Comments
Description
Transcript
GLI “ORFANI” DELLE BADANTI
M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I I - N U M E RO 3 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA aprile 2009 Italia Caritas MOLDAVIA, FUGA DALLA POVERTÀ: UN MINORE SU TRE SENZA GENITORI GLI “ORFANI” DELLE BADANTI VIAGGIO NELLA CRISI 2 TOSCANA, CHE NE È DEL WELFARE LOCALE? STUPRI OLTRE L’EMOZIONE, LA DONNA CHIEDE DIGNITÀ SRI LANKA LA GUERRA TARDA A FINIRE, INTANTO I CIVILI SOFFRONO sommario ANNO XLII NUMERO 3 IN COPERTINA Organismo Pastorale della Cei via Aurelia, 796 00165 Roma www.caritasitaliana.it email: [email protected] M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I I - N U M E RO 3 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T aprile 2009 POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA Bambino sul tetto di una casupola in una località rurale della Moldavia. Nel paese, ritenuto “il più povero d’Europa”, un’intera generazione di minori cresce senza genitori. Emigrati, moltissimi in Italia... foto Marco H. W. Serazio Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas Italia Caritas direttore Vittorio Nozza direttore responsabile Ferruccio Ferrante MOLDAVIA, FUGA DALLA POVERTÀ: UN MINORE SU TRE SENZA GENITORI GLI “ORFANI” DELLE BADANTI coordinatore di redazione VIAGGIO NELLA CRISI 2 TOSCANA, CHE NE È DEL WELFARE LOCALE? STUPRI OLTRE L’EMOZIONE, LA DONNA CHIEDE DIGNITÀ SRI LANKA LA GUERRA TARDA A FINIRE, INTANTO I CIVILI SOFFRONO Danilo Angelelli, Paolo Beccegato, Livio Corazza, Salvatore Ferdinandi, Andrea La Regina, Renato Marinaro, Francesco Marsico, Walter Nanni, Giancarlo Perego, Domenico Rosati editoriale di Vittorio Nozza 3 progetto grafico e impaginazione Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) 5 stampa Omnimedia via Lucrezia Romana, 58 - 00043 Ciampino (Rm) Tel. 06 7989111 - Fax 06 798911408 6 sede legale nazionale VIAGGIO NELLA CRISI / 2 TOSCANA: LE FAMIGLIE ANNASPANO, CHI LE POTRÀ AIUTARE? «PIÙ BISOGNI, MENO RISORSE. È TEMPO DI RIFORMARE IL WELFARE» di Stefano Lampertico database di Walter Nanni STUPRI, OLTRE L’EMOZIONE LA DONNA CHIEDE DIGNITÀ di Claudia Biondi MAZZOLARI E STURZO: LA LEZIONE DI DUE “PROFETI” DEI POVERI di Giancarlo Perego contrappunto di Domenico Rosati panoramacaritas SERVIZIO CIVILE, RAZZISMO, AIDS progetti MICRO PER RINASCERE via Aurelia, 796 - 00165 Roma redazione 8 10 tel. 06 66177226-503 14 15 inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie arretrate offerte [email protected] tel. 06 66177205-249-287-505 [email protected] tel. 06 66177202 spedizione 19 in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 DCB - Roma Autorizzazione numero 12478 del 26/11/1968 Tribunale di Roma Chiuso in redazione il 20/3/2009 21 22 24 AVVISO AI LETTORI Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione di almeno 15 euro: causale contributo Italia Caritas. internazionale MOLDAVIA, IL PAESE DEGLI “ORFANI”: «LA MAMMA? È IN ITALIA…» di Francesco Chiavarini foto di Marco H. W. Serazio dall’altro mondo di Maria Paola Nanni SRI LANKA: LA GUERRA TARDA A FINIRE, INTANTO I CIVILI SOFFRONO di Valentina Ferraboschi foto di Gianluca Ranzato 2010 senza povertà di Francisco Lorenzo VIAGGIO NELLA CRISI / 2 PREZZI E AIUTI A RISCHIO, ANCHE L’AFGANO PIANGE di Danilo Feliciangeli contrappunto di Alberto Bobbio agenda territori villaggio globale 26 Le offerte vanno inoltrate a Caritas Italiana tramite: ● Versamento su c/c postale n. 347013 ● Bonifico una tantum o permanente a: - Intesa Sanpaolo, via Aurelia 796, Roma Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 - UniCredit Banca, piazzale dell’Industria 46, Roma Iban: IT02 Y032 2303 2000 0000 5369 992 - Allianz Bank, via San Claudio 82, Roma Iban: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097 - Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 ● Donazione con CartaSi e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 66177001 36 39 40 44 incontri di servizio di Chiara Del Corso IL CUORE DI SALVATORE A MOLTI AVEVA DATO QUALCOSA La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione. 31 30 35 5 PER MILLE 47 di Vittorio Nozza INTEGRAZIONE DIFFUSA, COSÌ SI TUTELA LA SICUREZZA Paolo Brivio in redazione INTEGRAZIONE DIFFUSA, COSÌ SI TUTELA LA SICUREZZA parola e parole di Bruno Maggioni FRATERNITÀ, IDEALE DI TUTTI MA IL CRISTIANO SA CONDIVIDERE paese caritas di Flavio Ricci UN LIBRO E UN CANTIERE, DIETRO I NUMERI LE PERSONE editoriale Per destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primo dei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587 lla fine ce l’hanno fatta, i sostenitori delle ronde, a metterle sulle strade delle nostre città, comuni e territori. Così prevede il decreto legge approvato dal governo, che appena pubblicato diventerà legge. Ci vorrà ancora un regolamento, si capisce, per dare concretezza alla decisione, ma l’appuntamento è scoccato. Entusiasmo, soddisfazione? Certamente no! Non sappiamo ancora con esattezza che cosa può sortire da una norma esaminando il problema dell’integrazione degli immigrati in Italia, arriva ad affermare che può ormai delinearsi un’originale via italiana in questo campo. E così, in occasione della presentazione del Rapporto sull’integrazione promosso proprio dal Cnel (con il supporto della redazione del Dossier immigrazione Caritas-Migrantes), il presidente della camera, Gianfranco Fini, ha potuto affermare che «dobbiamo mantenere lucidità e – per ora solo programmatica – che serenità per respingere l’odiosa assonel suo “legalese” dice la possibilità Secondo il Cnel, l’Italia ciazione mentale tra criminalità e per i sindaci “di avvalersi della collasta elaborando una via immigrazione. Non c’è alternativa alborazione di associazioni tra i cittadipeculiare all’inserimento l’integrazione, perché l’unica alternani non armati per segnalare agli orgadei migranti nella società. tiva diventa la sconfitta». ni di polizia eventi che possono arreEppure le elaborazioni Il crescere di fobie, paure e intolcare danno alla sicurezza urbana ovlegislative non sempre sono leranze, cioè di una regressione civivero situazioni di disagio sociale”. all’altezza delle pratiche le di cui l’Italia deve temere le conRonde? No, grazie! Anche indipensociali. La tutela seguenze e che le istituzioni devono dentemente da preconcetti negativi, del territorio governare, contrasta con i contenula parola “ronde” materializza l’idea di non ha bisogno di ronde ti e il linguaggio che l’indagine del gruppi strumentati per andare a cacCnel accredita come peculiarità itacia di cattivi, anzi, dei supposti cattivi, di quelli che non la pensano come liana, ovvero l’esercizio diffusivo me, di chi mi dà fastidio, di chi è su una sponda ideale o et- dell’integrazione nel territorio. Il Cnel nota che, sopratnica diversa dalla mia. Ma, ammesso che possano davvero tutto nelle comunità minori, si stabilisce una relazione essere istituiti per legge gruppi di volontariato così, occor- virtuosa con le dimensioni della piccola e media imprere premettere che, in nessun caso, essi possono essere pen- sa e dei circuiti solidaristici locali, aperti anche ai nuclei sati come surrogati di carabinieri e polizia. familiari. Coltivare tale prassi significa seguire piste difLa tutela vera del territorio, della convivenza, della sicu- ferenti sia da quella dell’assimilazione (Francia), sia da rezza dei cittadini spetta alle forze dell’ordine, che rappre- quella della mescolanza (Olanda), sia da quella del lavosentano in maniera sicura lo Stato e, allo stesso tempo, i cit- ratore ospite più o meno desiderato (Germania). Signitadini: tutti i cittadini. Perciò è doveroso finanziare adegua- fica anche uscire da una certa visione restrittiva del tamente polizia e carabinieri, perché possano assumere «meno vengono e prima se ne vanno, meglio è». Imponuovo personale, formarlo convenientemente, fornirlo dei stazione non solo irrealistica, ma anche miope, dato che mezzi necessari perché possa svolgere in maniera equili- solo la stabilizzazione dell’immigrazione assicura la dibrata il proprio ruolo a servizio di una convivenza che sia la sponibilità delle risorse che essa produce. meno pericolosa possibile per tutti, italiani o stranieri. L’allarme sociale per i casi di criminalità, di cui sono protagonisti diversi immigrati, non va ignorato e misure adeguate vanno adottate. Ma non serve ridurre il tutRegressione da temere e governare Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel), to a questione di ordine pubblico. Per giunta, con pro- A I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 3 parola e parole editoriale di Bruno Maggioni poste di controllo alquanto problematiche, consegnate a cittadini raggruppati tra loro. La mentalità aperta che abbatte i muri della diffidenza e dell’ostilità, carente in molte elaborazioni legislative e amministrative, sta facendo le sue prove nelle dinamiche dei territori, nella vita degli enti locali, dei sindacati, dei molteplici vissuti delle comunità parrocchiali e del volontariato. Ma anche nell’intraprendenza degli stessi immigrati, molti dei quali sono riusciti, per lo più nel conflitto, a trovare una pista, uno spazio, un modo per realizzare una convivenza meno problematica. Cioè per integrarsi. Tutti responsabili di tutti Pertanto non c’è affatto bisogno di organizzare alcuni contro qualcuno, ma di organizzarci in tanti a favore di tutti, a favore di una convivenza corresponsabile, partecipata, costruttiva, giusta, fraterna e solidale. Quindi a servizio delle persone in difficoltà: italiani, rumeni, albanesi, nordafricani, latinoamericani, asiatici…; donne, anziani, minori, handicappati…; persone, famiglie, gruppi... Una presenza moltiplicata, perché nelle nostre città e nei nostri territori si possa vivere in pace. È sempre più frequente cogliere gruppi di volontariato frequentare strade, angoli di città, zone abbandonate per favorire un minimo di incontro, di relazione e di presa in carico di persone segnate da emarginazione e frantumazione grave, spesso fatte oggetto di molteplici forme di violenza e a loro volta soggette a comportamenti violenti. Oppure è sempre più cosa ordinaria l’attivazione di luoghi e strumenti di ascolto e relazione con chi vive nei campi rom, negli angoli delle grandi stazioni, in alcune zone abbandonate dei nostri territori. Presenze attente, ricche di compassione e prossimità, per trasmettere speranza in cammini di uscita da vite a volte abbruttite da degrado e sfruttamento, devianza e autodistruzione, abbandono e dimenticanza. E poiché sono le persone che fanno la storia, varrebbe la pena di completare la bontà delle varie ricerche sociologiche raccontando i vissuti di tanti, singoli e famiglie, che sono riusciti a tessere nei luoghi dell’abitare e del lavoro, nelle scuole, negli ospedali, nelle parrocchie e nei circoli culturali e ricreativi, con energie proprie o con l’aiuto di altri, nuove e solide trame di umanità. Da cittadini credenti poi facciamo sempre più nostra la convinzione che “ogni parrocchia ha senso per annunciare il Vangelo di sempre e per spezzare l’unico pane eucaristico in quel luogo, in quel momento storico, con le attese e i problemi, le fatiche e le speranze, i valori e le contraddizioni di quelle persone. In una città o in un piccolo paese, nella periferia di una grande metropoli o in una vallata di montagna, la parrocchia è Chiesa che accoglie il bisogno di socialità della gente e le paure della solitudine; che fa i conti con le spinte al consumismo, i messaggi deresponsabilizzanti dei mass media, i localismi e gli individualismi. Prendendo quel che c’è di buono per migliorarlo, resistendo al male che da qualche parte è sempre in agguato e provando ad essere, sotto lo sguardo misericordioso del Padre, tutti responsabili di tutti” (Caritas Italiana, Carta pastorale Da questo vi riconosceranno, n.18). ‘‘ Non c’è bisogno di organizzare alcuni contro qualcuno, ma di organizzarci in tanti a favore di tutti: a favore di una convivenza corresponsabile, partecipata, fraterna ’’ 4 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 FRATERNITÀ, IDEALE DI TUTTI MA IL CRISTIANO SA CONDIVIDERE La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede avevano un cuore solo e un’anima sola e nessuno metteva a sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune (Atti 2,42) primi cristiani a mettere in comune i loro beni non è stata una predicazione ascetica, né una visione dualistica del mondo, né una mistica della povertà, ma la fede nell’unico Padre, la comune appartenenza al Signore, la convinzione di essere tutti figli dello stesso Dio. L’ideale perseguito non è dunque la povertà, ma la condivisione. Così che “nessuno fosse fra loro bisognoso”. Luca dice che “Erano un tranquillamente le differenze sociacuor solo e un’anima sola”, espresli: da una parte i poveri, dall’altra i Dagli Atti degli apostoli sione fondamentale per capire le ricchi. Naturalmente Luca ci tiene a emerge una comunità due facce inseparabili della solidafarci capire che il progetto di fraterche è fraternità, secondo rietà cristiana, insieme interiore ed nità che sta proponendo è un proun’aspirazione propria esteriore, atteggiamento che coingetto cristiano, ma sa anche molto di tanta cultura antica. Ma volge l’anima e il corpo. La sua radibene che si tratta di un ideale che Gesù dona una vita nuova: ce è nel cuore dell’uomo: “Cuore e tutti gli uomini, pagani ed ebrei, anima” dice la totalità dell’esperienhanno sempre sognato. l’originalità cristiana za umana e designa il centro della L’ambiente greco conosceva, ad è ispirata dalla convinzione persona. Potremmo parafrasare coesempio, gruppi di filosofi pitagoridi essere tutti figli sì: tutta la persona – a partire dal suo ci che vivevano in fraternità, metdello stesso Dio centro e dalle sue radici – deve protendo i propri beni in comune. Platendersi nella fraternità. tone sognava una città modello in Questa prassi caritativa della prima comunità cricui il mio e il nostro avrebbero finito con il confondersi. E Aristotele osservava che esiste vera amicizia solo là stiana si è dapprima manifestata in forma spontanea: dove le cose diventano comuni. Questo ideale di frater- ciascuno distribuiva i suoi doni al fratello che ne avenità non era meno vivo nell’ambiente giudaico. La fede va bisogno. Ma ben presto si è solidificata in forme orebraica attendeva per il tempo messianico una comu- ganizzative e istituzionali. Più avanti, in Atti 6, Luca nità fraterna in una terra promessa, senza più poveri: parlerà infatti di una distribuzione quotidiana per le “Non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi, perché il vedove e per i poveri. Signore tuo Dio ti benedirà nel paese che ti darà in ereForse si può sottolineare anche un altro aspetto: la dità” (Deuteronomio 15,4). fraternità nasce dal centro della persona, cioè dalla sua visione di sé e del mondo, non dalla semplice assunzioDal centro della persona ne di qualche servizio. Se si è nel profondo attaccati anL’ideale di una profonda e concreta fraternità non è dun- zitutto a se stessi, allora anche se si assume un servizio que soltanto cristiano: appartiene a tutti i popoli. Appar- per gli altri, questo non potrà non essere viziato (e forse tiene però