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dizionario di logica e argomentazione
DIZIONARIO DI LOGICA E ARGOMENTAZIONE di Logon Didonai A: simbolo usato per indicare gli enunciati universali affermativi. A dicto secundum quid ad dictum simpliciter: vedi generalizzazione abusiva. È anche un errore logico, che consiste nel considerare il termine medio, in una premessa, con una limitazione (secundum quid), nell’altra senza (simpliciter). A fortiori (lett. a maggior ragione): argomento a priori con il quale si mostra che alcuni casi particolari fanno parte di un insieme di elementi ordinati gerarchicamente e che, a maggior ragione, le medesime proprietà che valgono per l’insieme valgono anche per essi: se mi piacciono tutti i dolci, apprezzerò in particolare i dolci migliori. A nescire ad non esse: errore logico consistente nell’affermare che, poiché si ignora qualsiasi cosa di un oggetto, questo non esiste. A sensu composito ad sensum divisum: fallacia consistente nel concludere che ciò che è vero collettivamente lo è anche distributivamente. A sensu diviso ad sensum compositum: fallacia consistente nel concludere che ciò che è vero distributivamente lo è anche in senso collettivamente. Ab uno disce adjecto: genealizzazione affrettata. Da un esempio di cerca di ricavare conseguenze per l’intera classe di appartenenza. Abduzione: vedi ipotesi. Accento: fallacia che si commette quando un termine utilizzato nella conclusione di un argomento ha un significato diverso rispetto a quello con il quale è utilizzato in una delle premesse e la differenza deriva da un cambiamento nell’enfasi attribuita alle parole utilizzate. Accidente e accidente converso: fallacie risultanti da un uso non attento o volutamente ingannevole delle generalizzazioni (vedi), siano esse induttive o statistiche. Accidente: una generalizzazione viene applicata a casi particolari che non copre interamente. Accidente converso (o generalizzazione affrettata o abusiva): si passa troppo velocemente o in modo non opportuno a una generalizzazione. Per smascherare la fallacia si mostrerà che il caso speciale considerato per stabilire una regola è in realtà un’eccezione. Ad consequentiam argomento pragmatico che mira a valutare una proprietà o un evento in relazione al vantaggio o allo svantaggio determinato dalle sue conseguenze. Simile all’argomento dell’effetto. È detto anche “appello alle conseguenze negative” o “brutta china” (in inglese slippery slope), ma in tal caso si corrobora una verità in base alle conseguenze spiacevoli o sgradevoli. Ovviamente, non è detto che la causa identificata produca davvero l’effetto temuto o desiderato. Ad hoc: termine tendenzialmente negativo usato per indicare un’ipotesi in diversi sensi: a) l’ipotesi è costruita basandosi su fatti che cerca di spiegare; b) l’ipotesi è solo descrittiva e non spiega nulla, non avendo conseguenze controllabili. Ad hominem: tipo di argomento in cui non si attacca il contenuto di una certa tesi bensì la persona che la sostiene. Se l’attacco è rivolto contro il carattere della persona siamo di fronte a un attacco ad hominem prevaricante o a un argomento ad personam; se, invece è un attacco basato su particolari circostanze in cui si trova la persona, e che possono renderla inadatta a svolgere una determinata funzione o rendono dubbia la sua tesi, allora abbiamo un attacco ad hominem circostanziale; un terzo tipo di attacco ad hominem (o una varietà della versione circostanziale) è il tu quoque (anche tu), che consiste nel replicare a una persona che critica la nostra tesi sostenendo che lo stesso errore è commesso anche da chi ci ha criticati: si tratta di una ritorsione. Una tecnica utilizzata è l’argomento del ridicolo, nel quale si attacca l’autorità di una persona rendendola ridicola. È possibile considerare un argomento ad hominem anche la fallacia uomo di paglia (vedi). Ad humanitatem: argomento che rimanda a una sorta di uditorio universale, attraverso il ricorso a un quantificatore universale (tutti, nessuno, chiunque, ogni ecc.). L’universalità potrebbe essere solo una pretesa. Si replica a questo argomento verificando (con un controesempio) l’effettiva applicabilità del quantificatore universale e il significato dei termini utilizzati. Ad ignorantiam: argomento, fallace se pretende di essere dimostrativo, nel quale si sostiene che una conclusione deve essere vera perché non se ne è dimostrata la falsità, ovvero che è falsa perché non si riesce a dimostrare che è vera. Ad misericordiam (pietà): argomento che si basa su di un appello alle emozioni: è fallace se l’emozione serve da sostituto della dimostrazione o della prova; può essere accettabile se serve per determinare le conseguenze di un’azione o la situazione di partenza che si vorrebbe eliminare attraverso un’azione altruistica. Ad personam (contro la persona): vedi argomento ad hominem prevaricante. Ad populum: appello all’emozione, nel quale il sostegno dato a una conclusione consiste nelle credenze popolari o nelle emozioni degli ascoltatori. Di per sé può essere in certi casi rilevante, ma è fallace se pretende di essere conclusivo o dimostrativo a discapito di argomenti ad rem: in tal caso è usato per mettere a tacere la controparte e costituisce una violazione delle regole della discussione. Ad rem: argomento che riguarda la cosa stessa, o il problema in questione, e non le caratteristiche, per esempio, della controparte in una disputa. Ad verecundiam (modestia o vergogna): argomento (fallace) basato sull’autorità di una persona che non ha le credenziali di un esperto ovvero sull’autorità di un esperto che è al di fuori del suo ambito di competenza ovvero semplicemente su di un’autorità in quanto tale che determina un sentimento di riverenza presso il nostro interlocutore (in questo caso interagisce con l’argomento ad hominem circostanziale). Si replica a un tale argomento attraverso il dubbio espresso nei confronti dell’autorità (non dell’inferenza, anche se spesso non ce ne autorevole, non riconosciuta o al di fuori del accorgiamo. Di conseguenza la conclusione può proprio ambito di competenza) ivi compresi gli non derivare necessariamente dalle premesse. attacchi ad hominem prevaricante (vedi) o ad Molto spesso la premessa che permette di personam (vedi), o l’appello all’opinione di altre derivare le conseguenze alle quali siamo autorità. Vedi anche: esperto; autorità. interessati è semplicemente posta come un Aequat causa effectum: errore logico assioma o postulato, senza che sia dimostrata o consistente nell’identificare l’effetto con la accettata da tutti. Se non è accettata, è su di essa causa. che si porà basare la replica. In generale, questo Affermazione del conseguente: fallacia formale tipo di argomenti fa ricorso al reale a del sillogismo ipotetico in modus ponens, nella prescindere dall’esperienza, pretendendo di quale la premessa categorica afferma il riferirsi alla struttura stessa della realtà conseguente invece del’antecedente della (Perelman & Olbrechts-Tyteca 1958), vera o premessa condizionale. In simboli: p→ q; q; supposta che sia, statica o dinamica che sia, derivando gerarchie, giudizi di valore e postulati ∴ p. di valore universale (Boniolo & Vidali 2002) Ambae adfirmantes nequeunt generare quali la razza eletta, la classe in via di negantem: regola del sillogismo, in base alla estinzione, le popolazioni schiave, i paesi quale da due premesse affermative non può arretrati o avanzati, i gruppi da sterminare. La derivare una conclusione negativa. conseguenza di queste prese di posizione può Ambiguità: nome attribuito a diverse fallacie essere devastante (e lo è stata nella nostra informali: equivocazione, anfibolia, accento, storia). Un riscontro con l’esperienza, in composizione e divisione. Ognuna di esse può generale, può essere una replica solo se essere conseguenza di un’ambiguità che porta a l’interlocutore è disposto ad accettare la confondere i significati nel corso di un possibilità che venga confutata la tesi che si basa argomento. La confusione è voluta. Vedi anche su tale struttura a priori. Se non lo è, se, cioè, le sofisma. due modalità di argomentare sono eterogenee, è Analogia: somiglianza rilevabile tra due o più possibile che una tale replica non abbia alcun cose o situazioni in uno o più aspetti. È utilizzata effetto. Spesso, infatti, quando si utilizza un negli argomenti induttivi e nella argomento a priori si suppone di non avere generalizzazione. Può essere messa in l’onere della prova. Vedi: essenza o natura, discussione nella sua pertinenza, ovvero direzione, propagazione, superamento, regola di sottolineando le differenze (invece delle giustizia, a fortiori, complementarietà, riduzione somiglianze) tra le cose o le situazioni in al superiore, etimologia, facile. questione. Aldilà della funzione argomentativa Argomentazione: termine che indica sia gli essa può essere utilizzata per chiarire una argomenti sia il legame tra essi. La teoria descrizione. dell’argomentazione studia le condizioni di Anfibolia: ambiguità derivante dal modo errato validità e accettabilità di un argomento o contorto o volutamente ambiguo di formulare all’interno della disputa. Tali condizioni o un enunciato, che viene così reso passibile di regole dipendono dall’accordo tra gli diverse interpretazioni. interlocutori. Antecedente: in una proposizione ipotetica Argomento: un insieme di proposizioni (o (se...allora...) la parte che segue il “se”. È detto enunciati) una delle quali (la conclusione) segue anche protasi. Vedi anche conseguente, apodosi, sillogismo dalle altre (le premesse). Tra i diversi tipi vi ipotetico. sono: 1. argomenti a priori (essenza, direzione, Apodosi: il conseguente in una proposizione propagazione, superamento, regola di giustizia, a ipotetica. Vedi anche protasi, antecedente, fortiori, complementarietà, riduzione al sillogismo ipotetico. superiore, etimologia, facile); 2. a posteriori A posteriori, argomenti: gli argomenti a (induzioni, argomenti causali, a contrario, ad posteriori fanno riferimento a conoscenze consequentiam, spreco, superfluo, acquisite attraverso l’esperienza quali dati di consolidamento); 3. pragmatici (ad hominem, fatto, regolarità empiriche, dati statistici, modello, esempio, illustrazione, autorità, situazioni sperimentate al fine di corroborare la sacrificio, ridicolo); 4. strutturali (analogia, tesi da giustificare (la conclusione di paragone, doppia gerarchia); 5. deduttivi un’inferenza). Perché l’argomento abbia presa (qualsiasi argomento sviluppato rigorosamente l’interlocutore deve conoscere, condividere o da premesse suscettibili di discussione); 6. poter controllare le esperienze cui fanno pseudo-deduttivi (pseudo-identità, riferimento le premesse del ragionamento. I due incompatibilità, pseudo-contraddizione, principali argomenti a posteriori sono ritorsione, dilemma, autofagia, pseudol’induzione e l’argomento causale, ma vedi transitività, tutto e parte, ad humanitatem, anche la storia e la statistica. compensazione). A priori, argomenti: argomenti indipendenti Asserto o asserzione: sinonimo di enunciato dall’esperienza e validi a prescindere da essa (vedi). (viene talvolta rifiutato qualunque ricorso Atto linguistico: termine coniato per designare all’esperienza, che potrebbe eventualmente le cose che si fanno con le parole, o le funzioni rendere falso l’argomento stesso). Sono del linguaggio. Austin distingue all’interno di un strutturalmente simili agli argomenti deduttivi atto linguistico tre tipi di atti differenti: un atto (vedi), fanno infatti spesso appello ai principi locutorio (l’atto di dire certe parole), un atto della logica, tuttavia, non vengono applicati in illocutorio (l’atto che si compie nel dire una modo rigoroso e non coprono tutte le fasi certa frase), un atto perlocutorio (un’azione sull’interlocutore, che ha su di lui certi effetti). Gli enunciati possono essere classificati secondo la loro forza illocutoria in verdittivi (le sentenze), esercitivi (le nomine), commissivi (le promesse), comportativi (le scuse), espositivi (le dimostrazioni). Searle distingue quattro tipi di atti: assertivi (pronunciare parole), proposizionali (riferirsi a oggetti e predicare qualcosa di essi), illocutori (affermare, domandare, comandare, comandare, promettere...) e perlocutori (persuadere, convincere, spaventare, allarmare...). Per l’uso degli indicatori di forza illocutoria, Searle individua cinque regole: la regola del contenuto proposizionale, due regole preparatorie, la regola della sincerità e la regola essenziale. Autofagia: argomento pseudo-deduttivo e variante dell’incompatibilità. Applicando senza eccezioni una regola si arriva a distruggerla poiché le sue conseguenze sono in contraddizione con essa. Si basa su questo principio la dimostrazione del principio di noncontraddizione e operano in base a questo principio paradossi come “vietato vietare”. Per replicare a questa tecnica è necessario (1) tematizzarla; inoltre (2) può essere opportuno considerare il campo di applicazione della regola, che può essere limitato (e quindi non determinare contraddizioni o incompatibilità); infine (3), è sempre possibile distinguere, tramite un procedimento logico, linguaggio e metalinguaggio, ovvero dicendo che la regola si applica a un campo (linguaggio) e però non è ricorsiva, ovvero non può essere applicata a sé stessa (è cioè, una meta-regola, che indica quali regole applicare in un campo o contesto). Questo tipo di tecnica si manifesta, nel campo della psicologia, come fenomeno del doppio legame (vedi). Autorità: negli argomenti basati sull’autorità si confondono spesso due tipi di concezione dell’autorità: 1) quella cognitiva, che è la