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La repubblica - Piattaforma Unica della didattica:Universita` degli
Storia del diritto romano
La Repubblica – parte i
La repubblica
Gli scrittori più antichi narrano che, alla fine del VI sec.
a.C., una rivolta dei Romani avrebbe espulso l’ultimo re
di Roma, di origine etrusca, Tarquinio il Superbo
I Romani non avrebbero più voluto un re e avrebbero
scelto due capi: i praetores o consules
I consoli sarebbero rimasti in carica un anno e sarebbero
stati eletti dai comizi: da questo momento si fa iniziare la
repubblica
La repubblica
La tradizione antica afferma che il passaggio da una
forma costituzionale ad un’altra fu rapido e violento
Il figlio di Tarquinio avrebbe oltraggiato Lucrezia e un
gruppo di patrizi, guidando l’esercito, avrebbero cacciato
il re e i suoi figli
Questo è un episodio leggendario che, secondo alcuni
studiosi, avrebbe oscurato i dati reali
La repubblica
I più hanno, infatti, immaginato che l ’ avvento della
repubblica sia stato il risultato di un processo lento e
graduale, durante il quale il re avrebbe progressivamente
perso potere poiché abbandonato dall ’ appoggio dei
militari e avrebbe conservato il solo rilievo religioso
Questa tesi non sembra sostenibile: all ’ epoca di
Tarquinio il Superbo il re era tutt’altro che indebolito
La repubblica
Il processo non sarebbe lento e graduale perché avrebbe
dovuto realizzarsi in meno di mezzo secolo
Argomenti centrali di coloro i quali sostevano la
gradualità del processo furono il modello delle città
greche (dove vi fu un lento ridursi del potere del basileus)
e l’istituto del rex sacrorum
Il rex sacrorum è, per l’appunto, il re a cui, dopo la caduta
della monarchia, rimangono competenze di carattere
esclusivamente religioso
La repubblica
Secondo questi studiosi la circostanza sarebbe indice di
un lento passaggio da una pienezza di poteri ad una
riduzione degli stessi
Tuttavia, non c’è bisogno di immaginare un progressivo
svuotamento delle funzione del re: ben potrebbe essere
che gli autori del colpo di stato, nell’elaborare una nuova
forma di governo, avessero deciso di riservare al re
quest ’ unica funzione religiosa, separandola dal ruolo
civile
La repubblica
È maggiormente verosimile che la caduta della
monarchia sia stata un processo brusco e traumatico che
coincise presumibilmente con una ripresa di quelle forze
che erano state un po’ messe da parte, soprattutto con le
monarchie etrusche: le gentes
La repubblica
L’instaurazione della repubblica risalirebbe al 509 a.C.,
ma vi è incertezza in merito perché la data è ricavata dai
Fasti in modo indiretto
Prima di affrontare il tema dei Fasti, dobbiamo accennare
al modo che i romani avevano di computare il tempo
Innanzitutto, non avevano un punto di riferimento
cronologico come noi oggi, che fissiamo gli eventi
prendendo a riferimento la nascita di Cristo
La repubblica
I romani datavano gli avvenimenti di ogni singolo anno
col nome di uno o più magistrati in carica in quell’anno
Questi magistrati che davano il nome all ’ anno erano
perciò chiamati eponimi (che danno il nome)
A Roma i magistrati che danno il nome sono i consoli:
l’elenco degli eventi datati in base al nome dei consoli si
chiamano Fasti consolari
La repubblica
I Fasti sono stati conservati fedelmente solo dal 300 a.C.
in poi: per il periodo precedente esistono diverse versioni
Gli storici, per evitare confusioni, hanno scelto di usare
un ’ unica lista che si trova oggi presso il Museo dei
Conservatori sul Campidoglio
La repubblica
I Fasti capitolini contavano dall’inzio della repubblica fino
al 300 a.C. 210 anni, durante i quali ci sarebbero stati
199 collegi di consoli, due anni di decemvirato, cinque
anni di anarchia e quattro anni dittatoriali
In base a questa lista, primo anno della repubblica
sarebbe il 509 a.C. e l’invasione dei Galli risalirebbe al
390 a.C.
Queste date sono convenzionali, nel senso che altre liste
tramandano date che possono differire da queste con
uno scarto di circa 7 o 9 anni
La repubblica
Oggi si ritiene che la cronologia capitolina vada
abbassata di circa otto anni: dal 300 a.C. in poi vi è,
invece, un ’ assoluta concordanza nel tramandare la
datazione degli eventi
Premesso questo, dobbiamo anche dire che i primi 50
anni della repubblica romana sono tra i più oscuri della
storia di Roma
La repubblica
Un esempio è rappresentato dall’incertezza relativa al
primo assetto costituzionale: i Fasti ci dicono che sin
dall’anno successivo alla caduta di Tarquinio il Superbo
sarebbero stati eletti due consoli al vertice del governo e
dell’amministrazione della città
Altre indicazioni sembrano deporre, invece, per la
presenza iniziale di un solo magistrato supremo, il
praetor maximus, affiancato da uno o due magistrati in
posizione subalterna
La repubblica
Altro tema complesso: nei Fasti ricorrono, nei primi anni
della repubblica, nomi di consoli plebei, destinati poi a
scomparire completamente sino al 367 a.C. anno in cui
vennero emanate le leggi Liciniae Sextiae
Gli studiosi che ritengono che la storia sia un flusso di
eventi lineare, tenderebbero a ritenere inveritiera
l’indicazione di questi plebei nei Fasti
Tuttavia non si può escludere che la scomparsa dei
plebei dai fasti corrisponda ad un momento di
arretramento della plebs
La repubblica
Questo momento di arretramento sarebbe confermato
dalla c.d. secessione della plebe sull’Aventino nel 494
a.C.: i plebei abbandonarono in massa la città
A guidare la secessione vi erano i tribuni della plebe,
magistrature ispirate a quelle cittadine, eletti dalla sola
assemblea dei plebei, i concilia plebis
La secessione e l’esistenza stessa dei tribuni della plebe
sembrano confermare che non esisteva, all’epoca, una
equiparazione tra patrizi e plebei
La repubblica
Il governo della città e la nomina dei magistrati erano
lasciati ai patrizi: la secessione e i tribuni della plebe
servivano a difendersi da eventuali sopraffazioni e se
occorreva difendersi dalle sopraffazioni, era chiaro che il
governo della città era in mano ai patrizi
I tribuni avevano il compito di difendere la plebe
attraverso l ’ esercizio di due poteri: l ’ intercessio e la
coercitio
L ’ intercessio era il diritto di veto nei confronti delle
decisioni dei magistrati della città
La repubblica
La coercitio era il potere che il tribuno aveva di
comminare delle sanzioni ai magistrati
Questi erano, dunque, poteri di controllo sull’attività di
gestione dello stato e di paralisi di atti potenzialmente
lesivi per i plebei
Era un controllo su una gestione che, in ogni caso, era
affidata ai patrizi
La repubblica
La plebe non agì solo con lo scopo di difendersi:
contestualmente conduceva una lotta volta a realizzare
l’effettiva partecipazione al governo della città
Ma non solo questo. La plebe si componeva di frange più
ricche di popolazione interessate a partecipare alla vita
politica e di frange più povere, interessate ad ottenere
l’assegnazione delle terre pubbliche e la cancellazione
dei debiti
La repubblica
Soffermiamoci sul secondo aspetto e poi torneremo al
primo. I debiti affliggevano i piccoli agricoltori perché
bastava un’annata in cui il raccolto andasse male per
porli nella condizione di chiedere prestiti per poter
ricostruire il capitale iniziale
Ad aggravare la loro posizione vi era anche un istituto del
diritto privato chiamato nexum
