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la crisi del `29 e il new deal - Istituto Tecnico Commerciale Statale "J

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la crisi del `29 e il new deal - Istituto Tecnico Commerciale Statale "J
ISTITUTO TECNICO COMMERCIALE “JACOPO
BAROZZI”
LA CRISI DEL ’29
E
IL NEW DEAL
DI RAIMONDI ELEONORA
CLASSE 5°B MERCURIO
ANNO SCOLASTICO 2003/04
PERCORSO
Le banche
La crisi del
’29
Roosvelt
•New Deal
Il neorealismo
•Fitzgerald:
•“Il grande
Gatsby”
Le teorie
di Keynes
Welfare
State
LA CRISI DEL ‘29
•
L’espansione economica statunitense: Negli anni Venti la fortissima
espansione economica degli Stati Uniti, fondata sulla diffusione delle
innovazioni tecnologiche e sulla crescita dei consumi, era stata
sostenuta da una serie di fattori positivi: l’abbondanza di risorse
naturali, la disponibilità di forza lavoro e le capacità imprenditoriali,
l’esportazione di capitali e il ruolo internazionale del dollaro. I saggi di
sviluppo dell’economia americana furono molto più sostenuti di quelli
europei e l’espansione del mercato interno fu facilitata dal massiccio
ricorso al credito, sotto forma di acquisti rateali e di accensione di
mutui. C’erano anche fattori negativi: gli agricoltori, colpiti da una
flessione dei prezzi agricoli, non partecipavano a questa ondata di
benessere; settore tessile era in difficoltà; nella distribuzione della
ricchezza esistevano ineguaglianze molto accentuate.
•
Il boom borsistico: Tra gli Americani era diffusa la fiducia nella
crescita illimitata della ricchezza e questa aspettativa alimentò una
pericolosa euforia, soprattutto sui mercati azionari. Grazie al basso
costo del denaro le grandi banche largheggiarono nell’apertura di
crediti a quanti intendevano investire nell’acquisto di azioni. Le
quotazioni crebbero con impressionante rapidità. Anche molte società
industriali preferirono gli investimenti in Borsa agli investimenti
produttivi. La media dei titoli alla Borsa di New York si quadruplicò tra
il 1924 e il 1929, con incrementi che raggiunsero il 50 % all’anno. Per i
singoli operatori privati, per gli agenti di Borsa, per le banche, per le
compagnie assicurative, per le imprese, l’investimento azionario si rivelò
un moltiplicatore di ricchezza. La legislazione americana non disciplinava
in alcun modo il settore, né le autorità della Borsa intervennero per
evitare il surriscaldamento del mercato azionario. In particolare la
Federal Reserve (sistema federale di riserva) permise che essa
dilatassero in misura imprudente i loro crediti esponendosi al rischio di
venirsi a trovare a corto liquidità.
•
Il crollo della Borsa di New York: Affinché il boom borsistico
durasse, era necessario che la corsa al rialzo dei titoli non avesse sosta.
Un arresto avrebbe messo in difficoltà i piccoli risparmiatori che
avevano investito in azioni, i possessori di azioni che ancora non le
avevano pagate, gli agenti di cambio che si sarebbero ritrovati in mano
azioni deprezzate, le banche che avevano concesso crediti non
sufficientemente garantiti. Le difficoltà sopraggiunsero nell’autunno del
1929. il detonatore della crisi fu un provvedimento preso dalla Federal
Reserve proprio allo scopo di frenare la corsa speculativa, ovvero il
rialzo del tasso di sconto al 6%. Quasi contemporaneamente anche la
Banca d’Inghilterra rialzò il prezzo del denaro al 6,5%, allo scopo di
attirare capitali in Inghilterra. L’accresciuto costo del denaro e il
parziale dirottamento dei flussi di capitali verso altri impieghi
diminuirono l’afflusso di capitali verso la Borsa. Il 24 ottobre, alla Borsa
di New York, furono messi in vendita oltre 14 milioni di titoli, con una
fortissima diminuzione delle quotazioni. Al giovedì nero del 24 ottobre,
seguì un lunedì altrettanto cupo, finché mercedi 29 la situazione
precipitò. Il panico divenne generale: chiunque aveva in mano delle azioni
si affrettava a metterle in vendita a qualsiasi prezzo, ma la domanda
era pressoché inesistente e le quotazioni crollavano sempre più in basso.
Ci furono disordini, scene di disperazione, suicidi. Le perdite
proseguirono ancora a lungo. Dall’ottobre del 1929 al giugno del 1932 le
azioni persero l’85% del loro valore.
•
La recessione economica: al crollo della Borsa si accompagnò una forte
recessione che colpì l’economia americana e che progressivamente
coinvolse l’intero mondo capitalistico tanto da far pensare che si fosse
dinanzi al <<crollo del capitalizmo>>. La crisi si manifestò con il crollo
dei prezzi, la drastica diminuzione della produzione agricola e
industriale, l’aumento della disoccupazione, la contrazione del
commercio, il fallimento di banche e di imprese industriali. Negli Stati
Uniti i prezzi scesero del 30-50%, la produzione industriale si dimezzò,
i disoccupati raggiunsero la cifra oltre 12 milioni, pari al 25% della
forza lavoro, fallimenti bancari furono migliaia. A livello mondiale la
produzione industriale si ridusse del 30%, il numero dei disoccupati
triplicò, il commercio si ridusse di 2/3. centinaia di migliaia di persone si
trovarono di fronte allo spettro della fame.
•
Lo sviluppo della crisi: le perdite finanziarie provocate dal crollo
borsistico accelerarono il rientro dei capitali investiti all’estero e
provocarono un prosciugamento dei depositi presso le banche. Si
determinò una crisi di liquidità. Rarefacendosi il denaro, i prezzi
presero a scendere. Le banche restrinsero i crediti e cercarono di
tornare in possesso delle somme prestate. Ma saldare i debiti in una
fase di prezzi discendenti era arduo, ragion per cui si ebbero i primi
fallimenti. Dall’altro canto le crescenti difficoltà ad accedere ai
finanziamenti bancari arrestarono quasi del tutto gli investimenti. La
conseguenza fu una contrazione dell’occupazione, il che voleva dire
una diminuzione del reddito complessivo e dunque una diminuzione
dei consumi.
