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Scuola inglese. Fairbairn, Winnicott

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Scuola inglese. Fairbairn, Winnicott
LA SCUOLA INGLESE
DELLE RELAZIONI
OGGETTUALI
W.R.D. FAIRBAIRN E
D.W. WINNICOTT
All’inizio degli anni ’40 la British Psychoanalytic Society si
divise in tre gruppi
Scuola
kleiniana
Gruppo
indipendente
Psicologia
dell’Io
Gruppo indipendente: Fairbairn, Winnicott, Balint, Bowlby,
Guntrip; riprendono la concezione kleiniana di un bambino
programmato per l’interazione con altri esseri umani, ma
abbandonano i toni cupi della teoria della Klein
dell’aggressività innata derivante dalla pulsione di morte
Teoria delle relazioni oggettuali
Il bambino è programmato per avere un’interazione
armoniosa ed uno sviluppo non traumatico
L’attenzione viene spostata sulle interazioni reali (anche
interiorizzate) del bambino con l’ambiente genitoriale, cui
viene attribuito un ruolo fondamentale nello sviluppo più o
meno sano del bambino
Lo sviluppo pertanto può essere “alterato” da cure
genitoriali carenti o frustranti, in ogni caso inadeguate.
Da Freud alla Teoria delle Relazioni Oggettuali
• Freud: il bambino vive immerso nel processo primario e in
funzione del principio del piacere; lo sviluppo consiste in un
passaggio al principio di realtà e dunque alla frustrazione
del soddisfacimento immediato e totale
• Klein: il bambino nasce con un idea del mondo esterno (es.
seno) e le pulsioni sono strutturate per adattarsi al mondo
umano; lo sviluppo viene visto come un percorso verso la
“normalità”, che pertanto diviene una conquista evolutiva
• Relazioni oggettuali: lo sviluppo procede verso la
normalità a meno di cure genitoriali insoddisfacenti
D.W. Winnicott
(1896-1971)
Pediatra di formazione, ha la possibilità di osservare
una gran quantità di coppie madre-bambino
Formatosi in Inghilterra all’interno della scuola
kleiniana, presto inizia ad elaborare autonome riflessioni
sullo sviluppo del bambino e sulla relazione madre-bambino
Queste comportano anche notevoli conseguenze sul
modo di intendere la situazione psicoanalitica e la
relazione paziente-analista
L’unità di osservazione per Winnicott è la coppia madrebambino
“L’infante non esiste”
Il falso Sé
Winnicott abbandona il campo della psicopatologia
tradizionale, che descrive la sofferenza psichica nei
termini di intensi conflitti e sintomi evidenti, legati alla
prima fase edipica
Si occupa di una psicopatologia in cui ciò che viene
disturbato è la soggettività stessa, la qualità dell’essere
una persona:
senso della realtà interna
importanza del senso di un significato personale
immagine di sé come persona separata e centro creativo
della propria esperienza
Come si genera questa patologia?
L’origine della patologia è vista da Winnicott nella natura
della relazione madre-bambino nelle fasi precoci dello
sviluppo, ed in particolare nel modo in cui la madre
“gestisce” i bisogni del bambino.
E’ per questo che si parla di “disturbo da deficit
ambientale”
Modello del deficit vs modello del conflitto
Alle origini del Falso Sé: Il percorso di sviluppo
Dipendenza
assoluta
Dipendenza
relativa
Verso
l’indipendenza
L’indipendenza non è mai assoluta, perché l’individuo è
sempre legato all’ambiente attraverso le forme di
socializzazione
Non si tratta di uno sviluppo che segue una
sequenza lineare in cui ogni stadio
sostituisce quello che lo precede; alcuni
aspetti delle esperienze precedenti
continuano ad esistere, sebbene in modi
diversi, anche nell’adulto.
