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IL MODELLO ORGANIZZATIVO AI SENSI DEL D.LGS 231/2001
SPUNTI PER L’IMPLEMENTAZIONE E GESTIONE
Andrea Bertolotti
Dottore Commercialista
Commissione “Compliance Aziendale”
Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
Modena
20 gennaio 2014
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Modena
1
Indice degli argomenti
•
Contesto di riferimento
•
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
•
Interventi da adottare per l’implementazione e gestione del Modello
•
L’Organismo di Vigilanza
2
Contesto di riferimento
Il Decreto Legislativo 231/2001
La responsabilità amministrativa delle società ex D.Lgs. n. 231/2001 : il punto della situazione
Andrea Bertolotti
Dottore Commercialista
Commissione “Compliance Aziendale”
Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
Modena
20 gennaio 2014
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Modena
3
Contesto di riferimento
Il crescente fenomeno dei cosiddetti “white collar crimes” (reati dei colletti bianchi, vale a dire di
criminalità economica), registrato fin dagli anni 70, ha reso pressante per l’Unione Europea l’esigenza di
introdurre un efficace sistema di contrasto dell’attività criminale, riferibile agli Enti intesi come persone
giuridiche, società e associazioni anche prive di personalità giuridica.
Al finire degli anni ’90 rispondere a tale esigenza è divenuto indispensabile vista la gravità e la frequenza
degli scandali imprenditoriali internazionali quali quelli di Enron, Worldcom, Vivendi, e quelli italiani di Cirio,
Parmalat, l’inchiesta “mani pulite” ed altri.
Il fenomeno ha riguardato non solo le imprese intrinsecamente illecite, cioè operanti per il perseguimento
di un fine criminale, ma anche gli Enti mossi da fini in sè leciti, ma perseguiti con policies aziendali illecite
quali la corruzione, la truffa finanziaria, di lesione di interessi patrimoniali pubblici, etc.
Ciò ha indotto il legislatore comunitario a sollecitare i singoli legislatori nazionali ad assumere strumenti
legislativi capaci di perseguire direttamente le persone giuridiche ritenute responsabili di reati
economici.
4
Contesto di riferimento
Su tali premesse interviene a livello nazionale la Legge Delega n. 300/2000, che configura storicamente
una svolta fondamentale in quanto per la prima volta il legislatore italiano è chiamato a disciplinare la
responsabilità amministrativa degli Enti collettivi per gli illeciti dipendenti da reato.
Ciò ha costituito un’importante novità per il nostro ordinamento giuridico, che ha sempre manifestato una
forte resistenza a stabilire la responsabilità penale degli Enti, trovando un ostacolo insormontabile nel
principio “societas delinquere non potest” stabilito nell’art. 27 della Costituzione.
Per dare applicazione al mandato della Legge Delega 300/2000, è stato emanato il D. Lgs. 231/2001, che
istituisce la responsabilità amministrativa dell’Ente per i reati posti in essere dai suoi amministratori,
dirigenti o dipendenti nell’interesse e/o a vantaggio dell’Ente stesso.
Il legislatore italiano, tra le possibili opzioni normative - quali la previsione di una vera e propria
responsabilità penale degli Enti (prevista ad esempio in Belgio, Francia, Olanda, Irlanda, Canada, altri) o in
alternativa la configurazione di una responsabilità non penale, sebbene connessa all’illecito penale - ha
scelto di introdurre quello che nella relazione governativa accompagnatoria del D.Lgs 231 viene definito un
“tertium genus” di responsabilità: non di natura solo amministrativa poiché presuppone la commissione
di un vero e proprio reato (illecito penale) e neppure di natura penale, poiché la sanzione comminabile
all’Ente, seppur tipicamente punitiva, è priva della funzione rieducativa che è propria della pena.
5
Contesto di riferimento
Il Decreto 231/01 persegue l’intento di sensibilizzare gli stessi operatori economici sui fenomeni della
criminalità d’impresa, coinvolgendoli nell’azione di contrasto dei reati e rompendo quella relazione di
“estraneità” in virtù della quale il reato di natura economica veniva percepito come un evento
episodico ed individuale del quale l’Ente poteva disinteressarsi.
All’Ente viene demandata una funzione di “garanzia”, costringendolo ad intervenire nella prevenzione
dei crimini economici.
6
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Decreto Legislativo 231/2001
La responsabilità amministrativa delle società ex D.Lgs. n. 231/2001 : il punto della situazione
Andrea Bertolotti
Dottore Commercialista
Commissione “Compliance Aziendale”
Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
Modena
20 gennaio 2014
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Modena
7
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il regime della responsabilità amministrativa degli Enti, D. Lgs. 231/01, presenta le seguenti
caratteristiche:
 destinatari: Enti forniti di personalità giuridica, società fornite di personalità giuridica e associazioni
anche prive di personalità giuridica;
 soggetti esclusi: Stato, Enti pubblici territoriali ed Enti con funzioni di rilievo costituzionale;
 quando: per reati commessi nell’interesse o a vantaggio dell’Ente (è esclusa la responsabilità dell’Ente
qualora la persona fisica abbia commesso il reato per esclusivo vantaggio proprio o di terzi).
Il D. Lgs. 231/01 istituisce quindi la responsabilità amministrativa dell’Ente per reati posti in essere da
amministratori, dirigenti e/o dipendenti nell’interesse o a vantaggio dell’Ente stesso.
8
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Punti Cardine:

superamento del principio “societas delinquere non potest” ex Art. 27 Costituzione;

la responsabilità amministrativa dell’Ente va ad aggiungersi a quella della persona fisica;

la responsabilità coinvolge il patrimonio dell’Ente e, indirettamente, gli interessi economici dei soci.
9
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Catalogo dei reati
Le ipotesi di reato per le quali si configura la responsabilità amministrativa dell’Ente sono:

malversazione a danno dello Stato (art.316-bis c.p.);

indebita percezione di erogazioni pubbliche (art.316-ter c.p.);

truffa in danno dello Stato o di altro Ente pubblico (art. 640 co.2, c.p.);

truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640-bis c.p.);

frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico (art. 640-ter c.p.);

concussione (art.317 c.p.);

corruzione per atto pubblico (art. 318 c.p.);

corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio (art. 319 c.p.);

corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.);

corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320 c.p.);

istigazione alla corruzione (art.322 c.p.);


peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione degli Organi delle Comunità Europee e
di funzionari delle Comunità Europee e di Stati membri;
falsità in monete, in carte di pubblico credito e valori bollati (art. 25-bis D.Lgs231/2001).
10
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Catalogo dei reati (segue)
I reati societari normati dall’art.25-ter del Decreto, introdotti in seguito al D.Lgs. 61/2002:

false comunicazioni sociali;

falso in prospetto;

falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni della società di revisione;

impedito controllo;

formazione fittizia del capitali, indebita restituzione dei conferimenti, illegale ripartizione degli utili e
delle riserve, operazioni in pregiudizio dei creditori, indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei
liquidatori;

illecite operazioni sulle azioni o quote sociali della società controllante;

illecita influenza sull’assemblea;

aggiotaggio;

ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza;
11
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Catalogo dei reati (segue)


delitti informatici e trattamento illecito dei dati;
reati di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme
antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;

delitti in materia di violazione del diritto d’autore;

delitti contro l’industria ed il commercio;

reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico previsti dal codice penale e dalle
leggi speciali;

pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili;

delitti contro la personalità individuale;

reati di abuso di mercato;

ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita;

reati transnazionali;

reati ambientali.
12
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Catalogo dei reati (segue)
I reati societari normati dall’art.25 duodecies del Decreto, introdotti in seguito al D.Lgs 109/2012:

impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.
I reati societari normati dall’art.25 ter lettera a-bis comma 1 del Decreto, introdotti in seguito alla Legge
190/2012:

induzione indebita a dare o promettere utilità;

corruzione tra privati.
I reati societari normati dall’art.25 bis del Decreto, introdotti in seguito al D.Lgs 93/2013:

frode informatica;

trattamento di dati illeciti;

falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante;

inosservanza di provvedimenti del Garante;

indebito utilizzo di carte di credito o di pagamento.
13
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Sanzioni applicabili all’Ente
Le sanzioni previste dalla legge a carico della società in conseguenza della commissione o tentata
commissione degli specifici reati sopra menzionati consistono in:
 sanzione pecuniaria: da Euro 25.823 fino ad un massimo di Euro 1.549.370;
 sanzioni interdittive di durata non inferiore a tre mesi e non superiore a due anni:
- interdizione dall’esercizio dell’attività;
- sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni;
- divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione;
- esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi, revoca di quelli concessi;
- divieto di pubblicizzare beni o servizi;
 confisca del profitto (sequestro conservativo in sede cautelare);
 pubblicazione della sentenza di condanna.
14
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Esenzione da responsabilità