•
L’allargamento della crisi: A partire dal 1930-31 la crisi economica
investì i paesi europei. Il deflusso dei capitali americani mise in
gravissime difficoltà le finanze dei paesi che si sostenevano in virtù di
essi: per esempio la Germania dove si ebbe l’aumento della
disoccupazione. Nel 1931 fallì la maggiore banca austriaca, la Kredit
Anstalt. La corsa al ritiro dei depositi colpì le maggiori banche
tedesche, che furono costrette a sospendere temporaneamente i
pagamenti. La crisi raggiunse il Regno Unito, dove il governo dovette
rinunciare alla convertibilità della sterlina ed innalzare il tasso di
sconto.
ALCUNE CONSEGUENZE DELLA CRISI DEL ’29
•Crescita dell’intervento pubblico in economia: La crisi del 1929 ebbe
conseguenze importanti e di lungo periodo. Infatti fu a partire da questi
anni che divenne abituale pensare che i governi dovessero intervenire,
con appositi strumenti, sui cambi delle valute, sul costo del denaro, sui
livelli dei prezzi e sull’occupazione, allo scopo di tenere sotto controllo gli
andamenti congiunturali dell’economia, in precedenza lasciati al libero
mercato.
•
•
Due diverse strategie di risposta alla crisi: Questo ampliamento delle
funzioni pubbliche portò ovunque al rafforzamento delle prerogative del
potere esecutivo e le misure anticrisi si disposero in due diversi
indirizzi che furono entrambi seguiti da tutti i paesi. Uno fu quello di
evitare il deflusso dei capitali, difendendo il valore della moneta con
provvedimenti che restrinsero la spesa pubblica, il credito e le
importazioni. Questa era una politica di tipo deflazionistico, che aveva
costi sociali piuttosto alti in termini di aumento della disoccupazione. Il
secondo indirizzo fu quello di accettare la svalutazione delle monete e
di rilanciare la produzione e i consumi attraverso un incremento della
spesa pubblica, che si traduceva in un ampliamento dei deficit di
bilancio.
Le ripercussioni della crisi sul commercio internazionale: La crisi
ebbe pesanti conseguenze anche sul commercio internazionale. La
salvaguardia dei prezzi sui mercati interni poteva infatti essere
ottenuta o con la svalutazione della moneta o con il rafforzamento delle
difese doganali. Sulla prima strada si pose la Gran Bretagna con la
svalutazione della sterlina nel 1932, presto imitata da quasi tutti gli
altri paesi. Il Gold Exchange Standard fu così superato dai fatti e si
riaprì una fase di instabilità nei cambi valutari.
Ciò rese difficoltose le operazioni finanziarie e commerciali a livello
internazionale; favorì un processo di coagulazione del commercio
all’interno di aree monetarie circoscritte, come l’area della sterlina,
l’area del franco, l’area del dollaro; alimentò atteggiamenti di ritorsione
da parte dei paesi colpiti nei propri interessi dalle svalutazioni attuate
dai paesi concorrenti. La seconda strada fu seguita dai vari Stati. Col
ritorno al protezionismo i governi si proposero di riservare i residui
sbocchi di mercato alle industrie nazionali e di tutelare gli interessi dei
ceti medi agricoli che erano i più colpiti dal fenomeno generale della
caduta dei prezzi molti governi mirarono a realizzare il massimo
possibile di autosufficienza economica.
Da una riflessione su tutti questi avvenimenti scaturì l’opera
dell’economista inglese John
Maynard Keynes.
La risposta del governo repubblicano alla crisi del 1929 : Nel 1929 gli
Stati Uniti furono colpiti da una crisi economica che assunse col tempo
dimensioni gravissime. Di fronte ad essa l’amministrazione repubblicana
del presidente Hoover si attenne alla linea del non intervento statale
che aveva sorretto l’eccezionale prosperità americana degli anni
precedenti. Hoover riteneva che il ruolo del governo federale
consistesse nel favorire un ritorno alla fiducia e nel ristabilire i normali
circuiti del credito e del mercato, e che a tale scopo fosse necessario
raggiungere il pareggio del bilancio, anche se ciò implicava il
contenimento della spesa sociale.
La crisi toccò il punto più grave nel 1932.
Nel medesimo anno si tennero le elezioni presidenziali che segnarono la
sconfitta di Hoover. Risultò eletto Franklin Delano Roosevelt.
In questi anni nacque una nuova corrente culturale che ha avuto grandi
espressioni in ambito cinematografico e letterario:
Il neorealismo.
JOHN MAYNARD KEYNES
L’economista inglese John Maynard Keynes nacque a
Cambridge nel 1883 e morì a Londra nel 1946; dal 1912
fu direttore dell’Economic Journal, poi divenne
professore di materie economiche all’università di
Cambridge e nel 1913 fu chiamato a far parte di una
commissione economica per le finanze dell’India.
Durante la prima guerra mondiale ebbe incarichi
ministeriali che mantenne anche nella successiva.
Keynes fu il paladino della teorizzazione della funzione indispensabile
dell’intervento pubblico nell’economia. Nel suo pensiero egli sottolineava il
ruolo dello Stato per soddisfare i bisogni degli individui in maniera più equa,
anche attraverso l’erogazione diretta di servizi pubblici. Nel 1936 viene
pubblicata la sua maggiore opera teorica: "Teoria generale dell'impiego,
dell'interesse e della moneta".
L'economista individua nell'insufficiente capacità di consumo delle grandi
masse i motivi reali della grande crisi. Conseguentemente, contrario alla
compressione salariale, vede nell'innalzamento delle retribuzioni una
ricetta per scongiurare i pericoli di un futuro crollo dell'economia.