all’originalità cristiana il fatto che a spingere i anche guidato) dai propri interessi di parte. ella prima lettura della seconda domenica dopo Pasqua, Luca descrive negli Atti un aspetto della prima comunità cristiana. Nell’intenzione di Luca, queste parole vogliono essere una fotografia di quella vita nuova che il Cristo risorto ci dona. E non è certo a caso che di questo quadro il tratto più sottolineato sia la fraternità. Luca scrive negli anni Settanta del primo secolo e si rivolge ai cristiani benestanti che hanno finito con l’accettare N I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 5 paese caritas di Flavio Ricci direttore Caritas Ancona-Osimo UN LIBRO E UN CANTIERE, DIETRO I NUMERI LE PERSONE con gli uomini e le donne del nostro tempo? Non è che abbiamo perso i Servizi, analisi, confronti, contorni dei loro volti, sì da renderparole: ma l’operatore celi irriconoscibili? della carità spesso Quei volti concreti sono gli apsi chiede se stia perdendo puntamenti con la storia nei quali i contorni dei volti degli Dio si “camuffa” da viandante, perVincere le disperazioni uomini del suo tempo. ché noi impariamo a leggere le perAbbiamo accolto questo libro come Allora, provvidenziale, sone e gli eventi con gli occhi suoi. Il una grande consegna. E il nostro nostro vescovo ha recentemente cantiere si è messo in moto puntanarriva un’immagine. usato l’immagine efficace di un lido, data la situazione generale che Che innesca quattro bro immaginario che ogni cristiano, colpisce tante persone, su quattro esperienze… e tanto più ogni operatore Caritas, esperienze (scommesse?): il Fondo dovrebbe sfogliare e coniugare. Neldi solidarietà in ogni parrocchia, gela prima pagina troviamo il fondamento: “Ogni volta stito in maniera palese e comunitaria, per i poveri, speche… lo avete fatto a me” (Matteo 25). E il fondamento cialmente del proprio territorio; il microcredito (quasi a esige uno stile proprio di ogni atto caritativo: la “sama- tasso zero e con tempi lunghissimi di restituzione), per ritanità”, con tutte le attenzioni e operazioni necessarie sovvenire con piccoli aiuti a improvvise necessità indiper farsi prossimi (Luca 10). viduali o familiari; la campagna “Io non Ti denuncio”, riLa seconda pagina contiene la missio: ogni atto, ogni volta a circa quattromila operatori sanitari del grande servizio, ogni attenzione in Caritas si qualifica e si giusti- ospedale regionale, in relazione alla cancellazione del fica in ragione di un mandato che ci inserisce nella co- divieto di segnalazione degli stranieri irregolari che acmunione ecclesiale, da essa partiamo e per essa lavoria- cedono alle strutture sanitarie; infine l’idea (per adesso mo. La terza pagina ricorda che il servizio in Caritas ha ancora solo tale) di una “originale” opera-segno in vista bisogno di un’attenzione sapienziale, un’attenzione del del prossimo Congresso eucaristico nazionale che si cuore, perché l’incontro è con le persone, i loro mondi e terrà ad Ancona nel 2011 (non solo cose di prima nele loro storie, non con le cose. Per questo, in diocesi, ab- cessità, ma la promozione di lavori semplici per chi non biamo messo accanto ai volontari un sacerdote, perché ha mai lavorato per disagi gravi personali e per chi ha pensiamo che faccia parte della loro formazione essere perso il lavoro). Ecco, appunto: dietro i numeri, le peraiutati a coltivare la dimensione dello spirito. sone. E il tentativo di vincere le loro disperazioni. 6 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 Italia Caritas le notizie che contano un anno con Italia Caritas Contenuti incisivi. Opinioni qualificate. Dati capaci di sondare i fenomeni sociali. Storie che raccontano l’Italia e il mondo. Notizie e riflessioni sui percorsi della solidarietà. Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione, che ammonti ad almeno 15 euro. A partire dalla data di ricevimento del contributo (causale ITALIA CARITAS) sarà inviata un’annualità del mensile. Un anno a 15 euro, causale “Italia Caritas” Per contribuire • Versamento su c/c postale n. 347013 • Bonifico una tantum o permanente a: - Intesa Sanpaolo via Aurelia 796, Roma Iban: IT19 W030 6905 0921 0000 0000 012 - UniCredit Banca piazzale dell’Industria 46, Roma Iban: IT02 Y032 2303 2000 0000 5369 992 - Allianz Bank via San Claudio 82, Roma Iban: IT26 F035 8903 2003 0157 0306 097 - Banca Popolare Etica, via Parigi 17, Roma Iban: IT29 U050 1803 2000 0000 0011 113 • Donazione con CartaSi e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 66177001 (orario d’ufficio) Anno 9 numero 68. Aprile 2009. € 4,00 M E N S I L E D E L L A CA R I TA S I TA L I A N A - O R G A N I S M O PA S T O R A L E D E L L A C E I - A N N O X L I I - N U M E RO 3 - W W W. CA R I TA S I TA L I A N A . I T valori aprile 2009 Mensile di economia sociale, finanza etica e sostenibilità Italia Caritas Fotoreportage > 10 anni di Banca Etica + FRANCESCO ZIZOLA C La quarta pagina: il servizio potrà e dovrà essere contagioso per tante persone, in particolare per i giovani, perché si aprano con disponibilità, individuando spazi per la loro generosità e il loro impegno. Infine, la pagina dell’umiltà: è vero che Gesù dice “Date voi da mangiare” e la folla era immensa! Ma è anche vero che noi possediamo solo cinque pani e due pesci! Allora entri in ciascuno la logica della piccolezza, di un fare dove è Lui che fa! Senza ansia: non si può far tutto, perché tutto non possiamo, perché l’impotenza nostra reclama la Sua onnipotenza! POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA entri d’ascolto, osservatori su povertà e risorse, statistiche, letture sociologiche, letture pastorali… E dossier diocesani, regionali, nazionali… convegni, congressi, discorsi… giornali, libri, letture e confronti, dibattiti e domande… Tante, tante parole dette e scritte… Grande fatica di ricerca, di aggregazione, di pensiero. Ma noi operatori della pastorale della carità ci chiediamo sempre più spesso: dietro i numeri, ci sono ancora le persone? Per caso, non è che abbiamo disattivato, pur standoci dentro, gli appuntamenti Dossier > Finanza, fisco, governance internazionale. Servono nuove regole MOLDAVIA, FUGA DALLA POVERTÀ: UN MINORE SU TRE SENZA GENITORI GLI “ORFANI” DELLE BADANTI VIAGGIO NELLA CRISI 2 TOSCANA, CHE NE È DEL WELFARE LOCALE? STUPRI OLTRE L’EMOZIONE, LA DONNA CHIEDE DIGNITÀ SRI LANKA LA GUERRA TARDA A FINIRE, INTANTO I CIVILI SOFFRONO Tutto da riscrivere Finanza > Azionariato critico contro i paradisi fiscali: Eni di casa in Olanda Economia solidale > Biologico controcorrente: il settore che resiste alla crisi Internazionale > Dalla Bolivia alla luna, le nuove rotte delle materie prime Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento - Contiene I.R. Occasione 2009 ABBONAMENTO CUMULATIVO CON VALORI È un mensile di economia sociale e finanza etica promosso da Banca Etica. Dieci numeri annui dei due mensili a 44 euro. Per fruire dell’offerta • versamento su c/c postale n. 28027324 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano • bonifico bancario: c/c n. 108836 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica presso Banca Popolare Etica - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A Indicare la causale “Valori + Italia Caritas” e inviare copia dell’avvenuto pagamento al fax 02.67.49.16.91 L E G G I L A S O L I DA R I E T À , S C E G L I I TA L I A CA R I TA S Per informazioni Caritas Italiana, via Aurelia 796, 00165 Roma tel 06 66177001 - fax 06 66177602 e-mail [email protected] nazionale viaggio nella crisi 2 servizi di Stefano Lampertico n fotogramma, per descrivere la crisi. Un’immagine. «L’immagine come di un corpo immerso nelle sabbie mobili, fino al volto; e che però con la testa pensa di correre. Ma ovviamente non è in grado». L’istantanea è di Gianni Salvadori, assessore alle politiche sociali della regione Toscana. Un’icona che, già in sé, racconta la percezione di un momento difficile, forse non compreso nella sua pienezza. «E invece – continua l’assessore – la crisi sarà ancora lunga. E ancora più complessa e difficile da gestire nei suoi effetti. Che ora sono attutiti dagli ammortizzatori sociali, dagli aiuti del settore pubblico». Della stessa idea è don Renzo Chesi, delegato regionale Caritas per la Toscana. «Siamo solo all’inizio della cosiddetta crisi, in Toscana, come altrove. La sua piena affermazione si vedrà nei prossimi mesi, anche se alcuni segnali significativi sono già registrabili, in particolare nei territori di Prato e a Pistoia». Non è semplice descrivere gli effetti di un clima che, in Toscana, ha davvero aspetti articolati. «Questo – racconta Maurizio Petruccioli, segretario generale della Cisl regionale – è un territorio che negli ultimi venti anni ha subito un ribaltamento totale dei suoi indici di produzione: prima prevaleva l’industria manifatturiera, oggi i servizi. Ma a preoccupare sono gli indicatori macroeconomici: stiamo passando da un 2006 con un +1,5% di Pil a un 2009 in cui la stima è -1,8%». I dati aiutano a descrivere gli effetti di un momento davvero complicato per un sistema che si è sempre caratterizzato per la poliedricità delle sue forme produttive, ma anche per le innovazioni in ambito sociale, per il lavoro di rete tra pubblico e privato, per la capacità di costruire un sistema di welfare regionale incentrato su un U FILI SPEZZATI ROMANO SICILIANI A Prato, cuore della Toscana industriale, hanno perso lavoro 10 mila addetti del tessile su 40 mila In Toscana si stimano 40 mila nuclei in difficoltà. La chiusura di grandi e piccole imprese accresce i bisogni. Ma il welfare locale, che ha una tradizione di collaborazione tra enti pubblici e non profit, mostra i primi segnali di cedimento… 8 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 concetto avanzato di sussidiarietà. «Le nostre aziende duraturo: cercano la risposta a un bisogno immediato, manifatturiere – osserva il segretario Cisl – per una lar- un aiuto per l’affitto, o per far fronte a spese impreviste». «La Caritas in Toscana – osserva don Chesi – si sta ghissima quota producono per l’export. È il caso del sistema-moda e delle lavorazioni ad esso collegate. Lo stes- muovendo per far fronte alle difficoltà di un sempre so vale per il settore della lavorazione dell’oro, il mercato maggior numero di famiglie attraverso l’attivazione di del caravan e l’indotto auto. Oggi però aziende da tempo fondi di solidarietà e di forme di microcredito: sono inisul nostro territorio scelgono di insediarsi in territori che ziative che mirano a dare un segnale di attenzione, in ritengono più redditivi. Un caso? La multinazionale Hea- attesa di assumere un carattere di maggiore organicità». ton, a Massa Carrara, punterie per auto: nonostante ci sia ancora mercato, ha scelto di sviluppare i propri prodotti Le famiglie non pagano le bollette in Polonia, perché lì la redditività è del 20% più alta. E 350 I segnali di sofferenza si percepiscono lampanti, in Toscana, anche guardando al rapporto particolare tra enti, persone, più l’indotto, si trovano nella difficoltà». Ma gli esempi potrebbero essere molti. A Prato il set- cittadini e privato sociale che il territorio ha saputo svitore del tessile, 40 mila addetti, ha perso negli ultimi luppare. L’avanzato sistema di welfare toscano, in effetti, cinque anni 10 mila posti di lavoro. «Senza neppure una rischia di essere indebolito dai pesanti colpi della recesvertenza industriale – dicono dal sindacato –. Una mi- sione. «Un terzo delle famiglie toscane – ammette l’asriade di imprese polverizzate, a livello familiare: si sono sessore Salvadori – si sono indebitate o plurindebitate spente tante piccole luci, e te ne rendi conto quando i con i meccanismi del credito al consumo; una parte imdati di Unioncamere ti portante di queste famimettono di fronte alla I NUMERI glie ha cominciato a non realtà… In questo scenapagare le bollette dell’acQUASI 16 MILA EURO Reddito medio annuo per abitante rio le ricadute sono pequa e delle utenze. Altre in Toscana (contro i circa 14 mila della media nazionale santi. Se le famiglie sono vanno in difficoltà quando e i 14,5 della media europea). indebitate, un mutuo per un genitore perde il posto 4,6% Incidenza della povertà relativa in Toscana (inferiore esempio, la situazione didi lavoro, o per un’improvsia all’11% del dato nazionale che al 6% di quello venta molto critica». visa situazione di non audel centro Italia, ma sacche di marginalità e disagio tosufficienza. La modersono in crescita) nità organizzata prevede Bisogni immediati che lo stato si faccia carico Le conferme degli effetti -1,8% Stima Pil toscano per il 2009 dei bisogni dei cittadini. sociali di tale situazione 10 MILA Posti di lavoro persi a Prato negli ultimi cinque Ma lo stato oggi non ha riarrivano dalla sociologa anni tra i 40 mila addetti del settore tessile sorse sufficienti per riAnnalisa Tonarelli dell’Uspondere alle attese. Queniversità di Firenze, che sto è il dato drammatico». cura per la Caritas fiorenInfatti, su scala nazionale, Banca Etica segnala per tina l’Osservatorio delle povertà e delle risorse. «Rispetto agli anni precedenti, la rete di rilevazione si è allargata. E esempio che sta erogando prestiti ponte a molte coopei dati sono significativi. Cresce, per esempio, la percen- rative sociali in difficoltà a causa dei ritardi nei pagatuale degli italiani che si rivolgono ai centri d’ascolto. Al- menti, da parte degli enti pubblici, delle fatture emesse la fascia “storica” di utenza (disagio grave e marginalità per i servizi erogati. «I nostri prestiti, a 24 mesi, sono a sociale), si aggiungono elementi che sono effetto della un tasso basso – spiega Marco Di Giacomo, direttore crisi attuale. Sempre più donne si rivolgono ai nostri della filiale milanese – e in questa fase servono agli enti centri, provenienti da una situazione di “normalità”. Lo del terzo settore a coprire i fabbisogni di liquidità. Ci sovediamo dalla condizione abitativa: vivono in affitto, o in no enti (comuni, province, Asl) che ormai pagano i seruna casa popolare. La donna è l’esponente del nucleo fa- vizi ricevuti a 24 mesi di distanza. Se non facessero rimiliare che più facilmente si avvicina ai nostri centri, av- corso ai nostri prestiti, molte cooperative si troverebbevertendo per prima la perdita del potere d’acquisto, le ro in difficoltà evidente». difficoltà nel rispondere ai bisogni di base. Ci sono poi Urgono dunque risposte diverse. «In Toscana abbiamo famiglie che hanno un rapporto con i nostri centri meno cercato di mettere in moto – riprende l’assessore – alcuni FONTE: CAMERA DI COMMERCIO MILANO LE FAMIGLIE ANNASPANO, CHI LE POTRÀ AIUTARE? € I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 9 nazionale viaggio nella crisi 2 meccanismi virtuosi: l’intervento sul fondo per la non autosufficienza (200 milioni di euro sino al 2010 per le 40 mila famiglie che si trovano in condizioni difficili), quello per le famiglie numerose, le misure per ridurre le spese ordinarie delle famiglie. In Toscana abbiamo un sistema di welfare misto, nel quale la maggioranza dei servizi viene gestita in forma indiretta, insieme al privato sociale. Un sistema complesso, ma che ci aiuta a trovare risposte efficaci. E riusciremo a farlo soltanto