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il pensiero e la poetica
Giovanni Pascoli La presente U. D. affronta la tematica della natura vista in rapporto ai sentimenti dell’uomo. L’ambito disciplinare interessato è: italiano. I destinatari sono alunni del secondo anno del liceo socio psicopedagogico. La Vita Tecniche espressive Il pensiero e la poetica Novembre e Myricae Il Simbolismo Verifiche Info Elena Smaldone Esci PREREQUISITI All’inizio dello studio di questa U. D. l’alunno deve : •riconoscere un testo poetico; •comprendere e decodificare un testo poetico; •saper cogliere il messaggio di un testo poetico; •conoscere le figure retoriche di suono, di significato, di pensiero. Motivazione e finalità MOTIVAZIONE La presente U. D. è inserita nel modulo “LA NATURA COME….” costituito da 4 U. D. (La natura come rifugio; come mistero; come dolore; come illusione). L’U. D. in oggetto sarà proposta a metà del secondo quadrimestre ai 25 alunni della II A del liceo socio psicopedagogico. FINALITA’ Con questa U. D. l’insegnante si propone di far conoscere agli alunni la produzione letteraria del “simbolismo” italiano relativamente al tema stabilito e di sviluppare negli allievi l’interesse per l’arte nei suoi molteplici aspetti. OBIETTIVI Alla fine dello studio di questa U. D. l’alunno dovrà: SAPERE conoscere i caratteri fondamentali e i motivi ricorrenti nella poetica del Pascoli. FARE parafrasare un testo poetico; riconoscere e analizzare le caratteristiche del linguaggio poetico di Pascoli. ESSERE esprimere giudizi personali motivati; cogliere il rapporto tra testo e contesto storico-culturale; acquisire la consapevolezza che un testo poetico si presta a più letture. CONTENUTI ITALIANO: “Novembre” (Giovanni Pascoli) Visione del film: “Le Fate Ignoranti” di Ozpetek MEZZI Libro di testo e non, fotocopie, schede, computer, internet, foto, PowerPoint. SPAZI Aula, laboratorio multimediale. TEMPI Una settimana. METODI Lezione frontale e interattiva, lavori individuali e di gruppo. VALUTAZIONE 1 punto per ogni esercizio della comprensione 2 punti per ogni esercizio dell’analisi 3 punti per ogni esercizio della poetica Punteggio massimo Insufficiente Sufficiente Buono Distinto Ottimo Eccellente (10/10) 31/ 31 (0/5) (6) (7) (8) (9) (10) 0/17 18/21 22/24 25/27 28/30 31/31 Menù LA VITA Giovanni Pascoli nasce a S. Mauro di Romagna il 31 Dicembre 1855. Dopo gli studi elementari, frequenta il ginnasio e inizia il liceo a Urbino, nel collegio dei padri Scolopi. Il 10 agosto 1867, giorno di S. Lorenzo, il padre, amministratore di una tenuta dei principi Torlonia, viene ucciso da sconosciuti sicari, mentre torna dalla fiera di Savignano. L’episodio lascia una traccia indelebile nella sensibilità del poeta. L’incancellabile macchia di sangue dell’ucciso solleciterà una desolata visione dei rapporti sociali e la convinzione che la morte incombe sugli uomini e su tutto. Una catena di sventure familiari sembra avvalorare questa pessimistica visione. Dopo la morte del padre muore la sorella maggiore del poeta, Margherita; seguono le morti dell’amata madre, del prediletto fratello Luigi nel 1871, e dell’altro fratello, Giacomo, nel 1876. Pascoli intanto, terminati a Firenze gli studi liceali, s’iscrive alla facoltà di lettere a Bologna, dove insegna Carducci. Gli anni universitari segnano il momento del suo impegno sociale: il sentimento dell’ingiustizia sociale lo spinge a aderire al movimento rivoluzionario di Andrea Costa. Per avere partecipato ad una dimostrazione filo-anarchica, Pascoli è arrestato e incarcerato. Dopo quasi quattro mesi riprende gli studi universitari interrotti, laureandosi brillantemente. Nel 1883 comincia una lunga carriera d’insegnamento in qualità di docente di latino e greco nei licei, sono gli anni in cui scrive le prime liriche di Myricae e in cui comincia la propria attività