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Corso Writing Theatre
METODI E TECNICHE DI SCRITTURA
TEATRALE
Modulo 6
U6.3 - LEZIONI DI SCRITTURA
 OBIETTIVO DI APPRENDIMENTO
Seguendo un percorso graduale, l’obiettivo è quello di far
apprendere le tecniche di base della scrittura utili a condurre un
programma di lavoro con gruppi di persone che vogliono avvicinarsi
alla scrittura creativa imparare a scrivere storie teatrali
 ARGOMENTI SPECIFICI
Com'è fatta una storia
Intervistare con le storie
La scrittura creativa
Scrittura drammaturgica e scrittura scenica
Il proprio universo drammaturgico
Dal racconto al monologo
L'incipit
La descrizione
Il dialogo
Lo stile
Come è fatta una storia
La storia è un episodio costruito che narra di un mondo (il mondo
narrativo) in cui essa si svolge, storia e mondo nascono e crescono in
un rapporto di stretta interdipendenza ed è proprio questo il fine di una
storia: permettere di esplorare e di far conoscere mondi e, allo stesso
tempo, sono i mondi che danno originalità e concretezza alle storie.
Non c’è storia senza un mondo e non c’è mondo senza una storia.
Come è fatta una storia
La storia è quasi sempre costruita e presentata per stimolare una
reazione da parte di che legge.
La storia può essere ispirata ad un episodio realmente accaduto o
simulare un racconto di fantascienza, ispirarsi a un racconto fantastico
che parla di mondi magici abitati da elfi e fate.
Alla base vi è sempre un’idea (per chi si accinge a scrivere la storia
“una buona idea!”) fatta di personaggi, situazioni, scene e
ambientazioni.
Come è fatta una storia
L’idea, dunque, può essere ispirata da qualsiasi cosa:
•
un nome,
•
un luogo,
•
qualcosa sentito per caso,
•
un sentimento o un’emozione.
Victor Hugo, passeggiando in un angolo oscuro della Cattedrale di Notre
Dame, notò incisa sulla pietra una parola greca indicante “il fato” e
immaginandosi che un’anima tormentata avesse inciso quella parola diede
vita all’opera “Il Gobbo di Notre Dame”.
Come è fatta una storia
Le idee possono anche essere ispirate dalla propria
vita, non solo l’eccentrico e l’esotismo, anche la
normalità può essere un buonissimo spunto.
Intervistare con le storie
Un’altra tecnica in grado di far nascere una storia è quella “dell’intervista
con le storie”, vale a dire,
un intervistatore decide di intervistare una o più persone, raccontando
loro delle storie che devono, in qualche modo, suscitare le loro reazioni,
giudizi, farli immedesimare nei personaggi, provocarne la condivisione – o
non condivisione – di scelte e comportamenti, così da indurli a scoprire
come si sarebbero comportati in determinate situazioni, che tipo di scelte
avrebbero fatto e, in molti casi, come avrebbero fatto concludere la storia.
Intervistare con le storie
In fine ….
la semplice intervista risulta utile a chi ha il desiderio di scrivere la storia di
avvenimenti accaduti o parlare di personaggi esistenti o esistiti.
Durante l’intervista il “ricercatore” deve ottenere informazioni quanto più
dettagliate e approfondite possibili.
La scrittura creativa
“Scrivere ci permette di scoprire noi stessi, la nostra percezione del mondo e
la percezione che il mondo ha di noi.”
Così esordisce Robin Dynes nel suo libro “Scrittura creativa in gruppo”,
suggerendo la possibilità che la scrittura possa aiutarci a ripensare a chi
siamo e alla nostra storia.
Scrivere ci chiede una pausa, per guardare da una diversa angolatura
un’esperienza passata, per entrare in contatto con la nostra realtà interiore,
per trovare noi stessi, per riconoscere e risolvere conflitti personali.
Così pensata la scrittura può essere gioco, incanto, conoscenza, per divenire
ricerca, comprensione e cura di sé.