legittimazione dell’opinione di un esperto e che, se deve essere considerata valida, è per lo più sottoposta a vaglio critico con richiesta di chiarimenti, di prove e di confronto con le conclusioni e le prove di altri esperti in uno stesso campo, e 2) quella amministrativa, consistente in una sottomissione emotiva, reverenziale o istituzionale all’autorità in quanto tale, a prescindere dalle prove che essa può fornire e in esclusiva (altre autorità non vengono prese in considerazione), come nel caso del magistero della chiesa o di gruppi ideologici. Avvelenamento del pozzo (anche della sorgente; in inglese: poisoning the well): varietà di argomento ad hominem prevaricante (vedi). Chiamata in questo modo perché, attaccando la buona fede o l’onestà intellettuale dell’avversario rende impossibile avanzare un argomento e condurre una disputa in modo ragionevole o “cortese”. Tecnica tipica dei conflitti ideologici, mirante a soffocare sul nascere una discussione, respingendo un argomento senza discuterlo, per esempio dicendo: “Questa è solo la tua opinione”. Baculum, ad (lett. del bastone): argomento fallace in quanto impiega un appello inappropriato e minaccioso alla forza per sostenere una conclusione o spingere una persona ad agire in una certa direzione. Tuttavia, non basta sottolineare le conseguenze di un’azione perché quanto detto sia fallace, in tal caso avremmo invece un argomento ad consequentiam (vedi). È possibile replicare a tale argomento sottolineandone la funzione minatoria, ribaltando la minaccia o, nei casi più gravi, quando cioè la minaccia rappresenta un serio pericolo, facendo ricorso al tribunale. Bamalip: nome tradizionale di uno dei 4 sillogismi validi in forma indebolita (la cui conclusione dice cioè meno di quanto potrebbe). Modo e figura AAI-IV: le premesse sono universali affermative, la conclusione particolare affermativa; il medio è predicato della maggiore e soggetto della minore. Barbara: nome tradizionale di uno dei 15 (o 19) sillogismi categorici in forma valida. Modo e figura AAA-1, ovvero tutte e tre le sue proposizioni sono universali affermative (A) e la figura è la prima perché il termine medio è il soggetto della premessa maggiore e il predicato di quella minore. Baroco: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Modo e figura AOO-II: la premessa maggiore è una universale affermativa, la minore e la conclusione una particolare negativa. La figura è la seconda perché il termine medio è predicato di entrambe le premesse. Begging the question: vedi petitio principii. Bocardo: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Ha modo e figura AOO-2: la premessa minore e la conclusione sono particolari negative, la premessa maggiore universale affermativa; la figura è la seconda perché il termine medio è predicato di entrambe le premesse. Brutta china (anche argomento della china pericolosa): v. ad consequentiam. Calcolo della probabilità: branca della matematica utilizzata per calcolare la probabilità di eventi complessi a partire dalla probabilità dei loro eventi componenti. Fondamentale strumento argomentativo e statistico, rende formalizzabile e quantificabile la logica della probabilità. Camenes: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Ha modo e figura AEE-4: la premessa maggiore è universale affermativa, la minore e la conclusione particolari negative; la figura è la quarta perché il termine medio è il predicato della premessa maggiore e il soggetto della premessa minore. Camestres: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Ha modo e figura AEE-2: la premessa maggiore è universale affermativa, la minore e la conclusione sono invece particolari negative; la figura è la seconda perché il termine medio è predicato di entrambe le premesse. Causa: la condizione necessaria per l’occorrenza di un effetto, cioè quella condizione in assenza della quale l’effetto non si ha (usata quando si cerca di eliminare un fenomeno o effetto eliminandone la causa); condizione sufficiente per l’occorrenza di un effetto come congiunzione di tutte le sue condizioni sufficienti (usata quando si cerca di produrre un fenomeno o effetto); concausa: quando si ha un evento, la causa può essere anche quella presa in considerazione, ma non è la sola, ovvero la causa è condizione necessaria ma non sufficiente per il realizzarsi di un evento;causa prossima: in una catena di cause ed effetti è l’evento più vicino all’evento che si cerca di spiegare (in termini spaziali o temporali); causa remota: in una catena di cause ed effetti è un evento lontano dall’evento che si cerca di spiegare (in termini spaziali o temporali). Causale: argomento utilizzato in particolare nella disputa scientifica per inferire una causa da un effetto o viceversa. Si ha spesso un uso congiunto dell’argomento di causa e di quello dell’induzione al fine di sostenere una tesi (o un’ipotesi scientifica). Vedi anche: condizione necessaria e condizione sufficiente. Causale, legge: una legge è causale se soddisfa quattro condizioni: 1) la relazione deve essere invariabile o uniforme; 2) gli eventi in relazione devono essere sostanzialmente contigui, così, se sono lontani tra loro, devono essere i termini di una catena di cause ed effetti; 3) la relazione deve avere carattere temporale (l’evento che segue deve essere l’effetto, quello che precede la causa); 4) la relazione deve essere asimmetrica (la causa non può essere l’effetto del suo effetto, a meno che non vi sia una correlazione, ma in tal caso la distinzione tra causa ed effetto dovrebbe essere ripensata). Celarent: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Ha modo e figura EAE-1: la premessa maggiore e la conclusione sono particolari affermative, la minore universale affermativa; è della prima figura perché il medio è predicato nella premessa minore e soggetto nella maggiore. Cesare: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida. Ha modo e figura EAE-2: la premessa maggiore e la conclusione sono particolari affermative, la minore universale affermativa; è della seconda figura perché il medio è predicato di entrambe le premesse. Circolare: argomento in cui la conclusione è una delle premesse. Vedi petitio principii. Circostanziale: vedi (argomento) ad hominem. Circulus in probando: vedi petitio principii. Classe: insieme di tutti gli oggetti che hanno in comune una certa caratteristica specifica. Classificazione: organizzazione e divisione di insiemi di oggetti o fenomeni in un sistema di gruppi e sottogruppi. Complementarietà, argomento della: ogni volta che si fa un’affermazione, si può affiancare a essa una negazione che funge da nozione complementare (vedi classe complemento). Ogni termine richiede il suo opposto per essere determinato in base alla differenza, tuttavia, per replicare, si può sottolineare che non basta porre l’uno accanto all’altro il termine e il termine complemento, in quanto si tratta di individuare una differenza. Complemento, classe: la classe complementare di una classe è l’insieme di tutte le cose che non appartengono a quella classe. Compensazione: argomento basato sul mantenimento di un equilibrio posto come valore in sé, non desunto dall’esperienza, la cui necessità richiederebbe invece di essere dimostrata e le cui alterazioni richiedono interventi di riequilibrio. Per replicare, si richiederà di mostrare che l’equilibrio è un valore in sé, o che l’intervento modificherebbe l’equilibrio. Composizione, fallacia di: fallacia informale consistente nel trarre un’inferenza errata riguardante le proprietà di un tutto (un insieme) a partire dalle proprietà delle parti di tale insieme (se le ruote sono di gomma si sostiene che la macchina è di gomma). Si commette fallacia di composizione facendo ricorso a due tipi di argomento invalido: 1) passare fallacemente dalla proprietà delle parti di un tutto alle proprietà del tutto medesimo, sostenendo per esempio che, essendo ogni nave della flotta pronta alla battaglia, allora anche la flotta lo è; 2) procedere da proprietà degli elementi o membri individuali di una collezione a proprietà della collezione o della totalità di quegli elementi, sostenendo per esempio che, siccome un autobus consuma più carburante di un’automobile, allora tutti gli autobus consumano più carburante di tutte le automobili. Qual è la differenza tra le due fallacie di composizione? La prima considera il tutto organizzato, la seconda l’insieme. I due termini indicano due cose diverse, e così anche la composizione ha due aspetti diversi. Il secondo tipo di fallacia si basa sulla confusione tra uso distributivo e collettivo dei termini generali. Così, se è vero che gli studenti, nei college inglesi, non possono iscriversi a più di sei corsi per semestre, è anche vero che gli studenti si iscrivono a centinaia di corsi ogni semestre, perché ognuno si iscrive a sei corsi massimo (distributivamente, ovvero singolarmente), ma tutti insieme (collettivamente) a centinaia (visto che sono molti). Allo stesso modo, se gli autobus (in senso distributivo) consumano più carburante delle automobili, tutte le auto (che, in senso collettivo, sono più di tutti gli autobus), consumano molto più carburante di tutti gli autobus. Come si replica a una fallacia di composizione? È possibile osservare che le proprietà delle parti non possono indebitamente essere estese al tutto costituito da quelle parti; c’è una differenza tra uso distributivo e uso collettivo dei termini. Chi commette fallacia di composizione presuppone che tale differenza non ci sia. Conclusione: l’enunciato (anche: tesi) per il quale gli altri enunciati costituiscono le premesse (il fondamento o la ragione). Conclusione irrilevante: fallacia consistente nel trarre una conclusione diversa da quella verso cui sono orientate le premesse di un argomento. Vedi anche ignoratio elenchi. Concomitante, metodo della variazione: schema di inferenza induttiva (vedi). Porta a concludere che, se un fenomeno varia sempre nello stesso modo insieme al variare di un altro fenomeno, allora esiste una relazione causale fra i due fenomeni. Vedi Metodi induttivi per la ricerca delle cause. Concordanza, metodo della: schema di inferenza induttiva (vedi). Porta a concludere che, se due o più casi di un fenomeno hanno solo una circostanza in comune, quella circostanza è la causa o l’effetto del fenomeno che si sta indagando. Vedi metodi induttivi per la ricerca delle cause. Conditio sine qua non (condizione senza di cui non): coincide con la condizione necessaria (vedi). Condizione necessaria: una condizione è necessaria per il verificarsi di un evento se, venendo meno quella condizione, l’evento non ha luogo. Tuttavia non è detto che l’evento si realizzi necessariamente in presenza della condizione. È una conditio sine qua non. Vedi anche condizione sufficiente e condizione necessaria e sufficiente. Condizione necessaria e sufficiente: dato un evento, la condizione necessaria e sufficiente per il suo realizzarsi è quella in assenza della quale l’evento non si realizzerebbe in nessun caso e in presenza della quale si realizza sempre. Può esservi una sola condizione necessaria, che in tal caso è anche condizione sufficiente, oppure più condizioni necessarie, che solo insieme costituiscono la condizione sufficiente. Nel primo caso il darsi della condizione necessaria comporta il realizzarsi dell’evento, nel secondo caso il darsi di una condizione necessaria non comporta il realizzarsi dell’evento. Condizione sufficiente: una condizione è sufficiente per il verificarsi di un evento se tale evento si manifesta in concomitanza con la presenza di tale condizione. Tuttavia l’evento può manifestarsi anche in assenza di tale condizione, per l’invervento di altre cause o condizioni sufficienti alternative. Mentre è possibile che siano soddisfatte condizioni necessarie per il verificarsi di un evento senza che l’evento si realizzi, non è invece possibile che siano soddisfatte le condizioni sufficienti per il suo realizzarsi e che l’evento non si realizzi. Se è presente una condizione sufficiente, allora anche tutte le condizioni necessarie sono presenti. Confutazione: all’argomentazione, sviluppata secondo gli schemi argomentativi presentati, può seguire una controargomentazione, mirante alla confutazione dell’avversario, la quale può poggiare anch’essa sugli stessi schemi argomentativi e articolarsi come segue: si attacca argomentando che il problema è mal posto; che i termini impiegati nell’argomentazione sono stati usati impropriamente o in modo ambiguo; che il problema o la tesi che ne indica la soluzione sono irrilevanti; che una delle altre tesi è migliore; che la tesi è mal posta. Oppure si fa vedere che: l’avversario è incorso in una o più fallacie, cioè errori nell’applicazione degli schemi argomentativi; l’argomento è irrilevante. Lo spessore semantico del sostantivo greco élenchos e del corrispondente verbo elencho comprende non solo la nostra “confutazione”, ma anche il venire riconosciuti colpevoli, e l'essere svergognati. L’elenchos, in altri termini, non consiste nell’evidenziare un errore cognitivo del nostro interlocutore, ma comporta un’esperienza umiliante. Per Aristotele «la confutazione è il sillogismo che deduce la proposizione contraddittoria alla conclusione dell’interlocutore» (Analitici primi 66b; Elenchi Sofistici 3-11). Confutazione per analogia logica: metodo per mostrare l’invalidità di un argomento. Si presenta un altro argomento invalido che abbia la stessa forma dell’argomento dato. Congiunzione: connettivo che significa “e”. vedi anche disgiunzione. Connotazione: l’intensione di un termine; le proprietà condivise da tutti e soli gli elementi cui quel termine