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All`inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una

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All`inizio eravamo in pochi, tanto da poterci contare sulle dita di una
All'inizio eravamo in
pochi, tanto da poterci
contare sulle dita di
una mano.
Adesso i dubbi incominciano a essere
molti e a diffondersi
come dimostrano le
parole della presidente dell'antimafia Rosy
Bindi: “Le interiettive
antimafia sono uno
strumento
statico,
mentre la lotta alla
mafia ha bisogno di un
film, a volte anche di
una sceneggiatura vera
e propria.”
Siamo d'accordo!
CONTINUA A PAGINA 4
Inchiesta alTribunale Civile di Locri
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DOMENICA 22 FEBBRAIO
3
Entrare al tribunale civile di Locri è come vivere il paradosso di
Achille e la tartaruga: per quanto i procedimenti vengano risolti
rapidamente, l'accumularsi delle carte continua a rallentare la
macchina della giustizia. E intanto, chi viene chiamato a
testimoniare non ha più nemmeno un posto a sedere.
Una quieta mattinata
“
“Faldoni, faldoni in ogni
dove e neanche un angolo
per sedersi!”Guardandovi
attorno, mentre aspettate di
essere ascoltati dal giudice,
vi sentite una moderna
versione del pazzo marinaio
di Coleridge e, come in una
visione mistica,
comprendete perché la
Giustizia procede così a
rilento. Per avere paura, al
tribunale, non occorre
aspettare il week end...
di caos
JACOPO GIUCA
S
ono da poco passate le dieci del mattino di un qualsiasi giorno lavorativo quando fate capolino nell'ampia sala d'attesa del
tribunale civile di Locri. Chiamati a testimoniare per una
banale questione condominiale, non appena abbracciate l'intera stanza con lo sguardo capite che, prima di poter dire
quattro battute al giudice, sarà già trascorsa mezza giornata.
«Aspetti qui solo un momento. Conferisco un attimo con il
collega e cerco di avvertire il giudice che lei ha impellenti questioni lavorative da sbrigare. In un'ora al massimo siamo
fuori». Vi dice il vostro avvocato, come al solito trasudante
professionalità.
Mentre lo vedete perdersi tra la folla che si accalca dinanzi alla porta dell'ufficio
del giudice dove, assieme a lui, c'è un'altra mezza dozzina di professionisti questuanti una rapida udienza per le “impellenti questioni lavorative” che i loro clienti devono sbrigare, cercate vanamente un posto nel quale stringervi senza dare
troppo fastidio all'ininterrotto via vai di personale d'ufficio, stenografi, testimoni e
avvocati che sgomitano per farsi strada in quella stanza.
Nonostante l'ampiezza, infatti, l'ambiente è reso angusto da diversi elementi di
disturbo: la già citata folla assiepata dinanzi alla porta del giudice e centinaia di
migliaia di faldoni.
Ovunque vi giriate non fate altro che vedere carte impilate le une sulle altre contro qualsivoglia legge della fisica e cominciate ad avere l'impressione di trovarvi
nella brutta copia di un disegno di Escher.
Faldoni, faldoni in ogni dove e neanche un angolo per sedersi!
Gli incartamenti sono negli armadi, sulle scaffalature, per terra, dietro le porte,
negli angoli, ostruiscono il percorso per andare al bagno e vi guardano beffardi
persino dal vissuto divanetto in cuoio anni '70 che, nel mesozoico, era stato posto
lì per rendere l'ambiente e l'attesa più sopportabili.
Non appena il giudice fa capolino dal suo ufficio le carte che il capannello di avvocati tiene in mano già pronte all'uso si levano in aria all'unisono con un rumoroso
fruscio come un nutrito stormo di uccelli che si alza in volo spaventato da una
schioppettata.
Quando il vostro avvocato viene verso di voi, le uniche parole che riuscite ad isolare del suo lungo sproloquio giustificativo sono “attendere ancora” e “due ore”.
Nel tempo che vi separa da quelle benedette quattro parole da riferire continuate a guardarvi attorno, domandandovi come si sia potuti arrivare a una situazione
di così totale caos. Avete saputo dall'avvocato che la vostra causa non si poteva
risolvere più rapidamente presso il giudice di pace per la riqualificazione (leggi
licenziamento) degli uscieri e che, notoriamente, il tribunale civile di Locri è assai
male organizzato, “figurarsi adesso che le cause si risolvono solo la mattina!”.
Certo, una così radicale invasione di carta non era assolutamente concepibile,
soprattutto in tempi in cui i processi telematici si stanno diffondendo a macchia
d'olio. L'invasione dei faldoni sembrava roba da film di Romero, una di quelle cose
che si vedono solamente in televisione o, al massimo, a Striscia la Notizia.
Lo sguardo iniettato di sangue di segretari e stenografi, invece, vi fa capire che la
serena mattinata che state trascorrendo rappresenta una di quelle crisi che la giustizia (calabrese, ma cominciate a pensare che sia così anche nel resto del Paese)
vive ogni giorno. Guardando le coste degli incartamenti, cercate almeno di capire
quale sia l'ordine con il quale siano stati depositati, eppure, accanto ai procedimenti dal 156 al 189 dell'anno 2000, non potete non notare che sono stati riposti
quelli dal 72 al 96 del 2008 e che quello non si tratta di un caso isolato.
L'unico segnale di continuità arriva da una lunga fila di carte tutte nominalmente
risalenti al 2007 che si trovano in cima a un quadro elettrico.
“E se qualcosa prendesse fuoco?!” vi domandante, improvvisamente terrorizzati
dall'idea di vedere quell'ambiente trasformarsi in un forno nell'arco di un battito
di ciglia.
Guardandovi febbrilmente attorno l'estintore lo trovate. È a norma, ma relegato
nell'angolo più remoto della stanza. Vicino alle finestre, ma non all'unica uscita
che conduce all'esterno.
Una porta che si apre all'improvviso cattura la vostra attenzione. Dalla stanza ne
esce un segretario in guanti di lattice che sta cercando di fare un po' d'ordine,
eppure, mentre lui si china a cercare un incartamento che, a quanto ne sa, si trova
per terra, i faldoni sono dappertutto anche lì. Persino sul computer ingiallito che
si trova al centro della scrivania dell'impiegato.
Quando, dopo due ore, uscirete con un mezzo sorriso sulle labbra per aver finalmente terminato con quella bega legale, il segretario sarà ancora chinato sulle
stesse carte a sudare copiosamente nell'ormai vano tentativo di trovare quell'incartamento che gli serviva con urgenza tre ore prima.
Come si fa a parlare di riforma della giustizia e di accorciamento dei tempi, quando la burocrazia è ancora così complessa e difficile da smaltire?
RIVIERA
ATTUALITÀ
GIUDIZIARIA
Pannunzi
il Bebè del
narcotraffico
o ritengono uno dei maggiori
broker della 'ndrangheta che
avrebbe trattato un acquisto di
mille chili di cocaina in una
volta sola. Si tratta di Roberto
“Bebé” Pannunzi, un nome che
la polizia internazionale conosce bene perché è stato indicato dalla procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria come il presunto “dominus” del narcotraffico internazionale. Sfuggito per ben due volte al carcere, l'ultima scappando da un ospedale dove si
trovava ricoverato per problemi di salute, è
stato ripreso in un centro commerciale in
Colombia nel 2013 ed estradato in Italia.
Bebé Pannunzi si trova detenuto nel carcere
di Parma, romano di nascita a Siderno dagli
anni Settanta, è attualmente sotto processo
al tribunale di Locri dove rischia una pesante condanna per l'accusa di far parte di un'associazione dedita al traffico internazionale di
droga. I fatti risalgono a oltre dieci anni fa.
Era il 2001 quando il giudice Nicola Gratteri
coordinava una maxi inchiesta contro presunti esponenti di 'ndrangheta, cosa nostra
siciliana, gruppi pugliesi e romani. Roma,
caput mundi, sarebbe stata il centro nevralgico del mega cartello delle mafie siculo-calabrese-pugliesi che, nel corso di un summit,
avrebbero deciso di acquistare mille chili di
cocaina che sarebbe dovuta entrare in Italia
L
grazie ad una nave da sogno, la “Mirage II”.
A guidarla ci sarebbe stato un greco, tale
Gofas, per il quale è in corso un altro processo.
La nave naufraga prima di caricare i mille
chili ma i sodali avrebbero cercato di prendere i soldi dell'assicurazione, circa 800 mila
euro, in parte già spesi per acquistarla.
I soldi per l'impresa li avrebbero consegnati
diverse famiglie di interesse operativo.
In quel contesto gli investigatori ritengono
che Bebé Pannunzi e il figlio Alessandro
avrebbero stretto dei “comparati” con i
Marando di Platì, in particolare con
Pasqualino Marando, del quale si sono perse
le tracce da decenni. Per qualcuno sarebbe
stato vittima di un agguato per una faida
avvenuta in Piemonte. Per altri Marando
potrebbe essere ancora vivo. La scorsa settima dall'Africa è tornato un commercialista
che, secondo la Dda di Torino, avrebbe
amministrato in maniera occulta una parte
dell'enorme patrimonio di Marando.
Tornando alle vicende di Pannunzi il suo
difensore, avv. Cosimo Albanese, si è battuto per rappresentare che l'estradizione
sarebbe stata eseguita contravvenendo alle
norme previste dal codice e dai patti internazionali. Nel processo in corso difende serratamente Bebé dalle ipotesi dell'accusa, sostenendo che in fondo il 67enne, malato di
cuore, non ha mai avuto l'esigenza di intestarsi una scheda telefonica a suo nome e la
voce che viene registrata da telefoni pubblici
di mezzo mondo non è chiaramente e senza
dubbi la sua.
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DOMENICA 22 FEBBRAIO
4
Strage di democrazia
in
Calabria:
121 comuni
sciolti con decreti
“copia-incolla”
ILARIO AMMENDOLIA
A
ll'inizio eravamo in pochi,
tanto da poterci contare
sulle dita di una mano.
Adesso i dubbi incominciano a essere molti e a
diffondersi come dimostrano le parole della
presidente dell'antimafia
Rosy Bindi: “Le interiettive antimafia sono
uno strumento statico, mentre la lotta alla
mafia ha bisogno di un film, a volte anche di
una sceneggiatura vera e propria.”
Siamo d'accordo!
Intanto però le imprese calabresi, per esempio nel caso dell'Expo, vengono colpite perché in Calabria s'è fatta strage di democrazia .
Su 370 decreti di scioglimento di consigli
comunali emanati, 121 riguardano la
Calabria.
La stessa percentuale per quanto riguarda
le interdizioni alle imprese. I decreti di scioglimento potrebbero essere fatti con il
“copia-incolla” perché ricorrono sempre le
stesse motivazioni “frequentazioni con
ambiente controindicati” .
Come se agli uomini si potessero fare le
Può una prefettura, pur
animata dalle migliori
delle intenzioni, avviare
un percorso per lo
scioglimento di un
consiglio comunale
democraticamente
eletto? Si può impedire
a un'azienda
di lavorare sulla base
di semplici indizi
e spingerla verso
il fallimento?
stesse prescrizioni dei farmaci.
Mi viene in mente don Milani che ha evidenziato di come i “Pierini” fossero dotati
del doppio cromosoma rispetto ai bambini
del popolo. I criminali sono sempre e solo
“plebe” mentre i “Pierini” vivono nella ricchezza e tra i privilegi.
La Sinistra che sostiene questa politica
liberticida e questa giustizia sommaria
opera contro natura perché rimuove un
problema squisitamente politico. Infatti
non tende a modificare l'humus economico,
sociale, culturale e politico in cui la 'ndrangheta attecchisce ma si affida completamente alla repressione.
Ribadisco per la milionesima volta: non
difendo i mafiosi ma la democrazia, la
libertà e la Costituzione.
Pongo una questione di principio e una
riflessione su fatti.
Può una prefettura, pur animata dalle
migliori delle intenzioni, avviare un percorso per lo scioglimento di un consiglio comunale democraticamente eletto? Si può
impedire a una azienda di lavorare sulla
base di semplici indizi e spingerla verso il
fallimento?
Non si potrebbe! Non si dovrebbe.
Nel mito della caverna gli uomini vedono
ombre che scambiano per la realtà.
La realtà è che 'ndrangheta e mafia sono
figli gemelli e legittimi di questo sistema.
Non potendo intaccare il sistema si combattono le ombre.
Qualcuno ci sta proiettando un film falso
spacciandolo per vero.
Faccio un esempio. È pacifico che povertà
ed esclusione sociale creano il delinquente.
Il ragazzo che ha sparato alla macchina dell'ex ministro Lanzetta non era un mafioso
ma un emarginato. Anche se lo si sussurra
sottovoce…
Cosa ha fatto finora il governo italiano per
affrontare i problemi della povertà e dell'esclusione sociale? Dal marzo 2013 solo lo
0,8% degli atti presentati al Parlamento e
solo il 6% dei disegni di legge riguardano
l'inclusione sociale, nello stesso arco di
tempo gli stanziamenti a favore delle fasce
deboli sono diminuiti del 80% mentre i
nuovi poveri in Calabria sono aumentati del
70%!
Strano modo di affrontare la questione
sociale e la questione meridionale!
Le nuvole di fumo che si spargono in
abbondanza servono per coprire questa
realtà!
Spesso, non potendo colpire la 'ndrangheta
si colpiscono gli innocenti. A Gioia Tauro,
un sindaco è stato ucciso dalla 'ndrangheta
senza avere mai giustizia. Un altro sindaco
trascinato in manette in carcere da innocente. Oggi è assolto ma neanche lui avrà giustizia. A Platì è successa la stessa cosa. Ad
Ardore qualcosa di simile.
Il Sud si sta progressivamente avviando
verso una situazione di “non libertà”, di
“non democrazia”,
di distacco della gente nei confronti dello
Stato. Lo dimostra il tasso di partecipazione
al voto alle elezioni regionali. Un pericoloso segnale di sfiducia nelle istituzioni e da
cui passeranno intere legioni di 'ndranghetisti.
La 'ndrangheta c'è.
La presza nelle istituzioni è indubbia. Si
annida nelle banche, non si ferma dinanzi
alle divise, penetra nelle toghe, dilaga nei
partiti, si sposa con l'impresa, entra nelle
Istituzioni e finanche nella Chiesa.
Non sarà la giustizia sommaria a normalizzare la situazione. Il Problema è politico e
non criminale.