Il Decreto prevede la possibilità per l’Ente di essere esonerato da responsabilità qualora abbia adottato,
ed efficacemente attuato, un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a prevenire i reati
della specie di quello verificatosi;
Il Modello di Organizzazione è l’insieme delle regole e procedure, comunque denominate, che in
concreto sono previste ed attuate per l’organizzazione e la gestione dell’Ente.
15
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Esenzione da responsabilità (segue)
Il Modello “ex-ante” e “post-factum”
La normativa distingue l’ipotesi del Modello adottato prima della commissione del reato (c.d. Modello
ex-ante) dal Modello adottato dopo la commissione del fatto (c.d. Modello post-factum):

Modello ex-ante: l’idoneità del Modello esclude la responsabilità dell’Ente, ai sensi del Decreto;

Modello ex-post: l’idoneità del Modello alleggerisce la risposta sanzionatoria:
- esclusione delle sanzioni interdittive;
- sospensione e revoca delle misure cautelari interdittive;
- sospensioni e conversioni delle sanzioni interdittive in sanzioni pecuniarie;
- riduzione delle sanzioni pecuniarie.
16
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Ipotesi di esclusione della responsabilità dell’Ente
È prevista l’inversione dell’onere della prova per i reati commessi da soggetti in posizione
apicale. È necessario che l’Ente provi che:

sono stati comunque adottati Modelli Organizzativi, di Gestione e Controllo idonei a prevenire
reati della specie poi verificatasi;

è stato istituito un Organismo di Sorveglianza interno ed autonomo, dotato di poteri di vigilanza;

i soggetti che hanno commesso il reato hanno eluso fraudolentemente i protocolli preventivi*;

non ci sono state omissioni o negligenze nell’operato dell’Organismo di controllo**.
* Prova “diabolica” molto difficile. Ciò che la rende ancor più difficile è il “fraudolentemente” perché a)
l’esenzione per errore non esima dalla colpa; b)l’esclusione in caso di ristretta base di governo
(A.U., pochi manegers con tutti i poteri), consente l’esclusione senza particolari raggiri .
** Responsabilità enorme perché la prova del controllo deve essere data per tutte le procedure.
17
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Ipotesi di esclusione della responsabilità dell’Ente (segue)
Non è prevista l’inversione dell’onere della prova: per i reati commessi da soggetti in
posizione subordinata


È necessario che il magistrato provi l’inosservanza degli obblighi di direzione e vigilanza;
la mancata “direzione” non ricorre se l’Ente, prima della commissione del reato, ha adottato ed
efficacemente attuato un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo idoneo a
prevenire reati della specie di quello verificatosi.
18
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Caratteristiche del Modello
È quindi necessario (se l’Ente vuole godere dell’esimente) dotarsi di:


un Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo caratterizzato da criteri di efficienza,
praticabilità e funzionalità ragionevolmente in grado di limitare le probabilità di commissione di reati
ricompresi nell’area di rischio legata all’attività dell’impresa;
un Organismo interno all’Ente che abbia compiti di iniziativa e di controllo sulla efficacia del Modello
e che sia dotato di piena autonomia nell’esercizio della supervisione e del potere disciplinare e che
agisca con continuità (OdV).
19
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Adozione del Modello tra obbligo ed opportunità



Dal punto di vista della società non vi è un obbligo giuridico;
dal punto di vista degli amministratori si ritiene che l’obbligo di agire con diligenza, da cui discende
il dovere di organizzare in modo adeguato l’impresa gestita (art. 2392, primo e secondo comma del
C.C.) fanno nascere un obbligo di adozione del Modello in capo agli amministratori e una
responsabilità in caso contrario;
la giurisprudenza ha sostenuto questa tesi, almeno nel senso che vi è un obbligo dell’organo
amministrativo di farsi carico della valutazione dell’opportunità di prevenire i reati contemplati
dal D. Lgs. 231/01 mediante l’adozione del Modello.
20
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il “Modello dei Modelli”
Il D. Lgs. 231/2001 prevede che: “i Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo possono essere adottati
(…) sulla base di codici di comportamento redatti dalle associazioni rappresentative degli Enti e comunicati
al Ministero della Giustizia…”. In particolare hanno provveduto:

Confindustria (ultima versione 31 marzo 2008);

Associazione Bancaria Italiana;

Associazione Nazionale Costruttori Edili;

Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici;

Confederazione Nazionale dell’Artigianato e delle Piccole e Medie Imprese;

Confederazione Italiana Piccola e Media Industria;

AEFI – Associazione Esposizioni e Fiere Italiane – 28 agosto 2013.
21
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Altri documenti di riferimento:



Circolare n. 83607/2012 Comando Generale della Guardia di Finanza – Volume III – Responsabilità
amministrativa degli Enti dipendente da reato;
D. Lgs. n. 81/2008 in materia di sicurezza sul lavoro;
Linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del 28 settembre 2001
emanate dall’UNI-INAIL;

British Standard OHSAS 18001:2007 in materia di sicurezza sul lavoro;

per questi ultimi due – D. Lgs. 81/2008 prevede una presunzione di idoneità a favore del Modello.
22
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Caratteristiche del Modello
Art. 6 c. 2 D.Lgs. 231/2001





Individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni
dell’Ente in relazione ai reati da prevenire;
individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee a impedire il compimento dei reati;
prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento
e sull’osservanza del Modello;
introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel
Modello.
23
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
In aggiunta:





predisposizione di un Codice Etico che prescriva norme generiche di comportamento in relazione ai
reati ipotizzati (non è previsto dalla normativa, ma rientra nella prassi delle aziende ben organizzate)*;
verifica periodica del Modello e sua eventuale revisione;
vigilanza da parte di uno specifico Organismo di Vigilanza, dotato di autonomi poteri di
iniziativa e di controllo, sul funzionamento del Modello;
comunicazione al personale e sua formazione non solo del Codice Etico, ma del Modello nel suo
complesso > Documento di sintesi del Modello.
N.B.: In ogni caso spetta al giudice penale la valutazione in merito alla adeguatezza del
Modello, ovvero alla rispondenza dei codici comportamentali adottati dall’Ente ai
parametri elencati nel D. Lgs. 231.
* Il Codice Etico sta al sistema delle regole aziendali, come la Costituzione di uno Stato sta alle Leggi e
Regolamenti nazionali
24
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale

Il Modello definisce le regole comportamentali che tutto il personale deve rispettare

Il Modello esprime le regole con una serie di diversi strumenti:


organigramma

procedure

protocolli

mansionari

istruzioni operative

deleghe e procure
Questi strumenti sono sorretti da:


Codice Etico: la cui funzione è di legittimare in via di principio misure che altrimenti apparirebbero inutilmente
coercitive
comunicazione: le regole vanno adottate ma anche diffuse, spiegate; va verificato il livello della loro
comprensione; le regole vanno anche formalmente comunicate e formalmente accettate

controlli: la cui funzione è di verificare che le misure siano in concreto rispettate

sanzioni: la cui funzione è di chiusura dei due punti precedenti (il sistema detta le regole, verifica e punisce)
25
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
DEFINIZIONE






