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Qualcosa di Noi - Palazzo del Pero

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Qualcosa di Noi - Palazzo del Pero
Settembre-ottobre 2006
Numero 56
Guardiamoci in faccia
Qualcosa di noi
In questo numero:
Il saluto di Don Gianni.
Il nuovo parroco.
La festa degli anziani.
Palazzini in Terra Santa.
Il giornale può essere letto on-line su:
www.palazzodelpero.it
Qualcosa di Noi
2
OFFERTE PER IL GIORNALINO
Dobbiamo costatare che la gente ha un grande cuore.
Con stupore, ma con piacere aggiorniamo il monte offerte aggiungendoci altri 90 €
La cifra ,ad oggi 08 settembre, ammonta a 1135 euro .
Il contributo ci gratifica molto ed è il segnale che questa piccola pubblicazione è letta e
apprezzata; sarà uno stimolo per continuare e ad impegnarci di più e per renderla
migliore.
La Redazione
Sommario
Guardiamoci in faccia
Qualcosa di noi
Bimestrale dei giovani della
Parrocchia di S.Donnino
a Palazzo del Pero
Numero 54
maggio-giugno 2006
DALLA PARROCCHIA
Indirizzo E.mail : [email protected]
DIRETTORE RESPONSABILE
Vittorio Gepponi
REDAZIONE:
Nicola Angeli, Roberta Busatti,
† Giorgio Checchi, Flavio Angeli,
Catia Sandroni, Cinzia Ercolani,
Marco Pellitteri, Angela Parigi,
Lorenza Parigi, Leonardo Biserni,
Lucia Sandroni,Gianni Zanchi
COLLABORATORI:
Sergio Placidi
Il SALUTO DI DON GIANNI
Don Gianni
pag 3
IL NUOVO PARROCO
Don Gianni
pag.4
CRONACA PARROCCHIALE
Don Gianni
pag 5
FESTA DEGLI ANZIANI
Giuliana Bianchini
pag8
PELLEGRINI SULLE ORME DI GESU
Paola Formelli
pag 9
ATTUALITA’
LA BATTAGLIA DI CAMPALDINO
Giovanni Bianchini
pag 17
IMPORTANTE OPERAZIONE …
Flavio Angeli
pag18
PER LE STRADE DELLA VAL CERF….
Nicola Angeli
pag19
Questo numero, ma anche i precedenti, è possibile leggerlo nel sito:
www:palazzodelpero.it
Qualcosa di Noi
DALLA PARROCCHIA
IL SALUTO DI DON GIANNI
AI PARROCCHIANI DI PALAZZO – TERRINE – USCIANO – SAN CASSIANO
Carissime e Carissimi,
il mio trasferimento alla parrocchia di Santa Maria a Micciano presso Anghiari è
stato da me sollecitato per motivi personali e familiari, che il Vescovo ha paternamente
compreso. Con profondo rammarico lascio dunque la cura pastorale di questa
comunità cristiana, a cui ho dedicato tempo ed energie compatibilmente anche con gli
altri incarichi pastorali assegnatimi in Cattedrale e nella formazione dei Diaconi, ambiti
nei quali dovrò continuare ad impegnarmi anche in futuro.
Secondo la attuale normativa canonica, le nomine dei Parroci non sono fatte
più a tempo indeterminato, ma per la durata di nove anni rinnovabili: mi aspettavo
quindi che la mia presenza in mezzo a voi durasse come minimo per una decina d’anni;
invece, dopo appena quattro anni, mi congedo da voi.
Non lo faccio a cuor leggero: in questo periodo di tempo ho imparato a
conoscere personalmente un buon numero di persone e a sentirmi parte integrante di
questa comunità; quindi mi separo da voi con tristezza, pensando a quanta strada
potevamo fare ancora insieme nel vivere e testimoniare la fede e la carità fraterna.
Questi ultimi quattro anni hanno segnato una fase importante nella storia della
nostra Parrocchia: oltre al risanamento delle strutture di San Donnino, abbiamo
accompagnato il nostro caro don Giorgio nell’ultimo tratto della sua lunga esistenza
terrena e avviato una maggiore integrazione delle varie realtà pastorali presenti sul
nostro territorio (Palazzo, Le Terrine, Pian d’Usciano, San Cassiano), così da favorire
l’unità di vita e di missione della Parrocchia.
Ora può essere avviata una nuova fase di rinnovamento in molti ambiti della
pastorale ordinaria (specialmente nei confronti dei giovani e delle famiglie), per la quale
potrete attivamente collaborare con il nuovo Parroco. Sono certo che imparerete
presto ad apprezzarlo per le sue virtù, per la sua passione per le cose di Dio, per
l’esperienza pastorale maturata in 47 anni di sacerdozio. Non avendo altri incarichi da
assolvere oltre a quello di Parroco, potrà dedicarsi a tempo pieno alla vostra cura
pastorale che, per le caratteristiche della popolazione (alta età media, abitazioni sparse)
e del territorio (molto vasto), richiede una continua presenza del sacerdote (che io - per
motivi di salute, dei lavori di restauro da progettare e seguire, degli altri incarichi da
svolgere – non ho potuto assicurare come avrei voluto).
L’avvicendamento dei Parroci è un momento impegnativo nella vita di una
comunità cristiana: richiede spirito di fede e apertura di cuore da parte dei fedeli, nella
persuasione che “i preti passano ma il Signore resta” e attraverso il servizio del Parroco
– chiunque egli sia e come egli sia – continua a rendersi sacramentalmente presente e a
prendersi cura del suo popolo.
I nostri Santi Patroni – san Donnino, santa Agata, san Cassiano, sant’Egidio
intercedano per noi, affinché tra le vicende lieti e tristi della vita possiamo progredire
spiritualmente fino a giungere alla meta della nostra fede, cioè la salvezza delle anime (cf 1Pt 1,
9).
Vi benedico tutti e porto con me nella preghiera il vostro ricordo.
don Gianni
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Qualcosa di Noi
DALLA PARROCCHIA
Il nuovo Parroco
Il nuovo Parroco, Don Benito Testerini, è nato l’11 maggio 1933 a Sansepolcro.
Dopo avere svolto gli studi umanistici e teologici nei Seminari della Città natale e in
quello di Arezzo, è stato ordinato sacerdote nella Cattedrale di Sansepolcro il 28 giugno
1959.