si riferisce. Contrario, esempio a: argomento utilizzato per indebolire la portata di una generalizzazione o per falsificare una legge o ipotesi, mostra che quello che prescrive una regola generale non viene rispettato in (almeno) un esempio concreto. Qualsiasi generalizzazione è sempre esposta al rischio della sua falsificazione tramite un esempio a contrario. È possibile replicare a un esempio a contrario tramite l’argomento dell’eccezione che conferma la regola. Conseguente: in una proposizione ipotetica (se...allora...) il componente che segue immediatamente “allora”. Viene chiamato anche apodosi. Vedi anche protasi e antecedente, sillogismo ipotetico, modus ponens e modus tollens. Conseguenza: la nozione di conseguenza logica è alla base del ragionamento. Si esprime in due modi: 1. la transitività: se dato p è necessario che q, e dato q è necessario che r, allora dato p è necessario che r (p q; q r; q; p r) ; 2. la contrapposizione: se dato p è necessario che q, allora dato non-q è necessario che non-p (p q;← q ←p). Sulla contrapposizione cadono spesso i principianti in logica, perché credono che “se piove esco con l’ombrello” implichi “se non piove non esco con l’ombrello”; invece implica che “se non esco con l’ombrello allora non piove”. È possibile far riferimento a modus ponens (vedi): “Se l’antecedente, allora il conseguente. Ma l’antecedente. Dunque il conseguente” (p q; p; q) e modus tollens (vedi): “Se l’antecedente, allora il conseguente. Ma non il conseguente, dunque non l’antecedene (p q; p; q) quali forme generali dell’inferenza. Vedi anche reductio ad absurdum. Consolidamento: argomento utilizzato per contrastare il diffondersi di un’opinione ritenuta negativa, in quanto la ripetizione e la propagazione ne fanno aumentare il credito. Per esempio: continuando a parlare male degli immigrati e a vedere in loro dei fondamentalisti senza eccezione alcuna, si ottiene esattamente quell’effetto che pure si pensa di scongiurare. Un tale argomento sottolinea il meccanismo della profezia che si autoavvera (vedi). Contingente: asserto che può essere sia vero che falso. Contra principia negantem disputari non potest: contro chi nega i principi non è possibile discutere, dove con “principi” si intendono qui le regole della discussione. Contraddittori: due enunciati, dei quali uno è la negazione dell’altro. Nel quadrato delle opposizioni sono indicati dalle diagonali. A ed E sono gli enunciati contraddittori rispettivamente di O e I. Se uno degli enunciati è vero, l’enunciato contraddittorio è falso e viceversa. Contraddizione: asserto necessariamente falso. Forma proposizionale che non può avere esemplificazioni vere. Contraddizione, principio di (non): principio logico che asserisce che nessun asserto può essere contemporaneamente, e nello stesso senso, sia vero che falso. La prima formulazione è di Aristotele, Metafisica, Libro Gamma. In simboli: “←(p ←p)”. Vedi anche: ex falso quodlibet. Contradictio in adjecto: contraddizione consistente nel fatto che in un concetto sono contenute caratteristiche che si contraddicono o che rimandano a oggetti dalle caratteristiche contraddittorie. Contradictio in re: contraddizione nell’applicazione delle regole del ragionamento. Contrapposizione: forma di inferenza immeditata valida per alcuni tipi di proposizioni. Per formare la contrapposta di una proposizione si rimpiazza il suo termine soggetto tramite il complemento del suo termine predicato e io sui termine predicato tramite il complemento del suo termine soggetto: “Tutti gli umani sono razionali” diventa “Tutti i non-razionali sono non-umani”. Vedi inferenze immediate. Contrapposta: la conclusione dell’inferenza immediata chiamata contrapposizione. Contrarie: due proposizioni tali da non poter essere entrambe vere, sebbene possano essere entrambe false. A ed E sono contrarie. Vedi subcontrarie. Controdilemma: vedi dilemma. Controllabilità: caratteristica di un’ipotesi scientifica. È ciò che la distingue da un’ipotesi non scientifica insieme alla sua capacità di essere confutata (falsificata) o confermata (corroborata). La domanda critica che ci permette di mettere alla prova la scientifità di un’ipotesi è: in quale caso saresti disposto ad ammettere che la tua ipotesi è falsa? Conversa: la conclusione dell’inferenza chiamata “conversione”. Conversio (per accidens o per limitationem e simplex): vedi conversione. Conversione: forma di inferenza immediata valida per alcuni tipi di proposizioni. I termini soggetto e oggetto vengono scambiati: “Nessun quadrato è un triangolo” diventa “Nessun triangolo è un quadrato”; “Qualche musicista è un avvocato” diventa “Qualche avvocato è un musicista”. La proposizione a partire dalla quale si forma la conversa è chiamata “convertenda”. Convertenda: vedi conversione. Cum principia negante non est disputandum: non bisogna discutere con chi nega le regole basilari della discussione. Cornutus: argomento di Eubulide, secondo il quale “ciò che non hai perso, l’hai ancora; non hai perso le corna; quindi le hai ancora”. È un esempio di sofisma, che si basa sull’ambiguità del termine medio “perdere”. Darapti: nome tradizionale di uno dei 4 sillogismi validi in forma indebolita (la cui conclusione dice cioè meno di quanto potrebbe). Modo e figura AAI-II: le premesse sono universali affermative, la conclusione particolare affermativa; il medio è sempre soggetto. Darii: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi in forma valida. Ha modo e figura AII-1, essendo la sua premessa minore e la conclusione in I e la premessa maggiore in A; la prima figura è determinata dal fatto che il termine medio è il soggetto della premessa maggiore e il predicato della minore. Datisi: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi in forma valida. Ha modo e figura AII-3, essendo la sua premessa minore e la conclusione in I e la premessa maggiore in A; la terza figura è determinata dal fatto che il termine medio è il soggetto di entrambe le premesse. Deduttivi, argomenti: argomenti sviluppati rigorosamente da premesse suscettibili di discussione. Tutti i ragionamenti dimostrativi possono essere considerati come argomentazioni quando le premesse non sono indiscutibilmente vere. In entrambi i casi l’inferenza riveste carattere di necessità, tuttavia, mentre in un’argomentazione deduttiva le premesse possono essere messe in discussione, in una dimostrazione matematica le premesse non vengono discusse. Deduzione: uno dei tipi di inferenza, nel quale la conclusione deriva necessariamente dalle premesse, se è valido. Vedi anche, inferenza, induzione e ipotesi o abduzione. Definiendum: termine con cui, in una definizione, si indica la parola o il simbolo da definire o che viene definito. Definiens: termine con cui in una definizione, attraverso simboli o parole si definisce un altro termine (definiendum). Definitio abundans: definizione ridondante, nella quale si dice l’essenziale ma si aggiungono anche caratteristiche che potrebbero essere benissimo trascurate. Definitio angustior: definizione troppo ristretta. Definitio fit per genus proximus et differentiam specificam: vedi definizione per genere prossimo e differenza specifica. Definitio genetica sive causalis: definizione tramite la causa (condizione). Definitio latior: definizione troppo ampia Definizione: La definizione è la chiarificazione di una parola (o di un simbolo) ottenuta attraverso la relazione tra questa, che rappresenta ciò che è da definire (definiendum), e un gruppo di simboli o segni, che sono ciò che definisce (definiens), i quali hanno un significato noto. Per definire qualcosa che ci è ignoto dobbiamo dunque sempre fare riferimento a quanto ci è noto. Se decidiamo di rispondere a una domanda riguardante la definizione non cerchiamo solo di precisare il senso che un termine ha per noi, ma cerchiamo di fare in modo che ciò che diciamo sia determinabile come vero o falso. Quando definiamo una cosa in un certo modo lo facciamo in via ipotetica, e siamo pronti a correggerci. Questo sforzo può essere considerato la premessa di un ragionamento, una definizione è, in effetti, un enunciato con un soggetto e un predicato, e di enunciati si compongono i ragionamenti. L’enunciato che esprime la definizione è un’ipotesi di collegamento costante (o essenziale) tra un soggetto e un predicato. La definizione scientifica corrisponde alla condizione necessaria e sufficiente. Definizione circolare: definizione scorretta in quanto il definiendum viene utilizzato (anche parzialmente) come definiens. Definizione connotativa: definizione che fissa la connotazione o la intensione del termine da definire (di solito per genere e differenza). Definizione denotativa: definizione che individua l’estensione di un termine indicando gli elementi della classe a cui il termine si riferisce. È anche detta definizione estensionale. Definizione dimostrativa: vedi definizione ostensiva. Definizione di precisazione: definizione con cui si intende eliminare la vaghezza di un termine. Definizione lessicale: riporta un significato che il termine ha già e che è attestato da un dizionario. Definizione negativa: forma di definizione scorretta consistente nella spiegazione di un termine tramite ciò che quel termine non significa. Definizione operativa: tipo di definizione connotativa tramite il quale si illustra il significato di un termine a partire da un’operazione o da una serie di procedure le quali, se applicate, producono un effetto che coincide con il termine. Per esempio: “Definire consiste nell’assegnazione di un definiens a un definiendum in modo che i termini utilizzati non siano vaghi, ambigui, troppo ristretti, troppo ampi o negativi”. Definizione ostensiva: tipo di definizione connotativa che si riferisce agli esempi del termine che viene definito indicandoli con dei gesti. Definizione per genere e differenza: tipo di definizione connotativa di un termine che individua la classe più ampia (genere prossimo) di cui il definiendum è una specie o sottoclasse e la proprietà (differenza specifica) che distingue gli elementi di quella specie dagli elementi di tutte le altre specie di quel genere. È la definizione corretta secondo Aristotele e una rielaborazione del metodo dicotomico della dialettica di Platone. Definizione persuasiva: definizione mirante a risolvere una disputa influenzando gli atteggiamenti e le azioni altrui. Spesso utilizza un linguaggio prevalentemente emotivo o connotato negativamente. Definizione sinonimica: tipo di definizione connotativa di un simbolo tramite un suo sinonimo. Definizione stipulativa: definizione consistente nell’assegnazione convenzionale o arbitraria di un significato a un termine. Non può essere sbagliata. Denotazione: i diversi oggetti ai quali un termine può essere correttamente applicato. Vedi estensione. Diairesis (divisione) vedi dialettica. Dialettica: tecnica argomentativa mirante alla risoluzione di una divergenza di opinioni. Viene utilizzata dagli Eleati come metodo di dimostrazione indiretta o per assurdo. Zenone è tradizionalmente considerato l’inventore della tecnica. Per Socrate è l’arte della maieutica e della confutazione, che diventa in Platone metodo logico per elaborare le definizioni e costruire i concetti, sulla base della divisione (diairesis) e della riunificazione (synagoge). In quanto tale è considerato il punto più alto della filosofia. Mentre la dialettica come tecnica della definizione è trasformata da Aristotele in definizione secondo il genere prossimo e la differenza specifica, la dialettica aristotelica si pone come arte della disputa sulla base di premesse accettabili tra un protagonista e un antagonista: si differenzia dalla logica (dimostrazione scientifica) e dalla retorica (persuasione nei confronti di un uditorio). Nel Medioevo si identifica spesso con la logica tout court. Perelman e Olbrechts-Tyteca, nel 1958, hanno chiamato Nuova Retorica il loro Trattato sull’argomentazione. Eemeren e Grootendorst, nella loro Teoria sistematica dell’argomentazione, presentano le regole della disputa ragionevole come una nuova dialettica. Diagrammi di Venn: rappresentazioni grafiche degli enunciati tramite insiemi. Dichiarativa d’uso – funzione del linguaggio che consiste nel definire precisamente il senso in cui si usa un certo termine. Può essere richiesta in qualunque momento a chi partecipa a una discussione (decimo comandamento della pragma-dialettica di Eemeren e Grootendorst, da noi messo al primo posto delle regole della discussione cortese nel Discorso sul metodo). Dictu de omni et de nullo: forma abbreviata di quidquid de omni valet, valet etiam de quibusdam et de singulis. Quidquid de nullo valet, nec de quibusdam valet, nec de singulis, cioè: ciè che si dice di tutti gli elementi di una classe si dice anche di ogni singolo elemento, e ciò che si nega di tutti gli elementi di una classe, si nega anche di ognuno di essi. Rappresenta il rapporto tra enunciati superalterni e subalterni, dove l’universale include il particolare. Differenza, metodo della: schema di ragionamento induttivo che consente di inferire che, se i casi in cui il fenomeno che si sta indagando accade e i casi in cui non accade differiscono in una sola circostanza, quella circostanza è causalmente connessa al fenomeno che si sta indagando. Vedi anche Metodi della ricerca sperimentale. Dilemma: argomento costruito per spingere l’avversario a scegliere tra due (o più) alternative che si escludono o che conducono a un medesimo fine implicante una contraddizione o la medesima, spiacevole conseguenza. È possibile replicare a un dilemma negando che vi siano due sole alternative, negando che le due alternative portino (necessariamente) alle