Il sistema disciplinare è quindi quella parte di sistema organizzativo idonea a sanzionare il mancato
rispetto delle misure indicate dal Modello
Il sistema disciplinare parte dal presupposto che le violazioni del Modello sono un fatto grave che
incrinano il rapporto tra la Società ed i collaboratori improntato sulla trasparenza, correttezza, lealtà ed
integrità
Il sistema disciplinare 231/01 è parte integrante delle obbligazioni contrattuali assunte dai dipendenti e
collaboratori e completa il sistema sanzionatorio aziendale
Il sistema disciplinare 231 deve essere conciliabile con le norme che regolano il contratto di lavoro
ovvero il Contratto Collettivo Nazionale e lo Statuto dei Lavoratori
Il sistema disciplinare 231 è invece del tutto svincolato ed autonomo rispetto allo svolgimento ed
all’esito di un eventuale procedimento penale che colpisca il lavoratore
Il comportamento sanzionato non deve necessariamente essere in sé un reato, in quanto il Modello
può vietare dei comportamenti che siano semplicemente prodromici alla realizzazione di un reato. Ad
esempio il mancato uso dei presidi antifortunistici non necessariamente comporta una lesione del
lavoratore e non necessariamente la lesione comporta la commissione di un reato. Il mancato uso del
presidio può però (anzi deve) essere ugualmente sanzionato
26
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
ESEMPI DI VIOLAZIONE DEL MODELLO

La messa in atto di azioni o comportamenti non conformi alle prescrizioni del Modello ed alle leggi da
esso richiamate

L’omissione di azioni o comportamenti prescritti dal Modello

La messa in atto di azioni o comportamenti non conformi ai principi riferiti dal Codice Etico

L’omissione di azioni o comportamenti prescritti dal Codice Etico

La messa in atto, in generale, di azioni o comportamenti contrari alle leggi e regolamenti, sia nazionali
sia esteri
27
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
CARATTERISTICHE DEL SISTEMA SANZIONATORIO




Deve essere predisposto per iscritto
Deve essere diffuso, come parte integrante del Modello, mediante una puntuale e capillare
informazione e formazione dei destinatari e la pubblicazione ed affissione in luoghi accessibili a tutti
Deve prevedere sanzioni, la cui erogazione deve essere caratterizzata dai principi di specificità,
tempestività ed immediatezza, nonché dalla idoneità a svolgere un’azione deterrente avendo una
specifica funzione preventiva e non meramente ed esclusivamente punitiva
Deve garantire il contradditorio, ovvero il soggetto a cui è stato contestato il comportamento deve
poter proporre argomentazioni a sua difesa
28
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
LE MISURE APPLICABILI


Il Contratto Collettivo Nazionale prevede come sanzioni disciplinari:

richiamo verbale

ammonizione scritta

multa non superiore a tre ore di retribuzione oraria

sospensione dal lavoro e dalla retribuzione fino ad un massimo di tre giorni

licenziamento per mancanze (ai sensi delle previsioni normative)
I criteri adottabili per definire tipo ed entità delle sanzioni sono:

intenzionalità del comportamento illecito o non corretto

grado di negligenza, imprudenza o imperizia con riguardo alla prevedibilità dell’evento

condotta complessiva del dipendente (ad esempio eventuali precedenti) oppure l’esistenza di circostanze
attenuanti (come pure aggravanti), tenendo in dovuto conto la professionalità ed il suo passato lavorativo

il ruolo ed i compiti assegnati al dipendente

livello di responsabilità, posizione gerarchica, funzionale e/o tecnica

eventuali ipotesi di condivisione di responsabilità con altri collaboratori che abbiano concorso al comportamento
manchevole
29
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
L’ORGANO CHE SVOLGE L’ISTRUTTORIA E DETERMINA LE SANZIONI



L’organo che gestisce l’iter formale può essere liberamente determinato dalla Società; è preferibile che
sia l’ufficio risorse umane
E’ opportuno coinvolgere almeno a livello informativo l’O.d.V. nelle istruttorie
Si possono individuare casi nei quali per la gravità della sanzione o per la posizione di vertice (membri
del C.d.A., membri del Collegio Sindacale, membri dell’O.d.V., dirigenti) la sanzione debba essere
decisa dall’Organo Amministrativo
30
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il sistema disciplinare aziendale (segue)
I DESTINATARI DELLE SANZIONI DISCIPLINARI

Possono essere destinatari delle sanzioni disciplinari:

dirigenti

dipendenti

collaboratori esterni e parti terze

management aziendale

Collegio Sindacale

O.d.V.
31
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico
DEFINIZIONE

Il Codice Etico rappresenta un “contratto” tra l’impresa e i suoi Stakeholders con la funzione di
legittimare l’autonomia dell’impresa ai diversi soggetti, rendendo pubblicamente nota la
consapevolezza dei suoi obblighi e lo sviluppo delle politiche aziendali
I VANTAGGI


Il Codice Etico produce credibilità della Società: chiunque può verificare se effettivamente l’impresa
rispetti quanto si è imposta e ciò crea attorno all’azienda stessa un’alta o bassa reputazione, e
sicuramente un alto livello di attenzione
Dal livello di reputazione accumulato dipenderà poi la disponibilità degli Stakeholders nel cooperare e,
tenuto conto che l’impresa nel lungo periodo ha un reale interesse ad instaurare stabili relazioni la
strategia aziendale migliore, anche in termini di efficienza, è dare piena attuazione al suo Codice Etico
rispettando le altrui aspettative
32
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
Il Codice Etico definisce gli impegni e le responsabilità morali nella conduzione degli affari e delle
attività imprenditoriali svolte dalle persone che operano nell’azienda o entrano in contatto con essa, al fine
di:



conservare e diffondere il rapporto di fiducia con gli Stakeholder della società (organi
sociali, personale, clienti, fornitori, Enti pubblici, intermediari finanziari, associazioni di categoria, etc.);
scongiurare comportamenti non etici;
definire i valori a cui tutti gli amministratori, dipendenti e collaboratori dell’azienda a vario titolo
devono ispirarsi, accettando responsabilità, ruoli e regole della cui violazione essi assumono
personalmente la responsabilità verso la società.
Esso si articola solitamente su vari livelli:


premessa, che fornisce una definizione del Codice Etico e incorpora la missione e la visione etica
dell’impresa. Quest’ultima stabilisce il punto di riferimento per il bilanciamento tra le aspettative e gli
interessi dei differenti Stakeholder. Essa identifica, altresì, le modalità con le quali la società vuole
conseguire la sua mission e le modalità con cui i portatori di interesse sono chiamati a parteciparvi;
destinatari ed ambito di applicazione, ove bisogna indicare tutti i soggetti tenuti ad adeguare le proprie
azioni e i propri comportamenti ai principi, agli obiettivi e agli impegni previsti dal Codice;
33
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)

norme di comportamento e rapporti con gli Stakeholder, il cui obiettivo è evitare comportamenti
opportunistici e devianti non in linea con la visione e i principi etici aziendali.
Le norme di comportamento possono essere di due tipi:




divieti, che consistono nella proibizione di adottare un determinato tipo di comportamento. Sono
norme che, in genere, disciplinano particolari aree dei rapporti con gli Stakeholder (ad esempio
appalti, acquisti, selezione del personale, omaggi, esecuzioni di contratti, etc.);
standard di comportamento, consistenti in regole o procedure che stabiliscono e prescrivono il
tipo di condotta alla quale l’intera organizzazione deve conformarsi, per evitare comportamenti
opportunistici;
procedure di attuazione, controllo e diffusione del Codice, che rappresentano una componente
essenziale di ogni Modello, in quanto mirano a diffonderlo all’interno e all’esterno dell’organizzazione, a
farlo rispettare e a garantirne l’efficacia nel tempo;
meccanismi disciplinari, ovvero la previsione di sanzioni in caso di violazione delle regole di
comportamento indicate nel Codice.
34
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
MODELLO E CODICE ETICO



Il Codice Etico rappresenta uno strumento autonomo che non è necessariamente parte del Modello.
Molte Società hanno adottato il Codice Etico e non il Modello
Il Modello risponde specificamente alle esigenze di prevenzione dei reati di cui al “catalogo” 231
Se la Società adotta il Modello, il Codice Etico deve fare riferimento al Modello ed al rispetto delle sue
regole: va quindi adattato alle finalità del Modello
35
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
ESEMPI DI OBIETTIVI E VALORI