Per i tre anni seguenti fu Cappellano a Pieve Santo Stefano; quindi per un anno
Parroco a San Donato di Sestino; poi, per un altro anno, Cappellano a San Piero in
Bagno; trasferito a Gricignano (frazione di Sansepolcro), nel 1990 è stato promosso a
Santa Maria al Melello, popolosa Parrocchia nell’omonimo quartiere alla periferia nord di
Sansepolcro. Come segno di stima per l’impegno e lo zelo profuso nella sua attività, il
Papa Giovanni Paolo II lo ha annoverato tra i suoi Cappellani (per cui gli compete il
titolo di “Monsignore”).
Nelle sue due ultime sedi, oltre alla consueta pastorale parrocchiale, ha maturato
una grande esperienza nel difficile compito di guidare e sostenere l’educazione dei
bambini nella scuola materna e nel nido d’infanzia. Al Melello ha ingrandito l’asilo,
costruito dalle fondamenta la nuova casa canonica, restaurato l’antica chiesa parrocchiale,
risistemata la vasta area verde attorno alla nuova chiesa e si è anche preso attivamente
cura di un popolare santuario mariano sulle montagne sopra Sansepolcro, il quale per
suo merito è tornato ad un nuovo splendore di opere e di frequenza da parte dei fedeli.
Ha scelto di rendersi presente nella nostra Parrocchia gradualmente e in forma
ufficiosa, aiutato da don Gianni nella conoscenza delle persone e delle consuetudini.
Venerdì 11 agosto, appena reduce da un viaggio al famoso santuario mariano di
Medjugorie (Bosnia Erzegovina), si è stabilito a Palazzo del Pero: ha scelto di risiedere
nelle stanze del piccolo appartamento al civico numero 2; nel pomeriggio ha già
concelebrato la Santa Messa nell’oratorio feriale, prendendo così il primo contatto
diretto con i fedeli. Nei giorni seguenti, ha visitato le altre chiese presenti sul territorio e
alcuni ammalati e anziani nelle loro case per la distribuzione della Santa Comunione. La
Domenica 13 agosto ha partecipato per la prima volta alle Sante Messe festive nella
chiesa parrocchiale: alle ore 8 ha concelebrato con il Parroco e alle ore 11. 15 ha
presieduto la celebrazione; in ambedue le circostanze è stato presentato alla popolazione
presente; particolarmente, durante la Messa principale, don Gianni durante l’omelia ha
ricordato il compito fondamentale del parroco: presiedere a nome del Vescovo la
comunità parrocchiale, animandola a custodire la tradizione apostolica della Parola di
Dio e dei Sacramenti per essere sempre più missionaria sul territorio.
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Qualcosa di Noi
DALLA PARROCCHIA
CRONACA PARROCCHIALE
12 luglio, mercoledì
ANNIVERSARIO
Piergiovanni e Marcella Bianchini hanno ricordato l’anniversario del proprio
matrimonio, celebrato 25 anni fa nella cripta della Basilica di San Francesco in Arezzo.
Dopo cinque lustri hanno reso grazie al Signore recandosi con i propri figli nella
chiesa aretina di Sant’Agostino e partecipando alla Santa Messa di ringraziamento
celebrata dal parroco don Sergio Carapelli, loro fraterno amico. Ai coniugi Bianchini
giungano i rallegramenti e gli auguri anche attraverso il nostro giornalino. Ad multos
annos!
ESEQUIE
Nel mese di luglio la nostra comunità ha accompagnato all’incontro con il Signore
della vita diversi fratelli e sorelle. Mercoledì 5 alle ore 14. 30 si sono svolti i funerali di
Ernesta Lepri, deceduta due giorni prima a più di 90 anni di età; la Santa Messa è stata
presieduta da don Daniele Arezzini, parroco di Santa Eugenia al Bagnoro. Martedì 18
alle ore 15. 30 si sono tenute le esequie di Caterina Donati; ha officiato don Luca
Lazzari, viceparroco di San Marco alla Sella. Sabato 22 ben due funerali: al mattino
quello di Roberto Ceccherini e al pomeriggio quello di Clara Frey. Infine, sabato 29
luglio è stata la volta di Giuseppa Nicchi. A parte l’Ernesta, gli altri o non erano
originari della nostra zona (ma vi avevano dei parenti stretti) o non abitavano più tra
noi da molti anni. In ogni caso, rinnoviamo in questa sede le nostre cristiane
condoglianze a tutte le famiglie segnate da questi lutti e assicuriamo la nostra fraterna
preghiera di intercessione per tutte queste anime.
30 luglio, Domenica
INAUGURAZIONE
Durante le celebrazioni festive delle ore 8 e 11. 15 è stata presentata alla popolazione
la restaurata vetrata raffigurante San Pietro apostolo, che al termine della mattinata è
stata infine collocata nella sua sede definitiva, cioè l’Oratorio feriale della Pieve di San
Donnino; tale oratorio ha così assunto il titolo ufficiale di “Oratorio di San Pietro
apostolo”. Come è già noto, il restauro è stato eseguito con le offerte della
popolazione in memoria di don Giorgio. Accanto alla rinnovata vetrata è stata
collocata una piccola targa commemorativa con un testo latino, di cui diamo la
traduzione italiana: Alla memoria di don Giorgio Cecchi, parroco per 54 anni, la popolazione
riconoscente, nell’anno 2006, dedica il restauro di questa vetrata, proveniente dalla chiesa di San
Pietro apostolo in Valle.
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Qualcosa di Noi
DALLA PARROCCHIA
6 agosto, Domenica
INAUGURAZIONE
Nella festa della Trasfigurazione del Signore è stato presentato anche il restauro della
tela raffigurante la Madonna del Buon Consiglio. Per l’occasione erano stati realizzati
anche dei cartelloni illustrativi la storia e la devozione a tale titolo mariano, nonché le
varie fasi del restauro stesso.
11 agosto, venerdì
PROIEZIONE
Alle ore 21 nella Pieve di San Donnino un folto gruppo di fedeli ha partecipato alla
proiezione delle fotografie scattate durante il recente pellegrinaggio parrocchiale in
Terrasanta; in tal modo, quella esperienza spirituale è stata ricordata dai partecipanti al
viaggio e condivisa con coloro che non hanno potuto recarsi nella terra di Gesù. Al
termine della proiezione, illustrata dal parroco, un piccolo rinfresco davanti alla chiesa
ha concluso la serata fraterna, che ha visto anche la gradita presenza del nuovo
parroco.
