...

Visualizza slides - L`associazione Rencureme

by user

on
Category: Documents
20

views

Report

Comments

Transcript

Visualizza slides - L`associazione Rencureme
Rencure
e
Associazione Alzheimer di Fiemme e Fassa
Aula Magna
del Comune di Predazzo
Piazza SS. Filippo e Giacomo
Venerdì 27 maggio 2011 ore 15:00
"DIAGNOSI ALZHEIMER:
quale percorso per il malato, la famiglia, il medico
di famiglia"
La malattia di Alzheimer
• Che malattia è la m. di Alzheimer? E’ genetica?
• Da cosa è causata? Si può prevenire?
• Come si presenta, quali sono i primi sintomi?
• Come si fa la diagnosi? E’ una diagnosi certa?
• Si può curare?
• Si può guarire?
• Come evolve? Quanto dura?
• A quali problemi va incontro il
malato? Come si affrontano?
• Qual’è lo stato della ricerca?
• Ma è proprio una malattia o un
modo diverso di essere?
I percorsi
il percorso per il
malato
Christian Bobin, scrittore francese
• Il morbo di Alzheimer toglie quel che l’educazione ha
messo nella persona, e fa risalire in superficie il cuore. E’
attraverso gli occhi che i malati parlano, e quello che vi
leggo mi illumina più dei libri […]. Mi porto via dalla casa
di riposo un bisogno di toccare, anche solo furtivamente,
la spalla di coloro che incontro e una diffidenza
accresciuta verso i bei discorsi.
citato in “Il calore del cuore impedisce al corpo di invecchiare” Maria de Hennezel, Rizzoli, 2008, p. 88
4
…… il percorso per il malato
• Il sospetto (… suo, dei familiari, … formalizzato) e la
diagnosi.
• I tentativi di negazione e di compensazione.
• L’inevitabile incontro con il medico.
• Quando, a chi e come viene comunicato sospetto/diagnosi
di Alzheimer? Chi decide? Chi fa?  Possibilità per il
malato di passare attraverso un periodo in cui tutti sanno
tranne lui.
• Quale tipo di vita si prospetta? Attraverso quali fasi la
malattia lo renderà estraneo ai suoi e a se stesso?
• Visita per l’invalidità .
• Non ricorda i nomi. Sbaglia le parole. Se ne accorge, si
sente umiliato e si chiude in se stesso. Depressione.
• E’ possibile trovare un aiuto psicologico, un counseling per
affrontare tutto questo? Per trovare un senso?
…… il percorso per il malato
• Vive in un mondo altro: cerca i suoi genitori, la sua casa e si
chiede “perché mi tengono lontana da loro?”  crisi di
agitazione e/o violenza. Paura della morte. Dolore (?)
• Rivive episodi significativi della sua infanzia o giovinezza.
Nessuno se li ricorda. A chi interessano? Cerca, talora, di
dare un “nuovo” significato alla sua vita.
• Qualcuno invade la sua casa, fruga nei suoi cassetti ….
Non si rende conto forse di avere bisogno di assistenza …
• All’inizio può essersi chiesto “starò a casa o dovrò essere
ricoverato in struttura?” Ora non sa più quale è la sua casa.
• Scivola via via in uno stato sempre più importante di
“lontananza”, c’è una fase che può essere anche
abbastanza serena, talora appare felice, con sprazzi
sporadici di pianto (coscienza?). Immobilità, disfagia …
FASI:
esordio
Subdolo e insidioso, spesso nemmeno i
familiari si accorgono del suo apparire.
I primi sintomi sono solitamente generici:
piccoli disturbi della memoria, talora
associati a sintomi di tipo depressivo e
ansioso.
La malattia all’esordio può essere
interpretata come un disturbo depressivo.
Ha senso la diagnosi precoce?
Non è importante fare diagnosi di m di
Alzheimer ma escludere che esistano
patologie curabili che la simulano (MMG)
1^ fase: primi sintomi
leggera perdita di memoria, progressiva
incapacità di imparare cose nuove,difficoltà
di espressione e comprensione,
modificazioni del carattere, incertezza di
calcolo e logica,ansia, depressione e ritiro
sociale.