La Società persegue le seguenti finalità:








creazione di valore per gli azionisti e più in generale per gli “Stakeholders”
far rispettare al proprio interno e nei rapporti con il mondo esterno le leggi vigenti negli Stati in cui svolge la
propria attività e principi etici comunemente accettati e sanciti negli Standard internazionali nella conduzione degli
affari: trasparenza, correttezza e lealtà
rifuggire e stigmatizzare il ricorso a comportamenti illegittimi o comunque scorretti (verso la comunità, le
pubbliche Autorità, i clienti, i lavoratori, gli investitori ed i concorrenti) per raggiungere i propri obiettivi economici,
che sono perseguiti esclusivamente con l’eccellenza della performance in termini di qualità e convenienza dei
prodotti e dei servizi, fondati sull’esperienza, sull’attenzione al cliente e sulla innovazione
porre in essere strumenti organizzativi atti a prevenire la violazione dei principi di legalità, trasparenza, correttezza
e lealtà da parte dei propri dipendenti e collaboratori e vigilare sulla loro osservanza e completa osservazione
assicurare al mercato, agli investitori e alla comunità in genere, pur nella salvaguardia della concorrenzialità delle
rispettive imprese, una piena trasparenza sulle loro azioni
promuovere una competizione leale che considera funzionale al suo stesso interesse così come a quello degli
operatori di mercato, dei cliente e degli Stakeholders in genere
perseguire l’eccellenza e la competitività nel mercato, offrendo ai propri clienti servizi di qualità, che rispondono in
maniere efficiente alle loro esigenze
tutelare e valorizzare le risorse umane di cui si avvale
36
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
PRINCIPALI TEMI DA TRATTARE NEL CODICE ETICO



AZIONISTI: la Società si impegna a garantire parità di trattamento a tutte le categorie di azionisti
CLIENTI: la Società riconosce l’importanza della attenzione alla clientela e alla disponibilità di
soddisfare le richieste
COMUNITA’: la Società intende contribuire al benessere economico e alla crescita della comunità nella
quale opera attraverso l’erogazione di servizi di eccellenza – vendita di prodotti tecnologicamente
avanzati. La Società individua nella ricerca e nella innovazione una condizione prioritaria di crescita e
successo. La Società mantiene con le pubbliche Autorità locali, nazionali e sopranazionali relazioni
ispirate alla piena e fattiva collaborazione e alla trasparenza, nel rispetto delle reciproche autonomie,
degli obiettivi economici e dei valori contenuti nel Codice. La Società non eroga contributi, vantaggi o
altra utilità ai partiti politici ed alle organizzazioni sindacali dei lavoratori, né a loro rappresentanti o
candidati, fermo il rispetto della normativa applicabile.
37
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
PRINCIPALI TEMI DA TRATTARE NEL CODICE ETICO (SEGUE)


RISORSE UMANE: la Società riconosce la centralità delle risorse umane nella convinzione che il
principale fattore di successo di ogni impresa sia costituito dal contributo professionale delle persone
che vi operano, in un quadro di lealtà e fiducia reciproca. La Società tutela la sicurezza e la salute nei
luoghi di lavoro e ritiene fondamentale, nell’espletamento dell’attività economica, il rispetto dei diritti
dei lavoratori. La gestione dei rapporti di lavoro è orientata a garantire pari opportunità e a favorire la
crescita professionale di ciascuno.
AMBIENTE: la Società crede in una crescita globale sostenibile nell’interesse di tutti gli Stakeholders,
attuali e futuri. Le scelte di investimento e di business sono pertanto informate al rispetto dell’ambiente
e della salute pubblica. Fermo il rispetto della specifica normativa applicabile, la Società tiene conto
delle problematiche ambientali nella definizione delle proprie scelte, anche mediante l’adozione di
particolari tecnologie e metodi di produzione, laddove operativamente ed economicamente proponibile,
che consentano di ridurre, anche oltre i limiti di norma, l’impatto ambientale delle proprie attività.
38
Sintesi e ambito di applicabilità del Decreto
Il Codice Etico (segue)
PRINCIPALI TEMI DA TRATTARE NEL CODICE ETICO (SEGUE)


INFORMAZIONE: la Società è consapevole dell’importanza che una informazione corretta sulle proprie
attività riveste per il mercato, gli investitori e la comunità in genere. Ferme restando le esigenze di
riservatezza richieste dalla conduzione del business, la Società assume pertanto la trasparenza come
proprio obiettivo con i propri Stakeholders. In particolare, la Società comunica con il mercato e gli
investitori nel rispetto dei criteri di correttezza, chiarezza e parità di accesso all’informazione
RISPETTO DEL CODICE: al rispetto del Codice sono tenuti gli organi sociali, il management e i
prestatori di lavoro della Società, nonché tutti i collaboratori esterni, quali consulenti, agenti, fornitori,
ecc.. La Società si impegna all’implementazione di apposite procedure, regolamenti o istruzioni volte ad
assicurare che i valori affermati siano rispecchiati nei comportamenti concreti di ciascuna di esse e di
tutti i rispettivi dipendenti e collaboratori, prevedendo un sistema sanzionatorio delle eventuali
violazioni.
39
Interventi da adottare
Il Decreto Legislativo 231/2001
La responsabilità amministrativa delle società ex D.Lgs. n. 231/2001 : il punto della situazione
Andrea Bertolotti
Dottore Commercialista
Commissione “Compliance Aziendale”
Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
Modena
20 gennaio 2014
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Modena
40
Interventi da adottare
Modello “idoneo”
 La creazione di un Modello “idoneo” richiede l’analisi della situazione organizzativa aziendale e
l’adattamento del Modello a tale situazione di fatto;
 la predisposizione di un Modello Organizzativo idoneo è condizione necessaria, ma tuttavia non
sufficiente, affinché l’Ente possa andare esente da responsabilità: è richiesta l’efficace attuazione;
 adempimenti formali o cartacei anche adeguati non sono sufficienti: la predisposizione del Modello dovrà
essere tradotta in comportamenti concreti;
 il Modello deve essere “su misura”;
 La costituzione di un “gruppo di lavoro” per la predisposizione del Modello, con personale interno ed
esterno
 il consulente deve ritagliarsi un ruolo di coordinatore e di “facility manager”, mai di professionista che
predispone unilateralmente il Modello e lo cala dall’alto;
 il metodo è quello dell’intervista ai responsabili funzionali e della condivisione dell’analisi con i partecipanti al
“gruppo di lavoro”;
 è opportuna la verbalizzazione di interviste e riunioni del “gruppo di lavoro”.
41
Interventi da adottare
Sistema di Controllo Interno
1. PROCESS ASSESSMENT: Analisi aziendale tramite intervista
2. RISK ASSESSMENT: - Risk Assessment
- Gap Analisys
-
3. RISK RESPONSE
- Nuovi protocolli
- Nuove procedure operative
- Nuovi mansionari
4. MAPPATURA PROCESSI RISCHIO:
-
Rischio Inerente
Rischio Accettabile
Protocolli Esistenti
Procedure operative esistenti
Mansionari esistenti
Processi
Descrizioni del processo
Strutture Coinvolte
Principi organizzativi e di controllo (Protocolli)
Principi di comportamento (Codice Etico)
Espressione numerica del rischio
42
Interventi da adottare
Sistema di Controllo Interno (segue)
oltre:
5. Elaborazione/aggiornamento e condivisione di un Codice Etico
6. Adozione/revisione del sistema disciplinare conforme allo Statuto dei lavoratori e al CCNL
applicabile.
7. Individuazione, nomina ed attivazione di un Organismo di Vigilanza dell’Ente, autonomo ed
indipendente
8. Adozione formale e condivisione (interna ed esterna) del Modello, informazione e formazione dei
destinatari, ottimizzazione ed aggiornamento continuo del Modello
43
Interventi da adottare
1.
PROCESS ASSESSMENT
La “as is analysis” comprende queste fasi:





check up aziendale generale;
individuazione delle attività primarie e di supporto;
identificazione dei fattori di rischio;
analisi della documentazione fornita al “gruppo di lavoro”;
somministrazione di questionari ed effettuazione di interviste volte alla valutazione del SCI.
44
Interventi da adottare
2.
RISK ASSESSMENT
 Quale che sia la metodologia adottata, è indispensabile che i professionisti che conducono il processo di
valutazione del rischi-reato abbiano ben chiara la differenza tra “rischio inerente” e “rischio
residuo”. La probabilità che un illecito venga posto in essere, infatti, va valutata ipotizzando anzitutto
una situazione di assoluta assenza di controlli sul processo (rischio inerente). Successivamente, si
devono dettagliatamente indicare, per ciascun processo-reato, le attività di controllo già esistenti
opportunamente distinte per tipologia; solo a questo punto può essere definito il rischio residuo, quello
cioè che misura la probabilità che il reato possa essere commesso rispetto al contesto operativo interno
ed esterno in cui opera l’azienda;
 il motivo della necessità di identificare e valutare separatamente le due tipologie di rischio individuate è
evidente: ragionando sul solo rischio residuo si sottostimerebbe la rischiosità del processo e si potrebbe
essere indotti a sottovalutare (o a trascurare) l’importanza del corretto funzionamento del sistema di
controllo;
45
Interventi da adottare (segue)
2.





