'iperpotassemia si osservano le seguenti alterazioni elettrocardiografiche più o meno in ordine sequenziale: 1 Progressivo aumento di voltaggio delle onde T che possono presentarsi alte, strette ed appuntite 2 Prolungamento della durata del tratto P-R e del QRS 3 Riduzione del voltaggio dell'onda R e parallelamente aumento di profondità dell'onda S 4 Depressione del segmento ST 5 Prolungamento della durata dell'onda P con concomitante riduzione di voltaggio 6 Ulteriore allungamento della durata del QRS e del tratto PR ed aumento della durata del tratto QT 7 Scomparsa dell'onda P con intervento talora di un ritmo seno-ventricolare o di un ritmo idioventricolare lento ed irregolare 8 Obliterazione del segmento ST con sostituzione del QRS mediante una curva sinusoidale o difasica 9 Nella fase finale possono coesistere bradi e tachiaritmie di ogni genere fino all'arresto cardiaco 10 In ogni fase dell'iperpotassemia possono comparire extrasistoli ventricolari o battiti ventricolari di scappamento I disturbi elettrocardiografici dell'iperpotassemia per ciò che concerne le modificazioni dell'onda T possono essere bilanciate in fase iniziale da un concomitante effetto digitalico. Inoltre l'aumento di voltaggio dell'onda T che si verifica in fase iniziale deve essere posto in diagnosi differenziale con le alterazioni dell'onda T che si associano ad accidenti cerebrovascolari, all'ischemia miocardica subepicardica posteriore o subendocardica anteriore o che sono presenti in alcuni soggetti normali. Figura 1 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 347 SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG Ipopotassemia (figura 2) A differenza della iperpotassemia, non vi è una sequenzialità nelle alterazioni elettrocardiografiche che si verificano in concomitanza ad una ipopotassemia. Tali modificazioni sono 1 Abbassamento, appiattimento o inversione dell'onda T 2 Intervallo QT lievemente allungato 3 Depressione del tratto ST con aspetto a doccia simile a quella indotta dalla digitale (nell'intossicazione digitalica tuttavia il tratto QT è accorciato e non allungato) 4 Comparsa di una onda U 5 Turbe della conduzione atrio-ventricolare, comparsa di ritmo giunzionale o di tachicardie sopraventricolari Figura 2 Ipercalcemia (figura 3) 1 Accorciamento dell'intervallo Q-oTc (intervallo tra l'inizio dell'onda Q e l'inizio dell'onda T) 2 Accorciamento dell'intervallo QTc (il grado di accorciamento è inversamente proporzionale al livello di calcemia, fino a valori di 20 mg/dl) 3 A livelli altissimi di calcemia allargamento e arrotondamento dell'onda T Ipocalcemia (figura 4) 1 Allungamento dell'intervallo Q-oTc (intervallo tra l'inizio dell'onda Q e l'inizio dell'onda T) 2 Allungamento dell'intervallo QTc (il grado di allungamento è inversamente proporzionale al livello di calcemia) 3 Inversione simmetrica tardiva dell'onda T Acidosi e Alcadosi L'acidosi può determianre al comparsa di onde T alte ed appuntite simili a quelle della iperpotassemia, anche quando si è intorno a valori sierici normokaliemici. In effetti spesso l'iperpotassemia si accompagna ad acidosi metabolica. L'alcalosi può ridurre il voltaggio delle onde T e prolungare l'in- 348 TRIBUNA MEDICA TICINESE Figura 3 Figura 4 72 SETTEMBRE 2007 SEZIONE SCIENTIFICA - Quiz ECG tervallo QT. Infatti spesso l'alcalosi si accompagna all'ipopotassemia. Uremia Il quadro elettrocardiografico più caratteristico dell'uremia è la combinazione di un intervallo QT allungato dovuto alla ipocalcemia e di onde T alte (dovute ad iperpotassemia, ad acidosi o ad entrambe). 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 349 RASSEGNA DELLA STAMPA Assicurati insolventi, tutto da rifare Rispedito in Gestione il dossier che riguarda 9’400 persone rimaste senza copertura della cassa malati Il lungo dibattito sfocia infine nella richiesta di ulteriori approfondimenti. Incontro con Pesenti il 28 agosto Come nel Monopoli, il tema degli assicurati insolventi – 9'400 in tutto – va in prigione senza passare dal via. Detto altrimenti: dopo oltre due ore di dibattito ingarbugliato nelle idee e nei contenuti, al rientro dalla pausa in quattro e quattr'otto su richiesta di Giovanni Merlini (Plr) – con l'appoggio di tutti gruppi tranne la sinistra astenutasi – la delicata questione è stata rispedita in Gestione senza un nulla di fatto e con l'obiettivo di trovare entro settembre una soluzione discutendone anzitutto il 28 agosto con la direttrice dal Dss Patrizia Pesenti, che si è subito detta disposta a rioccuparsi dell'argomento nella speranza di far passare la soluzione governativa e non quella della maggioranza commissionale volta a imporre una franchigia di 500 franchi per responsabilizzare gli assicurati. I quali però, per ovvii motivi, mai la pagherebbero e perciò ricadrebbe su farmacisti e medici, che a loro volta di fronte all'ipotesi di sopportarla potrebbero facilmente rifiutarsi di fornire le prestazioni richieste scaricandole sull'Ente ospedaliero cantonale, come peraltro già avviene da un anno – nell'attuale vuoto legislativo in attesa di una soluzione – con oneri che si aggirano attorno al milione e mezzo (vedi il Quotidiano di martedì 26). Il governo, ricordiamo, chiede che il Cantone rimborsi le casse