La repubblica
Il nexum è un istituto arcaico generalmente classificato
tra i contratti
Il nexum venne introdotto con lo scopo di assicurare al
creditore l’adempimento di un ’ obbligazione già nata
attraverso la prestazione di opere da parte del debitore
(nexus)
La repubblica
Il nexus cadeva in una condizione paraservile ed era
tenuto a prestare lavoro al soggetto attivo del contratto:
pagando il debito poteva liberarsi dalla soggezione in cui
si trovava
Il nexum scomparve probabilmente nel 326 a.C. con
l’emanazione della lex Poetelia Papiria
La repubblica
Un altro istituto legato ai debiti che i piccoli agricoltori
erano costretti a fare era l’addictio
Il debitore non ha pagato. Chiamato in giudizio dal
creditore è stato condannato al pagamento del debito. Ha
trenta giorni a disposizione per adempiere l’obbligazione
Se non lo fa, il creditore può afferrarlo ovunque si trovi e
portarlo dinanzi al pretore che, verificato il rispetto delle
forme processuali, procede con l’addictio
La repubblica
Con l ’ addictio il debitore inadempiente subiva una
limitazione di fatto della libertà: il creditore lo teneva in
catene presso la sua casa ed aveva l’onere di condurlo
per tre mercati consecutivi nel foro, indicando la somma
per la quale era stato condannato
Questo consentiva a chi lo volesse di pagare il debito e
liberare il debitore
In caso contrario poteva essere messo a morte o venduto
al di là del Tevere (trans Tiberim) divenendo schiavo
La repubblica
Molto spesso quel che accadeva era che il creditore
usasse la forza lavoro del debitore, eventualmente
formalizzando la cosa con la stipula di un nexum
Una nota norma delle XII tavole disponeva che nel caso
in cui vi fossero stati più creditori, questi potevano
spartirsi le parti del cadavere del debitore
Tuttavia sembra che questa norma non sia stata mai
applicata
La repubblica
In merito, invece, alla questione della distribuzione della
terra, i plebei volevano che la terra conquistata al nemico
venisse distribuita in proprietà privata a tutti i cittadini
L ’ orientamento dei patrizi era, invece, quello di
conservare la terra nella forma dell ’ ager publicus
(proprietà dello stato), data in concessione ai privati
In realtà, i patrizi la concedevano solo ai loro clienti,
escludendo tutti gli altri
La repubblica
Infine, altro aspetto del conflitto sociale tra patrizi e plebei
è rappresentato dall ’ assenza di connubium, cioè
l’impossibilità per un patrizio e una plebea e viceversa di
stringere un matrimonio valido
La più importante conseguenza di ciò è che i figli nati da
un’unione di questo tipo non sono figli legittimi
Ciò impediva ai figli nati da queste relazioni di poter
accedere al patriziato e consentiva di conservare la
‘purezza’ di questa aristocrazia
La repubblica
• Affrontiamo ora il tema del decemvirato legislativo
• Sappiamo
che le norme originarie (mores) erano
tramandate oralmente e custodite dai pontefici
• Con lo scopo di limitare l’imperio dei consoli che avevano
sino ad allora applicato la giustizia in maniera a volte
arbitraria, iniziò a farsi largo un movimento per ottenere
una codificazione scritta delle leggi
La repubblica
• Il movimento venne inizialmente capeggiato da un tribuno
della plebe, Gaio Terentilio Harsa
• Nel 454 a.C. si narra che venne raggiunto un primo
accordo tra patrizi e plebei e che venne inviata una
ambasceria di senatori ad Atene con lo scopo di studiare
le leggi di Solone
• Questa notizia sembra più leggendaria che autentica,
soprattutto in ragione del fatto che le XII tavole erano
destinate ad inglobare gran parte dei mores, leggi non
scritte proprie dei romani
La repubblica
• Venne sospesa anche l’elezione dei tribuni della plebe e
questo conferma che il decemvirato fu l’esito di un
accordo tra patrizi e plebei e che, anzi, furono proprio i
plebei ad insistere per aver un corpo scritto di leggi
• Perché? Perché la scrittura avrebbe reso noto e certo il
diritto, avrebbe impedito che la giustizia venisse applicata
arbitrariamente e che si determinassero delle ingiustizie
La repubblica
• Appare probabile che anche la fine del decemvirato,
come era accaduto con la monarchia, sia stato brusco e
burrascoso: i decemviri avrebbero preteso, scaduto il loro
mandato, di rimanere in carica
• Una rivolta capeggiata e voluta da genti patrizie avrebbe
guidato l’esercito e sollevato anche la plebe, stimolandola
alla secessione, per far cadere il decemvirato
La repubblica
• Nel 451 a.C. venne eletto il collegio dei legislatori, gruppo
di dieci uomini che prese il nome di decemvirato
• Questi dieci uomini si chiamavano decemviri legibus
scribundis ed aveva il compito di redigere e pubblicare il
corpus di leggi
• I decemviri erano tutti patrizi e godettero della pienezza
dei poteri civili e militari perché, durante la loro carica,
vennero sospese tutte le magistrature cittadine
La repubblica
• Si narra che alla base del movimento di rivolta che
destituì i decemviri vi sia stato il comportamento di un
decemviro in particolare, Appio Claudio, che avrebbe
violato l’onore di una certa Virginia, plebea. Da questo
episodio sarebbe nato l’odio verso il decemvirato e la
rivolta
• Non sappiamo se questo racconto sia o meno veritiero e
quanto abbia eventualmente influito sui reali fondamenti
politici della destituzione dei decemviri: con certezza però
sappiamo che il nome della gens Claudia scompare per
decenni dai Fasti consolari
La repubblica
• Torniamo alla coalizione che caccia i decemviri. Genti
patrizie sollevano l’esercito e la plebe e, come
ricompensa, i primi due consoli eletti dopo il decemvirato
(449 a.C.) Valerio Potito e Orazio Barbato, adottano
alcuni provvedimenti a favore dei plebei note come leggi
Valerie Orazie
• La prima delle tre leggi Valerie Orazie (de plebiscitis)
riconobbe costituzionalità alla elezione dei magistrati
plebei durante le loro assemblee
La repubblica
• La seconda legge Valeria Orazia (de provocatione)
avrebbe ripristinato la provocatio ad populum e vietato la
creazione di magistrati esenti dalla provocazione
• La provocatio ad populum era una garanzia riconosciuta
al condannato alla pena di morte il quale poteva, per
l’appunto, appellarsi al popolo: se il popolo confermava la
condanna, l’esecuzione veniva eseguita. In caso
contrario, era fatta salva la vita del condannato
• L’istituto aveva il compito di garantire i cittadini contro gli
eventuali soprusi dei consoli
La repubblica
• Questo
istituto venne sospeso in occasione del
decemvirato; con la legge Valeria Orazia de provocatione
venne reintrodotto e, per l’appunto, si vietò la possibilità
che venisse creata nel futuro un’altra magistratura esente
dalla provocazione
• La terza delle leggi Valerie Orazie (de tribunicia
potestate) stabilì l’inviolabilità personale dei tribuni della
plebe, comminando la consecratio al violatore
La repubblica
• La consecratio consisteva nel c.d. abbandono agli dei per
cui chiunque poteva poteva uccidere il colpevole
La repubblica
• Un’ultima cosa dobbiamo dire: vi furono due collegi
decemvirali
• Un primo collegio nell’anno 451 a.C. che avrebbe redatto
le prime dieci tavole
• Un secondo collegio eletto nell’anno 450 a.C. e che
avrebbe redatto le due tavole mancanti
La repubblica
• Concentriamoci ora sulle XII tavole che sopravvissero
sino all’incendio dei Galli: da quel momento in poi le
conosciamo solo indirettamente attraverso la citazione di