La salute mentale deriva anche dalla capacità
di conservare le esperienze precoci in modi
privati ed accettabili (es. creatività)
Dipendenza assoluta
L’infante (colui che non parla) si trova alla nascita in uno
stato di non-integrazione (diverso da disintegrazione!) in cui
i bisogni ed i desideri emergono in modo spontaneo; questi
vengono immediatamente soddisfatti dalla madre ed
entrano a far parte in modo indolore dell’esperienza del
bambino, che così sperimenta la “continuità dell’esistenza”
Questo è possibile perché la madre si trova in una
particolare situazione che viene definita
“preoccupazione materna primaria ”
“…verso la fine della gravidanza, e per qualche settimana
dopo il parto, la madre è tutta presa (o meglio dedita a) la
cura del neonato, che dapprima sembra una parte di lei
stessa”
(Winnicott,1963)
Si tratta do una sorta di follia momentanea, per la quale la
madre si ritira momentaneamente dal mondo per occuparsi
esclusivamente del bambino
La madre è in grado di corrispondere ai bisogni del
bambino intuendoli quasi magicamente, attraverso
un’identificazione col neonato stesso. In questo modo gli
garantisce la “continuità dell’esistere”, proteggendolo e
preservandolo dagli urti ambientali
L’esperienza del bambino in questa fase è quella
dell’onnipotenza soggettiva: il bambino si trova in uno stato
di fusione e non è consapevole dell’esistenza della madreambiente; i suoi desideri fanno sì che le cose accadano
La madre, attraverso le funzioni di holding, handling ed
object presenting, consente al bambino di sperimentare
questo momento di illusione
“Così, nella dipendenza assoluta, l’infante non ha alcuna
consapevolezza delle provvidenze materne”
(Winnicott, 1963)
Dipendenza relativa
La preoccupazione materna primaria consente al bambino
di uscire dallo stato di non-integrazione per avviarsi ad
essere (e sentirsi) una unità integrata e, a poco a poco,
separata
In circostanze ideali la madre emerge gradualmente da
questo stato di identità vicariante, comincia a
“riprendersi la sua vita” ed introduce nell’esistenza del
suo bambino dei piccoli urti: il bisogno non viene
soddisfatto nel momento stesso in cui si presenta, si apre
uno spazio tra il desiderio ed il suo appagamento
Il bambino inizia a rendersi conto dell’esistenza separata
della madre ed entra in uno stadio di “adattamento ad un
graduale venir meno dell’adattamento”.
La madre è comunque in grado di fornire un deadattamento graduato, in accordo con le crescenti abilità
del bambino di tolleranza delle frustrazione
Il bambino, pur avendo abbandonato l’onnipotenza, tuttavia
non è ancora in grado di percepire la realtà oggettiva:
Fase intermedia di “esperienza transizionale”
L’oggetto transizionale
Il bambino tollera l’assenza della madre, la frustrazione,
attraverso gli “oggetti transizionali”, oggetti paradossali a
metà strada tra la soggettività e l’oggettività pure:
L’oggetto transizionale viene vissuto come qualcosa che non
è creato e controllato soggettivamente e neppure separato
e trovato; per il bambino rappresenta la madre e gli
permette di conservare un legame fantasmatico con questa
man mano che si separa da lei
E’ un oggetto a metà strada tra la madre che il bambino
crea nella fase di onnipotenza e la madre che il bambino
scopre agire in modo separato ed indipendente; è
quell’esperienza che consente di ammortizzare il passaggio
alla realtà oggettiva ed alla indipendenza
Winnicott, a proposito dell’esperienza transizionale,
utilizza il termina “resting place of illusion” dicendo:
“… c’è una battaglia continua nell’individuo, per tutta la vita,
nel differenziare i fatti della fantasia, la realtà esterna
dalla realtà interna, il mondo dal sogno. I fenomeni
