...

La ridefinizione dei concetti di spazio e tempo nella teoria della

by user

on
Category: Documents
38

views

Report

Comments

Transcript

La ridefinizione dei concetti di spazio e tempo nella teoria della
Presentismo e
relatività speciale
Mauro Dorato
Dipartimento diFilosofia
Università di Roma 3
[email protected]
teoria
della
“Per noi che crediamo nella fisica, la differenza
tra passato, presente e futuro è solo
un’illusione, per quanto testarda”
(Einstein
alla
moglie
di
Besso,
21
Maggio,
1955).
« devons-nous reconnaître que le temps sépare
l’homme de la nature, ou bien pouvons-nous
construire un mode d'intelligibilité qui s’ouvrirait à
l'idée du temps humain comme expression
exacerbée d’un devenir que nous partageons
avec l’Univers? » (Prigogine and Stengers 1988:
14).
1. Il presentismo


“Nec proprie dicitur Tempora sunt tria: praeteritum,
praesens et futurum; sed fortasse proprie diceretur:
Tempora sunt tria, praesens de praeteritis, praesens de
praesentibus, praesens de futuris. Sunt enim haec in
anima tria qaedam et alibi ea non video: praesens de
praeteritis memoria, praesens de praesentibus contuitus,
praesens de futuris expectatio” (Agostino, Confessiones,
XI, 26).
The present only has a being in nature; things past have
a being in the memory only, but things to come have no
being at all, the future being but a fiction of the mind
applying the sequel of actions past to the actions that are
present (Hobbes 1946, I: 3).
Un viaggio sul treno di Einstein e
la filosofia neopositivista
v
O’
A
d = ct
d = d’ = ct
O
B
La relatività della velocità
illustrata con i diagrammi
spaziotemporali



1. Tale processo, iniziato da Galilei, ha dapprima
coinvolto la velocità di un corpo, da Aristotele ritenuta
sua proprietà intrinseca e opposta alla quiete
2. Con la scoperta della relatività della simultaneità,
esso ha poi toccato ciò che sembra ancor più
intrinseco a un corpo o a un processo, ovvero le
dimensioni spaziali e la durata temporale.
3. La relatività della simultaneità implica che il
presente si riduca, o sia relativo, a un punto e che il
mondo non divenga nel tempo: gli eventi divengano
solo localmente e relativamente a una linea di
universo
Il moto della Terra
attorno al Sole in
un diagramma
spaziotemporale
Linea di universo del Sole (inerziale)
La velocità di un punto materiale è
rappresentata dall’inclinazione della retta
rispetto alla verticale, che è la linea di
universo di una particella in quiete
Immaginiamo un mazzo di carte, e
dipingiamo
un
diagramma
spaziotemporale sul lato delle carte: incliniamo il
mazzo facendo in modo che gli spigoli
formino una linea retta: ecco una
trasformazione di Galileo
Le linee rette (che descrivono le traiettorie delle particelle non
accelerate) rimangono rette. Quindi la legge di inerzia è preservata
da una trasformazione di Galileo. Le trasformazioni di Galileo
preservano anche il tempo. Due osservatori in moto inerziale
reciproco sono d’accordo sugli intervalli temporali trascorsi e
dunque sulla distanza tra oggetti, che è la differenza tra la loro
posizione allo stesso istante.
Ma le trasformazioni di Galilei non preservano le velocità.
L’affermazione che il limite di velocità è 130 Km/ora non ha alcun
senso, anche se non conviene provare questa argomentazione con la
stradale. Sulla base della relatività, questa frase va riespressa nel
modo seguente: “la velocità relativa tra macchina e manto
autostradale non deve eccedere i 130 km/ora: solo le velocità
relative sono grandezze fisicamente significative
1) Un evento esiste sse è presente
2) La relazione di realtà R è transitiva
L’evento e è reale e non è reale per O !!
Quale premessa deve essere abbandonata?

La transitività di ciò che esiste è parte del
significato di realtà oggettiva

In che senso è falso il presentismo?