rendendo ancora più vitale quelli che Ardigò chiamava i “soggetti intermedi”, i mondi vitali. Dobbiamo far capire ai cittadini che non sono soli. Ma per avere solidarietà vera occorre un elemento che sta alla radice della solidarietà, ovvero l’etica della responsabilità. Occorre vincere la logica individualista che ha prodotto la crisi. Non basta riprodurre il meccanismo di una carta di credito per far ripartire i consumi...». che però vede segnali allarmanti anche su questo versante. «La rete dei servizi e dei sostegni alle famiglie da parte degli enti pubblici locali, molto attiva e ramificata nel nostro territorio, rischia di venir meno, perché si riducono gli strumenti di azione economica a disposizione degli enti istituzionali. Ne siamo molto preoccupati: mentre si accresce l’area della margina- lità, a cui si aggiungono le situazioni di bisogno della cosiddetta fascia della normalità, l’ente locale riduce la sua capacità di intervento. Ma la situazione è difficile, e non si può pensare di risolvere le questioni, scaricando sul privato sociale il peso delle iniziative contro gli effetti della crisi». (hanno collaborato Sara Martini e Mario Agostino) Non scaricare sul privato sociale Il concetto viene sottolineato anche da Alessandro Martini, direttore della Caritas diocesana di Firenze, DILEMMA DI MERCATO All’Emporio la spesa… a punti «Un sostegno, ma educativo» Pochi spiccioli, e la necessità di mettere comunque qualcosa in tavola: un problema per molte famiglie anche in Toscana. Nella pagina a fianco, due immagini dell’Emporio Caritas di Prato L’ 10 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 Caritas diocesana e il volontariato vincenziano, il comune di Prato e la Fondazione Cariprato, UniCoop Firenze e la provincia. Un bell’esempio di collaborazione tra istituzioni, privato sociale e privato profit. “Emporio Caritas, la solidarietà spesa bene” ha alzato la saracinesca da pochi mesi, prima della scorsa estate, nei locali della parrocchia di Santa Maria delle Carceri. E i numeri sono già rilevanti. Nei primi mesi di vita più di duemila persone vi si sono fornite. Famiglie di immigrati, ma non solo. Anche italiani che faticano a fronteggiare la crisi: nuclei con problemi occupazionali, anziani soli, persone con disagio mentale. Scaffali sempre pieni Una signora di una certa età, immigrata, ha nel suo cestello alcuni chili di pasta; l’integrazione, si sa, è fatta anche di usi e consumi… Una giovane mamma, italiana, sceglie alcuni articoli nel settore riservato ai neonati. Il progetto coinvolge diversi soggetti. Caritas parrocchiali, Centro di aiuto alla vita, San Vincenzo e servizi sociali segnalano le ROMANO SICILIANI A Prato la disoccupazione galoppa. E per molti fare acquisti è un problema. Così Caritas e altri hanno aperto un piccolo supermercato. Che non è solo assistenza… emporio ha l’aria di una “superette” ben organizzata. Un piccolo supermercato dove puoi trovare di tutto. Sugli scaffali però, non ci sono prezzi, ma punti. Nel bancone dei surgelati il filetto di branzino costa qualche punto in più della platessa o del merluzzo. Per un sacchetto di funghi porcini secchi ci vuole il triplo dei punti che servono per “comprare” un chilo di pasta. Punti, non euro. Tessere precaricate, non carte di credito. Funziona così l’Emporio Caritas di Prato. Un piccolo supermercato, dove le offerte sono riservate alle famiglie bisognose e il reparto dei prodotti per bambini alle giovani mamme seguite dal Centro di aiuto alla vita. E dove è possibile trovare la pasta e i generi di primissima necessità a un “prezzo politico”, perché «così aiutiamo – dice Rodolfo Giusti, “volontario a tempo pieno” e responsabile progetti della Caritas diocesana –, ma educhiamo anche a uno stile di vita dettato dalla sobrietà». L’Emporio mette insieme la € famiglie bisognose a un apposito gruppo di valutazione, che stabilisce l’importo in punti destinato a ogni nucleo familiare. La gestione dell’Emporio è poi affidata all’associazione Cieli Aperti. Le famiglie che hanno accesso alla tessera precaricata scelgono i prodotti tenendo conto del “budget” che hanno a disposizione. I prodotti hanno un costo in punti, scalati alla cassa. Gli scaffali sono sempre pieni. «Unicoop – spiega Rodolfo – fornisce gratuitamente l’Emporio con le merci che, nei supermercati, non potrebbe più essere vendute, perché al limite della scadenza, o per difetti di confezionamento o surplus produttivo, o altri motivi ancora. Merci che, comunque, e per legge, possono essere distribuite. Anche il Banco Alimentare fornisce la struttura. E riceviamo donazioni da altre aziende importanti». La tessera non ha ovviamente carattere vitalizio. «Può essere utilizzata per tre mesi – chiarisce Idalia Venco, direttrice della Caritas diocesana – e può essere rinnovata per poche volte. È una risposta immediata a un bisogno evidente. Ma l’Emporio non è solo assistenza, è anche luogo di ascolto e accompagnamento. Sul piano pasto- rale, è uno strumento di risposta immediata, affinché si possano costruire progetti ulteriori sulle famiglie». Alll’iniziativa ha aderito da subito anche il comune. «Prato – conferma Luisa Stancari, assessore alle politiche sociali – deve affrontare quotidianamente emergenze sociali. Oggi, accanto alle tradizionali forme di emarginazione, affiorano nuove condizioni di povertà, che coinvolgono interi nuclei familiari. La crisi, fatta di condizioni lavorative instabili, disoccupazione, elevati costi del mercato immobiliare, non ha fatto altro che rendere evidenti e manifesti questi disagi». Insieme al comune E poi ci sono gli immigrati. La provincia di Prato presenta una tra le concentrazioni più alte d’Italia, con 13 stranieri regolarmente soggiornanti ogni 100 residenti. Ma i piccoli artigiani locali, che hanno fatto fortuna con il telaio nel sottoscala, oggi arrancano e sono in difficoltà. «La crisi da noi – spiega l’assessore – ha questa caratteristica particolare. Alla crisi globale si aggiunge la crisi del tessile, che ha effetti devastanti. Abbiamo un indotto da 40 mila addetti, ma in pochissimo tempo abbiamo perso più di diecimila posti di lavoro. Persone lasciate a casa senza ammortizzatori sociali, senza aiuti. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 11 nazionale viaggio nella crisi 2 Per questo abbiamo raccolto subito l’appello della Caritas e insieme abbiamo pensato a questa collaborazione sistemica. Ma operiamo anche sul versante occupazionale, insieme con un’altra cooperativa del mondo Caritas, la Sestante, con un progetto di borse lavoro per chi è rimasto disoccupato. Il comune interviene anche con sostegni LA RISPOSTA economici nei confronti degli imprenditori che decidono di avvalersi di persone segnalate dai servizi sociali. I risultati, pur con numeri ancora poco significativi, sono incoraggianti. Meno sussidi, più inclusione lavorativa e sociale. Magari impegnando maggiori risorse». Perché la crisi morde. E richiede di non lesinare gli sforzi. Aumentano le richieste d’aiuto, Caritas di tutta Italia mobilitate ROMANO SICILIANI «Più bisogni, meno risorse È tempo di riformare il welfare» Granelli, presidente dei Centri di servizio al volontariato: «Il non profit fa la sua parte per reagire alla crisi. Ma le istituzioni si assumano le loro responsabilità» APPALTI A RISCHIO arco Granelli, milanese, per anni operatore di Caritas Ambrosiana, è presidente di Csv.net, il coordinamento nazionale dei Centri di servizio per il volontariato, istituiti in ogni regione d’Italia. Esperto di terzo settore, è la persona giusta per mettere a fuoco un fenomeno preoccupante: il fatto che la crisi globale sta corrodendo il rapporto tra enti pubblici e terzo settore. M La crisi che investe il paese è sempre più pesante. Quali effetti ha avuto sull’azione del privato sociale? La crisi è destinata, nei prossimi mesi, ad avere effetti sempre più gravi: toglierà il lavoro a molti, soprattutto nelle fasce intermedie e medio-basse, facendo entrare nella povertà tante famiglie che prima conducevano una vita dignitosa, e che rischieranno, mentre vedranno aumentare i loro bisogni, di avere meno servizi, perchè i comuni avranno meno risorse per sostenerli. Quanto al non profit, le sue risorse in genere hanno una provenienza equamente distribuita tra entrate dai comuni e dalle istituzioni, in cambio dei servizi resi, e donazioni dalle persone e dalle imprese, anche se oggi incominciano ad arrivare anche dalla vendita dei servizi. In un periodo di crisi, tutte queste entrate diminuiscono: in casi simili, gli enti possono fare ricorso al proprio patrimonio, ma purtroppo il non profit italiano è poco patrimonializzato. Deve dunque interrogarsi sul suo futuro e sulla sua capacità di non essere solo attore di interventi di emergenza, ma soggetto strutturale, che funge da rete di protezione, ascolto e vicinanza ai bisogni, ma anche da gestore innovativo, capace di trasformare le po12 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 che risorse in servizi, valorizzando la fiducia che molti italiani hanno nel volontariato. Operatrice e utente di una cooperativa sociale al lavoro nell’ambito di un contratto di pulizia per conto di un comune. Pagina accanto, Marco Granelli Sarà in grado il terzo settore di caricarsi sulle spalle, con risorse proprie, una riforma reale del sistema di welfare? Uno dei luoghi delle risorse è rappresentato dagli ingenti patrimoni delle fondazioni di origine bancaria, costruito saggiamente negli anni con i risparmi degli italiani, come una cassaforte della comunità. Ma non va sperperato. Si tratta di utilizzarlo con saggezza, unendo le risorse alla capacità innovativa del non profit, realizzando progetti di lunga durata, che aiutino a sostenere persone e famiglie a cominciare dai bisogni essenziali, casa e lavoro. In questi ultimi mesi, invece di bandi generali, ampi, che finanziavano progetti differenti e parcellizzati, noi e le fondazioni abbiamo provato a investire risorse significative, per un tempo di almeno due anni, in ambiti specifici, con reti di terzo settore ben individuate e con le quali progettare interventi corresponsabili: è il modello del sostegno allo sviluppo locale. Potrebbe essere la strada giusta. siano capaci di educarci tutti alla cultura della solidarietà, cioè alla corresponsabilità per i beni comuni, al senso civico, alla fraternità che producono quotidianamente coesione sociale. Sono i legami di prossimità, che trasformano un insieme di individui in una comunità. Ma non può essere la sola risposta… È necessario innovare il modello di welfare, ripensarlo negli strumenti, nella governance e nella redistribuzione delle risorse. Serve un impegno chiaro delle istituzioni, che devono assumersi fino in fondo la responsabilità, assegnata dalla Costituzione, di “rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona”. Insieme, abbiamo bisogno di un privato sociale e di volontariato che € Terzo settore, volontariato, enti locali: come si modificherà il rapporto tra questi soggetti? È necessario sviluppare un rapporto di riconoscimento e collaborazione, non di delega, né di collateralismo o sostituzione. La legge sul federalismo fiscale cerca di attuare la sussidiarietà “verticale”, ma oggi serve di più quella “orizzontale”, cioè quella che nei territori mette insieme i servizi dei comuni e le azioni dei volontari, dei cooperatori, delle diverse realtà dell'associazionismo e delle fondazioni. C’è dunque il rischio che il ruolo futuro del terzo settore e del volontariato sia soltanto “sussidiario”? La crisi che stiamo conoscendo di giorno in giorno è la crisi di un modello economico-finanziario che in questi anni sembrava invincibile e unico. Invece sta fallendo e trascina con sé persone, risorse economiche, fiducia della gente. La cooperazione, l’economia di comunità, il volontariato che affianca la gratuità alle prestazioni imprenditoriali hanno cercato di sopravvivere entro nicchie sociali. Ora si deve dare una decisa fiducia a queste esperienze, che dimostrano ogni giorno di essere più capaci di reggere, forse perchè più vicine ai cittadini, come ha mostrato il riconoscimento ottenuto attraverso il 5 per mille. «Forse è vero che in questo momento di crisi l’unica cosa certa è l’incertezza, ma dobbiamo avere fiducia. Non in una magica soluzione dei problemi, ma nell’impegno di solidarietà e nel nostro essere presenti, come sempre, accanto a chi è in difficoltà». Così monsignor Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi e presidente di Caritas Italiana, ha commentato, in occasione del Consiglio nazionale, svoltosi a inizio marzo a Roma, il primo monitoraggio delle iniziative anticrisi assunte dalle Caritas e dalle chiese diocesane in Italia. Da nord a sud del paese, si contano numerosi interventi, alcuni nuovi, altri come potenziamento di attività esistenti: microcredito, fondi straordinari per le famiglie in difficoltà, empori e forme di spese solidali, carte acquisti, consulenze per il lavoro e la casa, ma anche coordinamento di strutture di distribuzione e accoglienza, rafforzamento dei centri d’ascolto e degli osservatori delle povertà, incremento dei laboratori per promuovere le Caritas parrocchiali. Tutto ciò, per rispondere a un aumento delle richieste d’aiuto, che alcuni Osservatori regionali Caritas stimano già, nel 2009, nell’ordine del 30%. Così, la crisi è occasione per sperimentare forme di “carità creativa”, ma anche per riflettere su stili di vita e consumo. «Tutte le Caritas – ha osservato monsignor Merisi – sono invitate a pensare a forme nuove di sostegno al reddito famigliare, per chi è in cassa integrazione o lavora a settimane alterne, per i precari. Dobbiamo sostenere anche parti del mondo produttivo, come le cooperative sociali, che danno lavoro ai soggetti deboli, o al mondo artigianale e del commercio, in riferimento soprattutto a mancati pagamenti che mettono in crisi piccole attività. Gli stili di vita vanno cambiati in base a due parole chiave, solidarietà e sobrietà. E il metodo di lavoro deve veder potenziata la sinergia con istituzioni locali, banche e attori del territorio. Ma soprattutto con gli altri soggetti ecclesiali: Caritas Italiana incoraggia le iniziative diocesane di aiuto ai poveri e appoggia la creazione di un fondo nazionale da parte della Cei, al quale non ci sovrapporremo, ma nel quale ci integreremo». I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 13 nazionale nazionale database esclusione politiche sociale sociali violenza di genere TANTE RIFORME, MA POCO COORDINATE ultimo Rapporto sulle politiche contro la povertà predisposto dalla Cies (Commissione nazionale di indagine sull’esclusione sociale) riporta e commenta le principali misure di tassazione e trasferimento monetario introdotte nel biennio 2006-2007: l’insieme delle riforme ha prodotto un flusso netto di risorse a favore delle famiglie pari a circa 7 miliardi di euro. Circa la metà è andata a nuclei in cui è presente almeno un anziano, quasi 2,6 miliardi alle famiglie con almeno un minore. Il restante miliardo è stato percepito da famiglie prive sia di anziani che di minori. L’ prietari e affittuari si sono aggiunte ulteriori detrazioni dell’Ici, poi ampliate nel 2008, mentre ai giovani tra i 20 e i 30 