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CAMBIAMENTO, LEADERSHIP E FLESSIBILITA’ Riflessioni organizzative, sociali, psicologiche Milano, 30 settembre – 2 ottobre 2004 Guglielmo Valpreda Cristiano Silenzi Alessio Vaccarezza 0 Premessa: noi e il cambiamento A Leadership socio emotiva B Leadership organizzativa C Modello quasi classico di leadership 2 PREMESSA Noi e il cambiamento 3 Cambiamento e Organizzazione: uno schema sistemico Cambiamento (discontinuo) Cultura aziendale Coerenza come necessità (non come possibilità) Leadership efficace 4 Valori (condivisione) Il cambiamento è un processo di trasformazione che risulta dall’interazione tra una FORZA una RESISTENZA energia e impulsi prodotti per raggiungere un obiettivo energia e impulsi prodotti per contrastare il cambiamento Motivazione individuale Difese psicologiche individuali Pressione formale dell’Organizzazione Difese psicologiche di gruppo Esigenza avvertita dal “settore” Sopravvalutazione del rischio del cambiamento Condivisione delle motivazioni in un gruppo Sfiducia nelle proprie possibilità … Ipervalutazione degli aspetti critici … 5 Cambiare vuol dire … INTERVENIRE chiudere con il passato (o perlomeno creare un diaframma con il passato) e aprire con il futuro 6 L’individuo di fronte al cambiamento Chi difende il passato è Chi rischia il futuro è • coerente • calmo • senza contraddizioni • conflittuale • emozionato • contraddittorio • aspetta che siano gli altri a muoversi • esercita un potere di rimessa, di seconda mano • • • • DIMENSIONE “DIFENSIVA” interviene, non aspetta si muove per primo si agita esercita un potere di prima mano DIMENSIONE “ESPLORATIVA” 7 una pro-vocazione e una ri-flessione (nel senso di “guardare indietro”) 8 Le due dimensioni La dimensione difensiva La dimensione esplorativa caratteristiche caratteristiche caratteristiche caratteristiche relativa alla dimensione passata dovere osservanza delle norme verità definita bisogno relativa alla dimensione futura piacere creatività verità da scoprire desiderio rischi rischi rischi rischi passività dipendenza azzardo eccesso di emozionalità 9 Quale dimensione Le due dimensioni sono dentro ognuno di noi Il prevalere dell’una sull’altra determina la tendenza dell’individuo di fronte a ciascun cambiamento 10 Le fasi e le criticità del cambiamento per l’individuo La situazione precedente al cambiamento La situazione di cambiamento è caratterizzata da: • presenza di punti di riferimento • familiarità/abitudine impone la messa in discussione di: • schemi interpretativi conosciuti • punti di riferimento consolidati • • • • • certezza • sicurezza ( o illusione) 11 ansia timore e angoscia crisi di autostima insicurezza Livello di partecipazione La curva del cambiamento ( fotogramma, non fotografia) alto “ILLUSIONE” fase ludico-adolescenziale Ri-allineamento fase di “adultità” “DE-LUSIONE” Avvio dell’esame di realtà alto Fasi del cambiamento basso 12 Le fasi del cambiamento 1° Fase: ludicoadolescenziale 2° Fase: avvio dell’esame di realtà 3° Fase: adultità ILLUSIONE entusiasmo DE-LUSIONE RI-ALLINEAMENTO Prevale la dimensione emotiva La dimensione emotiva si confronta con la dimensione razionale Prevale la dimensione razionale 13 La matrice del cambiamento Ri-allineamento Fase di adultità “insieme per un fine condiviso consapevoli di rischi e opportunità” RESISTENZA De-lusione “si stava meglio prima” • scontro con l’esame di realtà • analisi iper-critica • stress come freno • ansia sul futuro • ri-scoperta (delle regole, …) • confronto e analisi critica Inerzia Illusione (entusiasmo) Fase ludico-adolescenziale “ma è necessario cambiare?” “avanti tutta!” • disinteresse • superficialità • scoperta • sfida • accettazione dello stress FORZA 14 Due considerazioni di fondo 1. 