Il presente fisico si riduce a un punto; quello
psicologico ha una durata non infinitesima
(20 ms), ciò che corrisponde a una sfera di
6000 km di raggio (20 ms x 300.000 km/s)
Il divenire temporale, ovvero la
successione di eventi nel tempo, è relativo
a linee di universo e non è più globale
(almeno nella RS)

La teoria della relatività del 1905 è una tappa
fondamentale
nel
processo
di
“relativizzazione” di proprietà e grandezze dei
corpi prima ritenute intrinseche e di
assolutizzazione di altre quantità

Tale relativizzazione si spinge anche alla
natura processuale della realtà, ovvero alla
nozione di divenire temporale
2. Il principio di relatività esteso
all’elettromagnetismo e l’invarianza di c



L’argomento eisteniano a favore della relatività della
simultaneità
Conseguenze sulla nozione di lunghezza di un oggetto:
poiché per misurare un oggetto dobbiamo determinarne la
lunghezza ad uno stesso tempo, se la simultaneità è relativa a
un sistema di riferimento, anche la lunghezza di un oggetto
dipende dal suo stato di moto
Conseguenza per la lunghezza degli intervalli temporali: gli
oggetti in moto hanno tempi dilatati relativamente agli
oggetti fermi (per noi)
Il paradosso della scala e del garage
Il diagramma di Minkowski come
risoluzione del paradosso
La striscia blu è
la “striscia”
spaziotemporale
del garage.
Quella rossa è
la striscia della
scala
OROLOGIO LUMINOSO FERMO
Orologio in movimento
2Lc < 2L/c [1-(v/c)2]1/2
Quale premessa deve essere abbandonata?

La transitività di ciò che esiste è parte del
significato di realtà oggettiva

In che senso è falso il presentismo?

Il presente fisico si riduce a un punto; quello
psicologico ha una durata non infinitesima
(20 ms), ciò che corrisponde a una sfera di
6000 km di raggio (20 ms x 300.000 km/s)
Il divenire temporale, ovvero la
successione di eventi nel tempo, è relativo
a linee di universo e non è più globale
(almeno nella RS)
Come si giustifica tutto ciò?

TESI:
Data la non osservabilità diretta della
simultaneità tra eventi sufficientemente
lontani (separati da intervalli di tipo spazio),
tale simultaneità può essere in qualche senso
assimilata a una relazione teorica, nella
misura in cui la sua postulazione richiede un
qualche tipo di convenzione o stipulazione.
Ovvero, la simultaneità non è “fattuale”

Si rifletta sulla seguente citazione di Einstein:
«Se vogliamo descrivere il moto di un punto
materiale, diamo i valori delle sue coordinate
come funzioni del tempo. Dobbiamo però tenere
bene in mente che una descrizione matematica
di questo tipo non ha alcun significato fisico se
non abbiamo ben chiaro che cosa dobbiamo
intendere per “tempo”. Dobbiamo tener conto
che tutti i giudizi nei quali il tempo gioca un ruolo
sono sempre giudizi su eventi simultanei. Se per
esempio, dico che “quel treno arriva qui alle
sette” intendo qualcosa come “l’evento dato dalla
lancetta piccola del mio orologio che punta sul 7
e l’arrivo del treno sono simultanei». (Einstein
(1905/1952, p. 39).
Una conseguenza…