conseguenze previste, oppure con un controdilemma con conseguenze opposte. Dimaris: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici validi. Ha modo e figura IAI-4, vale a dire che la sua cprmessa maggiore e la sua conclusione sono proposizioni particolari affermative e la sua premessa minore è una proposizione universale affermativa; di quarta figura in quanto il medio è il predicato della maggiore e il soggetto della minore. Direzione: argomento a priori, affine a quello dell’essenza, nel quale si chiede di valutare attentamente se l’accumulazione di un insieme di compromessi parziali non comporti il rischio di perdere di vista l’obiettivo principale. Si sottolinea con ciò l’importanza di mantenere fermo l’obiettivo precedente giudicando i cambiamenti in funzione di quello. Argomento molto utilizzato nelle trattative. Si replica sottolineando che forse lo stato delle cose non permette di raggiungere l’obiettivo iniziale, che potrebbe dover essere rivisto o cambiato completamente. Disamis: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici validi. Ha modo e figura IAI-3, vale a dire che la sua premessa maggiore e la sua conclusione sono proposizioni particolari affermative e la sua premessa minore è una proposizione universale affermativa; di terza figura in quanto il medio è il soggetto di entrambe le premesse. Disanalogia: in un argomento analogico corrisponde alla differenza tra i casi menzionati nelle premesse e il caso menzionato nella conclusione. Serve per tentare di confutare (o controllare) un argomento basato sull’analogia. Disgiunzione: connettivo che significa “o”. Può essere disgiunzione inclusiva (disgiunzione debole), ovvero che rappresenta entrambi i disgiunti (cioè le parti della disgiunzione) in modo che possano essere dati entrambi o uno o l’altro (vel); oppure esclusiva, nel senso che la disgiunzione è forte e l’alternativa è radicale ovvero che almeno uno dei disgiunti è vero e l’altro è falso (aut...aut...). Disputa “cortese”, regole della: innanzitutto, affinché ci sia uno scambio argomentativo occorre condividere delle premesse senza le quali non esistono discussione o argomentazione, ma solo tentativi di prevaricazione e sopraffazione: la prima premessa esprime il principio di cooperazione, ed è una condizione necessaria al dialogo. La seconda fa riferimento al principio di carità interpretativa. Ognuna delle parti deve interpretare le espressioni dell’altra nel modo più accurato e pertinente possibile. Ciò detto, affinché la disputa sia svolta in modo cortese, è opportuno rispettare il decalogo della discussione pragma-dialettica formulato da Eemeren & Grootendorst (2004, tr. it. 2008): I. (Regola della libertà): Non è consentito impedire alla controparte di avanzare o mettere in dubbio una tesi; II. (Regola dell’onere della prova o dell’obbligo di difesa): Chi avanza una tesi non può rifiutarsi di difenderla qualora gli venga chiesto di farlo; III. (Regola della tesi): Non è consentito criticare una tesi che non sia stata realmente avanzata dalla controparte; IV. (Regola della pertinenza): Non è consentito difendere una tesi attraverso qualcosa che non sia un argomento o attraverso un argomento che non sia pertinente per la tesi in questione; V. (Regola della premessa inespressa): Non è consentito attribuire alla controparte in modo surrettizio premesse implicite, né rifiutarsi di assumere l’onere della prova per le premesse che si sono lasciate inespresse. VI. (Regola del punto di partenza): Non è consentito presentare qualcosa come punto di partenza condiviso, se non lo è, o negare che qualcosa sia un punto di partenza condiviso, se invece lo è; VII. (Regola della validità) Un ragionamento presentato come formalmente conclusivo non può essere logicamente invalido; VIII (Regola dello schema argomentativo) Non è consentito considerare difese in modo conclusivo tramite argomentazioni tesi che non siano presentate come basaste su un ragionamento formalmente conclusivo, qualora la loro difesa non abbia luogo attraverso schemi argomentativi appropriati applicati in modo corretto; IX. (Regola della conclusione) Non è consentito continuare a sostenere una tesi che non sia stata difesa in modo conclusivo o continuare a dubitare di una tesi che sia stata difesa in modo conclusivo; X. (Regola generale dell’uso del linguaggio) Non è consentito usare formulazioni insufficientemente chiare o talmente ambigue da creare confusione, né interpretare in modo deliberatamente tendenzioso le formulazioni della controparte. Distribuzione: modo in cui i termini possono figurare nelle proposizioni categoriche. Un termine è distribuito quando è considerato in tutta la sua estensione. Le due regole della distribuzione dei termini sono: 1. nelle universali è distribuito il soggetto; 2. nelle negative il predicato. Perciò: nelle proposizioni di tipo A il soggetto è distribuito e il predicato non lo è; nelle proposizioni di tipo E è lo sono entrambi i termini, nelle proposizioni di tipo O lo è il predicato e in quelle di tipo I nessuno dei due. Divisione: fallacia consistente nel trarre un’inferenza sbagliata dalle proprietà di un tutto alle proprietà delle parti di un tutto (se il tutto è un camion a gasolio le ruote non saranno a gasolio). La fallacia di divisione è l’inverso della fallacia di composizione: 1. il primo tipo di divisione sostiene in modo fallace che quanto è vero di un tutto deve essere vero delle sue parti; 2. il secondo argomenta dalle proprietà di una collezione di elementi alle proprietà degli elementi medesimi. Si replica osservando che le proprietà di un insieme di parti non possono essere attribuite alle singole parti: l’uso collettivo e l’uso distributivo di un termine sono diversi. Questa replica è del tutto simile a quella riferita alle fallacie di composizione. Domanda: espressione in forma interrogativa che non asserisce nulla e quindi non esprime una proposizione. Nel discorso ordinario si usa però spesso, indirettamente, per asserire qualcosa senza assumersene la responsabilità (e quindi l’onere della prova). In tal caso diventa domanda retorica (vedi). Domanda complessa: fallacia informale (ovvero tecnica argomentativa) utilizzata durante gli interrogatori consistente nel porre una domanda in modo tale da presupporre la verità di una conclusione annidata nella domanda. L’esempio classico è: hai smesso di maltrattare tua moglie? La domanda, così come è posta, obbliga l’interlocutore, se questi risponde con un semplice sì o no, ad ammettere ciò che invece è da dimostrare. La replica può vertere sulla forma della domanda. Domanda retorica: espressione usata per asserire qualcosa ma che, poiché viene formulata in forma interrogativa, letteralmente non asserisce nulla e libera (apparentemente) dall’onere della prova chi ne fa uso. Doppia gerarchia: argomento a posteriori, consistente in una relazione tra i termini di una gerarchia con i termini di un’altra gerarchia, a sua volta correlata gerarchicamente alla prima, sicché la gerrchia è duplice: tra gli elementi di una classe (interna alla classe) e tra le classi. La conseguenza è che gli elementi di una classe sono superiori a quelli dell’altra classe. Così, se la classe degli uomini è superiore a quella degli animali, allora ogni singolo uomo è superiore a ogni singolo animale. Tuttavia si tratta di individuare in che cosa consiste la “superiorità”, per esempio quella tra “culture” o “civiltà”. Doppia negazione: espressione di equivalenza logica. Si tratta di una regola di inferenza che permette di rimpiazzare qualunque simbolo con la negazione della negazione di quel simbolo, per esempio: p=←←p (p è uguale alla negazione della negazione di p); p = ← ← p (“necessario che p” è uguale a “non è possibile che non-p”). Doppio legame (ingl. double bind): fenomeno studiato in Bateson 1972, tipico del campo della psicologia e della politica (è il paradosso della libertà nei limiti della libertà altrui). Le espressioni “vietato vietare” e “sii spontaneo” sono direttamente in contrasto con ciò che si chiede. È evidente che un’espressione come la prima mentre vieta di fare qualcosa ci spinge a farlo: non è possibile vietare, ma l’atto di impedire di vietare è esso stesso un divieto (e quindi ciò che è vietato fare). Allo stesso modo, la seconda espressione ci chiede di essere spontanei, ma se non ci viene “spontaneo”, la spontaneità non può che essere una finzione, con tutti i paradossi che ne conseguono. Per illustrare la deriva psicologica del fenomeno del doppio legame, possiamo prendere in considerazione: il caso di quella madre che, al figlio che l’assisteva, rimproverava di non volerle bene, e di non volerla mai abbracciare, ma che, nel momento in cui questi l’abbracciava, lo respingeva dicendo: non voglio che mi abbracci; la sfortunata ipotesi un cui una moglie regali due pullover (uno rosso e uno giallo) al marito: nel momento in cui questi ne indossasse uno (per esempio quello rosso) la moglie potrebbe chiedergli “Perché non indossi il pullover giallo che ti ho regalato? Non ti piace?”. Per resistere agli effetti di questo fenomeno (che è una tecnica di dominio) è necessario tematizzarlo. L’autofagia (vedi) e il principio del doppio legame sono anche una versione del dilemma (vedi), se rappresentate da un punto di vista formale. E: simbolo usato per indicare gli enunciati universali negativi. Eccezione: l’argomento dell’eccezione che conferma una regola viene in genere utilizzato per replicare a un esempio a contrario che rischia di indebolire la portata di una generalizzazione o un argomento basato sulla regola. È chiaro che, a rigore, l’eccezione non conferma, bensì confuta la regola. Effetto, argomento dello: con questo argomento si ipotizza la verità di eventi o proprietà come conseguenza di condizioni iniziali date. Poiché la nostra conoscenza ci suggerisce che a certe condizioni iniziali segue un effetto specifico, il darsi di quelle condizioni rende ragionevole l’aspettativa di quell’effetto. È un procedimento basato su analogia e induzione, utilizzato quando si valuta un evento, una proprietà o una decisione in base alle sue conseguenze. Ma è possibile che le conseguenze siano diverse, o che l’analogia tra situazioni diverse non sia pertinente, o che l’effetto non sia una conseguenza necessaria. Ei incumbit probatio, qui dicit, non qui negat: l’onere della prova spetta a chi avanza una tesi, qualora gli venga richiesto, non a chi la mette in dubbio o la nega. Entimema: argomento formulato in modo incompleto. Una sua parte viene sottintesa o data per scontata: la premessa minore, la premessa maggiore, la conclusione. Aristotele intendeva con questo termine un sillogismo nel quale una premessa era basata sull’opinione condivisa dai più, dagli esperti o dalla maggior parte di essi, e che pertanto (con efficacia retorica) poteva restare inespresso. Nel campo retorico corrisponde a quello che è il sillogismo nel campo della logica, così come l’esempio è l’induzione retorica. Enumerazione, semplice: vedi induzione e generalizzazione. Enunciato: termine che indica la forma logica della proposizione (che indica il contenuto). Il giudizio ne è la forma psicologica. Equivocazione: fallacia informale consistente nel confondere due o più significati della stessa parola o espressione. Se un’espressione è usata con un significato in una premessa e con un significto diverso nella conclusione o nell’altra premessa si ha, nelle inferenze sillogistiche (vedi), una quaternio terminorum (vedi): si è cioè in presenza di quattro termini (mentre questi devono essere solo tre). Esclusione di informazione rilevante: un’informazione che comprometterebbe un’inferenza induttiva viene deliberatamente o inconsapevolmente omessa. Introducendo l’elemento mancante si può neutralizzare la fallacia, mostrando la nuova conclusione a cui si perviene, tuttavia, nel caso della percezione selettiva e dei conflitti nei quali prevale un atteggiamento ideologico può non bastare. Esempio: forma retorica di argomentazione induttiva che si ha quando per provare un’asserzione o una regola facciamo ricordo a un caso e lo generalizziamo. È un argomento debole, in quanto è possibile che l’interlocutore ricorra a un controesempio (vedi) che nega la regola eventualmente trovata. Esempio non rappresentativo: si generalizza una proprietà caratteristica di un preciso insieme facendola valere per un altro insieme non (o non abbastanza) omogeneo. Per replicare si mostrerà che i casi presi in considerazione non rappresentano la complessità del fenomeno in esame. Esperimento cruciale (experimentum crucis): esperimento il cui risultato dovrebbe stabilire, tra due ipotesi scientifiche incompatibili e alternative, quale delle due è vera e quale falsa. Esperto, appello all’opinione di un: argomento critico, non necessariamente fallace, basato sull’autorità cognitiva, contrapposto all’autorità amministrativa o istituzionale, basata esclusivamente sulla riverenza. Per essere ritenuto accettabile, tale argomento deve soddisfare i seguenti criteri: l’esperto, oltre a essere (1) credibile e degno di fiducia sia (a) personalmente sia (b) come esperto (altrimenti sarebbe possibile ricorrere a un argomento ad hominem), deve essere (2) esperto dell’ambito di cui si discute; (3) la sua tesi deve essere presentata fedelmente, non manipolata, non deformata, non citata al di fuori del contesto originale; (4) se possibile la tesi deve essere condivisa anche da altri esperti di quel campo; (5) la tesi deve essere provata e l’esperto o chi alla sua opinione si appella deve dare le ragioni. Il mancato rispetto di uno o più di questi criteri indebolisce l’argomento e lo trasforma in riverenza nei