2. Credere/sperare nella mancanza di cambiamento significa negare la realtà Il cambiamento non è una patologia della realtà ma è la realtà in se stessa 15 Ma … “Non c'è niente di costante tranne il cambiamento" Buddha (Shakyamuni) (563-480 a.C.) e “Non ci si bagna mai nello stesso fiume" Eraclito di Efeso (540-480 a.C.) 16 I valori devono essere parte fondamentale ed esplicita della strategia aziendale 17 (Segue) La sopravvivenza e il successo di un’Organizzazione passano attraverso 1. Definizione di valori 2. Comunicazione di valori 3. Trasformazione dei valori in azioni e decisioni 4. Sostenimento del percorso con azioni di rinforzo 18 Politiche coerenti e chiare da diffondere attraverso: • comunicazione • leadership • cultura aziendale Il ruolo dei valori nel cambiamento IL TERRENO DEL CAMBIAMENTO IN UNA ORGANIZZAZIONE È LA CONDIVISIONE DEI VALORI CONDIVISIONE = IMPEGNO (NON CONDISCENDENZA) 19 La regola nel cambiamento: condivisione dei valori NON CONDISCENDENZA MA IMPEGNO • accettazione passiva • stabilità presunta ma solo in periodo di “pace” (senza criticità) • incapacità di attutire colpi e contraccolpi • livello basso di “illusione” e di motivazione • accettazione condivisa • volontà e disponibilità di affrontare le criticità • capacità di affrontare gli urti (difficoltà e imprevisti) • livello elevato di “illusione” e di motivazione • elevato rischio di de-lusione 20 Il ruolo dell’autorità gerarchica nel cambiamento Ha potere su componenti “hard” dell’Organizzazione Non può avere abbastanza potere su Rischia di diffondere solo condiscendenze formali componenti “soft“ • Motivazione • Valori • Atteggiamenti •… 21 Struttura e ruoli Tecnologia RISORSE “hard” Prodotti Mercati Impianti Risorse finanziarie Meccanismi operativi Atteggiamenti RISORSE “soft” Conoscenze note Modalità di esercizio della leadership Cultura Stili di lavoro Ideologia Conoscenze diffuse Sentimenti personali Norme di gruppo condivise Identificazione con i valori dell’organizzazione Clima organizzativo 22 Il ruolo delle persone Ogni cambiamento coinvolge tutte le persone e comincia da ciascuna di esse 23 Il cambiamento come duplice viaggio personale Il viaggio nei valori Il viaggio nelle relazioni È personale e richiede: È inter-personale e richiede: • chiarificazione dei propri valori • individuazione delle proprie priorità (le cose che contano veramente) • ripensamento dei criteri guida delle scelte fatte e da farsi • confronto con i valori aziendali • rivisitazione delle proprie relazioni • costruzione di nuove relazioni • creazione di reti comunicative 24 A tutte le persone coinvolte nel cambiamento è richiesto di diventare Migliori pensatori Migliori decisori • ricerca di nuove possibilità • nuove concettualizzazioni • rendere compatibili e fertili le differenze • portare il meglio da un posto all’altro • • • • • poco spazio tra decisione e realizzazione capacità intellettuali agilità mentale coinvolgimento dei collaboratori risolvere i conflitti negoziando • generare accordi • condivisione • apprendimento 25 Due visioni del mondo due modi di: Vivere (essere) Conoscere Lavorare (agire) 26 (Segue) COSTRUIRE LA VITA SULLA RICERCA DI UN SENSO DI CERTEZZA Ordine Senza dubbi Futuri determinati Prevedibile ESSERE COME INVECE CHE 27 IL SENSO DI CERTEZZA NON È UNA NECESSITÀ: SIAMO IN GRADO DI CONVIVERE CON IL CAOS Disordine Senza certezze Novità Inaspettato (Segue) CONOSCERE PER RASSICURARE NOI STESSI, PER CONFERMARE LA VERITÀ DI QUELLO CHE GIÀ CONOSCIAMO Stare in pace Trarre conclusioni Risposte chiuse, definitive Guardare indietro e regole del passato CONOSCERE COME INVECE CHE 28 CONOSCERE COME RICERCA DELLE COSE CHE NON CONOSCIAMO, COME CAPACITÀ DI “DISAPPRENDERE” Prendere rischi Elaborazione Generare domande senza fine Guardare avanti e inventiva Quello che sappiamo è meno importante di quello che sta per accadere (Segue) FOCALIZZAZIONE DELL’AGIRE COME RIPRODUZIONE DELLA INVARIANZA Legiferare la