giuristi, retori e letterati
La repubblica
• Il tema fondamentale che riguarda le XII tavole è che
queste sopravvissero fisicamente per pochi decenni
• Cosa conosciamo oggi delle XII tavole? Per rispondere a
questo interrogativo, dobbiamo fare alcune premesse
La repubblica
• Occorre distinguere tra il testo originario delle XII tavole,
quello che venne affisso nel foro, ed il testo che era a
disposizione dei romani a partire dal II sec. a.C. in poi
• Il primo, come detto, venne distrutto. In merito al
secondo, possiamo ricostruirlo solo frammentariamente
in base a ciò che ci viene detto nelle fonti letterarie,
retoriche e giuridiche dal II sec. a.C. in poi
La repubblica
• Studi recenti, peraltro, evidenziano come circolassero
sicuramente nel I sec. a.C. versioni differenti dei versetti
decemvirali
• Ad esempio, di una medesima disposizione normativa
(Tab. V, 3) ci son giunte ben tre differenti versioni
La repubblica
• La norma in questione è quella tradizionalmente riferita
alla successione testamentaria
• Le tre versioni differiscono tra loro e questo ci conferma
che, per l’appunto, circolavano in Roma versioni differenti
di queste disposizioni normative
• Il ricordo delle XII tavole era affidato, nuovamente,
all’oralità: Cicerone ci dice che alla sua epoca (I sec.
a.C.) le XII tavole erano imparate a memoria a scuola,
come fossero una poesia (ut carmen necessarium)
La repubblica
• È assai probabile che i testi che circolavano nel I sec.
a.C. avessero come base un’opera redatta da un giurista,
Sesto Elio Peto Cato, che aveva scritto un’opera relativa
appunto alle XII tavole (Tripertita)
• Ovviamente, non avendo il testo originario, non possiamo
sapere in che cosa differisse l’opera di Sesto Elio
La repubblica
• Siamo pressoché certi che le versioni che circolavano
delle XII Tavole e il testo originario differissero con
riguardo all’ortografia e alla morfologia delle parole: sono
trascorsi secoli e la struttura delle parole si è trasformata
(es.: erit al posto di esed)
La repubblica
• In merito al lessico (insieme delle parole) siamo meno
sicuri che avesse subito cambiamenti: i giuristi nel I sec.
a.C. fanno fatica a capire il significato delle parole delle
XII Tavole che hanno a disposizione
La repubblica
• Che il linguaggio arcaico fosse divenuto incomprensibile
ai romani è testimoniato da Aulo Gellio nelle Notti Attiche
• Ebbene in quest’opera un filosofo, un certo Favorino,
afferma che le norme decemvirali erano diventate oscure
e incomprensibili
• Sesto Cecilio replica che l’oscurità non dipendeva
dall’imperizia dei decemviri, ma dall’ignoranza dei
contemporanei
La repubblica
• L’ignoranza era, però, scusabile poiché era trascorso
moltissimo tempo dalla redazione decemvirale e il tempo
trascorso aveva modificato verba atque mores veteres,
cioè sia il linguaggio, le parole, sia i mores degli antichi
La repubblica
• Testimonianza della difficoltà a comprendere le norme
decemvirali è un brano sempre tratto dalle Notti Attiche
• Gli astanti leggono un brano degli Annales di Ennio,
poeta vissuto a cavallo tra il III e il II sec. a.C.
• Durante la lettura sorge la necessità di spiegare la parola
proletarius, già contenuta nelle XII tavole
La repubblica
• Il giurista interpellato non sarà in grado di rispondere
perché – afferma – egli era tenuto a conoscere solo il
diritto vigente, non quello arcaico
• Una questione che riguarda le XII tavole è, dunque,
quanto affidamento possiamo fare sui frammenti che
abbiamo a disposizione: da un punto di vista del
contenuto si ritiene sia affidante
La repubblica
• Altra questione riguarda la ricostruzione delle XII tavole,
quella che viene chiamata palingenesi delle XII tavole,
cioè il tentativo di ricostruire l’ordine e la disposizione
delle norme all’interno delle tavole
• Sono stati tantissimi coloro i quali si sono cimentati in
questa impresa: punto di riferimento convenzionale è
quello contenuto in un libro intitolato Fontes Iuris Romani
Antejustiniani
La repubblica
• In merito al contenuto, c’è chi afferma che esso fosse
esaustivo, comprensivo di tutto il diritto romano
• Altri, invece, affermano che non tutto il diritto venne
codificato, ma che in buona parte sopravvissero i mores
• Perché si pone questo problema? Perché alcuni diritti
sembrano essere dati per scontati dalle XII tavole
La repubblica
• Facciamo degli esempi. Abbiamo già accennato al ius
vendendi del paterfamilias e di come questo potere sia
stato regolato dalle XII tavole
• Il figlio che sia stato venduto per tre volte dal pater
diviene libero dalla potestas del padre
• Esiste, pertanto, una norma che disciplina un limite al
potere del paterfamilias, ma non esiste una norma che
definisca i poteri del patefamilias: sono dati per scontati
La repubblica
• La norma è questa: si pater filium ter venum duit, filius a
patre liber esto
La repubblica
• Un altro esempio. Esiste una norma delle XII tavole che
disciplina la successione senza testamento, indicando
negli agnati gli eredi in assenza di figli (sui heredes)
• In questo caso, viene data per scontata la posizione dei
figli, si da per scontato che siano loro i primi chiamati
all’eredità
La repubblica
• La norma è questa: si intestato moritur cui suus heres
nec escit, adgnatus proximus familiam habeto; si
adgnatus proximus nec escit, gentiles familiam habento
La repubblica
• Un aspetto sul quale porre l’attenzione. Le XII tavole
provengono da una tradizione orale e sono destinate
all’oralità: i versetti sono volutamente scanditi da un
punto di vista ritmico, proprio per agevolarne la
memorizzazione
• È per questo che Cicerone lo definisce un carmen, una
poesia ed è per questo che lui le studiava a scuola,
esattamente come noi studiamo l’Infinito di Leopardi o i
versi della Divina Commedia
La repubblica
• Abbiamo detto di come emerga, nel corso del tempo, un
gruppo, all’interno della plebe, facoltoso i cui membri
venivano eletti tribuni della plebe
• Questo gruppo puntava a partecipare al governo della
città
• Per riuscirci gli mancava una sola cosa, la possibilità di
accedere al consolato
La repubblica
• A capo di questa richiesta, troviamo Gaio Licinio Stolone
e Lucio Sestio Laterano
• Il conflitto tra patrizi e plebei per il riconoscimento di
questa carica durò dieci anni (376 al 367) durante i quali i
patrizi ricorsero per due volte alla dittatura, affidata a
Furio Camillo
• Durante il primo anno, si rifiutò di giungere ad un accordo
con i plebei e fu costretto a lasciare la carica
La repubblica
• L’anno seguente, invece, i patrizi cedettero e nel 366
venne eletto il plebeo Sestio Laterano al consolato
• Non vi è certezza sulle modalità formali con le quali si
avvenne a questo nuovo assetto
• La tradizione parla di leggi Licinie Sestie, ma con
maggiore verosimiglianza si dovette trattare di un
accordo politico
La repubblica
• In origine, non ogni anno veniva eletto un console
plebeo: successivamente invalse l’abitudine che uno dei
due magistrati fosse, per l’appunto, plebeo
• Bisognerà attendere il 172 a.C. per vedere eletti due
consoli plebei
La repubblica
• Con la riforma introdotta dalle leggi Licinie Sestie,
l’assetto costituzionale si basò su equilibri di potere tra i
vari organi preposti alla direzione della cosa pubblica
• Questa forma di governo venne chiamata governo
senatorio e perdurò sino alla fine della repubblica (I sec.
