All`inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una
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All`inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una
All'inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una mano. Adesso i dubbi incominciano a essere molti e a diffondersi come dimostrano le parole della presidente dell'antimafia Rosy Bindi: “Le interiettive antimafia sono uno strumento statico, mentre la lotta alla mafia ha bisogno di un film, a volte anche di una sceneggiatura vera e propria.” Siamo d'accordo! CONTINUA A PAGINA 4 Inchiesta alTribunale Civile di Locri www.rivieraweb.it DOMENICA 22 FEBBRAIO 3 Entrare al tribunale civile di Locri è come vivere il paradosso di Achille e la tartaruga: per quanto i procedimenti vengano risolti rapidamente, l'accumularsi delle carte continua a rallentare la macchina della giustizia. E intanto, chi viene chiamato a testimoniare non ha più nemmeno un posto a sedere. Una quieta mattinata “ “Faldoni, faldoni in ogni dove e neanche un angolo per sedersi!”Guardandovi attorno, mentre aspettate di essere ascoltati dal giudice, vi sentite una moderna versione del pazzo marinaio di Coleridge e, come in una visione mistica, comprendete perché la Giustizia procede così a rilento. Per avere paura, al tribunale, non occorre aspettare il week end... di caos JACOPO GIUCA S ono da poco passate le dieci del mattino di un qualsiasi giorno lavorativo quando fate capolino nell'ampia sala d'attesa del tribunale civile di Locri. Chiamati a testimoniare per una banale questione condominiale, non appena abbracciate l'intera stanza con lo sguardo capite che, prima di poter dire quattro battute al giudice, sarà già trascorsa mezza giornata. «Aspetti qui solo un momento. Conferisco un attimo con il collega e cerco di avvertire il giudice che lei ha impellenti questioni lavorative da sbrigare. In un'ora al massimo siamo fuori». Vi dice il vostro avvocato, come al solito trasudante professionalità. Mentre lo vedete perdersi tra la folla che si accalca dinanzi alla porta dell'ufficio del giudice dove, assieme a lui, c'è un'altra mezza dozzina di professionisti questuanti una rapida udienza per le “impellenti questioni lavorative” che i loro clienti devono sbrigare, cercate vanamente un posto nel quale stringervi senza dare troppo fastidio all'ininterrotto via vai di personale d'ufficio, stenografi, testimoni e avvocati che sgomitano per farsi strada in quella stanza. Nonostante l'ampiezza, infatti, l'ambiente è reso angusto da diversi elementi di disturbo: la già citata folla assiepata dinanzi alla porta del giudice e centinaia di migliaia di faldoni. Ovunque vi giriate non fate altro che vedere carte impilate le une sulle altre contro qualsivoglia legge della fisica e cominciate ad avere l'impressione di trovarvi nella brutta copia di un disegno di Escher. Faldoni, faldoni in ogni dove e neanche un angolo per sedersi! Gli incartamenti sono negli armadi, sulle scaffalature, per terra, dietro le porte, negli angoli, ostruiscono il percorso per andare al bagno e vi guardano beffardi persino dal vissuto divanetto in cuoio anni '70 che, nel mesozoico, era stato posto lì per rendere l'ambiente e l'attesa più sopportabili. Non appena il giudice fa capolino dal suo ufficio le carte che il capannello di avvocati tiene in mano già pronte all'uso si levano in aria all'unisono con un rumoroso fruscio come un nutrito stormo di uccelli che si alza in volo spaventato da una schioppettata. Quando il vostro avvocato viene verso di voi, le uniche parole che riuscite ad isolare del suo lungo sproloquio giustificativo sono “attendere ancora” e “due ore”. Nel tempo che vi separa da quelle benedette quattro parole da riferire continuate a guardarvi attorno, domandandovi come si sia potuti arrivare a una situazione di così totale caos. Avete saputo dall'avvocato che la vostra causa non si poteva risolvere più rapidamente presso il giudice di pace per la riqualificazione (leggi licenziamento) degli uscieri e che, notoriamente, il tribunale civile di Locri è assai male organizzato, “figurarsi adesso che le cause si risolvono solo la mattina!”. Certo, una così radicale invasione di carta non era assolutamente concepibile, soprattutto in tempi in cui i processi telematici si stanno diffondendo a macchia d'olio. L'invasione dei faldoni sembrava roba da film di Romero, una di quelle cose che si vedono solamente in televisione o, al massimo, a Striscia la Notizia. Lo sguardo iniettato di sangue di segretari e stenografi, invece, vi fa capire che la serena mattinata che state trascorrendo rappresenta una di quelle crisi che la giustizia (calabrese, ma cominciate a pensare che sia così anche nel resto del Paese) vive ogni giorno. Guardando le coste degli incartamenti, cercate almeno di capire quale sia l'ordine con il quale siano stati depositati, eppure, accanto ai procedimenti dal 156 al 189 dell'anno 2000, non potete non notare che sono stati riposti quelli dal 72 al 96 del 2008 e che quello non si tratta di un caso isolato. L'unico segnale di continuità arriva da una lunga fila di carte tutte nominalmente risalenti al 2007 che si trovano in cima a un quadro elettrico. “E se qualcosa prendesse fuoco?!” vi domandante, improvvisamente terrorizzati dall'idea di vedere quell'ambiente trasformarsi in un forno nell'arco di un battito di ciglia. Guardandovi febbrilmente attorno l'estintore lo trovate. È a norma, ma relegato nell'angolo più remoto della stanza. Vicino alle finestre, ma non all'unica uscita che conduce all'esterno. Una porta che si apre all'improvviso cattura la vostra attenzione. Dalla stanza ne esce un segretario in guanti di lattice che sta cercando di fare un po' d'ordine, eppure, mentre lui si china a cercare un incartamento che, a quanto ne sa, si trova per terra, i faldoni sono dappertutto anche lì. Persino sul computer ingiallito che si trova al centro della scrivania dell'impiegato. Quando, dopo due ore, uscirete con un mezzo sorriso sulle labbra per aver finalmente terminato con quella bega legale, il segretario sarà ancora chinato sulle stesse carte a sudare copiosamente nell'ormai vano tentativo di trovare quell'incartamento che gli serviva con urgenza tre ore prima. Come si fa a parlare di riforma della giustizia e di accorciamento dei tempi, quando la burocrazia è ancora così complessa e difficile da smaltire? RIVIERA ATTUALITÀ GIUDIZIARIA Pannunzi il Bebè del narcotraffico o ritengono uno dei maggiori broker della 'ndrangheta che avrebbe trattato un acquisto di mille chili di cocaina in una volta sola. Si tratta di Roberto “Bebé” Pannunzi, un nome che la polizia internazionale conosce bene perché è stato indicato dalla procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria come il presunto “dominus” del narcotraffico internazionale. Sfuggito per ben due volte al carcere, l'ultima scappando da un ospedale dove si trovava ricoverato per problemi di salute, è stato ripreso in un centro commerciale in Colombia nel 2013 ed estradato in Italia. Bebé Pannunzi si trova detenuto nel carcere di Parma, romano di nascita a Siderno dagli anni Settanta, è attualmente sotto processo al tribunale di Locri dove rischia una pesante condanna per l'accusa di far parte di un'associazione dedita al traffico internazionale di droga. I fatti risalgono a oltre dieci anni fa. Era il 2001 quando il giudice Nicola Gratteri coordinava una maxi inchiesta contro presunti esponenti di 'ndrangheta, cosa nostra siciliana, gruppi pugliesi e romani. Roma, caput mundi, sarebbe stata il centro nevralgico del mega cartello delle mafie siculo-calabrese-pugliesi che, nel corso di un summit, avrebbero deciso di acquistare mille chili di cocaina che sarebbe dovuta entrare in Italia L grazie ad una nave da sogno, la “Mirage II”. A guidarla ci sarebbe stato un greco, tale Gofas, per il quale è in corso un altro processo. La nave naufraga prima di caricare i mille chili ma i sodali avrebbero cercato di prendere i soldi dell'assicurazione, circa 800 mila euro, in parte già spesi per acquistarla. I soldi per l'impresa li avrebbero consegnati diverse famiglie di interesse operativo. In quel contesto gli investigatori ritengono che Bebé Pannunzi e il figlio Alessandro avrebbero stretto dei “comparati” con i Marando di Platì, in particolare con Pasqualino Marando, del quale si sono perse le tracce da decenni. Per qualcuno sarebbe stato vittima di un agguato per una faida avvenuta in Piemonte. Per altri Marando potrebbe essere ancora vivo. La scorsa settima dall'Africa è tornato un commercialista che, secondo la Dda di Torino, avrebbe amministrato in maniera occulta una parte dell'enorme patrimonio di Marando. Tornando alle vicende di Pannunzi il suo difensore, avv. Cosimo Albanese, si è battuto per rappresentare che l'estradizione sarebbe stata eseguita contravvenendo alle norme previste dal codice e dai patti internazionali. Nel processo in corso difende serratamente Bebé dalle ipotesi dell'accusa, sostenendo che in fondo il 67enne, malato di cuore, non ha mai avuto l'esigenza di intestarsi una scheda telefonica a suo nome e la voce che viene registrata da telefoni pubblici di mezzo mondo non è chiaramente e senza dubbi la sua. www.rivieraweb.it DOMENICA 22 FEBBRAIO 4 Strage di democrazia in Calabria: 121 comuni sciolti con decreti “copia-incolla” ILARIO AMMENDOLIA A ll'inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una mano. Adesso i dubbi incominciano a essere molti e a diffondersi come dimostrano le parole della presidente dell'antimafia Rosy Bindi: “Le interiettive antimafia sono uno strumento statico, mentre la lotta alla mafia ha bisogno di un film, a volte anche di una sceneggiatura vera e propria.” Siamo d'accordo! Intanto però le imprese calabresi, per esempio nel caso dell'Expo, vengono colpite perché in Calabria s'è fatta strage di democrazia . Su 370 decreti di scioglimento di consigli comunali emanati, 121 riguardano la Calabria. La stessa percentuale per quanto riguarda le interdizioni alle imprese. I decreti di scioglimento potrebbero essere fatti con il “copia-incolla” perché ricorrono sempre le stesse motivazioni “frequentazioni con ambiente controindicati” . Come se agli uomini si potessero fare le Può una prefettura, pur animata dalle migliori delle intenzioni, avviare un percorso per lo scioglimento di un consiglio comunale democraticamente eletto? Si può impedire a un'azienda di lavorare sulla base di semplici indizi e spingerla verso il fallimento? stesse prescrizioni dei farmaci. Mi viene in mente don Milani che ha evidenziato di come i “Pierini” fossero dotati del doppio cromosoma rispetto ai bambini del popolo. I criminali sono sempre e solo “plebe” mentre i “Pierini” vivono nella ricchezza e tra i privilegi. La Sinistra che sostiene questa politica liberticida e questa giustizia sommaria opera contro natura perché rimuove un problema squisitamente politico. Infatti non tende a modificare l'humus economico, sociale, culturale e politico in cui la 'ndrangheta attecchisce ma si affida completamente alla repressione. Ribadisco per la milionesima volta: non difendo i mafiosi ma la democrazia, la libertà e la Costituzione. Pongo una questione di principio e una riflessione su fatti. Può una prefettura, pur animata dalle migliori delle intenzioni, avviare un percorso per lo scioglimento di un consiglio comunale democraticamente eletto? Si può impedire a una azienda di lavorare sulla base di semplici indizi e spingerla verso il fallimento? Non si potrebbe! Non si dovrebbe. Nel mito della caverna gli uomini vedono ombre che scambiano per la realtà. La realtà è che 'ndrangheta e mafia sono figli gemelli e legittimi di questo sistema. Non potendo intaccare il sistema si combattono le ombre. Qualcuno ci sta proiettando un film falso spacciandolo per vero. Faccio un esempio. È pacifico che povertà ed esclusione sociale creano il delinquente. Il ragazzo che ha sparato alla macchina dell'ex ministro Lanzetta non era un mafioso ma un emarginato. Anche se lo si sussurra sottovoce… Cosa ha fatto finora il governo italiano per affrontare i problemi della povertà e dell'esclusione sociale? Dal marzo 2013 solo lo 0,8% degli atti presentati al Parlamento e solo il 6% dei disegni di legge riguardano l'inclusione sociale, nello stesso arco di tempo gli stanziamenti a favore delle fasce deboli sono diminuiti del 80% mentre i nuovi poveri in Calabria sono aumentati del 70%! Strano modo di affrontare la questione sociale e la questione meridionale! Le nuvole di fumo che si spargono in abbondanza servono per coprire questa realtà! Spesso, non potendo colpire la 'ndrangheta si colpiscono gli innocenti. A Gioia Tauro, un sindaco è stato ucciso dalla 'ndrangheta senza avere mai giustizia. Un altro sindaco trascinato in manette in carcere da innocente. Oggi è assolto ma neanche lui avrà giustizia. A Platì è successa la stessa cosa. Ad Ardore qualcosa di simile. Il Sud si sta progressivamente avviando verso una situazione di “non libertà”, di “non democrazia”, di distacco della gente nei confronti dello Stato. Lo dimostra il tasso di partecipazione al voto alle elezioni regionali. Un pericoloso segnale di sfiducia nelle istituzioni e da cui passeranno intere legioni di 'ndranghetisti. La 'ndrangheta c'è. La presza nelle istituzioni è indubbia. Si annida nelle banche, non si ferma dinanzi alle divise, penetra nelle toghe, dilaga nei partiti, si sposa con l'impresa, entra nelle Istituzioni e finanche nella Chiesa. Non