continuità Imporre vincoli Omogeneità Ostilità (per estorcere una pretesa continuità) AGIRE COME INVECE CHE 29 COMPRENSIONE, ACCETTAZIONE E RICERCA DEL CAMBIAMENTO Creare novità Aprire nuovi spazi Eterogeneità Audacia e accettazione delle contraddizioni quindi …. lo stato di incertezza e la ricerca di sicurezza devono essere considerate costanti cui l’individuo deve far fronte è fondamentale il CONTROLLO SITUAZIONALE 30 Il controllo situazionale Non è solo… il grado di fiducia che l’individuo nutre nella possibilità di riuscire a svolgere il proprio compito ma è anche … la capacità dell’individuo di SAPER GESTIRE L’INCERTEZZA come stato CONFLITTUALE CONTINUO 31 La piramide del cambiamento cambiare versus farsi cambiare 32 Le fondamenta della piramide 3. 2. 1. Essere nel cambiamento Unfreezing 33 Quali saperi di fronte al cambiamento sapere saper fare saper “essere nel cambiamento” • • • • conoscenze bagaglio esperienzale convinzioni … • • • • competenze skill abilità (manuali ed intellettuali) … • riconoscere e gestire gli stati emotivi nei rapporti interpersonali e dentro di sè • atteggiamenti, come elementi di approccio alla situazione: - motivazione - interesse - fiducia in sé stessi (…) • … 34 Le possibili combinazioni tra i diversi saperi nel cambiamento + SFIDUCIATI sapere e saper fare Rischi: • non sfruttare/valorizzare le competenze e capacità • ansia Rischi: • eccesso di narcisismo Rimedi: • lavorare sulla motivazione: Rimedi: • momenti di autoanalisi e autocritica: “TABULA RASA” LEADER POTENZIALI Rischi: Rischi : • immobilismo • angoscia/depressione - CONTROLLO SITUAZIONALE - Rimedi: • responsabilizzare delegando Presidio delle dimensioni affettiva e cognitiva • eccessiva carenza di competenze tecniche Rimedi: • formazione specialistica Saper “essere nel cambiamento” (Gestione dell’insicurezza/incertezza) 35 + La fase “cruciale” 3. 2. Saper agire nel cambiamento Changing 1. Essere nel cambiamento unfreezing 36 L’ulteriore sfida di oggi è passare dal SAPER ESSERE NEL CAMBIAMENTO al SAPER AGIRE NEL CAMBIAMENTO conoscersi meglio per capire meglio il cambiamento (dimensione statica) saper gestire la complessità dello scenario che muta (dimensione dinamica) 37 Saper agire nel cambiamento è saper districarsi tra … non solo ... … ma anche competenza tecnica formale/settoriale capacità relazionali, (emotiva, gestionale, …) capacità di applicare regole capacità di: - perseguire risultati - verificare - valutare orientamento al compito orientamento all’obiettivo efficienza/coinvolgimento orientamento al cliente/problem solving, efficacia 38 Lo scenario che muta … da ... a ... necessità creatività stabilità discontinuità durata transitorietà ordine disordine reversibilità irreversibilità permanenza ambiguità correttezza gestione dell’imperfezione mantenimento del sapere individualismo relatività del sapere reti, connessioni, lavoro in gruppo 39 L’organizzazione che cambia a ... da ... strutturare destrutturare obiettivare soggettivare trincea frontiera stabilità benessere prodotti piacere dovere possibilità vincolo soggettività tecnicità provvisorietà 40 Saper agire nel cambiamento intervenire tra i paradossi e i nuovi valori, che segnano la nuova complessità Saper gestire la conflittualità che ciò comporta 41 Le possibili combinazioni tra i diversi saperi nel cambiamento + SFIDUCIATI sapere e saper fare Rischi: • non sfruttare/valorizzare le competenze e capacità • ansia Rischi: • eccesso di narcisismo Rimedi: • lavorare sulla motivazione: Rimedi: • momenti di autoanalisi e autocritica: “TABULA RASA” LEADER POTENZIALI Rischi: Rischi : • immobilismo • angoscia/depressione - CONTROLLO SITUAZIONALE - Rimedi: • responsabilizzare delegando Presidio delle dimensioni affettiva e cognitiva • eccessiva carenza di competenze tecniche Rimedi: • formazione specialistica Saper “essere nel