confronti di un’autorità (ad verecundiam). Essenza: è ciò che identifica una cosa in senso proprio. Viene esplicitato dalla definizione per genere e differenza. Essenza: argomento a priori nel quale si presuppone, come giustificazione di un’azione o omissione, un sostrato persistente e permanente, per esempio dell’essere umano, che diventa una proprietà stabile del soggetto di un enunciato. Ciò che si discosta dall’essenza sarebbe di per sé una deviazione, una deformazione, un abuso ecc. L’argomento è efficace se l’interlocutore ammette che qualcosa abbia un’essenza e che questa essenza sia conoscibile. Tuttavia si potrebbe essere in disaccordo su quale sia l’essenza. Simile all’argomento della natura. Estensione: i vari oggetti o elementi ai quali un termine può essere correttamente applicato. Sinonimo di denotazione e contrario di intensione o connotazione. Etimologia, argomento della: argomento a priori consistente nell’avvalorare una tesi traendo spunto dall’etimologia di un termine che caratterizza quasi essenzialmente il significato del concetto espresso. Ma il ricorso all’etimologia, per quanto suggestivo, non è dimostrativo: non è detto che l’origine dei termini abbia un valore di verità rispetto alle questioni trattate. Ex falso quodlibet (dal falso deriva qualunque cosa). Mentre da premesse vere non derivano (nel rispetto delle regole per una corretta inferenza) che conclusioni vere, da premesse false possono derivare sia conclusioni false che conclusioni vere). Exclusi tertii principium: principio del terzo escluso. Ex contingente necessario: fare di ciò che è contingente qualcosa di necessario. Errore di logica modale. Ex mere negativis nihil sequitur: regola che stabilisce che il sillogismo categorico non può presentare due premesse negative. Se ci sono, non si ha nessuna conclusione. Ex mere particularibus nihil sequitur: in un sillogismo categorico, da premesse particolari non deriva alcuna conclusione. Facile, argomento del: il punto di forza di questo argomento a priori è la maggiore o minore facilità del ragionamento che si desidera avvalorare rispetto a quello che si vuole criticare. La tesi che si sostiene è presentata come preferibile perché più semplice. Sebbene sia anche uno dei criteri di valutazione delle ipotesi scientifiche, tuttavia, la maggiore semplicità di un’ipotesi o di una spiegazione rispetto a un’altra non significa di per sé che tale ipotesi più semplice sia vera e quella più difficile sia per ciò stesso falsa. Questo argomento a priori è piuttosto una presunzione indimostrata. Fallacia: errore nel ragionamento o argomento che, pur sembrando corretto, a un esame attento si rivela scorretto. Rispetto alla trattazione tradizionale delle fallacie, in questo Prontuario, tranne il caso delle fallacie sillogistiche (vedi), le fallacie non sono sempre considerate erronee, ma solo quando alla probabilità della loro conclusione sostituiscono la necessità. Le fallacie sono riportate sotto i loro nomi specifici nel glossario. Tra le fallacie di definizione: definizione troppo ampia; definizione troppo stretta; definizione oscura; definizione circolare; definizione autocontraddittoria; ambiguità; anfibolia, accento; linguaggio pregiudizievole; espressione prevalente sul contenuto. Tra le fallacie di spiegazione: explanans ad hoc, assenza di explanandum; explanandum minato; explanans non controllabile. Tra le fallacie deduttive: sillogistiche; autocontraddittorietà; affermazione del conseguente, negazione dell’antecedente. Tra quelle pseudo-deduttive: falsa disgiunzione; ad ignorantiam, domanda composta; questione complessa; conclusione irrilevante; composizione; distinzione. Tra le fallacie degli argomenti a priori: transitus de genere ad genus; fallacia d’accidente; falsa etimologia. Tra quelle a posteriori: induttive e causali. Infine, tra quelle strutturali, la falsa analogia. Fallacia genetica: forma di argomento ad hominem prevaricante, in cui la fonte o la genesi di una posizione viene attaccata al posto della posizione stessa. Fallacie di ambiguità: vedi ambiguità. Fallacie di presunzione: fallacie informali commesse quando la conclusione di un argomento dipende da un’assunzione tacita o implicita e per di più dubbia, ingiustificata o falsa. Fallacie di rilevanza: fallacie informali commesse quando le premesse di un argomento non hanno rilievo rispetto alla sua conclusione. Falsa causa (pro causa): fallacia informale consistente nel considerare erroneamente come causa di qualcosa che che causa non è. Felapton: nome tradizionale di uno dei 4 sillogismi validi in forma indebolita (la cui conclusione dice cioè meno di quanto potrebbe). Modo e figura EAO-III: la premessa maggiore è universale negativa, la minore universale affermativa e la conclusione particolare negativa; il medio è predicato della maggiore e soggetto della minore. Ferio: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi categorici in forma valida con modo e figura EIO-1, in quanto la premessa maggiore. La figura è la prima in quanto il medio è soggetto della premessa maggiore e predicato della minore. Ferison: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi in forma valida con modo e figura EIO-3 in quanto la premessa maggiore è universale negativa, la minore particolare affermativa e la conclusione particolare negativa. La figura è la terza in quanto il medio è soggetto di entrambe le premesse. Fesapo: nome tradizionale di uno dei 4 sillogismi validi in forma indebolita (la cui conclusione dice cioè meno di quanto potrebbe). Modo e figura EAO-IV: la premessa maggiore è universale negativa, la minore universale affermativa e la conclusione particolare negativa; il medio è predicato della maggiore e soggetto della minore. Festino: nome tradizionale di uno dei 15 (19) sillogismi in forma valida con modo e figura EIO-2, in quanto la premessa maggiore è universale negativa, la minore particolare affermativa e la conclusione particolare negativa. La figura è la seconda perché il medio è predicato di entrambe le premesse. Figura di un sillogismo: la forma di un sillogismo è determinata dalla posizione del termine medio nelle due premesse. Nella prima figura il medio è soggetto della premessa maggiore e predicato della minore; nella seconda è predicato di entrambe le premesse; nella terza è soggetto di entrambe e nella quarta è predicato della maggiore e soggetto della minore. Ricordiamo che la premessa maggiore è quella in cui si trova il termine-predicato della conclusione, mentre la minore è quella in cui si trova il termine-soggetto della conclusione. Fresison: nome tradizionale di uno dei 15 sillogismi in forma valida con modo e figura EIO-3 in quanto la premessa maggiore è universale negativa, la minore particolare affermativa e la conclusione particolare negativa. La figura è la terza in quanto il termine medio è soggetto di entrambe le premesse. Generalizzazione (induttiva o statistica): metodo tramite il quale si arriva a proposizioni generali o universali partendo da fatti particolari dell’esperienza. Si basa sul principio dell’induzione e ne condivide i limiti. Se si basa sulle statistiche (che sono un procedimento induttivo più elaborato), ne condivide tutti i lati problematici. Può essere indebita o abusiva quando è compiuta a partire da pochi casi (o al limite uno solo), senza che la conclusione sia messa alla prova e senza prendere in considerazione i controesempi. Generalizzazione indebita: 1. a dicto secundum quid ad dictum simpliciter: si generalizza qualcosa senza distinzioni, in base al fatto che una particolare situazione si è presentata in un caso particolare. Per replicare occorre mostrare che si trattava, appunto, di un caso particolare (se un tedesco mi ruba il portafogli questo non significa che tutti i tedeschi sono ladri); 2. enumeratio imperfecta o ab uno descendet omne: il numero degli elementi considerati è troppo esiguo per giustificare la conclusione. Per replicare si mostrerà che il numero degli elementi considerati è irrilevante rispetto alla conclusione che si vuole generalizzare. Vedi anche induzione e statistica. Genere e differenza: vedi definizione per genere e differenza. Giusto: la conclusione di un argomento deduttivo è corretta se vengono rispettate le regole, e vera o giusta se le premesse sono vere e le regole rispettate. I: simbolo usato per indicare gli enunciati particolari affermativi. Identità, principio di: principio che asserisce che se una proposizione è vera allora è vera; in altri termini, che un oggetto è identico a sé stesso. Ideologia: forma di inferenza non valida ma simile a una tautologia. È indimostrabile ma presa come se fosse già da sempre dimostrata. Non è falsificabile e perciò estranea all’ambito scientifico, ma dispiega i suoi effetti argomentativi in modo deduttivo partendo da un’unica premessa immunizzando le tesi sostenute dalla possibilità stessa di essere controllate e con ciò corroborate o falsificate. Utilizza spesso anche argomenti basati sull’essenza, attacchi personali e termini connotati negativamente. Un’attitudine ideologica manifesta, da un punto di vista psicologico, tendenze persecutorie (il mito del complotto da parte di un avversario pericolosissimo). In breve: consiste nell’immagine speculare e negativa delle regole della disputa cortese dal punto di vista delle mosse argomentative (si veda il capitolo e gli esercizi sul processo inquisitorio) e dell’ipotesi dal punto di vista dell’inferenza. Ignoratio elenchi: errore formale consistente nel sostenere una tesi con argomenti non pertinenti o che si riferiscono a un’altra tesi non correlata con la prima. Ignotum per ignotum: errore nella definizione, consistente nel definire un termine ignoto attraverso termini altrettanto ignoti. Illocutorio, atto linguistico (vedi) che ha luogo mentre si dice qualcosa, ma non ha significato (nel qual caso sarebbe un atto locutorio) bensì forza ed è legato all’intenzione di chi parla, come nelle espressioni di comandi, richieste, proibizioni ecc. L’argomentazione può essere considerata un atto linguistico complesso, illocutorio-locutorio. Vedi anche funzioni del linguaggio e perlocutorio Illustrazione, argomento della: questo argomento pragmatico, a differenza dell’esempio, non serve a fondare una generalizzazione, bensì a rafforzare un’adesione già esistente a una generalizzazione. Corrobora ma non fonda una regola. Se non si condivide la generalizzazione, l’illustrazione perde qualsiasi valore. Un controesempio può fungere da replica. Implicature conversazionali: termine coniato da Grice, e distinto da quello di implicazione. Il suo obiettivo è permettere di distinguere tra ciò che si dice e ciò che si implica quando si parla. Vedi principio di cooperazione, massime conversazionali. Implicazione: la relazione che vale tra l’antecedente e il conseguente di un enunciato o asserto condizionale (se...allora...) e, nella misura in cui la forma del condizionale è la forma universale delle inferenze, per tutti i ragionamenti. È simbolizzata da “ ” (implicazione semplice); “ ” o “ ” (implicazione stretta); “ ” (indicatore di conclusione, “quindi”) Incoerente (inconsistente): qualsiasi insieme di enunciati che non possono essere tutte vere o qualsiasi argomento con premesse contraddittorie. Incompatibilità: argomento pseudo-deduttivo che induce a credere che, poste due asserzioni, occorra sceglierne una o rinunciare a entrambe; in altri termini, un’alternativa includente (A vel non-A) è presentata come se fosse escludente (A aut non-A). La disgiunzione esclusiva si basa sul presupposto che sia possibile applicare il principio del terzo escluso. Ma talvolta non è necessario, o non è possibile, applicare tale principio, perché l’alternativa posta non è affatto esclusiva. Vedi anche il dilemma. Indicatore di conclusione: parola o espressione che in un argomento indica che quanto segue è la conclusione dell’argomento (dunque, quindi ecc.). Indicatore di premessa: parola o espressione che segnala di essere seguita da asserti che fungono da premesse (poiché, in quanto, dal motivo che ecc.). Inductio per enumerationem simplicem: vedi induzione. Induzione: uno dei principali tipi di inferenza, distinto dalla deduzione in quanto le sue premesse: a) rimandano a una conoscenza empirica o empiricamente controllabile; b) portano a una conclusione solo probabile. Inoltre, rispetto alla deduzione, la sua conclusione è ampliativa. Riteniamo che la migliore definizione di induzione sia: metodo per controllare le ipotesi. È anche possibile distinguere induzione e deduzione sottolineando che l’induzione inferisce dal particolare al generale, mentre la deduzione procede dal generale al particolare, ma si tratta di una distinzione impropria. Vedi anche ipotesi e abduzione. Induzione da un solo caso: tipo di generalizzazione basata su un solo caso o esempio. A meno che non riesca a individuare una relazione essenziale tramite un esperimento cruciale, tale metodo è molto poco attendibile. Induzione per semplice enumerazione: tipo di generalizzazione induttiva che, partendo da premesse che riportano un certo numero di casi in cui alcuni fenomeni si presentano insieme in certe circostanze, arriva a concludere che quei fenomeni si trovano sempre insieme in tali circostanze. Induzione per enumerazione completa: pseudo-induzione o deduzione mascherata, in quanto i casi esaminati della connessione tra fenomeni di cui si dice nella induzione per enumerazione semplice sono tutti quelli esistenti. La conclusione è pertando necessaria. Induttivi, metodi per la ricerca delle cause: vedi metodo della concordanza, della differenza, della concordanza e della differenza, dei residui, delle variazioni