malati in primo luogo per i crediti dei figli minorenni di genitori insolventi che non pagano i premi e ai quali perciò – secondo le nuove disposizioni federali – è stata sospesa la copertura assicurativa; e in secondo luogo per i crediti di insolventi generati da cure di prima necessità. Dal canto suo la Gestione, come detto, chiede che la copertura di prima necessità avvenga solo se l'importo è superiore ai 500 franchi. A fine gennaio il plenum aveva accolto questo secondo principio con una cifra ben superiore (1'500 franchi). Decisione cui il governo non aveva aderito rispedendo l'incarto in Gestione, che ha poi ridotto l'ammontare. Ieri, in seconda lettura, era il momento della decisione parlamentare definitiva sulla quale, per legge il CdS non avrebbe più potuto mettere il proprio veto. Ma le posizioni tra i pro franchigia (Plr Ppd e Udc) e i contrari (sinistra e Lega più la stessa Pesenti che per l'occasione ha ripresentato la soluzione governativa sotto forma di emendamenti) erano così incerte da richiedere un ulteriore stop di approfondimento. “Se la proposta governativa aveva mostrato subito qualche grosso limite – ha commentato in apertura di dibattito Merlini a nome del gruppo Plr – la maggioranza commissionale è perfettamente consapevole che anche la sua soluzione non è certo ideale ma perlomeno ha il merito di mediare fra i diversi interessi in gioco”. Con la riduzione a 500 franchi “si tiene conto delle perplessità del Consiglio di Stato che comunque dovrà tornare a occuparsi della questione entro fine 2007 perché questa soluzione è transitoria”. Manuele Bertoli a nome del Ps – contrario alla franchigia quale deterrente contro gli abusi, come invece la maggioranza della Gestione l'ha pensata e voluta – ha invece insistito sulla necessità di “fare tutto il possibile tramite pignoramento salari e beni per recuperare quanto versato dallo Stato per garantire le cure a chi non paga i premi per scelta”. Quella della Gestione – ha riconosciuto per il Ppd Fabio Bacchetta Cattori – non è la miglior soluzione “ma ci può condurre sino a fine anno, dopodiché il governo potrebbe trovare un accordo con le casse malati. Si può immaginare di aumentare i sussidi di cui beneficia una parte di morosi così da facilitarli nel pagamento del restante premio”. Di parere opposto il capogruppo leghista Attilio Bignasca: “Già oggi il Cantone versa alle casse malati 8 milioni l’anno per sussidi di insolventi che essendo tali si vedono sospendere le cure e così le casse nemmeno devono preocuparsi di coprirne le eventuali spese sanitarie”. Un agire che Marco Chiesa a nome delI'Udc – pronta ad aderire al rapporto della Gestione in modo “critico e non entusiastico” – ritiene “alquanto discutibile”. E peraltro, volendo invertire i concetti, “c’è da chiedersi se i 500 franchi non siano in realtà un incentivo a non pagare i premi. Ecco perché – ha aggiunto Chiesa allineandosi a Bertoli – è necessario dotarsi di una procedura volta garantire il recupero di quanto anticipato”. In controtendenza, rispetto al suo gruppo, il Ppd Gianni Guidicelli: “La Gestione propone una soluzione improvvisata di difficile applicazione e che non dà risposte soddisfacenti Si analizzi quindi nel dettaglio in fenomeno degli insolventi per capire se la rete di protezione sociale ha dei buchi”. Dal canto suo il governo “valuti la possibilità di stipulare un accordo con le casse malati, sulla scia di quanto fatto nella Svizzera romanda”, dove i Cantoni pagano solo in presenza di documenti che accertino la reale condizione di indigenza. “Una perdita secca” “Quando qualcosa nasce male al primo colpo è sempre difficile porvi rimedio” ha esordito Tullio Righinetti (Plr, farmacista) secondo cui bisognerebbe incaricare uffici esterni – “che sarebbero meno teneri“ dell'apparato statale – di recuperare quanto coperto dal Cantone per gli insolventi che non vogliono pagare. Quanto alla franchigia, per farmacisti e cliniche private “si tratta né più né meno che di una perdita secca. Sarebbe peraltro interessante sapere – ma il Dss non dispone dei dati – quanti dei quasi 10’000 morosi siano al beneficio di sussidi per i premi”. Lorenzo Quadri ha fatto riferimento ai casi più estremi: “Siamo in presenza di una bomba a orologeria. Ci sono famiglie che si indebitano facendo capo al piccolo credito (con interes- 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 357 RASSEGNA DELLA STAMPA si quasi da usura) per non vedersi sospendere le prestazioni. Il male minore sembra sia la soluzione governativa”. Raoul Ghisletta (Ps) se l'è presa col Ppd: “Ancora una volta non c’è su temi molto delicati e preferisce fare le pulci agli insolventi e al Dss”. Logica osservazione di Rodolfo Pantani (Lega): “Scusate ma come si fa a far pagare una franchigia di 500 franchi a chi è già insolvente e i soldi non li ha? Non esiste!”