cambiamento” (Gestione dell’insicurezza/incertezza) 42 + La “gestione” del cambiamento Assimilazione e formalizzazione del cambiamento 3. refreezing 2. Saper agire nel cambiamento changing 1. Essere nel cambiamento unfreezing 43 L’assimilazione del cambiamento rappresenta … la fase in cui l’agire nel cambiamento si trasforma in agire nella nuova realtà (creata dal cambiamento) Significa metabolizzare le novità in tutte le loro forme e percorrere consapevolmente una nuova via Rischio: l’innato desiderio dell’uomo di ricreare situazioni di stabilità (di valori, di conoscenze, ….) impedisce l’azione e si tramuta in nuovo immobilismo 44 È impossibile che una teoria sul comportamento sociale sia contemporaneamente generale, accurata, semplice (Postulato di W. Thorngate) 45 Le conoscenze nell’era della complessità LA TEORIA DI VON HAYEK* La frammentazione della conoscenza: le conoscenze in una società complessa sono disperse e non sono quindi allocate in un luogo unico (anche in una organizzazione) * Friedrich August von Hayek, premio Nobel per l’Economia 1974 46 È il dilemma di ogni riflessione: se fra le qualità della generalità, della accuratezza e della semplicità si cerca di mantenerne due, automaticamente la terza viene sacrificata 47 Un numero minore di concetti più semplici è da preferire a un numero maggiore di concetti complicati (Principio del Rasoio di Occam) 48 Guglielmo di Occam, “L’invincibile Dotto” (1285? – 1349?) “Essentia non sunt multiplicanda praeter necessitatem” Il Rasoio di Occam è un principio per tutte le strutture, organiche e inorganiche, fisiche, psicologiche, spirituali. Se tagliate nel giusto luogo e nel giusto modo, aprirete una fessura ed entrate nel cuore dell’argomento. Quando fate ciò, tutto il resto diventa periferico e poco importante per gli scopi dell’analisi specifica che state facendo in relazione a un insieme specifico di circostanze, e può essere tagliato via. 49 La spiegazione scientifica non consiste nel passare dal complesso al semplice ma nel sostituire a una complessità meno intelleggibile una complessità più intelleggibile (C. Levi – Strauss) 50 DI QUALE LEADERSHIP PARLIAMO ORA … 51 … DEL CAPO DI BUONA SPERANZA 52 Le componenti nel ruolo di capo di “buona speranza” Componente prescrittiva (“tecnica”) Componente discrezionale: quella che lascia spazio alla interpretazione 53 Il ruolo “ambiguo” del capo di “buona speranza” Rivolta al governo/ ottimizzazione della propria struttura Componente prescrittiva (“tecnica”) Genera appartenenza duplice (multipla) Componente discrezionale: quella che lascia spazio alla interpretazione rischio • • • • • Antagonismo Negazione Passività Conflitto … Rivolta al governo/ ottimizzazione della Organizzazione intera 54 Il leader nel temp(i)o del cambiamento CAMBIAMENTO relazione comunicazione comportamento mentalità 55 Comportamento può essere più significativo delle parole essere esempi per gli altri non solo per ciò che si dice ma per ciò che si fa rispetto a ciò che si dice o si è detto 56 Mentalità e operatività Piedi per terra e sguardo lontano riorganizzazione continua del raccordo tra: Pragmaticità Realismo Concretezza Vision Valori Rischio/astrazione/leggerezza unire ciò che è oggettivamente funzionale e ciò che è soggettivamente significativo 57 Relazioni A parità di contenuto, il clima e la relazione fanno la differenza costruire condizioni di contesto per efficaci scambi relazionali tra • ruoli • persone • persone e lavoro • collaboratori e capi • individui e Organizzazione 58 Comunicazione Linguaggi e messaggi sono efficaci se c’è coerenza con il contesto Se circolano effetti positivi e impegno, un messaggio può essere mobilitante Se il clima è deteriorato e circola cinismo, il messaggio peggiora le cose e rinforza atteggiamenti scettici e potenzialmente distruttivi 59 Leader e cultura aziendale Nessun leader è