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Il nostro progetto, riguardante la violenza sulle donne, è stato strutturato come un viaggio attraverso la storia. Essendo un argomento molto vasto abbiamo focalizzato l’attenzione solo su alcune forme di violenza esercitate nei confronti delle donne, partendo dalla storia più antica: • Ipazia e la violenza del fanatismo • La violenza dell’inquisizione: i roghi delle streghe • La violenza della famiglia: la monaca di Monza • La violenza nella politica: le suffragette • La violenza nazi-fascista: le partigiane • La violenza dei “bravi ragazzi”: il delitto del Circeo • E oggi? Ipazia (Alessandria d’ Egitto, 370 – 415) fu una matematica, astronoma e filosofa ellenistica; pagana, la sua fama deriva soprattutto dalla sua uccisione da parte di fanatici cristiani, che l'ha fatta considerare una martire del paganesimo. Figlia di Teone di Alessandria, poté studiare l'astronomia, la matematica, la filosofia e le scienze; sebbene donna insegnò pubblicamente filosofia ed appartenne alla corrente neoplatonica, ottenne il rispetto di tutti per la sua sapienza ed ebbe una notevole influenza politica sulla città. Non sono poi tante le donne che hanno avuto la possibilità di distinguersi nella scienza, considerata, fino a non molto tempo fa, appannaggio esclusivo del mondo maschile. Molte hanno dovuto pagare con la vita questa loro passione, quasi fosse una colpa della quale vergognarsi: una donna che con le sue ricerche potesse superare o peggio inficiare i risultati ottenuti dai colleghi maschi, era ritenuta una presuntuosa de relegare in un angolo. Nel marzo del 415, su ordine di San Cirillo di Alessandria, mentre tornava a casa, Ipazia venne tirata giù a forza dalla sua lettiga, denudata, trascinata in una chiesa e bestialmente massacrata per mano di un gruppo di fanatici selvaggi e spietati; le vennero strappate le carni dalle ossa con conchiglie acuminate e i suoi resti furono bruciati. San Cirillo d’ Alessandria Su di lei non vi sono dati sicuri, non essendoci rimasto alcuno scritto: sono citati solo tre titoli di tre opere di matematica e di astronomia: Commentario alla Aritmetica di Diofanto, Commentario al Canone astronomico e Commentario alle sezioni coniche d'Apollonio Pergeo, considerato il suo capolavoro All'insegnamento delle scienze esatte è certo che aggiunse quello della filosofia, commentando Platone, Aristotele e i filosofi maggiori. Tra le opere di Mario Luzi si ricorda “Il libro di Ipazia” (1978),in cui l’autore porta in scena il confronto tra Ipazia, ultima erede del pensiero greco, e Sinesio, l'uomo diviso tra grecità e cristianesimo, tra passato e presente. Mario Luzi (1914 – 2005) Un’altra testimonianza su Ipazia ce la fornisce la scrittrice Caterina Contini nel suo libro “Ipazia e la notte”. « Se io non fossi più in vita », soggiunse Ipazia sottovoce, « non temete, sarò comunque con voi. Mi sentirete vicina, con lo sguardo rivolto al cielo a contemplare la luna e gli altri corpi celesti. Ogni volta che vi riunirete, a filosofare e a coltivare le scienze, io sarò in mezzo a voi » Inoltre il poeta pagano Pallada le dedicò un epigramma: « Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e alle tue parole, vedendo la casa astrale della vergine, infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra, bellezza della parola, astro incontaminato della sapiente cultura. » FONTI BIBLIOGRAFICHE E SITOGRAFICHE SITI: OPERE TEATRALI: • www.wikipedia.it • “Il libro di Ipazia” di Mario Luzi • www.cronologia.leonardo.it • www.homolaicus.com • www.maat.it • www.girodivita.it •LIBRI: •“Ipazia e la notte” di Caterina Contini La vioLenza deLL’inquisizione contro le donne: I roghi delle streghe I cappelli d’ asino usati dagli imputati L’ INQUISIZIONE Una strega viene torturata LE STREGHE TRIORA La famosa città delle streghe in Liguria L’inquisizione La Chiesa si abbatté con il suo sacro maglio su particolari forme di eresia, per poi toccare solo successivamente i casi di magia e stregoneria. Fino al 1200, chiunque fosse accusato di pratiche occulte era passibile di scomunica, mentre successivamente cominciarono ad accendersi i primi roghi e ad innalzarsi i primi patiboli. Il tribunale dell'Inquisizione si aggiudicò il potere decisionale assoluto grazie alla bolla "Ad Extirpanda", promulgata da Innocenzo IV, che introdusse legalmente per la prima volta nella storia della Chiesa l'utilizzo della tortura come complemento giuridico per lo svolgimento dei processi. Grandi figure inquisitorie divengono i crudeli miti della caccia alle streghe e spiccano i nomi di spietati inquisitori che terrorizzavano i tribunali di tutta Europa. Dal 1300 in poi la Chiesa definisce eretici coloro che attraverso rapporti diabolici entrano in possesso di conoscenze magiche e vengono altresì considerate pratiche eretiche l'invocazione di potenze infernali, la lettura di formule magiche ed addirittura il mettersi in cerchio a danzare o a suonare. Dal 1320 al 1420 solo in Europa vengono pubblicati tredici trattati giuridici sulla stregoneria. L'apertura ufficiale della caccia alle streghe è datata 5 dicembre 1484, quando Innocenzo VIII promulga la bolla papale "Summis Desiderantes Affectibus", con la quale lancia l'offensiva giuridica contro le "malefiche" e dà incarico all'ordine dei Domenicani di occuparsi dello svolgimento delle indagini, nonché dell'effettiva conclusione dei processi. Sotto ordine dello stesso papa fu scritto un libro per guidare gli inquisitori alla caccia alle streghe: il malleus maleficarum. MALLEUS MALEFICARUM ALCUNI STRUMENTI DI TORTURA IL MALLEUS MALEFICARUM IL papa Innocenzo VIII invitò i frati domenicani Heinrich Kramer (Institoris) e Jacob Sprenger a stilare un sorta di "manuale del perfetto inquisitore". Il Malleus Maleficarum divenne dunque il trattato legale contro la stregoneria, il "vangelo processuale" da cui attingere tutte le informazioni giuridiche per poter agire, anche con l'ausilio della tortura, contro chiunque si opponesse alle regole morali della Chiesa e del pontificato. ALCUNE MACCHINE DI TORTURA LA SEDIA INQUISITRICE Sedia con chiodi e manette LA VERGINE DI NORIMBERGA Le punte non colpivano punti vitali delle streghe rinchiuse PALA A FORMA DI PIRAMIDE Le streghe venivano impalate con questo strumento LA CACCIA ALLE STREGHE Le "cacce alle streghe" si concentrarono soprattutto tra la fine del 1400 e la prima metà del 1600 Si parla di circa 110.000 processi e 60.000 esecuzioni. Le vittime furono per l'80% donne. La stregoneria affonda le sue radici nel paganesimo, negli