Talora: agitazione, irrequietezza,
aggressività, ansia, depressione,
disinibizione sessuale, apatia, disturbi del
sonno; alterazioni del comportamento
alimentare (bulimia o anoressia), disturbi
del cammino (aumento patologico
dell’attività motoria).
Visita UVM
Diagnosi
Inizio eventuale terapia
Inizio preoccupazione e
cura da parte della famiglia
Impegno MMG
•
•
•
•
•
AUTONOMIA
RELATIVAMENTE
CONSERVATA
Diagnosi di certezza o di esclusione? Di
probabilità?
Comunicare la diagnosi: all’interessato?
alla famiglia?
Perché si/no?
Ci sono terapie efficaci?
Art.33 Informazione al cittadino
.. fornire la più idonea informazione …
tenendo conto delle sue capacità..
di comprensione, al fine di promuovere
la massima partecipazione alle scelte
decisionali (…)
prognosi gravi o infauste o tali
da poter procurare preoccupazione
e sofferenza … con
prudenza, …
Azioni della vita quotidiana molto
problematiche. Manualità compromessa,
memoria autobiografica assente, insicurezza.
Disturbi del linguaggio, perdita capacità di
comprendere, leggere e scrivere.
Peggioramento capacità visuo-spaziali
(si perde) disorientato tra le mura di casa;
Non riconosce facce e luoghi.
agitazione, irrequietezza, aggressività,ansia,
depressione, disinibizione sessuale, apatia,
disturbi del sonno;bulimia o anoressia,
disturbi del cammino (aumento
patologico dell’attività motoria).
2^ fase: peggioramento
Dipendenza : come adeguarsi?
Angoscia di morte : come aiutarli a gestirla?
Crisi di aggressività: come capirne il perchè e contenerli?
Vagabondaggio: dove vogliono andare? Perche? Come
lasciarli libri ed evitare che si perdano o si facciano male?
Aiuto
Parenti,
Disturbi linguaggio: come comprenderli?
Disorientamento grave : come trovare un “loro” orientamento? professionisti,
Volontari,
Non riconoscimento delle persone: cme comportarsi?
gruppi AMA
The Old Fools,
Phlip Larkin
......
Ma forse essere vecchi è avere stanze illuminate
dentro la testa, e in esse delle persone, che recitano.
Persone che conosci, ma di cui ti sfugge il nome;
ognuno appare in lontananza come un vuoto
profondo che si colma:
si volta sulla soglia di casa, sistema una lampada,
sorride da una scala,
prende un libro già letto dallo scaffale; oppure,
qualche volta,
soltanto quelle stanze, le sedie e un fuoco ardente
o, alla finestra, un cespuglio mosso dal vento o il sole,
timido e gentile, sul muro una serata solitaria
di mezza estate dopo l’acquazzone. E’ là che vivono:
non qui e adesso, ma là dove tutto è successo
un tempo.
(…)
FASE
TERMINALE
Demenza di Alzheimer allo stadio terminale e progetto terapeutico.
ETHICA CLINICA 43 2006, Pag 58
(…) la demenza è considerata allo stadio terminale quando il paziente
è afasico*, aprassico**, agnosico***, alettato e presenta
disfagia oltre a infezioni e altre complicazioni legate alla malattia
scelte
e all’immobilizzazione
aiuto
* Alterazione linguaggio ** incapacità di eseguire movimenti e compiti *** non riconoscimento oggetti
scelte
si rendono opportuni interventi medici: chi decide?
Tutti gli atti medici necessitano di consenso (Costituzione,
legge, DM)
ma non
• consensi raccolti in fretta da persone non in grado di
comprendere pienamente ciò che viene loro proposto;
• forme di consenso sostitutivo espresse da familiari senza
un mandato di rappresentanza legalmente riconosciuto
• oppure da caregivers.
ma nemmeno
• cadere nell’eccesso che porta a considerare legittima
qualsiasi forma di intervento, purché vi sia il consenso.
Ruolo della famiglia se il paziente non può
acconsentire o dissentire
• Ruolo del paziente:
: esprimersi (non sempre è incapace: persone affette da forma lieve moderata
(MMSE >19.4) di demenza, hanno dimostrato che non ci sono rilevanti
differenze tra persone malate e non nella capacità di esprimere consenso).