a.C.)
La repubblica
• Si realizzò un progressivo spostamento di direzione
politica verso il senato, a cui si trovarono subordinati gli
stessi magistrati che – pur essendo titolari di imperium,
cioè il sommo potere militare, amministrativo e giudiziario
– non erano in grado in ragione della temporaneità della
carica (annuale) di realizzare una politica a lungo termine
• Questa politica venne attuata dal senato che scelse una
politica conservatrice, ben rappresentando gli interessi
dell’aristocrazia
La repubblica
• I consoli erano eponimi (davano il nome all’anno) ed
avevano il supremo potere civile e militare
• Questi poteri erano illimitati ed esercitati collegialmente
• I
consoli
potevano,
però,
esercitarli
anche
autonomamente, salva la facoltà per l’altro console di
interporre l’intercessio, il diritto cioè di impedire o
annullare l’iniziativa assunta dal console senza il
consenso dell’altro
La repubblica
• Per rendere più snella l’attività di governo e il comando
militare, i due consoli finirono per diversi alcuni compiti,
cosa che implicava il previo consenso di entrambi
all’operato dell’altro
• Potevano predisporre dei turni per lo svolgimento degli
affari civili (un mese ciascuno) o militari (un giorno
ciascuno) oppure potevano ricorrere al sorteggio o
all’accordo per dividersi i territori sui quali esercitare i
poteri
La repubblica
• Non potevano decidere però di dividersi nel senso che
uno solo si occupasse degli affari civili e uno solo di quelli
militari: in questo senso la collegialità non poteva venir
meno
• Le competenze e i poteri dei consoli erano amplissimi
• Incontravano dei limiti solo nella provocatio ad populum e
nell’esistenza di altre magistrature con proprio autonomo
imperium esercitato in campi specifici: si pensi al pretore
e alla sua attività giurisdizionale
La repubblica
• I poteri concernenti la sfera civile venivano chiamati
imperium domi, quelli militari imperium militiae
• Tra i poteri civili ricordiamo la nomina dei successori e
dei magistrati ordinari (pretore, censori, edili e questori)
votati dall’assemblea del popolo e il mantenimento
dell’ordine pubblico
• Potevano inoltre imporre nuove tasse ed amministravano
il denaro pubblico, seguendo – presumibilmente – le
indicazioni del senato
La repubblica
• L’imperium militiae consisteva ovviamente nella guida
dell’esercito e la conduzione della guerra (probabilmente
anche su questi temi seguivano le indicazioni del senato)
• Potevano imporre tributi militari e amministrare il bottino
di guerra
• L’imperium militiae non incontrava i limiti della provocatio
ad populum o dell’intercessio dei tribuni, ma proprio per
questo poteva essere esercitato solo fuori i confini della
città e nei confronti dei militari e dei nemici
La repubblica
• Al termine della carica, i consoli rispondevano del loro
operato e ove avessero violato le norme o commesso dei
crimini, ne rispondevano come qualunque altro
magistrato
La repubblica
• Il pretore era eletto dai comizi centuriati sotto la
presidenza di regola di un console ed era titolare di
imperium non diverso da quello dei consoli, ma con una
ridotta sfera di azione
• Il pretore aveva soprattutto competenze nell’ambito della
giurisdizione civile
• Era titolare di imperium domi e – in forza di esso –
sostituiva i consoli nel governo della città qualora assenti,
poteva convocare i comizi per l’elezione dei magistrati
minori
Le repubblica
• In quanto titolare di imperium militiae, poteva essere
inviato dal senato a comando di un esercito, da solo o
unitamente ai consoli
• Sua principale funzione era, però, l’amministrazione della
giustizia tra i cittadini in Roma
• Livio afferma che la magistratura fu riservata ai patrizi per
alcuni anni dopo la sua introduzione
La repubblica
• In particolare, i patrizi chiesero l’esclusività di questa
magistratura come contropartita per l’eleggibilità dei
plebei al consolato
• La situazione rimase immutata sino al 337, anno in cui
venne per la prima volta eletto pretore un plebeo
• Nel 242 a.C. venne introdotto anche il praetor peregrinus,
pretore che aveva competenze giurisdizionali con
riguardo alle cause tra cittadini romani e peregrini
(stranieri)
La repubblica
• Il pretore urbano era stato istituito, invece, proprio nel 367
a.C. ed aveva – come detto – funzione giurisdizionale in
Roma per le controversie tra cittadini romani
• All’epoca della creazione di questa magistratura, il
processo romano si basava sull’uso delle c.d. legis
actiones
• Nel IV sec. a.C. vi erano quattro legis actiones
(diventeranno cinque tra il 230 e il 150 a.C.) ed erano
due azioni di cognizione e due azioni esecutive
La repubblica
• Le azioni di cognizione erano la legis actio sacramento e
la legis actio per iudicis arbitrive postulationem
• Le azioni esecutive erano la legis actio per manus
iniectionem e la legis actio per pignoris capionem
• Le azioni di cognizioni accertano chi ha torto o ragione
sulla base della veridicità o meno dei fatti prospettati
dalle parti in giudizio
La repubblica
• Le azioni esecutive hanno invece lo scopo di infliggere
una sanzione conseguente alla violazione di un dovere
sorto in seguito alla condanna inflitta in un processo di
cognizione (es. condannato a pagare, non paga) o in
base a dei fatti che l’ordinamento ritenga bastevoli per
fondare l’azione esecutiva
La repubblica
• Il processo per legis actiones si basava sulla bipartizione
del procedimento, diviso nella fase in iure e apud iudicem
• La prima fase si svolgeva davanti al pretore che aveva il
compito di impostare la controversia
• La seconda fase si svolgeva davanti ad un giudice
privato (scelto dalle parti con l’accordo del pretore) che
aveva il compito di decidere sulla controversia, sulla base
degli elementi di fatto e diritto impostati nella prima fase
del giudizio
La repubblica
• Nella fase in iure, lo scopo del pretore era verificare il
perfetto compimento delle ritualità previste (pronuncia di
parole solenni)
• Questo processo aveva protagonisti esclusivi il ius civile
in quanto all’oggetto e i cittadini romani in quanto ai
soggetti: vedremo come questi due aspetti determinino –
ad un certo momento – la necessità di introdurre nuove
forme processuali
La repubblica
• Il processo per legis actiones era vincolato con riguardo
al rispetto delle ritualità ed inoltre non poteva essere
applicato agli stranieri, ma solo ai cittadini romani
• Queste circostanze, congiuntamente all’imperium di cui
era munito il pretore, favorirono il sorgere di un nuovo
processo chiamato processo formulare
La repubblica
• Per renderci conto di cosa si intende per ritualità nelle
legis actiones, descriviamo il procedimento della legis
actio sacramento in rem
• Questa
azione era generalis, poteva cioè essere
impiegata per far valere qualunque diritto reale (proprietà,
usufrutto, servitù prediali etc.)
