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Un esperimento... Questo mese parliamo di... Accadeva a Novembre…

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Un esperimento... Questo mese parliamo di... Accadeva a Novembre…
[email protected]
gscatullo.altervista.org
Giornalino Scolastico del Liceo G.V. Catullo
N° 9/Ottobre 2015
Un esperimento...
Questo mese parliamo di...
Perché questa veste grafica, perché una pubblicazione in questo modo?
Parlando con un insegnante riguardo il giornalino mi è
stato fatto notare come sarebbe stato necessario, inaugurando una nuova stagione editoriale, che l’entusiasmo della
Redazione venisse trasmesso graficamente ai lettori.
Ho riflettuto parecchio su questo aspetto, perché effettivamente la prima comunicazione che viene fatta, prima che il
lettore si approcci al testo è quella grafica. Ci siamo messi al
lavoro e abbiamo cercato di tradurre in immagini e ordine il
dirompente entusiasmo che la creatività liberamente espressa
causa in ogni persona.
Soggiunge però un problema tecnico: non è possibile stampare per tutte le classi una copia di questo tipo, ma non è un
male… Seguendo la proposta di dematerializzazione dei documenti abbiamo scelto di pubblicare questa copia prevalentemente online, così anche da non gravare sull’ambiente.
Speriamo che questo tocco di colore vi invogli a leggere e vi
provochi alla scrittura e alla creatività, ed arricchisca per i contenuti e la grafica la vostra giornata.
Inside Out
Barriere
Architettoniche
Donazioni
Progetto DADA
Slut-Shaming
Chirurgia Estetica
Beethoven
Sport Estate 2015
In più Online ti aspettano
160 Articoli
Stazione Radio
200+ Immagini e video Scrittura Creativa
400+ Pagine di Appunti PowerPoint e Tesine
Tutte le pubblicazioni precedenti
del Direttore
Accadeva a Novembre…
I tratti di Roberto Neagovici ci accompagnano in un viaggio nella Storia per ricordare gli eventi che hanno segnato questo mese.
Gli eventi descritti nell’ordine sono: nascita dell’UE, elezione di Obama e di Lincoln, caduta del muro di Berlino, pubblicazione di The Wall dei Pink Floyd, prima rappresentazione dell’Otello, nascita dell’UNESCO, pubblicazione di Windows 1.0, Olimpiadi di Melbourne, nascita della BBC, inaugurazione del Louvre, invenzione del mouse, secondo sbarco sulla Luna, indipendenza della Polonia, scoperta della tomba di Tutankhamon, scoperta dell’australopiteco “Lucy”, missione di Laika nello spazio.
Pubblicato il 21/10/2015
ECO
gscatullo.altervista.org
Inside Out
Recensione del film che racconta in modo coloratissimo la mente umana
Uscito nelle sale italiane il 16 settembre, Inside Out ha
già raccolto grandi apprezzamenti tra chi del genere se
ne intende. La realizzazione tecnica del film è eccellente, un
capolavoro di grafica degno della PIXAR, e anche la colonna
sonora è di alto livello, affidata a Michael Giacchino (Oscar
con UP), anche se non raggiunge i livelli di altri film d’animazione. Tantissimi i riferimenti e le gag che colorano il film e lo
rendono piacevolissimo, dal sottile riferimento ai fatti e alle
opinioni che si somigliano tutti, alla cineproduzione sogni, in
una ricostruzione accurata ma mai noiosa dell’interiorità
umana.
N° 9/Ottobre 2015
È lei a fare le presentazioni delle altre quattro emozioni e a spiegarne la funzione: Rabbia, il cui compito è quello di reagire alle
ingiustizie; Paura, che protegge dai pericoli; Disgusto, che «in
pratica evita che Riley venga avvelenata, fisicamente e socialmente»; ultima delle emozioni è Tristezza, cui Gioia, nel presentarla,
non riesce a trovarle un ruolo.
[SPOILER] Dopo il trasloco a San Francisco l’umore della protagonista è grigissimo, tutto sembra andare storto. Gioia e le altre
emozioni provano a tirarle su il morale rievocando un ricordo
felice, ma quando la sua sfera viene toccata da Tristezza il ricordo
assume toni cupi e melanconici. Gli equilibri nella mente di Riley
cambiano però quando, dopo un terribile primo giorno alla nuova
scuola, accumula un ricordo base triste e Gioia, tentando di impedirne l’immagazzinamento, finisce intrappolata nella Memoria
della piccola assieme a Tristezza ed ai ricordi base. Inizia così un
rocambolesco viaggio nell’Io della protagonista per far tornare al
Quartier Generale le Emozioni, aiutate dall’amico immaginario
d’infanzia Bing Bong. Nel finale quest’ultimo muore, scomparendo nella discarica dei ricordi dimenticati, e le Emozioni tornate al
loro posto riescono a dissuadere Riley dal proposito di scappare,
decisivo l’intervento di Tristezza, l’unica ad esserne capace, e a
ridonarle una personalità stabile, dove le emozioni collaborano
assieme creando ricordi vari per la felicità di una protagonista,
ormai adolescente.
Teorie psicologiche
Trama
«Volevo parlare di quel momento difficile in cui l’innocenza
dell’infanzia finisce e ci si ritrova nel mondo degli adulti senza
ancora sapere bene come funziona. Quando l’infanzia finisce
si prova una sensazione dolce e amara al tempo stesso. È
questa l’atmosfera del film.» (Pete Docter)
La trama intreccia due piani: uno ambientato nella realtà, un
altro nella mente della protagonista, una realtà anch’essa
che il film propone di svelare. Il primo ha uno svolgimento
semplice e lineare: Riley Anderson è una preadolescente che
si trasferisce con la famiglia dal Minnesota a San Francisco.
Stop. Tutto qui, non succede null’altro. Basta per fare un
film? Certo, perché la forza di Inside Out è lasciare da parte
quello che avviene fuori, spostando l’attenzione sul secondo
piano, nella mente di Riley. Il vero protagonista della pellicola è il mondo interiore di una bambina che sta crescendo, è
l’ambientazione, il cast e la trama, è il film stesso.
Sin dalla nascita di Riley, dentro di lei, cinque emozioni:
Gioia, Tristezza, Paura, Rabbia e Disgusto collaborano per
rendere felice la piccola bambina. Esse comandano l’io della
piccola tramite una console, nel Quartier Generale, cercando
di accumulare ricordi positivi, sotto forma di sfere luminose.
