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L`Italia nella tarda età repubblicana

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L`Italia nella tarda età repubblicana
Lezione X
Le tensioni del I sec. a.C.: dalla
Guerra Sociale alle guerre civili
Fine II sec. a.C.: L’alleanza romanoitalica vacilla
• Le differenze culturali in Italia si attenuano (diffusione del
latino e della civiltà ellenistica).
• Gli alleati italici forniscono la maggior parte dei soldati
dell’esercito romano, ma non hanno alcuna voce in politica
estera.
• Gli alleati italici godono in misura molto minore dei
Romani dei benefici dell’Impero.
– Erano stati esclusi dalle recenti assegnazioni agrarie e frumentarie.
– Nella spartizione del bottino avevano diritto ad una parte minore.
– Nell’esercito erano soggetti a punizioni più gravi rispetto ai soldati
romani.
2
Lo scoppio della guerra sociale
• Riprendendo una linea politica di Caio Gracco, nel 91 a.C. il tribuno della
plebe M. Livio Druso propone di concedere la cittadinanza romana a tutti i
socii italici.
• Druso è misteriosamente ucciso; i suoi alleati politici italici si convincono
che l’unico modo per ottenere la cittadinanza romana è la rivolta.
• Il segnale della rivolta è dato dal massacro dei residenti romani di Ascoli
Piceno.
• Alla rivolta aderiscono i Piceni, le tribù sabelliche, i Sanniti e i Lucani; più
tardi si aggiungono le popolazioni della Puglia e della Campania.
• Mantengono la loro fedeltà a Roma gli abitanti della Cisalpina, gli Etruschi,
gli Umbri e le poleis greche, come anche gli alleati di diritto latino.
• Le fonti poco dicono sul comportamento dei Bruzi: il loro apporto alla
rivolta deve essere stato minimo, si pensa a causa della crisi economica e
demografica e dell’impreparazione militare.
3
Velleio Patercolo, Storia romana, II, 15,
1-3: lo scoppio della guerra sociale
• La morte di Druso provocò lo scoppio della guerra italica che già da
tempo covava. Centoventi anni orsono, quando erano consoli Lucio
Cesare e Publio Rutilio [90 a.C.] tutta l'Italia si levò in armi contro
Roma. La rivolta fu originata dagli Ascolani che avevano ucciso il
pretore Servilio e il suo luogotenente Fonteio e successivamente
proseguita dai Marsi si estese a tutte le regioni. Come di quelle
popolazioni fu atroce il destino, così senza dubbio giustissime le loro
ragioni. Chiedevano infatti di essere cittadini di quella città della quale
difendevano con le armi il dominio: «Si sobbarcavano ogni anno, per
ogni guerra, un duplice contributo di fanti e di cavalieri, senza venire
ammessi a godere del diritto di quella città che, grazie a loro, era
giunta proprio all'apice di una potenza che le permetteva di disprezzare
come nemici e come stranieri uomini della sua stessa razza e del suo
stesso sangue». Questa guerra si portò via più di trecentomila giovani
Italici.
4
La guerra
sociale (9088 a.C.)
5
L’organizzazione degli Italici
• Un esercito ben addestrato, che combatteva con le
stesse tattiche dell’esercito romano.
• Gli Italici creano strutture di tipo federale e si
danno una capitale, Corfinium, ribattezzata Italica.
• Battono una propria monetazione, anche come
veicolo propagandistico.
• Si manifesta tuttavia una divergenza di scopi: per
alcuni degli Italici lo scopo è quello di ottenere la
cittadinanza romana, per altri (soprattutto i
Sanniti)
diventa
quello
di
recuperare
l’indipendenza.
6
Il concetto di Italia nelle monete
dei ribelli
7
La lupa e il toro: la propaganda
antiromana nelle monete dei ribelli con
legenda Viteliú
8
La risposta di Roma
• In difficoltà dal punto di vista militare, Roma propone una
soluzione politica del conflitto:
– Nel 90 a.C. una lex Iulia de civitate concede la cittadinanza
romana agli alleati rimasti fedeli e alle comunità che avessero
deposto rapidamente le armi.
– Nell’89 a.C. una lex Plautia Papiria concede la cittadinanza agli
Italici che si fossero registrati entro 60 giorni presso il pretore.
– Nello stesso anno una lex Pompeia concede il diritto latino alle
comunità alleate della Transpadana.
• Questi provvedimenti isolano i socii più irriducibili, ma i
combattimenti si prolungarono ad Ascoli e in Campania
fino all’88 a.C.