in grado di cambiare arbitrariamente la cultura aziendale i leader possono far evolvere la cultura, costruendo nuovi punti di forza, lasciando cadere i punti deboli 60 la leadership efficace nel cambiamento gestisce l’impatto che • • • • valori nuovi politiche differenti strategie distanti dal passato … hanno sull’Organizzazione motiva sulle componenti fondamentali del cambiamento • desiderabilità dell’obiettivo • confidenza e speranza sulle azioni intraprese • coscienza dell’efficacia personale • capacità di apprendere e di dis-apprendere •… 61 Ipotesi: Per governare e guidare gli altri occorre essere capaci di governare se stessi e di cogliere i segnali che vengono dal proprio mondo interno 62 Che vuol dire: Sviluppare la capacità di accettare e sostenere il peso della autorità e della responsabilità, e di elaborare in modo sano e intelligente i conflitti interni ed esterni Stare bene nella propria pelle, mantenendo un contatto ravvicinato con i propri sentimenti accettando, senza negarli, anche quelli negativi Reagire positivamente alle “mancanze” proprie e degli altri (difetti, incertezze, “ombre” …) accettandole e non interpretandole come vuoti da nascondere 63 Che vuol dire: (Segue) Costruire la propria progettualità equilibrando vita familiare e vita lavorativa Non avere il bisogno di essere sempre al centro, di piacere a tutti a tutti i costi Imparare a dire di no 64 “Tendi a una sola cosa, e cercala con la tua volontà: Essere a te stesso bello in ogni cosa che fai” Marco Aurelio (121 – 180) 65 Leadership che mette insieme la dimensione del maschile e del femminile 66 DIMENSIONE MASCHILE DIMENSIONE FEMMINILE Energia Espansione Visibile Grande Luce Attivo Movimento Leggero Cambiamento Esteriore Pieno 67 Ricettività Interiorità Lentezza Profondità Dolcezza Ombra Nascosto Ascolto Riposo Vuoto Egoismo sano, come equilibrio tra narcisismo egocentrico e sacrificio di se’ Equilibrio tra anestesia e iperestesia Misura tra attivismo unilaterale e immobilismo 68 Sviluppo comune di Autonomia Empatia Sicurezza di sé Affettività Indipendenza Abilità nei rapporti Aggressività Comportamenti di sostegno e cura Iniziativa Cooperazione Competitività Pensiero sintetico e intuitivo Pensiero analitico E 69 Leadership che è capace di distinguere tra le due facce, sempre presenti entrambe, del potere POTERE “BUONO” POTERE “CATTIVO” Che va verso la integrazione e la coerenza, che da’ speranza e fiducia Che esclude e monopolizza, da’ insicurezza e sfiducia 70 Potere personale: Disponibilità che do a me di esprimere me stesso 71 Puoi essere te stesso al meglio ma non meglio di te stesso 72 Che gestisce i processi di cambiamento (strategico, organizzativo, culturale) mantenendo un necessario equilibrio tra: PASSATO PRESENTE 73 FUTURO Modello perGLI una leadership socio-emotiva ELEMENTI DELLA LEADERSHIP IN TEAM Elaborazione del proprio potere (non potere per, non potere sugli altri, ma potere con) Empatia (riconoscere e accettare i sentimenti propri e altrui) Autenticità (conoscere ed essere se stessi) Maschile Equilibrio Coerenza (essere il cambiamento che si predica e che si vuole negli altri) Femminile Integrazione (no al monopolio e all’esclusione, attenzione insieme alle persone e al compito) Crescita di sé e degli altri (assunzione di rischi, disponibilità a rendersi sostituibili) 74 Leadership e invidia Elemento chiave della qualità della leadership: che il leader sviluppi e favorisca nella propria organizzazione l’utilizzo delle capacità presenti Rischio: nel leader si manifesta invidia per le doti del gruppo Attacchi ad personam Reazioni burocratiche paralizzanti 75 Azioni corrosive verso la creatività dei collaboratori Qualità fondamentale per un leader: Capacità di riconoscere e contenere il sentimento d invidia Il leader deve essere capace di riconoscere che altri possono essere “migliori” di lui