Il diritto di precedenza nel rapporto di lavoro subordinato
by user
Comments
Transcript
Il diritto di precedenza nel rapporto di lavoro subordinato
GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Il diritto di precedenza nel rapporto di lavoro subordinato di Francesco Natalini - consulente del lavoro Il diritto di precedenza a favore di un ex lavoratore nell’ipotesi di una nuova assunzione è una forma di tutela che alberga nell’ordinamento giuslavoristico fin dal 1949. Trattasi di una disciplina che si è venuta a stratificare nel corso degli anni, con un ampliamento delle casistiche, prima limitata al “classico” caso del lavoratore licenziato per motivi “economici” (sia individuale per giustificato motivo oggettivo che collettivo per riduzione di personale) e poi estesa nel corso degli anni, in presenza di determinate condizioni stabilite dalla legge, anche a favore di lavoratori già assunti a tempo determinato ed a tutela di quelli che in caso di trasferimento d’azienda non passano alle dipendenze del cessionario. Ma se, in passato, la violazione del diritto di precedenza poteva essere eccepita solo dal lavoratore interessato oggi, dopo le modifiche introdotte nel 2012 dalla c.d Riforma Fornero, anche gli Enti previdenziali o assicurativi (in particolare l’Inps) possono intervenire per negare o revocare eventuali benefici contributivi nei confronti di lavoratori assunti in violazione del diritto di precedenza. La problematica quindi si complica ulteriormente per il datore di lavoro e merita senz’altro un approfondimento. Alla disposizione richiamata sono state affiancate, nel corso degli anni, le seguenti altre disposizioni di legge (limitandoci a quelle principali): • art.47 della L. n.428/90, che disciplina il diritto d’opzione per i lavoratori non trasferiti ex art.2112 cod.civ.; • art.5, co.4 quater, quinquies e sexies del D.Lgs. n.368/01, che prevedono, parimenti un diritto ad essere presi in considerazione a favore di lavoratori assunti con contratto a termine1; • art.12-ter del D.Lgs. n.61/00 in tema di contratti part-time2, a cui vanno aggiunte altre norme che rimandano a previsioni pattizie, ad esempio sempre, in tema di lavoro a tempo parziale, l’art.5 del richiamato D.Lgs. n.61/00 che al co.2 assegna al contratto individuale la possibilità di inserire un vero e proprio diritto di precedenza al lavoratore part-time in caso di successiva assunzione a tempo pieno, anche se nel concreto tale opzione risulta marginalmente praticata. Di origine invece esclusivamente pattizia, ma sicuramente di maggiore impatto, sono quelle norme contenute in alcuni Ccnl (non potendosi escludere però anche i contratti decentrati o di 2° livello) che disciplinano il diritto alla riassunzione in caso di cambio di appalto (o di subappalto), diritto che si può certamente assimilare ad una forma stringente di opzione, atteso che esso non appare superabile con il decorso di un certo lasso di tempo, come avviene di norma negli altri casi3. In senso lato può considerarsi un diritto di precedenza anche il principio di “conservazione” dei rapporti previsti dall’art.2112 c.c. in caso di trasferimento d’azienda o di ramo, anche se in questo caso non si può tecnicamente parlare di “riassunzione” presso il cessionario, in quanto, di norma, il rapporto prosegue senza soluzione di continuità. Tornando al diritto di precedenza in senso stretto, va rilevato che la tematica ha avuto una sua reviviscenza nel momento in cui la L. n.92/12 (c.d. legge Fornero), in tema di attribuzione di incentivi (ad es. di agevolazioni contributive), ha stabilito all’art.4, co.12, lettera a) che: “gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva”4. Peraltro, al fine di prevenire condotte elusive della condizione ostativa dell’incentivo, il secondo periodo della lettera a) del co.12 recita inoltre che: “gli incentivi sono esclusi anche nel caso È appena il caso di ricordare che siffatte clausole di riassunzione possono essere previste anche dal committente nell’ambito del contratto di appalto. Tale previsione obbliga l’appaltatore ad adempiere ai sensi dell’art.1322 cod.civ., ma non fa venire meno, in caso di violazione, il diritto ai benefici, non trattandosi di clausola derivante dalla contrattazione collettiva, come richiede l’art.4, co.12. lett. a) della L. n.92/12. Vedi infra. 4 La condizione ostativa prevista dal richiamato art.4, co. 12, lett. a), non si applica ai benefici previsti dall’art.13 della L. 12 marzo 1999, n.68, recante norme per il diritto al lavoro dei disabili, perché l’art.13 della L. n.68/1999 contiene una norma speciale che prevale sul principio generale contenuto nell’art.4, co. 12, lettera a). (cfr. anche circ. Inps n.137/12). 3 Introdotti nel decreto dalla L. n.247/07. Anche questo articolo è stato introdotto dalla L. n.247/07, con effetto dal 1° gennaio 2008. 