atavici ricordi del culto della dea madre,con rituali di fertilità e procreazione Le streghe sono quello che resta delle antiche sacerdotesse della dea, donne legate ad antichi rituali tramandati dalle madri alle figlie da tempo immemorabile e legati a rituali di campagna La Chiesa Cattolica: istigazione alla caccia alle streghe "Fra tutte le eresie, la più grande è quella di non credere nelle streghe e con esse, nel patto diabolico e nel sabba" Nata in Italia, la caccia alle streghe si diffuse in tutta Europa. Le violenze e le vittime più numerose saranno in Francia e in paesi anglosassoni quali Gran Bretagna e Germania. ANCHE QUI A SAVONA CI SONO STATI PROCESSI ALLE STREGHE NE E’ UN ESEMPIO CATERINA DE BONO: La stregoneria nel savonese Tra il 1550 e il 1650 a Savona si tennero 5 processi: quattro casi di false accuse ed un caso di malattia mentale, ecco a cosa si ridussero, secondo gli stessi giudici, le vicende di stregoneria esaminate nel savonese. Ciò probabilmente è dovuto allo scetticismo degli inquisitori locali nei confronti della stregoneria: essi non credevano nella rappresentazione del mondo in cui gli uomini vivono quotidianamente aggrediti dal principe delle tenebre. Essi vedevano le donne come vittime della superstizione, disperazione, povertà e odio dei compagni. In questi anni Savona non accetta l’intervento di autorità esterne, quindi di inquisitori stranieri. Queste combinazioni permisero un ridotto numero di persecuzioni. Un caso particolare riguarda Caterina de Bono, che si dichiarò colpevole di eresia, e nonostante l’autoaccusa venne ritenuta una malata di mente anziché una vera strega, e non venne processata nè accusata, ma gli inquisitori vietarono a tutti coloro a conoscenza del caso di proferire parola. Chiusero quindi un occhio. TRIORA Anno 1587. Il paese di Triora e tutto il suo circondario soffrono per una inaudita carestia: il tempo è balordo, i raccolti magrissimi, il bestiame si ammala e muore. Il Consiglio degli Anziani di Triora, in riunione col Podestà, palesa il sospetto che possa trattarsi di stregoneria; vengono ovviamente fatti dei nomi, e il Podestà è costretto ad informare il Vescovo di Albenga e l'Inquisitore di Genova. I vicari di quest'ultimo partono alla volta di Triora, vengono arrestate subito diciotto persone, e un'altra trentina in un secondo tempo. Le accusate, messe alle strette (ed è ben noto come gli inquisitori non procedano con mano leggera, quando si tratta di usare la corda, l'acqua o il fuoco), confessano qualunque cosa, pur di porre termine ai tormenti, e così, in breve tempo, sono ben pochi, in paese, ad essere mondi da accuse. La situazione è andata troppo oltre; il 13 gennaio 1588, tre Anziani del Consiglio scrivono al Governatore di Genova, lamentando l'operato degli inquisitori; si scrive nella lettera, tra le altre cose, che è stata torturata alla corda tale Isotta Stella, di più di settant'anni, e che un'altra accusata, non potendo più sopportare le sofferenze, si è suicidata gettandosi da una finestra. I Dogi chiedono spiegazioni al Podestà di Triora, il quale giustifica il comportamento degli inquisitori, sostenendo che sia "necessario liberarsi di tali malefiche"; viene chiamato in causa il Vescovo di Albenga, il quale invia un emissario a Triora; questi riferisce al Vescovo ed al Governatore che gli inquisitori hanno agito con giudizio, che Isotta Stella aveva sì settant'anni ma "era robusta" (si parla all'imperfetto, dato che la poveretta è morta per i tormenti), e si dice che il fuoco ai piedi è stato dato solo a ragazze giovani e forti, e sempre "con misura". Il Governatore non rimane convinto da tali argomentazioni, e richiama a Genova gli inquisitori. Il processo ha così termine, quelle che non sono morte sotto tortura vengono assolte e la faccenda viene chiusa. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI E STORIOGRAFICI Questo ipertesto è stato realizzato grazie all’utilizzo di vario materiale : • IL libro :CATERINA E LE ALTRA di A.Francia, A.Verde, M.Zanella • I SITI : www. Specchio magico. net , www.cronologia.leonardo.It , www.fisicamente.net , www.cristianesimo .it “[…]La nostra infelice era ancor nascosta nel ventre della madre ,che la sua condizione era già irrevocabilmente prestabilita . Rimaneva soltanto da decidersi se sarebbe un monaco o una monaca; decisione per la quale faceva bisogno, non il suo consenso, ma la sua presenza. Quando venne alla luce, il principe suo padre, volendo darle un nome che risvegliasse immediatamente l’ idea di chiostro, e che fosse stato portato da una santa d’ alti natali, la chiamò Gertrude . Bambole vestite da monaca furono i primi balocchi che le si diedero in mano; poi santini che rappresentavan monache .[…]” Manzoni la descrive così: Il suo aspetto, che poteva dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un'impressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto alquanto dal viso; sotto il velo, una bianchissima benda di lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non d'inferiore bianchezza; un'altra benda a pieghe circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d'un nero saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora due sopraccigli neri si ravvicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri neri anch'essi, si fissavano talora in viso alle persone, con un'investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero affetto, corrispondenza, pietà; altre volte avrebbe creduto coglierci la rivelazione istantanea d'un odio inveterato e compresso, un non so che di minaccioso e di feroce: quando restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe potuto sospettarci il travaglio d'un pensiero nascosto, d'una preoccupazione familiare all'animo, e più forte su quello che gli oggetti circostanti. Le gote pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d'un roseo sbiadito, pure, spiccavano in quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi, subitanei, vivi, pieni d'espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, non che per una monaca. Nel vestire stesso c'era qua e là qualcosa di studiato o di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca, e dalla benda usciva sur una tempia una ciocchettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella cerimonia solenne del vestimento La storia della monaca di Monza è ispirata alla vicenda di Marianna de Leyva, realmente vissuta. Appartenente ad una nobile famiglia,e rimasta subito orfana di madre, era stata costretta ad entrare in convento: è il 1591, anno in cui, nel