e tuttavia lavorare per creare il clima più adatto per far uscire le doti del gruppo 76 La dimensione opposta implica che il leader si comporti in modo da ridurre i sentimenti invidiosi che egli può suscitare negli altri Cioè: il leader deve essere consapevole delle proiezioni di cui è oggetto e dei rischi collegati 77 La storia di Oloferne è un esempio di simili rischi. L’intero racconto è costruito sull’idealizzazione di Oloferne e della sua leadership. Quando appare Giuditta con la testa mozzata l’intera armata si dà alla fuga, quasi che - come osserva Freud - gli stessi uomini di Oloferne avessero perso la propria testa. E fu in effetti proprio così, nel senso che la “testa” delle truppe era stata proiettata in quella di Oloferne. Senza dubbio egli si sentiva importante, ma il risultato in questo caso fu catastrofico. 78 Definizione di leadership Quando si presentano congiuntamente una situazione un obiettivo da raggiungere relazioni interpersonali è sempre osservabile un fenomeno di leadership LA LEADERSHIP È LA CAPACITÀ – POSSIBILITÀ DI GUIDARE UN INDIVIDUO O UN GRUPPO VERSO UN OBIETTIVO 79 Leadership sul gruppo e leadership sul leader Leadership sul gruppo Leadership sul leader Area di libertà decisione, delega, responsabilizzazione dei collaboratori Area dell’uso dell’autorità del leader 1. 1. 2. 3. 4. 5. 2. 3. 4. Il leader permette ai collaboratori di agire entro limiti stabiliti Il leader propone una soluzione suscettibile di contributi – modifiche Il leader espone il “problema”, ascolta i suggerimenti e decide Il leader “vende” la sua decisione Il leader comunica la sua decisione 80 5. Abilità e atteggiamenti che costituiscono i comportamenti della leadership ABILITÀ • Personali • Sociali • Organizzative ATTEGGIAMENTI RUOLO • Verso il lavoro • Verso le persone • Verso l’organizzazione ASPETTATIVE Elevate e diversificate in merito a: • Identificazione con l’organizzazione • Raggiungimento degli obiettivi • Gratificazione delle persone 81 Tre forme primarie di leadership Leadership gerarchica, legittimata da un mandato istituzionale con attribuzione di responsabilità e di autorità di ruolo Leadership tecnico-funzionale che si basa su una competenza specialistica Leadership socio-emotiva generata dal consenso delle persone: • è il risultato di una negoziazione fra individuo, leader e gruppo • poggia da un lato su qualità personali e dall’altro sulle aspettative/richieste del gruppo 82 Un buon leader sa, secondo le situazioni, esprimere le tre forme primarie di leadership 83 Approccio organizzativo LEADERSHIP Modello di riferimento per il leader ideale 1. Dà una visione chiara degli obiettivi dell’ente di cui è responsabile. Dà senso al lavoro del collaboratore; spiega a cosa serve quello che viene chiesto. 2. Sa ottenere collaborazione attiva, ascolta i collaboratori, coinvolgendoli e responsabilizzandoli. Cura il rapporto personale diretto. Porta avanti le idee valide del collaboratore, dando a questo la giusta valorizzazione. 3. Comunica con chiarezza quello che l’azienda si aspetta dal collaboratore e come lo valuta (è trasparente, coerente, affidabile, diretto). Si responsabilizza e sa dare priorità; rispetta le regole del gioco, mantiene gli impegni; comunica sistematicamente la valutazione del lavoro svolto. 84 (Segue) 4. Dà supporto e si adopera per assicurare al collaboratore i mezzi adeguati per svolgere il proprio lavoro. Lo aiuta nell’affrontare le difficoltà. Dà sostegno e fiducia, non prende le distanze di fronte alle obiezioni di altri. 5. Mette a disposizione la propria competenza e le proprie informazioni: le trasferisce direttamente e favorisce le possibilità di apprendimento. 6. Crea spirito di gruppo, trasmette orgoglio aziendale, attiva i rapporti interfunzionali. 