1 2 8 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 RISOLUZIONE DEL RAPPORTO GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione” . Alla successiva lettera b) ha inoltre previsto che: “gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine; aggiungendo che: gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine”. “conversione” del rapporto di lavoro, quali quelli che permettono ad esempio di passare da un contratto full-time ad uno part-time, in presenza di determinati presupposti e condizioni soggettive/oggettive. Il diritto di precedenza in caso di licenziamento “economico” La norma di riferimento (art.15, co.6 della L. n.264/1949) così recita: “I lavoratori licenziati da un’azienda per riduzione di personale hanno la precedenza nella riassunzione presso la medesima azienda entro sei mesi”5. Va ricordato che alla predetta disposizione, nel 1991, si è “agganciata” anche la L. n.223 in tema di licenziamenti collettivi che, al primo comma dell’art.8, dispone testualmente: “Per i lavoratori in mobilità, ai fini del collocamento, si applica il diritto di precedenza nell’assunzione di cui al sesto comma dell’articolo 15 della legge 29 aprile 1949, n.264, e successive modificazioni ed integrazioni”. In realtà la norma del 1991 testé richiamata appare ridondante, in quanto, a parere di chi scrive, già l’art.15 della L. n.264, parlando di licenziamenti “per riduzione di personale” sembra accogliere in via estensiva sia i licenziamenti per giustificato motivo oggettivo che quelli collettivi. Nel 2002, ad opera del D.Lgs. n.297/02 (art.6, co.4) il termine di durata della prelazione già pari a 12 mesi è stato dimezzato e da allora è fissato in 6 mesi. 1. Passando a trattare dubbi e criticità, avallati dal silenzio della norma, uno di questi riguarda l’ambito di operatività del diritto di precedenza qualora vi sia un’assunzione con mansioni diverse da quelle del lavoratore licenziato. A tal riguardo si ritiene che l’assunzione soggetta all’opzione da parte del lavoratore già licenziato non possa che essere riferita alle medesime mansioni. Diversamente si verrebbe a creare una distonia con altre norme che prevedono omologhi condizioni per esercitare il diritto (vedi infra). Peraltro, a parere di chi scrive il dubbio risiede unicamente nello stabilire se esiste il diritto di precedenza per le mansioni quantomeno “equivalenti”, nell’accezione dell’art.2103 c.c., essendo verosimile che l’assunzione di un lavoratore con mansioni inferiori possa essere non tenuta in considerazione, anche se il divieto di variazione in pejus opera in costanza di rapporto e non in caso di riassunzione La novella comporterà certamente una possibile duplicazione del contenzioso, nel senso che se in passato, il conflitto poteva scaturire unicamente dal lavoratore che eccepiva di non essere stato preso in considerazione nella nuova assunzione da parte del suo ex datore di lavoro - pur se destinatario di un diritto di precedenza - dal 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della L. n.92/12) la controversia, in caso di assunzione di altro lavoratore “portatore” di agevolazioni, può instaurarsi anche (e magari solo) con l’Inps, l’Inail e più in generale con gli Enti previdenziali ed assicurativi. Anzi, con specifico riguardo alla posizione assunta dall’Inps in relazione alle novità introdotte dalla L. n.92/12, dovremmo convenire che l’Istituto, per usare un eufemismo, ha preso particolarmente “a cuore” il problema, proponendo però nell’ambito della prassi emanata nel periodo post-Fornero (in particolare nella circolare n.137/12 e n.131/13) tesi oltranziste, dirette ad allargare il diritto di precedenza, e di conseguenza restringere il campo sul diritto ad agevolazioni contributive in caso di nuova assunzione, andando però in alcuni casi, a parere di chi scrive, palesemente “oltre la legge”. Le norme che disciplinano il diritto di precedenza Proviamo però a passare in rassegna le disposizioni già in precedenza citate, partendo dalla disposizione più datata: quella del 1949, più che altro per cercare di cogliere aspetti di criticità e mettere in risalto dubbi e perplessità, premettendo che non verranno presi in considerazione nel presente intervento altre tipologie di diritto di precedenza che non siano finalizzati all’assunzione, bensì tesi a garantire un diritto alla I titoli I e II, ad eccezione degli articoli 11, primo comma, 15, sesto comma, 21, primo comma e 27, commi 1 e 3, sono stati abrogati dall’art.8, D.Lgs. 19 dicembre 2002, n.297. 5 9 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Sorgono altresì perplessità anche in ordine alla “estensione geografica” dell’opzione, cioè se essa debba essere o meno considerata operante su tutto il territorio nazionale, ma visto che come si dice “il più sta nel meno” si consiglia di escutere comunque il potenziale interessato, destinatario del diritto di precedenza. 