sarà la giustizia sommaria a normalizzare la situazione. Il Problema è politico e non criminale. Attenti, noi non siamo colonia solo perché altri ci hanno colonizzato. Lo siamo perché pensiamo e operiamo da colonia. In questi anni molti hanno invocato l'intervento dall'alto, una specie di “braccio secolare” a cui la politica delega la propria impotenza. In Calabria, dall'alto, non è arrivato mai nulla di buono. RIVIERA COPERTINA Locride Beni archeologici Ritrovato più di due anni fa da due sub dal grande senso civico, una volta affidato alla Soprintendenza il reperto ritrovato a Bianco ha fatto perdere le sue tracce per moltissimo tempo. Appuratane l’autenticità, adesso rischia di uscire dalla Locride. Che fine farà la “È ELEONORA ARAGONA CHEFINEFARÀ? LA LOCRIDESARÀ DEPREDATADEL SUOLEONECOME AVVENNECONI BRONZI? ANCHELA TESTALEONINA SARÀSPEDITANEL MUSEOINVISIBILEDI REGGIO? riemersa dal mar Jonio nell'estate di due anni fa, esattamente il 16 agosto 2012, e poi ha fatto perdere le sue tracce. La maschera di leone in bronzo, dal colore verdastro, 50 cm per 15 kg, i lineamenti morbidi e ben levigati, oggi è tornata sotto i riflettori dei media perché la Sovrintendenza dei Beni culturali ha finalmente finito i test sul bronzo e ne ha riconosciuto l'autenticità. La maschera è di epoca Romana e ha stazionato ad oltre 40 metri di profondità nelle acque antistanti la spiaggia di Bianco. Adesso la domanda che tutti si stanno ponendo è: che fine farà il manufatto? La Locride sarà depredata del leone come avvenne con i Bronzi? Anche la testa leonina sarà spedita nel museo invisibile di Reggio o sarà fatto un progetto che permetta di mostrarla nei luoghi a cui appartiene? Porre questo interrogativo a qualcuno sarebbe inutile in questo momento. Arriverebbero un mucchio di risposte politiche, di ipotesi su questa o quella possibilità, ma nessuna verità. Invece sarebbe importante ricordare come avvenne il ritrovamento e cosa significò. Lo Jonio, incostante e incoerente, decise di restituire il leone e il reperto fu recuperato da Leo Morabito, un appassionato di immersioni, e da Bruno Bruzzaniti. Il gesto di portare il bronzo ai carabinieri e la denuncia del ritrovamento sono stati due passaggi non scontati. La decisione di Leo e Bruno è stato un gesto di responsabilità, di una cultura diversa da quella che i più attribuiscono alla Locride e ai suoi abitanti. È stato ed è più comune che chi trova reperti o anche siti di interesse storico preferisca agire in maniera diversa. Chissà quante necropoli, statue o vasi sono stati risotterrati o vengono esposti con orgoglio nei giardini e nei salotti della Calabria e non solo. I due scopritori però non hanno tenuto per sé questa incredibile scoperta, l'hanno condivisa, sperando anche di poter così arricchire il loro territorio. Non arricchirlo economicamente, ma dando il buon esempio hanno pensato di poter contribuire anche solo in minima parte al cambiamento dei comportamenti nella Locride. Hanno portato la testa di bronzo alle autorità e si sono affidati alla Sovrintendenza. Hanno creduto nello Stato. La testa di leone a quel punto è stata passata in rassegna, girata e rigirata per analizzarne ogni angolazione. Raggi x, microscopia ottica a luce riflessa e metallografia a luce polarizzata riflessa, microscopia ottica a luce trasmessa polarizzata, spettrometria a fluorescenza di raggi x non distruttiva, diffrattometria a raggi x, e infine microscopia elettronica a scansione (SEM-EDS). Sono stati questi gli accurati esami che insieme a degli studi storici e artistici del manufatto hanno poi reso possibile ufficializzare che il leone è un reperto autentico e che la lega di cui è composto è di età Romana. Sono trascorsi ben due anni dal momento in cui la maschera raffigurante un leone è stata trascinata da Leo e Bruno sulla spiaggia di Bianco. In questo periodo un silenzio, un riserbo da segreto di Stato, ha avvolto le operazioni intorno al leone. Due anni in cui alcuni hanno anche messo in discussione la veridicità della notizia fornita e hanno sospettato che si fosse trattato di un falso. Adesso che la responsabile della Sovrintendenza, Simonetta Bonomi, ha sciolto questo lungo e prolungato silenzio in tanti si dovranno ricredere. Ma ciò che preme adesso è capire quale sarà il destino del leone di Bianco. Dove andrà a finire? Altra domanda che assilla chi ha seguito da vicino la storia della maschera è se la Sovrintendenza si deciderà a fare una seria ricerca per verificare le segnalazioni dei sub. Infatti al momento del ritrovamento Leo e Bruno sostennero di aver intravisto la sagoma di quella che sembrò loro una nave. I sub si immergeranno in quelle acque per verificare la presenza del relitto? “ www.rivieraweb.it DOMENICA 22 FEBBRAIO 7 SI È TENUTA IL 17 FEBBRAIO A COSENZA, PRESSO L’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA,LA CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEGLI STUDI CONDOTTI SULLA TESTA LEONINA.IN QUESTI ANNI, ANTONIO SCORDINO È STATO UNO DEI POCHI NOMI SEMPRE IMPEGNATI A PROMUOVERE E SOSTENERE LE RICERCHE (NELLA FOTO, A SINISTRA DELLA BONOMI) testa del leone? IL 16 agosto noi eravamo là. Quando Leo e Bruno consegnarono la testa di leone alle autorità, li abbiamo accompagnati alla stazione dei carabinieri. Siamo stati con loro sulla spiaggia e ci siamo immersi con i sommozzatori dei carabinieri per vedere il punto in cui era stata rinvenuta la maschera. Non so se siete mai stati sulla spiaggia di Bianco, proprio lì a due passi dalla scogliera di Africo, quelle acque hanno sempre un che di suggestivo. In quei giorni poi sembravano essere ancora più misteriose e pronte a restituire altri tesori. E il fatto di poter essere là, di assistere alle operazioni per la verifica della segnalazione, è stato un privilegio che non capita spesso, anche nella vita di un giornalista. La storia del ritrovamento ve l'abbiamo raccontata in quelle ore concitate e nei giorni successivi, tra un'agenzia e un pezzo sul settimanale. Ci siamo presi anche gli sfottò di chi la riteneva solo una bufala per aumentare i clic. Adesso non ci giungeranno delle scuse, ma a noi basta il documento della Sovraintendenza che testimonia come non ci fossimo sbagliati. Oggi dopo la notizia dell'autenticità del leone vogliamo fare un salto indietro, raccontare quel 16 agosto del 2012, condividere con i lettori quello che abbiamo visto e sentito su quella spiaggia. Il telefono si illuminò, un messaggio di Rosario. Chissà in quale consiglio comunale sarà andato e con quale sindaco dovrò parlare, pensai infastidita. Mi chiamava sempre da qualche angolo della Locride per raccontarmi cosa stesse accadendo nel consiglio x o y. La politica, la sua passione, ma per me era solo una seccatura necessaria. Quella volta però non c'era nessun sindaco pavoneggiante e nessuna discussione sul bilancio. «Hanno trovato un leone di bronzo ad Africo». Lui arriva in redazione e noi eravamo tutti curiosi. Che è successo? È un reperto importante? Ma soprattutto andiamo lì? Uscire dalla redazione, andare sulla spiaggia, fare le foto, parlare con i due sub che avevano ritrovato una maschera di leone in bronzo sui fondali del mar Jonio. Era inevitabile pensare a Antonio Delfino che assistette al recupero dei bronzi a Riace. Certo con le dovute differenze sia per la portata dei bronzi sia per la caratura del maestro giornalista. Giunti a Bianco abbiamo visto la maschera di leone, l'abbiamo toccata, fotografata, ne abbiamo potuto osservare gli angoli e le sfumature di colore. Ne abbiamo seguito il passaggio di mani, dagli scopritori ai carabinieri. L'entusiasmo era visibile, sia sul volto di Leo e Bruno che su quello delle forze dell'ordine del capitano Raffaele Giovinazzo. Le ipotesi si inseguivano. «Per me è romana». «Secondo me fenicia». «Ma che dite… è greca». Un toto-epoca che è andato avanti per giorni, come quello sulla funzione della maschera. Poteva essere un ornamento, una parte di una statua, oppure la polena. Nessuno sapeva rispondere ma tutti avevano la sensazione che fosse uno di quei momenti unici. A prescindere dal valore storico della scoperta. Era l'atmosfera trascinante che seguiva la scoperta a dare un sapore particolare a quei giorni. Poi il silenzio, prolungato, nonostante le richieste di aggiornamenti, di notizie. Che fine avesse fatto il leone? Di che epoca era? Che storia raccontava? Nulla, fino a qualche giorno fa. Poi ecco la notizia. È una maschera romana. RIVIERA PRIMO PIANO www.rivieraweb.it Giuseppe DOMENICA 22 FEBBRAIO 8 A scontrarsi con le “vecchie volpi”della politica sarà un volto nuovo pescato tra la società civile Caruso “Noi siamo il presente e spero il futuro. Il passato è già alle spalle” MARIA GIOVANNA COGLIANDRO “F “ILMIOSOGNOPER SIDERNOEPERI SIDERNESIÈCHE CIASCUNODINOI POSSAGUARDAREI PROPRIFIGLINEGLI OCCHICON L’ORGOGLIODIAVER FATTOTUTTO QUANTOERANELLE NOSTREPOSSIBILITÀ PERMIGLIORARELA LOROVITA” ino a qualche settimana fa circolavano indiscrezioni stando alle quali, dal lato opposto del ring, dove in accappatoio e paradenti sono in attesa già da un po’ Pietro Fuda Alì e Mimmo Panetta Tyson, il centrodestra avrebbe consegnato i guantoni a Giuseppe Caruso. Supposizioni errate. Almeno in parte. Caruso si infilerà sì tra le corde elastiche del ring, ma a fare il tifo per lui ci sarà una libera associazione di cittadini sidernesi con i quali condivide ideali, speranze e programmi di riscatto e innovazione. La davano come possibile candidato del centrodestra invece si è presentato con una lista civica composta da elementi di diversa estrazione politica e sociale. Un qui pro quo o un ripensamento? Né un qui quo qua, come direbbe Frassica, né un ripensamento. Il mio gruppo ha deciso di costituire due liste civiche che corrano in completa autonomia sin dall’inizio dell’avventura, che Solo restituendo la sovranità ai suoi cittadini Ardore potrà risorgere risale al dicembre di quest’anno, al contrario di quanto affermato da qualcun altro. Del resto la scelta appare logica se si considera l’idea del necessario rinnovamento, della discontinuità dal passato che abbiamo sempre voluto. Noi siamo il presente e spero anche il futuro, il passato lo vogliamo lasciare alle spalle. Ha dichiarato che Siderno non ha bisogno né di politica né di politici. Di cosa ha bisogno, invece? I disastri della politica sono sotto gli occhi di tutti, ecco il perché di quell’affermazione forte. Siderno ha bisogno di gente nuova, che voglia e sappia investire il suo tempo e soprattutto le sue competenze per riacquistare il ruolo di leadership che aveva negli anni ‘70 – ‘80. Un logo e un nome ancora da decidere per la sua lista, ma a cosa punterà? I loghi e i nomi delle due liste ci sono già ma mi permetta di essere riservato su questo. Essi caratterizzeranno il processo di rinnovamento che vogliamo innescare. Teme più i suoi vecchi amici del centrodestra o più il centrosinistra di Piero Fuda? Io ho amici dappertutto, nel centrode- “Ardore ha voglia di ripartire” - dichiarano convinti l'ex sindaco di Ardore, Giuseppe Campisi e l'ex consigliere comunale Giuseppe Grenci. Il 26 giugno 2013, in seguito all'arresto (avvenuto nel novembre 2012 nell'ambito dell'operazione Saggezza) di Bruno Bova, consigliere di maggioranza, legato a doppio filo con gli affiliati al “locale” della cittadina, il Consiglio dei ministri deliberò lo scioglimento per mafia del Consiglio comunale di Ardore. Da allora il paese è retto da una Commissione Prefettizia che, al di là del più o meno discutibile operato, ha di fatto abolito ogni tipo di confronto con la cittadinanza. I cittadini ardoresi si sentono messi da parte e totalmente ignorati, defraudati della loro sovranità e lesi nella loro democrazia. “Le varie amministrazioni che si sono succedute negli ultimi vent'anni avevano consolidato la prassi di tenere pubbliche e periodiche assemblee - luogo di un confronto diretto e serrato tra amministratori e cittadini - sull'azione di governo comunale e sulle varie problematiche del territorio”. Un grande esempio di democrazia partecipata che, però, con la triade commissariale ha subito un rovinoso stra e nel centrosinistra e non temo nessuno. Ho una proposta da fare alla gente, un’idea, e la forza delle idee smuove le montagne, non i soldi chiusi nei cassetti. Pensa che la sola società civile senza un legame con la politica possa amministrare e trovare le risorse per un paese come Siderno? Società civile e politica dovrebbero coincidere se la politica fosse intesa in senso alto, come confronto di idee finalizzato a un bene comune. Le risorse per il Comune si trovano nella buona amministrazione, nella quale il mio gruppo non è secondo a nessuno, per usare un termine molto in voga negli ultimi giorni, anche noi sappiamo dove mettere le mani e abbiamo i giusti referenti a livello istituzionale. Qual è il suo sogno per Siderno? Il mio sogno per Siderno è vederla rinascere, attribuirle il ruolo che ha sempre avuto e di cui i sidernesi sono andati sempre fieri. Il mio sogno per Siderno e per i sidernesi è che ciascuno di noi possa guardare i propri figli negli occhi con l’orgoglio di aver fatto tutto quanto era nelle nostre possibilità per migliorare la loro vita. arresto: la distanza tra l'istituzione commissariata e la cittadinanza, in tutte le sue espressioni singole o associative, è diventata abissale. “Nell'approssimarsi, quindi, della scadenza del mandato della Triade, un folto gruppo di cittadini, che storicamente ha profuso il proprio limpido impegno