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ALTRE TIPOLOGIE DI CONFISCA A cura dell’avv. Maurangelo Rana Responsabile Divisione Tributaria Studio Legale Martinez & Novebaci Milano LA CONFISCA PER EQUIVALENTE NEL DIRITTO PENALE TRIBUTARIO Le novità della finanziaria 2008 La risposta sanzionatoria al fenomeno dell’evasione fiscale si è arricchita dalla previsione espressa dall’art. 1, c. 143, della l. n. 244/2007 (finanziaria 2008) secondo cui “nei casi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del d.lgs. N. 74/2000, si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 322-ter del codice penale”. Questa disposizione ha reso possibile l’applicazione della “confisca per equivalente” anche nella materia dei reati tributari. La confisca per equivalente viene definita dalla giurisprudenza come una “forma di prelievo pubblico a compensazione di prelievi illeciti” (Cass. Pen. SS.UU. n. 41936/2005). La confisca per equivalente del “profitto” del reato tributario La possibilità di disporre la confisca in caso di condanna per un reato che abbia prodotto un’evasione, in fase di dichiarazione e/o di riscossione, mira a colpire il vantaggio conseguente all’evasione fiscale. Tuttavia, in conformità all’insegnamento delle Sezioni Unite (n. 38691/2009) si può affermare che nessuna delle categorie codicistiche di prodotto, profitto e prezzo – confluenti nello schema di definizione comunitario del provento – rappresentano i contenitori normativi adeguati ad “ospitare” gli illeciti vantaggi che scaturiscono dai reati tributari. L’art. 322-ter c.p. – comma 1 Poiché la previsione dell’art. 322-ter c.p. è espressamente dettata per il solo delitto del corruttore, deve ritenersi che la finanziaria 2008, facendo un generico rinvio, in quanto compatibile, all’art. 322-ter c.p., abbia inteso richiamare solo il primo comma di tale articolo, essendo il connesso secondo comma riferito specificatamente ad altra e peculiare fattispecie delittuosa. Confisca per equivalente e pagamento delle imposte La tecnica del rinvio ha dato vita anche ad un ulteriore problema applicativo: l‘art. 13 del d.lgs. 74/2000 attribuisce al pagamento delle imposte natura di circostanza attenuante e non di causa di estinzione del reato; conseguentemente, la confisca sarebbe irrogabile anche in presenza dell‘avvenuto pagamento del debito di imposta, dando vita ad un indebito arricchimento dell‘Erario in danno del contribuente. In realtà, tale problema può essere agevolmente superato valorizzando in sede interpretativa l‘inciso - in quanto compatibili - contenuto nella finanziaria 2008. Ed infatti, avvalendosi di questa “clausola aperta di compatibilità”, il giudice può legittimamente decidere di non applicare la confisca nei casi in cui sia accertato l‘intervenuto pagamento delle imposte. LA CONFISCA NEL D.L. N. 167/1990 Il Monitoraggio fiscale La riforma valutaria del 1988 ha abolito il reato di esportazione di valuta (ricordate gli eclatanti arresti per esportazione di lire italiane in Svizzera?) e consentito di allocare all’estero i propri capitali. Successivamente, con d.l. 28/06/90 n. 167 convertito nella l. n. 227/90, alla facoltà di “esportazione di capitali” è stato disposto un sistema di controlli: - delle transazioni finanziarie da e verso l’estero, nonché - degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all’estero attraverso cui si possono conseguire redditi di fonte estera imponibili in Italia, effettuati da quei soggetti, residenti nel territorio dello Stato, che si potrebbero altrimenti sottrarre alla possibilità di indagine da parte del fisco. Il sistema di controlli Il predetto sistema di controlli si concretizza nell’obbligo di compilazione di un apposito modulo, denominato “RW”, della dichiarazione dei redditi: nulla da pagare, ma solo da segnalare. Obbligatorietà del monitoraggio fiscale L’obbligo di “monitoraggio fiscale”, e quindi di compilazione del quadro RW, sussiste in caso di: trasferimenti da o verso l’estero di denaro o titoli senza l’intervento di banche o altri intermediari italiani per un totale, nel corso dell’anno, superiore a 10.000,00 euro -sezione I del modulo RW- [ Si tratta delle cosiddette "operazioni correnti" da indicare nella sezione I del modulo RW. In questa sezione devono essere indicati solo i trasferimenti da e verso l'estero e non anche quelli che avvengono estero su estero; si deve trattare di trasferimenti