. Carlo Luigi Caimi (Ppd) è tornato sui suoi passi: “A gennaio avevo votato la franchigia ora invece cambio idea. La ritengo una soluzione del tutto impraticabile”. Ma l'intento della Gestione – ha infine ribadito il relatore Ignazio Bonoli (Ppd) – è responsabilizzare tutti gli assicurati. Lo scetticismo generale ha però spinto i più a optare per il rinvio. Marino Molinaro e Andrea Manna (“La Regione” 28.06.07) Pianificazione ospedaliera Ricorso respinto dal Consiglio federale Fiorenzo Dell’Era (“Giornale del Popolo” 29.08.07) Esclusione definitiva per la Clinica Alabardia Sondaggio: non includere la medicina alternativa nell’assicurazione di base Non potrà più esercitare a carico dell’assicurazione malattia di base. O continuerà con pazienti paganti di tasca propria, oppure dovrà chiudere o riconvertirsi Benché l’80% degli svizzeri giudichi “utile e importante” la medicina complementare, solo un quarto (24%) è favorevole ad inserirla nella lista delle prestazioni pagate dall’assicurazione malattia obbligatoria La pianificazione ospedaliera stabilita dal Gran Consiglio nel 2005 è confermata; quindi la Clinica Alabardia di San Nazzaro non potrà più continuare a esercitare a carico delI'assicurazione malattia di base: o si troverà pazienti paganti di tasca loro o dovrà chiudere o riconvertirsi. Lo ha deciso in via definitiva il Consiglio federale statuendo sui due ricorsi inoltrati dagli istituti che non venivano più riconosciuti: la Humaine Clinica Sementina SA e la Clinica Alabardia di San Nazzaro. Per l'istituto di Sementina, che aveva già cessato la sua attività dal 1. novembre scorso, la decisione deI Consiglio federale ovviamente non cambia nulla. E in effetti la Clinica aveva già ritirato il ricorso che è così divenuto privo di oggetto. Nel caso della Clinica Alabardia invece il Consiglio federale ha respinto il ricorso contro la decisione del Gran Consiglio per motivi che il Governo ticinese ha reso noto ieri dopo averne preso atto. Preliminarmente, per quanto riguarda la composizione dell'autorità cantonale che ha esaminato e deciso la pianificazione (in particolare la non astensione dal voto di deputati coinvolti a vario titolo negli istituti sanitari del Cantone), il Consiglio federale ritiene che la procedura seguita dal Gran Consiglio non sia stata arbitraria, ma corretta. L'autorità federale sottolinea poi come la pianificazione contestata dalla ricorrente sia stata largamente legittimata tramite un'ampia discussione che ha coinvolto, nel- 358 l'ordine: la Commissione per la pianificazione sanitaria, le Conferenze regionali della sanità, il Consiglio di Stato, la Commissione speciale per Ia pianificazione ospedaliera nonché lo stesso Gran Consiglio. Il Consiglio federale afferma poi di non riscontrare carenze metodologiche o di coerenza nella pianificazione ticinese nel settore della psichiatria. Ne intravede anzi una certa continuità, raggiunta soprattutto tramite lo sforzo di considerare sempre gli stessi fattori e gli stessi obiettivi. Giunge quindi alla conclusione che non si possa affermare che in Ticino vi siano delle carenze nel settore psichiatrico e ritiene comprensibile che il Cantone abbia fatto delle riduzioni proprio in questo settore. Infine negli ultimi capitoli della sua decisione, dedicati ai criteri utilizzati (economia di scala, concentrazione degli istituti) e alla parità di trattamento, I'autorità federale afferma di reputare motivate oggettivamente e concretamente le scelte del Cantone. TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007 La grande maggioranza (64%) pensa che le cure alternative debbano far parte delle assicurazioni complementari. Stando ai risultati del “Monitoraggio della salute 2007”, un sondaggio annuale realizzato dall'istituto demoscopico “gfs.bern” per conto dell'associazione delle industrie farmaceutiche Interpharma, solo il 7% delle 1228 persone intervistate auspica che l'assicurazione di base escluda assolutamente la medicina alternativa. L'indagine presentata da Interpharma contrasta con un sondaggio condotto la scorsa estate dal comitato di iniziativa popolare “Sì alla medicina complementare”, in base al quale il 79% degli svizzeri erano favorevoli alla reintroduzione delle cure altemative nel catalogo dell'assicurazione di base. Secondo il direttore del gfs.bern Claude Longchamp, l'iniziativa, attualmente ancora pendente in parlamento, sarebbe oggi accettata dal 41% della popolazione, contro il parere del Consiglio Federale e della Commissione parlamentare della sanità. Il divario tra i due sondaggi dipende secondo Longchamp dalla differente formulazione delle domande. Nel luglio del 2005, il Diparinento federale dell'interno (DFI) di Pascal Couchepin, decise che le casse non erano più tenute a rimborsare la medicina antroposofica, l'omeopatia, le terapie neurali, la fitoterapia e la medicina tradizionale cinese (eccezion fatta per l'agopuntura). RASSEGNA DELLA STAMPA Il monitoraggio della salute dimostra che il numero di persone favorevoli ad un'assunzione di queste spese da parte delle assicurazioni complementari è in crescita da diversi anni: è infatti passato dal 31% del 2001 al 64% del 2007. La tendenza vale sia per le medicine complementari prescritte dal medico (64%) sia per quelle senza prescrizione (62%). All'origine di quest'attitudine vi sono il timore di un continuo innalzamento dei premi delle casse malattia, la sufficiente copertura dell'assicurazione complementare e l'opinione che le medicine complementari debbano essere facoltative, spiega Interpharma. Il 58% degli interpellati ritiene che il catalogo delle prestazioni delI'assicurazione di base sia adeguato dal