La scrittura creativa
La Ghotam Writers’ Workshop è la più importante Scuola americana di
scrittura creativa.
Dalle idee dei suoi esponenti principali emerge, indubbiamente, un dato di
fatto rilevante: un numero elevato di persone desidera creare storie,
occorre, però, dare loro a possibilità di acquisire gli strumenti atti a farli
esprimere attraverso la scrittura.
Secondo la scuola americana l’acquisizione di tali strumenti è realizzabile
soltanto con la pratica. Oltre il talento e le abilità, una buona acquisizione
delle tecniche e la loro pratica è quasi sempre indispensabile per
realizzare una storia veramente buona.
Scrittura drammaturgica e scrittura
scenica
La scrittura da leggere, su cui riflettere con calma è completamente diversa
dalla scrittura scenica, che immediatamente deve far arrivare i propri
messaggi tramite l’azione, il suono, le immagini che evoca.
La scrittura scenica è una modalità di scrittura collettiva che nasce
dall’improvvisazione tra gli attori e il drammaturgo.
Secondo uno studio di Oliviero Ponte di Pino sull'analisi di Lorenzo Mango,
la nozione di scrittura scenica (la cui paternità è da attribuire a un brechtiano
come Roger Planchon) ha due accezioni, o meglio può essere inserita in
due contesti diversi.
Scrittura drammaturgica e scrittura
scenica
La prima è più ampia, e comprende tutta la storia del teatro del Novecento:
praticare la scrittura scenica significa essere consapevoli della specificità
dell’arte teatrale, senza limitarsi alla «illustrazione» di un testo, ma utilizzando i
diversi elementi che concorrono all’evento spettacolare valorizzandone
l’autonoma forza poetica e significante, e le diverse materialità e linguaggi.
Scrittura drammaturgica e scrittura
scenica
La seconda, invece, è più specifica, e rimanda a un momento molto
particolare della storia del teatro: gli anni Sessanta e Settanta, quando il
concetto di scrittura scenica venne rilanciato in Italia in primo luogo da
Giuseppe Bartolucci.
Questa pratica teatrale si è contrapposta alla tradizione della regia, con
modalità articolate e differenziate ma con molti elementi comuni. Si
ricollegava consapevolmente all’esperienza delle avanguardie.
Scrittura drammaturgica e scrittura
scenica
Essa, infatti, ha impostato una riflessione analitica sulle ragioni, sugli
elementi e sulle modalità del «fare teatro» – sullo «specifico» del teatro.
Ha superato le distinzioni tra i generi e le arti e al tempo stesso ha
cercato ogni occasione per contaminare arte e realtà.
Il proprio universo drammaturgico
Secondo Franco Silvestri, responsabile di corsi di Drammaturgia alla Scuola
Holden di Torino,
ognuno di noi ha il proprio Universo drammaturgico, costituito da pianeti,
costellazioni e ogni pianeta ha i suoi laghi, fiumi, monti, città abitate da
personaggi. Qualsiasi autore deve tentare di rintracciare le proprie corde per
poterne scrivere. Sono proprio queste corde che caratterizzano un autore
dall’altro. Leggendo molto impareremo a riconoscere l’Universo
drammaturgico di grandi autori e arricchiremo il nostro. Avremo più
dimestichezza con l’uso teatrale della parola, con lo stretto legame tra il
suono e il gesto.
Dal racconto al monologo
Il racconto è una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico,
di minore estensione rispetto al romanzo.
Se riferito ad una specifica persona, il racconto - di formato più o meno
esteso - diventa biografico. Se il racconto è scritto in riferimento a sé
stessi, si è davanti ad un racconto autobiografico.
Il racconto comico nasce da una situazione buffa: prevede un salto dal
mondo reale, che tutti conosciamo, al mondo comico, dove c’è un cambio,
un vero e proprio salto nell’assurdo o nell’opposto.
Tutti noi possiamo inventare situazioni comiche: basta pensare alla nostra
vita di tutti i giorni, alle nostre esperienze e immaginare che all’improvviso
qualcosa cambi direzione.