a favore della comunità ardorese, ritiene che sia maturato il tempo di riconquistare tutti gli spazi democratici perduti e riprendere una libera discussione e un franco confronto in merito alla situazione globale in cui versa il comune di Ardore; ciò anche in relazione a programmi, metodi e criteri di formazione della futura compagine che si dovrà proporre e misurare col giudizio della comunità, nelle prossime elezioni amministrative”. Riprendere da dove si è lasciato, dunque. E riprendere insieme, restituendo quel ruolo di primo piano che spetta alla comunità ardorese. “La nostra non è una sfida alle istituzioni che hanno deciso di sciogliere il comune di Ardore concludono Campisi e Grenci - Noi siamo certi di aver svolto la nostra missione con onestà e dedizione, e ci auguriamo di poterla proseguirla con innesti nuovi”. LA SETTIMANA www.larivieraonline.com DOMENICA 22 FEBBRAIO 10 L'appuntamento dal dentista: conoscete un incubo peggiore? “ LUITICHIEDEDI RILASSARTI, MACOME POTRESTI? QUELLA SOTTOSPECIEDI POLTRONANONÈMICA ILLETTINODI FREUD: È UNAPRE-BARA! Martedì ore 15,30. Ti guarda quel post-it, mentre si fa spazio sul calendario coprendone tre giorni e non solo quelli. Copre anche il tuo umore perché, nonostante sia una bella giornata di sole, sai che tra qualche ora ti aspetta la fatidica visita dal dentista. La sala d'attesa ti dà il benvenuto con poster di denti ingialliti, cariati, spezzati, come presi a pugni da Bud Spencer. La pubblicità di un dentifricio che ti fa l'occhiolino con le Converse rosse. Le riviste, al passo coi tempi, raffigurano in copertina i nuovi concorrenti del Grande Fratello 3 e le foto del Giubileo del 2000 con Papa Giovanni Paolo II. Ad attendere insieme a te, un bambino che sembra il figlio di Roger Rabbit e un adolescente con gli elastici dell'apparecchietto abbinati alla felpa. In lontananza si sente come il suono di una caffettiera da 24 tazze. Uscite le tazzine che il caffè sta salendo. A cadenza di quindici minuti il silenzio tombale è rotto da un citofono che fa saltare tutti per aria. L'assistente del dentista, con ciabattina da infermiere color pastello, come Caronte viene a prelevare qualcuno. L'arrivederci di chi entra è diverso dall'arrivederci di chi esce. I primi lo pronunciano con leggero timore, di colui che ancora non sa cosa accadrà di preciso; i secondi, oltre a dare l'impressione di avere una polpetta in bocca, sono le vittime, coloro i quali si sono sottoposti alla tortura. Arriva il tuo turno. “Salve signor Francesco, come andiamo?”. Ti vengono in mente un paio di insulti e qualche bestemmia, ma è appena iniziata la quaresima e allora ti limiti a dire semplicemente “bene”. “Com'è andata col molare in queste due settimane?”. Tranne quando non hai visto l'oliva sulla pizza e l'hai addentata con tutta la tua forza e hai visto per la SONO MOMENTI DI PROFONDO IMBARAZZO QUANDO TRA I DENTI RITROVA LA RIMANENZA DELLE POLPETTE DU MARTI I LARZATA DEL GIORNO PRIMA. prima volta in vita tua, a 42 anni, la Madonna con la saja, tutto bene. “Si stenda e si rilassi”. Si rilassi?! Eh no, cara dottoressa, questo non è mica il lettino di Freud. Questa sottospecie di poltrona è una prebara. Ne hai una simile a casa con lo schienale che si alza e si abbassa, ma la differenza è che a casa l'unico suono lo emetti tu, con la cannuccia che tira le ultime gocce di succo di frutta, davanti alla tv. Sei ufficialmente un pezzo di legno. “Ora apra grande. Più grande. Più grande!”. Ma porca miseria non sono mica un leone. “Le fa male di più se mangia troppo caldo o troppo freddo?”, rispondi “Afa mana warala kalaba nanaga”. “Capisco…”. Ha capito davvero? Cioè, esiste un linguaggio universale dei pazienti a bocca spalancata che ogni dentista capisce? Contatto iper-ravvicinato. Ora hai gli occhi Gratteri e Cusato alleati per servire Gerace I consiglieri comunali Angelo Gratteri e Giuseppe Cusato hanno sottoscritto un PATTO CIVICO PER GERACE. I due hanno dichiarato di voler intervenire per superare il grave momento di crisi che ha colpito la nostra società. L'intenzione è aggregare le risorse migliori, a partire dai giovani, per riaffermare la vita economica, culturale, sociale e politica cittadina. Cusato e Gratteri sono consapevoli che i geracesi vogliono un'amministrazione in grado di garantire ai propri figli un futuro migliore. L’ANGOLO DI PARRELLO Vado a lavorare L'altro giorno, mentre passeggiavo, ho incontrato un amico: «Sai Franco, ogni volta che guardo la tv, vedo giornalisti che in quasi tutte le trasmissioni intervistano deputati e senatori su quello che è necessario fare in Italia e subito rispondono: “ Ci stiamo lavorando!!!” Un Ministro andava di fretta e ha dato poco spazio al giornalista spiegando: “Non ho tempo, perché sto andando a Montecitorio a lavorare!” Ma tu sai, Franco, se nelle vicinanze di Montecitorio ci sono campi da coltivare, officine, e lavori per carpentieri?» - «Veramente non so, ma nel pomeriggio verificherò, giusto per sapere qualcosa». Pensieroso rientro a casa pensando: “Peccato che non sia mai stato un Onorevole, almeno al mattino sarei andato a lavorare…” Franco Parrello VICENDA “TELECOM”: EPPUR SI MUOVE… Dopo le ripetute sollecitazioni da parte del sindaco Domenico Vestito prima, e del nostro settimanale dopo, sembra che la Telecom si sia decisa a portare a termine i lavori, a lungo ignorati, di contrada Spilinga, a Marina di Gioiosa. Speriamo che Telecom Italia ripristini a regola d'arte le aree interessate dai cantieri cosicché le strade somiglino più a un formaggio perfettamente spalmabile che a una groviera. INTERVISTA IMMAGINARIA A EUGENIO PITARO Non c'è bene, grazie La nostra Lidia Zitara ha immaginato un altro incontro con un Commissario Prefettizio sidernese. Questa settimana tocca all’occupatissimo Eugenio Pitaro. del dentista dentro ai tuoi e, no, non è una cosa romantica. Perché se lui ti sta facendo una visita dentistica, tu gliene stai facendo una oculistica. E anche una estetica. Già, cara dottoressa, queste sopracciglia così incolte non vanno mica bene. Intanto lei ti sta togliendo roba da quel dente, eppure eri sicuro, l'avevi lavato e controllato. Ma quella roba lì sembra proprio la rimanenza delle polpette du marti i larzata del giorno prima. E vabbè. “Jessica, aspira”. Jessica viene ad aspirare e si affaccia a dare un'occhiata alle tue fauci, con aria molto interessata. “Vedi Jessica, guarda qui…” e intanto con la testa dello specchietto ti batte sul dente come se fosse un grande portone antico e dentro ci abitasse un orco da svegliare, perforandoti il dente stesso e il cranio contemporaneamente. Dopo tanto dolore arriva il premio. Il premio è la parola “Sciacqua”, che è una via di mezzo tra “Riprenditi un attimo” e “Sappi che ancora è lunga”. Acqua macchiata del tuo sangue è unita a pezzi grigi indefiniti. Non sai quanto tempo è passato, ma desideri vivamente tornare a casa. Nel frattempo, un filo di saliva lega te e il bicchiere senza dar segno di volersi staccare. Poni fine a questo legame col bavaglino di carta che Jessica ti ha maternamente sistemato sul petto. Dopo ore che sei rimasto steso (in realtà solo 15 minuti), la dentista ti leva quel faro che ti renderà cieco per almeno un'altra mezz'ora. “Signor Francesco, mi dispiace, ma la prossima volta dobbiamo devitalizzare”. Lì vorresti chiaramente dire “Dottoressa, sparti ca mi cacciastivu deci anni i vita a 'mmia, puru du denti ndavimu u 'ncia cacciamu?”. Ma a testa bassa, annuisci. “Per oggi sono 50 euro signor Francesco”. Puru?! Sara Jacopetta - Dottore Pitaro, grazie di averci concesso un po' del suo tempo per questa intervista. - Prego, non c'è di che. Come può notare io sono sempre disponibile, disponibilissimo con la stampa. Mi vede, sono qui, a disposizione. Io sto qui a disposizione di tutti, dal più giovane al più vecchio, dal contadino all'avvocato: io non faccio distinzioni di nessun tipo, perché sono una persona retta ed equanime, e potrei portare a mio favore le testimonianze di almeno metà, e dico almeno metà, della popolazione di Siderno: questo martoriato paese che noi Commissari abbiamo avuto l'onore e il dovere di soccorrere nel momento più triste della sua storia. Ma voi, proprio voi, i giornalisti, non ci capite. Lei, non mi capisce, ad esempio. Mi dica che sta capendo quello che le dico, me lo dica, forza! - In effetti, mica tanto… - Ecco, è qui che lei viene al mio punto, voi siete fatti tutti della stessa pasta, è vero signora Furfaro, dico giusto dottore Pascale, lei mi capisce avvocato Multari? - Ma guardi che qui non c'è nessuno, dottore Pitaro! Si sente bene? - Se mi sento bene!? E come potrei sentirmi bene in un paese che noi, dico noi, stiamo salvando dalla tragedia, dall'abbandono, dalla mafia, dalla 'ndragheta, dalla camorra, dalla yakuza, dalla triade cinese, senza che nessuno, e dico nessuno, ce ne dia merito? Anzi, tutti a darci addosso, quando noi abbiamo fatto le notti, e ripeto, le notti, quando ci fu la mareggiata che si portò via il lungomare! Io sono stato lei può testimoniare, geometra Piscionieri - che io di persona personalmente sono stato attaccato tutta la notte al telefono con i ragazzi della Protezione Civile di Catanzaro… - Ho capito, però non si agiti, guardi che poi si sente male! - Io non mi dovrei agitare? Con tutte queste domande false e tendenziose che mi fa! - Ma se ancora non le ho chiesto niente! - E se ancora non ha chiesto niente vuol dire che non ha nulla di veramente importante da chiedere, perciò si comporti civilmente e lasci il posto a chi deve fare domande serie. Vada, vada… - Ho capito, vado. INTERVISTA A GAETANO RAO ASSESSORE ALL’AGRICOLTURA, CACCIA E PESCA PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA Enoicamente fiduciosi “LA LOCRIDEPUÒDIVENIREUN’ALTRA CALIFORNIA.BISOGNAINIZIAREACREDERCI” I “ L’ENTUSIASMO DELL’ASSESSORE ALL’AGRICOLTURA DELLA PROVINCIADI REGGI CALABRIA GAETANO RAO: L’APPROCCIOCONCRETO DI“ENOICAMENTE” FORNISCEUNA SOLUZIONEALLAPOCA FAMILIARIZZAZIONECON LENOSTREPRODUZIONI VITIVINICOLE piani del progetto “Enoicamente” sono indubbiamente ambiziosi. In quanto sarà possibile, verosimilmente, portarli tutti a termine? Più che pensare alla tempistica del progetto, al momento è già uno straordinario risultato che si siano concretizzate le aspettative di realizzazione di una sinergia tra produttori e ristoratori. Nel nostro territorio, registro con una certa frequenza che si è affetti dalla “sindrome dell’annuncio facile”; l’approccio pragmatico e concreto del progetto “Enoicamente”, fornendo una prima soluzione alla scarsissima familiarizzazione con le produzioni vitivinicole reggine, potrà fare solo bene al comparto agroalimentare del territorio. Quali tra gli obiettivi si aspetta che vengano raggiunti già con il meeting di aprile? Intanto, offrire un servizio di qualità, in una cornice che definire splendida è riduttiva. L’obiettivo è creare “la rete” tra chi produce e chi promuove con l’obiettivo di conquistare il mercato. Non un mercato generico. Ma di “qualità”. Perché il prodotto che sosteniamo nella promozione è concepito per un consumatore che non è uno sprovveduto. Quindi, il meeting di aprile, per rispondere alla vostra domanda, si prefigura come un’esperienza multisensoriale di natura prettamente conoscitiva e formativa. Diamo la possibilità all’assaggiatore di risalire, attraverso il canale papillo gustativo, alla storia della viticoltura reggina, con i suoi racconti, miti e tradizioni. Ecco che il futuro acquirente dei vini della provincia di Reggio Calabria, sarà un consumatore consapevole e preparato a destreggiarsi nelle giungla della concorrenza spietata caratterizzata da un prodotto di bassa caratura. Qual è il valore aggiunto che la collaborazione con un’agenzia pubblicitaria quale PiGreco e il settimanale Rivierà potrà dare al progetto? La vasta diffusione della testata editoriale e l’ esperienza nel mondo della comunicazione integrata del marketing dell’agenzia, costituiscono una cassa di risonanza per un settore, quello vitivinicolo, che vive dei riflettori della promozione. In percentuale maggiore, al ristorante si sceglierà un’etichetta anonima di una cantina sconosciuta che coltiva in un territorio altrettanto ignoto, oppure punteremo ad una bottiglia che celebra la passione di una azienda che ha conquistato una sua etichetta ben identificabile e che ci parla di una terra a noi familiare per paesaggi, colori ed odori? A come si arriva all’ultima proiezione, solo la promozione dispone di strumenti utili. Questa la sfida. Come espresso nel programma, il nostro territorio sembra il punto di partenza ideale per un progetto di questo tipo. Che riscontro si augura che il piano di sviluppo possa avere sulla nostra zona e in che cosa si tradurrà concretamente? Mi auguro di recarmi innanzitutto in qualche ristorante della Locride, come spesso faccio, e di trovare disponibilità variegata di produzioni vitivinicole, che spesso non trovo. Mi auguro il diffondersi di una cultura del vino e dell’agroalimentare di qualità, che riconosca il giusto merito ad una agricoltura laboriosa che non ha niente da invidiare ad altre esperienze della stessa Calabria e di altre regioni. Mi auguro che la Locride scopra, finalmente, che tappe importanti del suo futuro ruotano intorno allo sviluppo dell’agricoltura e dell’agro-alimentare. Vado ripetendo da tempo che la Locride potrebbe divenire un’altra “California”. Occorre iniziare a crederci e fare qualcosa di concreto in questa direzione. “Valorizzazione” e “Rivoluzione” sembrano essere le parole d’ordine del piano di sviluppo. Quale dovrebbe essere la loro portata e, oltre che di valorizzazione del vino, si potrà parlare di valorizzazione delle nostre bellezze e della nostra cultura? Si deve parlare eccome. Questo è il punto di partenza. Le bellezze paesaggistiche, siamo ad un passo dal mare e l’altro dai monti dell’Aspromonte, il bagaglio storicoarchitettonico cui spalancare le porte ai visitatori, gli antichi resti delle civiltà magno-greche che sole basterebbero a smuovere tutto il sistema turismo, sono le premesse per la “Rivoluzione”. Ma non si combatte ad armi pari con il resto del mondo, per usare una metafora bellica, se siamo sprovvisti di tutto. Trasporti, zero. Strutture ricettive, zero. Servizi di accoglienza per turisti, zero. Politiche di sviluppo per incentivare il turismo enogastronomico, zero. Capisco che siamo un popolo molto caloroso ed accogliente, ma con l’assistenzialismo non si fanno le Rivoluzioni. A tutti i livelli istituzionali, dal Comune, alla Città Metropolitana fino alla Regione Calabria, invoco piccoli “moti carbonari” in grado di scrollare il vecchio sistema. Non più i grandi produttori che trainano il mercato regionale ma i piccoli produttori che, riuniti nella “rete” delle produzioni identitarie di qualità, si posizionino dignitosamente sul mercato con le loro etichette di qualità. Che poi va da sé che, la rete dei trasporti efficiente, l’uso consapevole dei fondi comunitari, l’implementazione delle biotecnologie nelle produzioni, l’ammodernamento della catena di produzione, una competizione equa e solidale, le misure di prevenzione di rischio idrogeologico, è già storia letta e riletta. Bisogna solo mettere la parola “fine”. Studio “ In ventotto anni di presenza a Sanremo, Studio54network, grazie alla sua presenza si è guadagnata di diritto una delle posizioni più favorevoli per intercettare gli artisti. 