punto di vista quantitativo e anche qualitativo. Oltre un terzo (35%) della popolazione auspica tuttavia un'estensione della lista, mentre solo una minima parte (2%) è favorevole ad una sua riduzione. Dal sondaggio risulta pure che, per quanto riguarda l'offerta nel settore della sanità, il 71% degli svizzeri considera prioritaria la libertà di mercato. Nel 2003, soltanto il 39% era di questo parere. Gli svizzeri si oppongono inoltre ad una limitazione della libertà di scelta, anche se ciò dovesse permettere una riduzione dei costi della salute. La maggioranza degli interrogati vuole infatti essere libera di decidere presso quale medico (63%) e quale ospedale (56%) essere curata. Due terzi di loro si oppone inoltre ad un accesso limitato ai nuovi medicamenti e terapie. I premi delle casse malattia rappresentano un problema permanente per un quarto degli assicurati, mentre per il 19% di loro lo sono occasionalmente. (“Corriere del Ticino” 23.06.07) Assicurazione malattia – In Gestione Compromesso sui “morosi” Dopo mesi infruttuosi, si profila finalmente un compromesso (tra la posizione del Governo e quella del Parlamento) per regolare la situazione dei 10.200 assicurati che non pagano i premi di cassa malati. L'accordo è stato trovato ieri nella Commissione della Gestione che ha incaricato Ignazio Bonoli (ppd) di redigere il rapporto in vista del dibattito parlamentare del 17 settembre. La soluzione transitoria, sino alla fine del 2008, prevede la rinuncia alla franchigia a carico dell'assicurato e la facoltà dell'Ufflcio cantonale dell'assicurazione malattia di scegliere, caso per caso, se pagare gli arretrati dei premi o le prestazioni sanitarie accordate all'insolvente. La Gestione raccomanda comunque una valutazione attenta delle conseguenze di questa soluzione e l'esame del modello romando (convenzione fra Cantone e casse malati), in vista di una sua possibile adozione anche in Ticino. (“Giornale del Popolo” 29.08.07) Ospedali promossi dai pazienti Gli istituti ticinesi registrano il grado di soddisfazione più alto Gli ospedali ticinesi sono i più apprezzati dai pazienti. Lo rivela uno studio comparativo realizzato dal sito “comparis.ch”. Esiste una relazione fra il grado di soddisfazione delle persone ricoverate e la taglia degli istituti I 53 ospedali presi in considerazione in tutta la Svizzera hanno ottenuto una valutazione media di 76 punti su un massimo di 100. Con 87 punti, I'Ospedale della Beata Vergine di Mendrisio ha il punteggio più elevato in assoluto. Anche altri ospedali ticinesi figurano in testa alle classifiche per categoria di grandezza. Con 81 punti il San Giovanni di Bellinzona è il più apprezzato fra quelli di “livello 2” (con fra 9.000 e i 30.000 pazienti all'anno), seguito dall'Ospedale di Thun (80 punti) e dal Civico di Lugano (pure 80 punti). L'Ospedale la Carità di Locarno guida con 84 punti la classifica degli ospedali di “livello 3” (fra 6.000 e 9.000 pazienti) e la Beata Vergine di Mendrisio è il più apprezzato fra gli ospedali di “livello 4 e 5” (meno di 6.000 pazienti). Piccolo è bello I cinque ospedali universitari (con oltre 30.000 pazienti l'anno) ottengono invece un risultato significativamente più basso, con una media di 70 punti. Fanalino di coda è, con 66 punti, I'Ospedale universitario di Ginevra.l pazienti più soddisfatti, con una media di 81 punti, sono quelli curati negli stabilimenti più piccoli che offrono cure di base e che fanno parte dei livelli 4 e 5, secondo la tipologia dei nosocomi stabilita dall'Ufficio federale di statistica (UST). “Sembra che nei grandi ospedali sia più difficile organizzare le procedure interne in modo che tutto funzioni a puntino”, ha dichiarato davanti alla stampa il direttore di «comparis.ch» Richard Eisler. Saltano pure all'occhio le differenze fra regioni linguistiche: in testa, con 83 punti, ci sono gli ospedali della Svizzera italiana, seguiti da quelli svizzero tedeschi con una media di 77 punti e da quelli romandi con una media 71 punti. La diversa valutazione sarebbe in parte legata alle “mentalità differenti”, ha precisato Eisler. Lo studio rileva inoltre che con I'aumentare dell'età dei pazienti cresce pure la soddisfazione. Coloro che hanno oltre 65 anni hanno assegnato in media 84 punti e si sono dimostrati la categoria d'età più soddisfatta. Quelli con meno di 30 anni hanno invece dato valutazioni medie di 68 punti. Le donne si sono trovate significativamente meglio durante il ricovero rispetto agli uomini. D'altra parte, la soddisfazione diminuisce con l'aumentare del livello di formazione. Realizzato dall'istituto di ricerche di mercato IHA GfK, lo studio tiene conto di oltre 5.800 interviste effettuate negli 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 359 RASSEGNA DELLA STAMPA ultimi dodici mesi a persone ricoverate per almeno una notte in uno dei 53 grandi ospedali acuti di tutte le regioni linguistiche. L'inchiesta ha tenuto conto di almeno uno stabilimento per Cantone – ad eccezione del Giura – e per ogni nosocomio sono stati intervistati almeno 100 pazienti. Per il Ticino non sono stati considerati né gli ospedali di zona né le cliniche private. La soddisfazione dei pazienti è stata quantificata attraverso 19 domande che hanno ad esempio