Un particolare tipo di ricordo, chiamato base, viene usato
per alimentare le Isole della Personalità che definiscono l’identità di Riley. Quella che viene proposta non è una strampalata rappresentazione di quello che avviene dentro la
mente delle persone, ma una teoria psicologica, che viene
adattata al linguaggio dei più piccoli in maniera sublime, non
impoverendo il contenuto ma semplificando e colorando la
forma.
Gli psicologi Dacher Keltner e Paul Ekman si sono occupati di spiegare in un articolo del New Yotk Times che cosa si nasconde, a
livello scientifico, dietro la geniale raffigurazione di Pete Docter.
Scopriamo allora che l’allontanamento di Gioia dal Quartier Generale non è casuale, ma che le emozioni positive diminuiscono
intorno agli undici anni; scopriamo che ognuno di noi ha un’emozione dominante, Gioia per Riley, Tristezza per sua madre, e Rabbia per il padre. Scopriamo che il tocco di Tristezza che modifica i
ricordi del passato è frutto di uno studio psicologico che vuole le
emozioni del presente influenzare la percezione delle esperienze
precedenti. Nel film, sostengono i due studiosi, è possibile
“rivalutare” in qualche modo le emozioni, non opposte alla razionalità ma mezzo per l’approccio con il mondo.
Realizzazione
La realizzazione del film ha richiesto più di quattro anni, tanti ne
sono passati dall’annuncio alla D23 EXPO 2011, ed un budget
totale di 175 milioni di dollari. I creatori confessano di aver studiato sui libri di filosofia e psicologia e di aver fatto più di un cambiamento prima di raggiungere il risultato finale. Le emozioni all’inizio dovevano essere ventisette, ma furono via via accorpate
sino a ridurle al numero di cinque.
L’emozione principale all’inizio del film, durante la più tenera
infanzia della bambina protagonista, è Gioia, che sembra
avere un ruolo dominante nel suddetto Quartier Generale.
Pubblicato il 21/10/2015
A norma del C.M. n.242 (2/9/1988)
gscatullo.altervista.org
N° 9/Ottobre 2015
La loro raffigurazione non è casuale, ma ogni emozione è
stata associata ad una forma ed un colore: Gioia è una stella;
Rabbia, un mattoncino combustibile; Paura, un nervo scoperto; Disgusto, un broccolo; e Tristezza una lacrima, e deve il
suo colore al modo di dire inglese I’m feeling blue. Le musiche di Gioachino sono realizzate per dare «l’impressione che
la musica provenisse dall’interno, dai pensieri più profondi»,
secondo lo stesso compositore, e hanno impiegato un’orchestra di settanta elementi!
Scambiarsi il dono della vita
Una riflessione sulla donazione di organi e sangue, un argomento forte ma importantissimo, di cui spesso non si parla abbastanza.
Non può dirsi un argomento facile da affrontare, ma di certo
è una sezione importante nella vita di ogni essere umano,
che merita attenzione e almeno qualche riga che induca alla riflessione. Si sta parlando di donazioni, di sangue, di organi o midollo
osseo.
Commento
Perché andare a vedere Inside Out? Che potrebbe anche
tradursi nell’obiezione: perché un adolescente dovrebbe
perdere tempo per andare a vedere un
film per bambini? Perché non è un film
per bambini, semplice. Non solo almeno,
provo a spiegare meglio.
Tutta la trama del film ruota attorno ad
una grande difficoltà fondamentale: dare un senso alla tristezza. È un’emozione
scomoda, alla quale all’inizio del film
non si riesce ad attribuire un ruolo, che
viene addirittura relegata in un angolo
da Gioia, convinta che possa impedire a Riley di essere felice.
È un atteggiamento così sbagliato? Forse no, anzi, è probabilmente una delle grandi sfide della crescita come persone
l’accettazione della tristezza e la sua collocazione in un’economia della felicità.
Se ciò non avviene si corre il rischio di identificare la felicità
con uno stato di perenne euforia, è l’errore di Gioia: quanto
spesso ci viene da pensare che la felicità vada raggiunta in
modi “facili, immediati ed indolori”? Senza fatica, subito,
vogliamo essere felici. Ed in parte probabilmente è normale,
è l’esigenza primaria dell’uomo la felicità, ma sperare di raggiungerla come in uno stato di gioia ininterrotta è illusorio,
appartiene ad una realtà “infantile”.
L’altro filo conduttore è proprio la liberazione dall’infanzia,
ovvero la crescita e l’entrata nell’adolescenza, che avviene
ad un prezzo alto: la morte di Bing Bong, che si disperde come polvere nel vento poiché viene dimenticato, quello strano animale era il re del mondo dell’immaginazione, la sua
incarnazione, e viene sacrificato per far spazio al Reale. Davanti quella scena hanno pianto in molti, alcuni si sono persino rispecchiati ed hanno rivissuto l’addio ai giochi, necessario perché si completi il processo di maturazione sino all’adolescenza.
La crescita si conclude nel film proprio quando le altre emozioni permettono a Tristezza di usare il quadro di comando, e
lei, solo lei, riesce a bloccare il piano di fuga di Riley facendole capire e vivere finalmente l’emozione per la perdita. Per
tutto il corso del film le Emozioni hanno cercato di distrarre
la bambina dalla situazione di sofferenza che stava vivendo,
le hanno proiettato ricordi felici, l’hanno impegnata sino ad
un pericoloso piano di fuga, nessuna le aveva ancora dato la
possibilità di essere triste per quello che stava accadendo.
L’insegnamento di questo film diventa così trasversale, non
limitato alle situazioni di Riley, non limitato ad un pubblico di
bambini, o ad una specifica parte del mondo, e ciò contribuisce ad elevare a capolavoro questa elegantissima apologia
della Tristezza.
A tutti è capitato di star male, per un raffreddore, una frattura o
un’infezione almeno una volta nella vita. Ebbene, c’è chi andando
in ospedale per una semplice tac oppure per un male ritenuto comune, scopre di avere una brutta malattia, che piano piano costringe a rinunciare a tutti i sogni e speranze a cui ogni vita si tiene disperatamente ancorata.
Girando nel web si trovano tante storie di donatori e di persone
che hanno ricevuto una donazione, e garantisco che la commozione
e la sincera gratitudine che traspare dalle righe di chi racconta la
propria esperienza che va dalla scoperta della malattia, passando
per la speranza di trovare qualcuno che abbia le caratteristiche necessarie per salvargli la vita ed infine al lieto fine, o al mancato lieto
finale, quando ormai è troppo tardi e quel che si sta aspettando
non arriva mai, non può e non deve lasciarci indifferenti.