La repubblica
• Ipotizziamo che fosse controversa la proprietà di uno
schiavo, cioè che vi fossero due soggetti che entrambi
sostenevano di esserne proprietari
• I due soggetti si recavano dinanzi al pretore, portando
con loro la cosa controversa (se si trattava di una cosa
che non poteva trasportarsi, si recava solo una parte
della stessa: es. una zolla ad indicare un fondo)
La repubblica
• L’attore, colui il quale aveva promosso il giudizio,
tenendo in mano una festuca (verga), simbolo dell’asta
bellica, afferrava la cosa e pronunciava delle parole
solenni: affermo che questo schiavo è mio per il diritto dei
Quiriti conformemente al rapporto giuridico di cui è
oggetto. Come ho dichiarato, così ti impongo la mia
vindicta e poneva sopra la cosa la festuca
• L’uso della festuca, simbolo della lancia militare, si
spiegava perché si riteneva che diritto tipico di proprietà
fosse quello delle cose sottratte al nemico (c.d. occupatio
bellica)
La repubblica
• A questo punto, se il convenuto taceva, la proprietà era
riconosciuta all’attore
• In caso contrario, il convenuto procedeva ad effettuare la
medesima operazione: in tal modo, vi era l’affermazione
di due diritti uguali sulla medesima cosa e sorgeva la
necessità di un giudizio
• Prima di arrivare dinanzi al giudice privato, si svolgevano
altre ritualità
La repubblica
• I due contendenti avrebbero, a questo punto, simulato di
venire alle mani ed il pretore avrebbe loro ordinato di
lasciare entrambi la cosa controversa
• L’attore chiedeva quindi al convenuto in base a quale
rapporto giuridico aveva rivendicato la cosa e il
convenuto rispondeva in base al diritto
• L’attore lo sfidava al sacramentum, cioè alla scommessa
che era di 50 assi se il valore dell’oggetto era inferiore ai
mille assi, di cinquecento assi se era superiore
La repubblica
• Il pretore assegnava il possesso della cosa ad uno dei
due contendenti, ordinandogli di dare garanti per la
restituzione della cosa e dei frutti nel caso in cui non
fosse risultato vincitore
• Entrambi
davano
scommessa
garanti
per
il
pagamento
della
• Il pretore nominava il giudice tra i privati cittadini
• Durante la fase apud iudicem, il giudice privato giudicava
quale dei due sacramenta fosse iustum, il che implicava il
giudizio sulla lite: il vincitore poteva impadronirsi della
cosa
La repubblica
• Il giudizio dinanzi al giudice privato era orale ed egli
poteva liberamente ammettere tutte le prove che riteneva
necessarie a formare il suo convincimento
• In merito alle azioni esecutive, abbiamo già fatto
l’esempio in precedenza della legis actio per manus
iniectionem, cioè quella relativa al debitore che –
condannato con sentenza a pagare – non lo fa: poteva,
trascorsi trenta giorni dalla condanna, afferrarlo ovunque
si trovasse per portarlo dinanzi al pretore: anche in
questo caso l’azione veniva accompagnata dalla
pronuncia di parole solenni
La repubblica
• Questo formalismo doveva essere rispettato alla lettera
• Gaio afferma che la minima deviazione da esse implicava
la perdita della lite e cita un famoso esempio: se
qualcuno agiva in giudizio contro un altro per delle viti
tagliate e pronunciava viti nel corso del giudizio, perdeva
la causa, perché la legge delle XII Tavole in base alla
quale si poteva agire parlava di alberi tagliati e non di viti
• Questo rigido formalismo e ad altri motivi favorirono il
progressivo affermarsi di un altro tipo di processo, quello
formulare
La repubblica
• Base e fondamento dello sviluppo del processo formulare
è in buona parte rappresentato dall’incredibile sviluppo di
Roma: dalla piccola civitas si giunge nel IV sec. a.C. ad
avere di fronte una comunità egemone su tutta l’Italia
centrale, per poi estendere il proprio dominio su tutta
l’Italia peninsulare nel III sec. a.C. ed il dominio sul
Mediterraneo nel II sec. a.C. all’esito delle due guerre
puniche
La repubblica
• Roma diviene un crocevia di scambi e traffici commerciali
tra cittadini romani e stranieri e tra stranieri: il ius civile
destinato a regolare i soli rapporti tra i privati cittadini
romani ed il processo per legis actiones a loro riservato
non bastano più: occorre disciplinare nuove contingenti
situazioni
• Lungo un percorso che dura circa tre secoli, si sviluppa e
afferma il processo formulare che diviene l’unico nel 17
a.C. per effetto della lex Iulia iudiciorum privatorum
La repubblica
• Tappa fondativa di questo percorso fu la creazione nel
242 a.C. del pretore peregrino, con competenza
giurisdizionale per le liti in cui almeno una delle parti
fosse straniero
• Evidentemente a tale data si era giunti ad una rilevanza
del numero delle cause che vedevano coinvolti stranieri
che non poteva più essere trascurata e si introdusse
pertanto un magistrato apposito
La repubblica
• Il processo formulare, sostanzialmente, fu una creazione
del pretore fondata sul suo imperium
• Anche il processo formulare era diviso in due parti di cui
la prima si svolgeva dinanzi al pretore che, unitamente
alle due parti, concordava il contenuto della formula da
presentare al giudice privato che, sulla base delle
indicazioni ivi contenute, avrebbe deciso nel merito la
controversia
La repubblica
• Dinanzi al pretore si svolgeva la fase in iure, come nel
processo per legis actiones
• In questa fase venivano individuati i presupposti della
controversia, gli elementi di fatto e diritto da sottoporre al
giudice nella fase successiva
• Dinanzi al pretore, l’attore avrebbe richiesto al magistrato
la concessione dell’azione
La repubblica
• Il convenuto poteva:
• a) soddisfare materialmente la richiesta dell’attore e il
giudizio si chiudeva
• b) riconoscere che la richiesta era fondata: in questo
caso, si procedeva direttamente all’azione esecutiva
senza passare per la fase apud iudicem se l’oggetto era
una somma di denaro determinata. Se l’oggetto era una
somma indeterminata o una cosa, si andava dinanzi al
giudice per fissare la somma o il valore dell’oggetto
La repubblica
• c) assumere un contegno passivo (non rispondere alle
richieste del convenuto): il giudizio non poteva proseguire
e si chiudeva con l’esecuzione per conseguire una
somma (nel caso si trattasse di rapporto obbligatorio) o
con l’attribuzione del possesso della cosa all’attore (nel
caso si trattasse di diritti reali)
• d) contestare i fatti dedotti in giudizio dall’attore per
impedire il rilascio della formula da parte del pretore
La repubblica
• e) indicare elementi di fatto e di diritto alternativi a quelli
indicati dall’attore, con lo scopo che il pretore ne tenesse
conto nel rilascio della formula, inserendo delle eccezioni
a favore del convenuto
• Al termine di questo procedimento, il pretore redigeva la
formula nella quale erano contenute tutte le indicazioni
sulla base delle quali il giudice privato doveva giudicare
• Sempre alla fine di questa fase avveniva una cosa
importante, chiamata litis contestatio
La repubblica
• La litis contestatio era l’accordo di attore e convenuto in
merito alla formula da presentare apud iudicem: in realtà,
il convenuto – se non voleva esporsi a delle sanzioni –
doveva necessariamente accettare la formula
• L’effetto principale della litis contestatio è l’estinzione
dell’obbligazione: il rapporto obbligatorio si trasforma in
un rapporto processuale e il debitore sarà tenuto in base
a quello ad adempiere la prestazione: se sarà
condannato, dovrà pagare
La repubblica
• Se invece non sarà condannato, il creditore non potrà più
ripresentare la domanda in giudizio, perché la vecchia
azione obbligatoria si è estinta
• Con il rilascio della formula, il pretore nomina il giudice il
quale avrà il compito di decidere della controversia,
eventualmente ammettendo le prove dedotte dalle parti
(documenti, testimoni etc.)