2. Un secondo dubbio riguarda il fatto se il diritto de quo debba o meno scattare in caso di assunzione a tempo determinato, ovvero con rapporto di lavoro a tempo parziale. In assenza di previsione contraria si ritiene che esso si estenda anche al contratto a termine, anche se tale interpretazione si presta a più di una incoerenza. Il caso 1 3. Da ultimo, un’altra perplessità sorge in merito al dies a quo dal quale scatta il periodo semestrale di prelazione. Contrariamente a quanto sostenuto in dottrina, secondo cui il termine semestrale decorra dalla “comunicazione” di licenziamento, chi scrive è del parere che debba invece decorrere dal “momento” del licenziamento, cioè dal giorno successivo rispetto a quello in cui cessa effettivamente il rapporto, cioè al termine dell’eventuale preavviso (prescindendo anche dalla data in cui si producono gli effetti, la quale sulla scorta di quanto innovato dall’art.1, co.41 della già richiamata L. n.92/12, potrebbe essere oggi persino retroattiva). Diversamente ragionando, cioè se il computo dei 6 mesi di vigenza del diritto di opzione decorresse dalla mera “comunicazione” del licenziamento, in ipotesi di preavviso lavorato e laddove questo fosse superiore a 6 mesi si potrebbe venire a creare una situazione singolare e discriminante per cui il lavoratore, già al primo giorno di disoccupazione, vedrebbe estinto sul nascere il suo diritto di precedenza. Si immagini ad esempio che il lavoratore venga riassunto a termine per un periodo di 4 mesi, dopo due mesi di intervallo dalla cessazione del rapporto a tempo indeterminato. Al termine del contratto di 4 mesi che succede? Sembra poco credibile che possa maturare un ulteriore diritto di precedenza di 6 mesi in quanto la cessazione non è avvenuta per licenziamento. Ma se così è dobbiamo convenire che alla cessazione del predetto ulteriore rapporto a termine, essendo spirati i 6 mesi complessivi dal licenziamento l’azienda possa assumere chi vuole, sia a tempo indeterminato che determinato. Attenzione però che se l’ulteriore contratto a TD fosse invece superiore a 6 mesi (ipotesi però alquanto improbabile, data la coincidenza dei periodi) il lavoratore potrebbe maturare un nuovo e diverso diritto di precedenza: quello ex art.5, co.4-quater del D.Lgs. n.368/01 a favore di chi ha avuto contratti a termine, diritto che peraltro perdurerebbe per 12 mesi (vedi infra). Il caso 2 Il diritto di precedenza ex art.47 della L. n.428/90 Va premesso che affinché questo diritto possa configurarsi è necessario che si venga a verificare una condizione preliminare, che si fonda su un presupposto giuridico e fattuale: cioè l’inapplicabilità totale (o parziale) dell’art.2112 c.c. per effetto dell’applicazione del co.5 ovvero (come parrebbe) anche del co.4bis del medesimo art.47 della L. n.428/90. I commi citati prevedono (sicuramente il 5°, con qualche riserva il 4-bis) una deroga al principio di conservazione dei rapporti su cui si fonda la richiamata disposizione civilistica a favore di chi decide di subentrare in qualità di cessionario (inteso in senso lato) di un’impresa che si trova o in una di queste procedure concorsuali: fallimento, omologazione di concordato preventivo con cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata (co.5) Immaginiamo che, in ossequio al diritto di precedenza, si proceda all’assunzione a tempo determinato, in modalità “acausale” ex art.8, co.2 della L. n.223/91, di un lavoratore che essendo stato precedentemente oggetto di licenziamento collettivo da parte del medesimo datore di lavoro, si iscriva (in tal caso è ancora possibile) nella lista di mobilità, e che detta assunzione avvenga con contratto part-time per un numero irrisorio di ore settimanali. Fermo restando la rinuncia alle agevolazioni contributive ex art.8, co.2 per effetto della disposizione contenuta nella richiamata legge Fornero che esclude il diritto ad incentivi “se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva” (ma non è questo il punto), se il rapporto a TD termina oltre i 6 mesi dal licenziamento collettivo il datore di lavoro si porta oltre le “sabbie mobili” del diritto di precedenza che a quel punto non sembra più esercitabile. 10 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO “imposto” dalla Corte di giustizia dopo la sentenza di condanna emessa l’11 giugno 2009 nella causa C-561/07, poi declinata attraverso l’art.19-quater, D.L. 25 settembre 2009, n.135 (aggiunto dalla relativa legge di conversione n.166 del 20 novembre 2009), proprio perché secondo la Corte l’impostazione previgente (che accorpava tutte le ipotesi derogatorie ratione temporis previste7 nel 5° comma), comprendeva nella deroga anche il trasferimento di un’impresa di cui sia stato accertato il mero stato di crisi che è condizione diversa rispetto al caso in cui, per effetto di una intervenuta procedura concorsuale, l’impresa si trovi sotto il controllo di un’autorità pubblica competente. Orbene, quest’ultima ipotesi sarebbe l’unica prevista dall’art.5, numero 1) della direttiva 2001/23, il quale consente di non applicare gli artt.3 e 4 di quest’ultima e di riflesso l’art.2112 c.c.. Ma, prescindendo da tale querelle, che esula dal presente intervento e dando per scontato che sia consentito applicare la deroga