Anche i tassi di interesse operati dagli istituti di credito devono essere
tenuti bassi per agevolare i prestiti alle imprese. Importante ancora
l'investimento dei capitali industriali in attività produttive e non in
speculazioni bancarie.
Il sistema di tassazione dei redditi e dei profitti da parte dello Stato
avrebbe, poi, creato le condizioni per assicurare al potere esecutivo il
ruolo di centro di coordinamento dell'economia nazionale. Il programma
keynesiano, alla base del cosiddetto Welfare State (in
opposizione alla ricetta ultraliberista del Laissez-faire), è adottato nel
New Deal rooseveltiano e in parte da alcuni governi europei, come quelli
inglese e francese.
Prevede il superamento del Gold-standard (valutazione della moneta in
rapporto alla quantità di riserve auree) attraverso un sistema di
collaborazione e di scambi internazionali che faccia riferimento alle
reali capacità economiche di ciascun paese.
WELFARE STATE
Il welfare state interviene attivamente e massicciamente in campo
sociale e in campo economico. Sinonimi di welfare state possono essere:
stato democratico, stato interventista, stato assistenziale e stato
sociale.
L’avanzata delle classi popolari ha indotto lo stato ad assumersi il compito
di correggere le disuguaglianze e gli squilibri sociali creati da un regime
di libertà economica incontrollata e di adottare provvedimenti a favore
degli strati più deboli. Le crisi economiche hanno dimostrato che la libera
azione delle forze di mercato poteva portare a periodi di depressioni e di
disoccupazione di massa.
Lo stato democratico sociale ci colloca tra lo stato liberale e lo stato
socialista. Accanto all’economia privata ( che è fondamentalmente libera )
esiste un’economia pubblica gestita dallo stato. Infatti questo è un
sistema a economia mista.
Lo stato interviene ampiamente per correggere e guidare la società
civile; lo stato civile influenza profondamente la vita dello stato
attraverso le elezioni, l’azione dei partiti, dei sindacati, degli altri
gruppi organizzati.
LA CRISI DEL WELFARE STATE
Con l’espansione dei compiti dello stato iniziano ad affiorare gravi
inconvenienti. Negli ultimi vent’anni sono riemersi impostazioni liberiste
che sostengono la necessità di arginare l’allargamento dei compiti
statali, di frenare l’espansione della spesa pubblica, di privatizzare le
imprese controllate dallo stato e di lasciare maggiore autonomia
all’iniziativa privata.
La crisi del welfare state non ha comportato un generale
smantellamento dei compiti sociali e assistenziali dello stato, ma ha
contribuito a ridimensionare il peso dello stato nella società.
FRANKLIN DELANO
ROOSEVELT
Franklin Delano Roosevelt nacque ad Hyde Park, New
York, il 30 gennaio 1882 da un'antica famiglia con
lontane origini olandesi e morì nel 1945.
Franklin era un lontano parente di Theodore
Roosevelt . Egli era stato sottosegretario alla marina
con Wilson.
Nel 1921 si ammalò di paralisi infantile spinale per
aver preso un bagno freddo e fu costretto ad
abbandonare la politica.
Nel 1928 fu eletto governatore dello Stato di New York, combattendo per
l'abolizione del proibizionismo.
Nel 1932 si candidò per il partito democratico per le presidenzali e si
presentò agli Americani promettendo che li avrebbe fatti uscire dalla
crisi. Il punto essenziale fu la promessa di una sperimentazione ardita e
tenace che gli valse la fiducia degli elettori; egli promise che il governo
avrebbe agito. L'8 novembre vinse le elezioni.
Così nel 1933 ebbe inizio l’esperienza del
New Deal.
NEW DEAL
•
Le riforme economiche del New Deal : Roosevelt fece subito
approvare dal Congresso una serie di provvedimenti anticrisi. Anzitutto
la Federal Riserve intervenne in soccorso delle banche. Fu poi avviata
una politica di rilancio dell’economia, seguendo la strategia di
un’inflazione controllata: la parità aurea del dollaro fu abbandonata e la
Federal Riserve fu autorizzata ad emettere moneta cartacea fino a 3
miliardi di dollari. Per allevare il deficit del bilancio federale, furono
ridotti del 15 % gli stipendi degli impiegati e le pensioni di guerra e fu
istituita un’imposta sugli alcolici, la cui vendita tornò ad essere
autorizzata.
Allo scopo di sostenere i prezzi l’Agricultural Adjustment Act stanziò
fondi federali a favore degli agricoltori. Il pacchetto di misure più
importanti fu contenuto nel National Industrial Recovery Act, che si
propose di rilanciare e riordinare il settore industriale. Furono stanziati
aiuti per le piccole imprese e gli artigiani; vennero istituiti i contratti
collettivi di lavoro, la settimana lavorativa fu fissata a 36 ore per gli
operai e a 40 per gli impiegati, il lavoro minorile fu proibito. Inoltre il
NIRA lanciò un vasto programma di lavori pubblici.
•
Le riforme sociali del New Deal : Nei primi due anni il New Deal mirò a
riattivare la circolazione della ricchezza e a ricostituire i margini, di profitto
delle imprese private, nel quadro di un’economia di mercato in parte controllata
dal governo. Seguì una fase di più intenso impegno sul piano sociale. Nell’agosto
del 1935 il Social Security Act pose le basi di un vasto sistema di previdenza
sociale esteso agli anziani, agli inabili, ai disoccupati, alla protezione della
maternità e dell’infanzia, al potenziamento dei servizi sanitari.
•
Un bilancio dei primi anni del New Deal : Nel complesso i risultati ottenuti
furono lusinghieri in termini di ripresa delle attività economiche, ma
comportarono un ingente aumento della spesa pubblica : nel 1936 il deficit del
bilancio defecale toccò i 3,5 miliardi di dollari. Fu su questi aspetti che si
appuntarono le critiche dell’opposizione repubblicana.