monastero di S. Margherita di Monza, la giovane aveva preso i voti, senza alcuna vocazione, diventando suor Virginia. Conosciuto un tale Gian Paolo Osio iniziò con lui una relazione dalla quale sarebbero nati due figli. Essendo stata scoperta la relazione amorosa, inizia nel 1607 il processo contro suor Virginia che vede coinvolte anche delle sue commensali che vengono costrette a confermare tale accusa anche sotto tortura:un esempio sono quelle dei sibilli e quella della corda. Letta la sentenza,Virginia è condotta nel ricovero delle convertite di S.Valeria per essere murata in una cella. Solo nel 1622, dopo 14 anni di segregazione, la penitente esprime il suo pentimento e può uscire dalla cella dove era stata murata. Questo durissimo periodo la cambiò notevolmente, tanto che si descrive così in una composizione della sua “ Storia “ del Ripamonti: “vecchia ricurva, emaciata, magra, veneranda; al vederla si crederebbe a malapena che un tempo abbia potuto essere bella e spudorata”. Muore di vecchiaia, dopo aver vissuto ancora a lungo, nel 1650 all’ età di 75 anni. • WWW.WIKIPEDIA.IT • WWW.LIBERLIBER.IT • WWW.STORIADIMILANO.IT La violenza nella politica Le suffragette e il diritto di voto La rivendicazione del voto • Con il termine suffragette si indicano le appartenenti a un movimento di emancipazione femminile nato per ottenere il diritto di voto (dalla parola "suffragio" che significa "dichiarazione della propria volontà in procedimenti elettivi o deliberativi; voto"). Il notevole e crescente benessere dovuto all'industrializzazione cambiò radicalmente la vita delle donne. Sin dai primi anni del novecento, dall'Inghilterra si affermò il movimento femminile che ebbe i suoi maggiori successi quando Emmeline Pankhurst (1858-1928) fondò nel 1903 l'Unione sociale e politica delle donne con il preciso intento di far ottenere alle donne il diritto di voto politico poiché era concesso solo agli uomini tranne che per le elezioni ai consigli municipali e per le elezioni di contea. Il movimento femminile aveva come scopo quindi il raggiungimento di una parità rispetto agli uomini non solo dal punto di vista politico ma anche giuridico ed economico. Le donne volevano poter insegnare nelle scuole superiori, l'uguaglianza dei diritti civili, svolgere le stesse professioni degli uomini e soprattutto godere del diritto elettorale o di suffragio, termine dal quale deriva appunto il nome con il quale si era soliti indicare le partecipanti al movimento:suffragette. • Le aderenti al movimento utilizzavano diffondere la proprie idee attraverso comizi, scritte sui muri o cartelli con slogan del tipo "votes for woman" o contenenti esaltazioni per la promotrice della rivolta. Spesso queste manifestazioni venivano soffocate con la violenza da parte delle forze dell'ordine e con l'arresto di molte militanti femministe che, nonostante i vari impedimenti, riuscirono in ogni modo ad ottenere ciò per cui lottavano e vinsero così la loro battaglia: in Inghilterra il voto alle donne venne riconosciuto nel 1918, negli Stati Uniti nel 1920, in Germania nel 1919, in Francia nel 1925 e in Italia nel 1946, solo dopo la seconda guerra mondiale. La violenza e i diritti • All'inizio del XX secolo le suffragette portarono spesso avanti scioperi della fame nelle prigioni inglesi. Marion Dunlop fu la prima, nel 1909: fu rilasciata poiché le autorità non volevano che diventasse una martire. Anche altre suffragette intrapresero in prigione scioperi della fame. Le autorità penitenziarie le obbligarono al nutrimento forzato, che fu categorizzato come una forma di tortura. Mary Clarke e diverse altre morirono come risultato del nutrimento forzato. Il diritto di voto nel mondo • • • • • • • • • • • • • • • • • • 1906 Finlandia . 1915 Danimarca-dal 1908 potevano votare le donne con più di 25 anni che pagassero imposte. 1917 Germania, Austria. 1918 Estonia, Irlanda, Ungheria, Lituania, Lettonia, Polonia, Regno Unito a partire dall’età di 30 anni, fino al 1928, data nella quale l’età fu abbassata ai 21 anni, parificandola a quella degli uomini . 1919 Paesi Bassi, Svezia, Lussemburgo. 1920 Repubblica Ceca, Slovacchia. 1948 Belgio-dal 1920 le donne ebbero il diritto di votare per le elezioni comunali 1931 Spagna. 1944 Francia-In Algeria, allora costituita da Dipartimenti francesi, le donne dovettero aspettare il 1956. 1945 Italia, Slovenia. 1947 Malta . 1952 Grecia-viene riconosciuto il diritto per le sole elezioni politiche. 1960 Cipro . 1976 Portogallo-il diritto fu riconosciuto nel 1931 alle donne diplomate nelle scuole superiori, mentre agli uomini era richiesto solo di saper leggere e scrivere. I primi tre paesi a riconoscere il diritto di voto alle donne furono : La Nuova Zelanda nel 1893, ma le donne potranno essere elette solo a partire dal 1919. l'Australia nel 1902 – esclusa la Tasmania , in cui il diritto fu stabilito nel 1903. la Finlandia nel 1906. Il diritto al voto nel mondo 2 giugno ’46: le donne italiane si presero la storia • • • • • Arrivavano ai seggi con il vestito buono della festa, con i bambini in braccio, con il fazzoletto sui capelli. Emozionate, come si conviene per un appuntamento importante, decisivo. Quel 2 giugno del ´46 le donne votano per la prima volta e sono oltre dodici milioni. Un diritto, un adempimento ovvio per la democrazia, eppure una conquista difficile, inseguita fin dai primi movimenti femministi a cavallo del Novecento L´Italia era rimasta a lungo divisa in due (a Roma il governo Bonomi, il nord ancora occupato dai tedeschi e dalla Repubblica di Salò) e usciva dal conflitto con le ossa rotte. Quel 2 giugno si deve scegliere tra Monarchia e Repubblica e, contemporaneamente, eleggere l´Assemblea Costituente per disegnare la nuova identità istituzionale. Per le donne il salto è doppio: votano e possono essere votate. Le conversazioni che nascono tra uomo e donna hanno un tono diverso, alla pari. le donne sono contente di votare e accorrono in massa. Già nella primavera di quell´anno erano state elette per la prima volta oltre duemila donne nei consigli comunali. Nessuno stupore quindi se alla Costituente, su 556 deputati, 21 sono donne. • Quello è un momento importante soprattutto dal punto di vista soggettivo, in quanto fu una conquista di individualità oltre che di cittadinanza. Ci sono tante testimonianze di donne, intellettuali ma anche delle classi popolari e contadine. Tutte ricordano l´emozione provata quel giorno per aver conquistato un senso pieno di autonomia individuale, fuori dai ruoli. Quel "voto segreto" significava potersi