9
Appiano, Le guerre civili, I, 212213: la lex Iulia de civitate
• Il senato allora, timoroso che la guerra, circondando i
Romani da ogni parte, fosse incontrollabile, [...] decretò
che divenissero cittadini, cosa che sopra ogni altra
praticamente tutti desideravano, gli alleati Italici rimasti
ancora fedeli. Divulgato questo provvedimento fra gli
Etruschi, costoro accolsero la cittadinanza con gioia. Con
tale concessione il senato rese gli alleati già ben disposti
ancora più favorevoli, rafforzò gli esitanti, attenuò l'ostilità
di quelli che erano in armi per la speranza di
provvedimenti consimili.
10
Gli effetti della Guerra sociale
• Per gli Italici una sconfitta militare ma una vittoria politica: per
circoscrivere la rivolta Roma è stata costretta a concedere la
cittadinanza romana in pratica a tutti agli alleati, fino al Po.
• Questo comporta la trasformazione delle vecchie colonie latine e
delle comunità sociae in comunità di diritto romano, con un
adeguamento agli schemi istituzionali della dominante
(un’eccezione è costituita da Reggio).
• Gli Italici si integrano progressivamente nello stato romano,
entrando nel senato, votando nelle elezioni e militando nelle
legioni.
• Al tempo della sua prima dittatura, nel 49 a.C., Cesare estende la
piena cittadinanza romana anche agli abitanti della Transpadana.
11
La questione degli schiavi
• Un numero straordinariamente
nell’Italia del II e I sec. a.C.
alto
di
schiavi
– Risultato dell’incontro tra domanda (necessità dei grandi proprietari
terrieri di forza lavoro non soggetta al servizio militare per coltivare i
loro estesi possedimenti) e offerta (grandi disponibilità di prigionieri di
guerra e di schiavi sul mercato orientale).
• L’impegno degli schiavi nelle attività agricole, nella pastorizia,
nelle miniere, nell’artigianato, ma anche nelle attività
intellettuali.
• Lo schiavo come corpo estraneo alla familia: particolarmente
gli schiavi rurali subiscono trattamenti disumani.
• Gruppi di schiavi privilegiati (schiavi urbani e vilici) e gruppi
in grado di ribellarsi (gladiatori, pastori).
12
Le rivolte servili
• Il fallimento delle grandi rivolte servili: incapacità di perseguire
obiettivi comuni e di coordinamento con altri strati sociali inferiori.
• La I rivolta servile siciliana del 135-132 a.C.
• La II rivolta servile siciliana del 104-101 a.C.
• La rivolta di Spartaco del 74-71 a.C., che coinvolse anche la Lucania e
il Bruzio.
• Elementi strutturali delle rivolte servili: iniziativa di gruppi limitati e
particolari (pastori, gladiatori); estensione alla campagne (anche ai
contadini liberi impoveriti), ma non alle città; riproposizione di modelli
politici (monarchia) e sociali tradizionali.
• Le conseguenze: i padroni prendono coscienza della necessità di
alleviare la condizione degli schiavi.
13
La rivolta di Spartaco
• Nata tra un gruppo di gladiatori della scuola di Capua.
• I ribelli si portarono presto in Lucania (Vallo di Diano,
Metaponto) e nel Bruzio settentrionale (Copia).
• Le loro fila si ingrossarono in questi regioni con schiavi
rurali, pastori e braccianti liberi.
• Anche dopo la sconfitta di Spartaco (nel pressi del Sele),
abbiamo notizie di alcuni superstiti che agivano nel
Bruzio: evidentemente un terreno favorevole, anche dal
punto di vista socio-economico, per i ribelli.
• Ancora un conflitto che pare aver provocato danni
materiali in particolare nel Mezzogiorno.
• La straordinaria valenza simbolica, fino ai giorni nostri,
della figura di Spartaco.
14
Orosio, Le storie
contro i pagani, V,
24, 2: gli schiavi di
Spartaco nel Bruzio
• Aggirandosi poi nelle zona
di Cosenza e Metaponto
[gli schiavi ribelli] raccolsero in breve tempo ingenti
truppe. Si disse infatti che
le forze di Crisso ammontassero a 10 mila uomini,
quelle di Spartaco addirittura a tre volte tanto.
15
La questione dei veterani
• A partire dalla guerra contro il re di Numidia Giugurta, nel
107 a.C., nell’esercito romano vengono sistematicamente
arruolati i capite censi, i nullatenenti.
• Un sistema per rafforzare l’esercito romano e per dare
un’occupazione al numeroso sottoproletariato.
• Il problema del congedo: i veterani non hanno un campo o
una qualche occupazione alla quale tornare dopo i lunghi
anni di servizio militare.
• In mancanza di una soluzione “istituzionale”, i veterani
guardano ai loro generali per un premio di congedo,
consistente essenzialmente in terre.