all’art.2112 c.c. per cui il cessionario, previo accordo sindacale, decide di mantenere solo una parte del personale del cedente, il successivo co.6 prevede testualmente che “I lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente, dell’affittuario o del subentrante hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggiore stabilito dagli accordi collettivi”. Si aggiunge infine che “Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall’acquirente, dall’affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d’azienda, non trova applicazione l’art.2112 del codice civile”. Quindi si tratta di un vero e proprio diritto di precedenza fissato in 12 mesi (anziché 6, come nel caso ex L. n.264/49), periodo che, per di più, può essere anche ampliato dagli accordi collettivi, ma che presuppone, secondo la definizione che si può ricavare “a contrario” (“lavoratori che non passano alle dipendenze dell’acquirente, dell’affittuario o del subentrante” la permanenza in forza presso il cedente al momento dell’esercizio dell’opzione (vedi infra). Anche in questo caso valgono però le considerazioni espresse in precedenza, in ordine all’assenza di una disposizione che chiarisca se il diritto debba comprendere o meno anche le assunzioni a termine, o che comunque sia in una situazione di difficoltà se non di sostanziale decozione: accertato stato di crisi aziendale, ai sensi dell’articolo 2, quinto comma, lettera c), della legge 12 agosto 1977, n.675; in amministrazione straordinaria, ex D.Lgs. n.270/1999, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività; dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo; omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti (co.4-bis).6 Il meccanismo dell’art.47 prevede che per esercitare la deroga è necessario stipulare un accordo sindacale che però, nel caso di specie, obiettivamente, non sembra così arduo ottenere, per le ragioni sopra evidenziate, in quanto il soggetto subentrante potrebbe far valere il potere contrattuale di cui inevitabilmente dispone (“c.d. coltello dalla parte del manico”) ponendo la stipula dell’accordo in deroga all’art.2112 quale “merce di scambio” per rilevare in tutto o in parte l’azienda e salvare (almeno in parte) posti di lavoro, altrimenti verosimilmente destinati ad essere soppressi. Su questa tematica esistono peraltro dubbi sulla valenza derogatoria del co.4-bis al principio della conservazione dei rapporti, in quanto secondo taluni interpreti la deroga potrebbe riguardare altri aspetti dell’art.2112 (ad es. la solidarietà in capo al cedente, il trattamento economico, ecc), ma non incidere sul diritto di tutti i lavoratori del cedente ad essere trasferiti sul cessionario (che è poi la tutela primaria su cui poggia la menzionata disposizione civilistica). In effetti, non va dimenticato che il co.4-bis è stato Recitano, rispettivamente il co.4-bis ed il co.5 dell’art.47 della L. n.428/90: 4-bis. Nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, l’art.2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo medesimo qualora il trasferimento riguardi aziende: a) delle quali sia stato accertato lo stato di crisi aziendale, ai sensi dell’art.2, quinto comma, lettera c), della L. 12 agosto 1977, n.675; b) per le quali sia stata disposta l’amministrazione straordinaria, ai sensi del decreto legislativo 8 luglio 1999, n.270, in caso di continuazione o di mancata cessazione dell’attività; b-bis) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo; b-ter) per le quali vi sia stata l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. 5. Qualora il trasferimento riguardi o imprese nei confronti delle quali vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione dei beni, emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa ovvero di sottoposizione all’amministrazione straordinaria, nel caso in cui la continuazione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento anche parziale dell’occupazione, ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’art.2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore. Il predetto accordo può altresì prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendenze dell’alienante. 6 Alcune di queste sono state aggiunte dal co.2 dell’art.46-bis, D.L. 22 giugno 2012, n.83, nel testo integrato dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n.134. 