finalmente sottrarre al controllo e alla subordinazione. • A loro va riconosciuto il merito di aver contribuito in modo decisivo a scardinare la struttura patriarcale della famiglia, con il riconoscimento di pari doveri e pari diritti ai coniugi, primo fra tutti quello di educare i figli. • L´eterno tema della lotta dei diritti, un cammino non ancora concluso. «Se ancora oggi parliamo della necessità di dare equilibrio alla rappresentanza fra donne e uomini», sottolinea Anna Rossi Doria, «questa incompiutezza è la spia che qualcosa non funziona. E che il diritto di rappresentanza delle donne non è ancora pienamente realizzato». Partigiane Alcune partigiane di Savona: Clelia Corradini Ines negri Donne fucilate Bibliografia e sitografia “Tortura della partigiana Clelia Corradini” di Achille Cabiati Da “La Resistenza vadese” Le cifre della Resistenza Cosa facevano Chi erano La Resistenza, per quanto grande potesse essere il coraggio degli uomini, non sarebbe stata possibile senza le donne; la loro funzione è stata meno appariscente, ma essenziale. «Caratteristica fondamentale della resistenza femminile che fu uno degli elementi più vitali della guerra di liberazione è proprio questo suo carattere collettivo, quasi anonimo, questo suo avere per protagoniste non alcune creature eccezionali, ma vaste masse appartenenti ai più diversi strati della popolazione, questo suo nascere non dalla volontà di poche, ma dalla iniziativa spontanea di molte». I primi corrieri e informatori partigiani furono le donne. Inizialmente portavano assieme agli aiuti in viveri e indumenti le notizie da casa e le informazioni sui movimenti del nemico. Ben presto questo lavoro spontaneo diventò organizzato, ed ogni distaccamento si creò le proprie staffette, che si specializzarono nel fare la spola tra i centri abitati e i comandi delle unità partigiane. Senza i collegamenti assicurati dalle staffette, le direttive sarebbero rimaste lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle diverse zone. Delicato, duro, pericoloso era il loro lavoro; anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico, dovevano con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le ripide pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi, spesso sotto la pioggia e l'infuriare del vento. Pigiata in un treno, serrata tra le assi sconnesse di un carro bestiame, la staffetta trascorreva lunghe ore, costretta sovente a passare la notte nelle stazioni o in aperta campagna sfidando i pericoli dei bombardamenti e del tedesco in agguato… …Se c'era un ferito da nascondere rimaneva la staffetta a vegliarlo, a prestargli le cure necessarie, a cercargli il medico, a organizzare il suo ricovero in clinica. Numerose staffette caddero in combattimento o nell'adempimento delle loro pericolose missioni. La lotta partigiana vide le donne nei GAP, nelle SAP, nelle formazioni di pianura e di montagna, nell’organizzazione di scioperi e agitazioni esclusivamente femminili manifestazioni seguite a nelle carceri, sotto la tortura ( e seppero non parlare!), nella diffusione della stampa clandestina, nelle pericolosissime missioni di collegamento. Non solo come "mamme" dei partigiani o vivandiere o infermiere di ribelli affamati o feriti, anche se furono pure questo, e quando tutto ciò poteva significare l’arresto, l’incendio della casa , la fucilazione. Le donne furono le saldissime maglie della rete, rischiando spesso più degli uomini perché, se catturate, il nemico riservava loro violenze carnali che in genere ai maschi non toccavano. Dopo la Liberazione la maggior parte degli uomini considerò naturale rinchiudere nuovamente in casa le donne. Alla Resistenza parteciparono circa 35.000 donne, delle quali 2750 vennero fucilate e a 15 di esse verrà assegnata la medaglia d'oro. Questi dati di origine militare non danno conto comunque, del più ampio cerchio della attività clandestina, della solidarietà e del consenso alla lotta che si svolgeva; ai Gruppi di Difesa della donna, sorti al nord nel 1943 per la conquista dei diritti delle donne, nel quadro della lotta di tutto il popolo per la liberazione della patria, aderirono 70.000 donne, ma le cifre si devono moltiplicare se si vuole dar conto della partecipazione diffusa. I numeri delle donne partigiane: Partigiane: 35.000 Patriote: 20.000 Gruppi di difesa: 70.000 Arrestate, torturate: 4.653 Deportate: 2.750 Commissarie di guerra: 512 Medaglie d’oro: 16 Medaglie d’argento: 17 Decedute in combattimento: 2900 Le donne che presero parte alla Resistenza erano in prevalenza giovani: il 67 per cento circa aveva meno di trent'anni (più del 23 per cento non era ancora maggiorenne: fra queste alcune erano giovanissime, quasi bambine: avevano quattordici, quindici anni; il 43 per cento ragazze che avevano dai ventuno ai trent'anni). In numero decisamente inferiore coloro che avevano dai trentuno ai quarant'anni: circa il 17,5 per cento; ancor meno le donne che avevano più di quarant'anni: circa il 14 per cento, la maggior parte aveva dai diciassette ai venticinque anni (il 54,8 per cento dell'intero campione); l'unico dato che si discosta leggermente è quello relativo alla partecipazione nella fascia di età compresa fra i diciassette e i venticinque anni: nella zona operativa "Biellese, corrisponde a circa il 55 per cento, mentre nell'intera regione è inferiore, seppure di poco. Da questo campione risulta che il 43,3% delle donne che parteciparono alla Resistenza erano operaie, il 15,9 per cento appartenevano al terziario (impiegate, insegnanti, medici e infermiere), il 13,2 per cento erano casalinghe, il 14,1 per cento erano artigiane (in particolare sarte) e solo il 4 per cento contadine. Il dato più rilevante è il primo, cioè la forte presenza di operaie. Clelia Corradini nacque a Vado Ligure nel 1903 da una famiglia operaia. Clelia Corradini fece parte di quel gruppo di partigiane della libertà che seppero dimostrare le loro innate qualità di coraggio , di fermezza d’ animo , di spirito di sacrificio durante il periodo della lotta di liberazione. Donne semplici tutte animate da un forte senso antifascista e dal desiderio di cambiare la società. In provincia di Savona numerose donne appoggiarono in modo determinante l’ attività dei partigiani,diverse svolsero un ruolo importante,qualcuna purtroppo venne stroncata impietosamente dalla ferocia nazifascista. Il loro ruolo era principalmente quello di tenere il collegamento con i vari distaccamenti partigiani, di fornire loro cibo, indumenti , medicine. Clelia Corradini figura tra queste donne: animatrice insostenibile del movimento partigiano, fiera responsabile del Gruppo di Difesa delle Donne, militante attiva nella lotta di resistenza con al fianco il figlio in montagna. Negli anni 1938/39 per le sue idee contro la guerra fu denunciata per propaganda sovversiva e in seguito minacciata di essere inviata ad un anno di confino. Erano i tempi nei quali aveva iniziato ad avere contatti con la resistenza partigiana.