RISK ASSESSMENT
(segue)
dal punto di vista teorico, il rischio è ritenuto accettabile quando i controlli aggiuntivi “costano” più
delle risorse da proteggere;
è da tenere presente, tuttavia, che in questo caso una logica di tipo strettamente economico non può
essere l’unico parametro di riferimento;
le Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli ex D. Lgs. 231/2001, a tal proposito,
introducono un diverso concetto di rischio accettabile:
riguardo al sistema di controllo preventivo in generale, la soglia concettuale di accettabilità è
rappresentata da un sistema di prevenzione tale da non poter essere aggirato se non
intenzionalmente e/o fraudolentemente;
relativamente ai reati di omicidio colposo, di lesioni personali colpose in materia antinfortunistica, la
soglia di accettabilità è legata alla violazione dei Modelli nonostante la puntuale vigilanza sugli
obblighi previsti in materia di sicurezza dei lavoratori.
46
Interventi da adottare (segue)
2.
RISK ASSESSMENT
(segue)
Passaggi:

mappatura aree e processi sensibili in relazione ai reati potenziali;

misurazione dei rischi e stima dell’esposizione ai singoli fattori di rischio;

il rischio può essere scomposto in:
- probabilità del verificarsi dell’accadimento;
- conseguenze e l’impatto dell’evento;
- esposizione al rischio, data dal prodotto tra la probabilità che il rischio si manifesti e il suo
impatto potenziale sull’organizzazione.
47
Interventi da adottare (segue)
2.
RISK ASSESSMENT
(segue)
Matrice rilevanza/azioni di controllo dei rischi
Alto
Alto
Rischio medio
Rischio alto
Rischio basso
Rischio medio
impatto
I
m
p
a
t
t
o
Basso
Basso
Basso
Basso
probabilità
Alto
Alto
Probabilità
48
Interventi da adottare
Gap Analisys
Le componenti del rischio da associare per valutarlo:

l’impatto
- caduta di un meteorite: altissimo
- caduta di grandine: medio/basso
- terremoto: medio/alto

la probabilità
- caduta meteorite: bassissima
- caduta grandine: alta
- terremoto: medio/bassa
49
Interventi da adottare
Gap Analisys (segue)

Valutata l’esposizione rischio si deve intervenire laddove sono superati i limiti di accettabilità

Si interviene nei casi di rischio alto e medio
Alto Matrice rilevanza/azioni di controllo dei rischi
Rischio alto
(INTERVENTO)
Rischio basso
Rischio medio
(INTERVENTO)
Alto
impatto
I
m
p
a
t
t
o
Rischio medio
(INTERVENTO)
Basso
Basso
Basso
probabilità
Basso
Alto
Alto
Probabilità

Il management interviene sulla probabilità di rischio (tramite procedure/protocolli/controlli)
essendo più difficile intervenire sull’impatto
50
Interventi da adottare
3.
RISK RESPONCE
Il modo più comune di controllare il rischio consiste nell’introdurre un certo numero di misure di controllo
volte a ridurre sia la probabilità che un evento avverso possa manifestarsi, sia gli effetti
negativi generati nel caso in cui il reato/illecito dovesse effettivamente verificarsi.
Valutato il rischio “inerente” e quello “obiettivo” e i protocolli che sono stati individuati per ricondurre il
valore dal rischio “inerente” a quello del rischio “obiettivo”, con un processo circolare si rimette mano a
tutti i vari regolamenti e sistemi di controllo interno modificandoli con l’inserimento dei nuovi protocolli.
Il Modello Organizzativo esistente (“as is”) si trasforma nel Modello di riferimento a tendere
(“to be”).
51
Interventi da adottare
Riassumendo i cardini del Modello sono:



individuazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni
dell’Ente in relazione ai reati da prevenire;
individuazione di modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire il compimento
dei reati.
Inoltre si richiedono:






introduzione di un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate
nel Modello;
predisposizione di un Codice Etico che presieda norme generali di comportamento in relazione ai
reati ipotizzati;
verifica periodica del Modello e sua eventuale revisione;
comunicazione al personale e sua formazione non solo con riferimento al Codice Etico, ma al
Modello nel suo complesso;
nomina di uno specifico Organismo di Vigilanza dell’Ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa
e controllo;
previsione di obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul
funzionamento e sull’osservanza dei modelli.
52
Interventi da adottare
Focus sui protocolli

L’individuazione dei protocolli è richiesta dalla norma;

può essere difficile rintracciare l’esistenza del protocollo nell’ambito delle procedure operative e/o
mansionari;

i Modelli più evoluti esplicitano in un un’apposita sezione (parte speciale) quali sono i protocolli che
vengono utilizzati nell’ambito dei diversi processi ed in funzione dei diversi reati.
53
Interventi da adottare
Focus sui protocolli (segue)

I protocolli sono un insieme di principi e procedure volte a prevenire la commissione di uno dei reati
previsti dal D.Lgs. 231/2001;

i principi di controllo sono il punto di riferimento per l’implementazione delle singole procedure, dei
mansionari e delle deleghe;

in particolare, le Linee Guida di Confindustria individuano tre principi di controllo fondamentali:



principio della tracciabilità, in base al quale “ogni operazione, transazione, azione deve
essere: verificabile, documentata, coerente e congrua”. Ciò significa che ogni iniziativa
dovrà essere caratterizzata da un adeguato supporto documentale che favorisca i controlli e
garantisca l’opportuna evidenza delle operazioni;
principio della segregazione delle attività, che afferma che “nessuno può gestire in
autonomia un intero processo”: le attività di cui esso si compone, infatti, non devono essere
interamente assegnate allo stesso soggetto, ma suddivise tra più attori. In base a tale principio,
dunque, è opportuno strutturare le procedure aziendali in modo tale da garantire la separazioni
tra le fasi di decisione, autorizzazione, esecuzione, registrazione e controllo delle operazioni
riguardanti le attività aziendali e, più specificatamente, quelle ritenute sensibili, ovvero soggette
ad un rischio reato;
principio della supervisione, che riguarda principalmente l’Organismo di Vigilanza: la sua
attività di supervisione e l’effettuazione delle verifiche di sua competenza deve essere
documentata ed attestata dal sistema di controllo.
54
Interventi da adottare
Focus sui protocolli (segue)
Poteri di gestione di deleghe e firma
La progettazione di un Modello richiede l’individuazione dei soggetti che a vario titolo sono coinvolti nella
gestione aziendale, nonché la corretta attribuzione dei poteri di gestione e dei poteri di firma (la struttura
organizzativa).
A tal fine, è necessario, attribuire ruoli e responsabilità ai vertici aziendali, determinando, in particolare:

quali soggetti hanno poteri gestionali;

per quali tipologie di attività;

per quale importo;

con quali poteri di rappresentanza (firma).
Riassumendo, un’efficace struttura organizzativa deve:

consentire una chiara e definita suddivisione dei compiti e responsabilità tra coloro che operano
nell’organizzazione, evitando assolutamente i vuoti di potere e quanto più possibile eventuali
sovrapposizioni di ruoli e competenze;

evitare di concentrare troppi poteri decisionali in capo a pochi individui e ricercare quanto più possibile
una segregazione dei poteri per ciascuna funzione aziendale;

garantire con una specifica funzione di sorveglianza affinchè quanto progettato sia effettivamente e
concretamente attuato;

attribuire le deleghe di potere di gestione e di rappresentanza in modo formalmente corretto (delibere
organo amministrativo, compensi, lettere di incarico, accettazioni, etc.).
55
Interventi da adottare
Focus su comunicazioni al personale e sua formazione
E’ obbligo dell’Ente:





porre in essere la formazione del personale e la divulgazione del Modello a tutti coloro che
operano nell’ambito dell’organizzazione;
la formazione dei membri dell’organo amministrativo, del collegio sindacale, dell’Organismo di Vigilanza,
dei responsabili di funzione e stabilimento (gestita direttamente dall’’Organismo di Vigilanza); la
formazione del personale (di competenza del responsabile delle Risorse Umane in stretta
cooperazione con l’Organismo di Vigilanza);
Consegnare il Modello ai dipendenti, collaboratori e soggetti con i quali l’Ente è in relazione d’affari (con
esclusione delle parti riguardanti la mappatura e la valutazione del rischio);
Pubblicare sul sito aziendale il Modello (con esclusione delle parti riguardanti la mappatura e la
valutazione del rischio e per le quali è consigliabile mantenere la riservatezza);
prevedere specifiche sessioni di formazione per i responsabili aziendali ed altre per tutto il personale.
56
Interventi da adottare
Focus su comunicazioni al personale e sua formazione (segue)

il messaggio fondamentale che il Modello deve dare è:


un determinato tipo di comportamento in violazione delle procedure stabilite può dare luogo a
sanzioni disciplinari da parte della società, oltre che, ad un illecito perseguibile in sede
giudiziaria;
forme di comportamento devianti dalle procedure sono fortemente condannate dall’Ente, in
quanto, ancorché apparentemente a vantaggio dello stesso, sono in contrasto con i principi
giuridici e con il modo di operare che si reputa corretto e rispondente ai suoi valori etici.
57
Interventi da adottare
Focus su mappatura del rischio
La mappatura secondo la normativa e giurisprudenza 231 deve rispettare specifiche caratteristiche:
a) - individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
- il livello di analiticità è di area aziendale e di singola attività;
- il livello di analiticità è di singolo reato;
- l’incrocio tra singole attività e singolo reato da luogo ad un numero di combinazioni elevatissimo;
- per evitare ciò si possono trascurare i reati ritenuti improbabili ed escluderli dal Modello;
b) - per ogni combinazione di attività si deve esplicitare la modalità con la quale il reato potrebbe
realizzarsi;
- ciò in effetti consente di:
i) provare che la valutazione (risk assessment) è stata reale e non fittizia;
ii) individuare
management);
modalità
operative
realmente
efficaci
per
limitare
il
rischio
(risk
iii) tradurre il tutto in istruzioni operative (procedure operative e/o mansionari).
58
Interventi da adottare
Focus sul Modello di Sintesi
- Il Modello in senso lato è costituito dal sistema di controllo è quindi da: istruzioni, mansionari,
organigrammi, report, deleghe e procedure;
- Tutto ciò non è comprimibile in un unico documento cartaceo;
- E’ prassi considerare come modello una sintesi costituita da:
- parte generale: analisi del D. Lgs. 231/01;
- parte speciale: elenco dei reati;
- parte speciale: mappatura del rischio;
- parte speciale: valutazione del rischio;
- parte speciale: protocolli;
- parte speciale: sistema sanzionatorio;
- parte speciale: codice etico.
- Vantaggi di questa impostazione sono molteplici:
59
Interventi da adottare
Focus sul Modello di Sintesi (segue)
a)
procedure operative, mansionari, etc. sottoposte a continue modifiche non entrano in un documento
che richiede per essere modificato l’intervento dell’organo amministrativo;
b)
le parti speciali possono essere modificate singolarmente semplificando la gestione delle delibere
dell’organo amministrativo;
c)
le parti speciale di natura “sensibile” (mappatura e valutazione del rischio) possono essere facilmente
isolate e non pubblicate insieme al resto del Modello.
60
Interventi da adottare
Focus sull’adozione del Modello



Il Modello viene adottato con delibera dell’organo amministrativo.
Deve essere contestualmente nominato l’Odv (altrimenti non si da luogo all’effetto
esonerativo).
Se non esisteva precedentemente una delibera degli incarichi funzionali dei soggetti apicali
è bene provvedere, almeno per le principali funzioni:
•
responsabile amministrativo;
•
responsabile di produzione;
•
responsabile risorse umane;
•
responsabile sicurezza sul lavoro;
•
responsabile privacy;
•
responsabile sistemi informativi;
•
amministratore di sistema.
61
Interventi da adottare
Focus sulla manutenzione del Modello
Il Modello dovrà essere modificato in tutti questi casi:

introduzione di nuovi reati presupposto;

variazione del sistema organizzativo;

fatti che comportino una variazione nella valutazione del rischio;

modifiche del sistema sanzionatorio o del Codice Etico;

evoluzione giurisprudenziale che renda opportuna una ridefinizione di certi aspetti, come è
avvenuto ad esempio per la mappatura.
62
L’Organismo di Vigilanza
Il Decreto Legislativo 231/2001
La responsabilità amministrativa delle società ex D.Lgs. n. 231/2001 : il punto della situazione
Andrea Bertolotti
Dottore Commercialista
Commissione “Compliance Aziendale”
Consiglio Nazionale Dottori Commercialisti
Modena
20 gennaio 2014
Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Modena
63
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche

Autonomia:
L’OdV deve essere dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, deve essere
indipendente cioè estraneo ad ogni forma d’interferenza e pressione da parte del management,
non deve essere coinvolto in alcun modo nell’esercizio di attività operative, né partecipe di
decisioni gestorie; deve inoltre poter autodeterminare le proprie regole comportamentali o
procedurali e gestire in proprio un congruo budget di risorse (previa delibera della società).
E’ relativa alla posizione occupata e quindi alla disponibilità degli strumenti per effettuare il
controllo.
Confindustria: ”… la posizione dell’OdV nell’ambito dell’ente deve garantire l’autonomia
dell’iniziativa di controllo da ogni forma di interferenza e/o di condizionamento da parte di
qualunque componente dell’ente (ed in particolare dell’organo dirigente). Tali requisiti sembrano
assicurati dall’inserimento dell’Organismo di Vigilanza come unità di staff in una posizione
gerarchica elevata, prevedendo il “riporto” al massimo vertice operativo aziendale ovvero al
Consiglio di Amministrazione nel suo complesso …”
64
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche

Indipendenza (composizione mista OdV interna – esterna):
1.
Indipendenza nel complesso dell’OdV, ovvero nella maggioranza dei membri
2.
Così si concilia continuità e professionalità
3.
Sono ammessi i Sindaci, Amministratori senza delega e Responsabile internal auditing (che
risponda direttamente al Presidente della Società)
E’ relativa alla relazione psicologica che si instaura tra controllante e controllato che deve essere
priva di sudditanza e/o interferenza
65
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)

Natura:
Nella Relazione accompagnatoria al Decreto è disposto che l’OdV debba essere “interno” alla società (per
evitare di utilizzare organismi compiacenti e per fondare una vera e propria colpa dell’ente) e
specificamente preposto a questi compiti. L’OdV deve quindi essere un organo indipendente, collocato al
vertice della linea di comando, le cui scelte non siano sindacabili
66
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)