È chiaro che per poter affermare la frase
virgolettata nella citazione l’orologio in
questione deve essere nei pressi del treno: il
problema di Einstein diventa allora come
stabilire che un evento molto lontano e non
osservabile direttamente è simultaneo a ciò
che segna qui il mio orologio.
«Potrebbe sembrare che tutte le difficoltà che
riguardano la definizione del “tempo” si potrebbero
superare se sostituissi al posto di “tempo”
l’espressione “posizione della lancetta piccola del
mio orologio”. Una definizione del genere basta
infatti quando si tratta di definire un tempo
esclusivamente nella posizione nella quale si trova
l’orologio; ma la definizione non basta più quando si
tratta di collegare temporalmente serie di eventi che
abbiano luogo in posti diversi, ovvero - il che è
equivalente - valutare temporalmente eventi che
abbiano luogo in posti lontani dall’orologio.»...
Se nel punto A dello spazio si trova un orologio, un osservatore che si trovi in
A può valutare temporalmente gli eventi nell’intorno immediato di A
osservando le posizioni delle lancette dell’orologio simultanee con questi
eventi. Se anche nel punto B dello spazio si trova un orologio aggiungeremo, “un orologio esattamente con le stesse proprietà di quello che
si trova in A” - allora una valutazione temporale degli eventi nell’intorno
immediato di B da parte di un osservatore che si trovi in B è pure possibile.
Non è possibile tuttavia, senza un’ulteriore deliberazione, confrontare
temporalmente un evento in A con un evento in B; finora abbiamo definito
soltanto un “tempo di A” ed un “tempo di B”, ma non abbiamo definito alcun
“tempo” per A e B complessivamente.
Quest’ultimo tempo può essere definito soltanto quando si assuma per
definizione che il “tempo” che la luce impiega per andare da A a B è uguale al
“tempo” che essa impiega per andare da B ad A.
Ossia, parta un raggio di luce al “tempo di A” tA da A verso B, sia al “tempo di
B” tB riflesso verso A e ritorni ad A al “tempo di A” t’A. I due orologi per
definizione camminano sincroni quando
tB − tA = t’A − tB
Il ragionamento di Einstein



Ogni giudizio temporale metrico presuppone, o
e equivalente a, giudizi di simultaneità (“tutti i
giudizi nei quali il tempo gioca un ruolo sono
sempre giudizi su eventi simultanei”)
Solo la simultaneità locale è osservabile
La simultaneità a distanza è frutto di una
stipulazione convenzionale, corrispondente alla
tesi che la velocità della luce sia isotropa
Relatività e convenzionalità?

Ne segue che, se p e q sono sufficientemente lontani tra loro,
non c’è alcun fatto fisico che renda vero un enunciato del tipo “p
è simultaneo a q”?

Se l’inesistenza di tale fatto fisico è equivalente alla relatività
della simultaneità, allora tale inesistenza è non controversa

Se l’inesistenza di tale fatto è equivalente alla convenzionalità
della simultaneità relativamente a una linea di universo inerziale,
allora è più controversa, a causa del teorema di Malament (1977)
La relatività della sim. implica la sua
convenzionalità?



se la simultaneità è relativa alla scelta di un sistema inerziale, allora
c’è un senso in cui essa è anche convenzionale, precisamente perché
non si può (epistemicamente) affermare in alcun modo che due eventi
del genere spazio co-occorrono assolutamente.
se non co-occorrono assolutamente, non c’è un fatto fisico che renda
vera la co-occorrenza: dire che esistono tante co-occorrenze (fatti
relativi) quanti sono gli infiniti sistemi di riferimento inerziali centrati in
un punto è equivalente a dire che non esiste alcun fatto. La non
esistenza di un fatto assoluto implica la non esistenza di un
fatto…epperò
Non si può passare in generale passare da una impossibilità
epistemica ad una non-esistenza ontologica: nel caso della relatività
speciale, l’assunzione di una simultaneità assoluta, per quanto non
contraddittoria, è totalmente superflua
2) Le radici humeane dell’atteggiamento
filosofico di Einstein nel 1905)


Perché tendiamo erroneamente ma “naturalmente”
a credere che esista un fatto fisico che rende vera
un’asserzione del tipo a è simultaneo a b anche
quando a e b sono lontani?
Risposta: perché crediamo “naturalmente” in un
presente cosmico, ovvero riteniamo che esista un
insieme di eventi assolutamente simultanei alla
nostra esperienza locale!