54 network A Sanre C ome accade da ventotto anni, Studio54network riapproda a Sanremo, nell’evento per eccellenza più importante della Canzone Italiana. La cosa che molti non sanno è che quest’impegno porta la radio calabrese a essere tra le più attive nello stesso allestimento del Festival organizzato dal comune ligure. Non riveste questo ruolo semplicemente con inviati a caccia d’interviste, ma è fondamentale nella stessa animazione del centro cittadino, grazie alla sua presenza a pochi metri dall’Ariston con i propri studi mobili. Quest’anno il ruolo è stato condiviso con Radio2 (su Piazza Borea) e con Radio Italia e Radio Norba (su Piazza Colombo), ma è stata l’unica su Corso Garibaldi, all’ingresso del Palafiori, sede della Stampa del Festival. Così Con lo storico Stargate, la radio calabrese ha ospitato in 5 giorni tutti i Sala posizionata con lo storico protagonisti di Sanremo 2015, dando vita ad un vero spettacolo di musica e di Stargate, ha ospitato in 5 giortutti i protagonisti di luci, nel pieno centro sanremese. Da Gianluca Grignani a Il Volo, da Masini a ni Sanremo 2015, dando vita a un Fragola, dai Dear Jack a Britti, tutti hanno partecipato a riempire le ben 10 ore vero spettacolo di musica e di nel pieno centro sanremedi trasmissione giornaliera, condotta dalle tre voci storiche di luci se. Da Gianluca Grignani a Il Studio54network, Demetrio Malgeri, Rossella La Volo, da Masini a Fragola, dai Jack a Britti, tutti hanno Face e Luigi Di Dieco. Dear contribuito a riempire le ben 10 ore di trasmissione giornaliera, condotta dalle tre voci storiche di Studio54network, Demetrio Malgeri, Rossella La Face e Luigi Di Dieco. Tutto è stato gestito impeccabilmente grazie a un team autonomo su tutti i fronti, dai tecnici (per le riprese, la messa in onda e la connessione satellitare) Pierluigi Fiumanò, Mimmo De Marco e Federico Riefolo, ai conduttori dei rapporti con le case discografiche e l’organizzazione del festival Giovanna Di Lauro e Francesco Massara, l’inossidabile editore sempre in prima linea, condottiero anche di quest’avventura. www.rivieraweb.it “ Pintus Alcune delle con LUIGI DI DIECO Interviste emo È tra i comici più amati da teenagers italiani e, proprio per questo motivo, non poteva mancare in qualità di SuperOspite all’Ariston, nè tantomeno come ospite sullo Stargate di Studio54network! È Angelo Pintus, comico e attore italiano, dai natali sardi e l’infanzia a Bordighera! Comicità sana e genuina, rivolta ad un pubblico “differente”. Non mancano però le polemiche anche sul suo intervento in questa edizione del Festival di Sanremo e allora ecco la prima domanda a bruciapelo: Hai sdoganato tutti i tabù per quanto concerne la comicità al Festival di Sanremo svecchiando totalmente il pubblico d’appartenenza e rivolgendoti al tuo pubblico con la stessa comicità genuina, sana e divertente che ti distingue da sempre…cosa pensi delle polemiche di alcuni critici? Si beh, oggi, il giorno dopo, ci sono due scuole di pensiero: c’è chi scrive cose tanto per… e poi ci sono i commenti delle persone intelligenti. C’è chi dice «Non ho riso» e ok, lo accetto… Poi ci sono i ragazzi e i bimbi, tutti quelli che mi hanno fermato per strada e mi hanno detto «Ehi! Bella Pintus, grande discorso» conta quello! Il fatto che un ragazzo di 14 anni abbia capito ciò che dicevo… a me interessa questo e del resto chi se ne frega! Domanda forse scontata, ma che emozione hai provato nel vivere da protagonista il Festival di Sanremo? È stato molto, molto bello! Decisamente emozionate, su quel Ci sono i DEAR JACK! Sono arrivati secondi ad Amici 2014, ma i Dear Jack sono ufficialmente sempre più i vincitori morali dell’ultima edizione. La loro popolarità si vede subito... Oltre mille fans ci hanno scritto. Esperienza Sanremese meravigliosa? Si! Ancora non ci crediamo.... Salire su quel palco è una magia... Cambia tutto, anche la cognizione del tempo e dello spazio! Adrenalina ed energia pazzesca? L’energia sì che è pazzesca! Salire sul palco dell’Ariston ti fa tremare come delle foglie... non si può raccontare! Il vostro album d’esordio è stato subito doppio disco di platino, con sette settimane in testa alle classifiche... Non si può non essere contenti! Chiaramente è stato un album importantissimo, perchè è stato l’album che ci ha lanciati, con 8 brani molto importanti per noi. È da qui che è nato il tour nei palazzetti, e poi Sanremo... Tutto è nato da lì! Tutto molto in fretta, ma tutto molto intenso... Qual è il vostro rapporto con le fan? Non si vedevano queste scene dagli anni ottanta! DOMENICA 22 FEBBRAIO 13 palco un po’ ti blocchi… finché non ho levato la giacca sul palco non riuscivo a capire neanche dove fossi in quel momento. Quando hai ricevuto la proposta di fare il Festival ci hai dovuto pensare o hai accettato subito? Non ho accettato subito. Ci ho pensato tanto poi ho detto sì. Volevo fare un regalo alla mia mamma (scherza Angelo). Sì perché, comunque, ho pensato: male che va… andrà male! Sì perché Sanremo è Sanremo… ma è solo Sanremo! La tua comicità è pulita ed elegante, pensi abbia spiazzato questo la platea dell’Ariston? Beh sai… non dico parolacce, non parlo di politica, non devo fare a forza quello fazioso... cosa dovevo dire che Carlo è abbronzato? O massacrare il pubblico? No grazie, sono lì per altro. Ho fatto quello che volevo fare, poi magari non si è riso tanto, ma volevo fare quello e basta. Esiste un luogo comune che vede i comici persone molto tristi e ombrose nella vita privata, vale anche per te questo? No. Io da questo punto di vista sono un po’ atipico, la vita è una e mi prendo molto poco seriamente, però una cosa la voglio dire: un comico che non ride lo noti prima! Che rapporto hai con i social? Molto bello! Il mio facebook lo gestisco io, parlo io, scrivo io! Dietro quel contatto ci sono io e non ho nessuno che lo faccia per conto mio e sono felice di condividerlo pulito perché i ragazzi meritano sincerità, si sono stancati tutti di essere presi in giro da “quelli piu’ grandi”! Canzone preferita al festival? Quella di Nina Zilli senza ombra di dubbio! Gran bel pezzo… non solo di canzone!!! DEAR Jack con Rossella La Face A noi gli anni ottanta piacciono tantissimo... Impadronirci del ruolo avuto dai Duran Duran è una cosa senz’altro molto figa... Noi lo sappiamo... ma questo “Caro Jack” da dove arriva? Raccontiamolo ai nostri amici che ci ascoltano via radio... Viene da un film che ha segnato la nostra infanzia, Nightmare before Christmas di Tim Burton. Il protagonista del film è Jack Skellington, ed è lui il nostro Jack! Il vostro look sul palco è piaciuto tantissimo. Ormai siete delle icone per i ragazzi. Scegliete voi? Qualcuno vi consiglia? Abiammo il nostro stylist... è così che curiamo la nostra immagine! Molto rock, molto collegata alla nostra personalità. Il messaggio che vorreste lasciare con questa canzone del festival? Il messaggio è rivolto ai giovani... Siamo noi il futuro del mondo, e con l’amore si può forse aggiustare tutto! Il volo dibile nel quale avete cantato? Tanti... forse un po’ di più New York, si New York! Ma anche Sanremo, quando ci siamo venuti 5 anni fa! Come preparate le armonizzazioni vocali? Semplice, è quasi automatico... Prima registriamo, e poi riascoltiamo. E riascoltando ci vengono le idee... È lì che decidiamo dove e come intervenire. Non è tanto difficile! E ora, un album in uscita? Sì, s’intitola Sanremo grande amore, ed è in uscita il 17 febbraio. Ci sono sei cover che hanno segnato tutta la storia del festival, più il nostro brano presentato al festival quest’anno. Disco e poi tour? Sì, stiamo lavorando prima, però, all’uscita del disco anche negli altri Paesi, con la versione internazionale dell’album. Sarà dopo, da giugno, che partiremo con i live. Abbiamo già delle date, come Verona, Caracalla, Taormina... tutti posti molto prestigiosi, dove ci aspettiamo di incontrare tutti i nostri fans! con Luigi Di Dieco e Rossella La Face Devono molto al talent scout della Clerici, che li ha fatti unire e conoscere al grande pubblico. Sono ormai da ben 5 anni in tour, con tanto successo raccolto a ogni latitudine del pianeta! Quest’anno sbarcano a Sanremo, dove erano stati qualche anno fa come ospiti. Li abbimao incontrati prima della vittoria... Come state vivendo quest’avventura? È una meravigliosa esperienza! Dopo i tanti giri all’estero, non vedevamo l’ora di tornare in Italia e cantare per il pubblico italiano. E meglio di Sanremo non c’è! Com’è stato girare così tanto per il mondo, e qual è il posto più incre- Marco masini con Demetrio Malgeri Altro grande protagonista della 65° edizione del Festival di Sanremo, veterano, due volte vincitore, è Marco Masini. Il tuo ritorno a Sanremo è chiacchieratissimo, porti una gran bella canzone e i tuoi fan stanno seguendo l’evolversi di questa tua partecipazione in gara con molta attenzione, come stai? Io sto benissimo, sono felice perché quando si viene qui si vivono momenti molto intensi, molto forti, si ha la possibilità di ritornare in casa di molti italiani quindi è un momento che mi godo con molta serenità. È normale che ci siano dei momenti di appesantimento perché i ritmi, qui a Sanremo, sono decisamente importanti, gli incontri con la gente, la stampa, il tempo da dedicare ai ragazzi che ti aspettano sotto l’hotel o alle porte dell’Ariston, ma tutto questo fa parte del Festival. Ritrovi un amico qui al Festival, Carlo Conti, cosa ne pensi della sua conduzione? Beh, non è che possa giudicare la conduzione, ma credo stia andando alla grande! Mi sembra una macchina da guerra, non ho visto nessuno più bravo negli ultimi tempi e credo stia entrando nella storia come Baudo o Mike Bongiorno. Siamo amici dal 1979, come con Pieraccioni e Panariello, ci vogliamo bene, ma non cambia nulla alla fine del festival e se ci sentiamo in questi giorni è solo per criticare le scelte di mister Montella con la Fiorentina. A proposito di amici toscani, Irene Grandi ha dichiarato di sentirsi un outsider in questo festival tra i Campioni, trovandosi spiazzata dal fatto di non conoscere la maggior parte dei cantanti in gara. Vivi anche tu questa condizione di “disagio”? No. Io li conosco tutti, anzi, con alcuni ci diamo anche del tu, pensa un po’… Irene è una persona che è cresciuta tanto, è diventata una donna, ma quando cresci devi essere pronto ad affrontare il futuro! Bisogna quindi rimettersi in discussione in questo nuovo panorama musicale e adattarsi alla consapevolezza che oggi i talent sfornano tante nuove proposte che, a lungo andare però, dovranno confermare di meritare questi palcoscenici e affrontare la giusta gavetta per non morire dopo una canzone. Anche mio zio sosteneva che “Disperato” fosse solo rumore e non una canzone poi il tempo ha dimostrato l’esatto contrario! Il 12 febbraio è uscito un triplo album, dal titolo “Cronologia”, che racconta Masini, riproponendo i tuoi più grandi successi e affiancandoli a 5 inediti tra i quali “Che giorno è” presentata in gara in questo Festival. Sì , un lavoro che riassume i miei 25 anni di carriera con canzoni che neanche io ricordavo fossero state fatte. Sarà presente anche la canzone di Francesco Nuti “Sarà per te” che ho cantato nella serata dedicata alle cover al festival. Ci sarà un tour di presentazione del disco e quindi un nuovo tour live con i concerti. Cosa ti aspetti da questo festival di Sanremo? Mi auguro che la gente capisca bene questa canzone. Ci sono stati anni che non GERENZA Registrata al Tribunale di Locri (RC) N° 1/14 Le COLLABORAZIONI non precedute dalla sottoscrizione