13 agosto, Domenica
FESTA A SAN CASSIANO
Il 13 agosto è la memoria di san Cassiano, martire di Imola sulla Via Emilia, ucciso in
odio alla fede nell’anno 305. Nella chiesa di cui è titolare nella omonima località, alle
ore 17 è stata celebrata una Messa festiva, presieduta dal nuovo Parroco e partecipata
da un buon gruppo di fedeli, durante la quale don Giovanni Zanchi ha tenuto l’omelia,
sottolineando come le difficoltà che san Cassiano sperimentò ai suoi tempi come
insegnante (fu infatti ucciso dai propri scolari pagani) si ripropongono anche oggi per
chi voglia dare testimonianza del suo essere cristiano nella scuola statale, spesso
strumento ideologico della calunnia nei confronti della Chiesa e di scristianizzazione
della cultura. A cura dei residenti, il sagrato della chiesa era stato parato a festa e, al
termine della Santa Messa è stato luogo anche di un piccolo ma festoso spettacolo
pirotecnico, a cui è seguito un rinfresco nei locali della vecchia scuola del paese.
15 agosto, martedì
SOLENNITA’ DELL’ASSUNZIONE
La festa mariana è stata celebrata con due solenni liturgie, alle ore 17 della vigilia e alle
ore 8 del giorno proprio, svoltesi nella chiesa parrocchiale all’altare della cappella della
Madonna del Buon Consiglio, che per l’occasione è stato festosamente addobbato con
fiori e illuminato. La novità è stata molto gradita dai fedeli presenti.
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Qualcosa di Noi
DALLA PARROCCHIA
19 agosto, sabato
NOVITA’ IN SACRESTIA
Quasi quattro anni fa, per garantirne la custodia durante i lavori di restauro alla Pieve
di San Donnino, le suppellettili e gli arredi liturgici storici e di pregio furono depositati
nel Palazzo vescovile di Sansepolcro, con il permesso della Curia e della
Soprintendenza. La maggior parte era poi stata riportata a Palazzo del Pero e collocata
nel nuovo deposito dotato di allarme. Ora anche i rimanenti oggetti sono stati trasferiti
nei locali di San Donnino, la cui sacrestia si presenta finalmente al gran completo e
adatta a garantire la sicurezza e la conservazione di arredi e suppellettili, alcuni dei
quali bisognosi di restauro per essere nuovamente impiegati durante la liturgia. Benché
la Parrocchia di Palazzo non abbia mai brillato per possibilità economiche, tuttavia i
suoi oggetti di culto sono una testimonianza eloquente della fede delle passate
generazioni.
NOVITA’ NELL’ORARIO DELLE SANTE MESSE
Da questa data, per iniziativa del nuovo Parroco, è iniziata la celebrazione della Santa
Messa nel tardo pomeriggio del sabato, per adesso alle ore 17. Poiché è celebrata
all’ora del Vespro con cui inizia la celebrazione liturgica della Domenica, tale Santa
Messa è a tutti gli effetti festiva e quindi chi vi partecipa assolve al precetto
domenicale.
26 agosto, sabato
NOZZE
Nella chiesa di Sant’Egidio in Pian d’Usciano, attorniati da parenti e amici, hanno
celebrato il sacramento del Matrimonio Daniele Bartolini e Maruska Maria Cerchioni.
La giovane sposa è nostra compaesana, mentre lo sposo è originario del Casentino. Da
quasi un anno non venivano celebrate delle nozze in Parrocchia. Ai novelli coniugi,
che si sono stabiliti a Pratovecchio, le comuni felicitazioni e l’augurio di condurre
cristianamente la propria vita familiare.
27 agosto, Domenica
A BADIA SAN VERIANO
I generosi volontari della Parrocchia hanno reso possibile anche quest’anno l’ospitalità
per gli anziani durante la Festa loro dedicata e a cui hanno partecipato in buon
numero. Era presente anche il nuovo Parroco, che ha celebrato la Santa Messa festiva,
concelebrata da don Gianni che ha colto l’occasione per salutare i parrocchiani prima
di assumere il suo nuovo incarico.
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Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
Anziani?.....mica tanto!
Ultima domenica di agosto: questa data è ogni anno, per la nostra parrocchia, un
appuntamento ormai fisso per ritrovarsi a Badia San Veriano in quella che noi definiamo
”Festa degli anziani”.
La Festa è notoriamente riservata a tutti coloro che hanno raggiunto o superato i 65 anni
ed è un simpatico modo per stare insieme tra vecchi amici, che magari non hanno altre
occasioni per vedersi o anche semplicemente per trascorrere una giornata in compagnia.
Sono stati con noi anche Don Gianni ed il nuovo parroco Don Benito, a cui va il nostro
più cordiale e affettuoso benvenuto.
Ciò che fa particolarmente piacere è il fatto che già lo scorso anno, ma ancora più quest’
anno , molti nuovi amici hanno partecipato: persone che pur avendo raggiunto l’ età,
anziani non lo sono affatto, perchè ancora attive, dinamiche e giovanili, che tuttavia non
disdegnano di partecipare.
Forse dovremo cambiare nome a questa festa, visto che il termine “anziani” da fastidio a
qualcuno, ma non certo a tutti quelli che il 27 agosto c’ erano senza porsi problemi di
terminologia.
Benvenuti tra noi, speriamo di continuare a vederci puntualmente, ogni anno, l’ ultima
domenica di agosto.
Giuliana Bianchini
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Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
12 fedeli della nostra parrocchia si sono recati in Terrasanta dal 13 al 20 luglio scorsi
PELLEGRINI SULLE ORME DI GESU’ E TRA GLI ECHI DELLA GUERRA
Il ricordo del pellegrinaggio in
Terrasanta sembra un sogno.
La Provvidenza ha voluto che si
svolgesse proprio negli ultimi giorni utili;
quando siamo ripartiti dall’aeroporto di Tel
Aviv il 20 luglio, la guerra già impediva
l’arrivo di nuovi pellegrini e noi siamo stati
fra gli ultimi a lasciare quella terra,
benedetta
da
Dio e straziata
dagli uomini.
Magari
fosse un sogno
anche il ricordo
delle colonne di
fumo nero che si
alzavano contro
il cielo dalla città
di Tiberiade alle
12. 30 di sabato
15 luglio! Le
abbiamo fissate
con sgomento
mentre eravamo
sul battello in
mezzo
all’omonimo
lago, sul quale si svolsero tanti episodi della
vita di Gesù e dove tutto parla di Lui. Là,
dove Egli passò beneficando gli uomini,
abbiamo visto colpire a tradimento le case
dei civili, sparando nel mucchio. Finora
potevo dire: “Appartengo ad una
generazione che non ha mai visto la guerra,
un caso raro nella storia dell’umanità . . . “;
ora, questa fortuna mi è stata tolta,
rubata vigliaccamente nello spazio di un
attimo.