di poeta in latino. LA VITA Nel 1895 Pascoli prende in affitto e successivamente acquista una casa in Toscana. Sempre nel 1895 viene chiamato all’insegnamento universitario di grammatica e letteratura latina e greca prima a Bologna e poi a Messina e a Pisa. Nel 1897 furono stampati i “Poemetti”, successivamente suddivisi in “Primi poemetti” (1904) e “Nuovi poemetti” (1909). Nel 1903 pubblica i “Canti di Castelvecchio”, nel 1904 i “Poemi Conviviali”. Nel 1905 ricopre la cattedra di letteratura italiana presso l’università di Bologna dove sostituisce Carducci che si era ritirato dall’insegnamento. In questi anni la sua poesia muta registro e passa dalla rappresentazione del mondo semplice della campagna, cantato in chiave simbolica, a temi storici e celebrativi, come dimostrano le raccolte “Odi e Inni” , “Poemi italici” e “Poemi del Risorgimento”. La crescente fama impone al poeta anche momenti celebrativi in qualità di oratore ufficiale; nascono così alcuni discorsi tra cui il celebre “La grande proletaria si è mossa” (1911), che esalta in senso nazionalistico l’impresa coloniale della guerra di Libia. Pascoli muore a Bologna nel 1912. LA VITA La vita di Pascoli è povera di elementi esteriori, si riduce a un incessante scavo su di sé. E’ un’esistenza che si svolge tra pochi luoghi: la campagna romagnola dell’infanzia, le diverse sedi d’insegnamento, infine la casa di Castelvecchio. La sua tendenza a star chiuso nel nido domestico si spiega con la fondamentale paura nei confronti del vivere, un sentimento che gli impedì tra l’altro un normale rapporto con le donne e l’amore. Da qui la sua «disperazione» per il fidanzamento della sorella Ida. A quel tradimento del nido, Pascoli e l’altra sorella Mariù, risposero ritirandosi a Castelvecchio. Assieme a Mariù, Pascoli visse come un tenace custode delle memorie della famiglia «Ho vissuto senza amare – così scrisse alle sorelle – non per incapacità d’amare ma perché mi dovevo dedicare solo a voi». Con questi sentimenti dedicò le Myricae alla memoria del padre, i Canti di Castelvecchio a quella della madre e i Poemetti alla sorella Maria. Menù Novembre GEMMEA L’ARIA, IL SOLE COSI’ CHIARO CHE TU RICERCHI GLI ALBICOCCHI IN FIORE, E DEL PRUNALBO L’ODORINO AMARO SENTI NEL CUORE… MA SECCO E’ IL PRUNO, E LE STECCHITE PIANTE DI NERE TRAME SEGNANO IL SERENO, E VUOTO IL CIELO, E CAVO AL PIE’ SONANTE SEMBRA IL TERRENO. SILENZIO, INTORNO: SOLO, ALLE VENTATE, ODI LONTANO, DA GIARDINI ED ORTI, DI FOGLIE UN CADER FRAGILE. E’ L’ESTATE, FREDDA, DEI MORTI. La poesia fu pubblicata per la prima volta nel Febbraio del 1891 sulla rivista fiorentina”Vita nuova”; sul finire dello stesso anno venne inclusa nella raccolta “Myricae”. Il testo è uno dei componimenti più rappresentativi della novità rappresentata dal Pascoli e dalla sua arte. Al paesaggio viene, infatti, assegnata una funzione di segno, di simbolo: i fenomeni naturali sono carichi di messaggi nascosti,che soltanto il poeta-fanciullo sa decifrare con la propria speciale sensibilità. Nelle immagini della vita dei campi egli trova i messaggi complessi e contraddittori della vita che si rinnova e della morte che incombe, della speranza illusoria e della drammatica realtà (il poeta fin da piccolo conosce la sofferenza: ha dodici anni quando il padre viene ucciso e poco dopo muoiono anche la madre e due fratelli), segni questi che acquistano un significato più ampio, che trascende la dimensione contingente per esprimere i grandi enigmi dell’esistenza: la vita, la morte, la solitudine, il dolore. Realtà e simbolo, pertanto, convivono, perfettamente integrate e fuse, in questa lirica che tratta il tema della morte, avvertita come incombente minaccia che grava sull’esistenza dell’uomo. Il mondo della natura si presenta percorso da una fondamentale ambiguità, ricollegabile sia alla poetica del fanciullino sia alla