Attenti, noi non siamo colonia solo perché
altri ci hanno colonizzato. Lo siamo perché
pensiamo e operiamo da colonia. In questi
anni molti hanno invocato l'intervento dall'alto, una specie di “braccio secolare” a cui
la politica delega la propria impotenza. In
Calabria, dall'alto, non è arrivato mai nulla
di buono.
RIVIERA
COPERTINA
Locride
Beni archeologici
Ritrovato più di due anni fa da due sub dal grande
senso civico, una volta affidato alla Soprintendenza il
reperto ritrovato a Bianco ha fatto perdere le sue
tracce per moltissimo tempo. Appuratane
l’autenticità, adesso rischia di uscire dalla Locride.
Che fine farà la
“È
ELEONORA ARAGONA
CHEFINEFARÀ?
LA LOCRIDESARÀ
DEPREDATADEL
SUOLEONECOME
AVVENNECONI
BRONZI? ANCHELA
TESTALEONINA
SARÀSPEDITANEL
MUSEOINVISIBILEDI
REGGIO?
riemersa dal mar Jonio nell'estate di due anni
fa, esattamente il 16 agosto 2012, e poi ha fatto
perdere le sue tracce. La maschera di leone in
bronzo, dal colore verdastro, 50 cm per 15 kg,
i lineamenti morbidi e ben levigati, oggi è tornata sotto i riflettori dei media perché la
Sovrintendenza dei Beni culturali ha finalmente finito i test sul bronzo e ne ha riconosciuto
l'autenticità. La maschera è di epoca Romana
e ha stazionato ad oltre 40 metri di profondità
nelle acque antistanti la spiaggia di Bianco.
Adesso la domanda che tutti si stanno ponendo è: che fine farà il manufatto? La Locride sarà depredata del
leone come avvenne con i Bronzi?
Anche la testa leonina sarà spedita
nel museo invisibile di Reggio o sarà
fatto un progetto che permetta di
mostrarla nei luoghi a cui appartiene? Porre questo interrogativo a
qualcuno sarebbe inutile in questo
momento. Arriverebbero un mucchio di risposte politiche, di ipotesi
su questa o quella possibilità, ma
nessuna verità.
Invece sarebbe importante ricordare
come avvenne il ritrovamento e cosa
significò. Lo Jonio, incostante e
incoerente, decise di restituire il
leone e il reperto fu recuperato da Leo Morabito, un appassionato di immersioni, e da Bruno Bruzzaniti. Il gesto di portare il
bronzo ai carabinieri e la denuncia del ritrovamento sono stati
due passaggi non scontati. La decisione di Leo e Bruno è stato
un gesto di responsabilità, di una cultura diversa da quella che i
più attribuiscono alla Locride e ai suoi abitanti. È stato ed è più
comune che chi trova reperti o anche siti di interesse storico preferisca agire in maniera diversa.
Chissà quante necropoli, statue o vasi sono stati risotterrati o
vengono esposti con orgoglio nei giardini e nei salotti della
Calabria e non solo. I due scopritori però non hanno tenuto per
sé questa incredibile scoperta, l'hanno condivisa, sperando anche
di poter così arricchire il loro territorio. Non arricchirlo economicamente, ma dando il buon esempio hanno pensato di poter
contribuire anche solo in minima parte al cambiamento dei comportamenti nella Locride.
Hanno portato la testa di bronzo alle autorità e si sono affidati
alla Sovrintendenza. Hanno creduto nello Stato. La testa di
leone a quel punto è stata passata in rassegna, girata e rigirata
per analizzarne ogni angolazione. Raggi x, microscopia ottica a luce riflessa e metallografia a luce polarizzata
riflessa, microscopia ottica a luce trasmessa polarizzata, spettrometria a fluorescenza di raggi x
non distruttiva, diffrattometria a raggi x, e infine
microscopia elettronica a
scansione
(SEM-EDS).
Sono stati questi gli accurati esami che insieme a degli
studi storici e artistici del
manufatto hanno poi reso
possibile ufficializzare che il
leone è un reperto autentico e
che la lega di cui è composto è
di età Romana.
Sono trascorsi ben due anni dal
momento in cui la maschera raffigurante un leone è stata trascinata da Leo e Bruno sulla spiaggia di Bianco. In questo periodo
un silenzio, un riserbo da segreto
di Stato, ha avvolto le operazioni
intorno al leone. Due anni in cui
alcuni hanno anche messo in discussione la veridicità della notizia fornita e hanno sospettato che
si fosse trattato di un falso. Adesso che la responsabile della
Sovrintendenza, Simonetta Bonomi, ha sciolto questo lungo e
prolungato silenzio in tanti si dovranno ricredere.
Ma ciò che preme adesso è capire quale sarà il destino del leone
di Bianco. Dove andrà a finire?
Altra domanda che assilla chi ha seguito da vicino la storia della
maschera è se la Sovrintendenza si deciderà a fare una seria
ricerca per verificare le segnalazioni dei sub. Infatti al momento
del ritrovamento Leo e Bruno sostennero di aver intravisto la
sagoma di quella che sembrò loro una nave. I sub si immergeranno in quelle acque per verificare la presenza del relitto?
“
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DOMENICA 22 FEBBRAIO
7
SI È TENUTA IL 17 FEBBRAIO A COSENZA, PRESSO
L’UNIVERSITÀ DELLA CALABRIA,LA CONFERENZA STAMPA DI
PRESENTAZIONE DEGLI STUDI CONDOTTI SULLA TESTA
LEONINA.IN QUESTI ANNI, ANTONIO SCORDINO È STATO
UNO DEI POCHI NOMI SEMPRE IMPEGNATI A PROMUOVERE
E SOSTENERE LE RICERCHE (NELLA FOTO, A SINISTRA DELLA
BONOMI)
testa del leone?
IL
16 agosto noi eravamo là. Quando Leo
e Bruno consegnarono la testa di leone
alle autorità, li abbiamo accompagnati
alla stazione dei carabinieri. Siamo stati
con loro sulla spiaggia e ci siamo
immersi con i sommozzatori dei carabinieri per vedere il punto in cui era stata
rinvenuta la maschera.
Non so se siete mai stati sulla spiaggia
di Bianco, proprio lì a due passi dalla scogliera di Africo,
quelle acque hanno sempre un che di suggestivo. In quei
giorni poi sembravano essere
ancora più misteriose e pronte a
restituire altri tesori. E il fatto di
poter essere là, di assistere alle
operazioni per la verifica della
segnalazione, è stato un privilegio
che non capita spesso, anche nella
vita di un giornalista.
La storia del ritrovamento ve l'abbiamo raccontata in quelle ore
concitate e nei giorni successivi,
tra un'agenzia e un pezzo sul settimanale. Ci siamo presi anche gli
sfottò di chi la riteneva solo una
bufala per aumentare i clic.
Adesso non ci giungeranno delle
scuse, ma a noi basta il documento della Sovraintendenza che
testimonia come non ci fossimo sbagliati.
Oggi dopo la notizia dell'autenticità del leone vogliamo fare un salto indietro, raccontare quel 16 agosto del
2012, condividere con i lettori quello che abbiamo visto
e sentito su quella spiaggia.
Il telefono si illuminò, un messaggio di Rosario. Chissà in
quale consiglio comunale sarà andato e con quale sindaco dovrò parlare, pensai infastidita. Mi chiamava sempre
da qualche angolo della Locride per raccontarmi cosa
stesse accadendo nel consiglio x o y. La politica, la sua
passione, ma per me era solo una seccatura necessaria.
Quella volta però non c'era nessun sindaco pavoneggiante e nessuna discussione sul bilancio. «Hanno trovato un
leone di bronzo ad Africo».
Lui arriva in redazione e noi eravamo tutti curiosi. Che è
successo? È un reperto importante? Ma soprattutto
andiamo lì? Uscire dalla redazione, andare sulla spiaggia,
fare le foto, parlare con i due sub che avevano ritrovato
una maschera di leone in bronzo sui fondali del mar
Jonio. Era inevitabile pensare a Antonio Delfino che
assistette al recupero dei bronzi a Riace. Certo con le
dovute differenze sia per la portata dei bronzi sia per la
caratura del maestro giornalista.
Giunti a Bianco abbiamo visto la
maschera di leone, l'abbiamo toccata, fotografata, ne abbiamo potuto osservare gli angoli e le sfumature di colore. Ne abbiamo seguito il
passaggio di mani, dagli scopritori
ai carabinieri. L'entusiasmo era
visibile, sia sul volto di Leo e
Bruno che su quello delle forze
dell'ordine del capitano Raffaele
Giovinazzo. Le ipotesi si inseguivano. «Per me è romana». «Secondo
me fenicia». «Ma che dite… è
greca». Un toto-epoca che è andato avanti per giorni, come quello
sulla funzione della maschera.
Poteva essere un ornamento, una
parte di una statua, oppure la polena.
Nessuno sapeva rispondere ma tutti avevano la sensazione che fosse uno di quei momenti unici. A prescindere
dal valore storico della scoperta. Era l'atmosfera trascinante che seguiva la scoperta a dare un sapore particolare a quei giorni.
Poi il silenzio, prolungato, nonostante le richieste di
aggiornamenti, di notizie. Che fine avesse fatto il leone?
Di che epoca era? Che storia raccontava? Nulla, fino a
qualche giorno fa. Poi ecco la notizia. È una maschera
romana.
RIVIERA
PRIMO PIANO
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Giuseppe
DOMENICA 22 FEBBRAIO 8
A scontrarsi con le “vecchie
volpi”della politica sarà
un volto nuovo pescato
tra la società civile
Caruso
“Noi siamo il presente e spero il
futuro. Il passato è già alle spalle”
MARIA GIOVANNA COGLIANDRO
“F
“ILMIOSOGNOPER
SIDERNOEPERI
SIDERNESIÈCHE
CIASCUNODINOI
POSSAGUARDAREI
PROPRIFIGLINEGLI
OCCHICON
L’ORGOGLIODIAVER
FATTOTUTTO
QUANTOERANELLE
NOSTREPOSSIBILITÀ
PERMIGLIORARELA
LOROVITA”
ino a qualche settimana
fa circolavano indiscrezioni stando alle quali,
dal lato opposto del ring,
dove in accappatoio e
paradenti sono in attesa
già da un po’ Pietro Fuda
Alì e Mimmo Panetta
Tyson, il centrodestra
avrebbe consegnato i
guantoni
a
Giuseppe
Caruso.
Supposizioni errate. Almeno in parte.
Caruso si infilerà sì tra le corde elastiche del ring, ma a fare il tifo per lui ci
sarà una libera associazione di cittadini
sidernesi con i quali condivide ideali,
speranze e programmi di riscatto e
innovazione.
La davano come possibile candidato del
centrodestra invece si è presentato con
una lista civica composta da elementi di
diversa estrazione politica e sociale. Un
qui pro quo o un ripensamento?
Né un qui quo qua, come direbbe
Frassica, né un ripensamento. Il mio
gruppo ha deciso di costituire due liste
civiche che corrano in completa autonomia sin dall’inizio dell’avventura, che
Solo restituendo
la sovranità ai
suoi cittadini Ardore
potrà risorgere
risale al dicembre di quest’anno, al contrario di quanto affermato da qualcun
altro. Del resto la scelta appare logica
se si considera l’idea del necessario rinnovamento, della discontinuità dal passato che abbiamo sempre voluto. Noi
siamo il presente e spero anche il futuro, il passato lo vogliamo lasciare alle
spalle.
Ha dichiarato che Siderno non ha bisogno né di politica né di politici. Di cosa
ha bisogno, invece?
I disastri della politica sono sotto gli
occhi di tutti, ecco il perché di quell’affermazione forte. Siderno ha bisogno di
gente nuova, che voglia e sappia investire il suo tempo e soprattutto le sue competenze per riacquistare il ruolo di leadership che aveva negli anni ‘70 – ‘80.
Un logo e un nome ancora da decidere
per la sua lista, ma a cosa punterà?
I loghi e i nomi delle due liste ci sono
già ma mi permetta di essere riservato
su questo. Essi caratterizzeranno il processo di rinnovamento che vogliamo
innescare.
Teme più i suoi vecchi amici del centrodestra o più il centrosinistra di Piero
Fuda?
Io ho amici dappertutto, nel centrode-
“Ardore ha voglia di ripartire” - dichiarano convinti l'ex sindaco di Ardore, Giuseppe Campisi e l'ex
consigliere comunale Giuseppe Grenci. Il 26 giugno 2013, in seguito all'arresto (avvenuto nel novembre 2012 nell'ambito dell'operazione Saggezza) di
Bruno Bova, consigliere di maggioranza, legato a
doppio filo con gli affiliati al “locale” della cittadina, il Consiglio dei ministri deliberò lo scioglimento per mafia del Consiglio comunale di Ardore. Da
allora il paese è retto da una Commissione
Prefettizia che, al di là del più o meno discutibile
operato, ha di fatto abolito ogni tipo di confronto
con la cittadinanza.
I cittadini ardoresi si sentono messi da parte e totalmente ignorati, defraudati della loro sovranità e
lesi nella loro democrazia.
“Le varie amministrazioni che si sono succedute
negli ultimi vent'anni avevano consolidato la prassi
di tenere pubbliche e periodiche assemblee - luogo
di un confronto diretto e serrato tra amministratori
e cittadini - sull'azione di governo comunale e sulle
varie problematiche del territorio”. Un grande
esempio di democrazia partecipata che, però, con
la triade commissariale ha subito un rovinoso
stra e nel centrosinistra e non temo nessuno. Ho una proposta da fare alla
gente, un’idea, e la forza delle idee
smuove le montagne, non i soldi chiusi
nei cassetti.
Pensa che la sola società civile senza un
legame con la politica possa amministrare e trovare le risorse per un paese
come Siderno?
Società civile e politica dovrebbero
coincidere se la politica fosse intesa in
senso alto, come confronto di idee finalizzato a un bene comune. Le risorse
per il Comune si trovano nella buona
amministrazione, nella quale il mio
gruppo non è secondo a nessuno, per
usare un termine molto in voga negli
ultimi giorni, anche noi sappiamo dove
mettere le mani e abbiamo i giusti referenti a livello istituzionale.
Qual è il suo sogno per Siderno?
Il mio sogno per Siderno è vederla rinascere, attribuirle il ruolo che ha sempre
avuto e di cui i sidernesi sono andati
sempre fieri. Il mio sogno per Siderno e
per i sidernesi è che ciascuno di noi
possa guardare i propri figli negli occhi
con l’orgoglio di aver fatto tutto quanto
era nelle nostre possibilità per migliorare la loro vita.
arresto: la distanza tra l'istituzione commissariata e
la cittadinanza, in tutte le sue espressioni singole o
associative, è diventata abissale.