La repubblica
• Le parti possono essere assistite da un avvocato che
sostiene la loro causa ed il giudice può anche chiedere il
parere dei giuristi nei casi in cui vi siano dubbi sulla
fattispecie
• Il giudice, in caso di condanna del convenuto, doveva
attenersi ai limiti indicati nella formula
La repubblica
• La formula si componeva di tre parti principali:
• a) la demonstratio, esposizione succinta del fatto sul
quale si fonda la controversia
• b)
l’intentio, esposizione delle pretese
dell’attore nei confronti del convenuto
giuridiche
• c) la condemnatio, con cui si attribuiva al giudice la
facoltà di assolvere o condannare il convenuto
La repubblica
• Esistevano diversi tipi di formule utilizzate per disciplinare
un’ampia gamma di situazioni che potevano presentarsi
all’attenzione del pretore prima e del giudice poi
La repubblica
• Invalse la pratica di emanare l’editto: ogni magistrato
fornito di giurisdizione emanava – all’inizio dell’anno di
carica – un editto in cui fissava i principi in base ai quali si
sarebbe regolato nell’esercizio della giurisdizione
• L’editto conteneva le istruzioni che il pretore intendeva
concedere ai privati per risolvere le controversie
La repubblica
• Anche
se ciascun pretore era libero di indicare
qualsivoglia formula nell’editto, invalse l’abitudine a
recepire le formule degli editti precedenti, eventualmente
aggiungendone di nuove: si formò così un insieme di
regole che si trasmettevano da un pretore all’altro e che
disciplinarono in maniera durevole svariati tipi di
fattispecie
• Questo nuovo sistema di norme giuridiche si chiamò ius
honorarium ed originariamente si applicava solo ai
processi in cui almeno una delle due parti fosse straniera,
successivamente anche ai cittadini romani
La repubblica
• L’antico ius civile, basato sui mores, le XII Tavole e
l’interpretazione dei pontefici iniziò ad essere inadeguato
a disciplinare anche il diritto dei cittadini romani, proprio
in ragione dei profondi cambiamenti che aveva subito la
società e l’economia romana
• Anche i cittadini romani iniziarono, dunque, ad utilizzare il
processo formulare per regolare i loro rapporti (II sec.
a.C.)
La repubblica
• In questa epoca, il processo formulare è interamente
pretorio: il pretore stabilisce le norme che regolano i
rapporti tra i privati e le forme processuali con le quali
vengono avanzate le istanze
• Nel corso del II sec. a.C. viene emanata una norma, la
lex Aebutia che – in accordo alla tesi dominante –
avrebbe riconosciuto effetti civili al processo formulare
per le controversie sorte tra cittadini romani e fondate sul
ius civile
La repubblica
• Occorre ricordare che solo nel 17 a.C. verrà abolito il
processo per legis actiones: sino a quella data, i cittadini
romani che vantavano delle pretese sulla base del ius
civile (mores, XII tavole etc.) si avvalevano di questo
processo
• Con l’emanazione della lex Iulia iudiciorum privatorum il
processo ordinario tra cittadini romani diventa quello
formulare
La repubblica
• Con la lex Aebutia si realizza un’anticipazione di questi
effetti: i cittadini romani si possono avvalere della
procedura formulare ed ottenere i medesimi effetti
riconosciuti al processo per legis actiones
• I cittadini romani sarebbero stati, dunque, liberi di
scegliere se agire con l’antica forma processuale o con
quella formulare
La repubblica
• Il magistrato chiamato ad impostare la controversia nella
fase in iure poteva anche negare l’azione a chi gliela
chiedeva, eventualmente non ravvisando l’esistenza dei
presupposti per lo svolgimento del giudizio
• Il magistrato poteva anche concedere azioni anche al di
fuori dei casi previsti dall’editto: queste azioni si
chiamavano decretali, perché fondate sull’emanazione di
un decreto del pretore per il caso concreto
La repubblica
• Le azioni che – al contrario – erano contenute nell’editto
si chiamavano edittali
• L’editto del pretore è la fonte di quello che abbiamo
chiamato inizialmente ius honorarium che si contrappone
al ius civile
• Il ius honorarium ha come fonte – sostanzialmente – il
pretore urbano e peregrino, mentre il ius civile tutto ciò
che viene ritenuto idoneo a produrlo (in origine mores,
nell’epoca repubblicana XII tavole e leges)
La repubblica
• Ius honorarium e ius civile sono tra loro indipendenti: il
pretore non può introdurre nuove norme del diritto civile o
abrogarne altre
• È possibile, però, che norma civile e norma onoraria
entrassero in conflitto su identiche fattispecie
• Sappiamo, infatti, che il pretore (ce lo dice il giurista
Papiniano) svolgeva tre funzioni rispetto al diritto civile
La repubblica
• Le tre funzione erano di supplire ad eventuali lacune del
diritto civile, accrescere il diritto civile e correggerlo
• Nel primo caso, il conflitto non si poneva perché il pretore
interveniva laddove il diritto civile non era giunto a
disciplinare
• Negli altri due casi, vi era invece una concorrenza tra
norma pretoria e norma civile: lo strumento
principalmente usato dal pretore per disapplicare il diritto
civile era quello di negare l’azione corrispondente a chi
l’avesse richiesta
La repubblica
• Definiamo meglio le funzioni dei tribuni della plebe
• Sin dall’epoca decemvirale ne venivano eletti, dai concilia
della plebe, dieci l’anno
• Anche
in età repubblicana, strumento principale
impiegato dai tribuni fu quello derivato dall’antichissimo
potere di sottrarre i plebei da singoli atti compiuti dal
magistrato patrizio e ritenuti lesivi
• Questo antico potere si chiamava auxilii latio adversus
consules
La repubblica
• Questo era un potere di fatto derivato sia dalla forza
militare dovuta alla presenza della plebe nell’esercito
centuriato, sia dalla inviolabilità personale dei tribuni
stabilita nel 449 a.C. con la terza delle leggi Valerie
Orazie
• Questo potere di fatto legato a singoli atti compiuti dai
magistrati, condusse all’affermarsi del più ampio potere di
intercessio
La repubblica
• Il potere di intercessio consisteva nella possibilità di porre
un veto agli atti dei magistrati, di paralizzarne l’azione
rendendo impossibile l’esecuzione dell’atto stesso
