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La pena di morte tra passato e presente

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La pena di morte tra passato e presente
LA PENA DI MORTE
tra passato e presente
Testi e animazioni a cura di:
BIANCO
BOGGERO
DI
GIUSEPPE
MIRIAM
PARLASCINO EMANUELE
PRIVATI ANDREA
ROLLERI FABIO
CLASSE 3H
TRUCCO CESARE
ZANINI DAVIDE
LUCA
ALESSIO
THOMAS
MICHERO
anno scolastico 2012/2013
LA STORIA
Il processo per l’abolizione della pena di morte
ha inizio in un periodo relativamente recente;
infatti per molti secoli non ci si pone il
problema se sia lecito o no condannare a morte
una persona. Soltanto nel ‘700 troviamo per la
prima volta un dibattito sulla pena capitale,
problema affrontato seriamente nel libro di
Beccaria “Dei delitti e delle pene”, dove la pena
di morte viene condannata perché troppo
intensa. Grazie a questo dibattito nel 1786 viene
emanata la prima legge penale nel granducato
di Toscana. Altri filosofi del tempo come Kant
ed Hegel sostengono la pena capitale, che
assicurerebbe la perfetta corrispondenza fra
reato e castigo.
La bipolarità delle posizioni ha continuato a
manifestarsi per tutto il XIX secolo,
alimentata dal contrasto tra una borghesia
sempre più trionfante e un movimento
operaio che segna rilevanti trasformazioni
nella struttura sociale e nella mentalità
dell’epoca. Il dilagare dell’imperialismo e le
teorie sull’evoluzione di Darwin influiscono
sulla discriminazione e portano a mantenere
legislazioni favorevoli alle esecuzioni capitali.
Ancora adesso, nonostante i progressi
raggiunti in vari ambiti, il dibattito sulla
pena di morte non è del tutto esaurito. La
questione centrale è “fino a che punto può
spingersi il diritto di punire dello stato?”.
fucilazione
La sentenza viene eseguita da un fuciliere o da un plotone in numero vario da paese a
paese.
Ordinata la scarica dall’ufficiale, il colpo di grazia viene inflitto alla tempia o alla nuca.
impiccagione
AL CONDANNATO VIENE POSTA UNA CORDA INTORNO AL COLLO ED E’
UCCISO PER ASFISSIA O PER LESIONI DELLA COLONNA VERTEBRALE.
Iniezione letale
Fu introdotta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1977. Per via endovenosa viene
iniettata una soluzione letale di un barbiturico con un agente paralizzante. Il condannato
prima viene messo in uno stato di incoscienza e muore per paralisi respiratoria e
cardiaca.
Sedia elettrica
Fu introdotta negli Stati Uniti nel 1888. Vengono fissati elettrodi di rame inumiditi sulla
testa e ad una gamba. Sono quindi trasmesse a brevi intervalli scariche elettriche con
un voltaggio da 500 a 2000 volt per una durata totale di 2 minuti e 18 secondi. La
morte è causata da arresto cardiaco e paralisi respiratoria.
lapidazione
Il condannato viene solitamente sepolto fino al collo. La morte può essere causata da
danni al cervello, asfissia o ferite gravi.
Questi sono solo alcuni esempi dei crudeli metodi
usati per porre fine alla vita di persone giudicate
colpevoli di crimini di vario genere. Ma la pena di
morte è veramente necessaria?
Un grande della filosofia greca, Platone, si esprime
riguardo la pena capitale nelle Leggi. Egli
asserisce la funzione correttiva della pena, ma
nello stesso tempo, se il delinquente si mostra
incurabile “deve essere ucciso”. Numerosi sono i
delitti che, secondo lui, devono essere puniti con
la pena capitale, tra cui i reati contro i genitori e
le divinità, ma in particolar modo gli omicidi
volontari. La teoria platonica si basa sul concetto
di naturalità per cui vi dev' essere una
corrispondenza, un armonico rapporto, tra reato
e pena.
Nel XIII secolo S. Tommaso D’Aquino afferma che il
potere pubblico non infrange il quinto
comandamento, quello di non uccidere, se condanna
a morte il malfattore o i nemici dello Stato. L’uomo,
peccando, decade dalla dignità prossima di persona,
pur restandogli la dignità di natura umana; quindi il
delinquente merita di essere trattato come un
animale pericoloso e perciò può lecitamente essere
ucciso per il bene comune.
Nel XVII secolo, il filosofo tedesco Kant afferma
come la pena sia finalizzata alla giustizia e per
svolgere questa funzione ci dev' essere una perfetta
corrispondenza tra delitto e pena, una sorta di
uguaglianza correttiva. La pena di morte è un
imperativo categorico e non un imperativo ipotetico.
Dopo Kant, Hegel mostra la funzione “razionale“
della pena di morte: quando il delinquente viene
giustiziato si ristabilisono l’ordine e l’equilibrio.