La guerra in quei giorni si è messa
sulle nostre tracce, ci ha seguito, senza mai
raggiungerci: il primo giorno, un’ora dopo
la nostra visita al santuario della Madonna
sul Monte Carmelo, il primo missile si è
abbattuto al tramonto sulla sottostante
operosa città di Haifa; un giorno dopo la
nostra partenza da Nazareth, anche la città
che vide crescere e lavorare Gesù è stata –
fatto inaudito e gravissimo – colpita; i
terroristi filo-iraniani che bombardavano
dal sud Libano miravano alla parte ebraica
dell’abitato . . . hanno invece straziato i
corpicini di tre bimbi arabi (dai 3 ai 9 anni),
9
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
che nei giorni precedenti avevamo
visto più volte giocare sulla strada, 150
metri sotto la Basilica dell’Annunciazione;
nello stesso giorno un missile è caduto nel
chiostro della chiesa della Moltiplicazione
dei pani e dei pesci, da noi visitato
recentemente. Mentre in una tersa
mattinata salivamo al monte Tabor, il
luogo della Trasfigurazione di Gesù,
ammiravamo estasiati i fertili campi
coltivati della vasta pianura di Esdrelon,
una vera gioia per gli occhi. Li abbiamo
rivisti poi in televisione ridotti ad una
spianata arida di crateri scavati dalle bombe
. . . Intanto, il pensiero correva a nord, in
quel
Libano
meridionale
affacciato
sul
Mediterraneo:
dove Gesù varie
volte
cercò
rifugio discreto
per mettersi al
riparo
dalle
persecuzioni dei
suoi nemici, si
svolgeva l’altro
atto
della
tragedia
di
distruzione
di
uomini e cose.
La
guerra dunque ci
ha
come
braccati, ma in
realtà il nostro pellegrinaggio si è svolto
regolarmente e tranquillamente, senza la
minima ombra di pericolo per noi,
confortati anche dal fluire normale della
vita sociale in ogni luogo in cui siamo stati
ospiti; segno quest’
ultimo che quelle popolazioni sono
ormai purtroppo abituate a convivere con
la violenza.
Dopo la visita ai principali Luoghi Santi
della Galilea, attraverso la valle del
Giordano, Gerico, il Mar Morto e
l’attraversamento del deserto di Giuda,
siamo giunti a Betlemme e Gerusalemme.
Laggiù, lontani dalla frontiera con il
Libano, la guerra era solo un’eco di notizie,
ma il muro di cemento alto 6 metri che
circonda completamente la città di
Betlemme testimoniava eloquentemente di
un altro conflitto che cova sotto la cenere
dell’odio, pronto sempre a riesplodere. In
tale contesto, quanto appaiono ancor più
meschine le divisioni fra le varie comunità
cristiane, che si riflettono nella difficile
gestione della Grotta della Natività e del
Santo Sepolcro, benché passi avanti nel
mutuo rispetto e comprensione siano stati
fatti negli ultimi decenni.
10
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
Gerusalemme - la città santa nel cui
nome stesso riecheggia la parola shalom
(che si può anche tradurre con pace) - è
ancora un luogo di tensioni. Il suo centro
storico, grande solo due volte quello di
Arezzo, è diviso fra arabi musulmani e
cristiani, armeni, ebrei: quattro mondi
diversissimi fra di loro e che in larga parte
si ignorano a vicenda (quando va bene!).
Una Città difficile da abitare, poiché
transitando da una strada all’altra si passa
di fatto anche
da un mondo
culturale ad un
altro;
che
grandezza
d’animo
occorre avere
per vivere bene
a
Gerusalemme!
Che pazienza
per
noi
affrontare
i
minuziosi
controlli
da
superare
per
visitare il Muro
Occidentale
(ebraico) e la
Spianata
del
Tempio (in mano ai musulmani e con le
moschee attualmente chiuse ai non arabi):
due luoghi di preghiera trasformati sempre
più in fortezze. Che strazio per l’animo
cristiano, il non poter celebrare o pregare
sul luogo dell’Ascensione o addirittura nel
Cenacolo (proprietà musulmane)! Sono le
ferite aperte della storia sul volto di una
Città che non ha uguali al mondo per
bellezza spirituale. Intanto, pochi giorni
dopo il nostro ritorno, lungo il viale
che costeggia le mura di Gerusalemme,
meta nel dopo cena delle nostre
passeggiate per godere la frescura serale, un
giovane italiano è stato barbaramente
accoltellato alle spalle da un coetaneo
palestinese; il nostro connazionale era lì per
svolgere attività educativa proprio con i
bambini arabi . . .
Anche nella Città Santa siamo stati
ospiti dei frati Francescani, i quali già il
giorno dopo la nostra partenza hanno
iniziato ad avere altri ospiti: i profughi
cristiani della Galilea, rimasti senza casa e
senza averi, accolti gratuitamente nelle
strutture dei figli spirituali di San
Francesco, ai suoi tempi pellegrino anche
lui in Terrasanta, per venerare i luoghi di
Gesù e annunciare il Vangelo della pace ai
musulmani.
11
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
Il nostro gruppo era composto solo
da 37 persone e questo ci ha permesso di
sostare a nostro agio e con spirito di
preghiera nei santuari, visitati non come
turisti ma da pellegrini: che grazia grande
abitare a pochi metri dalla Grotta della
Natività e dal Santo Sepolcro! Cosa sono
stati i momenti di preghiera personale
all’alba accanto alla mangiatoia, sul
Calvario, davanti alla tomba vuota!
Valevano bene il sacrificio del sonno
ristoratore dopo giornate molto intense.
Un’esperienza di preghiera che ha segnato
profondamente tutti i partecipanti è stata la
Via Crucis, svoltasi alle 3 pomeridiane
lungo lo stesso l’itinerario seguito da Gesù.
Per un dedalo di stradette ci siamo alternati
portando a spalla una grande Croce di
legno, camminando in mezzo alla
popolazione musulmana, che non ci ha
12
certo facilitati nella preghiera;
intanto, mentre cercavamo di concentrarci
nella preghiera, afferrati da sensazioni
dense
e
contraddittorie
sgorganti
nell’animo,
il
pensiero
andava
spontaneamente e intensamente al Venerdì
Santo, quando il
Salvatore se ne
andava
innocente
al
tremendo
supplizio
del
Calvario
in
mezzo agli urli e
al
disprezzo
della folla . . .