7 11 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO ovvero se si riferisca o meno ad assunzioni per mansioni quantomeno equivalenti a quelle del lavoratore non trasferito e ripropone le stesse perplessità viste in precedenza in ordine all’adozione di forme di escamotage per neutralizzare il periodo, anche se in questo caso potrebbe verificarsi che in caso di assunzione a TD per un periodo superiore a 6 mesi (possibile visto che l’opzione dura 12 mesi) si venga a configurare un nuovo diritto di precedenza, questa volta quello previsto a favore di chi ha avuto un contratto a termine di durata ultra-semestrale, sancito dal già richiamato art.5, co.4-quater del D.Lgs. n.368/01. Sul fronte delle agevolazioni, dando per possibile che i lavoratori non passati al cessionario siano stati collocati in mobilità dal cedente (e siano quindi “agevolati”) sembrerebbe precluso al predetto cessionario il godimento di sgravi, magari ex art.8, co.2, ovvero ex art.25, co.9 della L. n.223/91, se riassume entro l’anno (o maggior periodo previsto nell’accordo), in ragione di un obbligo legale di riassunzione e non di una libera scelta imprenditoriale. Vorrei però proporre una riflessione anche su questo aspetto. Si è detto che nelle ipotesi di cui al co.5 dell’art.47 della L. n.428/90 è assodato che (a condizione che via sia il previsto accordo sindacale), l’art.2112 c.c. non si applica. Quindi il cessionario potrebbe in astratto non assumere (rectius: non assorbire) alcun lavoratore in forza presso il cedente, di talché si dovrebbe convenire che per ogni assunzione che invece intenda effettuare egli stia compiendo un “atto discrezionale” non imposto dalla legge. Se ciò è vero viene da chiedersi come possa integrarsi il presupposto richiamato in precedenza, trasposto nella L. n.92/12 (ma, a dire il vero già affermato in giurisprudenza8) che sancisce il venir meno delle agevolazioni contributive, “se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva”. Però, se diamo per assodato che in questo caso, non sussiste alcun vincolo legale all’assunzione del personale del cedente e nondimeno poniamo che il cessionario ne assuma una parte al momento del trasferimento, che cosa succede? Che sulle retribuzioni dei medesimi lavoratori sarà possibile godere di sgravi contributivi, mentre i medesimi benefici sarebbero negati in caso di assunzione successiva di lavorato- ri inizialmente esclusi entro il termine di legge (12 mesi), stante la previsione contenuta nella richiamata Legge Fornero? Tutto ciò però appare alquanto singolare o per meglio dire contradditorio. A ciò aggiungiamo, specificatamente per quanto concerne gli sgravi previsti per l’assunzione di lavoratori dalle liste di mobilità9, che la preclusione è rappresentata solo dalla violazione dell’art.8, co.1, della L. n.223/91, al punto che la Suprema Corte ha affermato recentemente il principio di diritto per cui se la L. n.223 del 1991 (artt.8 e 25), concede il beneficio della decontribuzione per cui è causa “Al datore di lavoro che, senza esservi tenuto ai sensi del comma 1, assuma a tempo pieno e indeterminato i lavoratori iscritti nelle liste di mobilità...”, se ne deduce, secondo la Cassazione, “che nel caso di assunzione di tale categoria di lavoratori, il beneficio compete anche nei casi in cui chi assume i lavoratori in mobilità sia “tenuto” all’assunzione”, purchè l’obbligo di assunzione non discenda dalla previsione dell’art.8, comma 1. La decontribuzione compete quindi anche al cessionario dell’azienda che assuma i lavoratori collocati in mobilità da parte dell’azienda cedente, in quanto il cessionario medesimo non è tenuto ad osservare l’obbligo di precedenza nelle assunzioni prescritto al comma 1, art.8, essendo invece obbligato ad assumere solo i lavoratori ancora in forza presso l’azienda cedente”10. Si tenga peraltro conto che il principio enunciato dalla Corte è di estrema rilevanza, in quanto vale per tutte le imprese, anche quelle che assumono lavoratori provenienti da imprese “in bonis" o comunque che si trovano al di fuori delle procedure concorsuali o di quelle situazioni di crisi che, ai sensi del co.5 (e 4-bis) dell’art.47 della L. n.428/90, consentono le deroghe all’art.2112 c.c.. Il diritto di opzione in caso di precedente rapporto a tempo determinato Introdotto, come si diceva, dalla L. n.247/07 si articola su due commi dell’art.5 del D.Lgs. n.368/01: il 4-quater ed il 4-quinques (che distinguono due distinte fattispecie di diritto di precedenza) e sul successivo co.4-sexies (che detta invece una disciplina comune alle due tipologie). Il co.4-quater, testualmente recita: Si vedano, tra queste: Cass. 27 giugno 2001, n.8800, Cass. 17 dicembre 2001, n.15949 e Cass. 28 ottobre 2002, n.15207. Successivamente: Cass. 9 marzo 2007 n.5554; Cass. 20 gennaio 2005 n.1113. 8 9 Previsti all’art.8, co.2, ovvero dall’art.25, co.9 della L. n.223/91. Cass. sez. lavoro 08.08.2012, n.14247 10 12 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO “Il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la stessa azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi ha diritto di precedenza, fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine.” stato titolare di un contratto a termine (a prescindere in questo caso dalla durata dello stesso) in un attività stagionale e scatta allorquando il datore di lavoro intenda assumere, a tempo determinato, nelle “medesime attività stagionali” e non nell’ambito delle stesse mansioni, come nel comma precedente. Rispetto a questo diverso presupposto, il Ministero del lavoro, con la circolare n.13/08 sembra “minimizzare” il problema, ritenendo di fatto