Convinzioni come queste sono profondamente radicate nel
nostro “modo naturale” di percepire il mondo e dunque fanno
parte della sua “immagine manifesta” (Sellars 1963), ed è di non
poca importanza osservare che nella sua impresa rivoluzionaria
Albert Einstein fu aiutato anche dalle sue letture filosofiche (in
particolare Hume.

“Today everyone knows, of course, that all attempts to clarify this
paradox [of light that leads to special relativity] satisfactorily were
condemned to failure as long as the axiom of the absolute
character of time, or of simultaneity, was rooted unrecognized in
the unconscious. To recognize clearly this axiom and its arbitrary
character already implies the essentials of the solution of the
problem. The type of critical reasoning required for the discovery
of this central point was decisively furthered, in my case,
especially by the reading of David Hume’s and Ernst Mach’s
philosophical writings. (1949, p. 5)
Hume e Einstein

Proprio come Hume - che riteneva che la
necessità del legame causale avesse
un’origine puramente soggettiva, e fosse
quindi proiettata inconsapevolemente su un
mondo caratterizzato da mere regolarità anche Einstein concluse che la credenza nella
simultaneità
assoluta
aveva
un’origine
puramente soggettiva, per quanto naturale
essa fosse, e fosse poi proiettata sul mondo
3) L’origine di un illusione “naturale”: ovvero il conflitto
tra immagine manifesta e immagine scientifica del
mondo

The illusion which prevailed prior to the enunciation of the theory
of relativity—that,from the point of view of experience the
meaning of simultaneity in relation to spatially distant events and,
consequently, that the meaning of physical time is a priori clear—
this illusion had its origin in the fact that in our everyday
experience we can neglect the time of propagation of light. We
are accustomed on this account to fail to differentiate between
"simultaneously seen" and "simultaneously happening"; and, as a
result, the difference between time and local time is
blurred.(Physics and Reality, 1936, 299)
Einstein e il neopositivismo

Your exposition is also quite right that positivism suggested
relativity theory, without requiring it. Also you have correctly seen
that this line of thought was of great influence on my efforts and
indeed E. Mach and still much more Hume, whose treatise on
understanding I studied with eagerness and admiration shortly
before finding relativity theory. (Einstein a Schlick, Dicembre 14,
1915, Papers, A, Vol. 8A, Doc.165)

Einstein articola il punto di vista neoempirista nel 1916 in un
intervista con Max Wertheimer, che riporta questa
esemplificazione dovuta allo stesso E: “Suppose somebody uses
the word ‘hunchback.’ If this concept is to have any clear
meaning, there must be some way of finding out whether or not a
man has a hunched back. If I could conceive of no possibility of
reaching such a decision, the word would have no real meaning
for me” (E. a Wertheimer).
La decostruzione della simultaneità a
distanza

Ciò che Einstein realizzò, più o meno
implicitamente, è che l’idea che il presente si
estenda a distanze cosmiche non corrisponde a un
semplice “fatto” indipendente da noi, ma è il risultato
di una nostra assunzione “naturale” che è
assimilabile a un’inconsapevole costruzione teorica:
in quanto tale, essa può essere “decostruita” e
rimpiazzata con un’altra assunzione, assai più
“fedele” ai fatti. In conseguenza di questa
assunzione,
che
discende
dal
postulato
dell’invarianza della velocità della luce, la
simultaneità è relativa e il presente fisico si riduce
da una newtoniana ipersuperficie infinitamente
estesa nello spazio a un mero punto.
Kant e Einstein


il compito di separare nelle teorie scientifiche quello che viene
dal mondo empirico (i “fatti”) e quello che vi “mettiamo” noi è di
origine humeana ma anche kantiana, e fu ripreso poi
nell’Ottocento in modi diversi da due fisici neokantiani come
Hermann von Helmholtz e Heinrich Hertz, le cui opere, non a
caso, Einstein conosceva assai bene.
Tuttavia, è importante ricordare con Michael Friedman (1983)
che in Poincaré, come nel pensiero di Einstein e in quello
neopositivista, la componente “che viene da noi” perde
l’immutabilità e la rigidità dell’a priori kantiano e diventa essa
stessa “flessibile”, o relativa a un particolare contesto teorico. In
una parola, tale componente diventa l’elemento convenzionale e
costruttivo delle teorie scientifiche. In una parola, per E. le teorie
sono libere creazioni della nostra mente