transizionali appartengono ad un’area intermedia che io
chiamo luogo di pace, perché vivendo in quest’area
l’individuo si riposa dal compito di distinguere i fatti di
realtà dalla fantasia”
La madre non sufficientemente buona
Secondo Winnicott la madre in grado di introdurre
frustrazioni che per frequenza e intensità possono essere
tollerate dal bambino è una madre sufficientemente buona
Funzioni materne:
holding
handling
object presenting
Attraverso queste funzioni è in grado di fornire
quell’ambiente sufficientemente buono necessario al
consolidarsi di un sano senso del sè
Ma quando questo non avviene, ciò che si produce è un
arresto dello sviluppo psicologico del bambino: il nucleo
dell’individualità autentico rimane sospeso, il bambino
avverte le pressioni ambientali e cerca di farvi fronte
attraverso i suoi ancora poveri e insufficienti mezzi
Non è più l’ambiente ad andare incontro alle esigenze
del bambino, ma quest’ultimo a cercare di andare
incontro alle esigenze dell’ambiente
La carenza materna cronica (e prematura) produce
all’interno del Sé la scissione tra un Vero Sé ed un Falso Sé
Carenza materna cronica
Scissione del Sè
Vero Sè
Fonte autentica del
desiderio e del
significato
Falso Sè
Compiacenza
L’ambiente non si è adattato alla soggettività
nascente del bambino, e questo non può far altro che
scollegare la sua mente dalle fonti che si trovano nel
corpo e dall’esperienza più spontanea (vero sé)
Non è l’ambiente a modellarsi intorno ai bisogni/desideri
del bambino, ma questi a modellarsi in modo compiacente
e superficiale intorno ai bisogni dell’ambiente
Il Falso Sé dunque svolge una duplice funzione:
consente di affrontare l’imprevedibilità ambientale che
in questo modo può essere tenuta sotto controllo
consente di proteggere il nucleo dell’esperienza
autentica fino a quando non si trova un ambiente più
adeguato
IL Sé
potenzialità creatrice dell’individuo
Con Winnicott si opera un viraggio fondamentale verso una
matrice relazionale dello sviluppo dell’individuo con una
propria esistenza personale attraverso le fasi che vanno
dalla dipendenza assoluta all’indipendenza
Winnicott cerca di individuare le condizioni favorevoli che
permettono l’emergere del Sé ed il conseguente sviluppo di
un individuo sano
Anche se il Self ha una collocazione centrale nel suo
pensiero, non troveremo mai nei suoi scritti una definitiva e
compiuta teoria del concetto di Sè
Ego, Io, Self
o Ego: aspetto concettuale-strutturale dell’Io
o Io: aspetto esperenziale-soggettivo, sentimento della
soggettività che Winnicott identifica con l’inglese “I am”;
indica la risonanza emotiva di un’esperienza maturativa e di
relazione
o Self: “Per me il Sé, che non è l’Io, è la persona che è me,
solo me, che ha una totalità basata sull’azione del processo
maturativo. Nello stesso tempo, il Sé ha delle parti, e in
realtà è costituito da queste parti. Queste parti vengono a
saldarsi insieme dal centro verso la periferia nel corso
dell’azione del processo maturativo, assistito (soprattutto
al principio) dall’ambiente umano che sostiene, manipola e
facilita in modo vivo. Il sé si trova naturalmente nel
corpo…”
L’emergere del Sé, dunque, avviene nella
realzione madre-bambino:
Il rapporto madre-bambino rende possibile per il bambino
diventare Self
Un oggetto reale, ossia la madre reale, diventa alleato dei
processi maturativi del bambino e contribuisce, con funzioni
specifiche, alla personalizzazione del potenziale istintuale e
psichico del suo bambino verso l’individualità
Il primo rapporto è un rapporto creativo: la madre “crea”
il proprio bambino, tanto nel corpo, quanto nei primi
movimenti psichici; madre e bambino si appartengono
reciprocamente.