di preventivi accordi tra l’editore e gli autori sono da intendersi gratuite. FOTOGRAFIE e ARTICOLI inviati alla redazione, anche se non pubblicati, non verranno restituiti. I SERVIZI sono coperti da copyright diritto esclusivo per tutto il territorio nazionale ed estero. GLI AUTORI delle rubriche in cui si esprimono giudizi o riflessioni personali, sono da ritenersi direttamente responsabili. LA STORIA DI ‘NTONI MACRÌ - RIVIERA EDIZIONI © Direttore responsabile: MARIA GIOVANNA COGLIANDRO Editorialista: ILARIO AMMENDOLIA COLLABORATORI: Ercole Macrì, Jacopo Giuca, Stefania Gitto, Eleonora Aragona, Franco Parrello, Lidia Zitara, Patrizia Pellegrini, Domenico Spanò, Sara Leone, Sara Jacopetta. www.rivieraweb.it Un romanzo di Cosimo Armando Figliomeni Per richieste di pubblicità rivolgersi a: PI GRECO Comunication srl Via Gramsci, 72/A info 0964383251 GLI INSERZIONISTI sono responsabili dei marchi e dei loghi pubblicitari nei loro spazi, l’Editore non risponde per eventuali dichiarazioni, violazioni di diritti, malintesi, ecc... Tutti i marchi riportati sono registrati dai legittimi proprietari. STAMPA: Martano Editrice EDITORE - No così srl - via D.Correale, 5 - 89048 Siderno DOMENICA 22 FEBBRAIO 15 CAPITOLO QUINTO RISPETTA TUO PADRE (ovvero GUARDATEMI LE SPALLE) All’ombra dei platani E ra bello, una volta - pensava Gigi - senza rumori e il frastuono moderno. Quando anche a distanza avvertivi un battito d'ali e, al calar della sera, i sospiri degli amanti. Quando il tempo scorreva lento e tutto appariva fermo, arcano. Quando bastava soltanto una bicicletta per dare il senso della locomozione e un aeroplano scintillante sotto i raggi del sole era come un diaframma che ci separava e al contempo ci univa a Dio. Ma il progresso seguiva la pace. Finita la guerra, anche sulle strade della Calabria apparve la Vespa. Fabbricata a Genova dalla Piaggio, dove pare vi abbia lavorato un ingegnere sidernese. I giovani, però, amavano di più l'Isomoto: uno scooter snello e scattante che nel tempo soppiantò i vecchi “Cucciolotti”. Era proprio in, si diceva allora. Il rombo del suo motore, quella mattina, copriva persino il fragore del mare. Le balaustre del Ponte di Ferro che univa le ridenti cittadine di Locri e Siderno, separate dal Fiume Novito e da un atavico campanilismo, come sempre a quell'ora vibravano. A bordo, un giovane studente di Ragioneria: Antonio. L'Istituto, nomato a Marconi, sorgeva sul Corso Garibaldi, alle spalle di Piazza Vittorio Veneto, proprio di fronte al Municipio, il cui frontespizio giallo cementite, intagliato all'ombra dei pini, respirava gli effluvi e la brezza dello Jonio. Gli studenti meno chiassosi, specie nelle ore di Religione, quando non si fa niente e Monsignore sonnecchia, annegavano il loro sguardo sul quel prospetto che il trascorrere del tempo non era riuscito a sbiadire. Qualcuno lo riproduceva a matita sul lucido leggio di formica. Quella mattina, il cortile della scuola gremiva come sempre mentre aumentava il vociare in attesa del suono della campanella e le ragazze, impeccabilmente in grembiule, si davano un'ultima stretta, un ultimo sguardo d'intesa. Fu allora che scoppiò lo scompiglio, il raccapriccio, la paura. E, infine, il terrore. Qualcuno sparò. Qualcuno stramazzò. L'Isomoto tacque. Tacque per sempre. Il diplomando Antonio giaceva in una pozza di sangue sul nero asfalto, a pochi metri di distanza dalla Scuola nomata a Marconi. «Un giorno ammazzerò il vostro capo» andava dicendo con voce sempre più alta, al punto che, a volte, copriva addirittura lo scoppiettare della sua moto. «Un giorno ammazzerò il vostro capo». Ripeteva in un grido pieno d'odio e rancore. E quel grido, ormai, risuonava nelle orecchie di tutti. Quel grido, soffocato una mattina di un giorno qualunque, davanti a una scuola, tra pagine di libri sgualciti vaganti sotto la brezza e il profumo dei pini, all'ombra dei platani. Ancora oggi si dice che fosse il figlio di un rivale di Don Antonio. Di un altro coraggioso, di un pretendente al comando. Di un altro che rincorreva la ricchezza, il prestigio, il rispetto. Le sirene spiegate delle Forze dell'Ordine, nell'avvicinarsi al luogo, diventavano sempre più assordanti mentre puntuale suonava la campanella che nessuno avvertì. Una cosa, però, videro tutti: un paio di jeans bianchi allontanarsi fra gli alberi e confondersi tra la gente. La corsa era lunga: bisognava attraversare l'Atlantico. Ma New York era accogliente con i suoi ritmi vorticosi, i tavoli di poker e le prime slot-machine, sdraiata sul suo porto profumato di whisky e di “bionde”. Chi ricorda la storia di quegli anni, rivede un film neorealista ambientato sotto il sole cocente e lo sciacquio del mare, dove piogge e alluvioni allagano gli orti e gonfiano le fiumane. Che bagnano i corpi ma inaridiscono i cuori. Dove tuttora risuona lo scampanellio di un trenino che sul lungomare accoglieva chiassosi bambini, nelle sere d'estate. Lo guidava un omone dalle spalle ricurve, invecchiato non solo dagli anni. Rassegnato. A Melfi dove si celebrò il processo per legittima suspicione su ricorso del pubblico ministero, l'imputato era, naturalmente, Don Antonio, dopo essere stato prosciolto d'ogni accusa durante la fase istruttoria presso il Tribunale di Locri. Si era agli inizi degli anni '60. Anche in quel tribunale l'assoluzione era nell'aria e risuonò immediatamente ingigantendo il personaggio, l'uomo di rispetto, e facendo al contempo aumentare la fama e lo spessore professionale del suo difensore dall'aperto sorriso, dalla spiccata intelligenza e della sua convincente dialettica. Si dice che lo stesso Pubblico Ministero, a conclusione del rito in un atto di stima, lo abbia omaggiato di un'elegante cravatta. DON CALOGEROVIZZINI Era di fatto un apprezzato giurista, amante del proprio lavoro, deontologicamente corretto. Equilibrato. Tant'è che di fronte alla candidatura al Senato nelle file del PCI, sebbene gli fosse stata assicurata l'elezione anche dagli organismi centrali di quel partito, egli declinò l'invito licenziando “gli araldi” con la seguente frase: «Non posso». In Parlamento si direbbe che sono espressioni della mafia! Altro aneddoto è che era un amatore, una sorta di rubacuori. Amava la bellezza delle donne, e tante ne ha amato pur se la famiglia la portasse nel cuore con tutti i doveri che ne derivano. Nell'Aula Penale dell'ex Pretura di Siderno, ancora campeggia in sua memoria un epitaffio su marmo travertino nel vero significato greco della parola: elogio agli eroi. Cadde infatti, quest'uomo, nel pieno esercizio della professione per mano d'un suo cliente, sotto i colpi d'una ingrata e pazza rivoltella. La miglior forma di ringraziamento è sempre l'ingratitudine, si dice, che ti accompagna fino all'ultimo respiro. Ma gli eroi non muoiono mai! Non conoscono oblio. Un amore così, Gigi non l'aveva ancora conosciuto. A parte la prima cotta che lo cosse a dovere in terza elementare. Allora, però, aveva solo otto anni e Lidia gli sedeva accanto con quegli occhioni azzurri incastonati da boccoli di capelli neri. Se si escludono le solite avventure che si hanno durante la prima giovinezza (che ti aiutano a crescere) lungo il corso degli studi, Gigi non aveva conosciuto l'amore. Lo assorbivano le continue ricerche nel campo della Sociologia e dell'Antropologia. D'altronde era convinto che la sua donna ideale non esistesse. Non cercava la bellezza esteriore ancorché, nel vedere passeggiare sul Lungomare delle Palme, certe sere, ragazze prosperose ben fatte, gli occhi gli luccicavano di desiderio. Gli amici del Summertime, infatti, aspettavano i suoi commenti per ridere e divertirsi. Nelle donne cercava qualcosa che dimostrasse la loro bontà, intelligenza e quella bellezza interiore di cui gli sembrava fossero prive. Come per tutti i figli, anche per Gigi donna Natalina - la madre - costituiva un modello. Ma anche zia Carmelina. Eppure, quando si dice il destino! E il destino per Gigi, come per tutti, era già scritto, anche sul piano dei sentimenti. Era un pomeriggio di novembre. Un cielo terso attestava che ancora a Siderno l'estate non era finita. Quella sera Gigi scorrazzava a bordo della sua 500 verde Firenze per le viuzze del centro storico, tra Via Colombo e Corso della Repubblica. A un incrocio, motore in folle, come un'apparizione celeste vide sbucare una ragazza, la più bella fanciulla mai vista. Gli occhi pudici denotavano ingenuità sotto una cascata di fili d'oro: i suoi capelli. Il viso sereno, raffinato, raccontava la bontà, quella bellezza interiore che Gigi tanto cercava. Il cappotto color avano portava una firma: quella della povertà, che per lui era la più grande ricchezza: all'altezza del terzo bottone vi era uno strappo. Biglietto da visita dell'usura. Gigi le fece la corte. Si chiamava Silvana ma egli l'ha sempre chiamata Vanù. I primi tempi s'incontravano di nascosto, almeno così loro credevano, ma di fatto lo sapevano tutti. Si vedevano passeggiare sul Lungomare delle Palme, gelato e granite a limone al Summertime. Una sera Vanù, facendosi coraggio, gli disse: «Ma tu mi vuoi bene davvero?» «No - rispose Gigi - Io ti amo!» «Allora, se è così, devi venire in casa». All'indomani - era un Mercoledì - alle sette di sera, Gigi, con in mano un fascio di rose rosse, puntuale suonò il campanello d'un piccolo condominio. Vanù fingeva di studiare, sdraiata sul lettino. Alla sorella aveva chiesto di non essere disturbata poiché la prof. di Lettere le aveva anticipato che uno di quei giorni l'avrebbe interrogata. In verità aspettava Gigi con una certa impazienza. Quando Gigi bussò alla porta, bastarono pochi minuti per i soliti convenevoli. Subito dopo, bicchieri di Rosso Antico contribuirono a celare il brillio di occhi innamorati. Quel brillio che ancora dura, accompagnato da candide poesie infarcite dalle prime paroline di Flavia, la loro nipotina. Oggi, a distanza di tanti anni, tra i capelli, fili d'argento sempre più evidenti, quei ricordi diventano oggetto di piacevoli racconti, e rapiscono attenzione e curiosità dell'intera famiglia. La conclusione di Gigi è sempre la stessa: «Ma la cosa più bella è stata quando il giorno seguente, avendo ottenuta una supplenza presso l'Istituto Tecnico, l'ho vista seduta al primo banco». “Eroi! - Pensava Gigi - Quali Eroi? Chi furono gli Eroi durante lo sbarco degli Alleati in Sicilia? Che ruolo ha avuto Cosa Nostra? E l'Onorata Società in Calabria? Chi era Lucky Luciano? E Calogero Vizzini? Sicuramente anche Don Antonio ne sa qualcosa, posto che si vocifera che l'unico calabrese a far parte della Cupola sia proprio lui”. Sapeva Gigi - e la cosa era di dominio pubblico - che gli americani giunti in Sicilia, arrestando la loro marcia, dovevano omaggiare un balcone rosso di gardenie e gerani sul quale era affacciato un uomo: Calogero Vizzini. La stessa persona che un giorno si ritrovò a Siderno a chiedere una camera d'albergo. Il giovane figlio dell'albergatrice, tredicenne, alzando gli occhi dal libro che stava leggendo notò un uomo elegante, dallo sguardo sicuro e dal portamento altero. Salendo le scale verso il piano di sopra, dove intanto gli era stata allestita una camera, il ragazzo notò che da una gamba quell'uomo versava stille di sangue. Non essendo obbligato a chiedere i documenti, non sapeva chi fosse né come si chiamasse. Esisteva allora una sorta di convenzione che obbligava chiunque a prestare ospitalità a profughi e viandanti senza alcuna obiezione. Ma alla vista del sangue quel ragazzo capì ch'era suo dovere informare la caserma dei carabinieri. Così fece. Dopo pochi minuti, invece, si presentò Don Antonio. «Vi rispondo io di tutto. Stanotte fatelo dormire, domani si vedrà». Il giovane, rassicurato, non obiettò, e tutto filò liscio. Passarono gli anni. Quel ragazzo diventò uno stimato professionista e ottimo docente, ma quell'episodio gli arrovellava il cervello. Chi era quell'uomo? Perché a Siderno? E perché in una camera d'albergo? A questa domanda, Don Antonio gli rispose: «Fatevi i cazzi vostri». Fu proprio l'avvocato a chiarire l'aneddoto, a fornire la spiegazione. Non fosse altro perché quel ragazzo intanto era stato eletto Sindaco della Città, ed era giusto che sapesse. Quell'uomo era nientemeno che Calogero Vizzini, e la ferita alla gamba la conseguenza d'un incidente stradale. Questa, la versione ufficiale! Il resto è dato solo dalle supposizioni, dai “si dice”… o dalle “certezze” che la Storia non scrive, che non può scrivere o che non vuole. PRIMO PIANO La Locride rappresenta il 46% dei sindaci coinvolti nella Conferenza Metropolitana. Pertanto dovrebbero essere determinanti nell’approvazione dello Statuto. LA LOCRIDE e la Citt VITTORIO ZITO Q Qual è il ruolo della Locride all’interno della Città Metropolitana? È questo l’interrogativo e la preoccupazione manifestata dai sindaci della Vallata del Torbido all’indomani della riunione indetta dal Sindaco di Reggio Falcomatà, per avviare la discussione sulla costituzione della nuova conurbazione. Ed è questo il tema che vedrà impegnate le forze politiche della provincia nei prossimi mesi. Un tema che tratteremo nei prossimi giorni anche come PD in un incontro che stiamo organizzando a Roccella. L’incontro si svilupperà attorno ad alcune considerazioni nodali. Innanzitutto mi pare chiaro che la questione non è se costituire o non costituire la Città Metropolitana. La riforma istituzionale che l’ha introdotta, infatti, è ormai consolidata e non ci sono margini di ripensamento (nemmeno auspicabili). Si