… Lettera al figlio Gin … Dopo l’8 settembre del 1943 Clelia Corradini fu introdotta nella costituzione dei gruppi di Difesa della Donna da Teresa Viberti Grillo, nota attivista italo francese. Sul territorio di Vado Ligure Clelia Corradini per diversi mesi contattò le donne più sicure,mise in piedi l’organizzazione, coordinò fondi per i partigiani, diffuse materiale propagandistico specie in occasioni di scioperi. Fu proprio durante la raccolta di fondi che la Corradini incrociò il suo triste destino. Una signora anziana non potendo affidare i fondi a Clelia li affidò ad una vicina che era purtroppo una confidente della polizia alla quale denunciò il fatto. I carabinieri e la polizia già da tempo seguivano la Corradini e ora ,a seguito della denuncia, potevano stringere il cerchio. Dopo poco tempo Clelia venne arrestata,trasferita prima al Comando di Quiliano poi rimandata a quello di Vado Ligure dove subì minacce, sevizie e torture per poterle strappare i nomi delle sue compagne e dei suoi compagni. Il 23 agosto 1944 fu decisa la sua condanna a morte. Il mattino seguente le spianarono 4 volte i fucili contro;per 3 volte i soldati si rifiutarono di far fuoco, finché all’ultimo l’ufficiale dei San Marco scaricò per finirla una raffica di mitra. Le ultime parole di Clelia furono”Sergio vendicami”. Prima dell’arresto aveva mandato al figlio Sergio una lettera, che però gli venne consegnata insieme alla notizia della morte. Qua di seguito viene riportata la lettera con cui la Federazione Comunista Savonese comunicava a Sergio Leti la morte della madre,30 agosto 1944: “Caro compagno Gin, ci giunge oggi conferma della dolorosa notizia che da vari giorni si era diffusa ancora avvolta da una penosa incertezza: tua madre, la compagna Clelia Corradini, è passata per le armi dei carnefici nazi-fascisti. A nome della Federazione comunista di Savona il comitato di Vado Ligure crede opportuno informarti dell’ accaduto. Conscio di parlare di un compagno ti narreremo il fatto in tutti i particolari che abbiamo potuto assumere , con la massima esattezza, senza reticenze, certi che l’immenso dolore che ti ha colpito è lo stesso fiero dolore che ha colpito noi tutti nel più profondo dell’animo accrescendo il nostro odio implacabile contro l’oppressione nemica e il nostro spirito di combattività di sacrificio. Arrestata dietro indicazione di una spia, già bene individuata, accusata di essere una patriota militante nei Gruppi di Difesa della Donna, e di avere un figlio combattente nelle file dei partigiani, essa veniva sottoposta dagli aguzzini nazifascisti ad ogni sorte di minacce, sevizie e torture aventi lo scopo di strapparle delle confessioni sulla sua attività e sui suoi compagni di idee. Ma tutto fu vano. Ancora una volta i nazifascisti dovettero rendersi conto che i veri patrioti, i veri combattenti, per la libertà, uomini e donne, vecchi e giovani, non temono le minacce, ne le torture, ne il plotone di esecuzione. Il contegno di tua madre fu eroico: essa si mantenne calma e irremovibile, sopportò impavida le torture fisiche e morali alle quali fu sottoposta. Mercoledì 23 agosto fu decisa la sua condanna a morte... … Sul luogo dell’ esecuzione le furono per bene 4 volte spianati i fucili contro, e ogni volta fu invitata a parlare. Ma invano. La sua fede immensa, la sua fiera volontà di non tradire la causa, furono il sostegno che le permise di superare questo terribile passaggio. Un’ ufficiale della San Marco ordinò allora il fuoco ma i soldati non spararono. Forse furono loro stessi stupiti dell’eroico contegno di tua madre, forse, pensando che anche loro avevano una madre, furono nauseati dall’infame gesto che stavano per compiere. Lo stesso ufficiale impugnò allora il mitra scaricandolo bestialmente sull’eroina. Pochi istanti prima di morire essa gridava: “Sergio vendicami!”. Così cadde tua madre la compagna Clelia Corradini. Essa, col suo nobilissimo sacrificio, assurge a simbolo della fierezza e del patriottismo delle donne savonesi. Ma il suo sacrificio non fu vano! Esso ha gettato i semi di altri proseliti: già al posto di tua madre altre combattenti sono sorte in difesa della nostra causa. Compagno Gin, racchiusi nel nostro fiero dolore, combatteremo ancore e sempre, sino alla vittoria, sino al giorno in cui la folta schiera di eroi e di martiri caduti combattendo per il nostro grande ideale di libertà e giustizia sarà vendicata dalle nostre armi. Non preoccuparti per i tuoi fratelli e per i vecchi genitori di tua madre: essi riceveranno da noi l’assistenza e le cure necessarie. Assieme a questa lettera ti inviamo l’ultimo foglio che tua madre ti scrisse poco prima di essere arrestata. Ricevi da noi, da tutti i compagni, da tutti coloro che nella sacrosanta lotta di liberazione si sono schierati dalla parte del vero e del giusto, l’espressione del più profondo cordoglio.” Terminata la guerra, a Pisa si tenne il processo all’ufficiale che aveva assassinato Clelia Corradini, fu condannato a 30 anni di reclusione, anche se era latitante. Alla eroica madre Clelia Corradini fu assegnata dal governo la medaglia d’argento al valore militare con la seguente motivazione: A Clelia Corradini di Natale “Animatrice instancabile del movimento partigiano, convinta della necessità di riscattare l’onore del popolo italiano, partecipava attivamente alla lotta di Resistenza avendo al suo fianco il proprio figlio…” Nata a Savona l’8 ottobre 1916, uccisa dai fascisti a Savona il 19 agosto 1944. Ines era una giovane antifascista che, subito dopo l’armistizio, era entrata nei Gruppi di difesa della donna ed era diventata staffetta partigiani. Il 16 agosto del 1944, ad Albissola Mare, nei pressi di Villa Faragiana, Ines Negri, che accompagnava in montagna militari della "San Marco", fu arrestata. Dopo tre giorni di feroci torture, la giovane donna fu condannata a morte "per aver incitato alla diserzione diversi soldati della Divisione San Marco" e subito fucilata. Il nome di Ines fu dato ad una Brigata garibaldina. Dopo la Liberazione, una strada di Albissola Mare è stata dedicata alla giovane partigiana. Abbo Germana Basetti Luciana Bracco Teresa