Il percorso evolutivo del bambino si compie
attraverso tre conquiste:



Integrazione dell’Io: il soggetto esce da uno stato di
non-integrazione (favorita dall’ holding)
Personalizzazione: conquista del sentimento che si ha
della propria persona nel corpo (favorita dall’handling)
Senso di realtà: valutazione del tempo e dello spazio
(favorita dall’object presenting)
Attraverso questi processi “… il corpo vivente, con i suoi
limiti, il suo interno ed il suo esterno, è avvertito
dall’individuo come il nucleo del suo Sé immaginario”
Il sé winnicottiano è corporeo ed emozionale allo stesso
tempo
La situazione psicoanalitica
Caratteristiche e funzioni molto diverse da quelle descritte
da Freud: le difficoltà del paziente nascono da una divisone
interna che non consente l’accesso all’esperienza personale
(e non da conflitti, desideri rimossi, segreti…)
La spinta regressiva della situazione analitica consente
l’emergere di antichi “bisogni dell’Io” mai soddisfatti; l’analista,
come una madre sufficientemente buona, fornisce un ambiente
di holding in cui lo sviluppo del Sé può essere rianimato ed in
cui il vero sé può cominciare ad emergere
L’esperienza “riparativa” mette il paziente in condizione di
riscoprire la capacità di immaginare e fantasticare, di generare
un’esperienza profondamente reale, personale, significativa
W.R.D. Fairbairn
La teoria di Fairbairn nasce come una diversa soluzione ad
un problema che era stato sempre presente nella teoria
freudiana
La teoria motivazionale freudiana vede alla base del
comportamento umano la ricerca del piacere sotto la spinta
della libido; si tratta pertanto di una teoria edonistica
Eppure, come si conciliano con questo quadro coazione a
ripetere, incubi, masochismo sessuale e nevrosi
traumatiche?
Inizialmente Freud parla di adesività della libido:
proprietà che sembra agire in contrasto col principio del
piacere per cui la libido si attacca dolorosamente a oggetti
vecchi e inaccessibili, a desideri frustrati. Più tardi
introdurrà la pulsione di morte per risolvere questo
problema
La libido orientata all’oggetto
Fairbairn elabora una soluzione differente, partendo da un
modo diverso di concepire la pulsione ed il principio del
piacere
La libido ricerca l’oggetto, non il piacere
La spinta motivazionale fondamentale nell’esperienza
umana non è la riduzione della tensione e la conseguente
gratificazione tramite gli altri (che pertanto
rappresentano il mezzo), ma il legame con gli altri fine a
sé stesso (meta)
L’adesività della libido spinge il bambino in primo luogo a
ricercare un legame, una qualsiasi forma di contatto
indipendentemente dal suo essere piacevole o spiacevole;
queste prime forme di contatto sono quelle che poi il
bambino ripeterà nel suo contatto con gli altri
Il piacere, comunque, è la forma più bella e
appagante di contatto con gli altri:
Se i genitori avviano interazioni positive il bambino
ricercherà queste forme di contatto anche con gli altri
Se i genitori procurano esperienze per lo più dolorose si
crea comunque un legame di attaccamento molto forte
(vedi bambini maltrattati) e queste, purtroppo, fungeranno
da prototipo per le interazioni future
Dunque i bambini costruiscono la propria vita emotiva
successiva intorno al tipo di interazioni che hanno avuto
con chi si è preso cura di loro all’inizio della vita
Per Fairbairn la libido è orientata all’oggetto e gli oggetti
che si incontrano per primi diventano i prototipi di tutte le
esperienze successive di contatto con gli altri
Il mondo delle relazioni oggettuali interne
Fairbairn recupera i concetti kleiniani di oggetto interno e
relazione oggettuale interiorizzata ma li utilizza in modo
diverso:
Il bambino è naturalmente orientato verso oggetti e
relazioni esterne e reali;
Se i bisogni di dipendenza non vengono soddisfatti si
verifica un allontanamento patologico dalla realtà
esterna ed il bambino la sostituisce compensatoriamente
con oggetti interni e relazioni oggettuali interiorizzate
La rimozione
Al contrario che nella teoria freudiana, nucleo della