•
Le elezioni del 1936 : Nel 1936 Roosevelt venne rieletto, nonostante
l’opposizione della grande stampa e dei circoli finanziari, grazie al voto dei
lavoratori industriali, delle popolazioni di colore e di tutti i beneficiari dei
programmi di assistenza pubblica.. Il successo elettorale lo incoraggiò a
presentare ulteriori misure radicali sulle affittanze agricole sui salari e
sull’orario di lavoro, sull’edilizia popolare, sul riordino della pubblica
amministrazione e del prelievo fiscale.
•
Le resistenze della Corte Suprema : Le opposizioni, sconfitte
politicamente, trovarono un baluardo nella Corte Suprema che difese le
prerogative dei singoli Stati e si oppose all’allargamento delle
competenze federali, invalidando buona parte della legislazione
rooseveltiana. Roosevelt presentò un progetto di riforma che intendeva
rendere il supremo organo giudiziario più ligio alla volontà dell’esecutivo.
Per questo egli venne criticato anche da parte dei liberali. La questione
si risolse con un compromesso.
•
L’intensificazione degli scioperi : altri attacchi furono portati
all’amministrazione Roosevelt sul tema degli scioperi. Nel 1935-36 era
nato il Commitee for Insutrial Organization, una nuova organizzazione
sindacale d’impostazione più radicale. Essa lanciò una campagna di
scioperi accompagnati da sit-in operai nelle fabbriche occupate.
Tuttavia una forma di lotta come l’occupazione delle fabbriche appariva
illegale ai conservatori e anche a parte dell’opinione pubblica liberale e
democratica e il governo fu accusata di non aver tutelato la libertà
d’impresa.
•
Il risorgere di difficoltà economiche : queste difficoltà politiche
precedettero una nuova ricaduta dell’economia, che si manifesto verso
la fine del 1837 e non fu affrontata con adeguati strumenti.
L’interventismo riformista dell’amministrazione rooseveltiana ebbe
comunque il merito di aver tentato di rimettere in moto il meccanismo
dell’economia americana all’interno di un quadro di democrazia, senza
cedere alla lusinghe di chi sosteneva che solo regimi affatto diversi,
come quelli comunisti e fascisti, erano in grado di raccogliere l’eredità
del capitalismo.
•
La politica estera : Proprio di fronte a questi regimi gli Stati Uniti si
trovarono nella necessità di definire la propria politica estera. Per gli
ambienti conservatori i pericoli alla pace venivano dall’URSS e dal
Giappone e perciò essi erano favorevoli a una politica di non intervento
nelle questioni europee. Al momento dello scoppio della guerra gli Stati
Uniti restarono neutrali e alle elezioni del 1940 sia il candidato
repubblicano sia Roosevelt si impegnarono ad evitare che gli Stati Uniti
intervenissero militarmente nella guerra. Roosevelt venne ancora
rieletto, ma stavolta il suo vantaggio risultò contenuto.
IL NEOREALISMO
Il neorealismo nel cinema è dimostrato da De Sica e Rossellini, i film più
famosi sono: “Ladri di biciclette”, “Roma città aperta” e “Sciuscia”.
Nella letteratura italiana il neorealismo fu espressione della guerra
civile d’Italia che si verificò a partire dal 08/09/1943.
I neorealisti avevano la convinzione di essere gli unici ad aver creato un
movimento culturale e civile italiano.
Rifiutavano la letteratura precedente e in più il decadentismo che viene
accusato di aver preparato il territorio al fascismo: l’esaltazione
dell’irrazionale, il bel gesto sono alcune forme attraverso le quali il
fascismo è entrato nelle menti degli italiani.
Di D’Annunzio rifiutavano l’idea di poeta vate, di superuomo, il culto del
bel gesto, l’esaltazione dell’impresa che distingue l’uomo dagli altri,
dicono che tutti questi atteggiamenti hanno preparato il fascismo.
Di Pascoli rifiutavano il poeta che rimane chiuso nel nido familiare,
l’isolamento.
Di Montale rifiutavano la sua idea che la poesia non debba dare
espressione politica.
I neorealisti hanno fiducia in una nuova forma di intellettuale, un
intellettuale (uomo di cultura) che viene visto come una persona che
dovrebbe fare dei film, una letteratura che esprime la realtà della
storia italiana del tempo.
Dicono che in Italia sono i primi che, anche se sono poeti, hanno
condiviso le esperienze del popolo, hanno condiviso la guerra.
Sono una categoria nuova e diversa, la migliore della storia italiana e con
loro la letteratura può partire da zero.
Le principali tematiche del neorealismo sono:
–
–
–
–
la lotta partigiana (Calvino, Fenoglio, Pratolini, Cassola);
la situazione di disorientamento che la popolazione visse nella guerra e nel
secondo dopo guerra (Pavese, Moravia);
la testimonianza che riguarda i campi di sterminio (Primo Levi);
la frattura tra il nord e il sud d’Italia negli anni 43-45 (Silone).
Gli elementi comuni a tutte queste tematiche sono la volontà di trovare
i motivi ispiratori dalla realtà che è vista come espressione dei momenti
più bui dell’Italia però dicono che nonostante sia un periodo buio e
difficile hanno la possibilità di costruire un futuro diverso per l’Italia.
Gli scrittori sanno quali sono le esigenze del popolo.
La consapevolezza si capisce nell’uso della lingua e questo si collega agli
americani, dicono che il linguaggio deve essere l’italiano parlato cioè
l’italiano di chi parla in dialetto, costruzioni sintattiche regionali,
linguaggio di chi l’italiano lo parlava quando era fuori casa e riprende gli
americani che usano una libertà di linguaggio immediato, molti italiani
tradussero gli americani.
La lingua nei libri da loro scritti è discorsiva, non solenne, che presenta
ripetizioni, periodi brevi e collegamenti con e alle subordinate, prevale il
discorso diretto o l’indiretto libero, anche questo era tipico degli
americani.