“Nell'approssimarsi, quindi, della scadenza del
mandato della Triade, un folto gruppo di cittadini,
che storicamente ha profuso il proprio limpido
impegno a favore della comunità ardorese, ritiene
che sia maturato il tempo di riconquistare tutti gli
spazi democratici perduti e riprendere una libera
discussione e un franco confronto in merito alla
situazione globale in cui versa il comune di Ardore;
ciò anche in relazione a programmi, metodi e criteri di formazione della futura compagine che si
dovrà proporre e misurare col giudizio della comunità, nelle prossime elezioni amministrative”.
Riprendere da dove si è lasciato, dunque. E riprendere insieme, restituendo quel ruolo di primo piano
che spetta alla comunità ardorese.
“La nostra non è una sfida alle istituzioni che
hanno deciso di sciogliere il comune di Ardore concludono Campisi e Grenci - Noi siamo certi di
aver svolto la nostra missione con onestà e dedizione, e ci auguriamo di poterla proseguirla con
innesti nuovi”.
LA SETTIMANA
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DOMENICA 22 FEBBRAIO 10
L'appuntamento dal dentista:
conoscete un incubo peggiore?
“
LUITICHIEDEDI
RILASSARTI, MACOME
POTRESTI? QUELLA
SOTTOSPECIEDI
POLTRONANONÈMICA
ILLETTINODI FREUD: È
UNAPRE-BARA!
Martedì ore 15,30. Ti guarda quel post-it,
mentre si fa spazio sul calendario coprendone tre giorni e non solo quelli. Copre
anche il tuo umore perché, nonostante sia
una bella giornata di sole, sai che tra qualche
ora ti aspetta la fatidica visita dal dentista.
La sala d'attesa ti dà il benvenuto con poster
di denti ingialliti, cariati, spezzati, come presi
a pugni da Bud Spencer. La pubblicità di un
dentifricio che ti fa l'occhiolino con le
Converse rosse. Le riviste, al passo coi
tempi, raffigurano in copertina i nuovi concorrenti del Grande Fratello 3 e le foto del
Giubileo del 2000 con Papa Giovanni Paolo
II.
Ad attendere insieme a te, un bambino che
sembra il figlio di Roger Rabbit e un adolescente con gli elastici dell'apparecchietto
abbinati alla felpa. In lontananza si sente
come il suono di una caffettiera da 24 tazze.
Uscite le tazzine che il caffè sta salendo. A
cadenza di quindici minuti il silenzio
tombale è rotto da un citofono che fa saltare
tutti per aria. L'assistente del dentista, con
ciabattina da infermiere color pastello,
come Caronte viene a prelevare qualcuno.
L'arrivederci di chi entra è diverso dall'arrivederci di chi esce. I primi lo pronunciano
con leggero timore, di colui che ancora non
sa cosa accadrà di preciso; i secondi, oltre a
dare l'impressione di avere una polpetta in
bocca, sono le vittime, coloro i quali si sono
sottoposti alla tortura. Arriva il tuo turno.
“Salve signor Francesco, come andiamo?”.
Ti vengono in mente un paio di insulti e
qualche bestemmia, ma è appena iniziata la
quaresima e allora ti limiti a dire semplicemente “bene”. “Com'è andata col molare in
queste due settimane?”. Tranne quando
non hai visto l'oliva sulla pizza e l'hai addentata con tutta la tua forza e hai visto per la
SONO MOMENTI
DI PROFONDO
IMBARAZZO
QUANDO TRA I DENTI
RITROVA LA
RIMANENZA DELLE
POLPETTE DU MARTI I
LARZATA DEL GIORNO
PRIMA.
prima volta in vita tua, a 42 anni, la
Madonna con la saja, tutto bene. “Si stenda
e si rilassi”. Si rilassi?! Eh no, cara dottoressa, questo non è mica il lettino di Freud.
Questa sottospecie di poltrona è una prebara. Ne hai una simile a casa con lo schienale che si alza e si abbassa, ma la differenza
è che a casa l'unico suono lo emetti tu, con
la cannuccia che tira le ultime gocce di succo
di frutta, davanti alla tv. Sei ufficialmente un
pezzo di legno. “Ora apra grande. Più
grande. Più grande!”. Ma porca miseria non
sono mica un leone. “Le fa male di più se
mangia troppo caldo o troppo freddo?”,
rispondi “Afa mana warala kalaba nanaga”.
“Capisco…”. Ha capito davvero? Cioè,
esiste un linguaggio universale dei pazienti a
bocca spalancata che ogni dentista capisce?
Contatto iper-ravvicinato. Ora hai gli occhi
Gratteri e Cusato alleati
per servire Gerace
I consiglieri comunali Angelo Gratteri e Giuseppe Cusato hanno sottoscritto un PATTO CIVICO
PER GERACE. I due hanno dichiarato di voler intervenire per superare il grave momento di crisi
che ha colpito la nostra società. L'intenzione è aggregare le risorse migliori, a partire dai giovani, per
riaffermare la vita economica, culturale, sociale e politica cittadina. Cusato e Gratteri sono consapevoli che i geracesi vogliono un'amministrazione in grado di garantire ai propri figli un futuro
migliore.
L’ANGOLO DI PARRELLO
Vado a
lavorare
L'altro giorno, mentre passeggiavo, ho
incontrato un amico: «Sai Franco, ogni
volta che guardo la tv, vedo giornalisti
che in quasi tutte le trasmissioni intervistano deputati e senatori su quello che
è necessario fare in Italia e subito
rispondono: “ Ci
stiamo lavorando!!!”
Un
Ministro andava
di fretta e ha
dato poco spazio
al
giornalista
spiegando: “Non
ho tempo, perché sto andando
a Montecitorio a
lavorare!” Ma tu
sai, Franco, se
nelle vicinanze di
Montecitorio ci
sono campi da coltivare, officine, e
lavori per carpentieri?» - «Veramente
non so, ma nel pomeriggio verificherò,
giusto per sapere qualcosa».
Pensieroso rientro a casa pensando:
“Peccato che non sia mai stato un
Onorevole, almeno al mattino sarei
andato a lavorare…”
Franco Parrello
VICENDA “TELECOM”: EPPUR SI MUOVE…
Dopo le ripetute sollecitazioni da parte del sindaco Domenico Vestito prima, e del nostro settimanale dopo, sembra che la Telecom si sia decisa a portare a termine i lavori, a
lungo ignorati, di contrada Spilinga, a Marina di Gioiosa. Speriamo che Telecom Italia
ripristini a regola d'arte le aree interessate dai cantieri cosicché le strade somiglino più a
un formaggio perfettamente spalmabile che a una groviera.
INTERVISTA IMMAGINARIA A EUGENIO PITARO
Non c'è bene, grazie
La nostra Lidia Zitara ha immaginato un
altro incontro con un Commissario
Prefettizio sidernese. Questa settimana
tocca all’occupatissimo Eugenio Pitaro.
del dentista dentro ai tuoi e, no, non è una
cosa romantica. Perché se lui ti sta facendo
una visita dentistica, tu gliene stai facendo
una oculistica. E anche una estetica. Già,
cara dottoressa, queste sopracciglia così
incolte non vanno mica bene. Intanto lei ti
sta togliendo roba da quel dente, eppure eri
sicuro, l'avevi lavato e controllato. Ma quella roba lì sembra proprio la rimanenza delle
polpette du marti i larzata del giorno prima.
E vabbè. “Jessica, aspira”. Jessica viene ad
aspirare e si affaccia a dare un'occhiata alle
tue fauci, con aria molto interessata. “Vedi
Jessica, guarda qui…” e intanto con la testa
dello specchietto ti batte sul dente come se
fosse un grande portone antico e dentro ci
abitasse un orco da svegliare, perforandoti il
dente stesso e il cranio contemporaneamente. Dopo tanto dolore arriva il premio.
Il premio è la parola “Sciacqua”, che è una
via di mezzo tra “Riprenditi un attimo” e
“Sappi che ancora è lunga”. Acqua macchiata del tuo sangue è unita a pezzi grigi indefiniti. Non sai quanto tempo è passato, ma
desideri vivamente tornare a casa. Nel frattempo, un filo di saliva lega te e il bicchiere
senza dar segno di volersi staccare. Poni fine
a questo legame col bavaglino di carta che
Jessica ti ha maternamente sistemato sul
petto. Dopo ore che sei rimasto steso (in
realtà solo 15 minuti), la dentista ti leva quel
faro che ti renderà cieco per almeno un'altra
mezz'ora. “Signor Francesco, mi dispiace,
ma la prossima volta dobbiamo devitalizzare”. Lì vorresti chiaramente dire
“Dottoressa, sparti ca mi cacciastivu deci
anni i vita a 'mmia, puru du denti ndavimu u
'ncia cacciamu?”. Ma a testa bassa, annuisci.
“Per oggi sono 50 euro signor Francesco”.
Puru?!
Sara Jacopetta
- Dottore Pitaro, grazie di averci concesso un po' del suo tempo per questa
intervista.
- Prego, non c'è di che. Come può
notare io sono sempre disponibile,
disponibilissimo con la stampa. Mi
vede, sono qui, a disposizione. Io sto
qui a disposizione di tutti, dal più giovane al più vecchio, dal contadino
all'avvocato: io non faccio distinzioni di
nessun tipo, perché sono una persona
retta ed equanime, e potrei portare a
mio favore le testimonianze di almeno
metà, e dico almeno metà, della popolazione di Siderno: questo martoriato
paese che noi Commissari abbiamo
avuto l'onore e il dovere di soccorrere
nel momento più triste della sua storia.
Ma voi, proprio voi, i giornalisti, non ci
capite. Lei, non mi capisce, ad esempio. Mi dica che sta capendo quello che
le dico, me lo dica, forza!
- In effetti, mica tanto…
- Ecco, è qui che lei viene al mio punto,
voi siete fatti tutti della stessa pasta, è
vero signora Furfaro, dico giusto dottore Pascale, lei mi capisce avvocato
Multari?
- Ma guardi che qui non c'è nessuno,
dottore Pitaro! Si sente bene?
- Se mi sento bene!? E come potrei
sentirmi bene in un paese che noi, dico
noi, stiamo salvando dalla tragedia,
dall'abbandono, dalla mafia, dalla
'ndragheta, dalla camorra, dalla
yakuza, dalla triade cinese, senza che
nessuno, e dico nessuno, ce ne dia merito? Anzi, tutti a darci addosso, quando
noi abbiamo fatto le notti, e ripeto, le
notti, quando ci fu la mareggiata che si
portò via il lungomare! Io sono stato lei può testimoniare, geometra
Piscionieri - che io di persona personalmente sono stato attaccato tutta la
notte al telefono con i ragazzi della
Protezione Civile di Catanzaro…
- Ho capito, però non si agiti, guardi
che poi si sente male!
- Io non mi dovrei agitare? Con tutte
queste domande false e tendenziose
che mi fa!
- Ma se ancora non le ho chiesto
niente!
- E se ancora non ha chiesto niente
vuol dire che non ha nulla di veramente importante da chiedere, perciò
si comporti civilmente e lasci il posto a
chi deve fare domande serie. Vada,
vada…
- Ho capito, vado.
INTERVISTA
A
GAETANO
RAO
ASSESSORE ALL’AGRICOLTURA, CACCIA E PESCA
PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA
Enoicamente fiduciosi
“LA LOCRIDEPUÒDIVENIREUN’ALTRA CALIFORNIA.BISOGNAINIZIAREACREDERCI”
I
“
L’ENTUSIASMO
DELL’ASSESSORE
ALL’AGRICOLTURA
DELLA PROVINCIADI
REGGI CALABRIA
GAETANO RAO:
L’APPROCCIOCONCRETO
DI“ENOICAMENTE”
FORNISCEUNA
SOLUZIONEALLAPOCA
FAMILIARIZZAZIONECON
LENOSTREPRODUZIONI
VITIVINICOLE
piani del progetto “Enoicamente” sono
indubbiamente ambiziosi. In quanto sarà
possibile, verosimilmente, portarli tutti a termine?
Più che pensare alla tempistica del progetto, al
momento è già uno straordinario risultato che
si siano concretizzate le aspettative di realizzazione di una sinergia tra produttori e ristoratori. Nel nostro territorio, registro con una certa
frequenza che si è affetti dalla “sindrome dell’annuncio
facile”; l’approccio pragmatico e concreto del progetto
“Enoicamente”, fornendo una prima soluzione alla
scarsissima familiarizzazione con le produzioni vitivinicole reggine, potrà fare solo bene al comparto agroalimentare del territorio.
Quali tra gli obiettivi si aspetta che vengano raggiunti
già con il meeting di aprile?
Intanto, offrire un servizio di qualità, in una cornice che
definire splendida è riduttiva. L’obiettivo è creare “la
rete” tra chi produce e chi promuove con l’obiettivo di
conquistare il mercato. Non un mercato generico. Ma
di “qualità”. Perché il prodotto che sosteniamo nella
promozione è concepito per un consumatore che non è
uno sprovveduto. Quindi, il meeting di aprile, per
rispondere alla vostra domanda, si prefigura come un’esperienza multisensoriale di natura prettamente conoscitiva e formativa. Diamo la possibilità all’assaggiatore
di risalire, attraverso il canale papillo gustativo, alla storia della viticoltura reggina, con i suoi racconti, miti e
tradizioni. Ecco che il futuro acquirente dei vini della
provincia di Reggio Calabria, sarà un consumatore consapevole e preparato a destreggiarsi nelle giungla della
concorrenza spietata caratterizzata da un prodotto di
bassa caratura.
Qual è il valore aggiunto che la collaborazione con
un’agenzia pubblicitaria quale PiGreco e il settimanale
Rivierà potrà dare al progetto?
La vasta diffusione della testata editoriale e l’ esperienza nel mondo della comunicazione integrata del marketing dell’agenzia, costituiscono una cassa di risonanza
per un settore, quello vitivinicolo, che vive dei riflettori
della promozione. In percentuale maggiore, al ristorante si sceglierà un’etichetta anonima di una cantina sconosciuta che coltiva in un territorio altrettanto ignoto,
oppure punteremo ad una bottiglia che celebra la passione di una azienda che ha conquistato una sua etichetta ben identificabile e che ci parla di una terra a noi
familiare per paesaggi, colori ed odori? A come si arriva all’ultima proiezione, solo la promozione dispone di
strumenti utili. Questa la sfida.