sono già costituite altre Città Metropolitane e nei tempi dettati dalla legge si costituirà anche quella di Reggio. Il tema è quindi: come vogliamo costituire tale città? In molti affermano che la Città Metropolitana di Reggio rappresenta un unicum rispetto alle altre. A Roma, Napoli e Milano, ad esempio esiste già di fatto un nucleo di comuni interessati da una forte conurbazione che gravita attorno alla città capoluogo, mentre a Reggio questo fenomeno non esiste. Il capoluogo di provincia calabrese, inoltre, è la più piccola delle costituende Città Metropolitane. Osservazioni inequivocabili, ma che manifestano fondate perplessità. Perplessità nei confronti della nuova istituzione che, come è naturale, troviamo in tutti i dibattiti aperti sulle Città Metropolitane nelle singole realtà. Si pensi, ad esempio, al dibattito sorto attorno alla conurbazione di Torino, unica a conglobare comuni confinanti con un altro Stato e che racchiude al suo interno ben 315 (a Reggio sono 97) comuni che vanno ben oltre la cinta cittadina. Un tema, però, è ricorrente in tutte le esperienze: quello del timore che i piccoli centri siano soffocati dalla città e che perdano quelle attenzioni ai propri territori fino ad oggi garantite dalle Province. Vediamo da vicino quella che sarebbe l’architettura istituzionale della Città Metropolitana. La riforma Delrio, che l’ha istituita, innova profondamente la logica degli interventi di decentramento del ventennio 1977-1997, poiché afferma la netta centralità dei Sindaci come classe politica di base del governo locale e quindi anche dell’ordinamento democratico. La riforma richiede ai Sindaci qualcosa di più dell’ordinario loro ruolo: chiede cioè di interpretare gli interessi di una comunità molto più ampia di quella che li ha eletti. Tutti i sindaci della provincia sono componenti della Conferenza Metropolitana, uno dei tre pilastri su cui La conferenza dei sindaci avanzi una formale proposta di costituzione della Locride come zona omogenea della Città Metropolitana. si fonda l’architettura istituzionale della Città Metropolitana. È un organo consultivo che ha un unico e importantissimo potere deliberativo: quello di approvare lo Statuto, oltre a essere chiamata a deliberare il parere sul bilancio della cittadino. La legge prevede che quest’organo deliberi con “doppia maggioranza” in tutti e due i casi. Significa cioè che, perché possa essere approvato lo Statuto, è necessario che sia votato da 1/3 dei Sindaci che rappresentano il 50% + 1 dei cittadini residenti in Provincia. Nella provincia di Reggio ci sono in totale 91 comuni, 42 dei quali costituiscono la Locride. Quest’area, dunque, rappresenta il 46% dei sindaci che compongono la Conferenza. Il totale dei cittadini residenti in provincia è di 550.323 unità e nella Locride risiedono 131.985 cittadini, il 25% del totale dei residenti in provincia. I sindaci della Locride, dunque, rappresentano il nucleo di maggiore peso all’interno della Conferenza e sono determinanti nell’approvazione dello Statuto della Città Metropolitana. Questo è il primo dato su cui credo si debba riflettere. Con la Provincia l’organo deliberativo (il consiglio) veniva eletto a suffragio universale. Ogni volta che un organo di governo sovra comunale è eletto con il suffragio universale, la Locride è sempre penalizzata (come ha dimostrato anche il recente risultato delle regionali). Questo perché tanto più un territorio presenta concentrazione di residenti in pochi centri, tanto più riesce ad avere peso elettorale e a esprimere rappresentanze in seno a organismi elettivi. La Conferenza della Città Metropolitana, dando peso ai sindaci, riequilibra questo dato a favore di territori che siano in grado di rappresentare in modo coeso istanze di più comunità. Per questo credo non ci si debba perdere in prese di posizione che appaiono un po’ preconcette e che rischiano di farci perdere un’occasione così importante come la Città Metropolitana. Gli altri due pilastri su cui si basa l’architettura della Città Metropolitana sono il Sindaco Metropolitano e il Consiglio Metropolitano. Quest’ultimo è un organo politico che, assieme al Sindaco, costituisce la base amministrativa della Città Metropolitana. A differenza delle altre architetture istituzionali, il Sindaco Metropolitano non è eletto e, coinciden- www.rivieraweb.it DOMENICA 22 FEBBRAIO 17 La costituzione della Città Metropolitana è un processo irreversibile che la Locride è chiamata a governare per non doverlo subire. ttà Metropolitana te con il Sindaco della città di Reggio, non ha necessità di un rapporto fiduciario con il Consiglio. Questo, invece, dovrà essere eletto dai consiglieri comunali e dai sindaci della provincia e sarà composto da 14 consiglieri scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali medesimi. Il sistema del voto è del tutto particolare: è diseguale e ponderato a seconda della popolazione rappresentata. Significa che il voto del consigliere comunale di Reggio varrà ad esempio 10 e quello del consigliere comunale di Roccella varrà 2. L’elezione, inoltre, avviene per liste contrapposte. È evidente, quindi, che quello del Consiglio è il terreno più debole per il nostro territorio per due ragioni. La prima è che il sistema di liste contrapposte polarizzerà il voto su due liste rappresentative dei partiti maggiori: non possiamo immaginare che dalla Locride nasca una lista unitaria trasversale ai partiti che, peraltro, non avrebbe alcuna possibilità di successo e pertanto c’è il rischio che le istanze del territorio siano poco presenti all’interno delle singole liste. Il secondo è che il calcolo ponderato del voto penalizza un territorio con presenza forte di comuni con pochi abitanti. Se nella Conferenza, quindi, prevale la forza di un territorio in termini di ampiezza numerica delle comunità rappresentate, nel consiglio riprende vigore la forza elettorale di un territorio. Pertanto è sulla capacità di imporre alle agende dei partiti le istanze della Locride che ci giochiamo il futuro del territorio all’interno della Città Metropolitana. Come dicevo, nonostante le perplessità manifestate da alcuni sindaci della Locride (e non solo), in ogni caso la Città Metropolitana avvierà il suo iter di costituzione e lo concluderà per come imposto dalla legge. Il primo atto sarà quello dell’approvazione dello Statuto. Non so come il Sindaco metropolitano intenda gestire la fase di costruzione della proposta statutaria; di certo, però, lo Statuto dovrà essere approvato dalla Conferenza. Il potere regolatorio, attribuito dalla legge Delrio allo Statuto è molto più ampio di quello previsto per le attuali Province. La legge assegna allo Statuto alcuni compiti con valenza “esterna”, che cioè incidono nei rapporti istituzionali con gli altri livelli di governo (ad esempio: regolare le modalità e gli strumenti di coordinamento dell’azione complessiva di governo del territorio metropolitano; disciplinare i rapporti tra Città Metropolitana, i Comuni e le unioni di Comuni nell’organizzazione e nell’esercizio delle funzioni metropolitane e comunali). La legge assegna infine allo Statuto un potere di assoluto interesse per la Locride. Lo statuto metropolitano, infatti, può prevedere che il territorio venga ripartito in zone omogenee per specifiche funzioni. Le zone omogenee devono essere istituite d’intesa con la Regione, ma nel caso in cui essa manchi, possono comunque essere istituite con deliberazione della conferenza metropolitana, assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti. È utile evidenziare che, nelle zone omogenee, si possono istituire organismi di coordinamento collegati agli organi della È stata convocata per venerdì 26 febbraio l’assemblea dell’Associazione dei Sindaci, che avrà luogo alle ore 17.00 presso il Palazzo Municipale di Siderno. Città Metropolitana. Le zone omogenee costituiscono, quindi, articolazione sul territorio delle attività e dei servizi metropolitani decentrabili della conurbazione. Per un territorio, essere considerato una zona omogenea significa in sostanza avere maggior peso all’interno della Città Metropolitana. È probabile che molti territori della provincia spingano per essere riconosciuti come zone omogenee. Ma le zone omogenee, per loro natura e definizione, devono essere delimitate secondo caratteristiche geografiche, demografiche, storiche, economiche e istituzionali tali da farne l’ambito ottimale per l’organizzazione in forma associata di servizi comunali e per l’esercizio delegato di funzioni di competenza metropolitana. E la Locride è l’unica zona omogenea compiutamente delinea- ta all’interno della Città Metropolitana. Essere riconosciuta come tale ed evitare forzature che snaturino il concetto stesso di zona omogenea deve essere, a mio avviso, il primo forte impegno unitario dei Sindaci della Locride. In conclusione: la costituzione della Città Metropolitana è un processo irreversibile che la Locride è chiamata a governare per non doverlo subire. Per governarla non è utile attardarsi su analisi, anche condivisibili in alcune parti, sull’efficacia della riforma istituzionale derivante dalla legge Delrio. È più utile organizzare le forze in campo per tutelare le aspettative legittime della Locride. Dunque un suggerimento: avanzi la conferenza dei Sindaci una formale proposta di costituzione della Locride come zona omogenea della Città Metropolitana e una contestuale proposta di criteri da attuare per riconoscere a un territorio tale status. Su questa proposta convergano tutti i Sindaci ponendola come condizione necessaria (ancorché ovviamente non sufficiente) per l’espressione di un voto positivo sullo Statuto all’interno della Conferenza. Si elabori poi una piattaforma politica in grado di rappresentare le esigenze del territorio e su di essa si chieda l’impegno formale delle forze politiche che daranno vita alle liste contrapposte per l’elezione del Consiglio. Questo è, a mio avviso, il primo necessario passo per governare il processo in atto e per contribuire al rafforzamento di questa nuova articolazione istituzionale che, se ben governata, darà certamente nuovo impulso allo sviluppo della Locride. RIVIERA “ CULTURA E SOCIETA’ Pillole Naturopatiche A cura di: Patrizia Pellegrini Naturopata Bioterapia Nutrizionale® Presidente Associazione Culturale Tone SCALDIAMO I NOSTRI SENSI IN QUESTO FREDDO INVERNO CON UN AGRUME DI STAGIONE L'aroma terapia, un gesto d'amore per i nostri sensi Concediamoci dell'olio essenziale, una sostanza altamente volatile che, grazie a questa sua caratteristica, raggiunge velocemente il nostro naso. Tra le terapie complementari, l'aromaterapia è una delle più conosciute e si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. Il suo valore terapeutico è sempre più apprezzato da ricercatori e medici. Gli oli essenziali sono fluidi preziosi, dal dolce profumo, estratti da molte varietà di piante e, spesso, la loro somministrazione costituisce un vero e proprio gesto d'amore nei confronti dei nostri sensi. Gli oli essenziali sono molto più usati di quanto si creda. Sono presenti in molte cure, profumi e prodotti di bellezza. Sono essenze non oleose, particolarmente concentrate in alcune parti della pianta: fiori, resina, corteccia, radici, buccia, foglie, frutti; frazioni volatili ottenute dalle piante mediante distillazione in corrente di vapore. Presentano una composizione complessa: sono poco solubili e stimolano intensamente l'olfatto, in quanto si volatilizzano a temperatura ambiente. Hanno proprietà fisiche, chimiche e terapeutiche. La loro azione non è mai solo qualcosa di limitato e altamente specifico per un organo o un apparato, ma hanno un'azione più generale sull'organismo in tutte le sue affezioni e l'aromaterapia non deve essere vista solo come un rimedio puramente sintomatico, ma come un reale trattamento sistemico. Gli oli essenziali regalano energia e lucidità, curano la pelle e fanno bene al corpo e allo spirito. La composizione di un'essenza naturale è molto più complessa della somma dei suoi costituenti. Essenze riprodotte chimicamente in laboratorio, infatti, generano una miscela solo apparentemente uguale all'originale, come dimostrato dal confronto tra l'attività di sostanze naturali e sintetiche. Prendiamo il frutto solare per eccellenza, l'arancia. Il suo olio essenziale, distillato dalla buccia dei frutti di arancio dolce tonifica l'epifisi, il sistema nervoso centrale e quello neurovegetativo, il cui equilibrio garantisce il buon funzionamento del nostro orologio biologico, apportando quindi la giusta “dose” di vitalità a corpo e psiche. Il suo aroma contrasta efficacemente stress e depressione. Se la stanchezza ti fa dormire male, aggiungi 8 gocce di olio d'arancio al tuo bagno serale. Le specie botaniche più ricche di oli essenziali si distribuiscano prevalentemente in zone calde e assolate; infatti un fattore particolarmente importante riguarda le caratteristiche di foto esposizione, di luce e di calore. La principale peculiarità degli oli essenziali, è che vengono percepiti come odorosi. A differenza delle altre stimolazioni, quelle olfattive sono le sole a passare direttamente nella corteccia cerebrale, senza essere filtrate dal centro recettore del 'talamo' per un'analisi preliminare. Le molecole aromatiche che si diffondono nell'aria raggiungono la parte superiore delle cavità nasali. Le cellule olfattive, una volta sollecitate dalle molecole aromatiche, trasformano lo stimolo chimico in impulsi