Lo
sapevamo
prima di partire:
visitare i
Luoghi Santi dà
una nuova e più
penetrante
intelligenza dei
Vangeli, che ora
leggi con una
consapevolezza
nuova, perché hai visto con i tuoi occhi
dove sono accaduti gli avvenimenti di
salvezza che narrano. Ora sai meglio di
prima che la tua fede non si basa su favole
ma è fondata su fatti e personaggi storici.
Lo
abbiamo
imparato
soggiornando: difficile è la situazione dei
cristiani che vivono in Terrasanta; stretti
nella morsa dell’ “occhio per occhio, dente
per dente”, senza prospettive economiche,
emarginati socialmente e politicamente,
devono combattere ogni giorno contro la
tentazione di emigrare e lasciare che i
santuari divengano dei musei e non centri
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
vitali di comunità cristiane stabili e
autoctone. Nel Vicino Oriente sono in
molti a desiderare e a operare – senza
andare troppo per il sottile - per una terra
senza ebrei e senza cristiani . . . Quanto è
urgente
impegnarsi per sostenere la
presenza dei nostri fratelli in Terrasanta, gli
unici che possono testimoniare che solo
l’amore vince l’odio e che la vendetta può
essere disarmata solo dal perdono!
Lo abbiamo toccato con mano: la
società multietnica su un medesimo
territorio (che alcuni da noi, per
motivazioni
spesso
anticattoliche,
vagheggiano di confezionare a buon
mercato e in tempi rapidi) è una dannosa
utopia; abbiamo visto con i nostri occhi
una terra in cui vivono uno accanto all’altro
popoli diversi, avvelenati da logiche di
potenza e sopraffazione che
spesso non hanno ritegno di tirare
dalla propria parte – bestemmiandolo –
Dio stesso.
Lo abbiamo compreso meglio:
condannare la guerra significa essere
portatori della pace – che è dono di Dio da
invocare e accogliere ogni giorno – là dove
si vive quotidianamente. La guerra ci ha
inseguiti, ma non coinvolti: questo fatto
fisico diviene ora per noi un impegno
morale.
In Terrasanta i pellegrini (fonte
anche di progresso economico) erano
appena tornati dopo l’interruzione degli
anni 2000 - 2005; ora sono di nuovo
assenti. Dio voglia, presto, che la strada si
riapra davanti a loro: quello sarà il segno
vero che un embrione di pace è stato
finalmente concepito nella terra di Abramo
e di quel Messia, Re di pace, che egli iniziò
ad attendere.
Paola Formelli
13
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
E’ morta all’età di 88 anni Giuseppina Nicchi, vedova di
guerra dal 1940
IL SUO RICORDO RIMANE IN BENEDIZIONE
Il 29 luglio, memoria di santa Marta, alle ore 15. 30 nella Pieve di San Donnino
sono state celebrate le esequie di Giuseppa Nicchi, deceduta il giorno precedente all’età
di 88 anni, ultima di una numerosa e indimenticabile famiglia, conosciuta a Palazzo
anche come “i Sandonnini”, perché dimoranti nella casa colonica a fianco della chiesa
parrocchiale.
Dopo una non facile fanciullezza e giovinezza, si sposò con l'unico grande amore della
sua vita, Giovanni, che la guerra e la nave Paganini, dopo solo sei mesi di matrimonio,
il 28 giugno 1940, le portarono via.
Vedova giovanissima, riversò le proprie energie nella famiglia di origine e in
quella del marito (che lasciò solo nel 1954 alla morte della suocera), come nella
parrocchia: tra i molti impegni a favore della gente, aiutò l’allora parroco don Panichi e
poi don Giorgio a fondare l'asilo parrocchiale prima dell'arrivo delle suore. Dal 1954 si
trasferì in Arezzo, dedicandosi con entusiasmo al lavoro di infermiera, ai genitori, ai
fratelli, alle cognate e ai numerosi nipoti.
Nel corso delle esequie è stata così ricordata dal nipote Piergiovanni Bianchini:
La zia Beppa, è stata davvero un a madre per alcuni di noi: ci ha sostenuto
nelle difficoltà di ogni genere, ci ha fatto crescere con quei principi morali e
cristiani e con quella fede che l'ha sorretta sempre. Disperata, lo ricordano le
cronache, fu solo alla notizia della morte tragica del marito: poi si è rimboccata le
maniche, ha costruito la sua vita sulla roccia del lavoro, dell' amicizia, della
disponibilità e dell' aiuto per tutti, ma soprattutto sulla fede immensa in Dio e nella
Provvidenza (e il rosario le ha fatto compagnia fino all' ultimo). Non c'erano feste o
ricorrenze che le sfuggissero, magari per un saluto o l’immancabile regalo: la sua
porta era sempre aperta, la sua tavola sempre pronta anche per un arrivo inaspettato.
Hai sofferto quando vedevi soffrire gli altri, hai gioito per qualche successo
di chi ti stava attorno, fiera delle tue origini. Ci hai insegnato che la dignità si
costruisce con il lavoro, con gli affetti, con l’altruismo e con le opere buone. Ogni
nipote, ogni pronipote, porta con sé sorrisi, consigli, ricordi, sensazioni,
avvenimenti che rimangono scolpiti nella mente e nell'animo; tutti concorrono a
dire che sei stata una donna coraggiosa e forte e che nonostante il venir meno della
tua mente e delle tue forze negli ultimi anni, ci hai guidato come una madre grande
e saggia.
14
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
Gli ultimi anni di Giuseppa sono stati progressivamente segnati dalla malattia,
durante la quale è stata amorosamente assistita, assieme alla sua famiglia, dalla nipote
Marcella, che sempre durante le esequie l’ha così ricordata:
Oggi la nostra grande famiglia ha perso l'ultima roccia, ma in cielo è festa
grande perché adesso siete tutti insieme. Con te si chiude una generazione ma i
valori che, a partire dai nonni, ci avete trasmesso non andranno persi perché siamo
tanti e tanto uniti. Di questa grande famiglia TU in particolare, sei stata il simbolo,
l'anima, il pilastro e tutto ti è ruotato intorno.
Tu giovane vedova, di 21 anni, tu che avevi il dritto di essere sostenuta e
consolata, tu hai sostenuto e consolato e già da allora hai fatto della tua vita una
missione di amore. Nessuno ti è
passato accanto senza aver ricevuto qualcosa da te e in una lunga vita di
fede e speranza sei stata sposa esemplare, figlia amorosa, sorella generosa; sei stata
ZIA, la grandissima ZIA di tanti adorati nipoti.