Avete idea di quante persona ”vivano”, aspettando una chiamata
dall’ospedale in cui ci si senta dire: ”Può venire per l’intervento,
abbiamo trovato la compatibilità!”? Troppe, davvero troppe.
Avete idea di quante persone debbano la vita ad altre persone? O
di quante si mettano al servizio degli altri ogni anno? Poche, troppo
poche. E anche quelle che si chiedono il perchè di tutto ciò sono
davvero poche, posso garantirlo. ”In fondo, se io sto bene e sono
apparentemente sano, è difficile che mi svegli una mattina e decida
di andare a donare una sacca del mio sangue, oppure un po’ di midollo osseo. Detto sinceramente chi me lo fa fare, ci sarà sempre
qualcun altro che lo farà per me, i donatori ci sono, chi sta male
deve accontentarsi, non è certo mia la responsabilità della sua malattia.” -E’ questo che generalmente ci si sente dire quando si inizia
una conversazione su questo tema. Ebbene, io vi suggerisco di accedere ad alcuni siti, (ad esempio questo) e leggere almeno una
storia di chi si è salvato grazie a qualcuno che neanche conosce e
non conoscerà mai; oppure il racconto di chi, senza fame di meriti o
lodi, decide di andare a fare dei test di compatibilità e registrarsi
all’ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo) oppure all’ AVIS
(Associazione Volontari Italiani Sangue). Ogni mia osservazione
sarebbe superflua, le parole di queste persone bastano a raccontare la sensazione di chi ha ripreso in mano la sua vita, o a chi si rende cosciente di aver dato quest’opportunità. I siti in questione sono davvero molti, e ogni riga è intrisa di significato, e di vero, palpabile e disinteressato altruismo.
di Paolo Franchi
Fondatore e Direttore Paolo Franchi
Caporedattrice Laila Al Habash
gscatullo.altervista.org
N° 9/Ottobre 2015
Donare ci fa sentire importanti,
ed essenziali all’interno della
società. Tutti ne abbiamo bisogno: sentirsi utili è fondamentale nella vita di ogni uomo, perché non rende la propria esistenza vana, e la imprime nel
cuore di chi si ha aiutato.
Per quanto riguarda la donazione degli organi, è evidente che
fatta eccezione per la donazione di reni (che permette la
prosecuzione della vita per il donatore), tutte le altre donazioni necessitano di un deceduto, il quale possieda organi
sani da poter trapiantare a chi ne ha bisogno. E’ un discorso
molto delicato, e il punto di partenza ce lo offre chi, ancora
in vita, si iscrive all’ AIDO (Associazione italiana donatori organi) dichiarando il consenso per il trapianto post mortem di
organi o tessuti. (Qui e qui info molto dettagliate.)
Queste persone decidono di donare una parte di sé stessi
che continui a vivere dentro un altro corpo, salvando la vita
di qualcun altro, in modo disinteressato e per il solo ed unico
scopo di fare del bene.
Coloro che invece non hanno quest’accortezza, vengono
lasciati alla volontà dei famigliari più stretti, che danno o
meno il consenso facendo le veci del defunto. Ebbene, vorrei
fare una riflessione su chi preferisce tenere integro il corpo
del proprio caro, e lasciare a qualcun altro (che probabilmente arriverà troppo tardi) la responsabilità di salvare la vita di
qualcuno che avrebbe disperato bisogno di una donazione.
Non vorrei scagliarmi contro questa gente, perchè ognuno
ha la possibilità di decidere in modo autonomo cosa fare del
corpo di qualcuno che si è appena perso, ma ammetto che
faccio fatica a trovare un senso alla decisione di chi sceglie di
mantenere integro un corpo che poi verrà seppellito o cremato, e invece condannare a morte(perché è esattamente
questo che si fa) qualcuno che non è destinato alla morte, e
lotta per la vita, quella che non ha avuto il tempo di vivere
come avrebbe voluto. Prendersi questa facoltà penso sia una
forma smisurata di egoismo, e sostengo che lo sia ancor di
più, la scelta di chi da vivo (quando ormai la morte attende
senza deroghe) di morire ”senza pezzi mancanti”- come mi
disse una giovane signora che incontrai alcuni anni fa in un
ospedale e a cui domandai se in punto di morte fosse disposta a dare il consenso per la donazione dei propri organi ancora sani.
di Ana Maria Dragomir
Anche tu puoi abbattere le barriere architettoniche!
Laura Micheli ha scovato in internet un modo per aiutare l’amministrazione
ad intervenire sulle barriere architettoniche, da cittadini.
Viene definito come ‘barriera architettonica’ tutto ciò che
impedisce a persone con problemi e deficit motori di spostarsi con autonomia all’ interno delle nostre “moderne” città; ciò di
certo non migliora le condizioni di vita di questi individui, che si
trovano costretti ad imporsi dei limiti nei propri impegni quotidiani,
penalizzati da una sedia a rotelle. Nel 2015 non è possibile che esistano ancora delle strutture non attrezzate al transito di uomini e
donne (ma soprattutto bambini) non capaci di potersi muovere
senza il supporto di un sostegno o mezzo. Non è giusto che essi si
ritrovino a poter accedere solo a determinati luoghi rispetto ad
altri, solamente perché quest’ultimi non sono stati realizzati per il
servizio di TUTTI come dovrebbe invece essere. Ma parlarne da
persona senza alcun problema motorio può risultare molto facile;
ma viverlo.. Essere in quella situazione, cosa comporterebbe? Ci si
rende conto di tutte le rinunce che si dovrebbero affrontare? L’abituale partita a calcetto della domenica: abolita; il sabato sera nella
disco in centro: forse meglio rimanere a casa.. Oppure, andiamo
allo stadio col bus? .. Ma come ci salgo se non c’è la pedana, oppure è rotta come molto spesso avviene? Questi sono alcuni esempi di
come la propria vita venga inesorabilmente stroncata dal momento
in cui perdi la tua indipendenza. È giusto così? Tutti risponderebbero di no; e allora perché non risolviamo il problema? Ci vorrebbe
così poco: delle rampe sui punti più critici e nelle entrate degli edifici, ascensori adatti al trasporto di carrozzine per permettere di raggiungere i piani più alti dei condomini, pedane sui mezzi pubblici…
Ricercando su internet, sono venuta a conoscenza di un sito che
permette di segnalare online le eventuali barriere architettoniche: il
progetto ‘Soccorso Civile per l’eliminazione delle barriere architettoniche’ è un’iniziativa lanciata dall’associazione Luca Coscioni,
che ha come obiettivo quello di promuovere i diritti dei disabili.