7. Rispetta il ruolo e valorizza la professionalità del collaboratore: non lo soffoca quando ha una competenza specifica maggiore della sua, ma anzi incoraggia a metterla a disposizione di tutto l’ente. 85 (Segue) 8. Trova l’equilibrio tra la delega e il controllo in funzione dei compiti affidati e della professionalità dei collaboratori; fa attenzione alle loro aspettative di sviluppo. 9. Rispetta la persona (il tempo, la dignità, le motivazioni); distingue fra comportamento e persona al momento del premio/punizione. 10. Si fa trovare/dà tempo al collaboratore. È accessibile/disponibile quando il collaboratore ha problemi da verificare con lui. 11. Persegue criteri di equità nei riconoscimenti e nelle opportunità di sviluppo. 12. Non gestisce in termini di potere: non strumentalizza il collaboratore, non lo usa contro i propri nemici aziendali; non lo smentisce di fronte agli altri, togliendogli credibilità 86 Il paradosso della leadership Anche se sei il capo non puoi andare sempre dove ti pare Sei nelle mani dei tuoi collaboratori 87 Stili di leadership Lo stile di un leader vincente sarà: • Situazionale • Pragmatico e realistico • Orientato alle relazioni • Orientato al compito • Flessibile • Trasparente • Trasformazionale CON QUESTE CONDIZIONI, IL LEADER RAGGIUNGERÀ GLI OBIETTIVI INSIEME CON I PROPRI COLLABORATORI 88 Elementi gestiti dal leader 1. Valorizzandolo Stimolandolo Coinvolgendolo L’INDIVIDUO 2. IL GRUPPO Clima aperto, costruttivo Relazioni interpersonali, ricche IL COMPITO Spinge verso il risultato Chiarisce gli obiettivi Fornisce un metodo 3. 89 Il paradosso di Abilene Un pomeriggio di luglio nella piccola città di Coleman nel West Texas, la temperatura era particolarmente calda. Inoltre il vento stava soffiando sabbia verso la casa. Ma il pomeriggio era ancora sopportabile, perfino piacevole. C'era un ventilatore in funzione nella veranda sul retro; ci si dissetava con una limonata fresca, e giocavamo a domino. Il gioco richiedeva poco sforzo fisico. Bastava un lento movimento del braccio per collocare i pezzi nella giusta posizione. Tutto andava per il meglio, stavamo trascorrendo un simpatico pomeriggio di domenica a Coleman. Tutto questo fino a quando mio suocero improvvisamente disse, "Saliamo in macchina, andiamo ad Abilene e ceniamo al ristorante self-service." Io pensai, "Cosa, andare ad Abilene? Cinquantatrè miglia? Con questa tempesta di polvere e questo caldo? E in macchina senza l'aria condizionata?" Ma mia moglie intervenne dicendo, "Sembra una buona idea. Mi piacerebbe andarci. Cosa ne pensi, Jerry?". Dal momento che le mie preferenze non sarebbero state al passo con le altre, io replicai "Mi sembra buona" ed aggiunsi, "Spero solo che tua madre voglia venire". "Naturalmente che voglio venire", disse mia suocera. "Non vado ad Abilene da molto tempo". Così salimmo in macchina e partimmo per Abilene. Le mie previsioni si realizzarono. Il caldo era insopportabile. Quando arrivammo eravamo coperti da un sottile strato di polvere, il ristorante self-service fornì del materiale di prim'ordine per pubblicità commerciali ma il cibo era pessimo. 90 Circa quattro ore e 106 miglia più tardi ritornammo a Coleman, accaldati ed esausti. Ci sedemmo di fronte al ventilatore per lungo tempo, in silenzio. Poi, sia per essere socievole che per rompere il silenzio, io dissi, "E' stato un bel viaggio, non è vero?". Nessuno rispose. Alla fine mia suocera disse, con un po' di irritazione, "Bene, per dire la verità, a me non è piaciuto molto ed avrei preferito rimanere qui. Sono venuta solo perchè tre di voi erano così entusiasti di andare. Non sarei venuta se non aveste insistito tutti perchè venissi". Non potevo crederci. "Cosa intendi per voi tutti?" dissi io. "Non mettermi nel gruppo del 'voi tutti'. Ero felicissimo di fare quello che stavamo facendo. Non volevo venire, sono venuto per soddisfare voi. Voi siete i colpevoli". Mia moglie guardò scioccata. "Non chiamarmi