rimozione non sono né i ricordi né le pulsioni, ma le
relazioni
Rimosso: non le pulsioni, ma una parte del Sé legata
ad aspetti genitoriali inaccessibili
Rimovente: non relazione Io/Super-Io, ma parte
del Sé legata ad aspetti genitoriali più accesibili
La scissione dell’Io
Quando le cure genitoriali non sono adeguate si formano
degli oggetti e delle relazioni interne; tutti i genitori sono
imperfetti in qualche momento; è inevitabile
l’interiorizzazione del genitore ed una conseguente, non
necessariamente patologica, scissione dell’Io
Io orientato verso i genitori
esterni e le interazioni reali
Io orientato verso oggetti
e relazioni interne
Aspetti buoni
Io libidico
Aspetti cattivi
Sabotatore interno
Riassumendo:
• L’Io dunque si scinde ulteriormente in maniera
corrispondente alla scissione degli oggetti interni in un Io
libidico ed un Io aggressore, detto sabotatore interno
• Fairbairn immagina pertanto una struttura composta da
organizzazioni del Sé multiple. Ognuno di noi forma le sue
relazioni in base ai modelli interiorizzati a partire dalle
relazioni oggettuali precoci, che poi plasmeranno tutte le
successive interazioni, dal momento ognuno di noi proietta
le sue relazioni oggettuali interne su nuove situazioni
interpersonali
La situazione psicoanalitica
Il paziente vive inevitabilmente l’analista come un oggetto
vecchio e cattivo, perché vengono proiettati i passati
modelli relazionali: transfert
Il problema del paziente sta nel fatto che la sua patologia
incarna le uniche forme di relazione con gli altri in cui
crede: riesce ad entrare in contatto solo attraverso stati
d’animo dolorosi e modelli di comportamento
autolesionistici
Benchè Fairbairn non spieghi bene il meccanismo, obiettivo
dell’analisi è quello per cui l’analista deve essere visto come
un nuovo oggetto, che gli possa fornire modelli di relazione
nuovi e meno limitanti
Altri innovatori del gruppo degli indipendenti
Altre figure importanti del gruppo degli indipendenti sono:
• Balint
• Bowlby
• Guntrip;
Tutti si rifanno alla teoria di Melanie Klein e rivolgono la
loro attenzione alle prime relazioni oggettuali, ma in modi
personali e diversi fra loro
Michael Balint
Allievo di Ferenczi, la sua teoria riprende ed amplia alcune
delle considerazioni ferencziane:
o Importanza del trauma cronico precoce e delle esperienze
sessuali precoci
o Tecnica: l’analista deve fornire in una certa misura amore
e affetto
Balint riprende questi elementi e ritiene che nell’nalisi il
paziente debba sperimentare una forma di amore
incondizionato, del quale è stato deprivato nell’infanzia
Secondo Balint, infatti, in modo simile a Fairbairn, le
relazioni oggettuali non sono derivati pulsionali, ma sono
presenti già all’inizio della vita
La prima forma di relazione oggettuale con la madre è uno
stato passivo dal quale sorgeranno in seguite forme di
relazioni oggettuali più attive e complesse; la rottura di
questo legame primario così importante per il successivo
sviluppo determina l’insorgere di quello che balint chiama
“difetto fondamentale”
Compito dell’analista è quello di fornire una sorta di
relazione compensatoria che gli consenta di recuperare le
opportunità perse durante l’infanzia
John Bowlby
Bowlby riunisce nella sua teoria l’attenzione alle prime
relazioni oggettuali ed il concetto di adattamento
Il bambino viene alla luce con degli istinti che sono
preadattati all’ambiente umano. In particolare il bambino
nasce predisposto a stabilire una relazione con chi si
prende cura di lui, indipendentemente dal fatto che
questo gli fornisca cibo e nutrimento (scimmie Reshus)
attaccamento
Bowlby chiamò questo legame primario “attaccamento”,
è un legame che fornisce calore e protezione al
bambino, e che aumenta le sue possibilità di
sopravvivenza; è un legame istintivo e non prodotto
dall’attività di gratificazione dei bisogni
La sicurezza affettiva dipende proprio dalla fiducia
nella disponibilità delle figure di attaccamento; le
difese vengono messe in atto quando si ha la
separazione e dunque la disattivazione del bisogno
fondamentale di
Fly UP