Come buona cittadina italiana ho usufruito del servizio segnalando
una barriera architettonica proprio nel mio paese, ovvero l’impossibilità di accesso alla sala consiliare del nostro comune da parte di
disabili o anziani in quanto raggiungibile solo attraverso scale; questo significa che ognuno di noi nel suo piccolo può aiutare a far
cambiare le cose, basta volerlo!
Esistono comuni dove la battaglia in favore dell’abbattimento delle
barriere architettoniche fa ormai parte della vita di tutti i giorni: il
comune di San Bellino ha stanziato 370 mila euro per adeguare gli
impianti sportivi e renderli fruibili anche per i diversamente abili;
l’obiettivo è quello di creare un paese per tutti migliorando la mobilità urbana.
“Tesserino Blu” del Ministero, utilizzabile per esprimere la propria
decisione riguardo la donazione di organi e tessuti, una volta compilato va tenuto sempre con sé assieme ai documenti.
Pubblicato il 21/10/2015
In conclusione, dobbiamo tutti impegnarci ad aiutare chi è meno
fortunato di noi: questo dovrebbe essere lo scopo principale di ogni
buon cittadino appartenente ad una comunità che si rispetti. Essere
civili vuol dire anche questo. Non giriamoci dall’ altra parte di fronte alle ingiustizie!
di Laura Micheli
A norma del C.M. n.242 (2/9/1988)
gscatullo.altervista.org
INTERVISTA: parlano i ragazzi del Peano
| PROGETTO DADA
Laila Al Habash ha intervistato per noi alcuni ragazzi del Liceo Peano, che sta sperimentando un progetto di didattica alternativa (DADA).
Viene Sicuramente ognuno di noi possiede un
amico che frequenta il liceo scientifico G.Peano.
Impossibile quindi non aver sentito parlare almeno una volta della novità di quest’anno: il
progetto “Dada” (didattica in ambienti di apprendimento) un metodo svedese in cui i ruoli
a scuola si invertono. Ogni professore svolge lezione nella “propria”
aula e i ragazzi si muovono ogni ora a seconda delle lezioni che devono seguire.
Questa iniziativa ha destato molte perplessità: la struttura del Peano
è abbastanza grande ed adatta a sostenere l’esodo di 1200 studenti
che, ad ogni cambio dell’ora, si muovono per tre piani? I ragazzi
sono abbastanza disciplinati? Quanto disordine verrà a crearsi?
Quanti si recheranno effettivamente nelle classi? Quanto tempo si
perderà?
A tutte queste domande – e a qualcuna in più – hanno risposto quattro studenti del liceo scientifico Peano che provano tutti i
giorni sulla loro pelle l’esperienza del progetto Dada.
Raccontateci come è cambiata la vostra giornata tipo.
Francesca: La nostra giornata a scuola è cambiata radicalmente.
L’entrata non è più alle 8:05 bensì dieci minuti prima, questo ha
provocato disagio a tutti gli studenti che raggiungono il nostro liceo
con i mezzi pubblici, dato che gli orari sono rimasti gli stessi degli
anni passati e l’uscita è stata posticipata di dieci minuti. Inoltre abbiamo due ricreazioni ognuna da dieci minuti, questo ci ha fatto
molto piacere. Per il cambio d’aula abbiamo a disposizione massimo
4 minuti e dobbiamo tutti camminare sulla destra in fila indiana.
Gabriele: la nostra giornata tipo la definirei “frenetica” grazie o a
causa di questi spostamenti continui, specialmente le prime settimane quando non era sempre facile ricordarsi dove fosse la classe
dell’ora successiva.
Avete notato miglioramenti della vostra attenzione? Pensate che questo metodo vi aiuti nel
rendimento scolastico?
Francesca: credo che aiuti soprattutto a rendere il corso della giornata meno pesante.
Iole: Il fatto che dobbiamo spostarci ad ogni ora rende la mattinata
più facile da affrontare, le sei ore sembra che passino più velocemente.
Emanuela: Le due ricreazioni ci aiutano molto, lo scorrere del tempo è più sopportabile. La trovo una cosa innovativa, provandola ci
siamo resi conto che l’attenzione della classe è migliorata: girare per
le aule ci rende più attivi soprattutto nelle prime ore in cui di solito
moriamo di sonno.
Gabriele: Personalmente non vedo tutto questo cambiamento
nell’attenzione, forse perché è passato ancora poco tempo e occorrerebbe aspettare le valutazione scritte e orali, però sicuramente
quel poco tempo a disposizione per cambiare classe ti aiuta a svagarti e a essere, a livello mentale, meno stressato
Fondatore e Direttore Paolo Franchi
N° 9/Ottobre 2015
Quali sono i contro di questa iniziativa?
Francesca: la cosa negativa è che spesso è difficile arrivare nell’aula in 4 minuti, questo perché lo
spostamento di più di 1000 persone non è facile da gestire,
nonostante siano state istituite regole per facilitare il “traffico”.
Inoltre a volte è complicato portarsi dietro zaino, giacca, ombrelli al cambio di ogni ora.
Iole: Molte aule sono state “rimediate”, per esempio c’è una
classe che ora è situata nella biblioteca. Lì lo spazio non è
adatto alle lezioni perché è impossibile leggere la lavagna da
qualsiasi posto a causa della posizione inadatta dell’arredamento nell’aula. Un’altra è quella che prima era un ripostiglio e vi si
accede solo tramite il cortile, certamente uno spostamento
fastidioso soprattutto d’inverno o quando piove. Infine, come
già è stato detto, spostarsi ci costringe a fare e disfare lo zaino e
a portare giacche, sciarpe, oggetti personali ed altro materiale
sempre con sé.
Emanuela: com’è logico che sia, muoversi portandosi dietro tutti gli effetti personali è scomodo. L’unica soluzione sarebbe mettere degli armadietti, ma per adesso è una cosa inattuabile per ragioni di spazio. Inoltre tra i corridoi non si riesce a
passare perché la gente è veramente troppa, è molto facile
scivolare o rimanere incastrati tra la folla.
Gabriele: magari all’inizio è noioso cambiare ogni volta classe
visto che ci si imbatte sempre in file per le scale e ci si ritrova
nella calca, ma questa è una cosa secondaria; sinceramente
non vedo dei contro come non ne vedevo nel metodo precedente.
Vi piace come iniziativa? Vi state abituando o ritornereste al metodo tradizionale?
Francesca: All’inizio ero un po’ scettica, pensavo sarebbe stato
un’enorme caos ma alla fine mi sono dovuta ricredere, quindi
penso sia stata una buona iniziativa, anche perché ritrovarsi
nella stessa aula per sei ore consecutive è molto pesante.