Cornaglia Caterina Corradini Clelia Ferrari Erminia Garelli Paola Giribone Angelina Goso Ermida Gravano Ines Lanzone Franca Leonelli Alice Negri Ines Parodi Angela Roberto Maria Roberto Rina Viale Giovanna Zerbone Teresa http://www.studenti.it http://www.anpi.it A.Lunardon La resistenza vadese, ISREC, Savona 2006 AA.VV Donne nella resistenza in Liguria, LA VIOLENZA DEI “BRAVI RAGAZZI” Lo stupro non è impotenza. Il dominio assoluto di un altro corpo diventa una droga. Si stupra, si tortura, si uccide per sentirsi padroni del destino degli altri. Angelo Izzo DELITTO DEL CIRCEO - 29 settembre 1975 • Protagonisti • Cronologia • Rielaborazione dei fatti • Processo • Commenti • Sitografia Andrea Ghira Angelo Izzo Donatella Colasanti Gianni Guido Rosaria Lopez ANDREA GHIRA Data di nascita: 21 settembre 1953 Età al tempo del delitto: 22 anni Pena: condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato Note particolari : giovane violento che aveva aderito alle formazioni squadriste di estrema destra. Era il proprietario della villa nel quale si svolse il delitto. Identikit della polizia ANGELO IZZO Data di nascita : 23 Agosto 1955 a Roma Età al tempo del delitto : 20 anni Pena : condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato Note particolari : tenta più volte di evadere insieme a Gianni Guido. Nel 2001 per l’impegno dimostrato in carcere ottiene la semilibertà. Nel 2005 viene nuovamente indagato per omicidio volontario, dopo aver ammesso l’uccisione ad Aprile, nei pressi di Campobasso, di Maria Carmela Linciano (48 anni) e della figlia (14 anni). GIANNI GUIDO Data di nascita : 10 gennaio 1956 a Roma Età al tempo del delitto : 20 anni Pena : condanna in prima istanza al carcere a vita per omicidio pluriaggravato: viene ridotta a 30 anni di reclusione grazie all’indennizzo pagato dalla famiglia Guido alla famiglia Lopez. Note particolari : Tenta l’evasione dal carcere di Latina con Izzo prendendo in ostaggio una guardia. DONATELLA COLASANTI Data di nascita: 12 maggio 1958 Età al tempo del delitto: 17 anni Note particolari : Fingendosi morta si salva richiamando l’attenzione di un poliziotto notturno che sente dei gemiti nel baule dell’auto. Non credeva nella morte di Andrea Ghira. Muore il 30 dicembre del 2005 per malattia. Le sue ultime parole sono state “battiamoci per la verità”. La sua deposizione MARIA ROSARIA LOPEZ Data di nascita: 1956 Età al tempo del delitto: 19 anni Note particolari : la sera del delitto venne stuprata, picchiata ed infine annegata nella vasca del bagno Deposizione rilasciata alla polizia da Donatella Tutto è incominciato una settimana fa. L’incontro con un ragazzo di nome Carlo,così ha detto,all’uscita del cinema. Lo scambio dei numeri di telefono e la promessa di rivedersi il giorno dopo insieme ad altri amici. Con Carlo vengono all’appuntamento Angelo e Gianni.Chiacchieriamo un po’,poi si decide di fare qualcosa l’indomani. Io dico che per l’indomani non avrei potuto. Si fissa l’ora per il lunedì. L’appuntamento è per le 4 del pomeriggio. Arrivano solo Angelo e Gianni;Carlo dicono avesse una festa nella sua villa di Lavinio se avessimo voluto raggiungerlo. A Lavinio non arrivammo mai. I due ad un certo punto si fermano in un bar per telefonare a Carlo,così dicono. Quando Gianni torna in macchina dice che l’amico avrebbe gradito la nostra visita,che andassimo pure in villa e che lo aspettassimo lì perché lui era al mare. La villa non era a Lavinio ma al Circeo e quel Carlo non arrivò mai. I due si svelano subito e ci chiedono di fare l’amore. Noi rifiutiamo ma loro insistono e ci propongono un milione ciascuna. Rifiutiamo ancora una volta. A questo punto Gianni tira fuori la pistola e dice:“Siamo della banda dei Marsigliesi,quindi vi conviene obbedire. Quando arriverà Jacques Berenguer non avrete scampo, lui è un duro. E’ quello che ha rapito il gioielliere Bulgari”. Capiamo che è una trappola e io e Rosaria scoppiamo a piangere. I due ci chiudono in un bagno:aspettano Jacques.La mattina dopo angelo apre la porta del bagno e si accorge che il lavandino è rotto. Si infuria come un pazzo e ci ammazza di botte. Ci separano,io in bagno e Rosaria in un altro. Comincia l’inferno. Verso sera arriva Jacques. Jacques in realtà era Andrea Ghira,dice che ci riporterà a Roma ma addormentate. Ci fecero tre punture ciascuna ma io e Rosaria siamo più sveglie di prima e allora i tre passano ad altri sistemi. Prendono Rosaria e la portano in un’altra stanza per cloroformizzarla,dicono. La sento piangere e urlare;poi un improvviso silenzio. Devono averla uccisa in quel momento. A me picchiano in testa con il calcio della pistola,sono mezza stordita ma sveglia e allora mi legano un laccio al collo e mi trascinano per tutta la casa per strozzarmi. Svengo per un po’ e quando mi risveglio uno mi preme il petto con un piede e sento che dice agli amici :"Questa non vuole proprio morire".E giù a colpirmi la testa con una spranga di ferro. Ho capito che avevo solo una via di uscita. Fingermi morta. E l’ho fatto. Mi hanno messa nel porta bagagli dell’auto ,ma Rosaria non c’era ancora. Quando l’hanno portata ho sentito uno che prima di chiudere il bagagliaio a chiave diceva:"Guarda come dormono bene queste due morte". CRONOLOGIA 29 settembre 1975: le ragazze vengono portate nella villa di San Felice Circeo. 30 settembre 1975: le ragazze vengono uccise e ritrovate verso le tre del mattino da un vigile notturno. Izzo e Guido vengono arrestati mentre Ghira non indiziato non sarà mai preso. 11 ottobre 1975: Ghira manda una lettera ai complici ["...Vi assicuro che quella bastarda la faccio fuori, per voi non c'è pericolo a fine anno 1976 uscirete tutti per libertà provvisoria. Anche se sanno tutto, questi bastardi, faranno una brutta fine anche loro. Comunque non vi preoccupate per la mia latitanza ho circa 13 milioni di lire,forse andrò via da Roma.Per quanto riguarda quella stronzetta farà la fine della Lopez. State calmi. A presto. Berenguer Ghira".] Dicembre 1975: Ezio Matacchioni indica Ghira tra i suoi sequestratori in una villetta di Tor San Lorenzo. luglio 1976: si svolge il processo di primo grado. Gli imputati sono condannati all’ergastolo per omicidio pluriaggravato. nell’arco dell’anno 1976: Ghira si arruola nel Tercio, la legione straniera spagnola. gennaio 1977: Guido e Izzo tentano un’evasione dal carcere di Latina, prendendo in ostaggio una guardia carceraria, ma falliscono. 