elettrici che a loro volta stimolano i centri dell'odorato. L'aromaterapia coinvolge (attraverso la percezione degli odori) l'emotività, la memoria, la sensibilità e tutte le aree cognitive correlate, oltre al sistema endocrino e quello immunitario; basta pensare a quanta importanza abbiano i profumi riferiti alla sfera sessuale di ogni individuo. L'anosmia (incapacità di percepire gli odori) determina un abbassamento delle difese immunitarie ed è legata ad alcuni tipi di depressione. “ "La donna genera la vita ed è per questo motivo che la utilizzo come canale preferenziale del mio messaggio. Ne adoro l'anatomia: il seno, il busto, i fianchi, il ventre. È l'equilibrio perfetto" TELA E PENNELLI: il talento di Nadia Zaidi "HO SEMPRE PENSATO CHE L'ARTE FACESSE PARTE DELLA MIA VITA. MOLTE VOLTE HO RESISTITO ALLA TENTAZIONE DI LANCIARE IN ARIA I PENNELLI O DI STRAPPARE LA TELA. ALTRE VOLTE L'HO FATTO” SARA LEONE "L'arte è universale: può arrivare a chiunque." È questo il primo approccio con Nadia. Da piccola grande donna, classe '94, apre la nostra chiacchierata con una citazione ad affetto. Nadia Zaidi è una ragazza calabrese, è nata ad Oppido Mamertina. Suscita tanta tenerezza, mi chiede come Riviera abbia fatto a conoscere i suoi quadri, e si dice onorata di avere tanta attenzione da parte di un giornale che stima per gli ideali che porta avanti. È sorpresa che giù in Calabria, si senta parlare della sua arte. Dopo essersi diplomata all'Istituto Tecnico Industriale, è andata a vivere a Brescia, dove attualmente lavora. Ha studiato l'arte da autodidatta. Anche Montale fu autodidatta. Eppure diventó l'Eugenio Montale, dei libri di letteratura. È un augurio. Con la sua inclinazione all'interesse, si sente di affermare che il suo diploma le è molto servito, le ha consentito di rimediare numerosi lavori con i quali autofinanziare la sua arte sperimentale. La sua famiglia l'ha supportata ma, come tutti gli altri genitori, avrebbe preferito che intraprendesse un percorso diverso, più stabile e più sicuro, senza troppi punti interrogativi. Lei, per tutta risposta ha affiancato alla sua passione, un lavoro che le permettesse di avere un'indipendenza economica. Una ventenne seria, determinata e matura. "Ma qual è stata la scintilla che ti ha fatto scoccare l'amore per l'arte?"- le chiedo. "Ho sempre pensato che l'arte facesse parte della mia vita. Molte volte ho resistito alla tentazione di lanciare in aria i pennelli o di strappare la tela. Altre volte l'ho fatto. Poi ho insistito, facendo prevalere la mia ambizione"- afferma "E la tua ispirazione?"-ribatto. "L'ispirazione è il messaggio. Se ho un messaggio forte, sta a me rappresentarlo in maniera forte"- risponde. E il suo messaggio è sempre forte. Quello che più mi ha colpito delle sue opere sono i colori, spesso amalgamati, sfumati, spesso azzardati in accostamenti a effetto. Mi piace come rappresenta le donne, mi piace il soggetto. E mi piace perché non vi è nulla di più profondo. Una cosa mi colpisce, però, più di tutte. Le sue donne hanno sempre il punto vita ben definito. È una curiosità, non so se è una mia impressione, allora glielo chiedo, e questo è quanto lei risponde: "La donna genera la vita ed è per questo motivo che la utilizzo come canale preferenziale del mio messaggio. Ne adoro l'anatomia: il seno, il busto, i fianchi, il ventre. È l'equilibrio perfetto." E già questo dice tanto di Nadia come donna. È semplice, diretta, anche un po' romantica. Il messaggio che utilizza non si ferma al colore e alle forme: è simbolico, un'allegoria pittorica. Poi continua: "Anche il titolo dell'opera alle volte può divenire superfluo. Personalmente non m'interessa che qualcuno ne percepisca il senso che io stessa ho voluto rappresentare. Mi piace stanziarmi davanti al mio quadro, alle mostre, fingendomi una spettatrice per sapere qual è il messaggio che gli altri attribuiscono alla mia tela"- dichiara. Non è egoista Nadia. Consegna la sua arte agli occhi degli spettatori, lasciando loro la cosa più bella: la libertà di interpretare secondo la propria esperienza. La sua sicuramente non è un'arte preconfezionata. È un'arte sottile, che mira al cuore e alle corde più profonde dell'animo di chi osserva. Le chiedo se ami la letteratura, se ami la letteratura nell'arte, l'arte nella letteratura, l'ekphrasis. Nadia ama la letteratura dell'Ottocento, ama Poe e Shakespeare, ama il dipinto "Ofelia", crede che sia molto fedele al personaggio dell'Amleto. Così giovane, eppure dal gusto così raffinato. E dopo aver svelato anche troppo, di una ragazza così semplice e della sua arte, sposto l'attenzione sulla terra che le ha dato i natali. "Che rapporto hai con la Calabria?" "È una domanda piuttosto delicata. Ci sono nata, in Calabria. Ma molto spesso l'ho sentita distante, e non è un discorso geografico. Oggi ho più fan in Tunisia, Libia, Egitto, che in Italia. Il grosso dei fruitori delle mie opere è per lo più composto dagli stessi ragazzi che hanno partecipato alla rivoluzione araba e che sentono la necessità di accostarsi a un tipo di arte che fino a pochi mesi fa non avevano potuto apprezzare con libertà. In Calabria ho conosciuto poche realtà che mi hanno supportata: Ricerca Alternativa, che mi ha proposto per la prima volta di esporre pubblicamente nel mio paese, Oppido Mamertina." Certo, non è il massimo che l'impegno di una giovane ragazza calabrese, piena di talento, venga apprezzato, prima che in patria, in altri nazioni. E su questo sarebbe bene riflettere. Così, dopo una piacevolissima conversazione, in cui ho imparato tanto, non solo di arte ma anche di umiltà e passione, le chiedo un messaggio per noi giovani. Lei felice risponde: "Direi ai giovani di tentare. È importante avere dei sogni, ma lo è anche essere un tantino più realisti e cercare dei modi meno astratti per arrivarci. Faccio altri lavori, ma la mia ambizione è sempre e comunque la pittura". Ad maiora, Nadia. RIVIERA LA ROSA DEIVENTI (mini rubrica a cura di Maria Verdiglione) DOVE PUÒ ANDARE A FINIRE LA PIANTA DEL DIAVOLO I carboni del diavolo, il tabacco, vennero per la prima volta visti da un europeo: un marinaio al seguito di Cristoforo Colombo. Davanti all'isola di Cuba volle provare a respirare quel qualcosa che avevano in mano gli indigeni del luogo senza bruciarsi. Per poco non restò sof- focato. Quando riuscì a emettere il respiro imprecò: «Figlio del diavolo!» e sigaretta fu! Da quel giorno, il vizio del fumo dilagò e in Europa la tabacchiera fu l'inseparabile compagna di re, imperatori, nobili, statisti ecc. Pensate che lo statista inglese Petersham ne possedeva ben 365, una per ogni giorno dell'anno, e una diversa dall'altra. Sono state fabbricate tabacchiere in oro, argento, cesellate e cosparse di pietre preziose. Napoleone Bonaparte ne faceva incetta durante i Consigli di Stato. Siccome spesso e volentieri dimenticava la propria, un suo fiduciario, a un cenno convenuto, premurosamente se le faceva prestare da qualcuno dei presenti. Napoleone, che faceva? Ne svuotava il contenuto sul tavolo e metteva la “sfortunata” tabacchiera in tasca. Immaginate quanti di questi oggetti collezionava! Toccava, poi, alla Giuseppina provvedere a restituirle ai legittimi proprietari. A un certo punto i dignitari si fecero furbi e alle “imperiali” riunioni, portavano tabacchiere di legno. www.larivieraonline.com I nventò la cosiddetta “Hollywood rossa”. Durante l'età dell'oro del cinema russo, negli anni '20 e '30, realizzò quattrocento tra film e documentari, lasciando, in ambito cinematografico, uno dei segni più indelebili. Eppure il nome di Francesco Misiano si vaporizzò nel dopoguerra e oggi è sconosciuto ai più. E pensare che all'epoca suonava familiare alle orecchie di Thomas Mann, Sergei Eisenstein, Bertold Brecht, Vsevolod Pudovkin, Charlie Chaplin, Albert Einstein. Ancora giovane, Francesco Misiano lasciò la sua Ardore per studiare ragioneria ad Assisi. A vent'anni cominciò a lavorare come impiegato delle Ferrovie e contemporaneamente ha inizio la sua vita politica con l'adesione al Partito Socialista Italiano. Siamo nel 1904 e il giovane Misiano raggiunge Zurigo, dove conosce Lenin. Lo ritroviamo qualche anno dopo a Berlino dove, armi in pugno, combatte al fianco di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht per difendere la sede del Vorwärts, l'organo del partito socialdemocratico tedesco. Francesco Misiano fu tra i fondatori del Partito Comunista Italiano, parlamentare perseguitato dai fascisti, combattente in Africa contro il colonialismo italiano, sodale di Antonio Gramsci e acerrimo rivale di Gabriele D'Annunzio. Nel 1924 il Soccorso Operaio Internazionale, di cui era dirigente, gli affidò il compito di fondare a Mosca una casa di produzione cinematografica che fosse vicina alla causa rivoluzionaria mondiale. Nacque così la Mezrabpom-Russ, un nome decisivo per la nascita e la diffusione di quella cinematografia sovietica che stupì il mondo. Capolavori come “La Corazzata Potëmkin” di Eisenstein, "La madre" di Vsevolod Pudovkin, "Aelita" di Protazanov (il primo film di fantascienza russo) non sarebbero mai arrivati a un successo internazionale ed epocale senza lo straordinario intuito di Francesco Misiano, che fu il più grande produttore cinematografico dell'Unione sovietica. Nel 1926 riuscì a invitare a Mosca Douglas Fairbanks e Mary Pickford, in una memorabile giornata di mondanità cinematografica nella Russia bolscevica, durante la quale il "Robin Hood a stelle e strisce" e "la fidanzata d'America" furono inseguiti da uno stuolo di cineoperatori tra due ali di folla in delirio. Nel 1933, quando Hitler salì al potere, Misiano accolse nella Mezrapbom registi, sceneggiatori e intellettuali in fuga dal Nazismo come Piscator, Richter, Joris Ivens, Béla Balàzs. Ma col passare del tempo i suoi rapporti con il regime stalinista andarono peggiorando, probabilmente per la sua grande autonomia e libertà di pensiero. Partì da Ardore e stupì il mondo: Francesco Misiano, l'inventore della Hollywood rossa La morte lo colse prematuramente a Mosca il 16 Agosto 1936 a soli 52 anni. Sulla sua storia politica, cinematografica e personale, cadde inesorabilmente un pesante oblio. Per riportarla alla memoria nell'agosto 2004 nasce ad Ardore il “Centro Studi Ricerche e Formazione Francesco Misiano”. Importantissima iniziativa del Centro Studi è stata l'istituzione del Premio Internazionale alla Produzione Cinematografica “Francesco Misiano” che, prendendo le mosse dal dicembre 2007, a cadenza biennale, ripercorre le più importanti tappe italiane ed europee della vita e della avventura politico-artistica di Misiano. Quest'anno, dopo le tappe precedenti che hanno toccato Mosca, San Pietroburgo e Berlino, il Centro Studi, con la collaborazione del “Museo Nazionale del Cinema”, organizza a Torino la IV edizione del “Premio Internazionale alla Produzione cinematografica” intitolato, appunto, a Francesco Misiano. Il riconoscimento sarà conferito a Francesco Munzi, regista del film “Anime nere”, tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore, nostro conterraneo, Gioacchino Criaco. La manifestazione si terrà nella Sala 2 del Cinema Massimo il 23 febbraio 2015. M.G.C. L’amore ha Il profumo dei tigli KATIA CANDIDO Il nuovo libro di Domenico Angilletta è un'esaltazione della quotidianità. Le vite eccezionalmente normali dei protagonisti sono la celebrazione del pendolarismo e della semplicità calabrese degli anni '70 “Il profumo dei tigli” è il nuovo libro di Domenico Angilletta, docente al liceo classico di Locri, pubblicato dalla casa editrice Edizioni Erranti lo scorso gennaio. L'autore nasce a Grotteria, un paese in provincia di Catanzaro, nel 1952 e si laurea alla Facoltà di Lettere e Filosofia presso l'Università degli Studi di Messina. È proprio questo il luogo dove, in un giugno della fine degli anni '70, si snoda la vicenda dei due giovani studenti protagonisti, due persone libere di compiere le proprie scelte, con la convinzione di cambiare la mentalità e la visione del mondo. Scrivere sulle valigie, su un treno in corsa, nelle orecchie il vento e il fischio della locomotiva; scrivere in mezzo al mare, a bordo di un aliscafo, cullati dal beccheggio della prua che ara le onde come un vomere scuro, inondati dal fiume di luce che si riversa dal cielo nel mar dello Stretto. La scrittura di Domenico Angilletta, è anzitutto questo: un movimento. Non nel senso che egli rappresenti uno scrittore da viaggio, benché sia stato un viaggiatore per passione, per scelta, per ragioni di studio, per lavoro. Il viaggio, nel suo caso, si consuma nelle parole, quasi che quel costante essere in transito, quella perenne vibrazione dei sensi, si siano trasmessi dalla penna alla pagina. La tessitura narrativa che cuce e imbastisce la sua storia, in cui spiega i periodi sulla carta, ha un movimento sinuoso, sensuale, mai prevedibile. Eppure, la sua è una scrittura lucida, cristallina, impietosa, simile a un bisturi sapiente che seziona l'epidermide delle cose. Si potrebbe pensare che questo processo avanzi in maniera sistematica dalla superficie verso il profondo, scandagliando i confini dell'inconscio; perché le pulsioni del sottosuolo, le più segrete, le più inconfessabili, hanno un legame continuo, intimo, ineludibile persino con la più inossidabile delle apparenze. È un movimento che gioca più su un piano orizzontale, che dall'interno parte e procede verso l'esterno. Profondo conoscitore dell'animo umano, l'autore fa apparire