Come espresso nel programma, il nostro territorio
sembra il punto di partenza ideale per un progetto di
questo tipo. Che riscontro si augura che il piano di sviluppo possa avere sulla nostra zona e in che cosa si tradurrà concretamente?
Mi auguro di recarmi innanzitutto in qualche ristorante
della Locride, come spesso faccio, e di trovare disponibilità variegata di produzioni vitivinicole, che spesso non
trovo. Mi auguro il diffondersi di una cultura del vino e
dell’agroalimentare di qualità, che riconosca il giusto
merito ad una agricoltura laboriosa che non ha niente
da invidiare ad altre esperienze della stessa Calabria e di
altre regioni. Mi auguro che la Locride scopra, finalmente, che tappe importanti del suo futuro ruotano
intorno allo sviluppo dell’agricoltura e dell’agro-alimentare. Vado ripetendo da tempo che la Locride potrebbe
divenire un’altra “California”. Occorre iniziare a crederci e fare qualcosa di concreto in questa direzione.
“Valorizzazione” e “Rivoluzione” sembrano essere le
parole d’ordine del piano di sviluppo. Quale dovrebbe
essere la loro portata e, oltre che di valorizzazione del
vino, si potrà parlare di valorizzazione delle nostre bellezze e della nostra cultura?
Si deve parlare eccome. Questo è il punto di partenza.
Le bellezze paesaggistiche, siamo ad un passo dal mare
e l’altro dai monti dell’Aspromonte, il bagaglio storicoarchitettonico cui spalancare le porte ai visitatori, gli
antichi resti delle civiltà magno-greche che sole basterebbero a smuovere tutto il sistema turismo, sono le
premesse per la “Rivoluzione”. Ma non si combatte ad
armi pari con il resto del mondo, per usare una metafora bellica, se siamo sprovvisti di tutto. Trasporti, zero.
Strutture ricettive, zero. Servizi di accoglienza per turisti, zero. Politiche di sviluppo per incentivare il turismo
enogastronomico, zero. Capisco che siamo un popolo
molto caloroso ed accogliente, ma con l’assistenzialismo
non si fanno le Rivoluzioni. A tutti i livelli istituzionali,
dal Comune, alla Città Metropolitana fino alla Regione
Calabria, invoco piccoli “moti carbonari” in grado di
scrollare il vecchio sistema. Non più i grandi produttori
che trainano il mercato regionale ma i piccoli produttori che, riuniti nella “rete” delle produzioni identitarie di
qualità, si posizionino dignitosamente sul mercato con
le loro etichette di qualità. Che poi va da sé che, la rete
dei trasporti efficiente, l’uso consapevole dei fondi
comunitari, l’implementazione delle biotecnologie nelle
produzioni, l’ammodernamento della catena di produzione, una competizione equa e solidale, le misure di
prevenzione di rischio idrogeologico, è già storia letta e
riletta. Bisogna solo mettere la parola “fine”.
Studio
“
In ventotto anni di
presenza a Sanremo,
Studio54network,
grazie alla sua
presenza si è
guadagnata di
diritto una delle
posizioni più
favorevoli per
intercettare gli
artisti.
54
network
A Sanre
C
ome accade da ventotto anni,
Studio54network riapproda a
Sanremo, nell’evento per eccellenza più importante della Canzone
Italiana. La cosa che molti non
sanno è che quest’impegno porta la
radio calabrese a essere tra le più
attive nello stesso allestimento del
Festival organizzato dal comune ligure. Non riveste questo ruolo semplicemente con inviati a caccia d’interviste, ma è fondamentale nella stessa
animazione del centro cittadino, grazie alla sua
presenza a pochi metri dall’Ariston con i propri
studi mobili. Quest’anno il ruolo è stato condiviso
con Radio2 (su Piazza Borea) e con Radio Italia e
Radio Norba (su Piazza Colombo), ma è stata l’unica su Corso Garibaldi, all’ingresso del Palafiori, sede della
Stampa del Festival. Così
Con lo storico Stargate, la radio calabrese ha ospitato in 5 giorni tutti i Sala
posizionata con lo storico
protagonisti di Sanremo 2015, dando vita ad un vero spettacolo di musica e di Stargate, ha ospitato in 5 giortutti i protagonisti di
luci, nel pieno centro sanremese. Da Gianluca Grignani a Il Volo, da Masini a ni
Sanremo 2015, dando vita a un
Fragola, dai Dear Jack a Britti, tutti hanno partecipato a riempire le ben 10 ore vero spettacolo di musica e di
nel pieno centro sanremedi trasmissione giornaliera, condotta dalle tre voci storiche di luci
se. Da Gianluca Grignani a Il
Studio54network, Demetrio Malgeri, Rossella La Volo, da Masini a Fragola, dai
Jack a Britti, tutti hanno
Face e Luigi Di Dieco. Dear
contribuito a riempire le ben
10 ore di trasmissione giornaliera, condotta dalle tre voci storiche di
Studio54network, Demetrio Malgeri, Rossella La
Face e Luigi Di Dieco. Tutto è stato gestito impeccabilmente grazie a un team autonomo su tutti i
fronti, dai tecnici (per le riprese, la messa in onda
e la connessione satellitare) Pierluigi Fiumanò,
Mimmo De Marco e Federico Riefolo, ai conduttori dei rapporti con le case discografiche e l’organizzazione del festival Giovanna Di Lauro e
Francesco Massara, l’inossidabile editore sempre
in prima linea, condottiero anche di quest’avventura.
www.rivieraweb.it
“
Pintus
Alcune
delle
con LUIGI DI DIECO
Interviste
emo
È tra i comici più amati da teenagers italiani e, proprio per
questo motivo, non poteva mancare in qualità di SuperOspite
all’Ariston, nè tantomeno come ospite sullo Stargate di
Studio54network! È Angelo Pintus, comico e attore italiano,
dai natali sardi e l’infanzia a Bordighera! Comicità sana e
genuina, rivolta ad un pubblico “differente”. Non mancano
però le polemiche anche sul suo intervento in questa edizione
del Festival di Sanremo e allora ecco la prima domanda a bruciapelo:
Hai sdoganato tutti i tabù per quanto concerne la comicità
al Festival di Sanremo svecchiando totalmente il pubblico
d’appartenenza e rivolgendoti al tuo pubblico con la stessa
comicità genuina, sana e divertente che ti distingue da sempre…cosa pensi delle polemiche di alcuni critici?
Si beh, oggi, il giorno dopo, ci sono due scuole di pensiero: c’è
chi scrive cose tanto per… e poi ci sono i commenti delle persone intelligenti. C’è chi dice «Non ho riso» e ok, lo accetto… Poi
ci sono i ragazzi e i bimbi, tutti quelli che mi hanno fermato per
strada e mi hanno detto «Ehi! Bella Pintus, grande discorso»
conta quello! Il fatto che un ragazzo di 14 anni abbia capito ciò
che dicevo… a me interessa questo e del resto chi se ne frega!
Domanda forse scontata, ma che emozione hai provato nel
vivere da protagonista il Festival di Sanremo?
È stato molto, molto bello! Decisamente emozionate, su quel
Ci sono i DEAR JACK! Sono arrivati
secondi ad Amici 2014, ma i Dear Jack
sono ufficialmente sempre più i vincitori
morali dell’ultima edizione. La loro
popolarità si vede subito... Oltre mille
fans ci hanno scritto.
Esperienza Sanremese meravigliosa?
Si! Ancora non ci crediamo.... Salire su
quel palco è una magia... Cambia
tutto, anche la cognizione del tempo e
dello spazio!
Adrenalina ed energia pazzesca?
L’energia sì che è pazzesca! Salire
sul palco dell’Ariston ti fa tremare
come delle foglie... non si può raccontare!
Il vostro album d’esordio è stato subito doppio
disco di platino, con sette settimane in testa
alle classifiche... Non si può non essere contenti!
Chiaramente è stato un album importantissimo, perchè è stato l’album che ci ha lanciati,
con 8 brani molto importanti per noi. È da qui
che è nato il tour nei palazzetti, e poi
Sanremo... Tutto è nato da lì!
Tutto molto in fretta, ma tutto molto intenso...
Qual è il vostro rapporto con le fan? Non si
vedevano queste scene dagli anni ottanta!
DOMENICA 22 FEBBRAIO
13
palco un po’ ti blocchi… finché non ho levato la giacca sul palco
non riuscivo a capire neanche dove fossi in quel momento.
Quando hai ricevuto la proposta di fare il Festival ci hai
dovuto pensare o hai accettato subito?
Non ho accettato subito. Ci ho pensato tanto poi ho detto sì.
Volevo fare un regalo alla mia mamma (scherza Angelo). Sì
perché, comunque, ho pensato: male che va… andrà male! Sì
perché Sanremo è Sanremo… ma è solo Sanremo!
La tua comicità è pulita ed elegante, pensi abbia spiazzato
questo la platea dell’Ariston?
Beh sai… non dico parolacce, non parlo di politica, non devo
fare a forza quello fazioso... cosa dovevo dire che Carlo è
abbronzato? O massacrare il pubblico? No grazie, sono lì per
altro. Ho fatto quello che volevo fare, poi magari non si è riso
tanto, ma volevo fare quello e basta.
Esiste un luogo comune che vede i comici persone molto
tristi e ombrose nella vita privata, vale anche per te questo?
No. Io da questo punto di vista sono un po’ atipico, la vita è una
e mi prendo molto poco seriamente, però una cosa la voglio dire:
un comico che non ride lo noti prima!
Che rapporto hai con i social?
Molto bello! Il mio facebook lo gestisco io, parlo io, scrivo io!
Dietro quel contatto ci sono io e non ho nessuno che lo faccia
per conto mio e sono felice di condividerlo pulito perché i ragazzi meritano sincerità, si sono stancati tutti di essere presi in giro
da “quelli piu’ grandi”!
Canzone preferita al festival?
Quella di Nina Zilli senza ombra di dubbio! Gran bel pezzo…
non solo di canzone!!!
DEAR Jack con Rossella La Face
A noi gli anni ottanta piacciono tantissimo...
Impadronirci del ruolo avuto dai Duran
Duran è una cosa senz’altro molto figa...
Noi lo sappiamo... ma questo “Caro Jack” da
dove arriva? Raccontiamolo ai nostri amici
che ci ascoltano via radio...
Viene da un film che ha segnato la nostra
infanzia, Nightmare before Christmas di Tim
Burton. Il protagonista del film è Jack
Skellington, ed è lui il nostro Jack!
Il vostro look sul palco è piaciuto tantissimo.
Ormai siete delle icone per i ragazzi. Scegliete
voi? Qualcuno vi consiglia?
Abiammo il nostro stylist... è così che curiamo
la nostra immagine! Molto rock, molto collegata alla nostra personalità.
Il messaggio che vorreste lasciare con questa
canzone del festival?
Il messaggio è rivolto ai giovani... Siamo noi il
futuro del mondo, e con l’amore si può forse
aggiustare tutto!
Il volo
dibile nel quale avete cantato?
Tanti... forse un po’ di più New York, si New York! Ma anche Sanremo,
quando ci siamo venuti 5 anni fa!
Come preparate le armonizzazioni vocali?
Semplice, è quasi automatico... Prima registriamo, e poi riascoltiamo.
E riascoltando ci vengono
le idee... È lì che decidiamo dove e come intervenire. Non è tanto difficile!
E ora, un album in uscita?
Sì, s’intitola Sanremo grande amore, ed è in uscita il 17 febbraio. Ci
sono sei cover che hanno segnato tutta la storia del festival, più il
nostro brano presentato al festival quest’anno.
Disco e poi tour?
Sì, stiamo lavorando prima, però, all’uscita del disco anche negli altri
Paesi, con la versione internazionale dell’album. Sarà dopo, da giugno, che partiremo con i live. Abbiamo già delle date, come Verona,
Caracalla, Taormina... tutti posti molto prestigiosi, dove ci aspettiamo
di incontrare tutti i nostri fans!
con Luigi Di Dieco e Rossella La Face
Devono molto al talent scout della Clerici, che li ha fatti unire e conoscere al grande pubblico. Sono ormai da ben 5 anni in tour, con tanto
successo raccolto a ogni latitudine del pianeta!
Quest’anno sbarcano a Sanremo, dove erano stati qualche anno fa
come ospiti. Li abbimao incontrati prima della vittoria...
Come state vivendo quest’avventura?
È una meravigliosa esperienza! Dopo i tanti giri all’estero, non vedevamo l’ora di tornare in Italia e cantare per il pubblico italiano. E
meglio di Sanremo non c’è!
Com’è stato girare così tanto per il mondo, e qual è il posto più incre-
Marco masini
con Demetrio Malgeri
Altro grande protagonista della 65° edizione del Festival di Sanremo, veterano,
due volte vincitore, è Marco Masini.
Il tuo ritorno a Sanremo è chiacchieratissimo, porti una gran bella canzone e i
tuoi fan stanno seguendo l’evolversi di questa tua partecipazione in gara con
molta attenzione, come stai?
Io sto benissimo, sono felice perché quando si viene qui si vivono momenti molto
intensi, molto forti, si ha la possibilità di ritornare in casa di molti italiani quindi è un momento che mi godo con molta serenità. È normale che ci siano dei
momenti di appesantimento perché i ritmi, qui a Sanremo, sono decisamente
importanti, gli incontri con la gente, la stampa, il tempo da dedicare ai ragazzi
che ti aspettano sotto l’hotel o alle porte dell’Ariston, ma tutto questo fa parte
del Festival.
Ritrovi un amico qui al Festival, Carlo Conti, cosa ne pensi della sua conduzione?
Beh, non è che possa giudicare la conduzione, ma credo stia andando alla grande! Mi sembra una macchina da guerra, non ho visto nessuno più bravo negli
ultimi tempi e credo stia entrando nella storia come Baudo o Mike Bongiorno.
Siamo amici dal 1979, come con Pieraccioni e Panariello, ci vogliamo bene, ma
non cambia nulla alla fine del festival e se ci sentiamo in questi giorni è solo per
criticare le scelte di mister Montella con la Fiorentina.
A proposito di amici toscani, Irene Grandi ha dichiarato di sentirsi un outsider
in questo festival tra i Campioni, trovandosi spiazzata dal fatto di non conoscere
la maggior parte dei cantanti in gara. Vivi anche tu questa condizione di “disagio”?