: può aver espresso delle direttive anticipate
: può essere espresso dal tutore o amministratore di sostegno
•
Ruolo della famiglia Il consenso del familiare è fortemente raccomandato,
ha significato etico. Si può ritenere che i familiari siano i migliori interpreti
degli interessi del paziente. È’ sempre opportuno coinvolgere il familiare
caregiver.
Tuttavia non può sostituire il consenso personale dell’interessato, “Ai
familiari non è riconosciuto dalla legge e della deontologia alcun vero e
proprio potere di decidere. Certo essi dovranno essere informati, ma le
decisioni spettano autonomamente al medico (che ne è poi anche l’unico
responsabile)”
Canavacci L. Il consenso informato. In: Greco M, Pagni A, Panti A. Guida all’esercizio professionale per i medici-chirurghi e gli odontoiatri.
Torino: C.G. Edizioni Medico Scientifiche; 2006. p.16-37..
La malattia e il percorso per le
famiglie
Qualcuno si pone delle domande …
• Cosa sta succedendo al mio caro?
• Porto dal medico per una diagnosi. Quando, a chi e
come viene comunicato sospetto/diagnosi di
Alzheimer? Non vorrei farla soffrire. Chi decide? Chi fa?
E’ un suo diritto sapere?
• Cosa succederà? Come faremo? Chi ci aiuterà?
• Come rispettare la sua volontà quando non sarà più in
grado di esprimerla in modo per noi intelligibile? Quale
tipo di vita si prospetta? Attraverso quali fasi la malattia
lo renderà estraneo ai suoi e a se stesso?
• E’ possibile trovare un aiuto psicologico a superare tutto
questo? Per lui e per me.
• Si rende conto del suo stato? Soffre? E’ infelice?
• Come capirlo? Cosa può volere da noi? Davvero non ci
riconosce? Le storie che racconta sono solo “storie” o
possono avere un significato?
• Quali scelte possono presentarsi? Come attrezzarsi per
tempo (amministratore di sostegno, dichiarazioni
anticipate …)? Chi può fare l’amministratore?
• Di quali aiuti (ausili, assegni, persone …) possono aver
bisogno? O diritto?
• Come posso andare d’accordo con fratelli e sorelle circa
la gestione della mamma o del papà?
• Può essere seguito a casa? Ha un senso o per lui non è
importante?
• Ci sono strutture specifiche per accogliere questi malati?
… e il familiare diventa caregiver!
Il familiare diventa caregiver
termine nato negli anni 80 per indicare “colui che rencura”
DEFINIZIONI
Chi fornisce assistenza gratuita a parenti o amici, anziani o
disabili (1997 Barnes)
Chiunque si occupi o si prenda cura di una persona
disabile sotto tutti i punti di vista a casa propria o altrove
(EOC 1982)
Quelle persone che si assumono la gran parte della
responsabilità di fornire regolarmente assistenza a chi
non è in grado di provvedere a se stessi (1990
Breithwaite)
Una persona che non è assunta per esercitare le sue
funzioni di assistenza. (…) che si prende cura di un
familiare adulto che è fragile, malato, con disagi fisici o
psichici, e dive il livello di dipendenza è superiore
rispetto a quello che si ha normalmente tra le relazioni
nella famiglia (SSI, 1991)
Chi diventa caregiver?
• Questo tipo di “assistenza informale” nasce in una
relazione con un passato che influenza sia il
caregiver che l’assistito.
• Un passato personale di storia familiare,
• Un “passato” culturale: … un compito per donne
• Un passato sociale: i giovani emigrano, mettono
su casa lontano dai genitori, lavorano, hanno
case piccole ….