complessa psicologia dell’autore. Da un lato, infatti, la natura viene presentata attraverso immagini di luce, di vita e di calore, dall’altro, l’idillio naturale è costantemente insediato dal fantasma dei morti: la vita della natura non risarcisce il trauma del lutto che ha segnato il poeta nell’infanzia. Allora, dietro quello che potrebbe sembrare un lieto quadretto campestre, affiora qualcosa di inquietante. L’apparente semplicità della natura nasconde, in realtà, una misteriosa inquietudine: all’illusione della primavera, immagine e simbolo della vita, si sostituisce un’atmosfera di morte. Il poeta, dunque, pone l’accento sulle “apparenze che illudono”, sull’inganno della natura che nasconde, dietro illusorie immagini di vita, la realtà della morte. MYRICAE “ Myricae” è la raccolta di poesie più amata dal Pascoli. Il libro crebbe per il numero delle poesie in esso raccolte. Nel 1891, data della sua prima edizione, il libro raccoglieva soltanto 22 poesie; nel 1903, anno della pubblicazione della raccolta definitiva, ne comprendeva 156. Le liriche in esso contenute sono dedicate al ciclo delle stagioni, al lavoro dei campi e alla vita contadina. Il titolo indica la modestia e la semplicità della poetica. Le Myricae, le umili tamerici, diventano un simbolo delle tematiche del Pascoli ed evocano riflessioni profonde. La descrizione realistica cela un significato più ampio così che, dal mondo contadino si arriva poi ad un significato universale. La rappresentazione della vita nei campi e della condizione contadina è solo all'apparenza il messaggio che il poeta vuole trasmettere con le sue opere. In realtà questa frettolosa interpretazione della poetica pascoliana fa da scenario a stati d'animo come inquietudini ed emozioni. Il significato delle Myricae, va quindi oltre l'apparenza. Nell'edizione del 1897 compare la poesia Novembre, mentre nelle successive compariranno anche altri componimenti come L'Assiuolo. Pascoli ha dedicato questa raccolta alla memoria di suo padre "A Ruggero Pascoli, mio padre". La struttura di Myricae Poemetto introduttivo: Il giorno dei morti; 1) sezione: Dall'alba al tramonto (10 poesie); 2) sezione: Ricordi (12 poesie); 3) sezione: Pensieri (10 poesie); 4) sezione: Creature (5 poesie); 5) sezione: La civetta; 6) sezione: Le pene del poeta (4 poesie); 7) sezione: L'ultima passeggiata (16 poesie); 8) sezione: Dialogo; 9) sezione: Nozze; 10)sezione: Le gioie del poeta (6 poesie); 11)sezione: Finestra illuminata (9 poesie); 12)sezione: Solitudine; 13)sezione: Campane a sera; 14)sezione: Elegie (6 poesie); 15)sezione: Ida e Maria; 16)sezione: In campagna; 17)sezione: Primavera; 18)sezione: Germoglio; 19)sezione: Dolcezze; 20)sezione: Tristezze; 21)sezione: Il bacio del morto; 22)sezione: La notte dei morti; 23)sezione: I due cugini; 24)sezione: Placido; 25)sezione: Tramonti (2 poesie); 26)sezione: Il cuore del cipresso; 27)sezione: Alberi e fiori (12 poesie); 28)sezione: Colloquio; 29)sezione: In cammino; 30)sezione: Ultimo sogno; 31)sezione: Lavandare. Menù Verifiche Comprensione 1. Esegui la parafrasi della poesia. 2. Le tre strofe che compongono la poesia corrispondono a tre quadri distinti. Individuare le strofe che corrispondono alle seguenti situazioni: il senso della morte la primavera illusoria :l’inganno dei sensi presa di coscienza della realtà 3. Quali termini della prima strofa sono riconducibili all’area semantica della vita-primavera? 4. Nella seconda strofa, il paesaggio è colto attraverso alcune parole-chiave che rimandano alla tematica della lirica. Quali sono? 5. Dopo aver indicato di quali stagioni parla il poeta in questa poesia, individua gli elementi di contrapposizione tra la prima e la seconda strofa, evidenziando il contrasto sia di concetti che di immagini e sensazioni. 