preso in considerazione la comprensione delle spiegazioni fornite dai medici e dal personale curante, la disponibilità dei medici e il modo in cui funzionano le procedure all'interno di un nosocomio. L'obiettivo a lungo termine del servizio di confronti su internet è di realizzare una guida degli ospedali al servizio dei pazienti. Nel futuro prossimo tra l'altro dovrebbe entrare in vigore una modifica della LAMal che dà ai pazienti la possibilità di scegliere un ospedale al di fuori del Cantone di residenza. Le perplessita di H+ Il direttore di H+, I'associazione degli ospedali svizzeri, Bernhard Wegmüller, ha rimproverato a comparis.ch di non aver tenuto conto dei fattori che influenzano la percezione dei pazienti. Per H+, infatti, anche ragioni di tipo culturale contribuiscono a spiegare le differenze tra romandi, svizzerotedeschi e ticinesi. Dal canto suo l'Organizzazione svizzera dei pazienti (OSP) ritiene che la debole soddisfazione nei confronti degli ospedali universitari è legata soprattutto alla qualità dell'accoglienza e al fatto che sono istituti specializzati nella formazioni. Questo fa sì che i medici con maggiore esperienza hanno meno tempo da dedicare ai ricoveri. Ats/red. (“Corriere del Ticino” 08.08.07) Le casse malati concedono una tregua Secondo le prime indicazioni degli assicuratori nel 2008 i premi subiranno una crescita vicina allo zero Berna – Dopo anni di impennate, i premi dell'assicurazione malattie obbligatoria non dovrebbero registrare incrementi spettacolari nel 2008. All'annuncio fatto martedì da Helsana di un aumento medio a livello nazionale dell'1,3%, hanno fatto seguito ieri quelli di un rialzo dello 0,4% da parte di Wincare e di una riduzione dello 0,6% da parte di Sanitas. Il Groupe Mutuel aveva già fatto sapere all'inizio del mese di volerli abbassare di circa il 2%. I dati definitivi saranno comunque disponibili solo dopo il via libera dell'Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) alle proposte delle casse. Quest'anno i premi dell'assicurazione di base sono pro- 360 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007 grediti in media svizzera del 2,2%. Si è trattato del rialzo più contenuto dal 1996, anno di introduzione della LAMal. E se i risultati di un'inchiesta del servizio di confronti su Internet comparis.ch presso le venti principali casse elvetiche si confermassero, nel 2008 il rincaro dovrebbe essere ancora inferiore: lo 0,5%, sempre in media nazionale, con oscillazioni dal -2 al +2% a seconda della cassa. Ma il direttore di Helsana, Manfred Manser, in un'intervista pubblicata l'altro ieri dal Blick, ha già messo in guardia contro una “euforia sbagliata”. Quest'anno i costi della salute saliranno di nuovo “normalmente”, cioè di circa il 4%, ha spiegato. Per il futuro occorre avviare una discussione su quali prestazioni potranno ancora essere coperte dall'assicurazione di base e quali dovranno invece essere a carico dell'affiliato, ha proseguito. Se i pazienti vogliono premi più bassi devono sapersi assumere le loro responsabilità: un terzo di loro domanda infatti analisi mediche supplementari inutili e tre quarti dei dottori li concede, sostiene Manser. Il rialzo medio dell'1,3% annunciato per il 2008 di Helsana è il più moderato degli ultimi nove anni per l'assicuratore. Il gruppo – di cui fanno parte i marchi Helsana, Progrès, Sansan, Avanex e Aerosana – ha indicato che in 30 regioni su 43 i premi saranno addirittura ridotti. Helsana imputa il contenimento dei premi ai buoni risultati dell'esercizio 2006, caratterizzato da un'ascesa dei costi sanitari inferiore alla media. “Straordinaria solidità finanziaria” e “ottime riserve” sono pure gli argomenti avanzati da Wincare per motivare l'adeguamento dei premi “molto vicino allo zero”. Nella nota diramata ieri, l'assicuratore precisa che se l'aumento nella media svizzera sarà dello 0,4%, nella maggior parte delle regioni i premi resteranno invariati o addirittura scenderanno, con cali fino al 10%. Anche Sanitas motiva l'abbassamento in media nazionale dello 0,6% con “I'ottima situazione finanziaria” del gruppo. L'assicuratore, nel comunicato diffuso ieri, puntualizza che per circa l'80% degli affiliati i premi resteranno stabili o scenderanno. In singole regioni la contrazione ragAts giungerà punte del 10%. (“La Regione” 02.08.07) RASSEGNA DELLA STAMPA Sentenza – Il TRAM dà ragione al dottor Lorenzo Artaria Via libera alla nuova sala per operazioni agli occhi Il Consiglio di Stato aveva negato l’autorizzazione al Centro di Pazzallo per la chirurgia oftalmica, sostenendo che non era necessario. Ma il Tribunale ha ritenuto insufficienti le prove fornite Dopo il via libera in maggio alla radioterapia presso la Clinica luganese di Moncucco, in questi giorni il Tribunale ammimstrativo cantonale ha dato luce verde anche al Centro ticinese di chirurgia ambulatoriale della società Avanti a Pazzallo. Qui già nella seconda metà del 2006 il dott. Lorenzo Artaria, noto specialista in oftalmologia e oftalmochirurgia, aveva attrezzato una sala operatoria con l'intenzione di trasferirvi l'attività chirurgica che sino a quel momento aveva esercitato presso la Clinica Ars Medica di Gravesano, comprandone strumenti, apparecchi e attrezzature. Tuttavia