Emanuela: È una buona iniziativa, l’attenzione è migliorata ma
gli spazi non sono del tutto adatti. Oggi ci siamo ritrovati in uno
sgabuzzino senza finestre ed è stato quasi impossibile seguire la
lezione.
Gabriele: Ritengo sia una buona iniziativa in quanto chi l’ha già
sperimentata ha già ottenuto miglioramenti nel rendimento,
noi piano piano ci stiamo abituando. Grazie a questo progetto
aumenta il lavoro in classe, con dei lavoriamo in gruppi e andiamo più spesso nei laboratori, quest’alternativa di studio sicuramente non ci annoia.
Si ringrazia Francesca Fortunati, Iole Ascione, Emanuela Leonardi, Gabriele Galassetti per la disponibilità e per aver contribuito
all’articolo!
di Laila Al Habash
Online trovi documenti e altre informazioni
sul Progetto DADA
Circolare del Peano
Prospetto Progetto
Caporedattrice Laila Al Habash
gscatullo.altervista.org
Girls Are Loud: Shut-Shaming
Eleonora Fioravanti spiega per la rubrica Girls Are Loud il fenomeno dello SlutShaming, proseguendo la sensibilizzazione su temi forti riguardanti l’approccio
al genere femminile.
Lo Slut-Shaming è il neologismo nato nell’ambito femminista per definire il senso di colpevolezza spesso instillato
nelle vittime di stupro o nelle donne in generale, colpevoli di
“essersi andate a cercare” la violenza a causa di un abito troppo
corto o per aver apertamente esposto il loro consenso a temi
come l’aborto. Se sei solito/a sentire frasi come ” se l’è andata a
cercare”, “i suoi vestiti volevano provocare” o “era ubriaca”
quando si parla di violenza sessuale, allora questo è l’articolo
che fa per te.
Mi ritrovo, nel 2015, a dover difendere la libertà sessuale e di
espressione delle donne, da sempre soggette a continui attacchi
da parte di una società forse rimasta ad un periodo antecedente al 5 settembre del 1981 (data in cui vennero abrogati il matrimonio riparatore e il delitto d’onore). Per chi non lo sapesse, il
delitto d’onore consisteva nella possibilità di uccidere il proprio
partner se scoperto nell’atto dell’adulterio, mentre il matrimonio riparatore era utilizzato per “rimediare” ad un atto come la
violenza. Questo matrimonio era quindi utilizzato nel momento
in cui una donna veniva violentata o restava incinta.
N° 9/Ottobre 2015
Mie care pecorelle, il fatto che una ragazza, anzi, in questo caso
una ragazzina di quindici anni, scopra le gambe un centimetro in
più di quanto la vostra morale lo consenta, non fa di lei una provocatrice. Per dire, i vostri sandali (è doveroso ricordare che il
fatto è avvenuto in piena estate) potrebbero provocare la mia
sensibilità e potrei benissimo pestare voi i piedi. Come vi permettete di mostrarli, a me fanno schifo!
Mie care pecorelle, il fatto che lei abbia dovuto subire una violenza perché cosciente che se si fosse ribellata non avrebbe mai
potuto rivedere l’amica che aveva lasciato per recarsi al commissariato, non rende il tutto un rapporto consenziente. Voi vi sareste comportati diversamente?
Mie care pecorelle, lo stare sotto casa a guardare i fuochi d’artificio con un’amica non farà comparire sopra le nostre teste la
scritta “stuprami, sono una ragazza facile che vuole solo il tuo
membro!”. E se accadesse anche alle vostre figlie? O dobbiamo
preoccuparci di stare dalla parte della vittima solo nel momento
in cui il danno ci tocca? Siamo davvero arrivati ad un menefreghismo tale?
E soprattutto, perché non ho mai sentito le stesse accuse su un
ragazzo violentato? Perché, sapete, le violenze sugli uomini esistono, e definirli degli impotenti sfigati non fa di voi persone
migliori (inoltre le vostre “misure” non aumenteranno, giusto
per ricordarvelo).
Termino quindi parlando a TUTTE le donne, con il cuore in mano: non lasciatevi mai incatenare, uscite dalle cucine in cui ci
vorrebbero segregate e urlate. Urlate i vostri diritti, le vostre
libertà e pretendete uguaglianza, perché non siamo la costola di
nessuno.?
di Eleonora Fioravanti
Conosci qualche episodio di slut-shaming o vuoi lasciare la
tua opinione? Scrivici oppure commenta online l’articolo!
Barbie non è capricciosa
Eva Neri riflette sul fenomeno della chirurgia plastica senza pregiudizi.
A questo punto è lecito citare la violenza del 29 giugno scorso,
quando una quindicenne è stata violentata da un uomo che si
era finto membro delle Forze dell’Ordine. La giovane vittima ha
avuto (e aggiungo, fortunatamente) il coraggio di denunciare
l’accaduto, ma la folla (o forse sarebbe meglio dire il gregge) del
web non si è di certo risparmiata dal definirla una “sgualdrina”
Pubblicato il 21/10/2015
Ognuno di noi la mattina si guarda allo specchio e vede una
persona. Questa semplice immagine giunge a noi come sfocata: abbiamo sonno, non prestiamo particolare attenzione a questa visione, o forse, preferiamo non curarcene. Poi ci prepariamo
per la giornata che verrà, e spinti dalla fretta del mattino, non abbiamo tempo di osservarci veramente. A tutto ciò segue
un momento, per il quale probabilmente non siamo pronti oggi,
come forse non lo saremo mai: uscire di casa. Camminiamo, lavoriamo, parliamo, mangiamo: siamo esposti agli sguardi altrui.
Spendiamo la giornata a cercare di non curarci di tutti quegli occhi
che seguono, scrutano, ci accompagnano incessantemente. O forse non ce ne curiamo, ma anche il non curarsene è consapevolezza del sapere che ci sono. Cerchiamo di non curarcene, ma intanto
spiamo, diamo occhiate sfuggenti, fissiamo. Ci sentiamo intanto
vittima di insicurezze: sarà il mio abbigliamento? No, sicuramente
è il mio naso. Però una cosa è certa: questi 3 chili che ho preso si
vedono.