Un americano che fu espressione di tutte queste caratteristiche fu
Francis Scott Fitzgerald.
FRANCIS SCOTT
FITZGERALD
Nato a St. Paul in Minnesota, il 24 settembre 1896,
Francis Scott Fitzgerald proviene da una famiglia
benestante: il padre, gentiluomo del Sud, gestisce un
mobilificio che però fallisce in pochi anni. La ricchezza
della famiglia della madre, cattolica irlandese,
permette al giovane Francis Scott di frequentare
ottime scuole, sui cui giornali pubblica i suoi primi
racconti. Egli morì nel 1948.
Nel 1925 pubblicò una delle sue opere più importanti:
“Il grande Gatsby”
.
Con questo libro Fitzgerald raggiunse il suo picco letterario, ma non quello
economico, perchè il libro rimase quasi invenduto; fu costretto così a
riprendere il lavoro di novelliere per i giornali, per questo divenne lo
scrittore più pagato d’America.
IL GRANDE GATSBY
Il Grande Gatsby è sicuramente l'icona più rappresentativa di quelli che
furono gli "anni ruggenti". Col romanzo Fitzgerald vuole ribadire le
accuse, che spesso ha mosso, contro il materialismo della società. Il
libro può essere definito come una satira amara sull'"età del jazz", un
periodo di successo apparente ma di profondo caos morale in cui si sono
persi tutti i valori tranne la ricchezza.
La trama
Nick Carraway, nato in una famiglia agiata del Middle West, laureatosi
ormai da qualche anno, si trasferisce all’inizio dell’estate del 1922 sulla
costa orientale, e, più precisamente, nel villaggio di West Egg, nei pressi
di New York.
Non conoscendo nessuno in questa zona, Nick accetta volentieri l’invito
a pranzo di una sua lontana cugina, Daisy, che abita con il marito Tom
Buchanan al di là della baia; al pranzo è presente anche un’altra ospite,
la giovane golfista Jordan Baker, la quale rivela piuttosto
indiscretamente a Nick che Tom ha una relazione con un’altra donna,
cosa risaputa da tutti in paese. Qualche giorno dopo, durante una gita
con Tom, Nick conosce anche l’amante di questi: si tratta di Myrtle
Wilson, una giovane donna sposata con il proprietario di un’officina
meccanica.
Il vicino di casa di Nick, conosciuto da tutti come il signor Gatsby, è
celebre per la sua lussuosissima casa, per il suo misterioso passato e
per le sue grandi e sfarzose feste, a cui un sabato sera viene invitato
anche Nick stesso. A questa festa Nick rincontra Jordan, con la quale
inizia ad uscire, e conosce di persona il signor Gatsby, diventandone
rapidamente amico. Gatsby racconta all’ospite del suo povero passato, di
come si sia arricchito e del suo amore giovanile nei confronti di Daisy e
gli domanda di organizzare un appuntamento tra lui e sua cugina.
L’incontro è molto imbarazzante per tutti, ma permette a Gatsby di
mostrare alla donna amata tutte le sue ricchezze, per mancanza delle
quali anni prima il loro rapporto era giunto al termine.
Alla festa successiva sono presenti anche i coniugi Buchanan ed è in
questa occasione che sboccia nuovamente l’amore tra il padrone di casa
e la donna.
Verso la fine dell’estate, durante un pomeriggio passato a New York,
Daisy ammette davanti a tutti i presenti il suo amore per il compagno di
gioventù e si allontana con lui.
Durante il ritorno verso casa, la donna, che in compagnia dell’amante è
alla guida della sua macchina, investe ed uccide Myrtle Wilson. Il signor
Wilson, che aveva scoperto la relazione della moglie con Tom, si scaglia
inizialmente su di lui, che però gli dice che era Gatsby a guidare la
macchina; Wilson allora, prima di suicidarsi, uccide il presunto assassino
di sua moglie.
La vita di Gatsby termina in solitudine: al funerale ci sono solo il padre,
che ha avuto la notizia tramite il giornale, e Nick, che decide di tornare
nell’ovest rompendo definitivamente con Jordan.
I personaggi
JAY GATSBY :
é ovviamente il Grande Gatsby, e incarna il simbolo del sogno americano.
Non sappiamo come sia diventato ricco, ma è sicuro che abbia usato
mezzi illegali, e tutto questo solo per riconquistare Daisy.
NICK CARRAWAY:
è il narratore; arriva e New York per lavoro, tutti si fidano di lui e lo
coinvolgono in storie d'amore, corruzione e omicidi, appare come l'unico
puro fra tutti i corrotti, viene usato da Gatsby per incontrare Daisy e
sta sempre in mezzo quando si incontrano. Ha più stima di sé di tutti gli
altri, ma non ci si deve fidare come narratore, perché lui stesso dice
che non giudica le persone come lo fa la storia (nel I capitolo). L' unico
personaggio che invidia è Gatsby. Viene dal Mid West per diventare
ricco ma non succede, sebbene tutti siano ricchissimi. Nick è molto
adeguato per fare il narratore perché è vicino a i personaggi principali :
Daisy è sua cugina e Gatsby è il suo vicino di casa. Tom è un suo vecchio
collega all'università di Yale.
DAISY:
è l'oggetto del desiderio di Gatsby, si fa comprare dal marito Tom con
una collana da 3000 dollari, è il simbolo della società del consumismo
che ha perso i valori spirituali per seguire solo scopi materiali,infatti
vede solo l'apparenza delle cose, perchè considera la materia al primo
posto.Non ha una grande forza di volontà e si spezza facilmente, è la
pura material girl e anche Gatsby cerca di comprarla con la sua immensa
casa e le sue belle camicie. I Buchanan, Tom e Daisy sono ricchissimi e
vivono a East Egg, in una meravigliosa casa coloniale proprio sulla baia.