il Consiglio di Stato aveva rifiutato di concedere l'autorizzazione resasi necessaria in base al decreto che pianifica (e quindi limita) le attrezzature medico tecniche a tecnologia avanzata o particolarmente costose. Il Governo reputava infatti che non esistesse in Ticino un bisogno oggettivo di disporre di un'altra sala operatoria per interventi ambulatoriali di chirurgia oftalmica. Da qui il ricorso nel quale il dott. Artaria e la Avanti SA hanno sostenuto che il fabbisogno di sale operatorie non è coperto perché le liste di attesa esisterebbero e sarebbero lunghe, considerato anche questo medico, da solo, esegue un buon terzo degli interventi di chirurgia oftalmica praticati in Ticino. Ora in sostanza il Tribunale rimprovera al CdS di aver negato l'autorizzazione in base a una propria deduzione e non a un confronto ragionato fra domanda e offerta. Le informazioni fornite dall'autorità politica a quella giudiziaria sarebbero insomma inadeguate per dimostrare con sufficiente attendibilità che il fabbisogno di sale operatorie per la chirurgia oftalmica, segnatamente per quella ambulatoriale, in Ticino è adeguatamente coperto. Ragion per cui il TRAM le ritiene insufficienti per legittimare una limitazione della libertà economica come quella in discussione. Per avvalorare la propria conclusione il Tribunale considera inoltre che la Clinica Ars Medica, nella quale veniva praticato circa un terzo degli interventi di cataratta eseguti nel Cantone, ha ceduto ai ricorrenti le installazioni per la chirurgia oftalmica. Vero è che l'Ars Medica intende conservare il mandato di prestazioni di oftalmologia conferitole dalla pianificazione ospedaliera. Ma poiché tale pianificazione riguarda solo le cure stazionarie, ciò – osserva il TRAM – le permetterebbe solo il ripristino della sala operatoria per interventi di chirurgia su pazienti degenti e non ambulatoriali. In base a queste considerazioni, il ricorso del dott. Artaria è dunque stato accolto dal Tribunale che non ha nemmeno ritenuto necessario esaminare le questioni relative alla salvaguardia delIa libertà economica, come era stato il caso invece per la radioterapia alla Clinica di Moncucco. Il Consiglio di Stato viene dunque invitato a rilasciare alla società Avanti l'autorizzazione richiesta anche se, almeno in linea di principio, esiste ancora per l'Esecutivo cantonale la possibilità di impugnare la sentenza del TRAM davanti al Tribunale federale. (“Giornale del Popolo” 19.07.07) Una moratoria da revocare Quella per i nuovi ambulatori medici, secondo la categoria La moratoria sull’apertura di studi medici è controproducente, acuisce la penuria di dottori di famiglia e impedisce la concretizzazione in tempi regionevoli di progetti innovatori: è quanto sostiene la categoria dei medici Il provvedimento introdotto cinque anni or sono dal Consiglio federale toglie ai giovani medici la voglia di lavorare in questo ramo, hanno denunciato in una conferenza stampa a Berna i rappresentanti dell'Associazione svizzera dei medici assistenti e capiclinica (ASMAC). Non esiste assolutamente la tanto paventata sovrabbondanza di medici: al contrario già da tempo si registra una carenza, i cui effetti sul sistema sanitario elvetico sono gravi e perversi, ha affermato il presidente dell'organizzazione Peter Studer. Stando alle cifre fornite dall'ASMAC il numero di coloro che concludono gli studi di medicina in Svizzera dal 1997 è sceso da una media di 900 a una di 700 all'anno. Parallelamente è cresciuta la quota delle donne: per la prima volta ora superano la soglia del 50%. Ciò ha condotto a un aumento consistente della proporzione dei tempi parziali nell'esercizio della professione. Una possibilità che le giovani dottoresse trovano essenzialmente in studi gestiti in comune da diversi medici nei centri urbani, ha osservato la consigliera nazionale Jacqueline Fehr (PS/ZH). D'altro canto, molti giovani medici indigeni a causa della moratoria rinunciano ad aprire studi per esercitare come dottori di famiglia. Preferiscono specializzarsi negli ospedali oppure optano per attività nel settore dell'industria farmaceutica. Già oggi gli ospedali incontrano grosse difficoltà a reclutare i medici necessari per occupare tutti i posti. Finora hanno colmato questa lacuna ricorrendo a professionisti provenienti dall'estero. La proporzione di questi ultimi raggiunge punte del 45%. Costoro chiedono poi di aprire studi in Svizzera. Il risultato è che la moratoria produce esattamente quello che avrebbe voluto impedire, secondo 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 361 RASSEGNA DELLA STAMPA l'ASMAC. L'obiettivo iniziale della misura, ossia di evitare un eccessivo ingresso in Svizzera di medici dall'Unione europea (Ue), non è raggiunto. Le conseguenze per la popolazione sono gravi: a causa della carenza di medici di famiglia, in futuro non saranno più garantite prestazioni sanitarie di base di qualità per tutti, ammonisce I'ASMAC. La moratoria ha peraltro già destato critiche da parte di tutta la classe medica. La Federazione dei medici svizzeri (FMH) si batterà energicamente per impedire qualsiasi proroga della clausola del bisogno dopo il 2008, ha dichiarato lunedì sera al telegiornale svizzero tedesco “10 vor 10” il