qualora quell’atto risultasse potenzialmente lesivo degli
interessi della plebe
• Col tempo questo potere di fatto divenne un vero e
proprio diritto che ciascun tribuno poteva esercitare
individualmente
La repubblica
• L’urgenza che – in genere – caratterizzava l’intervento
del tribuno non consentiva, infatti, che la decisione se
intervenire o meno venisse presa collegialmente: in
questo senso si spiega il potere di intercessio
riconosciuto a ciascun tribuno individualmente
• Quando
i rapporti tra patrizi e plebei andarono
stabilizzandosi dopo il 367 a.C., questa necessità di
rapido intervento andò scemando
La repubblica
• Inoltre, anche il tribunato della plebe andò assumendo le
caratteristiche tipiche di qualsiasi altra magistratura che
prevedeva – tra le altre cose – l’applicazione del principio
della potenziale unanimità tra colleghi, basata
sull’intercessio
• Si affermò il principio per cui il tribuno, così come poteva
porre il veto agli atti dei magistrati che governavano la
città, così poteva esercitare l’intercessio anche nei
confronti degli atti di un collega tribuno
La repubblica
• Il potere di intercessio venne impiegato spesso nei
confronti degli atti dei consoli cui si impedì ad es. – in
particolari circostanze – di esigere tributi, di presentare
proposte di legge all’assemblea del popolo, di compiere
la leva quando la guerra non era ancora stata dichiarata,
di impedire la convocazione dei comizi per l’elezione
• Mediante l’esercizio di un potere così invasivo, sovente i
tribuni riuscivano ad ottenere riscontro alle loro richieste
anche solo minacciando di interporre il veto
La repubblica
• I poteri dei tribuni della plebe non si fermavamo qui. Gli
venne riconosciuta anche la c.d. summa coercendi
potestas, cioè il potere di comminare multe, di ordinare
l’arresto nonché infliggere la pena capitale
• Questi poteri derivavano, come detto, da un potere di
fatto e dalla riconosciuta sacrosanctitas dei tribuni che
implicava la morte del trasgressore
• È presumibile che i tribuni abbiano abusato di questi
poteri, considerando violatori della loro persona tutti
coloro i quali li ostacolavano: il che implicava la
condanna a morte
La repubblica
• Non era loro applicabile la provocatio ad populum proprio
in ragione che il potere di condanna a morte era implicato
dal riconoscimento della loro inviolabilità, tutela che
strumentalizzarono
• Tuttavia,
proprio l’affermarsi di una maggiore
democraticità dell’ordinamento costituzionale, favorì il
sorgere di limiti all’esercizio della potestas tribunicia: il
cittadino non poteva essere messo a morte direttamente
dal tribuno, ma solo in seguito ad una condanna; la
sanzione doveva essere commisurata alla gravità
dell’offesa; si fissò il limite massimo delle pene pecuniarie
La repubblica
• Altra grande conquista dei tribuni della plebe fu, verso la
fine del III sec. a.C., la possibilità non solo di partecipare,
ma di convocare il senato
• Nel corso del I sec. a.C. – infine – si riconobbe agli ex
tribuni il diritto di entrare a far parte del senato
La repubblica
• In età monarchica abbiamo avuto modo di constatare
come Tarquinio Prisco avesse aumentato il numero dei
senatori sino a trecento
• Silla lo portò a seicento, Cesare fino a mille ed Augusto
di nuovo a seicento
• La lectio dei senatori avveniva ogni cinque anni: i
senatori già presenti venivano normalmente riconfermati
e ad essi si aggiungevano gli ex magistrati (censori,
dittatori, consoli, pretori, edili curuli)
La repubblica
• Da un certo punto in poi, vennero chiamati anche gli ex
tribuni della plebe
• Se il numero degli ex magistrati non era sufficiente a
coprire il plenum, si ricorreva a cittadini che godevano di
alto prestigio
• I senatori si distinguevano tra loro in base alla rilevanza
della carica rivestita: censori, consoli e pretori venivano
prima degli edili e dei questori e – in quest’ordine
gerarchico – venivano interpellati
La repubblica
• In tal modo, i più influenti ed eminenti componenti del
senato avrebbero sicuramente parlato, al contrario di
coloro i quali avevano rivestito magistrature minori
• Si faceva ricorso, infatti, anche a pratiche ostruzionistiche
che impedivano dichiarazioni sgradite, impegnando tutta
la seduta con pochi e lunghi interventi
La repubblica
• Le adunanze del senato si svolgevano in un luogo chiuso
a porte aperte e sede e giorno della riunione veniva
indicato dal magistrato che prendeva l’iniziativa di
convocare il senato (magistrati dotati di imperium e – da
un certo momento in poi – tribuni della plebe)
• Il magistrato che convocava l’assemblea, la presiedeva e
fissava l’ordine del giorno
La repubblica
• I senatori erano tenuti a presentarsi: svolta una relazione
introduttiva, seguiva la discussione ed infine la votazione
• La deliberazione del senato era il decretum o il senatus
consultum
• La votazioni avvenivano per discessionem, cioè per
divisione all’interno dell’aula: chi la pensava in un modo,
si collocava dalla parte di colui che aveva espresso il
parere che approvavano, gli altri dall’altra parte dell’aula
La repubblica
• I compiti del senato erano – oltre all’interregnum –
prestare la c.d. auctoritas patrum cioè convalidare le
delibere delle assemblee popolari che si riteneva fossero
incapaci di assumere da sole decisioni vincolanti per
l’intera comunità (ad ed. decisioni legislative, elezioni dei
magistrati)
• L’auctoritas era ovviamente uno strumento di controllo
che il senato esercitava, dando un limite alla possibilità
che si stabilisse un vero ordinamento democratico
La repubblica
• Oltre l’esercizio di questi poteri, il senato emanava i
senatusconsulta sulla cui natura giuridicamente
vincolante si discute: senza dubbio il loro rispetto non era
messo in dubbio dai magistrati, che li rispettavano
• Non mancarono casi di ribellione, me in generale il
senato riuscì sempre ad imporre la sua autorità
La repubblica
• Tra le competenze riconosciute al senato ricordiamo:
sorveglianza
dell’amministrazione
finanziaria,
individuazione delle provinciae da assegnare ai
magistrati, la stipula dei trattati internazionali,
dichiarazione di guerra, condotta della guerra etc.