Professionalità ed onorabilità:
L’OdV deve essere professionalmente capace ed affidabile, dotato di competenze ed esperienze
multidisciplinari (di natura societaria, penale, procedurale, civile ed amministrativa) e delle cognizioni
tecniche necessarie ad assicurare un corretto ed efficace esercizio delle funzioni che è chiamato ad
esercitare.
Nello specifico si evidenziano:
1.
controllo di gestione
2.
analisi dei sistemi
3.
specializzazione giuridica (penalistica)
4.
sicurezza sul lavoro
L’OdV non deve avere competenze specifiche in tutte le aree aziendali, ma deve essere in grado di
interpretare i flussi informativi anche, nel caso, con l’aiuto di consulenti esterni.
67
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)
Continuità
d’azione:
L’OdV deve operare senza soluzione di continuità, vale a dire con un impegno anche non esclusivo, ma
prevalente ed idoneo comunque ad assolvere con continuità, efficienza e presenza i diversi compiti ad esso
affidati. Questo requisito è anche fattore discriminante per valutare se utilizzare, o meno, un organo
sociale/funzione aziendale preesistente.
Non viene stabilito un numero minimo di riunioni come nel caso del Collegio Sindacale.
CONTINUITA’ DI AZIONE
Confindustria: struttura dedicata esclusivamente ed a tempo
pieno all’attività di vigilanza sul Modello
CNDC: la continuità è assicurata da un sistema efficiente di
flussi informativi
68
L’Organismo di Vigilanza
Nomina
La delibera dell’organo amministrativo che nomina l’OdV deve prevedere:

i requisiti professionali dei componenti;

la durata in carica;

l’indicazione del Presidente;

il compenso;

il budget.
69
L’Organismo di Vigilanza
Nomina




La nomina: spetta all’Organo Amministrativo e non all’Assemblea in quanto l’adozione del Modello è un
atto di indirizzo gestionale
La durata: normalmente tre anni, ma non c’è una prescrizione normativa in questo senso. L’incarico è
rinnovabile
I compensi: essi sono dovuti. Anche il dipendente / consigliere dovrebbe essere specificatamente
retribuito
il compenso va quantificato in funzione di:


valutazione iniziale del rischio, in quanto più elevato è il rischio di comportamenti illeciti, maggiori
sono le attività che il componente dell’OdV è tenuto a porre in essere;
validità del Modello adottato poiché, se il Modello è valido, l’OdV dovrà:

vigilare sulla rispondenza tra quanto previsto dal Modello ed i comportamenti concretamente
tenuti dai soggetti obbligati al rispetto dello stesso;

valutare la capacità del Modello a prevenire i comportamenti illeciti;

monitorarlo anche nel tempo e verificando che esso mantenga i requisiti di validità.
70
L’Organismo di Vigilanza
Composizione

Interna / esterna

Monocratica / plurisoggettiva

Sovrapposizione con altri organi
71
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)
Sovrapposizione
con organi interni:
ORGANI INTERNI
POSSIBILE INSEDIAMENTO
ODV

Collegio Sindacale*
SI

Comitato per il Controllo Interno
SI

Revisore legale dei conti
NO

Amministratori indipendenti
SI

Internal audit
SI

Risk management
NO

Funzione compliance
NO

Responsabile Amm.vo, risorse umane, Rspp
NO

Responsabile legale
SI
* Linee guida Confindustria e circolare della GdF non lo ammettono, ma sono state scritte prima
dell’emanazione della L. 183/2011
72
L’Organismo di Vigilanza
Composizione
Chiarimento per Collegio Sindacale
Art 6 co. 4 – bis D. Lgs. 231/2001 (art. 14 L. 183/2011)
“Nelle società di capitali il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza ed il comitato per il controllo della
gestione possono svolgere le funzioni dell’organismo di vigilanza di cui al comma 1, lettera b)”
Enti di piccole dimensioni (art. 6 co. 4)

Negli enti di piccole dimensioni i compiti dell’OdV possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente

Soluzioni per molti aspetti sconsigliabili (linee guida assobiomedica)


si può integrare con almeno un organo esterno (assobiomedica)

l’OdV monocratico si fa predisporre i report da consulenti esterni (confindustria)
Quando l’ente è di piccole dimensioni?

nessun criterio dalla normativa

Confindustria: - numero dipendenti < 49 unità
- fatturato ultimo bilancio < 10 mln

Commissione Europea
dottrina: criterio basato sull’analisi organizzativa interna che sia riscontrata l’assenza di pluralità di
centri gestionali autonomi
73
L’Organismo di Vigilanza
Insediamento
Subito dopo la nomina e la conseguente accettazione scritta, l’OdV deve riunirsi in una prima riunione per
definire:
il proprio regolamento interno che andrà portato poi a conoscenza dell’organo amministrativo e del
collegio sindacale;

il piano dei controlli che andrà portato a conoscenza dell’organo amministrativo, del Collegio Sindacale e
delle funzioni aziendali interessate;

un indirizzo mail protetto da password riservata per le comunicazione da parte di chiunque all’OdV e la
sua divulgazione a tutti i dipendenti.

74
L’Organismo di Vigilanza
Il regolamento dell’OdV
Il regolamento interno dell’OdV deve contenere le regole interne di funzionamento, ad esempio:

modalità di convocazione;

tempificazione dell’attività;

modalità di comunicazione con gli organi istituzionali;

modalità di tenuta dei propri verbali;

poteri dell’OdV;

doveri dell’OdV.
Il Modello nella parte generale e nel Codice Etico può avere già assunto delle direttive: ad esempio stabilire
che l’OdV debba relazionare semestralmente all’organo amministrativo piuttosto che al Presidente della
Società, oppure stabilire altri obblighi di comunicazione o di incontro con altri organi o con il collegio
sindacale.
In questi casi il Regolamento dell’OdV dovrà tenere conto di questi indirizzi e quindi lo stesso deve essere
redatto in modo tale che sia coerente con la normativa interna aziendale.
75
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)

Attività di vigilanza e controllo:
Funzione primaria dell’OdV è quella di vigilare sull’attuazione e la corretta applicazione del
Modello curandone l’aggiornamento e gli adattamenti necessari o utili.
In sostanza l’Organismo deve verificare la coerenza tra i comportamenti aziendali concreti ed il Modello
predisposto, analizzandone la solidità e la funzionalità garantendone l’idoneità a prevenire fattispecie di
rischio, anche di nuova insorgenza. Deve inoltre controllare periodicamente le singole aree valutate come
“sensibili”, la corretta applicazione dei protocolli e la regolare tenuta dei documenti in essi previsti.
76
L’Organismo di Vigilanza
Principali caratteristiche (segue)

Adattamento ed aggiornamento del Modello:
Alcuni esempi:

adattamento per variazione dell’attività o della struttura dell’Ente;

adattamento in sede di intervento correttivo dopo aver rilevato un mal funzionamento del Modello;

aggiornamento legato ad integrazioni della normativa di riferimento (D. Lgs. 231 o materie correlate).
La competenza a deliberare le modifiche del Modello spetta all’organo amministrativo, a cui l’OdV
propone le variazioni da apportare.
77
L’Organismo di Vigilanza
Modalità di vigilanza
E’ quella di ripercorrere i medesimi passaggi logici che hanno portato alla predisposizione del Modello
1. PROCESS ASSESSMENT: Analisi aziendale tramite intervista
2. RISK ASSESSMENT: - Risk Assessment
- Gap Analisys
-
3. RISK RESPONSE
- Nuovi protocolli
- Nuove procedure operative
- Nuovi mansionari
4. MAPPATURA PROCESSI RISCHIO:
-
Rischio Inerente
Rischio Accettabile
Protocolli Esistenti
Procedure operative esistenti
Mansionari esistenti
Processi
Descrizioni del processo
Strutture Coinvolte
Principi organizzativi e di controllo (Protocolli)
Principi di comportamento (Codice Etico)
Espressione numerica del rischio
78
L’Organismo di Vigilanza
Flussi informativi



L’OdV svolge principalmente il proprio lavoro basandosi sulle informazioni messe a disposizione dalla
struttura aziendale ed in particolare sulle informazioni e segnalazioni di anomalie e criticità sui
rischi di illecito
La società che abbia adottato il Modello si impegna a svolgere un’attività permanente di controllo del
rispetto del Modello e di informarne l’OdV
La sorveglianza ed il controllo dell’OdV sono pertanto di 2° livello in quanto basati sull’informativa
ricevuta dalle funzioni aziendali
79
L’Organismo di Vigilanza
Flussi informativi
Flussi informativi
Per agevolare l’attività di controllo e di vigilanza dell’OdV devono essere attivati e garantiti flussi
informativi bi-direzionali:


l’OdV deve essere costantemente informato di quanto accade nell’azienda e di ogni altro aspetto di
rilievo, sia gestionale che operativo (reporting interno, documentazione utile, note dell’organismo
dirigente, comunicazioni esterne/interne connesse a qualsiasi fattispecie di reato contemplato dal
Modello, etc.);
l’OdV dovrà a sua volta relazionarsi costantemente con dirigenti e gli organi di controllo per
indirizzarne l’azione e sollecitarne reazioni, nell’ambito delle rispettive competenze.
80
L’Organismo di Vigilanza
Verbalizzazione e tracciabilità delle attività