per cause diverse dagli investimenti esteri e dalle attività estere di natura finanziaria (art. 2 del DL 167/90). Un esempio è quello della provenienza estera di denaro a seguito della vendita di quote di partecipazioni da parte di una persona fisica residente in Italia a un compratore estero, senza l'operato di intermediari residenti. La sanzione prevista in caso di inadempimento: dal 5 al 25% degli importi non segnalati e la “confisca per equivalente” (vengono aggrediti i beni del contribuente); Segue • detenzione alla data del 31 dicembre, per un ammontare complessivo superiore a 10.000,00 euro, di investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria (attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia); si tratta, quindi, di indicare la consistenza di tali investimenti e attività al 31 dicembre anche se nell’anno non si sono avute movimentazioni (sezione II del modulo RW). Le sanzioni previste in caso di inadempimento, dal 05/08/2009, sono state raddoppiate: dal 10 al 50% degli importi non segnalati e la “confisca per equivalente” Segue • trasferimenti da, verso e sull’estero relativi agli investimenti ed alle attività della predetta sezione II del modulo RW che, nel corso dell’anno, cumulativamente considerati, abbiano superato i 10.000,00 euro, sezione III del modulo RW [Indipendentemente dalla circostanza che, al termine del periodo d'imposta, il soggetto che abbia effettuato il trasferimento detenga ancora investimenti o attività della specie, in quanto a tale data è intervenuto, rispettivamente, il disinvestimento o l'estinzione dei rapporti finanziari]. Le sanzioni previste in caso di inadempimento, dal 05/08/2009, sono state raddoppiate: dal 10 al 50% degli importi non segnalati; in questo caso non è prevista alcuna “confisca per equivalente”. Per la detenzione di investimenti e di attività finanziarie all’estero (sezione II) nonché per i relativi trasferimenti (sezione III), il monitoraggio fiscale è obbligatorio in ogni caso, indipendentemente dall’origine delle attività finanziarie e degli investimenti detenuti all’estero (originati, per esempio, da donazioni o successioni) e dalla circostanza che il trasferimento dei fondi sia stato effettuato tramite una banca italiana o straniera od in forma diretta (tramite il “trasporto al seguito”). Le nuove sanzioni per le violazioni commesse dal 05/08/2009 Violazioni degli obblighi di dichiarazione di cui al Modulo RW Sanzioni Sezione I Dal 5% al 25% degli importi non dichiarati + Confisca di beni di corrispondente valore Sezione II Dal 10% al 50% degli importi non dichiarati + Confisca di beni di corrispondente valore Sezione III Dal 10% al 50% degli importi non dichiarati La confisca quale sanzione accessoria Ad avviso della Nota dell’Agenzia delle entrate del 06/08/2008, “la confisca prevista dall’art. 5, comma 4, del d.l. n. 167 del 1990, avendo carattere ablatorio e non pecuniario, può assumere la natura di sanzione tributaria accessoria rispetto a quella principale, di natura pecuniaria, prevista dallo stesso art. 5, comma 4, citato (sanzione amministrativa pecuniaria dal 5 al 25% dell’ammontare degli importi non dichiarati). La suddetta soluzione interpretativa è sorretta dalla considerazione della specificità della previsione normativa e della volontà del legislatore di sanzionare in modo peculiare ed autonomo le violazioni previste dall’art. 5, comma 4, del d.l. n. 167 del 1990, anche al fine di rendere più incisiva l’azione di contrasto di illeciti ritenuti particolarmente pericolosi”. La confisca di beni di corrispondente valore In merito alla sanzione accessoria della “confisca di beni di corrispondente valore”, non è mai stato chiarito a quale valore essa debba essere commisurata. La dottrina prevalente ha ritenuto che la confisca si applichi all’intero valore del trasferimento o dell’investimento non dichiarati, anche se alcuni commentatori ritengono che la confisca debba invece essere commisurata all’importo della sanzione. La Circolare A.E. n. 43/2009, recita: “Si ricorda, inoltre, che la violazione dell’obbligo di dichiarazione delle consistenze degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria è anche punita con la confisca di beni di corrispondente valore” (sostenendo probabilmente la prima interpretazione). Tuttavia, ad oggi, non risulta che la confisca abbia mai avuto concreta applicazione. Esempio Un contribuente ha omesso