Poi, anni fa, è arrivata la brutta malattia. L'ALZAIHMER, ci ha tolto
lentamente, anno dopo anno, giorno dopo giorno, il tuo aiuto, la tua indipendenza,
la tua "intelligenza". Ha appannato i tuoi riflessi e le tue forze, ti ha quasi tolto la
dignità. Non ha scalfito la tenacia e la fede. Da quel momento tutti ti abbiamo preso
per mano. Ognuno per restituirti ciò che gli avevi donato.
Oggi siamo coscienti che è giunta l'ora di lasciarti andare, non perché è
diminuito il nostro impegno, ma perché tu eri ormai troppo stanca.
Tempo fa ho trovato un pensiero di una santa dei nostri giorni, che fra l'altro
portava proprio il tuo nome: Suor Giuseppina Bakhita. E' con le sue parole e con
l'amore di tutti che ti saluto per sempre. "Me ne vado, adagio adagio, verso
l'eternità. Me ne vado con due valigie: una contiene i miei peccati, l'altra, ben più
pesante, i meriti infiniti di Gesù Cristo. Quando comparirò davanti al tribunale di
Dio, coprirò la mia brutta valigia con i meriti della Madonna, poi aprirò l'altra,
presenterò i meriti di Gesù e dirò all'Eterno Padre: Ora giudicate quello che
vedete!. Oh, sono sicura che non sarò rimandata! Allora mi volterò verso san Pietro
e gli dirò: Chiudi pure la porta, perché resto!”.
Abbiamo voluto ricordare Giuseppa Nicchi in modo particolare anche sul
nostro Giornalino perché la nostra comunità parrocchiale ha un debito di
riconoscenza nei suoi confronti, per l’opera fedele da lei profusa fino al 1954 e perché
la sua memoria rimane in benedizione, come quella di una persona saggia, caritatevole
e forte.
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Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
La battaglia di Campaldino-11 giugno 1289 .
Tesi di laurea di Mario Fatichi
Sarà perchè è stato uno studente-lavoratore come me ( e si sa quanto è faticoso
unire il lavoro allo studio sistematico), sarà l’ amicizia o l’ argomento accattivante che ha
inciso nella storia di Arezzo medievale e
nella storia complessiva della nostra città,
eccomi a commentare, se pur brevemente,
la tesi di Mario Fatichi, laureatosi in
Scienze politiche all’ Università degli
Studi di Urbino ”Carlo Bo”, La battaglia
di Campaldino-11 giugno 1289: luogo e
data che segnano davvero lo spartiacque
delle lotte e della guerra tra la guelfa
Firenze e la ghibellina Arezzo e della
conseguente dura egemonia fiorentina in
Toscana.
La battaglia, nel giorno di Santa
Barbara, avvenuta ”in un sabato di fine
primavera, caldo e afoso” e che occupa l’
intero capitolo secondo, è preceduta da
uno studio molto preciso e articolato, sulle
condizioni civili, sociali e militari in cui si
trovavano le due città rivali a metà del
XIII secolo, all’ antefatto del 1288 di
Pieve al Toppo (dove gli Aretini
Campaldino
sconfiggono in un’ autentica carneficina l’
esercito senese), ai sussulti democratici
popolari contro l’ egemonia di potenti
famiglie, alla signoria di Guglielmino degli Ubertini, vescovo di Arezzo, alla
ineluttabilità dello scontro e all’ analisi sulle impari forze dei due schieramenti (quasi
doppie quelle e). Sullo sfondo, le figure dei comandanti, Amerigo di Narbona e
Guglielmo Bernardo di Durfort per i Fiorentini (di fatto, quest’ultimo, il vero
comandante in campo), Buonconte da Montefeltro, Guglielmo de’ Pazzi di Valdarno e il
vescovo-conte degli Ubertini per gli Aretini (quest’ ultimo personaggio davvero, in lotta
contro Cortona, Camaldoli, la parte guelfa della propria città, a fianco dei Senesi contro i
Fiorentini nella battaglia di Montaperti nel 1260, generoso ospitante quando il pontefice
Gregorio X, di ritorno dal Concilio di Lione, si ammala e muore in vescovato il 10
gennaio 1276).
Alla battaglia, che avviene nella piana di Campaldino, “nella contrada detta
Certomondo” partecipano circa 2.500 cavalieri e almeno 18.000 fanti. Fu un vero
massacro e dopo un primo momento di smarrimento, la vittoria arride in poche ore ai
guelfi fiorentini che uccidono tutti e tre i comandanti delle truppe avversarie (compreso il
vescovo Guglielmino).
Fatichi, seguendo fedelmente le Croniche di Dino Compagni e Giovanni Villani
(gli storici-cronisti di eccezione del tempo), coinvolge il lettore sugli schieramenti, sulle
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Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
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perdite umane, sui feriti e sulle conseguenze della battaglia con la conquista
da parte fiorentina, di castelli e terre del Casentino (e non solo). Arezzo, comunque,
pur battuta sonoramente sul campo, salva la sua città: perderà la libertà, dopo il
periodo glorioso del vescovo Guido Tarlati, circa un secolo dopo, nel 1384 (si trattò
in realtà, da parte della fazione guelfa della città, della “consegna” a Firenze, in
cambio del potere locale e della forte protezione).
Campaldino, nella storia e nella tradizione, evoca Dante e Buonconte da
Montefeltro: una parte della tesi non poteva non soffermarsi sulla presenza del
sommo poeta, sui riferimenti alla battaglia e sulle figure da lui immortalate nella
Commedia. Dante “feditore a cavallo”, il suo “incontro con la violenza e con il
sangue”, l’ ammirazione per il nemico Buonconte e per la sua misteriosa fine, “forato
nella gola”, portato lontano sul greto dell’ Archiano “rubesto” da un temporale
violentissimo, forse coperto da terra e ghiaia, tanto “che non si seppe mai tua
sepoltura” (Purgatorio, canto V).
Interessanti e puntuali la tradizione e i riferimenti letterari e storici alla
battaglia di Campaldino nel tempo: detto delle testimonianze insostituibili di Villani e
Compagni, vengono citati Leonardo Bruni, Macchiavelli delle Istorie fiorentine e poi,
dopo una parentesi di tre secoli, gli studi otto-novecenteschi da Isidoro del Lungo a
quelli noti e recenti di Giovanni Cherubini, Franco Cardini fino a quelli, complessivi,
del Convegno in occasione del VII centenario della battaglia, del settembre 1989, di
Poppi.