anni che vanno a vivere in affitto, con redditi inferiori a 15 e 30 mila euro, sono state riconosciute detrazioni di mille e 500 euro all’anno). Nel biennio considerato sono state varate anche altre misure: 150 milioni di euro per il 2007 per l’adempimento dell’obbligo di istruzione; 550 milioni a favore di un programma straordinario di edilizia pubblica; 210 milioni per il 2007 e 180 per 2008 e 2009 per il fondo per la famiglia (aggiunti alla dotazione iniziale); 300 milioni nel triennio 2007-2009 per una nuova rete di servizi alla prima infanzia; 100 milioni per il 2007 e 200 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per il fondo per le non autosufficienze. Le modifiche introdotte sono state numerose. La riforma dell’IrLa Commissione pef, per esempio, ha rimodulato nazionale di indagine scaglioni e aliquote di tassazione; sull’esclusione sociale l’onere per il bilancio dello stato è ha pubblicato il suo ammontato a poco più di 350 milioni “Rapporto sulle politiche di euro. Quanto agli assegni familiacontro la povertà” ri, si è sostituito il precedente andanel biennio 2006-2007. mento a scalini con un andamento Lungo elenco di misure a decrescenza continua e sono aue numeri: ma le risorse mentati gli importi. Nel settore dei non sono adeguate sostegni al costo dei figli, è stata ine gli effetti non incisivi… trodotta una detrazione di 1.200 euDiminuita, di poco ro a favore delle famiglie con almeLa Cies ha espresso alcune valutano quattro figli, non correlata al reddito imponibile ed zioni su queste misure e sulla situazione delle politiche erogata anche agli incapienti (soggetti con reddito mol- di contrasto della povertà in Italia. Anzitutto, ha rilevato to basso, che non traggono beneficio da eventuali ridu- che le numerose misure di riforma hanno avuto un imzioni sulle imposte di reddito). Proprio per costoro, il patto modesto sulla diffusione e sull’intensità della pobonus incapienti ha rappresentato la possibilità di be- vertà. Inoltre, secondo la Cies le riforme sono poco coorneficiare di una cifra di 150 euro pro capite e per ciascun dinate e non dotate dell’ammontare di risorse necessaeventuale familiare a carico; la misura ha avuto caratte- rio per ridurre davvero la povertà di reddito. La direzione re una tantum, valeva solo per i redditi 2006. distributiva è però coerente con l’obiettivo di contrastaNovità hanno riguardato anche le tutele pensionisti- re la povertà economica: sono diminuite, anche se poco, che (quattordicesima mensilità per circa 3,5 milioni di pen- sia la diffusione che l’intensità della povertà. Particolarsionati ultra64enni a basso reddito; aumento delle pen- mente efficace è stata giudicata la riforma della detrasioni sociali, con garanzia di un reddito mensile di 508 eu- zione per l’affitto, mentre la riduzione dell’Ici prima casa ro a partire dal 2008), le tutele di disoccupazione (poten- ha avuto un effetto trascurabile. Anche il bonus per gli ziamento della durata dell’indennità con requisiti pieni incapienti ha avuto un effetto significativo sulla povertà: di quella con requisiti ridotti), i fondi per la casa (per pro- si tratta però di una misura una tantum. 14 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 STUPRI, OLTRE L’EMOZIONE LA DONNA CHIEDE DIGNITÀ ROMANO SICILIANI di Walter Nanni C lamore e paure diffuse hanno suscitato, nelle ultime settimane, le notizie legate ad alcuni fatti orribili, avvenuti in diverse località italiane, anche se i più “mediatizzati” hanno riguardato la città di Roma e il territorio circostante. Gli episodi di stupri e violenze hanno innescato un dibattito serrato, ma a tratti IN GIRO DA SOLA convulso, in parallelo al quale si è sviluppata un’azione politica d’urgenza, Una donna in un’area concretizzatasi nel varo di un decreto legge governativo, che inasprisce noteurbana degradata. Gli stupri di strada hanno volmente le pene e le modalità di detenzione per chi commette violenze sessuali, e che fatto discutere negli ultimi mira a prevedere strumenti di controllo del territorio (le cosiddette “ronde”) su cui ha fimesi. Ma molte minacce nito per concentrarsi l’attenzione dell’opinione pubblica. si annidano dentro casa L’interesse collettivo, insomma, è ben presto scivolato dal tema della feroce violenza prodotta su alcune donne, a quello della repressione di forme di marginalità e devianza urbana. La forte mediatizzazione di alcuni eventi Eventi orribili hanno catalizzato orribili, tra i tanti raccapriccianti che avvengono, ha conl’opinione pubblica. Legittimando tribuito a canalizzare emozioni collettive e considerazioni pubbliche: lo stupro e la violenza sessuale sembrano orleggi d’urgenza. Ma la “violenza mai essere accreditati come fenomeni prevalentemente di genere” è tema complesso: “di strada”, commessi preferibilmente da stranieri. enfatizzare i delitti “di strada” I dati, anche quelli recenti, fanno però giustizia di molsvia l’attenzione da problemi te convinzioni che, rafforzate dai picchi di emozione ineducativi e sociali più ampi dotta, ben presto si trasformano in stereotipi. In breve: di Claudia Biondi I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 15 nazionale violenza di genere non è vero che stupri e violenze sessuali in Italia sono in aumento (i casi denunciati, secondo il ministero dell’interno, si sono ridotti del 24,6% tra 2006 e 2008); non è vero che gli autori sono soprattutto stranieri (il 60,9% sono italiani); non è vero che le aree di cui si parla di più sono quelle più a rischio (per esempio a Milano, che pure è molto meno popolosa di Roma, nel 2008 si sono registrati 480 delitti, contro i 317 della capitale); non è vero che il fenomeno è prevalentemente di strada, ricerche nazionali e internazionali sono concordi nell’affermare che la maggior parte degli episodi ha per responsabile il partner o un familiare e avviene in ambiente domestico, anche se in questi casi il tasso di denunce si abbassa. VIOLENZE MOLTEPLICI Bisognerebbe, insomma, prima di trarre conclusioni o prendere provvedimenti, anche legislativi, inquadrare il fenomeno in maniera corretta. Cominciando dalle parole giuste. Per esempio dal concetto di “violenza di genere”, con il quale ci si riferisce a tutti i comportamenti lesivi dell’integrità psico-fisica delle donne, delle adolescenti e delle bambine. Le forme che questa violenza assume sono molteplici (violenza fisica, psicologica, sessuale, economica, senza dimenticare lo stalking e la violenza “assistita” – che riguarda i figli testimoni delle violenze contro la madre): ma qualunque sia il modo con cui viene esercitata, la violenza di genere ha come presupposto l’attribuzione alla donna di un ruolo subordinato rispetto all’uomo. Tale sperequazione si traduce addirittura, in alcuni paesi o contesti, nel godimento da parte delle donne di minori diritti; altrove, pur essendo la parità sancita per legge, tradizioni e costumi di stampo patriarcale perpetuano un modello culturale che svilisce le donne e ne prescrive la sottomissione agli uomini. Il rispetto dell’identità femminile e la presa di coscienza della dignità della donna sono dunque, come insegna l’esperienza di lavoro di ogni giorno, all’interno dei servizi e delle comunità di Caritas Ambrosiana che aiutano donne maltrattate, le condizioni che permettono il superamento della violenza di genere. La denuncia della violenza e l’adozione di leggi per il suo contrasto rappresentano un punto di partenza imprescindibile, ma un effettivo cambiamento nei rapporti tra uomo e donna è possibile solo attraverso un processo, culturale ed educativo, di critica dei meccanismi di prevaricazione. È un percorso lungo, che interroga, sollecita e coinvolge sia le donne che gli uomini. E che non fa alcun passo avanti grazie a indebiti processi di criminalizzazione generalizzata o a discu16 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 Sono molti i comportamenti lesivi dell’integrità psico-fisica delle donne: certamente gli stupri, ma anche la violenza fisica, psicologica, economica, senza dimenticare lo stalking e la violenza “assistita” tibili modalità di setacciamento del territorio. Le donne spesso tollerano la violenza perché mai messa in discussione all’interno della comunità di cui fanno parte. Anche la violenza domestica viene spesso considerata un aspetto “normale” delle relazioni tra i generi: in molti paesi le donne pensano che sia giustificata nel caso in cui mettano in atto comportamenti “sconvenienti”, ma continua a essere molto presente anche nei paesi occidentali e in Italia; la consapevolezza che non possa mai essere tollerata è infatti una conquista relativamente recente e molte donne ancora resistono all’idea che possa essere motivo sufficiente per allontanarsi dal partner. La violenza domestica, inoltre, assume molteplici forme: se quella fisica è evidente e accertabile, quella psicologica (altrettanto grave in termini di danni e conseguenze) non sempre viene pienamente riconosciuta. Straniere, due volte violate Queste considerazioni invitano a riflettere sulla complessità dell’intervento di contrasto della violenza di genere e sui tempi lunghi necessari perché si realizzino effettivi cambiamenti. Le statistiche relative al complesso del fenomeno (e non solo a singoli aspetti) restano intanto preoccupanti: le Nazioni Unite stimano, per esempio, che nell’arco della vita una donna su cinque sarà vittima di stupro e una su tre sarà maltrattata, abusata o costretta a rapporti sessuali contro la propria volontà da parte di un membro della famiglia o di un conoscente. Il Rapporto mondiale sulla violenza e la salute, pubblicato nel 2002 dall’Organizzazione mondiale della sanità, stimava che in ROMANO SICILIANI Se è domestica è “normale” le difficoltà del dialogo. Nel caso della donna straniera, inoltre, la violenza subita è doppia: a quella interna alla coppia si aggiunge quella del contesto sociale, che spesso la isola, se non addirittura la espelle. Esiste poi il problema legato al maltrattamento nei confronti delle giovani straniere, appartenenti alla “seconda generazione” di immigrati, molto spesso costrette a difficili compromessi tra la cultura di origine e quella occidentale. Il motivo principale dell’impossibilità di quantificare esattamente il fenomeno della violenza domestica è in ogni caso la limitata disponibilità delle donne a sporgere denuncia. A questa decisione concorrono vari fattori, in parte individuabili nella paura delle reazioni del partner, ma anche nella volontà di “non volergli fare del male, ma di volersi solo liberare di lui”, così come le operatrici sociali si sentono dire il più delle volte incontrando le vittime. Per molte donne la denuncia è un punto di arrivo, una tappa importante di un percorso: matura quando si sentono protette e al sicuro, hanno instaurate nuove positive relazioni, hanno preso la giusta distanza emotiva dalla violenza e dal suo autore, hanno riacquistato fiducia nelle proprie capacità e cominciato a intravedere un futuro diverso. Tutte le donne violentate e violate, in strada o in casa, hanno dunque diritto a percorsi di accompagnamento psicologico, relazionale e sociale, che soddisfino alcuni bisogni di base: il bisogno di uscire dallo stato di solitudine (che può essere conseguenza di un vero e proprio isolamento dalla sfera familiare o amicale); il bisogno di “futuro”, cioè di uscita dalla precarietà e dalla fissazione sul proprio drammatico presente; il bisogno di ascolto, accoglienza e ospitalità. Sono queste le premesse per un ritorno a una vita per quanto possibile serena, fondata sulla riconquista della propria dignità. Su queste capacità di risposta, da parte di istituzioni e soggetti del privato sociale, oltre che sui percorsi educativi di cui sopra si è detto, occorre investire. Perché non saranno le ronde a rendere le donne più sicure. Ma una cultura che le rispetti, e una società che se ne sappia davvero prendere cura, quando sono minacciate da qualsiasi violenza, improvvisa o peggio se ripetuta, perpetrata da estranei o da persone intime, realizzata in un parco o nel segreto di una casa. alcuni paesi quasi il 70% delle donne ha subìto una violenza fisica dal proprio partner e che una su quattro è stata molestata sessualmente dal partner. Nel nostro paese, le vittime sono donne di qualsiasi età, appartenenti a qualsiasi ceto sociale, con livelli di istruzione anche elevati; sole o con figli; italiane, benché sia in forte crescita la percentuale di straniere. Queste ultime si trovano inserite in una realtà molto diversa, soprattutto per quanto riguarda i ruoli all’interno della coppia: condizione spesso vantaggiosa, ma vissuta come una minaccia dal partner, che teme di perdere i privilegi legittimati dalla cultura di appartenenza. Tuttavia anche nelle coppie miste si assiste a manifestazioni di violenza, sia quando il partner è un italiano, sia quando è straniero ma di una diversa etnia: sempre di più ci si scontra con il ricorso alla violenza come esito dell’incapacità di sostenere I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 17 nazionale nazionale violenza di genere «Minoranza gli stupri in strada, le denunce restano poche» di Daniela Palumbo S ono 6.743.000 le donne che hanno subito violenza fisica e sessuale nel corso della loro vita, a 6.092.000 è stata inflitta violenza psicologica, 1.100.000 hanno sopportato lo stalking, ovvero un comportamento persecutorio. Nella prima indagine, targata Istat, dedicata al fenomeno della violenza sulle donne, emerge con chiarezza che le donne la violenza la subiscono soprattutto da persone conosciute. E la denunciano in minima parte. È questo dato invisibile, il cosiddetto “sommerso”, la parte più inquietante del fenomeno: il lupo non viene necessariamente da lontano, anche se talora conviene dipingerlo solo così, perché la paura si addomestica a uso e consumo della politica. Linda Laura Sabbadini, direttore centrale dell’Istituto nazionale di statistica, illustra le implicazioni di un’indagine che aiuta a considerare nella sua complessità un fenomeno dalle tante sfaccettature, non riducibile alle violenze di strada. Dottoressa Sabbadini, quali sono i risultati più significativi della ricerca che avete condotto sulla violenza sulle donne? Nel 2006 l’Istat ha condotto la prima indagine sulla violenza contro le donne tra 16 e 70 anni di età, analizzando un campione di 25 mila persone. L’indagine ha rilevato l’incidenza di fenomeni distinti, ma connessi: la violenza fisica, la violenza sessuale, le molestie fisiche, gli stupri e i tentati stupri, la costrizione ad attività umilianti e degradanti, la violenza psicologica nella coppia e lo stalking da ex partner. Inoltre, alle donne abusate è stato chiesto se hanno parlato con qualcuno della violenza subita, se l’hanno denunciata, la dinamica della violenza, la gravità, la frequenza, le conseguenze. Solo il 7% denuncia il reato alle forze dell’ordine. Molte considerano ciò che hanno subito non un reato, ma solo qualcosa che è accaduto. Ciò vale anche per la maggioranza degli stupri. Qual è il peso degli “stupri di strada” rispetto alla vio- lenza tra le mura domestiche? Vi è un aspetto di “sommerso” che riguarda maggiormente l’una o l’altra componente ? I dati mostrano una prevalenza di violenze fisiche e sessuali da parte dei partner e dai conoscenti. Tra gli stupri, la percentuale di quelli effettuati dagli estranei è minima, pari al 6,2%. Il 69,7% degli stupri è opera dei partner o degli ex, il 17,4% dei conoscenti, il 7,2% degli amici, l’1,5% dei parenti, un altro 1,5% dei colleghi. Rispetto al tema del sommerso, va detto che gli stupri sono maggiormente denunciati quando l’autore è un uomo diverso dal proprio compagno, e in particolare la denuncia è più alta nel caso di stupri o tentati stupri subiti da parte di estranei. Ma il dato sulle denunce è molto basso rispetto all’entità generale del fenomeno. La rappresentazione mediatica degli ultimi mesi ha enfatizzato in modo esasperato il ruolo degli stranieri nella violenza alle donne? Gli stranieri sono effettivamente autori del 40% degli stupri denunciati alle forze dell’ordine, benché siano il 6% della popolazione. Ma gli stranieri spesso hanno come vittima una straniera e in particolare una connazionale (per i rumeni al primo posto ci sono le rumene, 47%, poi le italiane nel 35% dei casi, poi le altre straniere). Ciò significa che emerge un problema serio di violenza sulle donne straniere. Si può tracciare un identikit di chi usa violenza? O perlomeno, cosa influisce di più nel fenomeno della violenza sulle donne: l'abbrutimento generato dalla povertà e dal degrado ambientale e culturale, o la concezione culturale-religiosa della donna? Il fenomeno è trasversale. La violenza avviene in famiglie di status sociale alto e basso. Ciò che invece appare rilevante sono alcuni comportamenti e il rischio-violenza a questi connessi. Le donne che hanno, o hanno avuto, un partner con problemi di alcolismo e che è violento anche fuori dalla famiglia, per esempio, sono più a rischio. E il rischio è alto anche per le donne i cui uomini sono stati testimoni di violenza nelle loro famiglie di origine, e che Linda Laura Sabbadini, dirigente Istat: «Gli abusi hanno un atteggiamento di svasulle donne, fenomeno trasversale ai ceti sociali. lorizzazione nei confronti della In preoccupante aumento le violenze sulle straniere» propria compagna. 