Concepts that have proven useful in ordering things easily achieve
such an authority over us that we forget their earthly origins and
accept them as unalterable givens. Thus they come to be stamped
as "necessities of thought," "a priori givens," etc. The path of
scientific advance is often made impossable for a long time through
such errors. For that reason, it is by no means an idle game if we
become practiced in analyzing the long commonplace concepts and
exhibiting those circumstances upon which their justification and
usefulness depend, how they have grown up, individually, out of the
givens of experience. By this means, their all-too-great authority will
be broken. They will be removed if they cannot be properly
legitimated, corrected if their correlation with given things be far too
superfluous, replaced by others if a new system can be established
that we prefer for whatever reason. (Einstein 1916, 102)
La fortuna dell’analisi
l’analisi “proto-verificazionista” che Einstein fece della nozione di
simultaneità non è solo erede di una ricchissima tradizione
filosofica, ma è stata anche presa ad esempio “paradigmatico”
dal pensiero fisico-filosofico successivo.
Ciò è avvenuto
 sia ad opera del verificazionismo neopositivista dei filosofi del
circolo di Vienna, in base al quale una qualunque proposizione è
dotata di senso se e solo è direttamente verificabile,
 sia dall’operazionismo di P. Bridgman (1936),
 sia ad opera dei fondatori della meccanica quantistica, in
particolare Bohr e Heisenberg, nella misura in cui questi fisici
ritenevano che prima di una misura fosse letteralmente privo di
senso affermare che sistemi fisici il cui stato non è in un
autostato dell’osservabile relativa possedessero delle proprietà
definite

Einstein e il positivismo nella MQ

Vale forse la pena ricordare che riguardo
all’uso che della sua analisi concettuale del
1905 veniva fatto da Bohr, Einstein era assai
insoddisfatto, al punto che affermava che
“una buona battuta non va ripetuta troppo
spesso”!

How does it happen that a properly endowed natural
scientist comes to concern himself with epistemology?
Is there no more valuable work in his specialty? I hear
many of my colleagues saying, and I sense it from
many more, that they feel this way. I cannot share this
sentiment. When I think about the ablest students
whom I have encountered in my teaching, that is, those
who distinguish themselves by their independence of
judgment and not merely their quick-wittedness, I can
affirm that they had a vigorous interest in epistemology.
They happily began discussions about the goals and
methods of science, and they showed unequivocally,
through their tenacity in defending their views, that the
subject seemed important to them. Indeed, one should
not be surprised at this. (Einstein 1916, 101)
Appendice: Bergson e la relatività (Durata
e simultaneità 1923)




Il tempo reale è quello della durata, quello
percepito direttamente dal soggetto
Il tempo dilatato che O attribuisce a O’ (e
viceversa) non è vero tempo, perché non è il
tempo percepito da un osservatore, ma solo
un artificio matematico.
L’effetto gemelli è reciproco, dunque non
reale
Esiste un unico tempo reale, quello di ogni
osservatore
Alcuni scampoli…


“Il tempo vissuto e misurato dal primo fisico nel suo
sistema e il tempo vissuto e misura dal secondo nel
suo, sono l’uno e l’altro dei tempi reali” (cit. in fanotassani, p.181)
“Mentre il tempo attribuito da Pietro al proprio
sistema è il tempo da lui vissuto, il tempo che pietro
attribuisce al sistema di Paolo non è né il tmepo
vissuto da Pietro, né il tempo vissuto da Paolo…è
una semplice espressione matematica destinata a
indicare che è il sistema di Pietro e non il sistema di
Paolo, che è considerato come sistema di
riferimento”
Fly UP