TOM BUCHANAN:
è l'antagonista, compagno di Nick a Yale e marito di sua cugina Daisy,ha
una relazione con Myrtle Wilson e non la nasconde, come tutti i
personaggi è interessato solo ai beni materiali, proviene da una famiglia
ricca. Mentre Gatsby combatteva nella I Guerra Mondiale lui usava la
sua ricchezza per conquistare Daisy.Tratta Myrtle peggio di Daisy,
infatti alla moglie regala una collana di perle e all'amante un cane...
forse è una metafora per dire che Myrtle è il suo "cagnolino".E' il
ragazzaccio della storia, fatto apposta per non suscitare la simpatia del
lettore, è anche razzista, come dimostra sostenendo la teoria della
superiorità della razza bianca.
MYRTLE :
è l'amante di Tom, si fa trattare come vuole lui e non le dispiace,
preferisce essere trattata come un cane da chi ha molti soldi che con
amore dal marito povero che ha preso in prestito l'abito delle nozze,
crede di aver fatto meglio del marito perché ha una relazione col ricco
Tom. Il marito la ama ma anche lei è interessata solo ai beni materiali.
si pente di aver sposato solo un benzinaio perché è convinta che
avrebbe potuto ottenere di più dalla vita, e Tom l'acceca con i soldi e la
vita lussuosa che lei ha sempre desiderato.
JORDAN :
giocatrice di golf, fa incontrare Gatsby con Nick e poi con Daisy (errore
fatale) dà importanza al personaggio di Nick perchè hanno una specie di
relazione, sembrerebbe quindi solo un personaggio di sfondo che serve
all'autore per collegare fatti e personaggi. Negli anni 20 non era
normale per una donna giocare a golf, lei si comporta come un ragazzo,
come era di moda nei "Roaring twenty" quando le maschiette
cominciavano a fumare e a bere alcool nei locali clandestini insieme a gli
uomini.Non è attenta alla vita,lo dimostra il modo in cui guida..
GEORGE WILSON :
è il marito di Myrtle, fa il benzinaio nella zona più sporca di New York,
la moglie lo tradisce sotto il naso e non se ne accorge. La "valley of
ashes" dove George ha la pompa di benzina ora è il Queens.
MEYER WOLFSHEIM:
è il legame di Gatsby alla malavita e forse la soluzione del mistero su
come abbia accumulato le sue ricchezze, potrebbe essere lo sconosciuto
che nel 1919 ha manipolato la World Series!
Commento
I due temi principali dell’intero romanzo si possono individuare
nell’amore di Gatsby per Daisy e nel sogno che il protagonista porta con
sé per tutta la vita.
Personalmente a me questo tipo di romanzo è piaciuto perché fa capire
che tutto cambia e l’unico modo per evitare la disillusione è prenderne
atto, non si può avanzare per cercare di raggiungere sogni del passato
senza rendersi conto che sono già alle nostre spalle.
LE BANCHE
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA CREDITIZIO ITALIANO
Nel corso degli anni l’attività delle banche nel nostro paese ha subito una
profonda evoluzione sotto l’impulso degli avvenimenti che storicamente hanno
segnato le scelte economiche, sociali, politiche e finanziarie, nonché delle
direttive europee in materia, via via recepite nel nostro ordinamento giuridico.
Alcuni degli altri fattori che hanno concorso a produrre le profonde
trasformazioni del nostro sistema bancario sono:
 la globalizzazione dei mercati, la quale ha fatto crescere la concorrenza tra
i vari intermediari finanziari;
 la deregolamentazione, cioè la riduzione degli interventi e dei vincoli posti
all’attività bancaria da parte delle autorità creditizie;
 il processo tecnologico, che ha inciso sulle modalità di svolgimento delle
operazioni, sulla tipologia dei prodotti offerti e sull’assetto organizzativo
delle banche;
 l’aumento del tasso di bancarizzazione delle società, per cui privati e
imprese si rivolgono sempre più spesso alle banche per ottenere servizi
innovativi;
 i processi di disintermediazione, che caratterizzano la tradizionale funzione
creditizia delle banche, il quanto le famiglie investono parte dei loro risparmi in
prodotti non bancari e le imprese ricorrono sempre più frequentemente
all’emissione di titoli, riducendo così il ricorso ai presiti bancari.
Le norme del 1926
Dalla formazione dello Stato unitario fino ai primi decenni del XX secolo l’attività
delle banche si svolse praticamente senza vincoli e limitazioni, in un regime di
quasi completa autonomia operativa. Il sistema bancario era costituito da un
grande numero di banche, molte delle quali avevano una struttura patrimoniale
debole ed impiegavano una consistente parte dei depositi in operazioni di credito
a medio e lungo termine e nell’assunzione di partecipazioni in imprese industriali e
commerciali.
La debolezza di questo sistema emerse con alcuni dissesti bancari, tra cui il
fallimento della Banca Italiana di Sconto, nel 1921; questi fatti imposero la
necessità di un intervento normativo rivolto a tutelare gli interessi dei
risparmiatori e a dare una maggiore stabilità al sistema, imponendo alle aziende
di credito una serie di controlli, di obblighi e di divieti.
Nel 1926 furono emanati alcuni decreti i quali:
 fecero della Banca d’Italia l’unico istituto di emissione;
 sottoposero tutte le banche alla vigilanza della Banca d’Italia;
 alla Banca d’Italia fu anche affidato il compito di autorizzare la costituzione di
nuove aziende di credito, l’apertura di nuovi sportelli e le fusioni fra banche;
 imposero alle banche una serie di obblighi tra cui:
o l’iscrizione in un apposito Albo;
o l’accantonamento a riserva legale di almeno il 10% degli utili;
o la presentazione del bilancio d’esercizio e di situazioni periodiche alla
Banca d’Italia.
La riforma bancaria del 1936
La legislazione del 1926 si dimostrò poco organica e risultò carente in
particolare sul versante della disciplina dell’esercizio del credito,
manifestandosi inadeguata ad evitare pericolosi squilibri fra la raccolta e gli
impieghi.