A norma del C.M. n.242 (2/9/1988)
gscatullo.altervista.org
Viene Viviamo con l’ansia costante, continua e angosciante di dover
cambiare qualcosa, perché non siamo abbastanza. Ci sentiamo
giudicati per quel difetto che riteniamo determinante per il nostro
mancato ingresso nell’élite di coloro a cui vorremmo somigliare,
che sembrano avere una vita migliore della nostra. Ma intanto condanniamo coloro che non ce la fanno a sopportare il continuo peso
dei giudizi: possiamo permetterci di dire cose cattive e scherzare
sui difetti degli altri, ma sta a ciascuno essere abbastanza forti da
andare avanti, altrimenti, sono altre prese in giro.
Proprio per questo, tendiamo a considerare la chirurgia plastica
semplicemente come un tabù, semplifichiamo il tutto al nostro
personale disprezzo per gli stereotipi in confronto alla stupidità,
alla superficialità e alla fragilità di coloro che “cedono” ad essa. Ci
definiamo coraggiosi, noi che non ci fermiamo neanche un secondo a pensare al perché, a cosa c’è dietro a una certa decisione?
Quella decisione non può essere semplicemente frutto di una decisione personale, per conseguire il proprio ideale di bellezza e sentirsi più belli solo ai propri occhi? Come gli
altri sono liberi di avere un proprio gusto
e una particolare preferenza riguardo
l’aspetto estetico, non possiamo avere
ciascuno il proprio? Perché dovremmo
passare tutta la nostra vita a provare
ad accettare quel difetto, se noi stessi
siamo i primi a disprezzarlo?
E’ senza dubbio vero che dobbiamo provare a piacere, prima di tutto, a noi stessi,
provando a capire che la salute viene sicuramente prima di tutto e il nostro star
bene fisico e mentale non può essere
sacrificato nel focalizzarsi su un difetto. Ci
sono cose più importanti, nessuno sognerebbe di avere mai una relazione di qualsiasi genere con una statua umana bellissima, sì, ma con la quale non si può instaurare un discorso: ciò porterebbe solo
alla noia, e per rimirare un manichino
basta un minuto, non di più. E dovremmo
tutti capire che sono proprio le piccole
imperfezioni a renderci belli perché diversi: creano quella particolarità che attrae
l’occhio dell’altro, ci distingue e ci rende
speciali.
Ognuno di noi vorrebbe essere circondato
da bellezza e armonia, e non si pensa mai
anche alla particolare forma di coraggio
che risiede nelle persone che scelgono di
sottoporsi ad un intervento di chirurgia
plastica: l’operazione di norma dovrebbe
venir effettuata anche a seguito di un
percorso psicologico, per capire quali
siano il personale ideale di bellezza di
ogni paziente e le motivazioni che portano ad una scelta simile, conoscere la storia e le insicurezze dietro alle persone che stanno per
affrontare un simile intervento, e come esse possano essere aiutate a diventare più forti. E non ci vuole forse coraggio nell’esporsi
nudi con la propria difficoltà davanti un completo sconosciuto, il
chirurgo, e affidarsi allo stesso per il cambiamento di qualcosa di
così intimo come il nostro corpo?
Fondatore e Direttore Paolo Franchi
N° 9/Ottobre 2015
Sono dell’idea che nella vita la cosa più importante da fare è
sempre cercare di capire gli altri: tutti soffriamo, tutti facciamo
delle scelte, tutti abbiamo modi diversi di affrontare le difficoltà,
le paure e i traumi. Non sta a noi giudicare queste reazioni, ma
possiamo solamente provare a comprenderle, sempre: è così che
il nostro animo si arricchisce, collezionando esperienza di vita
umana e rendendoci un esempio per gli altri.
Riporto adesso la definizione di bellezza di Shirley Madhère, chirurgo plastico di New York di origini haitiane: è una donna che
trovo di grande ispirazione, che svolge con sensibilità e passione
il suo lavoro e che vede nella sua professione un modo per circondare i suoi pazienti di armonia.
Per me la bellezza è, francamente, tutto. E non ha una particolare forma. Per te non ha lo stesso aspetto che ha per me
o per qualcun altro. La bellezza è quella sensazione molto speciale che hai nel profondo quando guardi qualcosa, e ti fa sentire
molto bene. Ed è effimera, è eterea, a volte
surreale, tutte quelle parole che puoi usare,
o sottintendere, ma non puoi veramente
raggiungere, anche se puoi semplicemente
appoggiare la mano sul viso di un bambino, ed è semplicemente bellissimo. Credo
fermamente che avvenga una reazione
chimica quando guardi qualcosa in natura.
C’è una reazione chimica che è biologica e
non può essere negata e ti fa sciogliere o
ammorbidire, ed è in quel momento che si
identifica l’essenza della bellezza.
di Eva Neri
Sport Estate 2015
Alessandro Nepite ci offre un resoconto degli eventi
sportivi che hanno segnato l’estate appena passata.
Dai campi di cemento di New York,
all’ Ata Hotel Executive di Milano,
passando per Lilla, fino a Kazan. Potremmo cosi parodiare il tormentone estivo
“Roma-Bangkok” di Baby K e Giusy Ferreri.
Un estate ricca di spunti, un estate piena
di applausi, di premiazioni, di commozioni,
ma anche ricca di rabbia, di delusione, di
amarezza.
Ma andiamo con ordine. Solo applausi per
le tenniste Flavia Pennetta e Roberta Vinci, che compiono un vero e proprio miracolo sportivo, andandosi a sfidare nella
finale del torneo tennistico più importante, togliendo a Seren Williams, che deteneva il primato, la possibilità di giocarsi la
finale. Nessuno avrebbe puntato sul duo
tutto italiano in finale, figuriamoci per la vittoria: ribadiamo, solo
applausi.
Caporedattrice Laila Al Habash
gscatullo.altervista.org
N° 9/Ottobre 2015
Musica
Ritratti Musicali: Beethoven
Il percorso di approfondimento dei grandi artisti della musica classica guidato
da Gabriele ci porta a scoprire il genio di Beethoven
Il calcio, quello fatto di parole, di sensazioni, di idee, di “si”
che diventano “no”, il calcio-mercato, per intenderci, sembrava, in partenza toglierci, anche quest’ anno, i migliori interpreti della passata stagione, per vedere entrare i classici
sconosciuti, con la speranza che diventino pedine fondamentali; e effettivamente, così era iniziata. Addio a Pirlo, Tevez e
Vidal, protagonisti della grande stagione della Vecchia Signora; il Napoli dice addio a Benitez e chiama Sarri, ipotizzando
un drastico ridimensionamento; a Firenze clamorose le vicende Montella e Salah; le milanesi alla ricerca d’identità e le
romane a caccia di conferme. Ma poi la Juventus prende
Kedhira a parametro zero, Dybala per 38 mln (bonus inclusi)
e Zaza; l’Inter soffia Kondogbia ai cugini del Milan, con tanto
di coro nel giorno della presentazione “chi non salta milanista è!”; il Milan risponde allora con Bacca e Luiz Adriano. E
via via, il calcio-mercato italiano si accende, con nuovi colpi,
come Salah alla Roma, Alex Sandro alla Juve; ritorni fragorosi, come Jovetic all’ Inter o Cuadrado alla Juve; gli acquisti
dell’ultimo minuto, come Hernanes all’ Inter e Matri alla Lazio. Dopo questo – finalmente – importante mercato, sarà
importante ripetersi sui campi di gioco al fine di risalire la
classifica del ranking uefa.