che si possa coniugare il concetto di “medesime attività stagionali” con quello di “medesime mansioni” (“ferma restando l’identità di mansioni”), mentre chi scrive non è così convinto di tale interpretazione “assimilante”. In effetti il concetto di attività stagionale comprende una serie di mansioni che “compongono” la predetta attività (si pensi ad uno stabilimento balneare in cui opera il bagnino, il barista, l’addetto alla pulizia della spiaggia, ecc.) e, stante il tenore letterale della norma de qua, l’opzione potrebbe scattare anche per un profilo diverso da quello del precedente rapporto a termine, purché inserito nel contesto della stessa attività stagionale. Se però consideriamo che, fermo restando l’opzione da rendersi, in questo caso, entro 3 mesi dalla cessazione del rapporto a termine il diritto si estingue sempre in un anno, considerato che il ciclo stagionale è di norma inferiore all’anno (nel senso che tra la fine della stagione e l’inizio della successiva decorre fisiologicamente meno di un anno) il lavoratore entrato nel circuito della stagionalità potrebbe non uscirne più, invocando il diritto di opzione ex co.4quinquies e sexies. Un’altra problematica, innescata da una criticabile interpretazione fornita dall’Inps, desumibile dalle già richiamate circolari n.137/12 e n.131/1311 riguarda proprio la gestione di tale doppio diritto di precedenza dianzi citato, nel momento in cui l’Istituto ritiene automatico il diritto in questione (ovviamente ai fini di restringere le “maglie” in tema di agevolazioni contributive riferibili nuovo assunto), mentre è evidente che questo necessita di una formale opzione da parte del lavoratore. Sul punto si registra la (condivisibile) presa di posizione della Fondazione Studi che con la circolare n.15 del 6 novembre 2013 ricorda per l’appunto che la precisa manifestazione di volontà da parte del la- Il successivo co.4-quinquies, invece dispone che “Il lavoratore assunto a termine per lo svolgimento di attività stagionali ha diritto di precedenza, rispetto a nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro per le medesime attività stagionali”, mentre, a completamento della disciplina, il co.4-sexies, precisa che “Il diritto di precedenza di cui ai commi 4-quater e 4-quinquies può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro rispettivamente sei mesi e tre mesi dalla data di cessazione del rapporto stesso e si estingue entro un anno dalla data di cessazione del rapporto di lavoro”. Come si può notare il primo dei commi (4-quater) prevede il diritto di precedenza per l’ex assunto a tempo determinato, solo in caso di assunzione a tempo indeterminato, di talché non si applica in caso di successiva assunzione a termine. Inoltre esige che le mansioni del soggetto che si intende avviare siano quelle “già espletate” dal lavoratore destinatario dell’opzione, dovendosi escludere anche una possibile “equivalenza”, in caso di mansioni oggettivamente diverse. Per avere diritto alla prelazione il lavoratore però non solo deve aver avuto un precedente rapporto a termine per un periodo superiore a 6 mesi, ma, combinando la disciplina del co.4-quater con quanto previsto dal successivo co.4-sexies, egli deve esercitare l’opzione entro 6 mesi, opzione che si estingue dopo un anno. Per espressa previsione legislativa è sempre possibile una deroga da parte della contrattazione collettiva. Con alcuni tratti in comune, ma anche con marcate differenze, si presenta invece il secondo diritto di precedenza (previsto al co.4-quinquies). Questa opzione viene riconosciuta sempre a chi è già Infatti, la circolare n.137/12 evidenzia che “l’incentivo potrà essere riconosciuto qualora il datore di lavoro o l’utilizzatore abbiano preventivamente offerto l’assunzione al lavoratore titolare del diritto”, assimilando l’opzione in materia di contratto a termine a quella “automatica” ex L. n.264/49. 11 13 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO voratore (da rendersi, come si è detto, entro 6 o 3 mesi) è condizione essenziale per attivare il diritto di precedenza, mentre da quanto espresso dalle richiamate circolari primo articolo citato, anche se si fonda su presupposti sostanzialmente diversi. L’ipotesi a cui fa riferimento l’art.12-ter14,14rubricato per l’appunto: “Diritto di precedenza” coinvolge, testualmente, “Il lavoratore che abbia trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale”, il quale “ha diritto di precedenza nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto del rapporto di lavoro a tempo parziale.” In questo caso, rispetto al diritto di precedenza ex L. n.264/49, si stabilisce in modo abbastanza chiaro, quale siano le connotazioni dell’assunzione “incompatibile”, cioè quella che fa scattare la prelazione a favore dell’ex lavoratore full-time ed attuale parttime, concedendogli la possibilità di rientro verso l’originaria tipologia contrattuale. Vale a dire che deve trattarsi di assunzione caratterizzata dalle “stesse mansioni”, o, al limite