Quando la grande crisi mondiale del 1929 investì il nostro Paese il nostro sistema
bancario era ancora fortemente legato alla grande industria e perciò si trovò in
gravi difficoltà.
Lo Stato dovette intervenire con un duplice obiettivo:
 favorire il finanziamento degli investimenti durevoli delle imprese mediante
mutui a medio- lungo termine;
 rilevare le partecipazioni industriali possedute dalle banche onde restituire ad
esse la necessaria liquidità.
Nacquero, così, l’IMI (Istituto mobiliare italiano), sorto nel 1931, e l’IRI (Istituto
per la ricostruzione industriale), costituito nel 1933 e divenuto il perno del sistema
delle partecipazioni che lo Stato si era trovato a possedere in seguito agli
interventi di cui si è detto.
Le carenze legislative evidenziate dalla grande crisi e dagli avvenimenti che la
seguirono resero necessaria una radicale riforma del sistema bancario realizzata
con una serie di decreti il principale dei quali fu il RDL 12 marzo 1936, n° 375.
La riforma bancaria del 1936 fu un intervento organico, integrale e unitariocce
poggiava sui seguenti punti:
 istituzione di un organismo statale avente funzioni di alta vigilanza e di direzione
politica dell’attività creditizia;
 introduzione della specializzazione istituzionale, temporale e operativa degli
enti di credito; questo comportava la coesistenza di diverse categorie giuridiche di
banche, pubbliche e private, che operavano in determinati ambiti territoriali (ad
esempio regionale) e in certi settori ( ad esempio, alcune si dedicarono al credito
agrario, altre al credito industriale). In questo contesto fu fondamentale la netta
distinzione fra le banche operanti a breve termine (o banche di credito ordinario)
e gli istituti operanti a medio- lungo termine;
 affermazione del principio della separatezza tra banche e industria, per cui le
banche non potevano assumere partecipazioni in imprese industriali, commerciali,
ecc.
Il rinnovo della legislazione
I principi introdotti dalla “legge bancaria” del 1936 sono rimasti validi per diversi
decenni. Le profonde trasformazioni economiche, sociali e politiche che hanno
caratterizzato la storia recente hanno condotto, maggiormente a partire dagli anni
70, a un progressivo adeguamento di quel quadro normativo, prima con
provvedimenti delle autorità creditizie e poi in via legislativa, a recepimento delle
direttive comunitarie.
Le prime innovazione, rivolte a introdurre elementi di maggiore concorrenza ed
efficienza nel settore bancario, riguardano:
 l’omogenizzazione operativa delle banche di credito ordinario, la cui attività è
andata progressivamente uniformandosi, nonostante la diversa origine storica, la
diversa forma giuridica e la natura pubblica o privata delle stesse;
 l’avvio del processo di despecializzazione temporale delle banche; pur restando
il principio della specializzazione temporale, già dai primi anni ’80 alle banche di
credito ordinario fu consentita una certa operatività oltre il breve ( cioè oltre i
18 mesi).
La legge Amato
La ristrutturazione delle banche di diritto pubblico secondo le norme della
società per azioni ha avuto un ruolo importante nel processo di razionalizzazione
del nostro sistema bancario.
Questo processo fu promosso e sostenuto dalla legge 30 luglio 1990, n°218
(“legge Amato”), i cui obbiettivi fondamentali erano:
 rafforzare la struttura patrimoniale delle banche rendendo loro possibile il
ricorso al mercato per la provvista di nuovo capitale di rischio, cioè per la loro
ricapitalizzazione;
 favorire una gestione agile e trasparente e individuare con chiarezza doveri e
responsabilità degli organi ad essa preposti;
 porre il necessario presupposto per la “privatizzazione” degli istituti pubblici;
 agevolare i processi di concentrazione delle banche, mediante operazioni di
fusione tendenti a produrre dimensioni aziendali competitive a livello europeo.
Le successive tappe fondamentali del processo di trasformazione del nostro
sistema creditizio furono, però:
• la II Direttiva di coordinamento bancario (Direttiva 89/646/CEE), recepita
nel 1992;
• il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, emanato nel 1993.
LE FUNZIONI DELLA BANCA MODERNA
La banca moderna , chiamata a interpretare nell’era della globalizzazione le
esigenze che nascono dalle profonde e continue trasformazioni dei mercati e
delle condizioni operative delle imprese, nonché dai mutamenti nei
comportamenti dei privati, svolge un’attività sempre più ampia e complessa.
Nelle attuali aziende bancarie, infatti, non soltanto si ritrovano perfezionate e
potenziate le fondamentali operazioni che tradizionalmente caratterizzano
l’attività degli antichi banchieri ma sono presenti anche funzioni nuove, che
vanno ben al di là di quelle che si qualificano come funzione monetaria e
funzione creditizia.
Le banche hanno sviluppato una vasta gamma di “prodotti- servizi” innovativi,
caratterizzati da elevato contenuto tecnologico, e hanno ampliato
significativamente le loro funzioni.
Le moderne istituzioni creditizie svolgono fondamentalmente le seguenti funzioni:
1.
la funzione di politica economica:
le autorità creditizie sono sempre intervenute a disciplinare la raccolta del
risparmio e l’esercizio del credito, con provvedimenti rivolti a porre vincoli,
limitazioni o incentivi all’attività creditizia. Tale provvedimenti sono
l’espressione di una politica monetaria tendente a provocare restrizione o
un’espansione del credito secondo le esigenze della congiuntura economica
generale, oppure a indirizzare il credito in maniera selettiva, convogliando
verso i settori produttivi che gli indirizzi di politica economica ritengono di
dover privilegiare. Le banche trasmettono al sistema economico e rendono
operanti le decisioni governative di politica monetaria e creditizia, svolgendo
un ruolo decisivo ai fini del progresso economico e sociale del Paese.