A Lilla, i rimpianti italiani. Il basket italiano sembrava essere
arrivato su buoni livelli, pronto per questo europeo francese.
Ma il basket è uno sport, è lo sport è una questione umana,
dove si possono compiere imprese memorabili o commettere errori fatali, con tanto di rimpianti e ripensamenti. In tal
senso, massimo esempio sono le parole del Gallo, il giocatore italiano più rappresentativo nel mondo :”Mi sogno ancora
quei 10 secondi”, riferendosi agli ultimi istanti dei tempi regolamentari contro la Lituania. E’ proprio contro la squadra
della nazione dell’ est Europa che elimina Gallinari & co, facendogli dire addio ai sogni di podio.
Il nuoto ci regala grandi soddisfazioni nel mondiale a Kazan.
L’Italia chiude con ben 3 ori, 3 argenti e 8 bronzi. La vittoria
più importante è sicuramente quella di Giorgio Paltrienieri
nei 1500 metri stile libero. Primo posto, record personale
migliorato e medaglia d’ oro strappata all’ americano Connor
Jeager e al canadese Ryan Cochrane, rispettivamente secondo e terzo dietro l’italiano.
Un’estate ricca di successi, e poche delusioni, che ci lasca la
sensazione – e la speranza- che lo sport italiano possa tornare ai suoi antichi fasti.
di Alessandro Nepite
Pubblicato il 21/10/2015
Mentre Bach e Mozart rappresentarono il pinnacolo degli stili
esistenti ai loro giorni, l’opera di Beethoven fu araldo di una
era completamente nuova nella storia della musica, permettendo di definirlo il più influente compositore in tutta la
storia della musica, e molti direbbero il migliore. La musica di
Beethoven è profondamente emotiva e personale, dipingendo
la figura di un’anima nobile ma inquieta. Non a caso viene
definito uno dei più importanti pionieri del romanticismo. A
volte la sua musica può essere difficile da ascoltare, suscitando grandi divisioni in relazione alle emozioni che suscita (i suoi
ultimi quartetti d’archi, per esempio, spesso vengono considerati tra le migliori opere nella storia della musica, ma non sono
convenzionalmente belli); ma soprattutto, l’ascoltatore si trova davanti all’opera di un uomo molto passionale, per il quale
il solo atto del comporre fu quasi il solo scopo nella vita. Nella
profondità della turbolenza emotiva che caratterizzò l’ultimo
periodo della sua vita, Beethoven disse una volta “Sembrò
impensabile, per me, lasciare il mondo una volta per tutte
prima di aver prodotto tutto ciò per cui mi ero sentito chiamato a produrre”.
Ludwig Van Beethoven nacque nel 1770 a Bonn, in Germania,
e mostrò un grande talento sin da piccolo. Il suo primo maestro di musica fu suo padre Johann, che conobbe il successo di
Leopold Mozart coi suoi figli Wolfgang e Nannerl, e che dunque volle fare di Beethoven un prodigio musicale. Il giovane
Beethoven mostrò una grande promessa come pianista e concertista; il padre Johann vide un suo futuro da esecutore,
piuttosto che compositore.
Dopo aver studiato da diversi insegnanti in Bonn, Beethoven
viaggiò fino a Vienna nel marzo del 1787 nella speranza di
poter studiare con Mozart, che a quel tempo era già un famoso compositore. Purtroppo non sappiamo se i due si incontrarono per davvero, e dopo soli due mesi Beethoven ritornò a
Bonn a causa di una grave malattia della madre. Sua madre
morì poco dopo, e suo padre cadde profondamente nell’alcoolismo, lasciando Beethoven come responsabile dei suoi
due fratelli più piccoli, e confinandolo a Bonn per i prossimi
cinque anni della sua vita.
Nel 1792, Beethoven si trasferì a Vienna per studiare da
Haydn, inizialmente impegnandosi sullo studio e sull’esecuzione, piuttosto che sulla composizione. Studiò violino con il leader di un rinomato quartetto d’archi, contrappunto con
Haydn, composizione vocale con Salieri, e eseguì spesso il Clavicembalo ben temperato di Bach nei saloni della nobiltà.
Haydn, un maestro dello sviluppo motivico, influenzò moltissimo i lavori di Beethoven di quest’epoca che tesero ad essere
altamente motivici; Beethoven scrisse composizioni di larga
scala partendo da una manciata di motivi abbastanza semplici.
Nessun esempio è più chiaro della Sinfonia n. 5 op. 67, basata
su un semplice motivo ritmico di quattro note con cui comincia (esatto, quella che fa “da-da-da-DAAA”).
Online trovi i video delle esecuzioni degli
ascolti consigliati.
A norma del C.M. n.242 (2/9/1988)
gscatullo.altervista.org
N° 9/Ottobre 2015
Nel 1796, Beethoven cominciò a perdere il suo udito, e sviluppò una grave forma di acufene: un continuo fischio nelle
orecchie che gli rese difficile sentire. Sotto consiglio del suo
dottore, Beethoven si trasferì nella piccola città di Heiligenstadt, appena fuori Vienna, dove scrisse il suo Testamento di
Heiligenstadt, una lettera indirizzata ai suoi fratelli nella quale descrisse il conflitto tra i suoi pensieri suicidi e il desiderio
di vivere per la sua arte. Col passare del tempo, la sordità di
Beethoven peggiorò, prima al punto da renderlo incapace di
esibirsi dal vivo – dopo un tentativo fallito di eseguire il suo
Concerto per pianoforte n.5, op. 73, nel 1811, non si esibì più
dal vivo), e poi al punto da rendere impossibile la conversazione quotidiana, necessitando l’uso di prontuari per comunicare. Era tuttavia ancora capace di comporre, e durante
questo periodo creò alcune delle sue opere più conosciute,
come la già citata Sinfonia n.5, op. 67, e la monumentale
Sinfonia n. 9, op. 125, che contiene la famosa Ode alla gioia
basata su un poema di Schiller.
di Gabriele Cofano
Aria rock a Novembre
Giorgia Galassi ci suggerisce i concerti rock di Novembre,
E dopo i Nickelback come chiusura dei concerti di Ottobre, Novembre riapre con i Deep Purple, gruppo rock, che nonostante
l’assenza del leggendario tastierista Jon Lord (scomparso nel 2012)
si esibiranno al Palalottomatica di Roma il 6/11 con Don Airey come nuovo membro.