Campaldino nell’ immaginario e nella memoria collettiva è ricordato anche da
una delle più brillanti scrittrici per ragazzi di fine ‘800 e primi ’900, quella Emma
Perodi che ne Le novelle della nonna, tutte ambientate nel Casentino, prendendo
spunto dalla battaglia, costruisce una storia fantastica e suggestiva.
Una tesi agile, ben fatta, che unisce la gradevolezza e la scorrevolezza della
lettura alla puntualità delle numerosissime fonti storiche e letterarie citate. Si sente la
partecipazione del suo Autore, al quale facciamo i complimenti più sinceri.
Giovanni Bianchini
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
Importante operazione di bonifica ambientale in provincia
di Arezzo
Attraverso organi di stampa
ben più importanti di noi, abbiamo
appreso la notizia ( pensiamo di fare
cosa gradita portarla a conoscenza
degli interessati) che il Corpo Forestale
dello Stato ha dato inizio ad un’
importante
opera
di
bonifica
ambientale che prevede la rimozione
delle carcasse di auto abbandonate in
aree pubbliche e private della
provincia di Arezzo.
Si tratta di auto che non
possono più circolare e che i
proprietari hanno abbandonato lungo le
strade o in campagna.
La loro presenza può essere accertata
direttamente dal Corpo Forestale o
attraverso segnalazioni.
Questi veicoli tecnicamente
classificati come rifiuti speciali
pericolosi, rappresentano un notevole
fattore di degrado ambientale e di
rischio, in quanto dotati ancora di parti
che possono inquinare l’ ambiente.
La loro rimozione è curata dal
Corpo Forestale ed in particolare dall’
Unità Operativa Territoriale di Arezzo,
ma le spese saranno a carico del
proprietario del veicolo , quando è
possibile risalirci attraverso i dati dell’
auto, in caso diverso i costi e le
sanzioni previste saranno a carico del
titolare del terreno.
Un consiglio, suggerito dalla
Forestale, ai proprietari, è quello di
provvedere personalmente e con
estrema sollecitudine alla rimozione
delle auto, altrimenti se ne occuperà l’
ente autorizzato: in questo caso oltre
alle pesanti sanzioni per deposito di
rifiuti pericolosi, ci saranno dei costi
notevoli per la rimozione e per lo
smaltimento
presso
centri
di
demolizione autorizzati.
La rimozione di tutti i veicoli
rinvenuti richiederà alcuni mesi, in
quanto la procedura necessaria è
piuttosto complessa, ma permetterà al
Corpo Forestale dello Stato di svolgere
un’importante opera di risanamento
ambientale a beneficio di tutti i
cittadini che vivono in provincia di
Arezzo.
(Flavio)
Apprendiamo che pure i volontari del WWf e anche la Guardia di Finanza si sono
accollati l’ onere di individuare questo tipo di rifiuto. Finalmente, se tutti
prenderemo coscienza del problema, potremo dare al nostro ambiente un aspetto
decoroso e curato giustificando così la cartellonistica e quello, che attualmente può
essere definito puro esercizio dialettico, di paese consacrato alla tutela dell’
ambiente.
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Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
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Per le “strade” della Valcerfone e oltre.
Quest’anno per le vacanze estive ho fatto
due gite. Brevi ma intense, belle e
divertenti. Senza andare troppo lontano, ma
senza utilizzare i mezzi di trasporto
tradizionali, auto, pullman, jeep … niente di
tutto questo. Mezzo utilizzato : bicicletta.
Anzi, per la precisione, per gli itinerari di
cui vi parlerò ci vuole la mountain bike
(termine americano, ma almeno il merito di
questa invenzione agli americani va dato).
Compagni di viaggio che mi hanno
assecondato : Quinti Gabriele, Porcellotti
Mirco e Maccari Alessandro.
Primo itinerario : Palazzo del Pero, passo
della Dogana, a sinistra per un breve tratto
del sentiero 558 del C.A.I., Poggio della
Caccia, Poggio dello Sbirro ( sopra una
delle vette più famose della Valcerfone,
l’Aiola ), al bivio per Bivignano a destra, Le
Forre, strada che viene da Scandolaia,
agriturismo L’Arcobaleno (e qui si traversa
il territorio del Comune di Anghiari per poi
entrare nel comune di Monterchi), strada
che costeggia il torrente Padonchia,
Monterchi, Le Ville, Pieve a Ranco, Molin
Nuovo, Palazzo del Pero (totale, circa 47
km).
Descrizione dell’itinerario da uno poco
esperto di bicicletta ma affascinato da questi
luoghi. La salita fino al passo della Dogana
è da scalatori (almeno dal mio punto di
vista), 8.7 km di cui quasi 6 di salita
mozzafiato. Arrivati in cima, prima di
scollinare, si gira a sinistra e si segue, in
mezzo agli abeti, il sentiero 558 del C.A.I.,
ma si lascia subito mantenendosi a sinistra.
Si prosegue per una mulattiera sconnessa,
piena di sassi, in un susseguirsi di saliscendi. Al Poggio
dello Sbirro siamo a
935 metri s.l.m..
Girando a sinistra si
andrebbe a L’Aiola,
invece sempre dritto
verso
Bivignano.
Arrivati al bivio di
Bivignano,
veloce
consultazione della
cartina,
perché,
insomma
…
in
queste zone i cartelli
scarseggiano!! Ad un
certo
punto
arriviamo ad una
casa
abitata
e
incontriamo
il
proprietario,
un
omino
simpaticissimo e disponibilissimo a
insegnarci la strada, cappellino giallo-verde
in testa, subito ribattezzato “Sindaco delle
Forre” … già … perché scopriamo che quel
posto si chiama Le Forre (nella cartina
neanche c’è scritto, ma non nell’atlante
mondiale, nella cartina del sentiero 50, dove
si trovano anche Formicheto, Scopeto,
Carpelle). Ancora avanti per una discesa
che richiede freni perfettamente funzionanti,
fino a ritrovare una strada carrabile (quella
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
che viene da Scandolaia), qui si gira a destra
e si prosegue in discesa fino a trovare la
strada asfaltata che costeggia il torrente
Padonchia, che da il nome all’omonima
valle. Qui la zona è meno selvatica, si
costeggiano
campi
coltivati
prevalentemenete a tabacco, a destra le
strade che portano a Pianezze, Ripoli,
Fonaco, a sinistra le strade che portano al
paese Padonchia. Proseguendo per alcuni
chilometri, si giunge alla provinciale che
porta a Monte Santa Maria Tiberina. Qui noi
abbiamo girato a sinistra per Monterchi. E
anche il giro per le stradine interne di
Monterchi è interessante, ad agosto i turisti
stranieri sono anche qui. Da Monterchi il
ritorno al Palazzo avviene per la statale,
attraversando Pocaia, Le Ville, Pieve a
Ranco, Molin Nuovo.