12 maggio 1977: Izzo accusa Gianni Guido dell’uccisione di Giorgiana Masi. ottobre 1977: la magistratura spicca un mandato di cattura contro Andrea Ghira per il delitto del Circeo grazie alle dichiarazioni di Donatella Colasanti. nell’anno 1978: Ghira vive a Roma clandestinamente; poi fugge all’estero,in Argentina. nell’anno 1980: al processo di appello la famiglia Lopez accetta il risarcimento offerto dai Guido, la pena di Guido viene ridotta a 30 anni.Ghira si trasferisce in Inghilterra, a Londra, e cambia continuamente nome. nell’anno 1981: sentenza confermata dalla Cassazione: Guido viene trasferito nel carcere di San Gimignano. 25 gennaio 1981: Guido riesce a fuggire dalla portineria del penitenziario di San Gimignano. nell’anno 1982: un testimone afferma di aver visto Ghira ad Aprilia: le ricerche non danno risultati. 28 gennaio 1983: Guido è arrestato a Buenos Aires, dove vendeva automobili sotto falso nome. nell’anno 1985:Izzo diventa uno dei principali pentiti dell’estrema destra. 15 aprile 1985: Guido, mentre è ricoverato in ospedale e in attesa di estradizione, riesce nuovamente a fuggire. nell’anno 1986: nel carcere di Paliano viene scoperto un piano di fuga di Angelo Izzo. 25 agosto 1993: Izzo riesce a fuggire nel carcere di Alessandria. 15 settembre 1993: Izzo viene arrestato in Francia. giugno 1994: Guido viene nuovamente arrestato a Panama e trasferito in Italia. Nell’anno 1995: Izzo confessa di aver assassinato nel giugno 1975, Amilcare Di Benedetto, perchè aveva fatto sparire il bottino di una rapina che avevano commesso assieme. Nell’anno 2001: Izzo ottiene il regime di semilibertà. Aprile 2005: Izzo viene indagato per omicidio volontario, dopo aver ammesso di aver ucciso ancora ad aprile, nei pressi di Campobasso, Maria Carmela Linciano e la figlia Valentina, moglie e figlia del collaboratore di giustizia, Giovanni Maiorano, condannato all’ergastolo per aver ucciso un coetaneo della figlia. Ottobre 2005: arriva la notizia che Ghira sarebbe morto e sepolto in Spagna. Alcuni suoi familiari vengono indagati per favoreggiamento nella fuga. 29 ottobre 2005: la polizia spagnola dichiara di aver trovato in un cimitero nell’enclave marocchina di Melilla il cadavere di Andrea Ghira, che sarebbe morto diversi anni prima, nel 1994. 14 novembre 2005: viene riesumata la salma per analizzare il DNA a Roma. 26 novembre 2005: l’esame del DNA conferma l’identità di Ghira. RIELABORAZIONE DEI FATTI E’ il pomeriggio del 29 settembre quando Rosaria Lopez e Donatella Colasanti si incontrano con Gianni Guido e Angelo Izzo per fare una gita verso il mare. A bordo di una FIAT 127 bianca, i quattro ragazzi giungono a Villa Moresca a San Felice Circeo, di proprietà della famiglia Ghira, dicendo che Andrea sarebbe arrivato dopo poco. L’arrivo alla villa coincide per le ragazze con l’inizio dell’inferno. Dapprima rinchiuse nel bagno, poi a turno torturate e seviziate. Dopo molte ore, Rosaria Lopez viene annegata nella vasca da bagno. Donatella Colasanti, dopo essere stata più volte colpita con molta forza, riesce a sopravvivere fingendosi morta. E’ oramai la sera del 30 settembre: Gianni Guido, Andrea Ghira e Angelo Izzo caricano le due ragazze nel baule dell’automobile e tornano a Roma. Parcheggiano in via Pola e vanno a mangiare. La salvezza di Donatella arriva nel momento in cui i suoi richiami vengono uditi da una pattuglia. PROCESSO • Dove: Corte di Assise di Latina • Quando: 29 luglio 1976 • Chi: Pubblico Ministero: Vito Giampietro Giudici Togati: Marino e Paolino Psicologa: Martina Hauber Filomena Fusco (legale di Izzo) • Svolgimento PROCESSO Grazie alla ricostruzione fatta dalla Colasanti, il processo, svoltosi nell’estate del 1976 davanti ai giudici della corte di Assise di Latina, si conclude con la condanna di Izzo all’ergastolo e di Guido a trent’anni di carcere. Quest’ultima decisione suscitò molte polemiche anche perché motivata dal versamento di 100 milioni di lire, fatto, a titolo di risarcimento, dai Guidi ai familiari della Lopez. La stessa cifra fu rifiutata dalla Colasanti. I difensori degli imputati tentarono inutilmente di ottenere una parziale o totale capacità di intendere e di volere dei loro assistiti, ma nel settembre del 1983 la cassazione confermò la sentenza di appello. In aula, Izzo non ha proferito commento, neanche con i suoi difensori. Era sereno. Una serenità “sconcertante” come ha definito Filomena Fusco, uno dei suoi legali. Da abile manipolatore, comincia a farsi spazio nel sistema giudiziario, allo scopo di mantenere i riflettori puntati su di lui, sulla sua persona. Da subito richiama l’attenzione dei media con un tentativo di evasione dalla prigione di Latina, facendosi scudo del maresciallo delle guardie di custodia. Il suo tentativo fallisce. Decide allora di collaborare con la giustizia dichiarandosi “pentito” e il 12 Aprile 1985 rilascia ai magistrati una dichiarazione nella quale rivela di aver deciso di collaborare non per motivi utilitaristici, ma per una motivazione morale, che lo spinge alla necessità, maturata in carcere, di riparare a un delitto che solo ora riconosce come ripugnante. Izzo fa alcune rivelazioni, tra cui un’accusa ad Andrea Ghira di aver sparato a Giorgiana Masi, usando le armi che avevano in dotazione nel gruppo eversivo di cui faceva parte, chiamato «Drago», e versioni (quasi tutte apprese in carcere) sulla strage di piazza Fontana, quella della stazione di Bologna, quella di piazza della Loggia a Brescia, l'uccisione di Mino Pecorelli, quella di Fausto e Iaio, quella di Piersanti Mattarella, e diversi altri episodi di terrorismo e mafia. Nonostante le sue dichiarazioni sono illusorie, i magistrati continuano ad ascoltarlo e Izzo comincia ad ottenere i primi benefici giuridici, permessi premio e ammissione al lavoro esterno. Sebbene aveva provato diversi tentativi di fuga, sempre con insuccesso, proprio a causa di un’uscita premio, nel 1993, Izzo riesce con trionfo. Usufruendo della possibilità concessagli di festeggiare il suo compleanno nella casa di famiglia a Roma, si concesse un breve periodo di libertà. Al momento di tornare in carcere, ai parenti aveva detto che prendeva il treno per Alessandria, ma alla porta del carcere l’avevano aspettato invano. La latitanza durò un mese, lo ripresero in Francia e, quando rientrò in prigione, sorrideva e salutava fotografi e teleoperatori, alla maniera dei boss Renato Vallanzasca e Felicetto Maniero reduci da evasioni più avventurose. Izzo non si scoraggia, e ottenendo altri permessi premio e note di merito, riesce a conquistarsi la Semilibertà, che gli permette di uscire dal carcere in maniera legale. Del resto, con l’emanazione della legge 354 del 26 luglio 