A soli tre giorni di distanza, per chi avesse ancora nostalgia degli
storici gruppi hard rock, ci saranno gli Scorpions ad esibirsi nello
stesso posto con il loro tour in onore del 50esimo anniversario; di
più contemporaneo avremo John Legend l’11/11 al Teatro Sistina,
dopo 11 mesi dall’ultimo concerto a Roma. Altro tuffo nel passato
con i Simply Red, che il 14/11 riporteranno i nostri genitori
(specialmente le mamme) ai tempi della loro adolescenza.
Ascolti consigliati
Quartetto d’archi n. 14 in Do# minore, op. 131 – è questa la
migliore opera musicale mai scritta? Per molti è impenetrabile, ma personalmente è tra le mie preferite in assoluto. Beethoven stesso la considerava la sua migliore composizione di
tutte; l’ultimo desiderio di Schubert fu di ascoltarla prima di
morire; Schumann disse che stava “sul confine estremo di
tutto ciò che è stato raggiunto finora dall’arte e dall’immaginazione degli esseri umani”.
Sonata n. 8 in Do minore op. 13. Ecco uno dei miei pezzi
preferiti di Beethoven, scritto verso la fine dei suoi anni formativi a Vienna: Sonata n. 8 in Do minore op. 13 “Patetica”,
eseguita da Daniel Barenboim.
Gli ultimi tre concerti del mese sono dedicati a tre artisti italiani:
Tiziano Ferro, al quale dopo il successo de “Lo Stadio Tour” Roma
dedica ben due serate, il 21 e il 22 Novembre al palalottomatica;
Nek, secondo posto guadagnato a Sanremo 2015, all’Auditorium
parco della musica il 25/11; e per concludere i Negramaro con il
loro “La Rivluzione sta arrivando Tour”, che occuperanno anche
loro due serate al Palalottomatica, il 26 e il 27 Novembre.
di Giorgia Galassi
Redazione
Direttore: Paolo Franchi ([email protected]).
Caporedattore: Laila Al Habash ([email protected]).
Rubrica Attualità: Laura Micheli, Luca Saltarocchi, Eva Neri, Irene Frigerio,
Paolo Franchi.
Rubrica Giovani e Rubrica Studenti: Fiorenza Rosselli Del Turco, Elisa Grassi,
Sara Palozzo, Giorgia Galassi, Laila Al Habash, Eleonora Fioravanti, Giacomo
Tangari, Alessandro Nepite.
Il quarto movimento della Sinfonia n. 9 in Re minore,
“Corale”, op. 125: (nel video pubblicato sul sito) per coloro
che hanno meno tempo, saltino direttamente a 14:05 per
vedere il momento in cui il coro irrompe nel canto – con un
evidente entusiasmo che il conduttore Barenboim non sa
nascondere!
Rubrica Musica e Rubrica Letture: Gabriele Cofano, Giorgia Galassi, Renato Raia,
Eleonora Fioravanti. Ex collaboratori in rubrica Giulia Garibbo.
Altro
Radio: Giacomo Tangari
Sinfonie: opp. 21, 36, 55, 60, 67, 68, 92, 93, 125
Concerti: opp. 15, 19, 37, 58, 61, 73
Quartetti d’archi: opp. 74, 95, 127, 131, 135
Grafica e impaginazione: Paolo Franchi.
Fondatore e Direttore Paolo Franchi
Altri collaboratori: Erica Trotta, Simone Corona, Pietro Leonelli, Lilli Cotugno,
Greta Neri, Francesco Pio Patrizi.
Sezione Artistica: Roberto Neagovici, disegni digitali per la prima pagina; Andrea
Buzzi, vignetta “visto da Andrew”.
Professori collaboratori: prof.ssa Lidia Di Giuseppe, prof.ssa Rosanna Sciacca.
Si ringraziano il dirigente scolastico prof.ssa Maria Teresa Massimetti, l’assistente tecnico per la stampa sig.ra Concetta Ciafrone, il direttore servizi amministrativi sig.ra Gabriella Fagnani, e tutto i collaboratori scolastici.
Caporedattrice Laila Al Habash
gscatullo.altervista.org
N° 9/Ottobre 2015
Sudoku
Il Concerto (2009)
09
Proponiamo una recensione su un film, scritta da Giulia
Garibbo, redattrice l’anno scorso, che non riuscimmo a
pubblicare nei mesi passati.
Uscita del film: 2009
Ambientazione: Mosca-Parigi
Andrei Filipov, direttore d’orchestra fallito, ha
l’opportunità di suonare il concerto di Tchaikovsky per violino, suo sogno irrealizzato,
quasi ossessione, con una giovanissima ed eccezionale solista,
Anne-Marie Jacquet, a lui legata da un misterioso passato. Ed è
proprio questo concerto, uno dei più belli e difficili del repertorio
violinistico, il leitmotiv, il filo conduttore, quasi protagonista della
vicenda. E’ con le note di questo brano che viene svelato ciò che
lega Andrei e Anne-Marie, un oscuro passato di orrore e disgrazia,
un concerto interrotto, una violinista straordinaria e la Russia sovietica. Sulla scia della sua stupenda esecuzione, lei scopre le sue
origini e lui trova la pace dai ricordi dolorosi.
Un modo poetico di raccontare una realtà tremenda e di descrivere la rivincita di un uomo e la consapevolezza di una ragazza speciale.
Visto da Andrew
di Giulia Garibbo
Radio Catullo
Episodio I - Playlist Pilota
Episodio II - Beatles Special
Scacchi
Muove il Bianco.
Può dare scacco
matto al Re
Nero in due
mosse, quali?
(Quesito da La
Palestra dello
Scacchista di
scacchi.qnet.it)
Citazione Riflettendo sul colore...
“Il colore è un mezzo di esercitare sull'anima un'influenza diretta. Il colore è un tasto, l'occhio il martelletto che lo colpisce,
l'anima lo strumento dalle mille corde.” (Vasilij Kandinskij)
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Pubblicato il 21/10/2015
Autorizzato dal Liceo G.V. Catullo
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