Dal racconto al monologo
Il monologo, dal greco monológos ( μόνος, "solo", e λόγος, "discorso"), è una
composizione scenica, o parte di una composizione scenica, teatrale, pensata
per essere recitata da un solo attore.
Talvolta un monologo può essere un prologo o un epilogo, quando l'attore si
ritrova da solo a recitare, all'apertura o alla conclusione della messa in scena, con
intento esplicativo.
Il monologo rientra nella categoria delle convenzioni teatrali, ossia dei "trucchi"
realizzati dal drammaturgo per rendere partecipe lo spettatore di un evento che
non ha visto rappresentato (ad esempio un episodio avvenuto nel passato di uno
dei personaggi), o per esplicitare i pensieri interiori di un personaggio (riflessioni
su un avvenimento).
Dal racconto al monologo
Il monologo ha una funzione di reale agente della vicenda narrata, quando
un altro partecipante alla scena, nascosto da colui che lo sta agendo, lo
ascolta.
In questo caso, il monologo perde la caratteristica dell'attore solo in scena,
ma acquisisce la funzione drammatica di fungere da veicolo di
informazione per gli altri personaggi del dramma.
Il monologo consente di utilizzare il flusso di coscienza e il 'flash back' cioè
l'apertura di una finestra sul passato.
L’Incipit
L'incipit non è un riassunto in poche righe di quello che scriverete in tutto il testo.
L'incipit deve creare un'attesa.
L'incipit è seduttivo.
Chiaramente dipende tutto da come deciderete di utilizzare il tempo nel racconto.
Ovvero se la storia è raccontata da qualcuno che la conosce già per intero (oggi
racconto quello che mi è accaduto ieri), oppure se la storia è raccontata oggi e il
tempo procederà con il procedere della storia.
Quando c'è poca esperienza, è bene usare negli incipit la prima persona.
La descrizione
La descrizione è il punto vero in cui si riconoscono le capacità dello scrittore.
Il cinema ha cambiato radicalmente il modo di descrivere in letteratura.
La descrizione della macchina da presa non ha sostituito in veridicità quella
scritta, ma si è sovrapposta.
Nella descrizione cinematografica, il dettaglio si sostituisce alla panoramica.
La letteratura del Novecento vuole le descrizioni attraverso dei salti visivi,
anziché attraverso una completezza assoluta della descrizione.
La descrizione
In ogni descrizione va trovata una chiave, un taglio che possa mettere in
gioco tutti gli elementi, che possa restituire il clima del racconto,
fondendosi con tutto il resto.
Nei testi letterari, dialoghi, descrizioni, eventi devono essere legati insieme
da una tinta omogenea e devono completarsi a vicenda.
Il dialogo
Ci sono molti modi diversi per scrivere un dialogo.
Innanzitutto bisogna saper ascoltare i nostri personaggi, ma quando si va a
trascrivere quello che ci hanno comunicato, ci accorgiamo che le dita non
riescono a stare al passo dei pensieri.
A questo punto conviene “parlare”, usare un piccolo registratore, per
permettere al flusso di coscienza di fluire liberamente.
Hatcher, nel suo saggio “Scrivere per il teatro” annota:
“Ogni drammaturgo dovrebbe provare a recitare, anche solamente
sedendosi e leggendo il copione” .
Lo stile
La stilizzazione nel dialogo è difficile da definire, ma uno stile vero, originale
ed efficace è sempre riconoscibile.
Lo stile si forma con le letture che facciamo, nello stile esiste l'influenza
letteraria. Ma non si può scegliere uno stile nel dialogo. E' possibile migliorare
il proprio, perfezionarlo nell'espressione drammatica o teatrale.
Uno scrittore deve evitare di imitarne un altro.
Si può adottare un'idea, si può acquisire un linguaggio che sia un misto di altri
scrittori.
Bisogna provarsi nei vari stili, per trovare il proprio modo, la propria lingua per
raccontare una storia, anziché un'altra.
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