RISULTATO: per lo più i caregiver sono donne non
giovani, spesso anch’esse non del tutto sane … il
loro percorso inizia quando la persona colpita da
Alzheimer non è più adeguata a svolgere i compiti
quotidiani e rappresenta un “rischio”
Inizia il percorso di un particolare prendersi cura:
combinazione di amore, obblighi, doveri, reciprocità,
che presuppone anche un “carico di lavoro”
Carico di lavoro si sviluppa in tre aree:
• Carico fisico: compiti concreti di assistenza
“fisica” (pulizia, igiene, alimentazione,
medicazioni … )
aiuto
• Carico organizzativo: Coordinamento tra
l’assistenza informale, quella a pagamento,
quella professionale. Conoscere e inseguire la
burocrazia …
aiuto
• Carico emotivo: modo in cui le persone
gestiscono le proprie emozioni e le “offrono”
all’esterno
aiuto
RISCHI DI GUARDARE SOLO AL
CARICO DI LAVORO
• può creare contrapposizione tra
“noi”
“caregiver”
“eroina tragica”
“eroi caricati del
peso morale che è
della società”
e
e
e
e
e
e
“loro”
“persona disabile”
“povero bisognoso”
“disabile = peso”
RISCHI DI GUARDARE SOLO AL
CARICO DI LAVORO
• I confini tra dare e ricevere assistenza sono molto fluidi nel corso
della vita. E’ riduttivo considerare la cura solo come un’attività che
risponde unicamente ai bisogni funzionali di questo momento”
• Il racconto delle storie di vita e di famiglia aiuta a riflettere sul
significato dell’esperienza di cura per coloro che ne sono coinvolti
(per molti caregiver non esiste la possibilità di “non prendersi
cura”),aiuta a dare un senso a quello che si fa, a considerare
importante anche un altro punto di vista.
• Esempio: ”principale preoccupazione degli operatori che hanno
assistito mia madre riguardava il “rischio” che lei poteva costituire
per se e per gi altri … La principale preoccupazione mia e delle mie
sorelle riguardava invece la sua infelicità”
L’etica della cura
I principi dell’etica della cura richiamano
l’attenzione sull’esigenza di calibrare
l’assistenza mettendo al centro
la persona che la riceve, la persona
che la fornisce e la loro
relazione
Cura:” mantenere, riprodurre e riaggiustare il nostro “mondo” per viverlo il
meglio possibile” Tronto 1993)
Elementi del prendersi cura (sia informale che
professionale) importanti sul pianto etico:
• ATTENZIONE ai bisogni degli altri ed ai propri bisogni
(attenzione all’isolamento, all’autostima ..)
• RESPONSABILITA’ capacità di intervenire ed assumersi
la responsabilità propria dell’intervento “responsabilità di
attivarsi”
• COMPETENZA l’assistenza deve produrre effetti positivi,
non solo il fare per fare
• DISPONIBILITA’ A VENIRE AIUTATI
I QUATTRO ELEMENTI VANNO SEMPRE INTEGRATI
TRA LORO
Punti chiave di una prospettiva care di Rencureme basata sui
principi etici evidenziati possono essere (p.215 Marian Barnes)
• Dare e ricevere assistenza sono parte dello stesso
processo;
• Tutti noi possiamo trovarci nella condizione di chi offre
assistenza, come in quella di chi la riceve,
simultaneamente o in momenti diversi della nostra vita;
• L’obiettivo del prendersi cura è quello di farlo bene,
indipendentemente che si tratti di cura offerta da
familiari e amici o prestata da operatori professionali
retribuiti;
• Prendersi cura è un aspetto essenziale di tutte le
relazioni umane, nella sfera privata come in quella
pubblica;
• L’assistenza informale è un’espressione di cittadinanza e
pertanto chi se ne occupa deve vedersi riconosciuti gli
stessi diritti sociali di chi svolge un lavoro retribuito.
IL percorso del MMG
Il MMG condivide e applica i PRINCIPI DELL’ETICA
DELLA CURA (Tronto )
1. ascoltare e rispondere
2. vicinanza emotiva piuttosto che distacco
3. conciliare equità e rispetto della
specificità
4. dedicare del tempo a costruire rapporti di
fiducia (competenza)
5. mettere al centro la relazione
La malattia e il percorso per il medico di
famiglia
•
I famigliari dicono che …. O il MMG si accorge che qualcosa è
cambiato …
•
Cosa è cambiato? Cosa ha causato il cambiamento?  obbligo
assoluto di fare diagnosi differenziale perché ci sono patologie che
possono guarire È uno stadio iniziale di demenza o: - depressione?,
ipotiroidismo?, piccoli fatti vascolari?, carenza di B12 o Folati? 
Rimedio il rimediabile! Il MMG avvierà l’iter previsto
•
C’è il sospetto che si tratti della fase iniziale di m. di Alzheimer (Ha
senso la diagnosi precoce? Quando, a chi e perché si comunica
sospetto/diagnosi di Alzheimer? Chi decide? Chi fa?)
