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Il segreto bancario non è ancoramorto
Il segreto bancario non è ancora morto Affollato simposio al Centro studi bancari per fare il punto sulla situazione Lugano – Non è bastata l’aula del centro studi bancari di Vezia per accogliere i quasi 400 partecipanti, tra operatori finanziari e addetti del ramo, al simposio su ‘Segreto bancario svizzero e fisco straniero’. Gli organizzatori, infatti, hanno dovuto spostare il momento formativo e informativo presso una sala del Palazzo dei Congressi di Lugano. Di peso la platea degli oratori: Beat Ammann, membro della direzione generale di Bsi, Lugano; Paolo Bernasconi, avvocato a Lugano, professore all’Università di San Gallo e docente presso il Centro di studi bancari; Edward Greco, avvocato a Lugano e direttore dell’Istituto di diritto tributario del Centro di studi bancari; Christophe Klein, avvocato presso la Direzione generale dell’Amministrazione federale delle dogane di Berna; Claude-Alain Margelisch, vicepresidente del Comitato esecutivo dell’Associazione svizzera dei banchieri e Stelio Pesciallo, avvocato e capo del servizio giuridico per la Svizzera meridionale di Ubs. Un’occasione, quella di mercoledì scorso, per fare chiarezza su quello che sta succedendo in materia di segreto bancario e delle pressioni internazionali sulla piazza finanziaria svizzera. Dalla ormai nota vicenda dei clienti Usa di Ubs finiti contro la loro volontà tra le braccia non accoglienti del fisco nordamericano, alla decisione annunciata dal Consiglio federale venerdì 13 marzo, di volersi adeguare agli standard Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo in Europa) in materia di scambio di informazioni tra autorità per contrastare i reati fiscali. «Un annuncio – ha affermato l’avvocato Paolo Bernasconi in apertura di seminario – che ha fatto gridare a molti, sbagliando, alla fine del segreto bancario». «È vero però che l’autorità politica sta prendendo delle decisioni che avranno degli effetti in futuro sull’attività della piazza finanziaria svizzera. Oggi però la clientela fa molte domande e noi dobbiamo dare delle risposte serie. Prima di tutto bisogna spiegare la situazione attuale riguardo alle eccezioni al segreto bancario nei confronti di autorità fiscali straniere». «È un inventario che non fotografa una situazione statica, ma dinamica e i fronti da affrontare sono parecchi a dipendenza della geopolitica», ha spiegato l’avvocato Bernasconi bacchettando – tanto per cambiare – la stampa rea di aver creato confusione e allarmismo con i modi con cui ha riportato i fatti nelle ultime settimane. «Quando anche i laici e i profani si appropriano di queste tematiche, fanno danni», ha pontificato Bernasconi in veste questa volta di ‘sacerdote’ difensore dell’ortodossia legale e finanziaria. Piccola nota polemica: il ruolo della stampa, si sa, è quello di riportare e possibilmente spiegare a un pubblico di profani che passa sot- TI-PRESS di Generoso Chiaradonna L’avvocato Paolo Bernasconi: ‘La stampa ha creato allarmismo e confusione’ to il nome di ‘opinione pubblica’, i fatti. E i fatti con cui siamo stati confrontati nelle ultime settimane non sono stati causati da qualche titolo, forse eccessivo, della stampa locale, nazionale o internazionale sulla fine precoce del segreto bancario. Sono altri i responsabili, magari proprio quelli salvati con il denaro delle imposte versate da quei cittadini che ora vorrebbero capire le misteriose alchimie politiche e finanziarie all’origine di questa situazione. Stranamente tutti gli oratori intervenuti, nessuno escluso, si sono sentiti in dovere di criticare l’operato della stampa. Chiusa la nota polemica. Sui motivi per cui gli Stati sono interessati a un crescente scambio di informazioni si è concentrato l’avvocato Edward Greco il quale ha citato la forte integrazione delle economie e l’incremento dei flussi finanziari, la lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo internazionale oltre a motivi tecnologici. «Le autorità fiscali hanno strumenti informatici sofisticati che sono in grado di confrontare le dichiarazioni dei redditi con altre banche dati in possesso di altre autorità pubbliche (registri commerciali, automobilistici, utenze telefoniche, ecc.). Questo soprattutto negli Stati Uniti», ha affermato Greco il quale ha precisato che è l’articolo 26 del modello di convenzione Ocse contro la doppia imposizione che regola lo scambio di informazioni. Fino a dove voglia spingersi la Svizzera non è ancora noto. Soprattutto non sappiamo cosa chiederanno i diversi Paesi. È certo che lo scambio non sarà automatico e indiscriminato. Quello che è avvenuto con gli Stati Uniti che ha coinvolto clienti Ubs e Finma «è assolutamente straordinario e difficilmente ripetibile, almeno con i paesi europei», ha spiegato l’avvocato Bernasconi il quale ha ripercorso la vicenda Fisco Usa contro Ubs e culminata con il clamoroso invio di circa 300 nomi e dati bancari di clienti soggetti al fisco americano avvenuto lo scorso febbraio. «Toccherà al Ministero pubblico della Confederazione stabilire se ciò costituisce un illecito penale. L’obbligo del segreto bancario per i dirigenti e i impiegati di banca permane», ha aggiunto. Ricordiamo che la Svizzera concede assistenza giudiziaria in materia di frode fiscale e proprio lo scorso 5 marzo il Tribunale amministrativo federale ha riconosciuto che la recente rogatoria del Dipartimento di giustizia Usa poteva essere accettata riconoscendo che determinati contribuenti americani clienti di Ubs avevano commesso una truffa in materia tributaria. Sul fatto che si tratta di un fatto irripetibile concorda anche l’avvocato Stelio Pesciallo. «Ubs, a causa di responsabilità individuali, era sottoposta a pressioni fortissime negli Stati Uniti tali per cui era a rischio la stessa licenza a operare come intermediario finanziario. Non si poteva fare altrimenti anche perché le accuse erano molto gravi», ha aggiunto Pesciallo.