18 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 anniversario LA LEZIONE DI DUE PRETI PROFETI DEI POVERI di Giancarlo Perego Ricorrono ad aprile e agosto i 50 anni dalla morte di don Primo Mazzolari e don Luigi Sturzo. Figlio di contadini settentrionale l’uno, di nobili del sud l’altro: ma entrambi ricercatori della giustizia e della pace, figure cruciali del Novecento italiano E ra il 1959: mezzo secolo fa morivano don Primo Mazzolari (12 aprile) e don Luigi Sturzo (8 agosto). È passato mezzo secolo, ma il messaggio e la testimonianza di queste due personalità rimangono di grande attualità. Due personaggi “liberi e forti”, per usare il titolo dell’appello che 90 anni fa lanciava alla sua nascita il Partito popolare italiano, “creatura” di Sturzo. Due personalità profetiche – una del nord, l’altra del sud – che hanno segnato profondamente il Novecento italiano, sul piano ecclesiale, ma anche politico e sociale. Due uomini che hanno amato la democrazia, sempre, prima contro il totalitarismo e il fascismo, poi contro il comunismo statalista e il capitalismo liberista. Avversati dal fascismo Don Primo Mazzolari nacque nel 1890 alla periferia di Cremona da una famiglia di agricoltori. Ordinato sacerdote nel 1912, nel 1914 trasferito in Svizzera per assistere gli emigranti italiani rimpatriati dalla Germania, nel 1915, con l’Italia in guerra, fu dapprima arruolato (i sacerdoti non erano esonerati dal servizio ANTIFASCISTI A sinistra don Primo Mazzolari, a destra don Luigi Sturzo: esperienze e pensiero differenti, accomunati dalla persecuzione sofferta dalla dittatura mussoliniana militare) poi fino al 1920 operò come cappellano militare, in Francia, sul Piave, nell’Alta Slesia polacca: un’esperienza di condivisione e sofferenza che lo segnerà profondamente. Al ritorno, fu nominato parroco di Cicognara, dove iniziò la sua opposizione al fascismo. Nel 1932 diventò parroco di Bozzolo, da dove prenderà il via un intenso percorso pastorale, sociale e letterario. Durante la seconda guerra mondiale collaborò alla resistenza partigiana: arrestato e rilasciato tre volte, ricercato dalle SS, entrò in clandestinità. Dopo la liberazione s’impegnò a evitare vendette e a preparare i giovani a una nuova stagione democratica. Nel 1949 fondò il quindicinale Adesso, di cultura sociale e politica, che gli procurerà ripetuti richiami dall’autorità ecclesiastica e sarà chiuso temporaneamente nel 1951; nello stesso anno convocò a Modena un memorabile convegno sulla pace. Nel 1954 il Sant’Uffizio gli proibì di predicare fuori dalla sua diocesi e di scrivere sul settimanale Adesso. Nel 1957 l’arcivescovo cardinal Montini lo invitò a predicare nella “Missione di Milano” e il 5 febbraio 1959 Giovanni XXIII lo ricevette in udienza, tre mesi prima della morte. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 19 nazionale nazionale anniversario Don Luigi Sturzo nacque invece a Caltagirone (Catania) nel 1871 e fu ordinato sacerdote nel 1894. Studiò a Roma dove, constatando la grande miseria del popolo, ebbe – come spiegò più tardi – «la vocazione di portare Dio nella politica», attuando i principi della dottrina sociale della Chiesa. Studioso di scienze sociali, nei primi due decenni del secolo (vigente il non expedit pontificio) sostenne l’esigenza del progressivo inserimento dei cattolici nella vita civile e politica. Meridionalista, sostenne la necessità del decentramento amministrativo e delle autonomie regionali. Ostile al capitalismo liberale che tendeva al monopolismo borghese, così come al socialismo classista che tendeva allo statalismo proletario, dopo 15 anni da pro-sindaco a Caltagirone fondò nel 1919 il Partito popolare italiano, di cui fu pure segretario, portandolo a notevoli successi. La dittatura fascista lo costrinse, dal 1924, a un lungo esilio, prima a Londra, poi negli Stati Uniti: grazie alla traduzione dei suoi saggi, la parola “totalitarismo” divenne tra le più diffuse nel lessico politico del Novecento. Ritornò in Italia nel 1946. Difensore di Roma cristiana contro il comunismo ateo, nel 1952 caldeggiò un’alleanza con il Movimento sociale e i monarchici e fu sconfessato da parte del mondo cattolico e da De Gasperi. Fu nominato senatore a vita sempre nel 1952. Scuola di carità Se il parlamento è stato il luogo preferenziale dell’azione di don Sturzo a favore dei poveri, la parrocchia lo è stato per don Mazzolari. Furono due sacerdoti poveri e attenti ai poveri. Nella loro vita e nei loro scritti ritroviamo tre caratteristiche comuni, a questo proposito: la ricerca della giustizia; la riflessione sull’obbedienza; l’amore alla politica e alla democrazia. Don Mazzolari veniva dal mondo della campagna; parroco dei poveri lungo il Po, ha amato e ricercato i poveri anzitutto in parrocchia, guardando a loro soprattutto nell’opera culturale di formazione dei giovani. Alle strutture predilesse le relazioni, gli incontri; al tempo stesso, a fianco delle prime battaglie sociali dei cattolici dell’epoca e attraverso i suoi testi ribadì la centralità della tutela dei poveri, denunciando che “il mon- do dei poveri, dei deboli, degli oppressi – questa realtà più vera di ogni altra – viene artificiosamente negata al nostro sguardo”. Avendo combattuto il fascismo come negazione della libertà e della giustizia, accompagnò i primi passi della Dc nel dopoguerra cercando di indirizzarla a una politica come “scuola di carità”. Don Sturzo, pur figlio di una nobile famiglia baronale, dando scandalo ai liberali della sua Sicilia fu attento ai lavoratori (fondando a Caltagirone una cassa rurale e una società di mutuo soccorso) e seguì anche il dramma dell’emigrazione dei suoi corregionali. Nella sua azione politica arriverà a essere tacciato di “catto-comunismo” per l’attenzione alla tutela dei diritti. Ma combatterà sempre ogni forma di statalismo. “Desiderare il bene pubblico – scrisse nel 1945 in Problemi spirituali del nostro tempo –, lavorare e anche sacrificarsi per questo fine, è certamente un atto di carità quando non è strettamente un obbligo, è un esercizio di giustizia sociale”. Non violento, coraggioso Attivi nei decenni delle due grandi guerre mondiali, Sturzo e Mazzolari dedicarono al tema della pace riflessioni importanti. Mentre terminava il secondo conflitto, commentando le beatitudini don Sturzo scrisse: “Giustamente i pacifici sono chiamati figli di Dio, come i seminatori del male, i suscitatori di discordia, i provocatori di liti, i promotori di guerre non possono essere chiamati che figli del diavolo. Cosa c’è di più umano, di più caritatevole, di più degno dell’uomo che la pace?”. Gli avrebbe fatto eco negli anni Cinquanta Mazzolari che, sollecitato sulle pagine di Adesso da alcuni universitari, scriverà sulla non violenza e sull’obiezione di coscienza testi che poi diventeranno Tu non uccidere, quasi un testamento spirituale sulla non violenza, che apre la strada alla Pacem in terris (1963) di Giovanni XXIII. Nel libro Mazzolari scrive: “La non violenza non va confusa con la non resistenza. Non violenza è come dire no alla violenza. È un rifiuto attivo del male, non un’accettazione passiva. La pigrizia, l’indifferenza, la neutralità non trovano posto nella non violenza, dato che alla violenza non dicono né sì, né no. (…) Il non violento, invece, nel suo rifiuto a difendersi, è sempre un coraggioso”. Sturzo: «Cosa c'è di più umano, di più caritatevole, di più degno dell'uomo che la pace?». Mazzolari: «La non violenza non va confusa con la non resistenza. È un rifiuto attivo del male, non un’accettazione passiva» 20 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 contrappunto “PATRULLAS” MUSCOLARI, VIGILANTI PARASTATALI di Domenico Rosati volte, per capire quel che accade, bisogna guardarlo da lontano. Vista dalla Spagna, le patrullas ciudadanas comportano un rischio di vigilantismo, insito in uno strumento “il cui maggior pericolo è l’inevitabile criminalizzazione implicita dell’immigrato”: quel binomio “immigrato uguale criminale” sul quale si sono levate voci critiche anche dal centro-destra, come Gianfranco Fini e Giuseppe Pisanu. D’altra parte, persino gli atteggiamenti più possibilisti sono stati accompagnati da assicurazioni prudenziali: “Noi vigileremo”, è stato il titolo di Avvenire, che esprime il concetto di una sorveglianza sui sorveglianti, insito nel classico quis custodiet custodem? A può addirittura immaginare che, a somiglianza di quanto accadde quando il fascismo istituì la sua “milizia volontaria”, si persegua un disegno di legalizzazione il quale – paragone a parte – non garantisce il cambio di mentalità e funzione. Potenziare le forze dell’ordine Chi sostiene la scelta obbietta che, in fondo, si tratterebbe di valorizzare imprese di volontariato in un conteDubbi, preoccupazioni, cautele. sto di sussidiarietà. E qui bisogna inMa anche contestazioni di princitendersi. Volontariato – ha scritto Chi custodirà il custode? pio. Una sulle altre: in uno stato deAntonio Cecconi su Toscana Oggi – è E come delegare alle mocratico, cioè uno stato di diritto, “una parola che include ambiti di ronde – non addestrate, è accettabile che una funzione di orimpegno e modi di interventi sociaesposte agli umori dine pubblico sia affidata (appaltali diversissimi, ma sempre legati a popolari – compiti ta?) a soggetti privati, sia pure con scopi e gesti che si qualificano come indelegabili dello stato? compiti di mera segnalazione? Ansolidali, filantropici, umanitari, assiMa soprattutto: se si stenziali, benefici e – per i cristiani – che chi studia diritto in un corso di parla di volontariato, caritativi e misericordiosi”. Poiché ragioneria sa che il monopolio della conviene rifarsi nessuno di tali aggettivi è compatiforza appartiene allo stato e non alle leggi. E investire può essere delegato. A parte i rilievi bile con le ronde, se ne ricava che si sull’integrazione costituzionali, dovrebbero valere le tratta di indebita sovrapposizione osservazioni degli addetti ai lavori: del concetto di pubblica sicurezza a poliziotti, carabinieri, finanzieri, ad avviso dei quali l’av- quello di sicurezza sociale. Chi votò la legge sul volontavento dei nuovi soggetti non allevierebbe, ma aggrave- riato (io tra gli altri) non immaginava davvero che qualrebbe i loro compiti d’istituto. Non per l’inevitabile mol- cuno potesse tirarla fino a una versione “parastatale”… tiplicazione e confusione dei segnali, ma per i pericoli di Vi sono insomma argomenti per confidare in una conflitto tra pattuglie di diverso colore o sponsor: ronde più ponderata valutazione dell’insieme, che induca, ad di partito, di associazione, di confraternita, ma anche esempio, a potenziare, anziché penalizzare, le vere for(perché no?) ronde di cosca…. Comunque, agenzie non ze dell’ordine, magari ricorrendo all’apporto di “ausiliaresponsabili, persone non addestrate, esposte agli umo- ri” formati e integrati nei corpi operativi. A quel punto ri popolari e quindi propense ad assecondare, più che a potrebbero intensificarsi sul territorio le sinergie con i sedare, le reazioni emotive della gente di fronte a episo- soggetti del volontariato vero, nell’ambito di politiche di esecrabili, come stupri e violenze. sociali non discriminatorie, nello spirito di una disponiD’altra parte le ronde di cui si parla sono composte bilità all’integrazione di cui oggi non si intravede la proda soggetti che ostentano presenza muscolare. La gene- spettiva. Ma che, malgrado tutto, occorre perseguire cosi leghista, sotto questo profilo, non gioca a favore. E si me unica alternativa di civiltà. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 21 panoramacaritas PILLOLE MIGRANTI Ufficio europeo per l’asilo, l’emergenza bussa da est AGENZIA UE PER L’ASILO POLITICO. Creare un ufficio europeo che si occupi delle domande d’asilo presentate nell’Unione. La proposta arriva dalla Commissione europea ed è rivolta soprattutto ai paesi del sud dell’Ue, anzitutto Italia e Spagna, sulle cui coste approdano decine di migliaia di persone. L’ufficio per l’asilo era previsto nel Patto europeo per l’immigrazione e l’asilo, proposto dal presidente francese Nicolas Sarkozy nel 2008 e poi adottato in autunno dai leader dei Ventisette. Il nuovo ufficio, in caso di rapido accordo, potrebbe diventare operativo entro il 2010: sarà un’agenzia, organismo europeo indipendente, nel cui consiglio d’amministrazione saranno rappresentati la Commissione e gli stati membri. Bruxelles ricorda che le attuali modalità d’attuazione del diritto d’asilo mostrano grandi divergenze fra i vari stati. «Un iracheno, ad esempio – spiega la Commissione – ha il 71% di possibilità di ottenere tale protezione in uno stato membro e il 2% in un altro». Per questo occorrerà “armonizzare le procedure di asilo” e poi arrivare a una definizione di rifugiato comune a tutta l’Ue. IN FRIULI EMERGENZA ARRIVI. Troppi richiedenti asilo, troppi stranieri che arrivano tramite i confini orientali si rivolgono alla Caritas in cerca di un sostegno, di un pasto, di un letto. A Gorizia, ma anche a Trieste, Udine, Pordenone: i quattro direttori delle Caritas friulane hanno deciso di unirsi per chiedere aiuto e reclamare attenzione. A Gorizia c’è la situazione più delicata, perché a due passi, a Gradisca d’Isonzo, c’è un Cara (Centro di accoglienza per i richiedenti asilo): gli aspiranti rifugiati in attesa di entrarvi, o quelli appena usciti, si appoggiano alle diocesi, i cui centri – in assenza di interventi pubblici – sono in apnea. «Ci sentiamo abbandonati – hanno affermato i quattro direttori –. Chiediamo ai politici friulani un maggiore interesse e li invitiamo a promuovere un’interrogazione parlamentare: vogliamo che si dibatta la questione a livello nazionale. Noi siamo ben disposti ad accogliere, siamo qui per questo. Ma non vogliamo essere lasciati soli». PROSTITUZIONE, LE REGIONI FRENANO. Le regioni hanno rinviato l’ok al disegno di legge sulla prostituzione avanzato dal ministro delle pari opportunità, Mara Carfagna. Un documento della Conferenza delle regioni – che solleva varie critiche alle misure previste dal ddl e ne metteva in dubbio la capacità di aiutare effettivamente le vittime di tratta e schiavitù – è stato rinviato per un’ulteriore analisi alla Commissione affari istituzionali della camera. Poi tornerà alla Conferenza, che si esprimerà. 