•
Il MMG decide chi informare (interessato, famiglia ..) come e perché
in modo da essere federe al paziente, al Codice di Deontologia, alla
famiglia. Avrà presente, oltre ai suoi doveri deontologici, i diritti del
malato.
La malattia e il percorso per il medico di
famiglia
• Il sospetto prende corpo, come intervenire?
• IlMMG, se paziente (e famiglia) sono d’accordo (discuterà con loro i
pro e i contro) invia all’ UVA per la conferma del sospetto ed
eventualmente altri interventi socio-sanitari-assistenziali. Gli
specialisti del settore vedranno periodicamente il malato che
continuerà ad essere seguito periodicamente dal MMG.
• Se l’interessato non vuole l’UVA, si limita a seguirlo periodicamente.
Se i familiari non vogliono ….
• Finché il paziente è “autonomo” il MMG rispetto la sua
volontà eventualmente di non informare la famiglia. Poi
decide il da farsi anche in base allo stato “assistenziale”
del malato e comincia a seguire anche la famiglia.
• Qui i percorsi si incrociano strettamente: paziente-medico-famiglia.
La malattia e il percorso per il medico di
famiglia
• Il paziente è seguito (frequenta) dal Centro Alzheimer:
per la terapia e quant’altro, ma vive a domicilio.
• Coordinandosi con l’infermiere di territorio il MMG sorveglia che
l’assistenza sia adeguata (locali, presidi, caregiver). Si rapporta per
quanto possibile con l’interessato con il quale ha costruito negli anni
un rapporto di fiducia, cercando di capire il senso che lui da alla sua
esperienza. Esplora contemporaneamente la situazione vissuta dal
caregiver per non rimanere in una “deliberata ignoranza” non capire
cosa è meglio e non aiutare il caregiver stesso.
• L’assistenza prosegue anno dopo anno e il malato si
aggrava sempre più.
• Il MMG osserva anche il grado di tenuta (salute, stanchezza, ecc.)
del caregiver. Quando vi fosse necessità di ricorrere a strutture, sia
in modo permanente che per periodi di sostegno, aiuterà il caregiver
nella scelta e lo indirizzerà.
La malattia e il percorso per il medico di
famiglia
• Il malato è in fase terminale, non può più esprimere le
proprie volontà. Con chi condividere le scelte?
• Durante tutto il decorso dell’assistenza, iniziando precocemente e
seguendo l’evoluzione passo passo, il MMG cercherà di conoscere
il suo assistito e capire cosa vorrebbe per se quando si ponessero
scelte mediche sulle quali vi sia incertezza (PEG, ecc.) in modo che
possa “lasciare detto in modo documentato” come prescrive il CD
Medica,
• A momento debito ha orientato la famiglia per la nomina di un
amministratore di sostegno anche per gli atti sanitari, scelto se
possibile dal diretto interessato e quindi di sua “intima” fiducia.
• Il MMG, grazie alla sua lunga frequentazione e conoscenza del
paziente dovrebbe poter orientare anche le scelte fatte da specialisti
in ambito ospedaliero che non conoscono il malato.
Grazie dell’attenzione
Ruolo del volontario
da p.213
Gemma (…) si chiede come mai vorrebbe “sistemare” sua mamma e al
tempo stesso occuparsi di volontariato dedicandosi agli altri.
Le ragioni sono relativamente semplici:
• Fuori è possibile incontrare altre persone con le quali si può avere
uno scambio nel quale, oltre a dare si ricevono cose buone, utili al
proprio benessere.
• I tempi limitati del volontariato inoltre evitano il logoramento di una
cura prolungata.
• La relazione stessa con i soggetti ai quali viene offerto il proprio
tempo e la propria attenzione è meno intrisa dei significati
emozionali e affettivi di quella che si ha con il proprio familiare.
Queste ragioni difficilmente evitano il senso di colpa di dare qualcosa
ad estranei privandone il proprio familiare, a meno di non aver fatto
un bel lavoro sulla legittimità del proprio bisogno di autocura.
E forse un passo ulteriore …. Quello dei bastoncini per il riso …
Fly UP