No. Io li conosco tutti, anzi, con alcuni ci diamo anche del tu, pensa un po’…
Irene è una persona che è cresciuta tanto, è diventata una donna, ma quando
cresci devi essere pronto ad affrontare il futuro! Bisogna quindi rimettersi in
discussione in questo nuovo panorama musicale e adattarsi alla consapevolezza che oggi i talent sfornano tante nuove proposte che, a lungo andare però,
dovranno confermare di meritare questi palcoscenici e affrontare la giusta
gavetta per non morire dopo una canzone. Anche mio zio sosteneva che
“Disperato” fosse solo rumore e non una canzone poi il tempo ha dimostrato l’esatto contrario!
Il 12 febbraio è uscito un triplo album, dal titolo “Cronologia”, che racconta
Masini, riproponendo i tuoi più grandi successi e affiancandoli a 5 inediti tra i
quali “Che giorno è” presentata in gara in questo Festival.
Sì , un lavoro che riassume i miei 25 anni di carriera con canzoni che neanche
io ricordavo fossero state fatte. Sarà presente anche la canzone di Francesco
Nuti “Sarà per te” che ho cantato nella serata dedicata alle cover al festival. Ci
sarà un tour di presentazione del disco e quindi un nuovo tour live con i concerti.
Cosa ti aspetti da questo festival di Sanremo?
Mi auguro che la gente capisca bene questa canzone. Ci sono stati anni che non
GERENZA
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Siderno
DOMENICA 22 FEBBRAIO 15
CAPITOLO
QUINTO
RISPETTA TUO PADRE (ovvero GUARDATEMI LE SPALLE)
All’ombra dei platani
E
ra bello, una volta - pensava Gigi - senza rumori e il
frastuono moderno. Quando anche a distanza avvertivi
un battito d'ali e, al calar della sera, i sospiri degli
amanti.
Quando il tempo scorreva lento e tutto appariva
fermo, arcano.
Quando bastava soltanto una bicicletta per dare il
senso della locomozione e un aeroplano scintillante sotto i raggi
del sole era come un diaframma che ci separava e al contempo
ci univa a Dio.
Ma il progresso seguiva la pace. Finita la guerra, anche sulle
strade della Calabria apparve la Vespa. Fabbricata a Genova
dalla Piaggio, dove pare vi abbia lavorato un ingegnere sidernese.
I giovani, però, amavano di più l'Isomoto: uno scooter snello e
scattante che nel tempo soppiantò i vecchi “Cucciolotti”.
Era proprio in, si diceva allora.
Il rombo del suo motore, quella mattina, copriva persino il fragore del mare. Le balaustre del Ponte di Ferro che univa le
ridenti cittadine di Locri e Siderno, separate dal Fiume Novito
e da un atavico campanilismo, come sempre a quell'ora vibravano.
A bordo, un giovane studente di Ragioneria: Antonio.
L'Istituto, nomato a Marconi, sorgeva sul Corso Garibaldi, alle
spalle di Piazza Vittorio Veneto, proprio di fronte al Municipio,
il cui frontespizio giallo cementite, intagliato all'ombra dei pini,
respirava gli effluvi e la brezza dello Jonio. Gli studenti meno
chiassosi, specie nelle ore di Religione, quando non si fa niente
e Monsignore sonnecchia, annegavano il loro sguardo sul quel
prospetto che il trascorrere del tempo non era riuscito a sbiadire.
Qualcuno lo riproduceva a matita sul lucido leggio di formica.
Quella mattina, il cortile della scuola gremiva come sempre
mentre aumentava il vociare in attesa del suono della campanella e le ragazze, impeccabilmente in grembiule, si davano un'ultima stretta, un ultimo sguardo d'intesa.
Fu allora che scoppiò lo scompiglio, il raccapriccio, la paura. E,
infine, il terrore.
Qualcuno sparò. Qualcuno stramazzò. L'Isomoto tacque.
Tacque per sempre. Il diplomando Antonio giaceva in una pozza
di sangue sul nero asfalto, a pochi metri di distanza dalla Scuola
nomata a Marconi.
«Un giorno ammazzerò il vostro capo» andava dicendo con voce
sempre più alta, al punto che, a volte, copriva addirittura lo
scoppiettare della sua moto.
«Un giorno ammazzerò il vostro capo». Ripeteva in un grido
pieno d'odio e rancore.
E quel grido, ormai, risuonava nelle orecchie di tutti.
Quel grido, soffocato una mattina di un giorno qualunque,
davanti a una scuola, tra pagine di libri sgualciti vaganti sotto la
brezza e il profumo dei pini, all'ombra dei platani. Ancora oggi
si dice che fosse il figlio di un rivale di Don Antonio. Di un altro
coraggioso, di un pretendente al comando. Di un altro che rincorreva la ricchezza, il prestigio, il rispetto.
Le sirene spiegate delle Forze dell'Ordine, nell'avvicinarsi al
luogo, diventavano sempre più assordanti mentre puntuale suonava la campanella che nessuno avvertì. Una cosa, però, videro
tutti: un paio di jeans bianchi allontanarsi fra gli alberi e confondersi tra la gente.
La corsa era lunga: bisognava attraversare l'Atlantico. Ma New
York era accogliente con i suoi ritmi vorticosi, i tavoli di poker
e le prime slot-machine, sdraiata sul suo porto profumato di
whisky e di “bionde”. Chi ricorda la storia di quegli anni, rivede
un film neorealista ambientato sotto il sole cocente e lo sciacquio del mare, dove piogge e alluvioni allagano gli orti e gonfiano le fiumane. Che bagnano i corpi ma inaridiscono i cuori.
Dove tuttora risuona lo scampanellio di un trenino che sul lungomare accoglieva chiassosi bambini, nelle sere d'estate.
Lo guidava un omone dalle spalle ricurve, invecchiato non solo
dagli anni. Rassegnato.
A Melfi dove si celebrò il processo per legittima suspicione su
ricorso del pubblico ministero, l'imputato era, naturalmente,
Don Antonio, dopo essere stato prosciolto d'ogni accusa durante la fase istruttoria presso il Tribunale di Locri. Si era agli inizi
degli anni '60.
Anche in quel tribunale l'assoluzione era nell'aria e risuonò
immediatamente ingigantendo il personaggio, l'uomo di rispetto, e facendo al contempo aumentare la fama e lo spessore professionale del suo difensore dall'aperto sorriso, dalla spiccata
intelligenza e della sua convincente dialettica. Si dice che lo
stesso Pubblico Ministero, a conclusione del rito in un atto di
stima, lo abbia omaggiato di un'elegante cravatta.
DON CALOGEROVIZZINI
Era di fatto un apprezzato giurista, amante del proprio lavoro,
deontologicamente corretto. Equilibrato. Tant'è che di fronte
alla candidatura al Senato nelle file del PCI, sebbene gli fosse
stata assicurata l'elezione anche dagli organismi centrali di quel
partito, egli declinò l'invito licenziando “gli araldi” con la
seguente frase: «Non posso». In Parlamento si direbbe che sono
espressioni della mafia! Altro aneddoto è che era un amatore,
una sorta di rubacuori. Amava la bellezza delle donne, e tante
ne ha amato pur se la famiglia la portasse nel cuore con tutti i
doveri che ne derivano.
Nell'Aula Penale dell'ex Pretura di Siderno, ancora campeggia
in sua memoria un epitaffio su marmo travertino nel vero significato greco della parola: elogio agli eroi. Cadde infatti, quest'uomo, nel pieno esercizio della professione per mano d'un suo
cliente, sotto i colpi d'una ingrata e pazza rivoltella.
La miglior forma di ringraziamento è sempre l'ingratitudine, si
dice, che ti accompagna fino all'ultimo respiro. Ma gli eroi non
muoiono mai! Non conoscono oblio.
Un amore così, Gigi non l'aveva ancora conosciuto.
A parte la prima cotta che lo cosse a dovere in terza elementare.
Allora, però, aveva solo otto anni e Lidia gli sedeva accanto con
quegli occhioni azzurri incastonati da boccoli di capelli neri.
Se si escludono le solite avventure che si hanno durante la prima
giovinezza (che ti aiutano a crescere) lungo il corso degli studi,
Gigi non aveva conosciuto l'amore.
Lo assorbivano le continue ricerche nel campo della Sociologia
e dell'Antropologia.
D'altronde era convinto che la sua donna ideale non esistesse.
Non cercava la bellezza esteriore ancorché, nel vedere passeggiare sul Lungomare delle Palme, certe sere, ragazze prosperose ben fatte, gli occhi gli luccicavano di desiderio.
Gli amici del Summertime, infatti, aspettavano i suoi commenti
per ridere e divertirsi.
Nelle donne cercava qualcosa che dimostrasse la loro bontà,
intelligenza e quella bellezza interiore di cui gli sembrava fossero prive.
Come per tutti i figli, anche per Gigi donna Natalina - la madre
- costituiva un modello.
Ma anche zia Carmelina.
Eppure, quando si dice il destino! E il destino per Gigi, come
per tutti, era già scritto, anche sul piano dei sentimenti.
Era un pomeriggio di novembre. Un cielo terso attestava che
ancora a Siderno l'estate non era finita.
Quella sera Gigi scorrazzava a bordo della sua 500 verde
Firenze per le viuzze del centro storico, tra Via Colombo e
Corso della Repubblica.
A un incrocio, motore in folle, come un'apparizione celeste vide
sbucare una ragazza, la più bella fanciulla mai vista. Gli occhi
pudici denotavano ingenuità sotto una cascata di fili d'oro: i suoi
capelli. Il viso sereno, raffinato, raccontava la bontà, quella bellezza interiore che Gigi tanto cercava.
Il cappotto color avano portava una firma: quella della povertà,
che per lui era la più grande ricchezza: all'altezza del terzo bottone vi era uno strappo. Biglietto da visita dell'usura.
Gigi le fece la corte. Si chiamava Silvana ma egli l'ha sempre
chiamata Vanù.
I primi tempi s'incontravano di nascosto, almeno così loro credevano, ma di fatto lo sapevano tutti.
Si vedevano passeggiare sul Lungomare delle Palme, gelato e
granite a limone al Summertime.
Una sera Vanù, facendosi coraggio, gli disse:
«Ma tu mi vuoi bene davvero?»
«No - rispose Gigi - Io ti amo!»
«Allora, se è così, devi venire in casa».
All'indomani - era un Mercoledì - alle sette di sera, Gigi, con in
mano un fascio di rose rosse, puntuale suonò il campanello d'un
piccolo condominio.
Vanù fingeva di studiare, sdraiata sul lettino. Alla sorella aveva
chiesto di non essere disturbata poiché la prof. di Lettere le
aveva anticipato che uno di quei giorni l'avrebbe interrogata.
In verità aspettava Gigi con una certa impazienza.
Quando Gigi bussò alla porta, bastarono pochi minuti per i soliti convenevoli. Subito dopo, bicchieri di Rosso Antico contribuirono a celare il brillio di occhi innamorati.
Quel brillio che ancora dura, accompagnato da candide poesie
infarcite dalle prime paroline di Flavia, la loro nipotina.
Oggi, a distanza di tanti anni, tra i capelli, fili d'argento sempre
più evidenti, quei ricordi diventano oggetto di piacevoli racconti, e rapiscono attenzione e curiosità dell'intera famiglia.
La conclusione di Gigi è sempre la stessa: «Ma la cosa più bella
è stata quando il giorno seguente, avendo ottenuta una supplenza presso l'Istituto Tecnico, l'ho vista seduta al primo banco».
“Eroi! - Pensava Gigi - Quali Eroi? Chi furono gli Eroi durante
lo sbarco degli Alleati in Sicilia? Che ruolo ha avuto Cosa
Nostra? E l'Onorata Società in Calabria? Chi era Lucky
Luciano? E Calogero Vizzini? Sicuramente anche Don Antonio
ne sa qualcosa, posto che si vocifera che l'unico calabrese a far
parte della Cupola sia proprio lui”.
Sapeva Gigi - e la cosa era di dominio pubblico - che gli americani giunti in Sicilia, arrestando la loro marcia, dovevano omaggiare un balcone rosso di gardenie e gerani sul quale era affacciato un uomo: Calogero Vizzini. La stessa persona che un giorno si ritrovò a Siderno a chiedere una camera d'albergo.
Il giovane figlio dell'albergatrice, tredicenne, alzando gli occhi
dal libro che stava leggendo notò un uomo elegante, dallo sguardo sicuro e dal portamento altero.
Salendo le scale verso il piano di sopra, dove intanto gli era stata
allestita una camera, il ragazzo notò che da una gamba quell'uomo versava stille di sangue. Non essendo obbligato a chiedere i
documenti, non sapeva chi fosse né come si chiamasse. Esisteva
allora una sorta di convenzione che obbligava chiunque a prestare ospitalità a profughi e viandanti senza alcuna obiezione.
Ma alla vista del sangue quel ragazzo capì ch'era suo dovere
informare la caserma dei carabinieri. Così fece.
Dopo pochi minuti, invece, si presentò Don Antonio.
«Vi rispondo io di tutto. Stanotte fatelo dormire, domani si
vedrà». Il giovane, rassicurato, non obiettò, e tutto filò liscio.
Passarono gli anni. Quel ragazzo diventò uno stimato professionista e ottimo docente, ma quell'episodio gli arrovellava il cervello. Chi era quell'uomo? Perché a Siderno? E perché in una
camera d'albergo?
A questa domanda, Don Antonio gli rispose: «Fatevi i cazzi
vostri».
Fu proprio l'avvocato a chiarire l'aneddoto, a fornire la spiegazione. Non fosse altro perché quel ragazzo intanto era stato
eletto Sindaco della Città, ed era giusto che sapesse.
Quell'uomo era nientemeno che Calogero Vizzini, e la ferita
alla gamba la conseguenza d'un incidente stradale.
Questa, la versione ufficiale!
Il resto è dato solo dalle supposizioni, dai “si dice”… o dalle
“certezze” che la Storia non scrive, che non può scrivere o che
non vuole.
PRIMO PIANO
La Locride rappresenta il 46% dei sindaci coinvolti nella
Conferenza Metropolitana. Pertanto dovrebbero essere
determinanti nell’approvazione dello Statuto.
LA LOCRIDE e la Citt
VITTORIO ZITO
Q
Qual è il ruolo della
Locride all’interno
della
Città
Metropolitana? È
questo l’interrogativo
e la preoccupazione
manifestata dai sindaci della Vallata del
Torbido all’indomani
della riunione indetta
dal Sindaco di Reggio Falcomatà, per
avviare la discussione sulla costituzione
della nuova conurbazione. Ed è questo il
tema che vedrà impegnate le forze politiche della provincia nei prossimi mesi. Un
tema che tratteremo nei prossimi giorni
anche come PD in un incontro che stiamo organizzando a Roccella.