di presentare il Modulo RW, in cui avrebbe dovuto indicare un investimento di 250.000 euro nella Sezione II ed un flusso reddituale di 20.000 euro nella Sezione III. Ipotizzando l’applicazione della misura minima, le sanzioni andranno calcolate nel seguente modo: Modulo RW Importo non dichiarato Sanzione Sanzione applicata Sezione II € 250.000 10% € 25.000 Sezione III € 20.000 10% € 2.000 La sanzione complessivamente irrogata ammonterebbe dunque a 27.000 euro, oltre alla confisca di beni di valore pari a 250.000 euro. Violazione del monitoraggio fiscale per attività detenute in “paradisi fiscali” Il D.L. 01/07/2009 n. 78 ha introdotto una nuova presunzione legale relativa secondo cui le attività detenute in paradisi fiscali (si considerano a fiscalità privilegiata gli Stati e i territori indicati nei D.M. 4.5.1999 -black list per le persone fisiche tra cui Montecarlo e San Marino- e 21.11.2001 -black list per le CFC-) in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale si presumono conseguite con redditi sottratti a tassazione in Italia, salvo che il contribuente riesca a dare la difficilissima prova contraria . Esempio: un residente fiscale italiano detiene fondi od azioni a Montecarlo, in caso di accertamento verrà: “ricalcolato” il proprio reddito soggetto ad imposizione (aumentato della somma individuata; la norma peraltro non prevede il trattamento fiscale di questi redditi presunti: tassazione ordinaria ad aliquote progressive o tassazione per le rendite di capitali?); sanzionato dal 200 al 400% nel caso abbia presentato una dichiarazione infedele (oppure sanzionato dal 240 al 480% in caso di mancata presentazione di alcuna dichiarazione); - sanzionato per l’inadempimento al “monitoraggio fiscale”. Praticamente cifre ben superiori ai capitali detenuti all’estero!!! Lo Scudo Fiscale Ter Le disposizioni sullo “scudo fiscale-ter” si rivolgono alle persone fisiche e agli altri soggetti residenti in Italia nel 2009 che, anteriormente al 31/12/2008, hanno violato le norme in materia di “monitoraggio fiscale”. Tali soggetti potevano decidere di presentare un’apposita “dichiarazione riservata” (segreta al fisco ovvero “secretata”) e di assoggettare ad un’imposta straordinaria del 5% le attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero al 31/12/2008, procedendo al rimpatrio delle stesse, oppure semplicemente regolarizzando la propria posizione in relazione alle attività detenute negli Stati UE+Norvegia+Islanda nonché quelli che consentono un adeguato scambio di informazioni fiscali in via amministrativa (ad esempio Usa, Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Messico ed altri). Gli effetti dello Scudo Ter Quanto agli effetti, l’emersione delle attività detenute all’estero, sia nel caso di rimpatrio che in caso di regolarizzazione: • estingueva le sanzioni amministrative per le violazioni inerenti al “monitoraggio fiscale“; • produceva effetti estintivi delle sanzioni amministrative, di natura tributaria e previdenziale, in relazione agli importi “scudati”, con riferimento ai periodi di imposta per i quali non sono ancora scaduti i termini per l’accertamento; • precludeva nei confronti del dichiarante e dei soggetti solidalmente obbligati ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi d’imposta che hanno termine al 31/12/2008, limitatamente agli imponibili relativi alle somme emerse; • estingue gli illeciti penali coperti dalla sanatoria. LA CONFISCA NEL D.LGS. N. 231/2001 Le ipotesi di confisca nel d.lgs. n. 231/2001 L’introduzione del nuovo modello di responsabilità dell’ente per il fatto illecito nascente dal reato deve misurarsi con le potenzialità dell’istituto della confisca. In particolare, sorge la difficoltà di calibrare l’intervento repressivo – orientato alla persona fisica - sulle articolazioni organizzative tipiche dell’attività d’impresa. Si pensi all’inefficacia della confisca ‘penale’ nei confronti della persona giuridica: la confisca penale di cui all’art. 240 c.p. è apparsa inapplicabile all’ente che abbia tratto vantaggio dal reato. Le confische contemplate nel decreto legislativo 231 del 2001, risolvono il problema, orientandosi direttamente all’ente. La prima ipotesi di confisca di profitto Il d.lgs 231/2001 configura la prima ipotesi di confisca di profitto a carico dell’ente. In precedenza sussisteva solo quello della confisca dei beni appartenenti alle associazioni fasciste