i suoi personaggi in una situazione non eclatante, non straordinaria ma semplicemente normale. È la storia di ognuno di noi poiché è proprio la normalità che vivono i protagonisti. Un incontro, uno sguardo, uno scambio di battute, il primo approccio, il viaggio insieme. Vivono una forte passione che all'inizio si discosta dalla fisicità ma che, poi, sfocia con vigore e pienezza nella più alta forma dell'amore. Amore inteso come il fulcro dell'esistenza di un uomo, come il punto di unione tra due esseri che guardano nella stessa direzione. Amore inteso come sintesi di due differenti nature fuse in un'unica anima, nella splendida cornice degli alberi di tiglio, il cui profumo inebriante accentua l'ardore. Angilletta descrive due giovani colti, intraprendenti, genuini, gente del sud, legata alla propria terra e ai valori che in essa sono conservati. In questo, lo scrittore, fa un glorioso riferimento alla natura e alle radici del suo territorio, citando più volte i luoghi della sua giovinezza, dando così un'immagine della vita di oggi e di ieri di molti studenti pendolari. E proprio da qui che parte l'impulso dell'autore di raccontare la sua storia, una vicenda come tante altre, tranquilla ma al contempo complicata; apparentemente superficiale ma intimamente profonda. DOMENICA 22 FEBBRAIO 19 CULTURA www.larivieraonline.com L’esperto Rosa Maria Strangi DOMENICA 22 FEBBRAIO 21 Il Papilloma virus: “ la più comune cause delle verruche AMBULATORIO POLIFUNZIONALE DI DERMATOLOGIA, VIA SARDEGNA 25/27 GIOIA TAURO. INFO 0966/506776. CELL 334/1880192. TUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO RAYMAT, VIA CALVARIO 15/A MARINA DI GIOIOSA JONICA, INFO. 0964/416856; A.G.I: MEDICA VIALE TOSELLI, 94 SIENA INFO 0577/222224 Il papillomavirus è un virus, di cui si riconoscono circa 100 tipi, che induce lesioni mucose e cutanee, i condilomi e le verruche. Le verruche volgari sono la forma più frequente e si localizzano sulle mani e sulle dita. Il decorso è la spontanea regressione dopo un paio di anni. I condilomi acuminati sono la più frequente patologia a trasmissione sessuale e si presentano come lesioni papulose e verrucose; le sedi di elezione sono il prepuzio e il meato uretrale nell'uomo, il vestibolo vaginale nella donna. Queste lesioni vanno trattate perché possono l Consigli al dott. Calafiore Artrosi dell'anca o coxartrosi “ IL DOTT. VINCENZO CALAFIORE RICEVE PREVIO APPUNTAMENTO PRESSO: STUDIO MEDICO PRIVATO, VIA DEL TORRIONE 24, REGGIO CALABRIA, TEL 0965/21079; CELL 329/4255444 STUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO RAYMAT, VIA CALVARIO 15/A MARINA DI GIOIOSA JONICA, TEL. 0964/416856; ISTITUTO ORTOPEDICO DEL MEZZOGIORNO D'ITALIA , DI REGGIO CALABRIA TEL 0965/361221 (IN REGIME DI CONVENZIONE COL SSN). La coxartrosi è una patologia caratterizzata dalla degenerazione della cartilagine che riveste l'articolazione dell'anca, il punto in cui il femore si articola con l'acetabolo.E' una patologia molto diffusa.Vi sono dei fattori predisponenti quali obesità,menopausa,età avanzata.In circa la metà dei pazienti le cause non sono conosciute e si parla di artrosi primaria. L'artrosi secondaria invece è causata da displasia o lussazione congenita dell'anca,fratture,patologie infiammatorie croniche (es.artrite reumatoide) metaboliche,o cause meccaniche (conflitto femoro-acetabolare, deformità). L'artrosi dell'anca si manifesta con dolore in regione inguinale che spesso si irradia a livello di gluteo,coscia e ginocchio,aumentando con la stazione eretta o dopo sforzo.Al dolore si uniscono limitazione articolare e difficoltà nel compiere semplici gesti quotidiani quali alzarsi da sedie basse o allacciarsi le scarpe.Il paziente tende infine a non appoggiare l'anca malata inclinando il bacino e sovraccaricando così la regione lombare,con conseguenti dolori lombari ed all'altra anca.La cura della coxartrosi iniziale si basa sull'uso di farmaci antinfiammatori,integratori a base di glucosamina, fisioterapia,infiltrazioni intrarticolari eco-guidate a base di acido ialuronico.Nelle forme di grave artrosi si ricorre all'intervento chirurgico per impianto di protesi d'anca, che consiste nel sostituire la cartilagine della testa femorale e del bacino,ormai usurata, con materiali metallici innovativi. provocare gravi lesioni e forme tumorali come il carcinoma del collo dell'utero. La terapia di elezione è la crioterapia con azoto liquido, una procedura assai semplice e veloce, consistente nello spruzzare sull'area interessata dell'infezione dell'aria compressa raffreddata a 196 gradi sotto lo 0. Il freddo, erogato da una piccola bomboletta ad aria compressa, congela il tessuto interessato formando dei cristalli di ghiaccio intracellulari che provocano la lisi meccanica e lo shock termico della cellula, favorendo la caduta della verruca. Nei giorni successivi al trattamento, infatti, si forma una crosta scura che cade lasciando solo in casi rarissimi una piccola cicatrice piatta. Il trattamento è consigliato non solo per i tempi assai brevi dello stesso e del recupero, ma anche per tenere sotto controllo l'infezione che, altrimenti, potrebbe espandersi al resto del derma risultando molto fastidiosa. Il dottor Ernesto Aquila, viste le tante richiese, il 24 febbraio riproporrà presso il centro Raymat la visita urologica gratuita SOS cistite: un fastidio da non sottovalutare Nella maggior parte dei casi la cistite è un'infiammazione della mucosa del pavimento vescicale data da infezione batterica (di solito Escherichia Coli o in minori casi da Proteus, Klebsiella Pseudomonas, Staphylococcus saprophyticus e Staphylococcus aureus), ma si possono avere anche da infezioni virali o micotiche, da farmaci, da agenti chimici tossici ecc. La cistite è una patologia molto frequente e colpisce prevalentemente il sesso femminile: si stima che circa il 25-35% delle donne di età compresa tra i 20 e i 40 anni abbia manifestato un episodio di cistite nel corso della sua vita. Si associa generalmente a dolore sovrapubico, disuria, frequenza e urgenza minzionale, bruciore durante la minzione, stranguria (emissione dolorosa di urina lenta e intermittente, spesso a gocce), pollichiuria (emissione con elevata frequenza di piccole quantità di urina). Nei casi più gravi si rileva la presenza di sangue nelle urine. Nel 50/% - 80% le cistiti non curate o curate male nell'arco di 3 - 6 mesi svilupperanno un'infiammazione ricorrente. Numerosi sono i fattori di rischio che sembrano predisporre le donne all'insorgenza e alla ricorrenza degli episodi di cistite. Tra questi: - uso indiscriminato di antimicotici vaginali che alterano l'equilibrio della flora batterica vaginale comportando una persistente colonizzazione da parte di uropatogeni; - distanza tra uretra e ano: la distanza media dell'uretra dall'ano risulta più corta nelle donne con “ Studio Minerva Surgerical Service tel. 347/8894989 via Lucrezia della valle 19 Catanzaro. Studio Fondazione Marincola Politi tel.3663554802 via G. Verdi Soverato. Studio fisioterapico via II trav. Petrarizzo,1/a Mesoraca tel. 327/3350951 Studio Polispecialistico "Aquila" via Palatucci tel 339/7100119 Castelsilano STUDIO MEDICO POLISPECIALISTICO RAYMAT, VIA CALVARIO 15/A MARINA DI GIOIOSA JONICA, TEL. 0964/416856; infenzioni delle vie urinarie ricorrenti (4,8 mm contro i 5 mm della media); - deficit estrogenico che altera il normale trofismo vaginale; - uso di sistemi contraccettivi quali le creme spermicide e/o il diaframma i quali generano alterazioni dell'ecosistema vaginale; - familiarità con infezioni e infiammazioni delle vie urinarie. La diagnostica di laboratorio si basa sull'esame fisico-chimico delle urine, sull'urinocoltura, sull'ecografia vescicale a forte riempimento con la valutazione del ristagno post minzionale, sull'uretrocistoscopia diagnostica con cistoscopio flessibile ed eventuale biopsia del tessuto vescicale. Effettuare una terapia fin dai primi sintomi della cistite può fermare il circolo vizioso che si crea con le cistiti ricorrenti. In genere si risolve con un aumento dell'apporto idrico nell'arco della giornata e u breve trattamento antibiotico. Nelle cistiti ricorrenti, ottimi risultati ho personalmente ottenuto con una terapia endovescicale di condroitin solfato sodico al 2%, che è disponibile in flaconi da 20ml (400 mg di solfato di condroitina per flaconcino), il quale si stratifica sulla mucosa vescicale danneggiata dall'infiammazione permettendone la riparazione fisiologica, insieme a terapia per via orale con 1,5 g di DMannosio (uno zucchero semplice che si lega al batterio Escherichia Coli) in associazione con estratto purificato di melagrana, entrambi con proprietà antiadesiva e antibatterica. RIVIERA Seni debuttanti, seni debordanti Lo Stretto. Volare sullo Stretto, come volano i nostri sogni su questo azzurro vivo, su questi mari che si fanno fiume, su questi monti bassi a contorno dello spettacolo dal vivo degli elementi antichi, riuniti a celebrare l’uomo ! Volare oh-oh, come cantava il poeta, come cantano i nostri cuori nelle albe di fine inverno affacciate sulla bellezza feroce dello Stretto e di Calabria e Sicilia, unite nel blu dipinto di blu. Una passione incontenibile Chi l'avrebbe mai immaginato che tra Delrio e la Boschi potesse scoppiare una passione così travolgente da non poter essere sopita nemmeno in Parlamento? È proprio vero che l'amore trionfa siempre! Politica tra le provole Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina si sarà trovato a suo agio in mezzo alle provole, soprattutto perché ha avuto come eccezionale anfitrione nientemeno che il segretario Seby Romeo! Nella morsa del freddo 'imminenLa neve ci aveva già sorpreso nell sto fredque in ma , lizie nata nze vaca e dell za visita alla do inverno ha voluto tornare a fare Valentia Vibo Da a. volt nda Locride una seco anova a a San Giorgio Morgeto, da Citt a asprozon la na ima sett sa scor la ce, Gera e. I disagi montana si è svegliata sotto la nev pungendo fred al oltre e, non sono mancati strata sulla te, la situazione più critica si è regi di marcia nostra rete stradale. Le difficoltà esempio, ad o, irren io-T Jon sulla statale “isolato” hanno per diverse ore letteralmente La meravil'area Jonica dal resto del Paese. enticare le glia, però, ha fatto ben presto dim ico ricordifficoltà, lasciandoci invece il mag amente do dei nostri borghi complet scelte per imbiancati. Ecco le foto più belle e! zion reda a voi dall Elisabetta Canalis ha fatto parlare di sé in occasione del Gran ballo delle debuttanti. Durante la serata di gala, tra una piroetta e l'altra, il suo abito rosso ha concesso ben più del “vedo e non vedo”. Tony White Strikes Again! Grandi tonni, grandi soddisfazioni Dopo una lunga assenza, il nostro Tony White torna in grande stile a Bologna dove, in onore del grande Lucio Dalla, ha cantato instancabilmente sotto la casa dell’artista scomparso Piazza Grande. Il suo saluto più grande è rivolto ai lettori della Riviera e, soprattutto, a tutti i fan che lo hanno supportato nel suo cammino e nella sua tppa fuori sede. Da Locri a Bologna, un successo senza tempo! Senza perdere il sorriso… Il vicesindaco di Locri Raffaele Sainato si abbatte su una sedia cercando di sorridere dopo l'infausta settimana che il suo Comune ha vissuto. Gli auguriamo che quel sorriso torni presto ad allargarsi! La passione per la pesca può riservare davvero grandi soddisfazioni. Lo testimonia il meraviglioso e gigantesco tonno che Ennio e Cesare hanno voluto immortalare in questa foto di ormai qualche anno fa. SETTIMANALE www.larivieraonline.com DOMENICA 22 FEBBRAIO 23 La Locride all'Assemblea Metropolitana Vumbaca, Fuda, Giugno, Calabrese… i nostri sindaci si uniscono per il bene comune nell'assemblea sulla Città Metropolitana organizzata da Falcomatà che, sullo sfondo, tiene banco con le sue considerazioni. Con le gambe ad angolo L'architetto Anton “delle case vecchie” Milicia si stringe sull'altalena con l'avvocato Antonio Russo, riscaldandosi al ritmo di Guarda come dondolo. “Le mie gambe tremano, forse sono brividi d'amor!” La Commedia secondo Alvaro “Volete un pò d'or… acqua?!” Chi ha apposto il cartello di ingresso a Straorino su una fontanella non deve aver pensato a che cosa il nome del paese potesse evocare o deve avere un enorme senso dell'umorismo. Genio o distrazione? Attenti a... Lapo Calabresi d'un certo livello, Lapo Elkan e la nostra Maria Teresa Sansalone, che fa la “hair stylist” a New York, immortalati in una foto che testimonia che salti di qualità si possano fare anche partendo dalla nostra umile Calabria. Rappresentanti… a dir poco stupefacenti! Alla bit, la nostra regione si è presentata con lo slogan “Gira e Rigira, la Calabria ti stupisce sempre”. E come poteva non farlo, con due rappresentanti della provincia di Reggio come Raffa e Cannizzaro?! Gli alunni della scuola Corrado Alvaro hanno messo in scena la Divina Commedia con sagacia e maestria. Un lavoro eccezionale, tanto più che Virgilio era già perfettamente calato nella parte di… Virgilio! Foto della Siderno che fu Siderno, primi del novecento, un bastimento portava merce utile al commercio della ditta Zitara, che aveva sede in piazza Portosalvo. Oggi, in quegli stessi locali, possiamo gustare una buona birra. Ciclisti d'alta quota Quando le strade (asfaltate o sterrate) non bastano più a soddisfare la passione per la bicicletta, si può ricorrere all'invenzione di nuovi e multiformi mezzi di locomozione pur di continuare a pedalare…