L’incontro si svilupperà attorno ad alcune
considerazioni nodali. Innanzitutto mi
pare chiaro che la questione non è se
costituire o non costituire la Città
Metropolitana. La riforma istituzionale
che l’ha introdotta, infatti, è ormai consolidata e non ci sono margini di ripensamento (nemmeno auspicabili). Si sono
già costituite altre Città Metropolitane e
nei tempi dettati dalla legge si costituirà
anche quella di Reggio. Il tema è quindi:
come vogliamo costituire tale città?
In molti affermano che la Città
Metropolitana di Reggio rappresenta un
unicum rispetto alle altre. A Roma,
Napoli e Milano, ad esempio esiste già di
fatto un nucleo di comuni interessati da
una forte conurbazione che gravita attorno alla città capoluogo, mentre a Reggio
questo fenomeno non esiste. Il capoluogo di provincia calabrese, inoltre, è la più
piccola delle costituende Città
Metropolitane. Osservazioni inequivocabili, ma che manifestano fondate perplessità. Perplessità nei confronti della nuova
istituzione che, come è naturale, troviamo in tutti i dibattiti aperti sulle Città
Metropolitane nelle singole realtà. Si
pensi, ad esempio, al dibattito sorto
attorno alla conurbazione di Torino,
unica a conglobare comuni confinanti
con un altro Stato e che racchiude al suo
interno ben 315 (a Reggio sono 97)
comuni che vanno ben oltre la cinta cittadina.
Un tema, però, è ricorrente in tutte le
esperienze: quello del timore che i piccoli centri siano soffocati dalla città e che
perdano quelle attenzioni ai propri territori fino ad oggi garantite dalle Province.
Vediamo da vicino quella che sarebbe
l’architettura istituzionale della Città
Metropolitana. La riforma Delrio, che
l’ha istituita, innova profondamente la
logica degli interventi di decentramento
del ventennio 1977-1997, poiché afferma
la netta centralità dei Sindaci come classe politica di base del governo locale e
quindi anche dell’ordinamento democratico.
La riforma richiede ai Sindaci qualcosa
di più dell’ordinario loro ruolo: chiede
cioè di interpretare gli interessi di una
comunità molto più ampia di quella che
li ha eletti.
Tutti i sindaci della provincia sono componenti
della
Conferenza
Metropolitana, uno dei tre pilastri su cui
La conferenza dei
sindaci avanzi una
formale proposta
di costituzione
della Locride come
zona omogenea
della Città
Metropolitana.
si fonda l’architettura istituzionale della
Città Metropolitana. È un organo consultivo che ha un unico e importantissimo potere deliberativo: quello di approvare lo Statuto, oltre a essere chiamata a
deliberare il parere sul bilancio della cittadino. La legge prevede che quest’organo deliberi con “doppia maggioranza” in
tutti e due i casi. Significa cioè che, perché possa essere approvato lo Statuto, è
necessario che sia votato da 1/3 dei
Sindaci che rappresentano il 50% + 1 dei
cittadini residenti in Provincia. Nella provincia di Reggio ci sono in totale 91
comuni, 42 dei quali costituiscono la
Locride. Quest’area, dunque, rappresenta il 46% dei sindaci che compongono la
Conferenza. Il totale dei cittadini residenti in provincia è di 550.323 unità e
nella Locride risiedono 131.985 cittadini,
il 25% del totale dei residenti in provincia. I sindaci della Locride, dunque, rappresentano il nucleo di maggiore peso
all’interno della Conferenza e sono
determinanti nell’approvazione dello
Statuto della Città Metropolitana.
Questo è il primo dato su cui credo si
debba riflettere. Con la Provincia l’organo deliberativo (il consiglio) veniva eletto
a suffragio universale. Ogni volta che un
organo di governo sovra comunale è eletto con il suffragio universale, la Locride è
sempre penalizzata (come ha dimostrato
anche il recente risultato delle regionali).
Questo perché tanto più un territorio
presenta concentrazione di residenti in
pochi centri, tanto più riesce ad avere
peso elettorale e a esprimere rappresentanze in seno a organismi elettivi.
La
Conferenza
della
Città
Metropolitana, dando peso ai sindaci,
riequilibra questo dato a favore di territori che siano in grado di rappresentare in
modo coeso istanze di più comunità. Per
questo credo non ci si debba perdere in
prese di posizione che appaiono un po’
preconcette e che rischiano di farci perdere un’occasione così importante come
la Città Metropolitana.
Gli altri due pilastri su cui si basa l’architettura della Città Metropolitana sono il
Sindaco Metropolitano e il Consiglio
Metropolitano. Quest’ultimo è un organo politico che, assieme al Sindaco, costituisce la base amministrativa della Città
Metropolitana. A differenza delle altre
architetture istituzionali, il Sindaco
Metropolitano non è eletto e, coinciden-
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DOMENICA 22 FEBBRAIO
17
La costituzione della Città Metropolitana
è un processo irreversibile che la Locride è
chiamata a governare per non doverlo subire.
ttà Metropolitana
te con il Sindaco della città di Reggio,
non ha necessità di un rapporto fiduciario con il Consiglio. Questo, invece,
dovrà essere eletto dai consiglieri comunali e dai sindaci della provincia e sarà
composto da 14 consiglieri scelti tra i sindaci e i consiglieri comunali medesimi. Il
sistema del voto è del tutto particolare: è
diseguale e ponderato a seconda della
popolazione rappresentata. Significa che
il voto del consigliere comunale di
Reggio varrà ad esempio 10 e quello del
consigliere comunale di Roccella varrà 2.
L’elezione, inoltre, avviene per liste contrapposte. È evidente, quindi, che quello
del Consiglio è il terreno più debole per
il nostro territorio per due ragioni. La
prima è che il sistema di liste contrapposte polarizzerà il voto su due liste rappresentative dei partiti maggiori: non possiamo immaginare che dalla Locride nasca
una lista unitaria trasversale ai partiti che,
peraltro, non avrebbe alcuna possibilità
di successo e pertanto c’è il rischio che le
istanze del territorio siano poco presenti
all’interno delle singole liste. Il secondo è
che il calcolo ponderato del voto penalizza un territorio con presenza forte di
comuni con pochi abitanti. Se nella
Conferenza, quindi, prevale la forza di un
territorio in termini di ampiezza numerica delle comunità rappresentate, nel consiglio riprende vigore la forza elettorale
di un territorio. Pertanto è sulla capacità
di imporre alle agende dei partiti le istanze della Locride che ci giochiamo il futuro del territorio all’interno della Città
Metropolitana. Come dicevo, nonostante le perplessità manifestate da alcuni
sindaci della Locride (e non solo), in ogni
caso la Città Metropolitana avvierà il suo
iter di costituzione e lo concluderà per
come imposto dalla legge. Il primo atto
sarà quello dell’approvazione dello
Statuto. Non so come il Sindaco metropolitano intenda gestire la fase di costruzione della proposta statutaria; di certo,
però, lo Statuto dovrà essere approvato
dalla Conferenza.
Il potere regolatorio, attribuito dalla
legge Delrio allo Statuto è molto più
ampio di quello previsto per le attuali
Province. La legge assegna allo Statuto
alcuni compiti con valenza “esterna”, che
cioè incidono nei rapporti istituzionali
con gli altri livelli di governo (ad esempio: regolare le modalità e gli strumenti
di coordinamento dell’azione complessiva di governo del territorio metropolitano; disciplinare i rapporti tra Città
Metropolitana, i Comuni e le unioni di
Comuni nell’organizzazione e nell’esercizio delle funzioni metropolitane e comunali). La legge assegna infine allo Statuto
un potere di assoluto interesse per la
Locride. Lo statuto metropolitano, infatti, può prevedere che il territorio venga
ripartito in zone omogenee per specifiche funzioni. Le zone omogenee devono
essere istituite d’intesa con la Regione,
ma nel caso in cui essa manchi, possono
comunque essere istituite con deliberazione della conferenza metropolitana,
assunta con la maggioranza dei due terzi
dei componenti.
È utile evidenziare che, nelle zone omogenee, si possono istituire organismi di
coordinamento collegati agli organi della
È stata convocata
per venerdì 26
febbraio l’assemblea
dell’Associazione dei
Sindaci, che avrà
luogo alle ore 17.00
presso il Palazzo
Municipale di
Siderno.
Città Metropolitana. Le zone omogenee
costituiscono, quindi, articolazione sul
territorio delle attività e dei servizi
metropolitani decentrabili della conurbazione. Per un territorio, essere considerato una zona omogenea significa in
sostanza avere maggior peso all’interno
della Città Metropolitana. È probabile
che molti territori della provincia spingano per essere riconosciuti come zone
omogenee. Ma le zone omogenee, per
loro natura e definizione, devono essere
delimitate secondo caratteristiche geografiche, demografiche, storiche, economiche e istituzionali tali da farne l’ambito ottimale per l’organizzazione in forma
associata di servizi comunali e per l’esercizio delegato di funzioni di competenza
metropolitana. E la Locride è l’unica
zona omogenea compiutamente delinea-
ta all’interno della Città Metropolitana.
Essere riconosciuta come tale ed evitare
forzature che snaturino il concetto stesso
di zona omogenea deve essere, a mio
avviso, il primo forte impegno unitario
dei Sindaci della Locride.
In conclusione: la costituzione della Città
Metropolitana è un processo irreversibile che la Locride è chiamata a governare
per non doverlo subire. Per governarla
non è utile attardarsi su analisi, anche
condivisibili in alcune parti, sull’efficacia
della riforma istituzionale derivante dalla
legge Delrio. È più utile organizzare le
forze in campo per tutelare le aspettative
legittime della Locride. Dunque un suggerimento: avanzi la conferenza dei
Sindaci una formale proposta di costituzione della Locride come zona omogenea della Città Metropolitana e una contestuale proposta di criteri da attuare per
riconoscere a un territorio tale status. Su
questa proposta convergano tutti i
Sindaci ponendola come condizione
necessaria (ancorché ovviamente non
sufficiente) per l’espressione di un voto
positivo sullo Statuto all’interno della
Conferenza. Si elabori poi una piattaforma politica in grado di rappresentare le
esigenze del territorio e su di essa si chieda l’impegno formale delle forze politiche che daranno vita alle liste contrapposte per l’elezione del Consiglio. Questo è,
a mio avviso, il primo necessario passo
per governare il processo in atto e per
contribuire al rafforzamento di questa
nuova articolazione istituzionale che, se
ben governata, darà certamente nuovo
impulso allo sviluppo della Locride.
RIVIERA
“
CULTURA E SOCIETA’
Pillole
Naturopatiche
A cura di:
Patrizia Pellegrini
Naturopata Bioterapia Nutrizionale®
Presidente Associazione Culturale Tone
SCALDIAMO I NOSTRI
SENSI IN QUESTO
FREDDO INVERNO CON
UN AGRUME DI STAGIONE
L'aroma terapia, un gesto
d'amore per i nostri sensi
Concediamoci dell'olio essenziale, una sostanza
altamente volatile che, grazie a questa sua caratteristica, raggiunge velocemente il nostro naso. Tra
le terapie complementari, l'aromaterapia è una
delle più conosciute e si sta diffondendo rapidamente in tutto il mondo. Il suo valore terapeutico
è sempre più apprezzato da ricercatori e medici.
Gli oli essenziali sono fluidi preziosi, dal dolce
profumo, estratti da molte varietà di piante e, spesso, la loro somministrazione costituisce un vero e
proprio gesto d'amore nei confronti dei nostri
sensi.
Gli oli essenziali sono molto più usati di quanto si
creda. Sono presenti in molte cure, profumi e prodotti di bellezza. Sono essenze non oleose, particolarmente concentrate in alcune parti della pianta: fiori, resina, corteccia, radici, buccia, foglie, frutti; frazioni volatili ottenute dalle piante mediante
distillazione in corrente di vapore. Presentano una
composizione complessa: sono poco solubili e stimolano intensamente l'olfatto, in quanto si volatilizzano a temperatura ambiente. Hanno proprietà
fisiche, chimiche e terapeutiche.
La loro azione non è mai solo qualcosa di limitato e altamente specifico per un organo o un apparato, ma hanno un'azione più generale sull'organismo in tutte le sue affezioni e l'aromaterapia non
deve essere vista solo come un rimedio puramente sintomatico, ma come un reale trattamento
sistemico.
Gli oli essenziali regalano energia e lucidità, curano la pelle e fanno bene al corpo e allo spirito. La
composizione di un'essenza naturale è molto più
complessa della somma dei suoi costituenti.
Essenze riprodotte chimicamente in laboratorio,
infatti, generano una miscela solo apparentemente uguale all'originale, come dimostrato dal confronto tra l'attività di sostanze naturali e sintetiche.
Prendiamo il frutto solare per eccellenza, l'arancia.
Il suo olio essenziale, distillato dalla buccia dei
frutti di arancio dolce tonifica l'epifisi, il sistema
nervoso centrale e quello neurovegetativo, il cui
equilibrio garantisce il buon funzionamento del
nostro orologio biologico, apportando quindi la
giusta “dose” di vitalità a corpo e psiche. Il suo
aroma contrasta efficacemente stress e depressione. Se la stanchezza ti fa dormire male, aggiungi 8
gocce di olio d'arancio al tuo bagno serale.
Le specie botaniche più ricche di oli essenziali si
distribuiscano prevalentemente in zone calde e
assolate; infatti un fattore particolarmente importante riguarda le caratteristiche di foto esposizione, di luce e di calore. La principale peculiarità
degli oli essenziali, è che vengono percepiti come
odorosi.
A differenza delle altre stimolazioni, quelle olfattive sono le sole a passare direttamente nella corteccia cerebrale, senza essere filtrate dal centro recettore del 'talamo' per un'analisi preliminare. Le
molecole aromatiche che si diffondono nell'aria
raggiungono la parte superiore delle cavità nasali.
Le cellule olfattive, una volta sollecitate dalle molecole aromatiche, trasformano lo stimolo chimico
in impulsi elettrici che a loro volta stimolano i centri dell'odorato.
L'aromaterapia coinvolge (attraverso la percezione degli odori) l'emotività, la memoria, la sensibilità e tutte le aree cognitive correlate, oltre al sistema endocrino e quello immunitario; basta pensare a quanta importanza abbiano i profumi riferiti
alla sfera sessuale di ogni individuo. L'anosmia
(incapacità di percepire gli odori) determina un
abbassamento delle difese immunitarie ed è legata ad alcuni tipi di depressione.