16
Sallustio, La guerra giugurtina, 86,
2-3: l’arruolamento dei nullatenenti
• [Mario] intanto arruola soldati, non secondo l'uso antico e
per classi di censo, ma tramite una coscrizione volontaria,
soprattutto di nullatenenti. Taluni affermano che egli
l'avesse fatto per mancanza di uomini forniti di censo, altri
per amore di popolarità personale, perché da quegli stessi
proletari egli riceveva favore e grandezza e a un uomo che
cerca potenza giovano di più i più poveri che, nulla
possedendo, non hanno interessi propri e tutto ciò che offre
guadagno sembra loro onesto.
17
Gli effetti della questione dei veterani
sull’Italia
• Le grandi masse di veterani degli eserciti tardorepubblicani, che
combattono nelle guerre esterne e nelle guerre civili agli ordini di
Mario, Silla, Pompeo, Cesare, Antonio e Ottaviano, richiedono enormi
estensioni di terra come ricompensa.
• Le terre non occupate in Italia sono ormai poche: la soluzione è quella
di procedere a confische, soprattutto ai danni degli oppositori politici,
per avere terre da distribuire ai veterani.
• Schierarsi con l’uno o con l’altro dei contendenti nelle guerre civili
può portare a effetti drammatici per una comunità dell’Italia.
• Un grande mutamento negli assetti del popolamento dell’Italia, con
l’arrivo di migliaia di veterani in luoghi diversi da quelli di origine.
• In alcune comunità che avevano scelto la parte “sbagliata” nelle guerre
civili la classe dirigente viene completamente sostituita da elementi di
spicco provenienti dall’esercito.
18
Appiano, Le guerre civili, IV, 10-12:
Ottaviano, Antonio e Lepido designano le
città da colpire con confische (43 a.C.)
• Intanto [Ottaviano, Antonio e Lepido] alimentavano
nell’esercito la speranza di vittoria con vari donativi e con
la promessa di colonie di costituire in 18 città italiche che,
spiccando sulle altre per ricchezza, fertilità della terra e
bellezza, sarebbero state loro distribuite in luogo di terre,
come fossero state conquistate in guerra. Diverse erano
quelle città: le più famose erano Capua, Reggio, Venosa,
Benevento, Nocera, Rimini e Ipponio. In tal modo essi
concedevano ai soldati le regioni più belle d’Italia.
19
Un veterano modenese stanziato a
Locri in età triumvirale?
• Corpus Inscriptionum Latinarum, X, 18: [.] Aticius T(iti) f(ilius)
Pol(lia tribu), / Mutina, (centurio) l(egionis) XXX / Classicae.
• “… Aticio, figlio di Tito, iscritto nella tribù Pollia, di Modena,
centurione della Trentesima legione di marina”.
• Iscrizione trovata intorno al 1786 nel podere “Il Russo”,
nell’area archeologica dell’antica Locri.
• Testimonia forse l’installazione, da parte di Ottaviano, di un
veterano modenese a Locri dopo la conclusione della guerra in
Sicilia contro Sesto Pompeo, nel 36 a.C.
• Deduzioni di veterani, a titolo individuale, si ebbero forse anche
a Reggio e in altri centri del Bruzio, come sembrano attestare
alcuni gentilizi “settentrionali”.
20
Strabone, Geografia, VI, 1, 2: la
romanizzazione dell’Italia meridionale
• Ora si è però verificato che tutti questi luoghi [la Magna
Grecia], ad eccezione di Taranto, Reggio e Napoli, si sono
imbarbariti e li occupano in parte i Lucani e i Brettii, in parte
i Campani, per quanto costoro li occupino solo a parole,
perché in realtà li controllano i Romani e infatti questi popoli
sono divenuti Romani … [I Lucani] come i Brettii e i Sanniti,
loro progenitori, soggiacquero a tali sventure che oggi è
perfino difficile distinguere i loro insediamenti. Infatti di
ciascuno di questi popoli non sopravvive più nessuna
organizzazione politica comune e i loro usi particolari, per
quel che concerne la lingua, il modo di armarsi e di vestirsi e
altre cose di questo genere, sono completamente scomparsi.
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Per saperne di più
• G. De Sanctis, La guerra sociale, a cura di L. Polverini,
Firenze 1976 [BAU STO/C V DeS 1].
• E. Gabba, Italia Romana, Como 1994 [STO COLL PROVV.
911 GAB].
• Id., Dallo stato-città allo stato municipale, «Storia di Roma,
II, L’impero mediterraneo, 1, La repubblica imperiale», a
cura di G. Clemente – F. Coarelli – E. Gabba, Torino 1990,
pp. 697-714 [BAU STO/D 937 STO II].
• A. Giardina, L’Italia romana. Storie di un’identità
incompiuta, Roma - Bari 1997 [BAU 937 S 24].
• C. Nicolet, Strutture dell’Italia romana, III - I sec. a.C.,
Roma 1984 [BAU 937.02 S 9/1].
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