6. La lirica contiene voci verbali di seconda persona:”tu ricerchi”,”odi lontano”. Ritieni che tale scelta indichi la presenza di un interlocutore cui si rivolge il poeta oppure assuma un altro significato? Quale? 7. Quale significato simbolico è attribuito alle espressioni “vuoto il cielo e cavo il terreno” e “di foglie un cader fragile”? ANALISI •L’inizio della lirica risulta particolarmente luminoso: quali elementi lo rendono tale? •Nella prima quartina l’illusione della primavera è accompagnata da alcune immagini appartenenti al campo semantico della vita: quali? •Quali elementi dei primi quattro versi appartengono alla sfera del ricordo e della nostalgia? •Individua con chiarezza e precisione il tema centrale della poesia sia sul piano letterale,sia sul piano simbolico. •La lirica si basa sulla netta antitesi tra realtà e illusione. Individua le immagini usate dal poeta per evidenziare tale opposizione. •Quali sono le immagini di senso negativo intorno a cui si concentra l’ultima strofa? •Individua le seguenti figure retoriche e specifica in quali versi sono presenti: chiasmo, allitterazione, ipallage, ossimoro, enjambement, sinestesia,anastrofe. I MOTIVI CONDUTTORI LA POETICA •L’idea della morte che grava sull’esistenza dell’uomo è strettamente connessa con il pessimismo del Pascoli. Spiegane i motivi. •Qual è l’atteggiamento del poeta nei confronti della sofferenza? •Quale concezione della natura emerge da questa poesia? E a quali altri componimenti dell’autore può essere accostata? •Confronta “Novembre” con “San Martino” di Carducci mettendo in evidenza affinità e differenze tra i due testi e i rispettivi autori. Menù IL PENSIERO E LA POETICA Giovanni Pascoli visse, all’età di undici anni, l’evento drammatico della morte del padre che condizionò tutta la sua vita. Il grande dolore che provò per questa sciagura,la morte della madre e di una delle sorelle avvenuta l’anno seguente e le ristrettezze economiche in cui furono costretti a vi-vere, segnarono l’animo del poeta per sempre. Egli si convinse,così,che la vita non è altro che sof-ferenza e che l’esistenza dell’uomo è condizionata dal”male”. Questo ”male” tuttavia è prodotto dagli stessi uomini che,dimentichi del loro destino desolato,complicano con la miseria dei loro con-trasti la scena oscura e dolorosa del mondo. Da questa concezione della vita dipende la poetica pascoliana. In lui la poesia assume il compito di rivelazione: poiché l’universo è mistero,occorre contemplarlo per coglierne il battito oscuro in una sorta di improvvisa immedesimazione dell’anima col cosmo. Il carattere dominante della poesia del Pascoli è costituito dall’evasione dalla realtà per rifugiarsi nel mondo dell’infanzia, un mondo rassicurante, dove l’individuo si sente isolato, ma tranquillo ri-spetto ad una realtà che non capisce e quindi teme. Il fatto che la poesia si sviluppi sulla base di una contrapposizione tra mondo esterno e mondo privato, e che il primo sia connotato negativamente, mentre il secondo positivamente, è una costante in Pascoli. Ciò si ricollega al bisogno di affetto e protezione, per cui, proprio come un bambino, il poeta sente la necessità di rinchiudersi in un nido e sfuggire ai pericoli della vita. Quindi Pascoli ci vuole dire che la dolcezza dell'infanzia e della giovinezza dura poco e presto si rivela essere un'illusione. A questo modo di intendere la poesia, si collega la poetica del fanciullino. Secondo Pascoli, in ogni uomo c’è un fanciullo capace di commuoversi e di sperimentare ogni giorno emozioni nuove. Spesso tale” fanciullino” è soffocato e ignorato dal mondo esterno degli adulti,ma se si risveglia fa sognare a occhi aperti,fa scoprire il lato attraente e misterioso di ogni cosa,fa volare con la fantasia in mondi meravigliosi. Proprio come nel tempo dell’infanzia, tale “fanciullino” ha conservato la facoltà di parlare con gli alberi, i fiori, gli animali, e in qualsiasi momento si può tornare