22 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 SERVIZIO CIVILE San Massimiliano, in tanti a Pozzuoli per gridare “pace” Cinquecento giovani, da numerose diocesi in Italia: sono stati loro (nella foto, un gruppo) i protagonisti dell’incontro nazionale dei volontari in servizio civile, promosso da Caritas Italiana e dagli altri organismi del Tavolo ecclesiale sul servizio civile. La loro partecipazione ha animato la festa di Pozzuoli, svoltasi giovedì 12 marzo, giorno di San Massimiliano, martire e primo “obiettore di coscienza” della storia: la giornata, con testimonianze e riflessioni autorevoli, è stata dedicata al tema del messaggio papale “Combattere la povertà, costruire la pace” e alla “rilettura delle figure di Alcide De Gasperi e don Giuseppe Diana. I ragazzi del servizio nazionale hanno poi incontrato papa Benedetto XVI domenica 29 marzo in piazza San Pietro, a Roma. CAMPAGNA “Non aver paura”, Spauracchio contro il razzismo Un fantasmino giallo disegnato da un bambino rom, lo “Spauracchio” da appuntarsi sul petto. Si aderisce così alla campagna “Non aver paura. Apriti agli altri, apri ai diritti”. L’iniziativa è stata presentata il 18 marzo a Roma dalle 26 organizzazioni promotrici, tra cui Caritas Italiana (le altre sono Acli, Acnur, Amnesty International, Antigone, Arci, Asgi, Cantieri Sociali, Centro Astalli, Cgil Cisl Uil, Cir, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, Csvnet, Emmaus Italia, Federazione chiese evangeliche in Italia, Federazione rom e sinti, Fio.psd, Gruppo Abele, Libera, Rete G2 seconde generazioni, Save the children, Sei-Ugl, Terra del fuoco) per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema della lotta ai pregiudizi contro gli immigrati, per riportare l’attenzione sulla tutela dei diritti, sull’uguaglianza e la pari dignità delle persone, per contribuire a rasserenare il dibattito culturale e politico attorno a questi temi. La campagna “contro il razzismo, l’indifferenza e la paura dell’Altro” verrà replicata anche a livello territoriale, grazie agli strumenti di comunicazione da utilizzare per eventi di sensibilizzazione: uno spot televisivo e radiofonico, realizzato con il contributo del regista Mimmo Calopresti; manifesti; le spille raffiguranti lo Spauracchio. “Una società che si chiude sempre più in se stessa, che cede alla paura degli stranieri e delle differenze è una società meno libera, meno democratica e senza futuro. Non si possono difendere i nostri diritti senza difendere i diritti di ciascuno, a cominciare da chi è straniero e spesso più debole”: ARCHIVIUM SPAURACCHIO Sopra, il fantasmino e lo slogan; a sinistra, il poster: è partita la campagna anti-razzismo “Non aver paura” il messaggio della campagna è contenuto in un manifesto, che si può sottoscrivere sul sito internet www.nonaverepaura.org. CARITAS Campagna per prevenire l’Aids infantile Caritas internationalis ha lanciato a marzo una campagna mondiale per chiedere a governi e case farmaceutiche di garantire l’accesso ai test preventivi, per evitare che i bambini dei paesi poveri muoiano ancora a causa di Aids e tubercolosi. “Ogni giorno muoiono nel mondo 800 bambini”, denuncia la rete, che riunisce 162 Caritas nazionali di tutto il mondo. Prevenire la trasmissione del virus da madre a bambino è infatti possibile nei paesi sviluppati, ma non in quelli poveri. La campagna è intitolata “Haart per i bambini” (“Haart” in inglese suona come heart, cuore, ma è l’acronimo di Highly active antiretroviral therapy, per indicare le cure antiretrovirali utilizzate in questi casi). INFO www.caritas.org CARITAS AFRICA Anno da dedicare alle persone vulnerabili Delegati Caritas di tutto il mondo, riuniti a Nairobi a inizio marzo, hanno proposto che il 2009 venga dedicato “ai più poveri e vulnerabili in Africa”. All’incontro hanno partecipato i responsabili di 22 Caritas africane ed esponenti della rete Caritas attivi negli altri continenti. Il presidente di Caritas Africa, monsignor Cyprian Kizito Lwanga, arcivescovo di Kampala (Uganda), ha affermato che la visita del papa in Camerun e Angola, svoltasi a fine marzo, e il Sinodo dei vescovi africani, che avrà luogo in ottobre, «rappresentano una meravigliosa opportunità per celebrare il lavoro della Chiesa in Africa. Ed è anche un buon momento per riflettere sulle sfide che affronta la gente in Africa, dove, per molti, la povertà continua a essere uno scandalo inaccettabile». Il summit di Nairobi ha affrontato in particolare la questione di come dare una risposta efficace alle calamità naturali e alle crisi umanitarie, ultimamente sempre più acute, come dimostrano i casi di Somalia, Sudan e Repubblica democratica del Congo. “Pestare i piedi ai potenti” nel Belice dei baraccati Sono passati 41 anni da quella tragica notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, quando un terremoto d’intensità del decimo grado della scala Mercalli rase al suolo, in Sicilia, i paesi della valle del Belice. Quella sciagura la si ricorda tuttora non solo per i lutti e la distruzione, ma anche per la diffusa latitanza delle istituzioni, per le scelte infelici e gli sprechi che determinarono la ricostruzione, ancora oggi incompiuta. Agli inizi del 1970 il governo realizzò trenta baraccopoli: resteranno il segno indelebile di quella tragedia. In una lettera di don Antonio Riboldi, conservata nell’archivio storico di Caritas Italiana, si legge: «Ci vollero giorni e giorni per allestire tendopoli nel fango per riparare la gente dal freddo. E ci vollero mesi, lunghissimi mesi per approntare le cosiddette baraccopoli. E furono tristemente famose quelle “baracche d’oro”, dove tutti dovevano trascorrere non qualche mese, ma tanti anni». La Chiesa italiana, che vide nel 1970 la fine dell’attività della Pontificia opera assistenza (Poa) impegnò 100 milioni di lire, frutto di una colletta nazionale, nella costruzione di centri sociali per i baraccati del Belice. Ma la Chiesa non fu operosa solo economicamente: si distinse soprattutto grazie alla tenacia e al coraggio di don Riboldi, allora parroco di Santa Ninfa, il quale riuscì, come scrisse Italia Caritas in un articolo di monsignor Giovanni Nervo, «a pestare i piedi ai potenti disturbando il quieto vivere dei prudenti». Una voce che seppe essere voce dei poveri, un’azione pastorale che interpretò la carità non come elemosina del superfluo, ma come condivisione di quanto abbiamo e siamo. Riboldi, nominato poi vescovo di Aversa, in Campania, ha insegnato che la testimonianza della carità non è solo complemento, ma anche stimolo della giustizia. La lunga e faticosa ricostruzione incrociò in seguito i primi anni di attività di Caritas Italiana, che dieci anni dopo la tragedia del Belice organizzò un convegno a Mazara del Vallo (13-14 aprile 1978). Presiedette l’incontro monsignor Guglielmo Motolese, allora presidente di Caritas Italiana, e vi partecipano il cardinale Pappalardo, vescovi della Sicilia e 50 direttori di Caritas diocesane. Il convegno servì per prendere coscienza diretta della situazione e individuò forme concrete di condivisione; significativo fu il comunicato finale, dove si denunciarono ”gravi responsabilità, purtroppo impunite, di dispersione di danaro in assistenza clientelare, di sprechi enormi in infrastrutture costosissime, inadeguate e spesso inutili, di speculazioni e clientela politica”. Francesco Maria Carloni I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 23 internazionale progetti > micro per rinascere Guatemala Obiettivi limitati, ma capaci di produrre piccoli cambiamenti, migliorando a poco a poco il livello di vita delle persone e delle comunità e alimentando progressivamente il loro processo di sviluppo. È lo scopo dei microprogetti che Caritas realizza nei paesi poveri. Cambiamento e relazione sono le parole-chiave di queste iniziative, che producono i loro effetti anche nelle nostre comunità: tramite le “micro”, esse si aprono ai problemi del mondo. Nel 2008 Caritas Italiana ha realizzato 343 microprogetti di sviluppo in 57 paesi, per un impegno di circa 1,3 milioni di euro: 150 interventi in 26 paesi dell’Africa, 109 in 11 paesi dell’Asia, 68 in 15 paesi dell’America Latina, 15 in 4 paesi dell’Europa, 1 in Terra Santa. Acqua, lavoro e salute rappresentano l’oggetto di oltre il 95% dei progetti realizzati. Piccoli segni di aiuto, a fronte di bisogni enormi: ma ci ricordano, anche in tempo di crisi, che non siamo padroni della vita e dei suoi beni. [ MODALITÀ OFFERTE E 5 PER MILLE A PAGINA 2 LISTA COMPLETA MICROREALIZZAZIONI, TEL. 06.66.17.72.22/8 24 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 ] Indonesia “MICRO” – NUOVE PROPOSTE GUATEMALA Clinica mobile sulle montagne La comunità di Chiquimula si trova nella parte orientale del paese, in una zona montagnosa e poco ospitale. Vi abitano circa 60 mila persone, molte in situazione di povertà estrema. Uno dei problemi maggiori è la mancanza di un sistema sanitario, che assicuri cure di base e interventi di emergenza, soprattutto in casi di gravidanze difficili. Il programma prevede l’acquisto di strumenti sanitari (stetoscopio, oximetro, cannule...) per allestire una “clinica mobile” che porti le cure di base nei villaggi, a beneficio soprattutto di bambini e anziani. > Costo 5.090 euro > Causale 23/09 Guatemala Sudan Congo Sudan REALIZZATO GRAZIE A VOI ECUADOR Condutture e potabilizzazione: è l’acqua della “Vida”! Prima una goccia, poi un’altra, poi finalmente un fiotto d’acqua, accompagnato dagli applausi e dai canti degli oltre trecento bambini di San Nicolas de Juigua. L’aria rarefatta dei 3.200 metri di altezza è piena della gioia delle famiglie di Luis, Rosa, Juan, Maria… e di tutta la piccola comunità contadina situata nel Canton di Pujili, provincia di Cotopaxi. Sono campesinos, contadini, duramente provati da una serie di terremoti e da periodiche epidemie infettive, causate dalla mancanza di acqua potabile. Peppo e Adriana, volontari italiani da 28 anni nel villaggio, assistono alla lenta processione delle famiglie che rendono omaggio all’arrivo dell’acqua potabile, curiosando sui rubinetti, bevendo e giocando con quello che sembra essere un piccolo grande miracolo: avere l’acqua vicino a casa! Grazie alla generosità dei donatori di Caritas Italiana, le famiglie dei campesinos e i volontari italiani, con le loro mani (nella foto, gli scavi) e con pazienza e perizia, hanno realizzato un vero e proprio sistema di potabilizzazione dell’acqua, che ha raggiunto il villaggio in quattro punti diversi, creando le condizioni per un futuro migliore. > Microprogetto 241/07 Ecuador (2.784 euro) CONGO Cooperativa di taglio e cucito L’accesso all’istruzione e alla formazione è un fattore chiave per lo sviluppo delle comunità locali, anche a Matadi. Le ragazze madri sono un gruppo sociale vulnerabile e faticano a costruire un futuro per sé e per i figli. Il programma prevede l’acquisto di materiali e macchine da cucire per avviare un laboratorio di taglio e cucito destinato a ragazze madri provenienti dai villaggi limitrofi. > Costo 4.662 euro > Causale 09/09 Congo R. D. SUDAN Servono medicinali per il dispensario di Oweci Il piccolo dispensario del villaggio di Oweci, contea di Panykang, è stato attivo per oltre vent’anni. Però la struttura è stata distrutta dalla guerra e ricostruita dopo l’accordo di pace del 2005. Il servizio di base oggi assicurato è l’assistenza prenatale e durante il parto; a essa si aggiunge la cura delle non poche malattie comuni. Un assistente medico, sei infermieri e una comunità di suore sono a servizio di oltre 10 mila persone in condizioni estremamente precarie. Il programma prevede l’acquisto di medicinali per consentire il potenziamento del dispensario. > Costo 4.950 euro > Causale 14/09 Sudan INDONESIA Un laboratorio per le ragazze disoccupate Nell’isola di Flores una piccola comunità di suore ha avviato un’articolata serie di interventi di promozione umana. Insegnamento della lingua cinese, lavoro con gli anziani, accoglienza di anziani e malati: sono alcune delle attività promosse dalla comunità. Però serve una proposta per i giovani: l’obiettivo è avviare percorsi di formazione professionale per dare loro un futuro. Il programma prevede l’acquisto di due macchine da cucire, due ferri da stiro, dieci paia di forbici e una macchina da ricamo per avviare un laboratorio di taglio e cucito destinato a ragazze disoccupate. > Costo 4.970 euro > Causale 29/09 Indonesia I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 25 internazionale moldavia IL PAESE DEGLI “ORFANI” «LA MAMMA? È IN ITALIA…» testi di Francesco Chiavarini foto di Marco H. W. Serazio Rosu, le case hanno il tetto di paglia, l’acqua la si prende al pozzo e le stufe a legna FAMIGLIE sono l’unico impianto di riscaldamento disponibile per sopravvivere all’inverno, SEPARATE Nonna, madre che in questa regione semi-denubiana, nel sud della Moldavia, può essere molto e nipoti davanti una casa rigido, nonostante le spiagge del Mar Nero distino meno di 100 chilometri. La gen- amoldava: te del villaggio racconta che a gennaio la temperatura scende 30 gradi sotto zero e tre generazioni lo stesso la neve rimane fino ad aprile; quando si scioglie, trasforma le strade in fiumi di fan- sotto tetto, immagine go. Poco asfalto, pochi edifici in mattoni, scarsa illuminazione pubblica. L’Europa inconsueta. nonna comincia a meno di due ore di carretto – il mezzo di trasporto più usato da queste parti – oltre il Sotto, e nipotini, fiume Prut, che segna il confine con la neocomunitaria Romania. Ma la distanza dagli standard di figlidi emigrati vita dei cugini oltre confine, pure considerati i più arreDalla Moldavia le donne se ne vanno. trati nell’Unione, è decisamente superiore. Rosu è il paese delle badanti. Dall’inizio degli anni No- Molte verso la penisola, a fare vanta, una alla volta le donne ne sono andate via tutte. La le badanti: dietro si lasciano famiglie stragrande maggioranza è venuta in Italia, secondo paese lacerate. Nel paese più povero dopo la Russia fra le destinazioni dei flussi migratori, ma primo tra gli stati occidentali, stando all’ultimo rapporto d’Europa, un terzo dei bambini dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni ha un genitore o entrambi all’estero. (Oim). Da noi le donne di Rosu vengono per prendersi cu- E finiscono negli internat… ra degli anziani. E a casa loro lasciano famiglie distrutte. Donna Natalia, 58 anni, mani ruvide da contadina, il in Moldavia un bambino su tre ha un genitore o encapo sempre coperto da un fazzoletto a fiori come si usa trambi all’estero. Ma nelle regioni meridionali la perin campagna, vive con i suoi cinque nipoti. Le figlie, Mi- centuale è ancora più alta. «Per avere un’idea di questo caela e Nadia, sono a Verona. La più piccola, Nadia, è par- esodo basta contare le auto con le targhe straniere partita un anno fa. Ma dopo qualche mese la persona di cui cheggiate per strada ad agosto, quando i migranti torsi occupava è morta, lasciandola senza lavoro e senza ca- nano a casa», osserva Valeriu Beril, presidente della resa. Da allora Donna Natalia non può più contare sul suo gione di Stafan Voda, una distesa di dolci colline che destipendio. Né può fare affidamento sugli uomini di fami- gradano verso le pianure dell’Ucraina, vigneti e meleti a glia. Il marito non c’è più da tempo. I generi, entrambi perdita d’occhio, che nessuno coltiva più. «Le rimesse muratori stagionali a Mosca, quando le mogli sono venu- dall’estero rappresentano un terzo del prodotto interno te in Italia non sono più tornati. «Lo stato mi passa una lordo del paese (stime della Banca Mondiale dicono adpensione di 450 lei (equivalenti a 35 euro, ndr), ma questo dirittura il 38%, ndr). Ma è come se ci stessimo indebimese 300 ne ho già spesi per la bombola del gas – raccon- tando con il futuro. Perché la ricchezza relativa di oggi la ta –. E siccome Micaela ora deve pensare alla sorella, a me stiamo facendo pagare alle generazioni di domani». Chi parte lascia i figli a parenti o amici. E coloro che non arriva più un euro. Questo inverno per comprare la legna ho dovuto vendere la vacca. Che altro dovevo fare? non hanno una rete familiare alle spalle ricorrono agli internat. I 39 istituti del paese ospitano 11 mila minori tra i Senza accendere la stufa, qui si muore di freddo». 