La repubblica
• In merito alla composizione del senato, l’originario
dominio del patriziato andò nel tempo attenuandosi: dal
367 a.C. (accesso della plebe al consolato) si iniziò a
formare una nuova classe dirigente chiamata nobilitas
• La nobilitas si acquistava con il consolato e la pretura e
nobilis era colui che per primo raggiungeva la carica e i
suoi discendenti
La repubblica
• La nobilitas – a differenza del patriziato – era una classe
aperta che rinnovò moltissimo nei primi cento anni
successivi alle leggi Licinie Sestie: trenta genti plebee
giunsero al consolato ed entrarono a far parte della
nobilitas
• Successivamente
vi fu un rallentamento, dovuto
soprattutto alla circostanza che le cariche pubbliche a
Roma non erano retribuite e, quindi, risultava molto
oneroso riuscire a giungere al consolato o alla pretura
La repubblica
• I nuovi esponenti della nobilitas erano, pertanto, uomini
ricchi, proprietari agricoli o uomini d’affari
• Altro aspetto importante: gli elettori erano in genere
vincolati alle grandi famiglie, dalle quali speravano di
ricevere appoggi e favori (c.d. clientela)
• Chi voleva competere con i nobili, doveva quindi avere
appoggi tra i nobili stessi che potevano gestire un ampio
bacino di voti
La repubblica
• Soffermiamoci
ora sul senatusconsultum. Il tema
fondamentale che riguarda questa disposizione è se essa
fosse o meno idonea a creare diritto, fosse fonte del ius
civile
• Gaio afferma – nel II sec. d.C. – che, nonostante vi fosse
stata una disputa al riguardo, il senatusconsultum ha
forza di legge
• Il superamento di questa discussione avviene tra il I e il II
sec. d.C., mentre per tutto il periodo repubblicano non fu
riconosciuta l’idoneità del senatoconsulto di creare diritto
civile
La repubblica
• Sino a quel momento, il senato interveniva in due modi
per introdurre in maniera indiretta delle leggi:
• a) il senato poteva ‘attivare’ i magistrati muniti del relativo
potere di presentare una legge alle assemblee popolari,
norma le cui linee guida erano state fissate dal senato
stesso
• b) il senato poteva sollecitare il pretore ad esercitare la
giurisdizione sulla base di indicazioni fissate con
senatoconsulto. Il senato non poneva norme direttamente
operanti per i soggetti, ma per il tramite del pretore: era
lui a dare loro applicazione con l’editto o i decreti
La repubblica
• Le norme così introdotte avevano efficacia per il solo
diritto onorario
La repubblica
• Approfondiamo il tema dei comizi centuriati
• Abbiamo già avuto modo di vedere quali fossero i compiti
e le funzioni del più antico comizio curiato (adrogatio,
testamentum calitis comitiis, lex curiata de imperio)
• In epoca repubblicana i più importanti comizi furono quelli
centuriati, derivati dall’assemblea del popolo riunito
nell’esercito centuriato
La repubblica
• I cittadini furono divisi in base al censo, in base cioè alla
ricchezza: Livio sostiene che già all’epoca di Servio Tullio
le classi fossero cinque
• Ogni classe si componeva dello stesso numero di
centurie, indipendentemente dalla reale consistenza
numerica
• Inizialmente,
dunque,
vi
era
coincidenza
tra
l’organizzazione dell’esercito e l’assemblea popolare:
successivamente si realizzò un distacco
La repubblica
• I motivi che condussero alla trasformazione della riunione
degli uomini armati in assemblea politica furono molti
• In primo luogo, l’inadeguatezza delle curie come modo di
organizzazione
assemblea
della
popolazione
e
della
relativa
• L’intervento dei monarchi etruschi volto a limitare i
privilegi dell’aristocrazia senatoria
• Il nuovo esercito oplitico
La repubblica
• La presenza della plebe nell’esercito, una presenza non
necessariamente tra i più poveri
• La presa di coscienza da parte della plebe della sua
importanza nell’organizzazione militare romana e del suo
ruolo ai fini della realizzazione di scopi importanti
• Il tentativo – da parte dei soldati plebei – di intervenire
nella scelta dei comandanti militari, dei magistrati e su
decisioni politiche: tutto questo condusse alla
trasformazione in assemblea politica
La repubblica
• Le prime decisioni normative e politiche di questa
assemblea furono le leges de bello indicendo, cioè le
deliberazioni con cui i comizi centuriati approvavano la
dichiarazione di guerra comunicate dai magistrati
• Questa caratterizzazione militare rimase invariata nel
tempo, giacché l’espressione che indicava la loro
convocazione era imperare exercitum
La repubblica
• I comizi centuriati potevano essere convocati solo dai
magistrati cum imperio: consoli, dittatore e – in casi
particolari – il pretore
• Il pretore poteva convocare i comizi solo con riguardo
all’espletamento della funzione repressiva criminale, mai
per l’elezione dei magistrati maggiori riservata ai consoli
(in assenza, si ricorreva all’interregnum)
La repubblica
• Il pretore avrebbe potuto convocare da un punto di vista
legale i comizi, ma invalse una prassi costituzionale
diversa
• L’interrex
poteva convocare i comizi, ma non li
convocava mai per l’espletamento della funzione
legislativa
• Anche i decemviri e tutti i magistrati straordinari con
funzioni consolari potevano convocare i comizi
La repubblica
• La convocazione avveniva tramite un editto che indicava
il luogo e la data della riunione, nonché l’oggetto della
votazione: i candidati alle magistrature in caso di
elezione, il testo della legge in caso di legiferazione e
così via
• Il magistrato interrogava il comizio, il quale poteva o
approvare o respingere la proposta, mai modificarla:
questo
corrispondeva
all’idea
della
necessaria
subordinazione del comizio al magistrato che la
convocava
La repubblica
• Inizialmente, solo il magistrato poteva proporre le
candidature dei magistrati da eleggere ed anche
successivamente, quando si ammise che il singolo
cittadino potesse proporre la propria candidatura, doveva
presentarla al magistrato che aveva convocato il comizio
ed era sempre lui che decideva se ammettere o meno la
candidatura
La repubblica
• Il magistrato poteva, inoltre, non riconoscere il voto
favorevole a candidati che non gli piacessero,
interrompere le votazioni, farle ripetere, non procedere
alla proclamazione
• La notte che precedeva l’assemblea, il magistrato si
recava nel tempio e prendeva gli auspici: se erano
favorevoli,
si
procedeva
alla
convocazione
dell’assemblea, se erano sfavorevoli si rinviava
La repubblica
• Il popolo veniva invitato a recarsi in un luogo recintato
stabilito e collocato fuori il confine dell’urbe, normalmente
al di là del Tevere, in ragione della natura militare
dell’assemblea
• Una volta riuniti, il magistrato procedeva con un sacrificio
ed una preghiera e la lettura – da parte di un banditore –
della proposta
La repubblica
• Si procedeva, quindi, alle complesse modalità con le
quali si esprimeva il voto
• Il risultato delle votazioni era sempre deciso dai gruppi
economicamente più forti
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