concomitanti. Inferenza: processo per cui si arriva ad affermare una proposizione sulla base di qualche altra proposizione. Possono essere immediate, se si basano su una sola premessa o mediate, se si basano su più premesse. La forma universale dell’inferenza è “se p allora q”: p→ q. Inferenza immediata: inferenza tratta direttamente da una premessa senza la mediazione di una seconda premessa premessa: le inferenze basate sul quadrato delle opposizioni o le inferenze per trasformazione. Inferenza mediata: qualsiasi inferenza derivata da più di una premessa. Intensione di un termine: le proprietà condivise da tutti e soli gli oggetti della classe denotata da quel termine. Sinonimo di connotazione. Invalido: in logica, sinonimo di non valido; caratterizza un ragionamento deduttivo che non formisce ragioni per concludere o che viola una regola. Ipotesi: insieme a deduzione e induzione, forma inferenziale di base. In comune con l’induzione ha il fatto che anche le sue conclusioni sono probabili. L’ipotesi considera un fatto soprendente e cerca di spiegarlo come caso di una regola. La regola non è ricavata come generalizzazione da una semplice ripetizione di eventi, bensì scelta tra diverse possibili, ovvero scoperta, inventata, nel momento in cui ci si trova di fronte all’indizio di un omicidio, al sintomo di una malattia, ecc. Si accetta un’ipotesi in quanto i fatti osservati sono tali da apparire conseguenze necessarie o probabili della regola trovata: l’induzione serve allora come controllo dell’ipotesi. Si distingue dall’abduzione (che con essa viene spesso confusa) perché: 1. l’ipotesi isola una regola già codificata a cui un caso è correlato per inferenza; 2. l’abduzione rappresenta l’adozione provvisoria di un’inferenza esplicativa da sottoporre a verifica sperimentale e che mira a trovare, assieme al caso, anche la regola. Ipse dixit (lett. l’ha detto lui, anche: magister dixit greco: autos epha,): forma alternativa per indicare l’argomento d’autorità. Latius hos: nome abbreviato di una fallacia commessa in violazione di una delle regole della quantità del sillogismo. Un termine non distribuito in una premessa non può esserlo nella conclusione, altrimenti il termine della conclusione, essendo più esteso, determinerebbe la presenza di quattro termini (vedi quaternio terminorum). Latius hunc (terminum) quam praemissae conclusio non vult: forma non abbreviata dell’espressione latius hos. Leggi del pensiero (e della logica): vedi principio di identità (lex identitatis), principio di non contraddizione (lex contradictionis), principio del terzo escluso (lex exclusi tertii sive medii inter duo contradictoria). Limitazione, conversione per e contrapposizione per: le inferenze immediate per conversione, applicate agli enunciati di tipo A e, per contrapposizione, applicate agli enunciati di tipo O; l’espressione “per contrapposizione” indica che tali inferenze saranno valide solo per alcuni casi, e non per tutti. Linguaggio, funzioni del: il linguaggio può avere funzione assertiva, espressiva, direttiva commissiva o dichiarativa. Qualsiasi tipo di funzione è anche performativo, cioè il linguaggio può essere usato per fare qualcosa. Ma vedi anche atto linguistico, locutorio, perlocutorio e illocutorio. Litote: sostituizione di un’espressione (o di una frase) attraverso una frase equivalente ma negativa. Locus communis, Loci communes: luoghi comuni o topoi. Locutorio: atto linguistico (vedi) di proferire determinate parole dotate di significato usate per descrivere. Vedi illocutorio e perlocutorio. Logica: qui usata nel senso dello studio dei metodi e dei principi usati per distinguere il ragionamento corretto da quello scorretto. Logica aletica: vedi logica modale. Logica aristotelica: trattazione classica del ragionamento sillogistico. È quella che viene presa in considerazione in questo Prontuario, opportunamente integrata dalla mnemotecnica medioevale e da pochi simboli di logica formale. Logica deontica: logica delle norme e dei concetti normativi. Il suo oggetto è la descrizione delle strutture della logica prescrittiva. È considerata parte della logica modale e si esprime attraverso le specificazioni modali: obbigatorio, proibito, permesso, facoltativo. Gli enunciati deontici non vengono considerati direttamente come aventi un valore di verità o falsità. Logica informale: la tradizione che si indica con tale espressione comprende concezioni molti diverse tra di loro, quali il Critical Thinking e la Informal Logic. Mentre il primo indica prevalentemente un movimento di riforma dell’istruzione sorto negli anni Settanta del XX secolo e finalizzato a sviluppare attitudini critiche negli studenti. La seconda, invece nasce come reazione all’insegnamento universitario della sola logica simbolica e sviluppa un metodo per l’analisi del linguaggio naturale (benché non incompatibile con quello formale), escludendo il linguaggio formalizzato e artificiale: ha come obniettivo specifico lo studio logico degli argomenti. Sia la logica informale che il Critical Thinking si sono spostati verso la ricerca di metodi di analisi e valutazione degli argomenti presenti nel discorso ordinario. Logica modale: la modalizzazione avvicina la logica al linguaggio quotidiano e alle distinzioni non sempre nette che lo caratterizzano. Oltre al modello degli enunciati (e quindi dei ragionamenti) di tipo categorico, noi possiamo utilizzare diversi tipi di enunciati, potendo dire “È necessario che p”, “È possibile che p” (avremmo in questo caso una logica “aletica” o modale tout court); ma possiamo anche dire “Talvolta è vero che p” (e avremmo a che fare con una logica modale “temporale”); oppure “È obbligatorio”, “È permesso che p” (in questo caso utilizzando una logica modale “deontica”); così come “So che p”, “Credo che p” (logica modale “epistemica”) e, infine, “È bene che p” (logica modale “etica”). È possibile formalizzare queste distinzioni secondo il quadrato delle opposizioni. Se prendiamo in considerazione le prime tre logiche modali abbiamo tre serie di contrapposizioni: una oppozione temporale: sempre, mai, talvolta sì. talvolta no; una opposizione deontica: obbligatorio, vietato, permesso, facoltativo; una opposizione modale propriamente detta: necessario, impossibile, possibile contingente. Logica simbolica: nome dato alla trattazione moderna della logica deduttiva, spesso in forma matematica. Se ne veda la breve storia direttamente nel testo. Logica temporale: vedi logica modale. Maggiore illecito, fallacia del (o trattamento illecito del termine maggiore): errore sillogistico commesso quando il termine maggiore non è distribuito nella premessa maggiore ma è distribuito nella conclusione. È un errore perché viola la regola sillogistica secondo la quale se un termine è distribuito nella conclusione allora deve essere distribuito anche nelle premesse. In tal modo si determina una sorta di quaternio terminorum (vedi). Vedi anche minore illecito e distribuzione dei termini. Massime conversazionali: Grice articola il principio di cooperazione in quattro sottoprincipi o massime, che chiama: 1. massima di quantità: a. Da’ un contributo tanto informativo quanto è richiesto (per gli scopi accettati dello scambio linguistico in corso) b. Non dare un contributo più informativo di quanto è richiesto; 2. massima di qualità: Tenta di dare un contribuito che sia vero: a. Non dire ciò che pensi essere falso; b) non dire ciò per cui non hai prove adeguate; 3. massima di relazione: Sii pertinente; 4. massima di modo: Sii perspicuo: a. evita l’oscurità di espressione; b. evita l’ambiguità; c. sii breve (evita la prolissità non necessaria); d. sii ordinato nell’esposizione. Le massime vengono riprese nell’ambito della pragma-dialettica e servono da base per condurre una discussione ragionevole o “cortese”. Rappresentano una sorta di galateo. Medio ambiguo: fallacia sillogistica nella quale il significato del termine medio slitta nel corso del sillogismo determinando una quaternio terminorum (vedi). Vedi anche distribuzione dei termini. Medio incluso, fallacia del: fallacia sillogistica consistente nella presenza del termine medio nella conclusione, in violazione di una regola strutturale del sillogismo. Medio non distribuito: fallacia sillogistica, consistente nel fatto che il termine medio non è distribuito in almeno una premessa (vedi regole sillogistiche). Mentitore, paradosso del: paradosso logico inventato da Eubulide o Epimenide consistente nella autoreferenzialità dell’asserzione: “mento sempre” o “sto mentendo”. Se la frase “sto mentendo” è vera, allora non è vero che sto mentendo, ma se dico la verità, allora vuol dire che sto mentendo. Metathesis premissarum: operazione con la quale, nella logica sillogistica, i medievali indicavano lo scambio della premessa maggiore e della premessa minore, per esempio nella riduzione di un sillogismo a uno della prima figura. Metodi della ricerca sperimentale: detti anche metodi induttivi o metodi di Mill; si tratta di strumenti di conferma o confutazione delle ipotesi causali attraverso un perfezionamento dell’induzione: metodo della concordanza, metodo della differenza, metodo congiunto della concordanza e della differenza, metodo dei residui, metodo delle variazioni concomitanti. Metodo congiunto della concordanza e della differenza: schema di inferenza induttiva nel quale il metodo della concordanza e quello della differenza vengono utilizzati in combinazione. Metodo scientifico: insieme di tecniche per la soluzione dei problemi consistente approssimativamente nelle fasi seguenti: costruzione di ipotesi preliminari, formulazione di ipotesi esplicative, deduzione di conseguenze dalle ipotesi, controllo delle conseguenze dedotte, applicazione della teoria a ulteriori problemi. Metum, argomento ad: argomento basato sulla paura che sull’interlocutore produce una possibilità o conseguenza di un evento, azione od omissione. Può sovrapporsi all’argomento ad baculum, quando la paura è determinata dalla minaccia di chi vuole persuadere, o all’argomento ad consequentiam, quando le conseguenze dell’azione od omissione sono indesiderabili. Per replicare a tale argomento può talvolta essere sufficiente sottolineare come le conseguenze, o le minacce, siano più apparenti che reali, o che le conseguenze siano desiderabili, o che dall’azione o omissione derivino piuttosto altre conseguenze che non quelle indicate. Minore illecito o fallacia del trattamento illecito del termine minore: errore sillogistico consistente nel fatto che il termine minore, essendo distribuito nella conclusione, non è invece distribuito nella premessa minore. Vedi anche maggiore illecito e distribuzione dei termini. Modello, argomento del: argomento pragmatico nel quale si propone all’interlocutore o all’uditorio un comportamento esemplare, che permette di stabilire una regola valida per tutti. Il modello è scelto in base al prestigio, ma: 1. la portata applicativa potrebbe essere contestata; si può replicare anche attraverso un anti-modello. Modo: classificazioni dei sillogismi categorici determinata dalle forme di proposizioni categoriche standard. Essendoci quattro forme di proposizione (A, E, I, O) e tre proposizioni per sillogismo, si hanno 64 modi possibili dei sillogismi, ridotti a 15 (o 19, se si considerano i modi indeboliti, la cui conclusione, essendo particolare, dice meno di quanto sarebbe consentito dire in base alle premesse, universali) validi in base alle regole di validità del sillogismo (vedi). Modus ponendo tollens: forma valida di sillogismo ipotetico, per cui, avendo una scelta tra due alternative che si escludono e avendone posta una, si esclude di conseguenza l’altra. In simboli: pVq; q; ← p. Modus ponens: regola di inferenza (valida) secondo cui, se si assume la verità di una premessa ipotetica e la verità dell’antecedente di quella premessa, è lecito concludere che il conseguente di quella premessa è vero. In simboli: p q; p; q; q. Modus tollendo tollens: regola di inferenza (valida), nella quale, avendo due alternative reciprocamente escludentisi e la negazione di una delle due, si afferma (pone) di conseguenza la rimanente. In simboli: pVq; q; ←q; ←p. Modus tollens: regola di inferenza secondo cui, se si assume la verità di una premessa ipotetica e la falsità del conseguente di quella premessa, è possibile concludere che l’antecedente di quella premessa è falso. In simboli: p q; ←q; ← p. Natura, argomento della: vedi essenza. Ne fiat per disjuncta: regola della definizione, per la quale non è ammessa una suddivisione nella definizione. Ne sit negans: regola della definizione, in base alla quale non è ammessa una definizione negativa. Negazione: “←p” significa “non si dà il caso che p” oppure “non-p” Negazione dell’antecedente: fallacia del modus tollens, così chiamata perché la premessa categorica nega l’antecedente anziché, come consentito, il conseguente della premessa condizionale. In simboli: p q; ←p ← q. Nequaquam medium capiat conclusio fas est: regola del sillogismo, secondo la quale il medio non può essere inclus o nella conclusione. Nihil sequitur geminis ex particularibus umquam: regola del sillogismo, secondo la quale da due premesse particolari non si ha alcuna conclusione. Non causa pro causa: termine che indica una fallacia nell’individuazione di una causa, consistente nel considerare causa ciò che non lo è. Non contraddizione, principio di: vedi contraddizione. Non distributivi, sed collectivi medii: fallacia del medio non distribuito, che è per es. soggetto di una particolare e predicato di una universale affermativa. Non sequitur (lett. non segue): argomento che commette una delle fallacie di rilevanza, in cui