L’ente in caso di compimento di reati potrebbe trovarsi nella condizione di dimostrare che:
 non vi è stata omessa o insufficienza vigilanza da parte dell’Organismo di Vigilanza
Ne discende la necessità di dovere dare prova “ex post”, anche molti anni dopo che è stata effettuata
l’attività, della esecuzione dell’attività di vigilanza

La circolare CNDCEC settembre 2012 chiarisce che l’OdV deve:
 garantire che ogni attività sia documentata per iscritto ed ogni riunione o ispezione cui esso partecipi
venga opportunamente verbalizzata;
 adottare sistemi idonei alla registrazione degli accessi logici (autenticazione informatica) ai sistemi di
elaborazione e agli archivi elettronici da parte dei membri dell’OdV;
 garantire che gli archivi elettronici e cartacei abbiano caratteristiche di completezza, inalterabilità e
possibilità di verifica della loro integrità adeguata al raggiungimento dello scopo di verifica per cui
sono richieste.
81
L’Organismo di Vigilanza
Verbalizzazione e tracciabilità delle attività (segue)
La circolare GdF 83607/2012 ricorda ad esempio che: “è necessario che l’OdV provveda a documentare lo
svolgimento dei suoi compiti, Infatti l’attività di documentazione, da svolgersi in modo sintetico, chiaro,
approfondito ed obiettivo non deve essere sottovalutata né considerata come un aggravio burocraticoamministrativo da parte dei sui componenti posto che:
 dai documenti si può evincere la “sufficiente vigilanza” ;
 può essere necessario, come nel caso di successiva attività investigativa della polizia giudiziaria
finalizzata all’accertamento della responsabilità amministrativa dell’ente, ricostruire, anche ad anni di
distanza, l’attività di vigilanza posta in essere dal citato organismo di controllo interno.
Il D. Lgs. 81/2008 (sicurezza dei lavoratori) che prescrive in modo autonomo un Modello che:
 deve prevedere idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività di cui al
comma 1, tra le quali figurano le attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e le
periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate
In pratica la tracciabilità viene raggiunta con la verbalizzazione delle riunioni e delle attività dell’OdV.
Si deve avere l’accortezza di indicare nei verbali i riferimenti spazio – temporali, le persone con le quali si
entra in contatto e la documentazione ricevuta / esaminata
82
L’Organismo di Vigilanza
Relazione semestrale

Tra i compiti dell’OdV c’è l’obbligo di predisporre una relazione indirizzata all’organo amministrativo;

la frequenza minima stabilita dalla legge è annuale ;

la relazione deve indicare:

le attività svolte;

le anomalie riscontrate;

i suggerimenti e le raccomandazioni volte a migliorare il sistema di controllo con particolare riferimento
a:

modificare procedure operative;

creare nuove procedure operative;

modificare il sistema delle deleghe;


svolgere formazione sui temi generali / specifici diretti a particolari categorie di soggetto
piuttosto che a tutti i dipendenti ed organi societari;
suggerire di revisionare il Modello.
N.B.
La revisione del Modello è compito dell’organismo amministrativo che la realizza tramite i collaboratori
interni e consulenti esterni.
L’OdV però nel suo ruolo, deve vigilare continuamente sull’”idoneità” del Modello e richiedere la modifica
dello stesso non appena l’idoneità non sia riscontrata.
Non è opportuno che l’OdV realizzi direttamente le modifiche essendo l’organo controllore di tale attività.
83
L’Organismo di Vigilanza
Poteri

Potere di autoregolamentazione:



è opportuno che adotti un regolamento per il proprio funzionamento (in fase di insediamento).
Potere ispettivo (Alcuni esempi):



scelta delle modalità di autoconvocazione, di deliberazione, di comunicazione e rapporto
diretto con ogni funzione aziendale, di acquisizione di informazioni e documentazione;
verifiche obbligatorie su alcune operazioni/processi societari significativi, in primis la
gestione finanziaria e le operazioni di tesoreria;
coordinamento con il collegio sindacale, con il revisore contabile (o la società di
revisione), il comitato di controllo interno.
Potere sanzionatorio:
attivazione di procedimenti disciplinari nei confronti di chi non abbia rispettato i Modelli
adottati:

in caso di segnalazione o denuncia di una infrazione, l’OdV deve effettuare le verifiche del caso,
dandone conto tempestivamente agli organi aziendali deputati;

in caso di accertamento della violazione l’OdV, sentito l’autore ed indipendentemente
dall’eventuale instaurazione di un giudizio penale, segnala prontamente ed ufficialmente
l’evento all’organo amministrativo, e a quello di controllo, all’ufficio risorse umane evidenziando
di adottare la misura sanzionatoria prevista dal sistema disciplinare vigente presso l’Ente.
84
L’Organismo di Vigilanza
Poteri (segue)

Potere di spesa:
l’OdV in fase di insediamento deve essere dotato di un budget di spesa annuale da poter spendere
in autonomia.
Il budget serve per commissionare consulenze, check up, analisi senza dovere interpellare gli
organi e/o dipendenti della Società che potrebbero avere interesse conflittuale rispetto
all’approfondimento necessario
85
L’Organismo di Vigilanza
L’attività di formazione



Il Modello è “idoneo” non solo
anche”sostanzialmente rispettato”;
quando
è
formalmente
corretto
ma
quando
è
il Modello è un insieme di prescrizioni generali ma anche spunti che intendono regolamentare i
comportamenti umani all’interno dell’azienda;
perché le prescrizioni siano realmente rispettate devono essere:

diffuse;

conosciute;

comprese;

accettate.
86
L’Organismo di Vigilanza
L’attività di formazione (segue)





la diffusione e conoscenza è assicurata mediante comunicazione scritte e sottoscritte per ricevuta dai
destinatari;
la comprensione ed accettazione richiede invece una vera e propria attività di crescita culturale dei
destinatari, non potrà che raggiungersi con attività formative;
la formazione generale (sul Modello 231 piuttosto che sul Codice Etico) deve abbinarsi a quella specifica
delle singole aree (prevenzione infortuni, privacy, gestione sistemi informativi, procedure nell’ambito di
attività finanziarie);
la formazione è un compito dell’alta direzione aziendale (risorse umane se esiste la funzione) ma l’OdV
deve essere particolarmente sensibile a questo aspetto richiedendola, indirizzandola e controllandola;
è bene che la formazione coinvolga anche l’alta direzione sia attivamente che passivamente. Nessun
progetto aziendale può realizzarsi se l’alta direzione non partecipa attivamente.
87
L’Organismo di Vigilanza
Revoca

E’ possibile la revoca per:


venir meno del requisito di onorabilità
Inadempimenti specifici nei doveri dell’Organismo di Vigilanza (condanna penale per omessa o
insufficiente vigilanza da parte dell’OdV)
88
L’Organismo di Vigilanza
Responsabilità penale dei componenti dell’OdV





L’OdV non risponde per “reato omissivo improprio” ex art. 40 c.p. (non impedire un evento che si ha
l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo) in quanto l’OdV non è dotato dalla normativa di
poteri impeditivi
Riguardo la sicurezza sul lavoro vi è una giurisprudenza della suprema corte di che ritiene che l’RSPP
abbia una posizione di garanzia da cui qualche autore desume anche la responsabilità penale dell’OdV
dato che ha una posizione assimilabile
Riguardo la normativa antiriciclaggio (art. 52 co. 1, D.Lgs. 231/2007) viene operata l’assimilazione
dell’OdV al collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, comitato di controllo di gestione. Tali organi
assumono rilevanza esterna ed hanno l’obbligo di comunicazione alle autorità di vigilanza, Ministero
dell’Economia, UIF. In dottrina si ritiene che tale normativa non si applica all’OdV
Il ruolo impeditivo ed il compito di garanzia potrebbero essere attribuiti dall’incarico. E’ opportuno evitare
che ciò avvenga
Traslazione del ruolo impeditivo dall’incarico di componente del collegio sindacale all’incarico di
componente dell’OdV in quanto cumulati in uno stesso soggetto. Si tratta di una tesi estrema ma che
evidenzia un problema sostanziale: cioè l’apprendimento come OdV di informazioni che come
componente del collegio sindacale obbligherebbero ad una condotta impeditiva
89
Contatti
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