2.
la funzione stimolatrice del risparmio e della produzione:
il risparmio rappresenta la vera e propria “materia prima” dei processi
produttivi delle banche e ciò spiega come esse siano interessate a favorirne
la formazione anche con azioni pubblicitarie e promozionali. Ma l’azione delle
banche è anche di stimolo alla produzione. Il risparmio affluito al sistema
bancario alimenta i vari settori produttivi stravero i prestiti concessi alle
imprese e da queste investiti in fattori produttivi a breve e a lungo ciclo di
utilizzo. Una parte dei risparmi raccolti affluisce alle famiglie sotto forma
di prestiti personali o di credito al consumo. Anche qui si ha indirettamente
una spinta al consumo, in quanto i fondi ricevuti vengono utilizzati per
acquistare beni o servizi, sicché l’azione delle banche fornisce in ogni caso
un forte stimolo all’espansione delle attività industriali e commerciali.
Attualmente i tassi di interesse con cui sono remunerati i risparmi impiegati
nelle forme tradizionali non sono tali da esercitare una forte attrattiva sui
risparmiatori, i quali tendono in misura crescente a dirigere i loro capitali
verso altri tipi di impieghi. Le forme tradizionali di deposito conservano una
loro funzione e una loro ragion d’essere soprattutto per i seguenti motivi:
- rendono possibile anche l’impiego di risparmio di importo assai
limitato;
- hanno un elevato grado di liquidità, in quanto generalmente
consentono la disponibilità “a vista” delle somme depositate;
- sono praticamente investimenti privi di rischio o con un grado di
rischio quasi nullo.
3.
la funzione di servizi:
accanto ai servizi tradizionali, quali l’incasso di effetti di ricevute bancarie,
la custodia e l’amministrazione di titoli, le locazioni di cassette di sicurezza,
i servizi di tesoreria per conto di enti, si sono affermati nuovi tipi di servizi
e in particolare:

alcune forme innovative di utilizzazione delle disponibilità
monetarie (cassa continua, sportelli automatici);

servizi di “canalizzazione bancaria” di numerosi pagamenti
(stipendi, pensioni);

tutta una serie di operazioni e servizi collaterali, prestati a volte
direttamente dalle banche e a volte indirettamente, tramite
società controllate o collegate cui essi forniscono il supporto della
loro organizzazione territoriale (factoring, leasing).
Dal gennaio 1997 è in gran parte venuto meno l’esercizio del servizio di
tesoreria per conto dei Comuni, in quanto questi sono ora tenuti a gestire le
proprie liquidità, tranne i fondi con destinazione specifica, tramite un conto
della Tesoreria unica presso le competenti Sezioni provinciali di Tesoreria
dello Stato.
4.
la funzione di investimento:
le disponibilità finanziarie che provengono dalla raccolta del risparmio e
quelle rappresentate dal capitale proprio sono destinate a forme durevoli di
impiego costituite da:

investimenti strutturali- organizzativi, cioè beni necessari per
l’impianto e per lo sviluppo della propria struttura operativa
(immobili, impianti di sicurezza);

investimenti in titoli- immobilizzati e non immobilizzati, a seconda
che si tratti di impieghi durevoli o meno- e in diverse estere.
Alla categoria degli impieghi in titoli immobilizzati appartengono le
partecipazioni strategiche in altre banche e quelle in società controllate e
collegate, costituite per l’esercizio di attività collaterali a quella bancaria.
5.
la funzione creditizia:
la funzione creditizia è la funzione bancaria più tradizionale, traendo le
proprie ormai remote origini da quando il deposito di denaro si trasformò da
deposito regolare in deposito irregolare.
L’elemento che sta alla base della funzione creditizia è la fiducia di coloro
che affidano i propri risparmi alle banche e la fiducia di queste nei soggetti
che esse finanziano, anche se spesso le banche si tutelano richiedendo
idonee garanzie reali e personali.
La funzione creditizia non si esaurisce in un’attività di intermediazione: la
banca non si limita a porsi come semplice “mediatrice” tra chi deposita e chi
necessita di fondi, ma svolge un’azione di trasformazione del credito, nonché
una vera e propria creazione o produzione del credito:

trasformazione del credito, nel senso che la banca acquista credito
a certe condizioni di durata, di remunerazione e concede credito
secondo forme, modalità e condizioni diverse; cioè la banca attua
una rielaborazione sotto il profilo temporale ed economico del
credito ricevuto, adattandolo alle esigenze degli operatori che ad
essa si rivolgono;

creazione o produzione del credito, perché in termini quantitativi il
sistema bancario è in grado di offrire credito per importi maggiori
di quelli dei depositi raccolti.
Sarà sufficiente che le banche tengano a disposizione in forma liquida solo la
cosiddetta riserva di liquidità che è una percentuale dei depositi raccolti,
mentre potranno utilizzare per impieghi creditizi la differenza.
Le somme date in prestito, però, riaffluiscono in gran parte alle banche
sottoforma di ulteriori depositi e questi a loro volta consentiranno di
concedere altri crediti, innescando così un processo espansivo di notevoli
proporzioni.
6.
la funzione monetaria:
la funzione monetaria delle banche consiste nell’azione indirizzata a
integrare i mezzi di regolamento degli scambi nazionali e internazionali sia
mediante la moneta bancaria (assegni di c/c e assegni circolari), sia
tramite moneta scritturale, rappresentata dai giroconti, con la quale i
rapporti fra creditore e debitore vengono estinti con semplici
scritturazioni contabili nei rispettivi conti bancari.
Nel mondo degli affari per il regolamento delle posizione debitore vengono
decisamente preferiti i canali e i mezzi di pagamento bancari.
Da diversi anni la funzione monetaria si va caratterizzando per il
progressivo ricorso a forme di trasferimento elettronico di fondi (EFT),
delle quali si hanno esempi:

nell’esecuzione elettronica di giroconti fra aziende di credito o
fra correntisti di una stessa banca o di banche diverse;

nei POS, costituiti da terminali, collocati presso le casse di
determinati esercizi commerciali con un addebito automatico del
proprio conto corrente e il contemporaneo accredito di quello del
venditore.
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