7 e i 16 anni. Di questi, solo il 15% sono orfani reali. Gli altri sono gli “orfani dell’emigrazione”, come li chiama la CaSolo il 15% orfani “reali” Secondo le stime delle organizzazioni non governative, ritas, figli di contadini troppo poveri per occuparsi di loro, A 26 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 MOLDAVIA Il paese “più povero” d’Europa Superficie 33.845 chilometri quadrati Popolazione 3,8 milioni Prodotto interno lordo 2,9 miliardi di euro Rimesse degli emigrati 1,1 miliardi di euro Popolazione sotto la soglia di povertà 64,7% Migranti 10,5% Aspettativa di vita 68 anni FONTE: IOM – INTERNATIONAL ORGANIZATION OF MIGRATION di badanti e manovali che vanno e vengono dalla Russia, dall’Italia, da altri paesi. Bambini che non hanno avuto la fortuna di trovare una Donna Natalia che provveda a loro. Eredità del sistema scolastico sovietico, gli internat servivano per garantire un’istruzione di base alle fasce più disagiate. Sono diventati oggi la sola risposta che le autorità pubbliche offrono all’abbandono dei bambini da parte di adulti in fuga dalla miseria. Ma è un’alternativa che costringe spesso a compromessi inaccettabili. «Negli orfanotrofi i bambini subiscono abusi e sopraffazioni – denuncia Cezar Gavriliuc, direttore esecutivo del Child Right Information Center, organizzazione non governativa moldava impegnata nella promozione dei diritti dell’infanzia –. Dopo le lezioni sono tenuti sottochiave nelle camerate, molti sono costretti dai professori a lavorare nei campi attorno agli istituti». A volte su questo sistema scolastico degradato e allo sbando si allungano ombre persino più sinistre. «Qualche tempo fa – continua Gavriliuc – si è scoperto che i direttori di due internat avevano legami con i trafficanti di prostitute in Turchia. Lo scandalo fu messo sotto silenzio e i due direttori vennero semplicemente spostati da una funzione all’altra». Sotto la pressione dell’Unione europea, il governo di Chisinau ha avviato un programma per il superamento del sistema degli orfanotrofi, in collaborazione con l’Unicef. «Con risultati finora deludenti – commenta Gavriliuc –. Dopo tre anni se n’è chiuso solo uno, ma i bambini sono stati trasferiti in un altro». I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 27 internazionale moldavia Condizionati dal bisogno La verità è che l’internat rimane spesso la sola alternativa alla miseria e alla fame. «Ci sono genitori che all’inizio dell’inverno vanno dai direttori a pregarli di prendersi i figli perché non hanno i soldi per comprare la legna da mettere nella stufa o per sostituire gli infissi rotti alle finestre. Pensano che almeno lì non patiranno il freddo, mangeranno tutti i giorni, non si ammaleranno. Sono scelte drammatiche, condizionate soprattutto dal bisogno, ma che purtroppo appartengono alla normalità della vita nelle nostre campagne», dice Igor Belei, direttore di Diaconia, un’associazione legata alla Chiesa ortodossa rumena. L’organizzazione, grazie al sostegno di Caritas Ambrosiana, promuove alcuni progetti per favorire i ricongiungimenti familiari. Ad esempio a Leova un’équipe di operatori sociali collabora con la vicedirettrice dell’internat per aiutare le famiglie a riprendere con sé i bambini e a iscriverli nelle scuole della cittadina. «Le conseguenze sociali degli abbandoni sono già oggi gravissime e lo saranno ancora di più nel futuro – spiega la psicologa dell’équipe, Maria Lungu –. A causa dell’emigrazione sta crescendo un’intera generazione di figli senza padri e senza madri, ragazzini allo sbando, che si sentono traditi e covano sentimenti distruttivi nei confronti della società». Ragazzini come Grigori. Che all’età di sette, viene abbandonato nell’internat di Leova dalla madre, finita in un giro di prostituzione in Turchia. Nell’istituto non ci vuo- L’IMPRESA DI CRESCERE A sinistra, parco giochi di fronte a palazzoni in una periferia urbana e bambino in casa dei nonni. Sopra e a destra, attività in una comunità per minori senza genitori le rimanere. Riesce un giorno a scappare e da solo arriva nella capitale, dove vive per strada, procurandosi da mangiare borseggiando i turisti fuori dagli alberghi a luci rosse. Quando la polizia lo trova, viene rispedito in istituto. «Bambini come Grigori – sintetizza Maria Lungu – hanno subito un trauma che li segnerà per sempre. Difficilmente riusciranno a superarlo. E quel che è peggio, se avranno dei figli tenderanno a replicare il rapporto che hanno avuto con i genitori, in una spirale di odio e risentimento che difficilmente riusciremo a interrompere». Ci sono poi gli effetti della vita nell’internat. «Chi cresce in istituto, sviluppa uno scarso senso della propria autostima, dipende continuamente dagli insegnanti che pensano per lui, decidono come deve impiegare il proprio tempo, cosa è meglio che faccia. Si ritrova adulto, senza essere mai diventato un individuo autonomo. E quando esce dall’istituto, soprattutto se è una ragazza, è una vittima predestinata del racket della prostituzione». Diaconia fa il possibile per evitarlo. Ad Orehi, piccolo centro industriale a 50 chilometri dalla capitale, un pool di educatori segue alcune ragazze uscite dall’istituto e le aiuta a trovarsi un lavoro. Piccolo segnale di speranza, in un paese dove anche il turismo sessuale, alimentato dalla disperazione e dagli abbandoni, è diventata una piaga sociale. «I bambini si sentono traditi, però è irrealistico chiudere gli internat» Parla la direttrice di Caritas Moldavia. «Lasciati soli dai genitori, i minori diventano aggressivi. Negli istituti molti abusi. Ma per ora non ci sono alternative...» O tilia Sirbu è la direttrice di Caritas Moldavia. Osservatorio privilegiato, per capire quali problemi sociali attanagliano il paese considerato il più povero d’Europa. Cominciamo dalla fine. Cioè da oggi. La crisi economica internazionale quali effetti sta avendo nel suo paese? In Moldavia, lo stato ha ancora un forte controllo sull’economia. Questo ci ha messo finora al riparo dalla crisi finanziaria che ha sconvolto altri paesi. Ma tutti sappiamo che questa situazione non potrà andare avanti a lungo. Oggi abbiamo un cambio con il dollaro e l’euro più favorevole di quello che il mercato consentirebbe. Ma la Banca nazionale moldava ha già annunciato che non potremmo più permettercelo. Pena colpire a morte le nostre esportazioni. Per cui dopo le elezioni, che si terranno in primavera, il nuovo premier dovrà svalutare, decisione 28 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 certamente non indolore. Attualmente, però, gli effetti più gravi dipendono direttamente dalla crisi dei paesi occidentali. Un terzo del nostro prodotto interno deriva dal lavoro degli emigrati all’estero. Negli ultimi cinque mesi le loro rimesse sono diminuite, per effetto dei tagli ai posti di lavoro decisi dalle vostre imprese. I loro soldi servivano a chi era rimasto a casa per acquistare i beni di consumo. Meno rimesse dall’estero, meno consumi, meno domanda interna. Questo concatenarsi di eventi rischia di “impallare” anche il motore dell’economia moldava. Il Dipartimento di stato americano nel suo ultimo rapporto giudica la Moldavia la fonte principale, in Europa, del traffico di donne e bambini a scopo sessuale e accusa il governo di Chisinau di non compiere sufficienti sforzi per contrastare il fenomeno. Cosa ne pensa? Quel rapporto è una vergogna sia per l’America sia per la Moldavia. È vero che il governo di Chisinau non ha fatto tutto il possibile. Ma gli Stati Uniti non possono dire che non ha fatto nulla. Ma secondo lei il problema esiste o no? Certo che esiste, ma ha poco a che fare con l’emigrazione. Oggi il racket preferisce portare i clienti in Moldavia, invece che le donne all’estero. Ci sono agenzie turistiche che organizzano tour in alberghi e night di Chisinau. Piuttosto il problema è un altro: le donne che vanno in occidente trovano lavori in nero e spesso per questo sono trattate come schiave, perché ricattabili e perché non possono uscire legalmente dal paese in cui sono approdate. Molti moldavi dicono di avere dovuto pagare migliaia di euro per avere i documenti con i quali passare la frontiera per entrare in Italia. Esiste un mercato nero dei visti? Per uscire dal paese si spendono in media 2-3 mila euro. Tanto infatti può costare un visto turistico o un passaporto falso. In realtà le autorità combattono questo fenomeno. Ma all’interno delle ambasciate ci sono singoli funzionari corrotti che collaborano con i trafficanti che organizzano i viaggi clandestini. Da un lato la chiusura delle frontiere decisa dai paesi ricchi, dall’altro la miseria della Moldavia hanno creato le condizioni perché nascesse questo mercato, nel quale solo una ristretta cerchia di persone ci guadagna, a danno della stragrande maggioranza. In Moldavia più di un terzo della popolazione adulta è all’estero. Quali sono gli effetti sociali di questo esodo? A causa dell’emigrazione il 30% dei bambini tra i 5 e i 10 anni è stato abbandonato dai genitori. La disgregazione delle famiglie è una piaga sociale che preoccupa tantissimo la Chiesa moldava. Chi è stato lasciato da piccolo dalla madre e dal padre, sente di essere stato tradito. Questo I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 29 nazionale internazionale moldavia dall’altro mondo Padre Ion ha un santo in paradiso, sfama i poveri… grazie alla mamma! La chiesa di padre Ion è un cantiere aperto. L’edifico essenziale (nella foto), fatto in economia, cresce senza troppe pretese stilistiche alla periferia di Leova, cittadina al confine con la Romania. Dalle parte opposta di quello che domani diventerà (forse) il sagrato, c’è la mensa per i poveri, che sforna puntuale a pranzo e cena pasti caldi. Questo giovane prete ortodosso di 33 anni ha pensato fosse meglio cominciare proprio dalla mensa. Quindi, anziché comprare i mattoni per l’abside, ha attrezzato una rudimentale ma funzionale cucina e tirato su alla bell’e meglio quattro pareti, arredate con quattro panche. Ora però, per acquistare quel po’ di pasta, verdura e frutta che due cuoche preparano e servono, ci vogliono dei soldi. Da queste parti sulle offerte dei fedeli non si può troppo fare affidamento – e non certo per scarsa generosità. Di finanziamenti pubblici, neanche a parlarne. Tanto meno se si fa parte della Chiesa ortodossa che obbedisce al patriarcato di Bucarest e non di Mosca, una chiesa ridotta a minoranza durante il periodo sovietico e che ancora oggi non ha recuperato il terreno perduto. E allora come fa padre Ion a tirare avanti? A mantenere sé stesso, la sua famiglia allargata (moglie e sei bambini, quattro figli suoi e due in affido) e in più dare da mangiare ai diseredati? Semplice: come tanti altri moldavi, anche il sacerdote ha un santo in paradiso. Cioè… la mamma! Il santo è una madre espatriata, venuta in Italia, dove si occupa di un anziano in una casa mediamente ricca. Ogni mese, la madre di padre Ion gli gira una parte del suo stipendio di badante. E il figlio, invece di spendere per vestirsi o acquistare sentimento è profondo, genera aggressività prima verso la famiglia, poi verso la società. Già oggi la delinquenza minorile è molto aumentata. Ma che cosa succederà domani, quando questi ragazzini diventeranno adulti, si sposeranno, metteranno al mondo dei figli? Che tipo di genitori saranno questi bambini che non hanno conosciuto l’amore? Che tipo di relazioni di coppia saranno in grado di creare, avendo visto la propria famiglia sfaldarsi? Già oggi il tasso di divorzi è arrivato al 51%. Immagino quale potrà essere in futuro… In Moldavia 11 mila bambini vivono negli internat. Gli orfanotrofi sono un’alternativa alla strada. Ma molti organismi umanitari ritengono che in questi istituti siano commessi abusi e violenze. È d’accordo? Dipende dai casi. Certamente vi sono stati episodi anche 30 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 qualche piccolo elettrodomestico, utilizza i soldi per dare da mangiare a chi è più sfortunato. Che qui vuol dire rasentare la miseria. Gli economisti sostengono che le rimesse degli emigrati servono a sostenere la domanda interna del mercato. In questo caso finanziano un’opera di carità. «Una volta qui c’era chi sbarcava il lunario vendendo frutta e verdura sull’altra sponda del fiume, in Romania – spiega il sacerdote –. Ma da quando Bucarest è entrata in Europa, passare la frontiera è diventato più difficile e anche quel piccolo commercio è finito. Chi non è riuscito a emigrare e non ha nessuno che gli manda un po’ di quattrini fa la fame. Così ho pensato che, insieme alle preghiere, bisognasse dare del pane». Come a dire: la chiesa può attendere, le pance vuote dei fedeli no. Lassù Qualcuno capirà… gravi di abusi e violazioni. Ma non si può generalizzare. Senza dubbio gli internat moldavi sono ben al di sotto degli standard degli orfanotrofi che anche nell’Europa occidentale erano diffusi fino a qualche tempo fa. Inoltre rappresentano un sistema educativo