ad ascoltarne la voce. Chiunque riesca a conservarsi fanciullo, dice Pascoli, può guardare la realtà circostante con stupore ed entusiasmo, percepire il lato bello e commovente di ogni situazione, oltrepassare, con la fantasia, le apparenze comuni e banali. Insomma, il “fanciullino” è colui che sa osservare poeticamente il mondo. Il poeta, infatti, è precisamente colui che, come i fanciulli, ha mantenuto l’infantile capacità di meravigliarsi, di guardare ogni cosa con occhi incantati, di immergersi nella natura con timore, di parlare agli animali e alle nuvole, d’immedesimarsi con i fili d’erba, perciò il “fanciullo” coincide con il vero” poeta”perché entrambi colgono le misteriose relazioni e corrispondenze tra le cose, si esprimono in modo istintivo e irrazionale, usano le parole semplici della gente di campagna. Menù Il Simbolismo Pascoli con la poetica del”fanciullino”si inserisce nel filone dei simbolisti europei per i quali cose e presenze naturali sono viste come emblemi di altre realtà,rappresentazioni di un mondo ignoto e invisibile, messaggi da ascoltare e decifrare. Egli,tuttavia,si differenzia dagli altri perché il suo simbolismo non è intellettuale, ma istintivo, spontaneo, perché legato al suo mondo interiore: i fiori divengono spesso il simbolo della sessualità bloccata (il suo è un mondo senza amore, privo di vere relazioni con gli altri), gli uccelli costituiscono un’immagine-simbolo del mistero indefinibile del mondo e si collegano al simbolo fondamentale del “nido” (cioè la famiglia, la casa), l’uccello notturno, invece, richiama presagi di morte,apre finestre sull’incubo. Nella ”costellazione simbolica” pascoliana l’immagine simbolica decisiva è quella del ”nido” che vale soprattutto come metafora: - “nido”è la casa in cui rinchiudersi per sfuggire al male che sta fuori; - “nido”è la famiglia oltre la quale per il poeta-fanciullo vi sono solo i malvagi; -“nido” è, per estensione, anche la patria, madre dei suoi figli (cantata dal Pascoli nazionalista). Collegata al simbolo del nido è la figura della madre, vista come custode dei riti e dei sentimenti di quanti si riconoscono nel nido o gli sono appartenuti, e quella della “culla”che rappresenta il pro-lungamento del seno materno. Schema Menù LE TECNICHE ESPRESSIVE Il poeta rifiuta il linguaggio letterario, convenzionale, e ne adotta uno che scaturisce direttamente dalle cose. Crea, così, una nuova struttura poetica, inizia la poesia frammentaria, non dà ai suoi componimenti uno scheletro, uno sviluppo lineare, un ampio respiro, bensì si sottrae ai modi e alla sintassi tradizionali e, spezzando il periodo logico con pause e arresti improvvisi, foggia il periodo ritmico con nuovi accorgimenti melodici, con accoppiamenti analogici, con audaci accostamenti di parole, con suggestioni musicali. Tende ad eliminare le congiunzioni e si avvale invece di un accostamento rapido di sensazioni e di immagini o di un elenco di notazioni. Preferisce una sintassi paratattica, un periodare breve e interrotto in cui s’intrecciano due ordini di pause, quelle metriche, segnate dalla fine del verso e quelle logiche segnate dall’interpunzione. I costrutti sono prevalentemente ellittici (privi di verbo); tra le figure retoriche dominano la metafora e la sinestesia, mentre l’analogia tende a sostituire la similitudine. Una particolare attenzione riguarda gli effetti fonici, ottenuti attraverso il ricorso sia a vocaboli fono-espressivi, scelti cioè per il suono, sia alle onomatopee che riproducono i suoni e i rumori. Sul piano lessicale sperimenta molteplici soluzioni: talora cerca un linguaggio raro e prezioso, anche arcaico che suscita una sensazione di mistero, altre volte adopera vocaboli tratti dal linguaggio settoriale. Altrove, poi, utilizza il linguaggio pregrammaticale dei bambini o quello agrammaticale degli illetterati (gergale). Menù