“
"La donna genera la vita ed è per
questo motivo che la utilizzo
come canale preferenziale del mio
messaggio. Ne adoro l'anatomia:
il seno, il busto, i fianchi, il ventre.
È l'equilibrio perfetto"
TELA E PENNELLI:
il talento di Nadia Zaidi
"HO SEMPRE
PENSATO CHE
L'ARTE FACESSE
PARTE DELLA MIA
VITA. MOLTE
VOLTE HO
RESISTITO ALLA
TENTAZIONE DI
LANCIARE IN ARIA I
PENNELLI O DI
STRAPPARE LA
TELA. ALTRE VOLTE
L'HO FATTO”
SARA LEONE
"L'arte è universale: può arrivare a chiunque." È questo il primo approccio con
Nadia.
Da piccola grande donna, classe '94, apre la
nostra chiacchierata con una citazione ad
affetto.
Nadia Zaidi è una ragazza calabrese, è nata
ad Oppido Mamertina.
Suscita tanta tenerezza, mi chiede come
Riviera abbia fatto a conoscere i suoi quadri, e si dice onorata di avere tanta attenzione da parte di un giornale che stima per gli
ideali che porta avanti.
È sorpresa che giù in Calabria, si senta parlare della sua arte.
Dopo essersi diplomata all'Istituto Tecnico
Industriale, è andata a vivere a Brescia,
dove attualmente lavora. Ha studiato l'arte
da autodidatta. Anche Montale fu autodidatta. Eppure diventó l'Eugenio Montale,
dei libri di letteratura. È un augurio.
Con la sua inclinazione all'interesse, si
sente di affermare che il suo diploma le è
molto servito, le ha consentito di rimediare
numerosi lavori con i quali autofinanziare
la sua arte sperimentale.
La sua famiglia l'ha supportata ma, come
tutti gli altri genitori, avrebbe preferito che
intraprendesse un percorso diverso, più
stabile e più sicuro, senza troppi punti
interrogativi.
Lei, per tutta risposta ha affiancato alla sua
passione, un lavoro che le permettesse di
avere un'indipendenza economica. Una
ventenne seria, determinata e matura.
"Ma qual è stata la scintilla che ti ha fatto
scoccare l'amore per l'arte?"- le chiedo.
"Ho sempre pensato che l'arte facesse parte
della mia vita. Molte volte ho resistito alla
tentazione di lanciare in aria i pennelli o di
strappare la tela. Altre volte l'ho fatto.
Poi ho insistito, facendo prevalere la mia
ambizione"- afferma
"E
la
tua
ispirazione?"-ribatto.
"L'ispirazione è il messaggio. Se ho un messaggio forte, sta a me rappresentarlo in
maniera forte"- risponde.
E il suo messaggio è sempre forte.
Quello che più mi ha colpito delle sue
opere sono i colori, spesso amalgamati,
sfumati, spesso azzardati in accostamenti a
effetto.
Mi piace come rappresenta le donne, mi
piace il soggetto. E mi piace perché non vi
è nulla di più profondo.
Una cosa mi colpisce, però, più di tutte.
Le sue donne hanno sempre il punto vita
ben definito.
È una curiosità, non so se è una mia
impressione, allora glielo chiedo, e questo è
quanto lei risponde:
"La donna genera la vita ed è per questo
motivo che la utilizzo come canale preferenziale del mio messaggio. Ne adoro l'anatomia: il seno, il busto, i fianchi, il ventre. È
l'equilibrio perfetto."
E già questo dice tanto di Nadia come
donna.
È semplice, diretta, anche un po' romantica.
Il messaggio che utilizza non si ferma al
colore e alle forme: è simbolico, un'allegoria pittorica. Poi continua:
"Anche il titolo dell'opera alle volte può
divenire superfluo. Personalmente non
m'interessa che qualcuno ne percepisca il
senso che io stessa ho voluto rappresentare.
Mi piace stanziarmi davanti al mio quadro,
alle mostre, fingendomi una spettatrice per
sapere qual è il messaggio che gli altri attribuiscono alla mia tela"- dichiara.
Non è egoista Nadia. Consegna la sua arte
agli occhi degli spettatori, lasciando loro la
cosa più bella: la libertà di interpretare
secondo la propria esperienza.
La sua sicuramente non è un'arte preconfezionata.
È un'arte sottile, che mira al cuore e alle
corde più profonde dell'animo di chi osserva.
Le chiedo se ami la letteratura, se ami la
letteratura nell'arte, l'arte nella letteratura,
l'ekphrasis.
Nadia ama la letteratura dell'Ottocento,
ama Poe e Shakespeare, ama il dipinto
"Ofelia", crede che sia molto fedele al personaggio dell'Amleto.
Così giovane, eppure dal gusto così raffinato.
E dopo aver svelato anche troppo, di una
ragazza così semplice e della sua arte, sposto l'attenzione sulla terra che le ha dato i
natali.
"Che rapporto hai con la Calabria?"
"È una domanda piuttosto delicata. Ci sono
nata, in Calabria. Ma molto spesso l'ho sentita distante, e non è un discorso geografico. Oggi ho più fan in Tunisia, Libia, Egitto,
che in Italia. Il grosso dei fruitori delle mie
opere è per lo più composto dagli stessi
ragazzi che hanno partecipato alla rivoluzione araba e che sentono la necessità di
accostarsi a un tipo di arte che fino a pochi
mesi fa non avevano potuto apprezzare con
libertà. In Calabria ho conosciuto poche
realtà che mi hanno supportata: Ricerca
Alternativa, che mi ha proposto per la
prima volta di esporre pubblicamente nel
mio paese, Oppido Mamertina."
Certo, non è il massimo che l'impegno di
una giovane ragazza calabrese, piena di
talento, venga apprezzato, prima che in
patria, in altri nazioni. E su questo sarebbe
bene riflettere.
Così, dopo una piacevolissima conversazione, in cui ho imparato tanto, non solo di
arte ma anche di umiltà e passione, le chiedo un messaggio per noi giovani.
Lei felice risponde: "Direi ai giovani di tentare. È importante avere dei sogni, ma lo è
anche essere un tantino più realisti e cercare dei modi meno astratti per arrivarci.
Faccio altri lavori, ma la mia ambizione è
sempre e comunque la pittura".
Ad maiora, Nadia.
RIVIERA
LA ROSA DEIVENTI
(mini rubrica
a cura
di Maria Verdiglione)
DOVE PUÒ ANDARE A FINIRE LA PIANTA DEL DIAVOLO
I carboni del diavolo, il tabacco, vennero per la prima volta visti da un
europeo: un marinaio al seguito di Cristoforo Colombo. Davanti
all'isola di Cuba volle provare a respirare quel qualcosa che avevano
in mano gli indigeni del luogo senza bruciarsi. Per poco non restò sof-
focato. Quando riuscì a emettere il respiro imprecò: «Figlio del diavolo!» e sigaretta fu!
Da quel giorno, il vizio del fumo dilagò e in Europa la tabacchiera fu l'inseparabile compagna di re, imperatori, nobili, statisti ecc. Pensate che lo statista inglese Petersham ne possedeva ben 365,
una per ogni giorno dell'anno, e una diversa dall'altra. Sono state fabbricate tabacchiere in oro, argento, cesellate e cosparse di pietre preziose. Napoleone Bonaparte ne faceva incetta durante i
Consigli di Stato. Siccome spesso e volentieri dimenticava la propria, un suo fiduciario, a un cenno convenuto, premurosamente se le faceva prestare da qualcuno dei presenti. Napoleone, che
faceva? Ne svuotava il contenuto sul tavolo e metteva la “sfortunata” tabacchiera in tasca. Immaginate quanti di questi oggetti collezionava! Toccava, poi, alla Giuseppina provvedere a restituirle
ai legittimi proprietari. A un certo punto i dignitari si fecero furbi e alle “imperiali” riunioni, portavano tabacchiere di legno.
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I
nventò la cosiddetta “Hollywood
rossa”. Durante l'età dell'oro del cinema russo, negli anni '20 e '30, realizzò
quattrocento tra film e documentari,
lasciando, in ambito cinematografico,
uno dei segni più indelebili. Eppure il
nome di Francesco Misiano si vaporizzò nel dopoguerra e oggi è sconosciuto ai più. E pensare che all'epoca
suonava familiare alle orecchie di Thomas
Mann, Sergei Eisenstein, Bertold Brecht,
Vsevolod Pudovkin, Charlie Chaplin, Albert
Einstein.
Ancora giovane, Francesco Misiano lasciò la
sua Ardore per studiare ragioneria ad Assisi. A
vent'anni cominciò a lavorare come impiegato
delle Ferrovie e contemporaneamente ha inizio
la sua vita politica con l'adesione al Partito
Socialista Italiano. Siamo nel 1904 e il giovane
Misiano raggiunge Zurigo, dove conosce Lenin.
Lo ritroviamo qualche anno dopo a Berlino
dove, armi in pugno, combatte al fianco di Rosa
Luxemburg e Karl Liebknecht per difendere la
sede del Vorwärts, l'organo del partito socialdemocratico tedesco.
Francesco Misiano fu tra i fondatori del Partito
Comunista Italiano, parlamentare perseguitato
dai fascisti, combattente in Africa contro il colonialismo italiano, sodale di Antonio Gramsci e
acerrimo rivale di Gabriele D'Annunzio. Nel
1924 il Soccorso Operaio Internazionale, di cui
era dirigente, gli affidò il compito di fondare a
Mosca una casa di produzione cinematografica
che fosse vicina alla causa rivoluzionaria mondiale. Nacque così la Mezrabpom-Russ, un
nome decisivo per la nascita e la diffusione di
quella cinematografia sovietica che stupì il
mondo.
Capolavori come “La Corazzata Potëmkin” di
Eisenstein, "La madre" di Vsevolod Pudovkin,
"Aelita" di Protazanov (il primo film di fantascienza russo) non sarebbero mai arrivati a un
successo internazionale ed epocale senza lo
straordinario intuito di Francesco Misiano, che
fu il più grande produttore cinematografico
dell'Unione sovietica. Nel 1926 riuscì a invitare
a Mosca Douglas Fairbanks e Mary Pickford, in
una memorabile giornata di mondanità cinematografica nella Russia bolscevica, durante la
quale il "Robin Hood a stelle e strisce" e "la
fidanzata d'America" furono inseguiti da uno
stuolo di cineoperatori tra due ali di folla in delirio.
Nel 1933, quando Hitler salì al potere, Misiano
accolse nella Mezrapbom registi, sceneggiatori
e intellettuali in fuga dal Nazismo come
Piscator, Richter, Joris Ivens, Béla Balàzs. Ma
col passare del tempo i suoi rapporti con il regime stalinista andarono peggiorando, probabilmente per la sua grande autonomia e libertà di
pensiero.
Partì da Ardore e stupì
il mondo: Francesco
Misiano, l'inventore
della Hollywood rossa
La morte lo colse prematuramente a Mosca il
16 Agosto 1936 a soli 52 anni.
Sulla sua storia politica, cinematografica e personale, cadde inesorabilmente un pesante oblio.
Per riportarla alla memoria nell'agosto 2004
nasce ad Ardore il “Centro Studi Ricerche e
Formazione
Francesco
Misiano”.
Importantissima iniziativa del Centro Studi è
stata l'istituzione del Premio Internazionale alla
Produzione Cinematografica “Francesco
Misiano” che, prendendo le mosse dal dicembre 2007, a cadenza biennale, ripercorre le più
importanti tappe italiane ed europee della vita e
della avventura politico-artistica di Misiano.
Quest'anno, dopo le tappe precedenti che
hanno toccato Mosca, San Pietroburgo e
Berlino, il Centro Studi, con la collaborazione
del “Museo Nazionale del Cinema”, organizza
a Torino la IV edizione del “Premio
Internazionale alla Produzione cinematografica” intitolato, appunto, a Francesco Misiano. Il
riconoscimento sarà conferito a Francesco
Munzi, regista del film “Anime nere”, tratto dall'omonimo romanzo dello scrittore, nostro conterraneo, Gioacchino Criaco. La manifestazione si terrà nella Sala 2 del Cinema Massimo il 23
febbraio 2015.
M.G.C.
L’amore ha Il profumo dei tigli
KATIA CANDIDO
Il nuovo libro di
Domenico Angilletta
è un'esaltazione della
quotidianità. Le vite
eccezionalmente
normali dei
protagonisti sono la
celebrazione del
pendolarismo e della
semplicità calabrese
degli anni '70
“Il profumo dei tigli” è il nuovo libro di
Domenico Angilletta, docente al liceo classico
di Locri, pubblicato dalla casa editrice Edizioni
Erranti lo scorso gennaio. L'autore nasce a
Grotteria, un paese in provincia di Catanzaro,
nel 1952 e si laurea alla Facoltà di Lettere e
Filosofia presso l'Università degli Studi di
Messina. È proprio questo il luogo dove, in un
giugno della fine degli anni '70, si snoda la
vicenda dei due giovani studenti protagonisti,
due persone libere di compiere le proprie scelte, con la convinzione di cambiare la mentalità
e la visione del mondo.
Scrivere sulle valigie, su un treno in corsa, nelle
orecchie il vento e il fischio della locomotiva;
scrivere in mezzo al mare, a bordo di un aliscafo, cullati dal beccheggio della prua che ara
le onde come un vomere scuro, inondati dal
fiume di luce che si riversa dal cielo nel mar
dello Stretto. La scrittura di Domenico
Angilletta, è anzitutto questo: un movimento.
Non nel senso che egli rappresenti uno scrittore da viaggio, benché sia stato un viaggiatore
per passione, per scelta, per ragioni di studio,
per lavoro. Il viaggio, nel suo caso, si consuma
nelle parole, quasi che quel costante essere in
transito, quella perenne vibrazione dei sensi, si
siano trasmessi dalla penna alla pagina. La tessitura narrativa che cuce e imbastisce la sua storia, in cui spiega i periodi sulla carta, ha un
movimento sinuoso, sensuale, mai prevedibile.