suo presidente Jacques Ats de Haller. (“Corriere del Ticino” 04.07.07) Clinica Luganese Importante annuncio alla presentazione del rapporto sull’esercizio 2006 “Moncucco” autorizzata, radioterapia entro il 2010 In Consiglio di Stato rinuncia a ricorrere contro la sentenza del TRAM e dà finalmente il suo benestare a un impianto di grande utilità per i pazienti del Sottoceneri La Clinica Luganese SA (Moncucco e San Rocco) ha ricevuto in questi giorni l'autorizzazione a installare l'impianto di radioterapia oncologica, come aveva richiesto all'inizio del 2006. Spianata la strada dal profilo burocratico, ora si tratta di porre mano ai lavori che verosimilmente permetteranno l'entrata in funzione di questo servizio nel 2010. In pratica questa settimana il Consiglio di Stato ha deciso di concedere l'autorizzazione, rinunciando perciò a ricorrere contro la sentenza di fine maggio del Tribunale amministrativo cantonale, sentenza favorevole alla Clinica e che aveva ribaltato la prima decisione negativa dell'Esecutivo cantonale nei confronti della richiesta avanzata dall'istituto. L'annuncio dell'autorizzazione definitiva è stato dato ieri dal presidente del Consiglio di amministrazione della Clinica, avv. Renzo Respini, nel corso della presentazione del rapporto sull'esercizio 2006. Dato il tempo trascorso si dovrà aggiornare il programma dei lavori, ma – rileva Respini – “resta immutata la necessità per il Sottoceneri di disporre di un simile impianto, evitando ai malati il disagio di lunghe e quotidiane trasferte fino a Bellinzona”. Le due uniche radioterapie finora esistenti in Ticino sono infatti installate presso l'Istituto oncologico della Svizzera italiana, al San Giovanni di Bellinzona. “Il nostro progetto non è assolutamente contro nessuno, anzi cercheremo di sviluppare un nuovo concetto di collaborazione con lo IOSI, volto da un lato a risparmiare e dall'altro a meglio servizio 362 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007 il malato” tiene a sottolineare il presidente della Clinica luganese. Alle reiterate critiche di qualche ambiente politico nostrano, i responsabili della Clinica replicano con dovizia di argomentazioni, sottolineando innanzitutto che in 25 anni in Ticino non c'è stato aumento della capacità delle apparecchiature, nonostante l'evoluzione del numero di casi e l'accresciuta indicazione nell'uso di questa terapia (che viene applicata a un 40% di pazienti mentre nel resto della Svizzera e all'estero si raggiunge il 50%). Il presidente assicura poi che il nuovo impianto non aumenterà i costi della salute per vari motivi, primo fra tutti quello che nessuno si sottopone senza motivo a una cura del genere. Inoltre precisa che viene prescritta dai medici curanti del paziente (non è dunque la Clinica a sollecitarla) e che una eventuale terapia alternativa con farmaci non costerebbe di meno. Il luogo dove viene fornita la prestazione non ha poi alcuna incidenza sui costi sanitari, stante il fatto che le casse malati corrispondono sempre la stessa tariffa. “Starà piuttosto alla nostra Clinica riuscire a coprire interamente i costi” dichiara Respini, evidenziando piuttosto il fatto che a tutt'oggi nessuno si cura dei costi che il paziente deve sostenere per la trasferta sino a Bellinzona. Al punto che – fa notare il direttore della Clinica Christian Camponovo – i pazienti che potrebbero beneficiare della radioterapia almeno in funzione palliativa ci pensano molto prima di spostarsi. Fiorenzo Dell’Era (“Giornale del Popolo” 20.07.07) Olivio Lama nuovo segretario di Santésuisse Ticino Olivio Lama è il nuovo segretario generale di Santésuisse Ticino, ente che raggruppa gli assicuratori malattia. Lama subentra a Giampaolo De Neri che ha beneficiato del pensionamento anticipato dopo aver ricoperto la funzione di segretario generale per oltre trentatré anni. È quanto rende noto la direzione di Santésuisse. Nato nel 1963 e residente a Riva San Vitale, Lama vanta una formazione in economia aziendale con orientamento al management pubblico: ha avuto esperienze professionali negli ambiti finanziario, commerciale e sociale. FORUM La rubrica Forum è aperta a tutti. Forum, come suggerisce il titolo, vuole diventare un luogo di dibattito dove sia possibile esprimere liberamente le proprie opinioni. Il contenuto, quindi, non riflette necessariamente la linea politica dell'OMCT. La redazione si riserva, tuttavia, di pubblicare contributi che rivestano un interesse generale. Alla ricerca dell'ultima persona sana Ha fatto bene il Presidente della Stimeg, Marco Ferrera, a ricordare ai convenuti al simposio sulla medicina preventiva del 5 settembre 2007 a Manno che assistiamo ad una progressiva “medicalizzazione” dell'esistenza umana, le cui derive soltanto a prima vista potrebbero essere interessanti per noi medici (in termini di aumento della domanda), in realtà minacciano seriamente la sostenibilità del sistema sanitario, cioè del ramo sul quale siamo seduti. Un pericolo ben espresso anche dalla segretaria generale dell'ACSI Laura Regazzoni e dal professor Jacques Cornuz dell'Università di Losanna. Da tempo circola una nuova parola: Disease Mongering. Significa la fabbricazione, il commercio della malattia. Una nuova parola inglese e certamente