1975 il legislatore ha enunciato le “Norme sull’Ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà” e con il successivo “Regolamento di Esecuzione” si è data applicazione, sul piano pratico, al principio dettato dall’art. 27, 3 c. Cost. in cui viene enunciato il principio secondo cui “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.Così nel 2003, conosce Dario Saccomanni, un padre evangelico, presidente della cooperativa “Città futura”, che si occupa del recupero dei detenuti, dove Izzo andrà a lavorare (a scopo rieducativo), durante la semilibertà. COMMENTI • Italo Calvino: • Franco • Pier Fortini: Paolo Pasolini: SITOGRAFIA http://www.feltrinellieditore.it/FattiLibriInterne?id_fatto=4800 http://www.circei.it/storia/1861/1975.htm http://www2.radio24.ilsole24ore.com/speciali1/speciale_gialloenero20032004_41.htm http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/circeo/ www.zetema.it/content/download/1620/11163/file/Circeo-testo.pdf www.geocities.com/lollocas/neofa/dossier_delitto_del_circeo_011075.pdf www.archivio900.it/it/download/file.aspx?id=164 - 12k http://www.lastoriasiamonoi.rai.it/puntata.aspx?id=267 http://www.cinetecadibologna.it/sitopasolini/saggistica_lettereluterane_calvino.htm http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/cronaca/izz3/ghiraide/ghiraide/.html http://www.corriere.it/Primo Piano/cronache/2005/11 novembre/26/colasanti.shtml http://it.news.yahoo.com/051029/58/3gl50.html http://it.news.yahoo.com/051102/58/3grcb.html http://www.corriere.it/Primo Piano/cronache/2005/05 maggio/01/bianconi.shtml http://www.archivio900.it/it/news/news.aspx?id=588 http://www.claudiocaprara.it/archives/006023.html http://www.chilhavisto.rai.it/Clv/misteri/2004-2005/CirceoDelittoGhira.htm http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/cronaca/izz3/ered/ered.html http://lanazione.it/art/2005/10/27/5389887 http://www.questotrentino.it/2001/02/Lett Zacchi.htm http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/43664ebce90c3.html Italo Calvino: I responsabili della carneficina del Circeo sono in molti e si comportano come se quello che hanno fatto fosse perfettamente naturale, come se avessero dietro di loro un ambiente e una mentalità che li comprende e li ammira. Nella Roma di oggi quello che sgomenta è che questi esercizi mostruosi avvengono nel clima della permissività assoluta, senza più l’ombra di una sfida alle costruzioni repressive il pericolo vero viene dall’estendersi nella nostra società di strati cancerosi. NON C’Ẻ CHE UN PASSO DALL’ATONIA MORALE E DALLA IRRESPONSABILITÀ SOCIALE (di una parte della borghesia italiana) ALLA PRATICA DI SEVIZIARE E MASSACRARE. Viviamo in un mondo in cui l’escalation nel massacro e nella umiliazione della persona è uno dei segni più vistosi del divenire storico. I nazisti possono essere largamente superati in crudeltà in ogni momento. In altri paesi la crisi è la stessa, ma incide in uno spessore di società più solido. Pasolini: .... Tu hai privilegiato i neofasciti pariolini del tuo interesse e della tua indignazione, perchè sono borghesi, La loro criminalità ti pare interessante perchè riguarda i nuovi figli della borghesia. Li porti dal buio truculento della cronaca alla luce dell’interpretazione intellettuale, perchè la loro classe sociale lo pretende. Ti sei comportato -mi sembra- come tutta la stampa italiana, che negli assassini del Circeo vede un caso che la riguarda, un caso, ripeto, privilegiato. SE A FARE LE STESSE COSE FOSSERO STATI DEI “POVERI” IMMIGRATI A MILANO O A TORINO, NON SE NE SAREBBE PARLATO TANTO IN QUEL MODO: PER RAZZISMO. Perchè i "poveri" delle borgate o i "poveri" immigrati sono considerati delinquenti a priori. Ebbene i "poveri" delle borgate romane e i "poveri" immigrati, cioè i giovani del popolo, possono fare e fanno effettivamente (come dicono con spaventosa chiarezza le cronache) le stesse cose che hanno fatto i giovani dei parioli: e con lo stesso identico spirito, quello che è oggetto della tua "descrittività”… Franco Fortini: Reversibilità Anassagora giunse ad Atene che aveva da poco passato i trent'anni. Era amico d'Euripide e Pericle. Parlava di meteore e arcobaleni. Ne resta memoria nei libri. Si ascolti però quel che ora va detto. Anche la grandissima Unione Sovietica e la Cina esistono, o l'Africa; e le radio ogni notte ne parlano. Ma per noi, per noi che poco da vivere ci resta, che cosa sono l'Asia immensa, il tuono dei popoli e i meravigliosi nomi degli eventi, se non figure, simboli dei desideri immutabili dolorosi? Eppure - si ascolti ancora - i desideri immutabili dolorosi che mordono il cuore nei sonni e del poco da vivere che resta fanno strazio felice, che cosa sono se non figure, simboli, voci, dei popoli che mutano e si inseguono, degli uomini che furono e che in noi sono fin d'ora? E così vive ancora, parlando con Euripide e con Pericle di arcobaleni e meteore, il filosofo sparito e una sera d'estate ansioso fra capre e capanne di schiavi entra ad Atene Anassagora. Stupro, violenza domestica, prostituzione forzata, pregiudizi nel mondo del lavoro, violenza psicologica … Siamo tutti a conoscenza di questi tipi di violenza . Ma forse sarebbe bene fermarsi a riflettere . Perché sono molte le violenze nascoste … NAPOLI - Un'irruzione “immotivata”: quella degli agenti del Commissariato Arenella, entrati senza mandato al Policlinico Federico II di Napoli dopo aver ricevuto una telefonata anonima che dava la notizia di un feticidio. Si sono invece trovati davanti ad un regolare aborto terapeutico, in pieno rispetto della legge 194. L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: 1. Quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna 2. Quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna. Il ministro della Salute, Livia Turco, commenta: "Sono profondamente turbata, è il sintomo di un clima di tensione inaccettabile, attorno a una delle scelte più drammatiche per una donna come quella di Siamo arrivati al punto di fare e usare denunce anonime ". Manifestazione in piazza a Napoli riguardo la legge 194 3b). Sono vietati: • Ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete, ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche. • Perché è vietata la diagnosi preimpianto? • Abortire: sì o no? • Perché la donna si dovrebbe sottoporre a un doppio intervento, nel caso decidesse di abortire? • E le conseguenze psicologiche della donna? • Non è violenza questa? Scelta drammatica di una donna o pretesto della società per condannarla? 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