da “mansioni equivalenti”. Può sembrare un dubbio banale, ma la norma non contempla le “mansioni superiori”, di talché, a parere di chi scrive, in tali casi il diritto di precedenza non dovrebbe scattare. Restano infine immutate, rispetto alle altre fattispecie viste in precedenza, le perplessità in ordine all’ambito geografico dell’opzione. Un cenno anche all’opzione ex art.5, co.2, dove si stabilisce che “Il contratto individuale può prevedere, in caso di assunzione di personale a tempo pieno, un diritto di precedenza in favore dei lavoratori assunti a tempo parziale in attività presso unità produttive site nello stesso ambito comunale, adibiti alle stesse mansioni od a mansioni equivalenti rispetto a quelle con riguardo alle quali è prevista l’assunzione.”. Come si può notare, in questo caso: ci si rivolge a lavoratori già assunti part-time (e non full-time trasformati a tempo parziale); l’ambito delle mansioni è lo stesso visto in precedenza, a proposito dell’art.12ter, ma la legge restringe il campo alle assunzioni effettuate “nello stesso Comune” in cui operano i destinatari dell’opzione, la quale, si ribadisce, può essere prevista solo nell’ambito del contratto individuale di lavoro. Inoltre, in tale caso, il datore di lavoro è tenuto a dare tempestiva comunicazione dell’assunzione al personale già dipendente con rapporto a tempo pieno occupate all’interno del comune, anche attraverso una informazione affissa nella bacheca sindacale, ed “non si evidenzia alcun passaggio in cui l’Istituto ricordi che il diritto di precedenza sia una facoltà del lavoratore, facoltà che si tramuta in obbligo per il datore di lavoro solo nel caso di manifestazione di interesse da parte del lavoratore entro il termine di sei mesi. Così come richiamata dall’Istituto, la norma sembra prevedere un’attivazione implicita del diritto di precedenza, senza alcuna manifestazione di volontà in capo al lavoratore portatore di tale diritto”. Sulla scorta di questa fuorviante interpretazione l’Inps aggiunge anche alcune ulteriori considerazioni tendenti a negare ad esempio il beneficio del c.d. bonus assunzioni, introdotto dal D.L. n.76/13 e previsto anche in caso di trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato, se la suddetta conversione avviene dopo 6 mesi di vigenza del rapporto a termine, ritenendo che altrimenti venga a mancare il presupposto della “libera scelta” da parte del datore di lavoro, il quale invece sarebbe obbligato ad adempiere proprio in ragione del contenuto del co.4-quater dell’art.5 del D.Lgs. n.368/01 (cfr circ. n.131/13)12. Questa interpretazione si appalesa ancor più inverosimile in quanto, oltre agli elementi già mancanti richiamati in precedenza (l’opzione del lavoratore), manca anche il presupposto della “cessazione del rapporto di lavoro”, in quanto questo continua, senza soluzione di continuità, con la trasformazione a tempo indeterminato13. Il diritto di precedenza in caso di part-time ex art.12ter (ed art.5, co.2) del D.Lgs. n.61/00 Va premesso che l’art.12–ter del D.Lgs. n.61/00 si innesta su un testo che aveva già previsto una sorta di precedenza demandata però alla liberta delle parti in sede di contratto individuale (art.5, co.2), disposizione che è tuttora vigente, affiancandosi a quella del In effetti, la circolare n.131/13, al punto 5.2 ricorda “che - tranne casi particolari - non spetta l’incentivo, se la trasformazione interviene oltre i primi sei mesi del rapporto a termine, perché il lavoratore ha nel frattempo maturato un diritto di precedenza all’assunzione a tempo indeterminato, ai sensi dell’art.5, co. 4 quater, D.Lgs. n.368/01”. 13 Si ricorda che sulla tematica è intervenuto, con una interpretazione totalmente opposta, il Ministero del Lavoro che, con la già richiamata circolare n.13/08, ha evidenziato come “i diritti di precedenza […] possono essere esercitati a condizione che il lavoratore manifesti in tal senso la propria volontà al datore di lavoro […]”. 12 Articolo inserito dall’art.1, co.44, lett. e), L. 24 dicembre 2007, n.247, a decorrere dal 1° gennaio 2008. 14 14 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO a prendere in considerazione le eventuali domande di trasformazione del personale occupato a tempo pieno (art.5, co.3). La norma rinvia poi alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare criteri applicativi della disposizione15. Il D.Lgs. n.61/00 si preoccupa anche di quantificare il danno in caso di violazione di tale ultimo diritto di precedenza, atteso che nell’art.8, co.3 si stabilisce che “il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura corrispondente alla differenza fra l’importo della retribuzione percepita e quella che gli sarebbe stata corrisposta a seguito del passaggio al tempo pieno nei sei mesi successivi a detto passaggio”. Per tali ragioni questo particolare diritto di precedenza non ha una sua identificazione legale, dovendosi riferire ad ogni singola clausola dei contratti collettivi, i quali però sembrano