un fatto di moda. Un nuovo dilemma per la politica sanitaria. Se per secoli siamo andati dal medico quando ci sentivamo malati, sempre più spesso oggi si va dal medico sani e … se ne esce malati. Nel senso che la sofisticata tecnologia medica in nostro possesso permette di scovare spesso un problema che richiede attenzione e cure mediche. Chiamiamo questo “prevenzione”, ma non sempre abbiamo la prova che davvero serva a prevenire malattie. Salute e malattia possono essere viste come una linea continua lungo la quale l'essere umano si muove nel corso della sua vita, talvolta avanti, talvolta indietro. Dove sta sulla linea il confine tra salute e malattia? Una domanda alla quale non vi è alcuna risposta scientifica. La risposta dipende piuttosto dalle caratteristiche culturali di un Paese. La sindrome premestruale – un insieme di sintomi generici, fisici e psichici, che possono apparire nella donna alcuni giorni prima delle mestruazioni – per alcuni è un'evidente malattia, per altri no. Non è solo una questione filosofica: vi sono chiare conseguenze. Se la sindrome premestruale è una malattia, la medicina rappresenta la giusta risposta e il sistema sanitario ne è lo strumento. E il finanziamento di queste prestazioni dev'essere socializzato, diviso cioè tra tutti i citta- dini, altrimenti vi è la minaccia di una medicina a due velocità. Più si trasforma un malessere in malattia, più s'ingrandisce il mercato sanitario e i margini di guadagno. Il finanziamento socializzato (collettivo, pubblico) rappresenta un incentivo verso quest'attitudine, perché permette si scaricare sulla collettività i costi. Si può così estendere il mercato sanitario quasi all'infinito, finché l'ultima persona sana sia … messa in malattia. Il trend è ben visibile anche in Ticino fin dal 2006. Appositi cartelloni pubblicitari ci ricordavano – nei WC degli uomini – che potevamo avere problemi di vescica. Oppure lungo la strada l'industria ci ricordava che il mal di testa ci aveva effettivamente impedito di andare al cinema o ancora che la nostra sessualità non era più quella di un tempo. Che fare? Rassegnarsi? No – ci rispondeva benevole la pubblicità. “Ne parli con il suo medico!” – lasciando intendere che questi dispone dell'ultima generazione della pillola magica. Temo che questo fenomeno – che anche noi medici subiamo – non ci aiuterà a tenere sotto controllo i costi della salute! “Nei prossimi anni assisteremmo sbalorditi alla creazione di malattie sponsorizzata dall'industria” scriveva profeticamente l'analista Jennifer Coe recentemente in un rapporto economico sui farmaci lifestyle. Effettivamente osserviamo un graduale spostamento del confine tra salute e malattia, che ingrandisce la dimensione malattia e restringe quella della salute. Il tutto sull'altare di una non meglio definita “prevenzione”. L'estensione della malattia avviene su tre assi: temporale, normativo e culturale. L'estensione sull'asse temporale è ben visibile con gli screening e i check-up: per una diagnosi non è mai troppo presto – “prima è meglio è” – anche in assenza di conseguenze terapeutiche. L'entusiasmo per le diagnosi precoci è tale che negli Stati Uniti d'America ca. 10 milioni di donne – alla quali è stato asportato l'utero – si sottopongono ugualmente ogni anno al PAP-test: un test per ricercare il cancro … dell'utero. L'asse normativo contempla i “valori norma” e i fattori di rischio. Da quale valore la pressione del sangue è troppo elevata? Da quale diciamo che vi è troppo zucchero (diabete) oppure troppo colesterolo nel sangue? Chi fissa questi valori? Lo fanno gremii internazionali di specialisti … non sempre al di fuori delle pressioni dell'industria. Ogni abbassamento di un valore soglia comporta un importante aumento del numero di persone da trattare con farmaci e l'impatto sui costi della salute si cifra in miliardi di franchi. Secondo questa logica, il fattore di rischio diventa malattia. 72 SETTEMBRE 2007 TRIBUNA MEDICA TICINESE 363 FORUM Vi è infine l'asse culturale, che indica come le etichette di salute e di malattia dipendano dalla lettura che ne facciamo. La nostra interpretazione sociale definirà in fin dei conti se un malessere è malattia. L'esempio della sindrome premestruale lo prova. Ma ve ne sono altri, come la sindrome da stress post-traumatico, la sindrome somatoforme dolorosa, la sindrome delle gambe senza riposo (RLS), la fibromialgia, ecc. Alcune malattia sono state inventate per trovare una soluzione ai problemi economici delle persone (p.es. la sindrome della guerra nel golfo, che ha colpito i soldati americani attivi appunto in Iraq). È importante anche per noi medici comprendere questa nuova dinamica, chiamata Disease Mongering. Anche perché ci permette di renderci conto che i costi della salute continueranno inesorabilmente a crescere, indipendentemente dal modello di finanziamento, per arrivare – ci dicono gli esperti – verso il 2050 al 30% del PIL (prodotto interno lordo). Lottare contro questa crescita è come navigare contro corrente: per vincere occorre riuscire a cambiare il senso della corrente. Quale ruolo vogliamo assumere ? Dr med. Ignazio Cassis, MPH FMH prevenzione e salute pubblica FMH medicina interna 364 TRIBUNA MEDICA TICINESE 72 SETTEMBRE 2007