colpevole. Tu papà e mamma eravate quelli che volevano andare. Io sono venuta per essere socievole e per tenervi contenti. Avrei dovuto essere pazza a voler venir fuori con un tale caldo". Suo padre entrò nella conversazione bruscamente, "Diavolo" disse. Continuò a dilungarsi su ciò che era già assolutamente chiaro. "Ascoltate, io non ho mai voluto andare ad Abilene. Ho solamente pensato che potevate essere annoiati. Ci venite a trovare così raramente che volevo essere sicuro che vi sareste divertiti. Avrei preferito giocare a qualcos'altro piuttosto che a domino e mangiare i resti nella ghiacciaia". 91 Dopo l'esplosione di recriminazione ci risedemmo tutti in silenzio. Eccoci qui, quattro persone ragionevolmente sensibili, le quali, per un proprio atto di volontà, hanno appena intrapreso un viaggio di 106 miglia attraverso uno sperduto deserto, con una temperatura simile a quella di un forno, attraverso una tempesta di polvere assomigliante ad una nuvola, per mangiare del cibo disgustoso in un self-service grande come un buco nel muro ad Abilene, dove nessuno di noi voleva realmente andare. Infatti, per essere più precisi, siamo andati esattamente nella direzione opposta rispetto a dove volevamo andare. Tutta la soluzione non aveva semplicemente senso. Per lo meno non aveva senso in quel momento. Ma dopo quel giorno a Coleman ho osservato, fornito consulenza, e sono stato membro in più di una organizzazione che si è trovata nella stessa situazione. Come risultato tali organizzazioni hanno fatto una breve gita o, casualmente, un viaggio ad Abilene, quando invece Dallas, Houston o Tokyo era dove volevano realmente andare. E per la maggior parte di quelle organizzazioni le conseguenze negative di viaggi simili, misurate in termini sia di sofferenza umana, sia di rovina economica, sono state più gravi che per il nostro piccolo gruppo di Abilene. 92 I SINTOMI DEL PARADOSSO (in sintesi) I singoli del gruppo di Abilene erano “d’accordo” sulla situazione di benessere (ma non lo dicono) Manifestano desiderio per una cosa che non vogliono Agiscono contro la volontà Vivono disagi e scaricano aggressività Prevale la conflittualità piuttosto che l’identificazione del vero problema 93 Analisi del paradosso di Abilene “Spesso le organizzazioni agiscono in contraddizione con quello che vogliono realmente fare e quindi fanno fallire proprio quei propositi che stanno cercando di realizzare “in questi casi conta di più l’incapacità di raggiungere un accordo piuttosto che la capacità di lottare. Vi sono cinque indizi che sono sintomatici di questa capacità, e tutti e cinque erano presenti nella famiglia di Abilene. • I componenti dell’organizzazione hanno un tacito accordo, ma non lo manifestano, su di una certa situazione; non chiariscono cioè fra di loro la situazione-contesto (i componenti il gruppo di Abilene erano d’accordo – MA NON LO DICONO – sul fatto di star bene di fronte al ventilatore, sorseggiando una bibita). • I componenti dell’organizzazione non comunicano correttamente i loro desideri e consentono agli altri di fare delle pure supposizioni. (Ogni componente del gruppo di Abilene comunicava informazioni distorte; diceva infatti: “è una buona idea” mentre la volontà era di restare). 94 segue • Sulla base di informazioni imprecise si intraprendono azioni contrarie ai propri desideri (il gruppo di Abilene parte quando preferiva restare). • Il risultato di azioni contro la propria volontà è una forte frustrazione all’interno del gruppo ed una conseguente aggressività interpersonale. (Le tensioni ed i litigi dopo il ritorno del gruppo di Abilene) • Infine se i componenti di un gruppo non si accorgono del problema più generale: l’incapacità di accordarsi – il ciclo si ripete con sempre maggiore intensità (il gruppo di Abilene non è giunto a questo punto perché diventò consapevole del processo). 95