Eppure, la sua è una scrittura lucida, cristallina,
impietosa, simile a un bisturi sapiente che
seziona l'epidermide delle cose. Si potrebbe
pensare che questo processo avanzi in maniera
sistematica dalla superficie verso il profondo,
scandagliando i confini dell'inconscio; perché le
pulsioni del sottosuolo, le più segrete, le più
inconfessabili, hanno un legame continuo, intimo, ineludibile persino con la più inossidabile
delle apparenze. È un movimento che gioca più
su un piano orizzontale, che dall'interno parte e
procede verso l'esterno. Profondo conoscitore
dell'animo umano, l'autore fa apparire i suoi
personaggi in una situazione non eclatante, non
straordinaria ma semplicemente normale. È la
storia di ognuno di noi poiché è proprio la normalità che vivono i protagonisti. Un incontro,
uno sguardo, uno scambio di battute, il primo
approccio, il viaggio insieme. Vivono una forte
passione che all'inizio si discosta dalla fisicità
ma che, poi, sfocia con vigore e pienezza nella
più alta forma dell'amore. Amore inteso come il
fulcro dell'esistenza di un uomo, come il punto
di unione tra due esseri che guardano nella stessa direzione. Amore inteso come sintesi di due
differenti nature fuse in un'unica anima, nella
splendida cornice degli alberi di tiglio, il cui
profumo inebriante accentua l'ardore.
Angilletta descrive due giovani colti, intraprendenti, genuini, gente del sud, legata alla propria
terra e ai valori che in essa sono conservati. In
questo, lo scrittore, fa un glorioso riferimento
alla natura e alle radici del suo territorio, citando più volte i luoghi della sua giovinezza, dando
così un'immagine della vita di oggi e di ieri di
molti studenti pendolari. E proprio da qui che
parte l'impulso dell'autore di raccontare la sua
storia, una vicenda come tante altre, tranquilla
ma al contempo complicata; apparentemente
superficiale ma intimamente profonda.
DOMENICA 22 FEBBRAIO
19
CULTURA
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L’esperto Rosa Maria Strangi
DOMENICA 22 FEBBRAIO
21
Il Papilloma virus:
“
la più comune cause delle verruche
AMBULATORIO POLIFUNZIONALE
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Il papillomavirus è un virus, di cui si riconoscono circa 100 tipi, che induce lesioni
mucose e cutanee, i condilomi e le verruche. Le verruche volgari sono la forma
più frequente e si localizzano sulle
mani e sulle dita. Il decorso è la spontanea regressione dopo un paio di
anni. I condilomi acuminati sono la
più frequente patologia a trasmissione
sessuale e si presentano come lesioni
papulose e verrucose; le sedi di elezione
sono il prepuzio e il meato uretrale nell'uomo, il vestibolo vaginale nella donna.
Queste lesioni vanno trattate perché possono
l Consigli
al dott. Calafiore
Artrosi
dell'anca o
coxartrosi
“
IL DOTT. VINCENZO CALAFIORE
RICEVE PREVIO
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MEZZOGIORNO D'ITALIA ,
DI REGGIO CALABRIA
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(IN REGIME
DI CONVENZIONE COL SSN).
La coxartrosi è una patologia
caratterizzata dalla degenerazione della cartilagine che
riveste l'articolazione dell'anca, il punto in cui il femore si
articola con l'acetabolo.E' una
patologia molto diffusa.Vi
sono dei fattori predisponenti
quali obesità,menopausa,età
avanzata.In circa la metà dei
pazienti le cause non sono
conosciute e si parla di artrosi
primaria. L'artrosi secondaria
invece è causata da displasia
o lussazione congenita dell'anca,fratture,patologie
infiammatorie croniche (es.artrite
reumatoide) metaboliche,o cause
meccaniche (conflitto femoro-acetabolare, deformità).
L'artrosi dell'anca si
manifesta con dolore in regione inguinale che spesso si
irradia a livello di
gluteo,coscia e
ginocchio,aumentando con la stazione eretta o dopo sforzo.Al
dolore si uniscono limitazione
articolare e difficoltà nel
compiere semplici gesti quotidiani quali alzarsi da sedie
basse o allacciarsi le scarpe.Il
paziente tende infine a non
appoggiare l'anca malata
inclinando il bacino e sovraccaricando così la regione lombare,con conseguenti dolori
lombari ed all'altra anca.La
cura della coxartrosi iniziale
si basa sull'uso di farmaci
antinfiammatori,integratori a
base di glucosamina, fisioterapia,infiltrazioni intrarticolari
eco-guidate a base di acido
ialuronico.Nelle forme di
grave artrosi si ricorre all'intervento chirurgico per
impianto di protesi d'anca,
che consiste nel sostituire la
cartilagine della testa femorale e del bacino,ormai usurata, con materiali metallici
innovativi.
provocare gravi lesioni e forme tumorali come il carcinoma del collo
dell'utero. La terapia di elezione è la crioterapia con azoto liquido,
una procedura assai semplice e veloce, consistente nello spruzzare sull'area interessata dell'infezione dell'aria compressa raffreddata a 196
gradi sotto lo 0. Il freddo, erogato da una piccola bomboletta ad aria
compressa, congela il tessuto interessato formando dei cristalli di
ghiaccio intracellulari che provocano la lisi meccanica e lo shock termico della cellula, favorendo la caduta della verruca. Nei giorni successivi al trattamento, infatti, si forma una crosta scura che cade
lasciando solo in casi rarissimi una piccola cicatrice piatta. Il trattamento è consigliato non solo per i tempi assai brevi dello stesso e del
recupero, ma anche per tenere sotto controllo l'infezione che, altrimenti, potrebbe espandersi al resto del derma risultando molto fastidiosa.
Il dottor Ernesto Aquila, viste le tante richiese,
il 24 febbraio riproporrà presso il centro
Raymat la visita urologica gratuita
SOS cistite: un fastidio
da non sottovalutare
Nella maggior parte dei casi la
cistite è un'infiammazione della
mucosa del pavimento vescicale
data da infezione batterica (di solito Escherichia Coli o in minori casi
da
Proteus,
Klebsiella
Pseudomonas,
Staphylococcus
saprophyticus e Staphylococcus
aureus), ma si possono avere anche
da infezioni virali o micotiche, da
farmaci, da agenti chimici tossici
ecc. La cistite è una patologia
molto frequente e colpisce prevalentemente il sesso femminile: si
stima che circa il 25-35% delle
donne di età compresa tra i 20 e i
40 anni abbia manifestato un episodio di cistite nel corso della sua
vita.
Si associa generalmente a dolore
sovrapubico, disuria, frequenza e
urgenza minzionale, bruciore
durante la minzione, stranguria
(emissione dolorosa di urina lenta
e intermittente, spesso a gocce),
pollichiuria (emissione con elevata
frequenza di piccole quantità di
urina). Nei casi più gravi si rileva la
presenza di sangue nelle urine.
Nel 50/% - 80% le cistiti non curate o curate male nell'arco di 3 - 6
mesi svilupperanno un'infiammazione ricorrente.
Numerosi sono i fattori di rischio
che sembrano predisporre le donne
all'insorgenza e alla ricorrenza
degli episodi di cistite. Tra questi:
- uso indiscriminato di antimicotici
vaginali che alterano l'equilibrio
della flora batterica vaginale comportando una persistente colonizzazione da parte di uropatogeni;
- distanza tra uretra e ano: la
distanza media dell'uretra dall'ano
risulta più corta nelle donne con
“
Studio Minerva
Surgerical Service
tel. 347/8894989
via Lucrezia della valle 19
Catanzaro.
Studio Fondazione
Marincola Politi
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Studio fisioterapico
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Castelsilano
STUDIO MEDICO
POLISPECIALISTICO RAYMAT,
VIA CALVARIO 15/A
MARINA DI GIOIOSA JONICA,
TEL. 0964/416856;
infenzioni delle vie urinarie ricorrenti (4,8 mm contro i 5 mm della
media);
- deficit estrogenico che altera il
normale trofismo vaginale;
- uso di sistemi contraccettivi quali
le creme spermicide e/o il diaframma i quali generano alterazioni dell'ecosistema vaginale;
- familiarità con infezioni e infiammazioni delle vie urinarie.
La diagnostica di laboratorio si
basa sull'esame fisico-chimico delle
urine, sull'urinocoltura, sull'ecografia vescicale a forte riempimento
con la valutazione del ristagno post
minzionale, sull'uretrocistoscopia
diagnostica con cistoscopio flessibile ed eventuale biopsia del tessuto
vescicale.
Effettuare una terapia fin dai primi
sintomi della cistite può fermare il
circolo vizioso che si crea con le
cistiti ricorrenti. In genere si risolve
con un aumento dell'apporto idrico
nell'arco della giornata e u breve
trattamento antibiotico.
Nelle cistiti ricorrenti, ottimi risultati ho personalmente ottenuto con
una terapia endovescicale di condroitin solfato sodico al 2%, che è
disponibile in flaconi da 20ml (400
mg di solfato di condroitina per flaconcino), il quale si stratifica sulla
mucosa vescicale danneggiata dall'infiammazione permettendone la
riparazione fisiologica, insieme a
terapia per via orale con 1,5 g di DMannosio (uno zucchero semplice
che si lega al batterio Escherichia
Coli) in associazione con estratto
purificato di melagrana, entrambi
con proprietà antiadesiva e antibatterica.
RIVIERA
Seni debuttanti,
seni debordanti
Lo Stretto. Volare sullo Stretto, come volano i nostri sogni su questo azzurro vivo, su questi mari che si
fanno fiume, su questi monti bassi a contorno dello spettacolo dal vivo degli elementi antichi, riuniti a celebrare l’uomo ! Volare oh-oh, come cantava il poeta, come cantano i nostri cuori nelle albe di fine inverno
affacciate sulla bellezza feroce dello Stretto e di Calabria e Sicilia, unite nel blu dipinto di blu.
Una passione
incontenibile
Chi l'avrebbe mai immaginato che tra Delrio e
la Boschi potesse scoppiare una passione così
travolgente da non poter essere sopita nemmeno in Parlamento? È proprio vero che l'amore trionfa siempre!
Politica tra le
provole
Il ministro delle Politiche Agricole Maurizio
Martina si sarà trovato a suo agio in mezzo alle
provole, soprattutto perché ha avuto come eccezionale anfitrione nientemeno che il segretario
Seby Romeo!
Nella morsa del freddo
'imminenLa neve ci aveva già sorpreso nell sto fredque
in
ma
,
lizie
nata
nze
vaca
e
dell
za
visita alla
do inverno ha voluto tornare a fare Valentia
Vibo
Da
a.
volt
nda
Locride una seco
anova a
a San Giorgio Morgeto, da Citt a asprozon
la
na
ima
sett
sa
scor
la
ce,
Gera
e. I disagi
montana si è svegliata sotto la nev pungendo
fred
al
oltre
e,
non sono mancati
strata sulla
te, la situazione più critica si è regi
di marcia
nostra rete stradale. Le difficoltà esempio,
ad
o,
irren
io-T
Jon
sulla statale
“isolato”
hanno per diverse ore letteralmente
La meravil'area Jonica dal resto del Paese. enticare le
glia, però, ha fatto ben presto dim ico ricordifficoltà, lasciandoci invece il mag amente
do dei nostri borghi complet
scelte per
imbiancati. Ecco le foto più belle
e!
zion
reda
a
voi dall
Elisabetta Canalis ha fatto parlare di sé in occasione del
Gran ballo delle debuttanti. Durante la serata di gala, tra
una piroetta e l'altra, il suo abito rosso ha concesso ben
più del “vedo e non vedo”.
Tony White
Strikes
Again!
Grandi tonni, grandi
soddisfazioni
Dopo una lunga assenza, il nostro Tony White torna in grande
stile a Bologna dove, in onore del
grande Lucio Dalla, ha cantato
instancabilmente sotto la casa
dell’artista scomparso Piazza
Grande. Il suo saluto più
grande è rivolto ai lettori della
Riviera e, soprattutto, a tutti i
fan che lo hanno supportato
nel suo cammino e nella sua
tppa fuori sede.
Da Locri a Bologna, un successo senza tempo!
Senza perdere
il sorriso…
Il vicesindaco di Locri Raffaele
Sainato si abbatte su una sedia cercando di sorridere dopo l'infausta
settimana che il suo Comune ha vissuto. Gli auguriamo che quel sorriso
torni presto ad allargarsi!
La passione per la pesca può riservare
davvero grandi soddisfazioni. Lo testimonia il meraviglioso e gigantesco
tonno che Ennio e Cesare hanno voluto
immortalare in questa foto di ormai
qualche anno fa.
SETTIMANALE
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DOMENICA 22 FEBBRAIO
23
La Locride
all'Assemblea
Metropolitana
Vumbaca, Fuda, Giugno, Calabrese…
i nostri sindaci si uniscono per il bene
comune nell'assemblea sulla Città
Metropolitana organizzata da
Falcomatà che, sullo sfondo, tiene
banco con le sue considerazioni.
Con le gambe
ad angolo
L'architetto Anton “delle case vecchie”
Milicia si stringe sull'altalena con l'avvocato
Antonio Russo, riscaldandosi al ritmo di
Guarda come dondolo. “Le mie gambe tremano, forse sono brividi d'amor!”
La Commedia
secondo Alvaro
“Volete un pò
d'or… acqua?!”
Chi ha apposto il cartello di ingresso a
Straorino su una fontanella non deve
aver pensato a che cosa il nome del
paese potesse evocare o deve avere un
enorme senso dell'umorismo. Genio o
distrazione?
Attenti a... Lapo
Calabresi d'un certo livello, Lapo Elkan e la nostra Maria Teresa
Sansalone, che fa la “hair stylist” a New York, immortalati in una foto
che testimonia che salti di qualità si possano fare anche partendo
dalla nostra umile Calabria.
Rappresentanti… a
dir poco stupefacenti!
Alla bit, la nostra
regione si è presentata
con lo slogan “Gira e
Rigira, la Calabria ti
stupisce sempre”. E
come poteva non
farlo, con due rappresentanti della provincia di Reggio come
Raffa e Cannizzaro?!
Gli alunni della scuola Corrado Alvaro
hanno messo in scena la Divina Commedia
con sagacia e maestria. Un lavoro eccezionale, tanto più che Virgilio era già perfettamente calato nella parte di… Virgilio!
Foto della
Siderno che fu
Siderno, primi del novecento, un bastimento portava merce utile al commercio
della ditta Zitara, che aveva sede in piazza
Portosalvo. Oggi, in quegli stessi locali,
possiamo gustare una buona birra.
Ciclisti
d'alta quota
Quando le strade (asfaltate o sterrate) non bastano più a soddisfare la
passione per la bicicletta, si può
ricorrere all'invenzione di nuovi e
multiformi mezzi di locomozione pur
di continuare a pedalare…
Fly UP