ed alle associazioni segrete (art. 3 l. n. 645/52 e art. 3 l. n. 17/82), con evidenti caratteri di pena patrimoniale, estesa al complesso dei beni della persona giuridica, e quindi con finalità (quella di agevolare lo scioglimento dell’ente) e natura – peraltro di dubbia legittimità costituzionale radicalmente distinti rispetto alla confisca oggetto di esame. La confisca preventiva ex art. 6 del d.lgs. n. 231/2001 La prima ipotesi di confisca è contemplata dall’art. 6, ultimo comma del d.lgs. 231 del 2001, che prevede la confisca obbligatoria del profitto che l’ente abbia tratto dal reato, commesso da soggetti apicali, anche nella forma per equivalente, in ipotesi di non ascrivibilità della responsabilità all’ente per aver quest’ultimo provato l’adozione delle ‘misure preventive’ contemplate nello stesso articolo, idonee ad escludere il nesso imputativo, tra le quali spicca l'adozione ed efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione idonei a prevenire i reati. La confisca afflittiva ex art. 9 del d.lgs. n. 231/2001 L’art. 9 annovera la confisca tra le sanzioni amministrative, conseguenti alla responsabilità ex crimine dell’ente: l’art. 19 cit., a sua volta, ne fissa i presupposti applicativi. Così recita: “Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono: a) la sanzione pecuniaria; b) le sanzioni interdittive; c) la confisca; d) la pubblicazione della sentenza”. La confisca compensativo-riparatoria ex art. 15 del d.lgs. n. 231/2001 Tale disposizione, al comma 1, stabilisce che “se sussistono i presupposti di una sanzione interdittiva che determina l’interruzione dell’attività dell’ente, il giudice in luogo dell’applicazione della sanzione, dispone la prosecuzione dell’attività dell’ente da parte di un commissario per un periodo pari alla durata della pena interdittiva che sarebbe stata applicata” quando ricorrono le condizioni che l’ente svolga un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità, dalla cui interruzione possa derivare danno alla collettività; oppure allorché l’interruzione dell’attività dell’ente possa provocare ripercussioni rilevanti sull’occupazione. Ebbene, in tale ipotesi, il comma 4 dell’art. 15 cit. prescrive che “il profitto derivante dalla prosecuzione dell’attività viene confiscato”. La confisca riparatorio-compensativa ex art. 17 del d.lgs. n. 231/2001 Una funzione riparatorio-compensativa, peraltro, sembra comunque attribuibile alla sanzione della confisca disciplinata dall’art. 17 che prevede la non applicazione delle sanzioni interdittive all’ente ove quest’ultimo: - abbia risarcito il danno e le conseguenze dannose o pericolose da reato o si sia adoperato in tal senso; - abbia adottato i modelli preventivi per colmare le carenze organizzative. Inoltre, tra le condotte a carattere riparatorio, valutabili dal giudice ai fini della non applicazione della sanzione interdittiva, è prevista la messa a disposizione ai fini della confisca, del profitto conseguito dall’ente. La confisca ex art. 23 del d.lgs. n. 231/2001 Un’ultima ipotesi di confisca, infine, è prevista dall’art. 23 in cui si disciplina una sanzione in caso di violazione degli obblighi o dei divieti inerenti alle sanzioni interdittive, anche se applicate in via cautelare durante il processo. In questo caso, la misura ablativa assume i caratteri di vera e propria sanzione principale, a presidio dell’illecito previsto a carico dell’ente, per l’inottemperanza agli obblighi o divieti inerenti alla misura interdittiva. LA CONFISCA IN AMBITO DI SICUREZZA SUL LAVORO Il d.l. n. 187/2010 L’art. 9 del d.l. 187/2010 convertito dalla l. n. 217 del 17/12/2010 prevede che in presenza di violazioni gravi o reiterate, in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro, è sempre disposta la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e delle cose che ne sono il prodotto, anche se non venga emessa l’ordinanza-ingiunzione di pagamento. La disposizione non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa. Segue La norma dispone, quindi, una deroga al principio generale sancito dal comma 1 dell’art. 20 della l. n. 681/89 che invece prevede che l’autorità amministrativa possa applicare le sanzioni amministrative o penali accessorie consistenti nella privazione o sospensione di facoltà o diritti solo previa ordinanza-ingiunzione o sentenza di condanna. GRAZIE PER L’ATTENZIONE Avv. Maurangelo Rana [email protected]