presentare tratti comuni quando richiedono un’anzianità minima in capo al lavoratore ed una sostanziale invarianza (“parità di condizioni”) del contratto di appalto18. Nel caso in cui il nuovo appalto prevede una riduzione dei servizi, “la garanzia della riassunzione presso l’impresa subentrante diviene elastica, essendo condizionata alla possibilità di utilizzare diversamente il personale ovvero all’adozione del part-time ed il lavoratore licenziato non è titolare di un diritto soggettivo perfetto all’assunzione a tempo pieno nei confronti della subentrante”19.18 È evidente che sulla “modifica delle condizioni dell’appalto”, spesso si “gioca” per escludere l’applicazione della clausola in capo all’appaltatore subentrante. Come si diceva, un’altra deroga normalmente prevista dai Ccnl, è quella riguardante l’anzianità di servizio minima che i lavoratori già dipendenti dell’appaltatore devono possedere per essere destinatari della “tutela riassuntiva”. In tal senso ad es. il Ccnl pulizie e quello delle cooperative sociali prevedono un’anzianità di 3 mesi, mentre nell’ambito di imprese che applicano la normativa sui cambi di gestione nel settore della ristorazione collettiva, la relativa contrattazione collettiva dispone che la società subentrante è tenuta ugualmente ad assumere tutto il personale addetto purché sia sempre iscritto da almeno tre mesi sul LUL della gestione uscente, (riferita all’unità produttiva interessata), con facoltà però di esclusione del personale che svolge funzioni di direzione esecutiva, di coordinamento e controllo dell’impianto, nonché dei lavoratori di concetto20. La violazione della norma contrattuale, come si diceva, sulla scorta della novella introdotta dall’art.4, co.12, lettere a) e b) della L. n.92/12, già in precedenza richiamata, oltre a poter sfociare in una controversia nei confronti del lavoratore non riassunto, con profili quantomeno risarcitori, può incidere anche su eventuali agevolazioni godute per il lavoratore che è stato assunto al suo posto. Il diritto di precedenza previsto dai contratti collettivi in caso di cambio di appalto L’art.29, co.3, del D.Lgs. n.276/03 dispone che il cambio di appalto non costituisce trasferimento d’azienda o di ramo, di talché da parte dei lavoratori dell’appaltatore subentrante non può essere invocata la tutela ex art.2112 cod.civ. Per cercare in qualche modo di “neutralizzare” la previsione del richiamato terzo comma, che avrebbe avuto come effetto immediato quello di permettere al soggetto subentrante nell’appalto di assumere chi voleva, senza essere cioè vincolato a prendere in considerazione i dipendenti dell’appaltatore uscente (garantendo loro in qualche modo la continuità occupazionale), è arrivata in soccorso la contrattazione collettiva. Infatti i Ccnl, in alcuni casi (vedansi ad es. i Ccnl delle imprese di pulizia, delle cooperative sociali, dell’igiene ambientale della ristorazione collettiva, interessati fisiologicamente più di altri ai cambi di appalto) contengono, disposizioni che obbligano l’impresa appaltatrice che subentra nell’appalto a “riassumere”16 - salvo alcune eccezioni ed al verificarsi di taluni presupposti - il personale già in forza presso il precedente appaltatore, recuperando in qualche modo, per via contrattuale e pattizia, una tutela a favore dei lavoratori non riconosciuta direttamente dalla legge17. Cfr. E.Massi, op. ult. cit. 15 Ovviamente è diverso il concetto di “riassunzione”, rispetto alla traslazione dei rapporti, senza soluzione di continuità, sancito dall’art.2112 c.c. 17 Va ricordato che il Ccnl delle pulizie aggiunge anche una ulteriore tutela di tipo “economico”, introducendo lo scatto di anzianità “di settore”. Vale a dire che lo scatto non viene ragguagliato al singolo datore di lavoro, come avviene di norma, ma agganciato alla permanenza del lavoratore (per 4 anni) nel settore coperto dal Ccnl. Ciò per evitare che la frammentazione degli appalti e la frequente successione di appaltatori possa comportare di fatto l’impossibilità a maturare un periodo minimo 16 di permanenza presso ogni azienda 18 Ad esempio il Ccnl delle pulizie – multi servizi. 19 Cass. civ. Sez. lavoro, 12 aprile 2006, n.8531. 20 Pret. Milano, 6 maggio 1996. 15 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13 GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO Conclusioni sembra una speranza vana, atteso che il Legislatore ha dimostrato in più occasioni di non riuscire, al di là delle intenzioni spesso palesate in modo propagandistico, a raggiungere risultati che vadano in dette direzioni; anzi quando interviene con tali propositi spesso ottiene l’effetto opposto, cioè di complicare ancora di più le cose. In conclusione, anche su tale problematica, come si sarà potuto notare, la confusione e l’incertezza regna sovrana. Per tali ragioni sarebbe auspicabile un intervento volto se non a semplificare la disciplina o quantomeno ad armonizzare le varie disposizioni, anche se 16 La circolare di lavoro e previdenza n.49/13