Marcel Normand si pone oggi favorevolmente
dinnanzi alla pena di morte, mostrando come
numerosi delinquenti rilasciati abbiano commesso
altri omicidi, nonostante anni di prigione.
Tra gli argomenti a sostegno della pena di morte si
afferma che la pena capitale sarebbe un efficace
dissuasivo a commettere reati gravi. Inoltre
eliminerebbe l'eventualità di recidiva da parte del
reo, evitando ulteriori costi per la società, e
garantirebbe un risarcimento morale ai parenti delle
vittime di omicidio, eliminando così la tentazione di
vendette private.
Infine aiuterebbe a risolvere i problemi di
affollamento e di non funzionamento del sistema
carcerario, evitando allo Stato spese inutili per il
mantenimento improduttivo e a vita dei detenuti
all'ergastolo, nei casi in cui il condannato è reo di
omicidi gravi e/o plurimi, avendo perso tutti i suoi
diritti alla vita, negandoli ad un altro/i.
Tutto ciò a patto che la condanna venga emanata
senza discriminazione nei confronti del condannato e
che non venga giustiziato nei casi in cui non esistono
prove sicure di colpevolezza.
Studi e ricerche dimostrerebbero invece che la pena
di morte non agirebbe da deterrente per azioni che
vanno contro la legge e che, come sosteneva
Beccaria, quello che influisce sul pensiero è la
certezza della pena e non la sua gravità.
Oltre a essere inutile dal punto di vista della
prevenzione della criminalità, la pena di morte
sarebbe un atto incoerente in quanto punisce un
crimine compiendo un’azione di gravità pari o
persino maggiore. Sono numerosi i casi in cui
vengono condannate persone che solo
successivamente vengono scoperte innocenti e nel
caso della pena capitale se la sentenza viene
annullata prima dell’esecuzione si ripara l'errore,
ma se ciò non avviene la morte diventa una
punizione irreversibile...
I paesi che fanno ricorso alla pena di
morte sono ancora numerosi.
Afghanistan • Algeria • Antigua e Barbuda • Arabia Saudita •
Armenia • Bahamas • Bahrein • Bangladesh • Barbados • Belize •
Benin • Bielorussia • Bhutan • Botswana • Brunei Darussalam •
Burkina Faso • Burundi • Camerun • Ciad • Cile • Cina • Comore
• Congo • Corea del Nord • Corea del Sud • Costa d'Avorio • Cuba
• Dominica • Egitto • Emirati Arabi Uniti • Eritrea • Estonia •
Etiopia • Filippine • Gabon • Gambia • Ghana • Giamaica •
Giappone • Gibuti • Giordania • Grenada • Guatemala • Guinea •
Guinea Equatoriale • Guyana • India • Indonesia • Iran • Iraq •
Ex Jugoslavia • Kazakhstan • Kenya • Kuwait • Kyrgyzstan •
Laos • Lesotho • Libano • Liberia • Libia • Madagascar • Malawi •
Malaysia • Maldive • Mali • Marocco • Mauritania • Mongolia •
Myanmar • Nauru • Niger • Nigeria • Oman • Pakistan • Papua
Nuova Guinea • Qatar • Repubblica Centro Africana • Ruanda •
Russia • Saint Christopher and Nevis • Saint Lucia • Saint
Vincent e le Grenadine • Samoa Occidentale • Senegal • Sierra
Leone • Singapore • Siria • Somalia • Sri Lanka • Stati Uniti •
Sudan • Suriname • Swatziland • Tadzhikistan • Tailandia •
Taiwan • Tanzania • Territori dell'autorità Palestinese • Togo •
Tonga • Trinidad e Tobago • Tunisia • Turchia • Ucraina •
Uganda • Uzbekistan • Vietnam • Yemen • Zambia • Zimbabwe.
LA GEOGRAFIA DELLA PENA DI MORTE
- in 68 Stati al mondo la pena di morte è
ancora prevista dal codice penale ed
utilizzata;
- 30 Stati mantengono la pena di morte
anche per reati comuni, ma di fatto non
ne hanno fatto uso per almeno 10 anni;
- in 10 Stati è in vigore, ma solo
limitatamente a reati commessi in
situazioni eccezionali, ad esempio in
tempo di guerra;
-
89 Stati l'hanno abolita completamente.
OCCHIO PER OCCHIO
DENTE PER DENTE
…la pena di morte va contro ogni principio
etico, morale e non porta alcun beneficio
alla comunità, poiché invece di cercare di
affrontare il problema alla radice, lo
elimina per pochi attimi senza educare il
prossimo a non commettere uno stesso
crimine. "La pena di morte non è altro che
la guerra della nazione contro un
cittadino, perché giudica necessaria o utile
la distruzione del suo essere“
(Cesare Beccaria - Dei delitti e delle pene).
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