la conclusione non segue dalle premesse. O: simbolo usato per indicare gli enunciati particolari negativi. Obversa: vedi obversione. Obversione: forma di inferenza immediata valida per ogni proposizione categorica in forma normale. Per obvertire una proposizione si cambia la sua qualità (da affermativa a negativa o da negativa ad affermativa) e si rimpiazza il termine predicato con il suo complemento. “Tutte le scimmie sono mammiferi” diventa “Nessuna scimmia è un non-mammifero”. La proposizione finale si chiama obversa, quella iniziale (che è da obvertere) obvertenda. Obvertenda: vedi obversione. Opposizione: qualunque relazione logica, inclusa la subalternazione, tra i tipi di proposizioni categoriche del quadrato delle opposizioni (vedi). Omnis comparatio claudicat: qualsiasi paragone o analogia (se usato come argomento) zoppica. Omnis determinatio est negatio: ogni definizione per delimitazione è una negazione, cioè è un dire che cosa un termine non è. Onus probandi: l’onere della prova. Paradigma (dal greco esempio): in Aristotele indica un ragionamento per analogia, base delle argomentazioni retoriche. Paradosso: ragionamento che sembra violare le leggi della logica, autocontraddittorio, lett. dal greco paradoxon “contro l’opinione comune” (doxa). Paragone, argomento del: argomento a posteriori nel quale si articola in modo più dettagliato un’analogia, mettendo a confronto due casi diversi appartenenti allo stesso ambito, e trasferendo un giudizio di valore positivo o negativo da un caso all’altro. Ma si può discutere il giudizio di valore e la pertinenza del paragone, nonché rovesciarlo. Vedi analogia e doppia gerarchia. Paralogismo: errore derivante dal mancato rispetto delle regole della logica. A differenza del sofisma, non è intenzionale. Pars pro toto: la parte per il tutto. Peggiorativo, fallacia del: fallacia sillogistica commessa in violazione della regola della qualità (vedi regole del sillogismo) secondo cui se una delle premesse è negativa la conclusione deve essere negativa. Se essa è, invece, positiva, si commette la fallacia. Performativa, funzione del linguaggio: Talune espressioni, in presenza delle circostanze appropriate, compiono effettivamente l’azione che sembrano riferire o descrivere, per esempio, le dichiarative: “Mi scuso”; “Ti battezzo” o la dichiarativa d’uso: “Per terrorismo intendo l’uccisione indiscriminata di civili inermi, non la guerra tra soldati”. L’analisi di tale funzione del linguaggio è particolarmente importante nell’individuazione di un argomento a favore del divieto del negazionismo, dell’antisemitismo, dell’antisionismo, della xenofobia e del razzismo in genere, in quanto se fosse accettata come effettiva una tale funzione del linguaggio, questi fenomeni non sarebbero da considerarsi mere opinioni bensì azioni con un effetto ben determinato: istigazione all’odio (nel peggiore dei casi alla violenza e allo sterminio). Perlocutorio, atto linguistico (vedi) indicante l’effetto provocato su chi ascolta dall’atto di dire qualcosa (vedi locutorio), come la persuasione o l’insinuazione. Petitio principii (petizione di principio): fallacia in cui la conclusione di un argomento viene stabilita o assunta in una delle premesse, presupponendo quanto è da dimostrare. Pluralità di cause: norma precauzionale nell’individuazione induttiva delle cause, conistente nell’asserire che uno stesso effetto può avere più di una causa distinta. Se assolutizzata, rende difficoltosa l’individuazione delle cause, o almeno di un’unica causa (necessaria e sufficiente) di un effetto. Plurium interrogationum (lett. delle molte domande): fallacia della domanda complessa. Post et non propter: dopo, e non a causa di. Ciò che viene dopo non è necessariamente causato da quanto viene prima. Se lo si presuppone si commette la fallacia post hoc ergo propter hoc. Post hoc ergo propter hoc: variante della falsa causa o non causa pro causa (vedi), in base alla quale un determinato evento è effetto di un altro solo perché è avvenuto dopo. Pragma-dialettica, teoria: il nome scelto da van Eemeren e Grootendorst per la loro teoria dell’argomentazione manifesta l’interesse per gli aspetti pragmatici e dialettici. La teoria è pragmatica perché concepisce il discorso come una pratica in cui avviene uno scambio di atti discorsivi, ricorrendo in particolare alla “pragmatica linguistica”, cioè alla teoria del discorso e degli atti linguistici per l’analisi degli argomenti. è però anche dialettica, perché individua il proprio ideale nella regolamentazione dello scambio tra i parlanti come tentativo di risolvere una divergenza di opinioni. Pragmatico, argomento: argomento basato sulle conseguenze di un’azione o sull’uso, sul facile, sul superfluo, sul sacrificio inutile ecc. Si distingue dagli argomenti a priori, a posteriori e strutturali. Premessa maggiore: in un sillogismo di forma normale, la premessa che contiene il termine maggiore (predicato della conclusione). Premessa minore: in un sillogismo di forma normale, la premessa che contiene il termine minore (soggetto della conclusione). Premesse: in un argomento, le proposizioni sulle quali si basa l’inferenza. Priorità della causa sull’effetto: con quest’argomento si sostiene che la causa vale di più dell’effetto. Tuttavia, effetti considerevoli potrebbero essere determinati da piccole perturbazioni. Premesse negative, fallacia delle: fallacia sillogistica commessa in violazione della regola della qualità (vedi regole del sillogismo) in base alla quale da due premesse affermative non può derivare una conclusione negativa. Principio di cooperazione: principio base della conversazione teorizzato da Grice. Partendo dal postulato che comunicare sia un’attività razionale tramite la quale un essere umano produce intenzionalmente certi effetti (credenze e azioni) su un altro essere umano, con l’intenzione che l’ascoltatore riconosca le intenzioni comunicative dell’emittente, Grice definisce le conversazioni come dei lavori di collaborazione in cui i partecupanti riconoscono e perseguono degli obiettivi comuni. Su questa base formula il principio di cooperazione: «Dai il tuo contributo alla conversazione nel modo richiesto, allo stadio in cui è richiesto, dallo scopo condiviso o dalla direzione dello scambio comunicativo in cui sei impegnato.» (Grice 1987:204) Vedi anche implicature conversazionali, massime conversazionali e confronta con le regole pragma-dialettiche della discussione. Profezia che si autoavvera: meccanismo psicologico e sociale, dalle gravi conseguenze politiche ed educative, che consiste nel trasformare ciò che si osserva e interpreta sulla base di ciò che si desidera e ci si aspetta: le aspettative e desideri determinano un processo di selezione di ciò che è percepito; il comportamento è reso conforme a questa percezione, esercitando un’influenza (su un individuo o sulla situazione) tale da rendere reale l’aspettativa. Lo schema preesistente ne risulta rafforzato e confermato, ma è rappresenta il risultato, più che il punto di partenza, come invece si è spinti a ritenere. Propagazione, argomento della: argomento a priori, variante dell’argomento di direzione, mette in guardia l’uditorio sull’evoluzione di certi fenomeni che, per meccanismi propri, tendono a diffondersi. È quindi un avvertimento contro le conseguenze negative (vedi ad consequentiam). Si replica a questo argomento analizzando (e contestando) la portata del meccanismo di propagazione affermato. Proposizione: ciò che si asserisce utilizzando un enunciato dichiarativo. Sinonimo di asserto, vedi enunciato e proposizione categorica. Premesse negative, fallacia delle: questa fallacia viola la regola sillogistica che afferma una conclusione non potersi ricavare da un sillogismo nel quale entrambe le premesse siano negative. Proposizione alternativa: proposizione composta il cui connettivo logico è una disgiunzione. In simboli: “pVq”. Proposizione categorica: proposizione che afferma o nega che una classe S è inclusa in un’altra classe P, interamente o parzialmente. Vi sono quattro proposizioni o enunciati, suddivise in base alla quantità (universale o particolare) e alla qualità (affermativa o negativa): universali affermative (A), universali negative (E), particolari affermative (I) particolari negative (O). Proposizione composta: proposizione che comprende due o più proposizioni. Proposizione condizionale: proposizione ipotetica della forma “Se p allora q”. Proposizione esclusiva: proposizione che asserisce che il predicato si applica esclusivamente al soggetto, per es.: “Nessuno, se non i politici, guadagna così tanto”. Proposizione ipotetica: vedi proposizione condizionale. Proposizione particolare: proposizione che si riferisce ad alcuni ma non a tutti gli elementi di una classe. La proposizione particolare affermativa si indica con la lettera I: “Alcuni S sono P”; la particolare negativa si indica con la lettera O: “Alcuni S non sono P”. Proposizione singolare: proposizione che asserisce che un particolare individuo ha o non ha una determinata proprietà (viene considerata come se fosse universale, infatti quando dico “Socrate bevve la cicuta” intendo che tutti gli individui della classe “Socrate”, e cioè quel particolare individuo, hanno compiuto quell’azione). Proposizione universale: proposizione che si riferisce a tutti gli elementi di una classe. La proposizione universale affermativa (A) è del tipo: “Tutti gli S sono P”; l’universale negativa (E), invece, è del tipo “Nessun S è P”. Pseudo-contraddizione: argomento pseudodeduttivo con il quale si pretende che la tesi dell’avversario violi il principio di non contraddizione. Ma che vi sia contraddizione è talvolta tutt’altro che certo, e chi viene accusato di contraddirsi può, con opportuni distinguo, mostrare che non c’è alcuna contraddizione. Pseudo-deduttivi, argomenti: vedi argomento. Pseudo-identità: argomento preudo-deduttivo che introduce una definizione sviluppando l’argomentazione volta a collegare, come se fossero identici, ciò che deve essere definito e ciò che si usa per definire (definiendum e definiens). L’identità tra i due elementi non è però del tutto indiscutibile, anzi dovrebbe essere giustificata. C’è differenza tra una proposizione come “Gli uomini sono animali razionali” usata per sostenere l’identità essenziale tra essere umano e razionalità, poiché è possibile che alcuni uomini non siano attualmente in possesso di ragione o che esistano altri esseri razionali, e una come “gli scapoli sono uomini non-sposati”, in quanto nel secondo caso c’è una vera interscambiabilità (tutti gli scapoli sono non- sposati e viceversa). Pseudo-transitività: argomento pseudodeduttivo costruito sullo schema di transitività: “Se A è in relazione con B, e B in relazione con C, allora A è in relazione con C”. Rappresenta la forma dell’inferenza deduttiva, ma non è detto che la relazione (della conclusione) sussista realmente, per esempio: io (B) potrei avere due amici (A e C) che non sono amici tra di loro. Quadrato delle opposizioni: diagramma in forma di quadrato che ostra le relazioni logiche (opposizioni) tra quattro tipi di proposizioni categoriche (A, E, I, O). Qualità: proprietà di ogni proposizione categorica, determinata dal fatto che essa affermi o neghi una inclusione tra classi (l’appartenenza di un soggetto a un predicato). Quantificatore: simbolo utilizzato per indicare se il soggetto di una proposizione viene considerato nella sua totalità o solo in parte. La logica classica conosce i quantificatori “tutti”, “nessuno”, “alcuni”, “qualche”, quella moderna esprime la quantificazione universale con il simbolo “ ”, come nell’espressione “ x” (ogni, tutti gli elementi x) e quella particolare con il simbolo: “ ”, come in “ x” (esiste almeno un elemento x tale che...). Quantificatori, problemi nel loro uso – I problemi nell’uso dei quantificatori dipendono dal rapporto tra il tutto e la parte. È possibile sostenere che ciò che vale per il tutto deve valere anche per la parte. La base di questo argomento detto del tutto e della parte è pseudo-sillogistica ed è fondata sull’insiemistica. Se l’uomo è un mammifero (e lo è), allora avrà tutte le caratteristiche tipiche dei mammiferi. Se, cioè, tutti i mammiferi allattano i cuccioli, così farà anche l’uomo. Tuttavia non sempre la parte ha le caratteristiche del tutto, specialmente se le caratteristiche del tutto non sono ben definite o se sono ambigue. Così, se l’uomo è un animale razionale, qualsiasi uomo deve essere razionale. Ma sappiamo che alcuni non lo sono (e non vale replicare che si tratta dell’eccezione che conferma la regola, perché si potrebbe altrettanto bene dire che l’eccezione, lungi dal confermare la regola, la falsifica). L’argomento del tutto e della parte ha un suo opposto, rappresentato dall’argomento a posteriori dell’induzione da un solo caso (ma più spesso da alcuni), che sostiene le caratteristiche della parte essere identiche a quelle del tutto (a tutti gli elementi della classe). I classici esempi di queste generalizzazioni abusive sono quelli legati alla criminalità degli stranieri, degli zingari, degli italiani ecc. Siccome alcuni sono criminali o mafiosi, allora tutti lo diventano, agli occhi di chi non sa o, più sovente, non vuole differenziare. Gli errori nell’uso dei quantificatori sono: fallacia di divisione e fallacia di composizione. Quantità: proprietà di ogni proposizione categorica, determinata dal fatto che la proposizione si riferisce a tutti o ad alcuni, o a nessuno degli elementi della classe designata dal suo termine soggetto. Ogni proposizione categorica è universale o particolare. Le singolari si considerano come universali. Quaternio terminorum: fallacia dei quattro termini, commessa quando un sillogismo (eventualmente anche a causa dell’ambiguità di un termine) contiene più di quattro termini. Qui nimium probat, nihil probat: chi prova troppo, non prova nulla. È un invito a non strafare. Quidquid de nullo valet, nec de quibusdam, nec de singulis valet: ciò che si nega del genere o della specie si può negare anche di elementi contenuti nel genere o nella specie. Quidquid de omni valet, valet etiam de quibusdam: ciò che si afferma dell’intero genere o dell’intera specie, si afferma anche dei singoli elementi contenuti nel genere o nella specie. Ragionamento: il nucleo della logica e dell’argomentazione: la giustificazione razionale di una conclusione a partire da una o più premesse (le ragioni della conclusione). Ragionamento causale: ragionamento induttivo in cui si inferisce un effetto da ciò che si assume come sua causa o si inferisce una causa a partire da ciò che si assume esserne l’effetto. Reductio ad absurdum: uno dei principi più comuni della deduzione è la riduzione all’assurdo (o dimostrazione per assurdo). Usata da Zenone per mostrare l’impossibilità del movimento nel paradosso di Achille e la tartaruga e da Pitagora (o dalla sua scuola) nella dimostrazione dell’incommensurabilità della diagonale col lato del quadrato, può essere espressa come segue: “Se il primo, allora il secondo; se il primo, allora non il secondo; dunque non il primo” (p q p← q; ← p). Reframing (ricontestualizzazione o cornice): tecnica consistente nel ricontestualizzare o ridefinire in modo favorevole alla tesi che si vuole sostenere un evento o fatto che potrebbe risultare problematico. La tecnica, di tipo retorico, consiste in un cambiamento di prospettiva. Regola di giustizia: questo argomento a priori permette l’appello a una regola considerata valida per tutti: ciò che deve essere valido per un caso deve essere valido per tutti i casi simili. Ma l’applicazione ferrea di una regola non costituisce necessariamente un atto di giustizia, per questo le leggi spesso differenziano i casi e le analogie presentano disanalogie. Regole della qualità: le regole che permettono di controllare i sillogismi e che fanno riferimento ai modi in cui la qualità (affermativa o negativa) di una o di entrambe le premesse restringe i tipi di conclusione validi (i modi del sillogismo). Regole della quantità: le regole che permettono di controllare i sillogismi e che fanno riferimento ai modi in cui la quantità (universle o particolare) di una o di entrambe le premesse restringe i tipi di conclusione validi (i modi del sillogismo). Regole dell’induzione: vedi generalizzazione e metodi della ricerca sperimentale. Regole del sillogismo: le regole di validità del sillogismo fanno riferimento alla sua struttura, alla qualità e alla quantità. Regole strutturali derivanti dalla definizione stessa del sillogismo: 1. il sillogismo è formato da tre proposizioni e composto da tre termini; 2. ogni termine deve essere presente due volte; 3. il termine medio deve comparire in entrambe le premesse ma mai nella conclusione. Regole della qualità: 1. da due premesse negative non si può derivare alcuna conclusione; 2. se una delle premesse è negativa tale deve essere anche la conclusione; 3. da due premesse affermative non può derivare una conclusione negativa. Regole della quantità: 1. il termine medio deve essere distribuito in almeno una della premesse; 2. se un termine non è distribuito in una premessa non deve esserlo nemmeno nella conclusione (ma non viceversa, se lo è nella conclusione non deve necessariamente esserlo anche nella premessa); 3. da due premesse particolari non segue nessuna conclusione. Residui, metodo dei: schema di indagine induttiva in cui si sa che alcune parti di un fenomeno che si sta indagando sono gli effetti di certi antecedenti individuati, ragion per cui è possibile concludere che la parte restante del fenomeno è l’effetto degli antecedenti che restano. Vedi metodi della ricerca sperimentale. Retorica: classico studio dei metodi della persuasione (soprattutto delle passioni) e delle figure stilistiche, distinta dalla dialettica (lo studio delle tecniche argomentative della disputa) e dalla logica (detta da Aristotele analitica, che è lo studio delle inferenze deduttive. Nel trattato dell’argomentazione di Perelman & Olbrechts-Tyteca (1958) si identifica con la dialettica, ovvero lo studio della disputa e del modo in cui si sostengono le tesi in rapporto a un “uditorio”. Viene ristudiata da Eemeren & Grootendorst (2004) come pragmadialettica, ovvero sulla base delle regole di interazione nella disputa (dalla violazione di queste regole deriveranno anche le classiche fallacie, ma su una nuova base). In questo Prontuario si assume soprattutto quest’ultima prospettiva (che viene presentata esplicitamente nel Discorso sul metodo e utilizzata in singole analisi di dettaglio), fermo restando il fatto che la persuasione si esercita attraverso il controllo argomentativo e inferenziale in base a regole, non solo in base a tecniche che persuadono da una prospettiva psicologica (come, per esempio, gli argomenti basati sulle emozioni). La differenza fondamentale tra l’approccio psicologico-descrittivo e il nostro approccio argomentativo è che gli argomenti vengono analizzati criticamente e si propongono delle domande aventi come fine il controllo. Rilevanza: caratteristica essenziale di una buona ipotesi scientifica o di un argomento. Rilevanza, fallacie di: fallacie che si originano quando le premesse di un argomento non sono rilevanti per la sua conclusione e non riescono a stabilirne la verità. Ritorsione: argomento con il quale si mostra che, proprio colui che reclama il rispetto di una regola, in realtà la viola, si sottrae al dovere di applicarla o la applica a sproposito. L’argomento è simile a quello ad hominem o ne è una variante (tu quoque). Saltus in probando: passaggio mancante nel ragionamento o nella dimostrazione. Sillogismo: qualsiasi argomento che sia un sillogismo categorico (vedi) in forma normale o che possa essere riformulato come un sillogismo categorico in forma normale senza alcun cambiamento di significato. Vedi anche regole del sillogismo. Sillogismo categorico: argomento deduttivo consistente di tre proposizioni categoriche che contiene esattamente tre termini ciascuno dei quali figura esattamente in due delle proposizioni. Sillogismo ipotetico: sillogismo che contiene una proposizione ipotetica come premessa. Se il sillogismo contiene solo proposizioni ipotetiche è denominato ipotetico puro, se ne contiene una ipotetica e una categorica è ipotetico misto (vedi modus ponens e modus tollens) Sillogismo disgiuntivo: forma di inferenza sillogistica nella quale la premessa ipotetica è una disgiunzione mentre l’altra premessa è la negazione di uno dei due disgiunti, sicché la conclusione è la verità dell’altro disgiunto. In simboli: “pς q; ←p; q”. Sintesi (synagoge): vedi dialettica. Sinonimo: termine di origine greca che significa “con-nome”, “che nomina insieme”. Indica un vocabolo che ha lo stesso significato fondamentale di un altro, ma forma fonetica e grafica diversa. Va distinto da antonimo e omonimo. Il secondo si riferisce a oggetti (significati) diversi, ma con lo stesso nome, per esempio “sale” come esaltatore di sapidità degli alimenti e ”sale” come plurale di una stanza un po’ grande. Antonimo è la parola con significato opposto, per es. buono rispetto a malvagio. Sine qua non: vedi conditio sine qua non, che coincide con la condizione necessaria (vedi). Sofisma: qualunque fallacia di ambiguità volontaria. Sorite: argomento la cui conclusione è inferita dalle sue premesse mediante una catena di inferenze sillogistiche nella quale la conclusione di ciascuna inferenza funge da premessa per la successiva, e la conclusione dell’ultimo sillogismo è la conclusione dell’intero argomento. Spiegazione scientifica: se una spiegazione è un gruppo di proposizioni dalle quali possono essere inferiti logicamente una cosa o un evento da spiegare, la spiegazione si distingue per le seguenti caratteristiche: è sempre soggetta a revisione e controllo e può essere falsificata; deve essere rilevante; deve essere compatibile con le ipotesi precedentemente stabilite; deve avere potere di previsione; deve (in genere, ma non assolutamente) essere più semplice di altre ipotesi alternative. Spreco, argomento dello: argomento pragmatico che valorizza un obiettivo per il cui conseguimento siano già state impiegate notevoli risorse e che, se abbandonato, comporterebbe lo spreco delle risorse (o, nel caso di una guerra, delle vite dei caduti). A questo argomento è però possibile obiettare che le risorse sprecate non sono poi così importanti, oppure che continuare nel tentativo di perseguire un determinato obiettivo comporterebbe uno spreco maggiore di risorse (o di vite umane), o che nel corso del tentativo si è già raggiunto un obiettivo diverso, o è possibile farlo. Subalterna: vedi subalternazione. Subalternazione: sul quadrato delle opposizioni, la relazione tra una proposizione universale e la sua corrispondente proposizione particolare. La proposizione particolare è chiamata subalterna, quella universale, invece, superalterna. Dalla verità della universale si può ricavare la verità della particolare, dalla falsità della particolare la falsità della universale. Subcontrarie: due proposizioni in relazione tale per cui non possono essere entrambe false sebbene possano essere entrambe vere. Sul quadrato delle opposizioni corrispondono alle proposizioni di tipo O ed I. Superalterne: vedi subalternazione. Superamento, argomento del: argomento a priori opposto all’argomento di direzione, nel quale si sostiene la possibilità di andare sempre più avanti in un processo, accettando arresti e compromessi utili al conseguimento dell’obiettivo. Si sposta in avanti la valutazione del processo in corso, che è inarrestabile. Il presente è sminuito e il futuro è ciò che vi è di desiderabile. Su un argomento di questo tipo si fondano le pretese dei regimi totalitari di detenere le chiavi della storia, quando si afferma che una razza è in via di estinzione o che una classe è superata. Vedi anche ideologia, per le conseguenze politiche. Superfluo, argomento del: argomento pragmatico il quale porta a sostenere che, se qualcosa è inutile per raggiungere lo scopo prefissato, allora è trascurabile. Ma non è detto che eliminare certe nozioni o atti sia possibile, o che sia trascurabile o che non abbia altre conseguenze da valutare. Tautologia: forma proposizionale le cui esemplificazioni devono essere sempre vere. Termine maggiore: termine che figura come predicato (P) della conclusione. Termine minore: termine che figura come soggetto (S) della conclusione. Tertium comparationis: elemento, sulla base del quale è possibile comparare due concetti diversi. Terzo escluso, principio del: principio che asserisce che qualunque asserto o è vero o falso. Tertium non datur (non è data una terza possibilità): vedi terzo escluso. Totum pro parte: il tutto per la parte. Vedi pars pro toto. Trilemma: tecnica argomentativa simile al dilemma, ma basata su tre alternative. Tu quoque (lett. anche tu): ritorsione, varietà della forma circostanziale dell’argomento ad hominem (e tecnica di replica ad esso). Tutto e parte: argomento pseudo-deduttivo che ricorre alla relazione di inclusione: sostiene che ciò che vale per il tutto deve valere anche per la parte. È l’opposto dell’argomento a posteriori (vedi) dell’induzione da un solo caso (vedi), in cui si mostra che le caratteristiche della parte (di un singolo elemento di una classe) sono riferibili al tutto (a tutti gli elementi della classe). Vedi: divisione e composizione. Uomo di paglia (inglese: straw man): fallacia nella quale, anziché criticare la tesi dell’interlocutore, se ne critica una solo simile o addirittura senza nessuna relazione con quella reale. Se non nasce da un malinteso, tale mossa strategica è fallace in quanto mira a impedire una discussione critica. In ambito politico può essere efficace, in particolare se il punto di vista attaccato provoca una reazione emotiva. Usus est magister optimus: argomento pragmatico, per il quale l’uso, la prassi, sono fonte di insegnamento. Utraque praemissa neget nil inde sequitur: regola di qualità del sillogismo, per la quale da due premesse negative non segue alcuna conclusione. Vaghezza: proprietà di un termine per il quale non si riesce a determinare se deve o no essere applicato a casi limite. Può essere una fallacia di definizione. Distinta dall’ambiguità, che riguarda il fatto che un termine può possedere più di un significato. Valido: un argomento deduttivo le cui premesse sono vere e la conclusione è ricavata rispettando le regole di inferenza si dice valido. Una proposizione non è valida bensì vera o falsa, un argomento o un’inferenza sono validi o invalidi (non validi), una conclusione corretta o scorretta, un concetto adeguato o non adeguato (un concetto si riferisce a un oggetto denotato). Valore di verità: lo status di un asserto in quanto vero (V) o falso (F). vedi anche: valido. Variazioni concomitanti, metodo delle: schema di inferenza induttiva che porta a concludere che, se un fenomeno varia coerentemente con un altro fenomeno, allora c’è una relazione causale tra i due fenomeni. È un metodo della ricerca sperimentale (vedi) che si utilizza quando non è possibile eliminare completamente uno dei due eventi correlati. Vel: simbolo (ς ) utilizzato per la disgiunzione debole (inclusiva), sicché un enunciato pς q è vero se: 1. p è vero; 2. q è vero; 3. p e q sono entrambi veri. Vis probandi: forza della dimostrazione.