Secondo itinerario : Palazzo del Pero,
Molin Nuovo, Bivignano, verso Lippiano,
poi due volte a destra fino ritrovare la strada
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che viene da Scandolaia e porta
all’agriturismo L’Arcobaleno, strada della
valle della Padonchia, a destra si traversa il
torrente Padonchia e si prosegue verso Ca di
Murcia, Torre dell’Elci, indietro fino a
ritrovare la strada della Padonchia,
Monterchi, Le Ville, Pieve a Ranco, Molin
Nuovo, Palazzo del Pero (totale circa 43
km).
Itinerario spettacolare dal punto di vista
turistico, impegnativo dal punto di vista
agonistico. I pezzi forti sono naturalmente
Bivignano, antico borgo medioevale e Torre
dell’Elci dove si trovano i resti di un antica
torre di origine medioevale, entrambi
raggiungibili a fatica, bisogna penare,
sudare e questo contribuisce ad accrescerne
la bellezza.
Da Molin Nuovo si sale per un strada
sterrata carrabile e le pendenze non
scherzano. Lungo il tragitto si incontrano
due maestà, dopo
qualche chilometro
Bivignano appare sulla sinistra. Giunti in
questo borgo è obbligatorio ammirare
le case l’una a ridosso dell’altra e la
chiesa intitolata a San Giacomo.
Ripartendo si prosegue verso Lippiano
e si traversano splendide macchie di
castagni. Mantenendosi sempre a
destra si trova la strada carrabile che
porta all’agriturismo Arcobaleno, fino
al torrente Padonchia. Dopo una lunga
discesa, si ritrova la strada asfaltata,
ma si lascia subito perché c’è da girare
a destra e imboccare una strada
carrabile che sale fino a Cà di Murcia.
Qui la pendenze tolgono il fiato,
specialmente dopo una ventina di km
e la salita di Bivignano. Giunti a Cà di
Murcia, la strada diventa una
mulattiera, sembra il letto di un fiume,
ma si comincia a scorgere la Torre
dell’Elci, una sottile linea grigia in
mezzo al verde. Avvicinandosi si vede
come sia al culmine di una piccola
montagna, un “cucuzzo”, diremmo al
Palazzo, e si erge solitaria
Qualcosa di Noi
ATTUALITA’
a dominare i boschi
sottostanti.
Per
andare a toccarla, per
capire come faccia
ancora quell’angolo
di torre a rimanere in
piedi,
bisogna
lasciare persino la
bicicletta
e
addentrarsi nel bosco
per qualche metro.
Visto da sotto il
rudere da’idea di
quella che poteva
essere una torre
d’avvistamento e ha
conservato
probabilmente
l’altezza originaria.
Attualmente Torre dell’Elci si trova in
territorio umbro, provincia di Perugia,
comune di Monte Santa Maria Tiberina.
Tornando indietro sulla sinistra, sotto la
strada, ci si può rifocillare con l’acqua che
sgorga da una fonte. E quindi si torna
indietro per una impegnativa discesa fino a
ritrovare la strada asfaltata. Da qui per
rientrare al Palazzo evitando pendenze
insidiose si passa da Monterchi, Le Ville,
Ranco e Molin Nuovo.
Al ritorno il ciclista è sfinito, ma soddisfatto
perché
questi
luoghi
sono
belli,
relativamente vicini, hai respirato aria buona
e hai fatto attività fisica. Conviene insistere,
la Valcerfone e i dintorni aspettano nuove
visite.
Nicola Angeli
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RUBRICA
Qualcosa di Noi
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Ecco a voi una bella serie di parole del dialetto aretino, che in città si sono perse da molto
tempo, ma che in campagna in particolar modo a Palazzo del Pero si sono protratte fino ai
giorni nostri. In un certo senso è bello non perderle.
Con questa rubrica vorremo fare un piccolo vocabolario palazzino.
Impantanito, in senso figurato è colui che non riesce quasi più a muoversi per aver
mangiato una grossa quantità di cibo, sembrerebbe una modifica di “impantanato”. “ Unne
posso più, so tutto impantanito”
Impippiarsi, mangiare
esageratamente, letteralmente riempirsi di cibo, “me so impippeto
de maccaroni, che ‘nne posso più”
Incaciare, incaciatina, è l’ effetto di una spruzzatina di neve sul prato.
Incaionato, è il tronco dell’ ulivo incavato “so vito a l’ ulivi a cavere el caione”
Incapellarsi, andare in collera, da prendere cappello.
Inceppito, sentirsi poco bene, “so tutto ineppito da la infreddagione”
Infreddagione, raffreddore di stagione, “ st’anno
la ‘nfreddagione un me passa”.
Inciancinire, un pò è rincoglionire “ me sembri un pò rinciancinito”
In du’ oppure” inducche” in dove “inducche vè?” dove vai?
Infognarsi, infilarsi in una situazione precaria, “me so infognato sunna sitazione che un
me riesce a scappere”
Infrenare,
attrorcigliarsi in una situazione. “me so ‘nfreneto sunna sitazione...!”
Qualcosa di Noi
POESIA
Il nonno innammorato – Silvia
Oggi è un bel giorno,
non tutti lo sanno,
il 15 novembre
è il suo compleanno.
Non posso dire con chiarezza,
cosa provo quando mi fa una carezza,
ti prendo in collo, tu mi abbracci,
oltre alle carezze mi dai tanti baci.
Con te posso parlare,
ora che sei fatta grande…
non porti più il pannolone,
ma porti le mutande.
Quello che tu mangi sempre non lo so,
a me davano la pappa;
tu fai la popò
mentre io facevo la cacca.
Spesso il pensiero va lontano,
tu sei piccina,
io troppo anziano,
spero tanto nell’aiuto di Dio
che quando sarai veramente grande
ci sia ancora io.
Ogni sera io ti sento,
vado a dormire e son contento,
quello che dico esce dal mio cuore,
Silvia,
del nonno, tu sei l’amore.
Novembre 2005
Silvano Favilli
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