molto oneroso e al tempo stesso molto inefficiente. Il governo spende un sacco di soldi per finanziarli, ma solo il 20% di queste risorse va a vantaggio dei bambini. Ciononostante, oggi non esiste un’alternativa realisticamente proponibile. Perché non c’è un numero sufficiente di operatori preparati per prendersi cura dei minori fuori da queste strutture, né ci sono abbastanza fondi per promuovere l’affido o l’adozione. L’Unione europea ha imposto al governo di chiudere gli internat nei prossimi cinque anni. Ma purtroppo questo è un obiettivo fuori dalla nostra portata. EMIGRAZIONE ROSA, ENTRATA NELLE NOSTRE CASE di Maria Paola Nanni nanza straniera, che registrano quasi 68.600 moldavi all’inizio del 2008 (14° gruppo nazionale in Italia), dato che pure esclude tutti coloro che (anche per usufruire dei vantaggi derivanti dall’ingresso della Romania nell’Ue) hanno richiesto e ottenuto la cittadinanza romena, risultando così come romeni nelle statistiche ufficiali. Per i due terzi del totale si tratta di donne (66,4%), e questo nonostante si assifamiliare. L’inizio dell’immigrazione sta a un progressivo aumento anche moldava in Italia viene generalmendella presenza maschile, segno di un La presenza dei moldavi te ricondotto alla fine degli anni No(lento) processo di normalizzazione in Italia si è rapidamente vanta, ma è all’indomani della “grandemografica (le donne erano il 72% accresciuta de regolarizzazione” conseguita alla del totale alla fine del 2002). nell’ultimo decennio. legge 189/2002 (la cosiddetta BossiAnche i dati Inail ribadiscono il Contrariamente Fini) che i moldavi cominciano a diprotagonismo femminile: nel 2007 agli altri gruppi nazionali stinguersi, per numerosità, nel polioltre i due terzi dei moldavi occupapiù rappresentati tra noi, centrico mondo dell’immigrazione ti in Italia erano donne (67%), menprevale la presenza italiana: erano al 41° posto nella gratre la media (tra i lavoratori nati aldelle donne. l’estero) è del 42,7%. Si registra, paduatoria dei gruppi nazionali più Molte dedite al lavoro numerosi alla fine del 2002 ma già al rallelamente, una massiccia condomestico e di cura 18° alla fine del 2003, quando si concentrazione nel comparto del lavoteggiavano oltre 36.300 soggiornanti. ro domestico e di cura alla persona D’altra parte, come è noto, i protagonisti della regolariz- (32,7%); seguono, con quote nettamente ridotte, l’edilizazione sono i lavoratori addetti al settore domestico, in zia (12,5%), i servizi alle imprese (9,7%) e il comparto rilarga maggioranza donne: e tradizionalmente tra i mi- storativo-alberghiero (8,5%). Se dunque tra gli immigragranti moldavi la scelta dell’Italia è una scelta soprattutto ti, in generale, poco più di 1 su 10 lavora alle dipendenfemminile, dettata proprio dalle possibilità di inserimen- za delle famiglie italiane (11,4%), nel caso dei moldavi il to nel lavoro domestico e di cura alla persona. rapporto diventa di quasi 1 su 3. Caratteristico è anche il modello di inserimento terriSoprattutto a nord-est toriale, segnato da una marcata concentrazione nelle reQuesta caratteristica di fondo, ovvero la prevalenza del- gioni del nord-est, dove risiede oltre la metà dei moldavi la componente femminile e la sua massiccia canalizza- in Italia (51,5%). Seguono il nord-ovest (23,6%) e il centro zione verso la collaborazione familiare, contraddistin- (21%), quindi il Mezzogiorno (4%). Particolarmente margue ancora oggi la collettività moldava, che negli anni cato il protagonismo assunto dal Veneto (28,3%), mentre più recenti ha confermato la tendenza, evidenziata all’i- a livello provinciale primeggiano il padovano (8,7%) e la nizio del decennio, a diventare più folta. provincia di Roma (8,6%), che polarizza nel suo territorio Lo attestano gli stessi dati Istat sui residenti di cittadi- oltre i tre quarti dei moldavi del Lazio (81,6%). a presenza moldava in Italia ha una storia recente rispetto a quella di altre collettività immigrate. Ne consegue un vuoto conoscitivo, per sopperire al quale l’ambasciata moldava in Italia ha incaricato l’èquipe del Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes di stendere un rapporto che, a partire dall’analisi dei dati statistici disponili, delinei un quadro organico della presenza moldava nel nostro paese, così da facilitare l’individuazione di adeguate strategie di intervento. Dal rapporto risulta l’immagine di una collettività in forte crescita, che inizia a distinguersi anche per un insediamento a carattere L I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 31 internazionale sri lanka SRADICATI Un uomo consuma un pasto frugale, una madre sorregge il figlio, un’anziana compila un modulo: sguardi di preoccupazione e gesti di sopravvivenza nei campi dove affluiscono gli sfollati della guerra civile di Valentina Ferraboschi foto di Gianluca Ranzato n inizio d’anno tragico. Nello Sri Lanka la situazione militare e politica ha subito un’impressionante accelerazione. Che ha causato una forte crisi umanitaria. Tutto è cominciato il 2 gennaio: l’esercito regolare è entrato a Kilinochchi, capitale dello stato de facto dell’Ltte (Liberation Tigers of Tamil Eelam), cioè la guerriglia tamil. Da settembre 2008 l’esercito fronteggiava l’Ltte a pochi chilometri dalla città, nel nord dell’isola asiatica: dopo mesi di agonia e feriti, è entrato in una città svuotata dalla popolazione, fuggita per volontà propria o perché costretta dai ribelli, che si servono degli sfollati come di scudi umani. La presa di Kilinochchi, in compenso, sembrava aver impresso una svolta definitiva al conflitto, che in 25 anni ha causato oltre 70 mila morti, la gran parte civili. Ma la fine delle ostilità (e, qualcuno pensava, dello stesso Ltte) tarda ad arrivare. L’unica cosa certa sono i pesantissimi effetti umanitari. Da settembre un numero non ben definito di persone (tra 200 e 250 mila) sono sfollate e in continuo movimento. Le agenzie umanitarie, già da fine settembre, avevano dovuto U 32 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 LA GUERRA TARDA A FINIRE, INTANTO I CIVILI SOFFRONO lasciare l’area sotto il controllo dell’Ltte per ragioni di sicurezza. Moltissimi civili sono pertanto rimasti senza aiuti umanitari, tranne i convogli settimanali di cibo delle Nazioni Unite, pure interrotti, dal 16 gennaio, per problemi di sicurezza. Anche il Comitato internazionale della Croce Rossa ha dovuto evacuare gli operatori dell’unico ospedale ancora funzionante nella zona Ltte sotto assedio, oramai troppo piccola e rischiosa (100 chilometri quadrati). Favorire la ricerca della pace Si stringe, dunque, la morsa militare dell’esercito sulle “Tigri”. E benché a inizio marzo la situazione fosse ancora in stallo, la crisi umanitaria era già divenuta la più grave dell’intera Asia. In questo drammatico scenario, Caritas Sri Lanka è riuscita a rimanere attiva, grazie ai suoi 63 operatori. L’ufficio locale del Vanni, spostato due volte negli ultimi mesi, è stato bombardato a fine gennaio e inizio febbraio: un ferito e numerosi danni tra le attrezzature. «Eppure siamo considerati neutrali sia dal governo che dai ribelli – dichiara padre Damian Fernando, direttore di Caritas Sri Lanka –. Restiamo là per continuare L’offensiva dell’esercito contro le Tigri tamil, a inizio anno, sembrava aver impresso una svolta al conflitto trentennale in Sri Lanka. Ma benché assediati, i ribelli non demordono. Duecentomila sfollati: si teme il disastro umanitario ad aiutare la popolazione. Abbiamo contatti riservati con il governo e con le Tigri Tamil, ma anche con altre formazioni coinvolte nel conflitto, come il Fronte per la liberazione della popolazione buddista e altri gruppi tamil e islamici, per favorire la ricerca della pace». Caritas Sri Lanka teme comunque il disastro umanitario. Il suo personale fornisce cibo, coperte, ripari e altri aiuti, ma anche sostegno psicologico e istruzione agli sfollati nelle aree di Batticaloa (est), penisola di Jaffna (punta nord) e nella zona Valuthayam-Mannar (nord-ovest). Inoltre gli operatori di Caritas Vanni sono rimasti in una zona costiera a nord di Mullaitivu (già roccaforte dell’Ltte), dichiarata “zona franca”: la situazione qui appare particolarmente drammatica perché l’area è ristrettissima, le scorte d’acqua non sono sufficienti, il cibo nemmeno, le temperature sono molto alte e nessuno ha un riparo. Nelle ultime settimane, Caritas Sri Lanka ha fatto scorta di generi alimentari e beni d’aiuto: il timore che il conflitto peggiori è concreto. La tragedia che si sta compiendo nel nord dell’isola, in definitiva, è senza precedenti nel paese. E sta già dando luogo a effetti nefasti. Epidemie, per quanto lievi, sono iniziate; le morti si susseguono per le condizioni difficilissime e per i continui bombardamenti. Dove le Tigri tamil sono ancora all’opera, continuano a combattere e a impedire alla popolazione di lasciare la zona; molti civili, del resto, non sembrano disposti ad andarsene verso i campi profughi allestiti dal governo (13) nel distretto sud del Vanni, Vavuniya. La cosa è comprensibile. I rifugiati, una volta usciti dall’area dei combattimenti, passano 7-10 giorni in due campi di altissima sicurezza (screening center) militarizzati e non accessibili agli osservatori umanitari: in essi vengono sottoposti a controlli, non meglio definiti, per individuare eventuali Tigri tra loro. Poi vengono inviati ai 13 campi di transizione, pure controllati dai militari e accessibili in maniera molto limitata alle agenzie umanitarie, dove vivono 30 mila persone in condizioni a dir poco drammatiche, sulle quali le agenzie umanitarie stanno cercando di ottenere garanzie di miglioramenti da parte del governo. Reale parità di diritti Intanto, la guerra, che pareva sul punto di essere conclusa, non si esaurisce. Nonostante il dispiegamento di forze da parte del governo e l’accerchiamento, i ribelli dell’Ltte riescono ancora a resistere e sorprendentemente, il 20 febbraio, hanno fato decollare due aerei dal Vanni, che indisturbati hanno attaccato Colombo, la capitale. Un atto di sfida, che lascia intuire non prossima la fine delle ostilità, come confermano anche combattimenti e attentati succedutisi in marzo. Per questo Caritas Internationalis ha sollecitato le parti in conflitto a riprendere i negoziati e ha chiesto alla comunità internazionale di favorire un accordo. Anche perché alla ripresa della guerra si aggiunge un clima arroventato da altri fattori: applicazione, da parte del governo, della legge “per la prevenzione del terrorismo” anche contro chi opera in favore della pace, arresti arbitrari, omicidi e sparizioni “politici” perpetrati ovunque, anche nella capitale Colombo, da parte di gruppi paramilitari. Il governo dello Sri Lanka ha dunque davanti a sé una doppia sfida: deve affrontare in maniera più confacente i I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 33 internazionale internazionale 2010 senza povertà sri lanka problemi legati ai profughi e al loro reinserimento, ma dovrà aprire una volta per tutte anche la questione politica dei diritti di tamil e minoranze. Finché non ci sarà una rea- le parità di diritti (tra maggioranza cingalese buddista, tamil induisti, altri gruppi etnici e religiosi) potranno sempre spuntare nuove tigri. E la pace resterà un miraggio. Indu e Angela, scuola e veleno nelle case dei figli della guerra La rete Caritas gestisce dodici centri di accoglienza per orfani e bambini di cui le famiglie non possono occuparsi. Storie in bilico tra dolore e speranza di Gianluca Ranzato «I ndu sta con noi da tre anni, da quando il padre è stato assassinato davanti a suoi occhi perché sospettato di supportare i terroristi. La madre ce lo ha portato in lacrime il giorno successivo, supplicandoci di tenerlo. Dopo avere ricevuto il nulla osta dalle autorità locali, il bambino è stato inserito nella casa. Adesso va a scuola, sembra molto più sereno…». Rukmann racconta del ragazzino: una storia drammatica, una tra tante, emblematica dei drammi che da anni affliggono l’infanzia in Sri Lanka. Rukmann è il responsabile Caritas del programma “Case di accoglienza per minori”: dodici strutture, gestite dalla Caritas diocesana di Jaffna, supportate finanziariamente da Caritas Italiana. In esse si trovano bambini e ragazzi dai 4 ai 18 anni, orfani o provenienti da famiglie molto povere, che non sono in grado di occuparsi di loro. I ragazzi accolti sono vittime della guerra prima, dello tsunami poi, quindi nuovamen- L’IMPEGNO CARITAS Caritas Italiana è presente in Sri Lanka dall’inizio del 2005 per le attività di riabilitazione post-tsunami, collaborando con la Caritas nazionale e le diocesi di Colombo, Chilaw e Jaffna. Le attività sono soprattutto nelle aree promozione socio-economica, animazione comunitaria, costruzione della pace, tutela dei disabili; importanti, soprattutto, gli interventi a favore delle vittime di guerra. A Jaffna, in particolare, Caritas Italiana ha coordinato le attività psicosociali e di guarigione dal trauma delle vittime dello tsunami e delle vittime di guerra, lavorando sia nell’area controllata dal governo, sia in quella controllata dai ribelli dell’Ltte. In questi mesi, invece, lavora al fianco di Caritas Sri Lanka per definire una strategia che permetta un sistematico accesso ai campi profughi nella provincia di Mannar, al fine di evitare l’aggravarsi della crisi sanitaria e alimentare e di limitare le separazioni familiari sommarie. 34 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 te della guerra; a volte si trovano nella struttura per essere protetti da un ambiente insicuro e pericoloso. Troppo insicuri Le dodici case sono nodi di una rete di servizi di accoglienza coordinata dalle autorità statali; ciò assicura, in collaborazione con le organizzazioni che gestiscono i centri, adeguati standard di qualità. «Lavoro e vivo qui da tempo – racconta orgogliosa Lakshmi, una delle operatrici delle case –. La gestione economica è la cosa meno complicata: riuscire a capire i ragazzi e a farli crescere responsabili è la sfida più impegnativa. A volte i problemi che si portano da casa o che sono costretti a vivere in tempo di guerra sono tanto pesanti che il dialogo non basta. Chiediamo allora il supporto di counselor esperti, che ci aiutano nel ristabilire gli equilibri. E seguiamo corsi di aggiornamento periodici». Oltre a cibo, strumenti per la scuola e per le attività ludiche, la Caritas di Jaffna coordina infatti la presenza di psicologi ed educatori che, a cadenza fissa, visitano i centri, conducendo colloqui individuali e di gruppo e facilitando la condivisione di emozioni e sofferenze, altrimenti distruttive. «La guerra nel Vanni ha acuito le tensioni anche individuali – conferma triste Rukmann –. Il mese scorso Angela, una ragazza di 14 anni, ha tentato il suicidio ingerendo veleno perché da mesi non riesce a vedere la mamma né ad avere sue notizie. È solo la punta dell’iceberg di un clima generale davvero penoso, sempre più grave». E i disagi non sono solo interiori: delle cinque case Caritas della regione del Vanni, solo una è aperta e ospita al momento due ragazzi. Gli altri centri sono stati chiusi perché colpiti dai bombardamenti o troppo insicuri; i minori sono andati dai parenti. E probabilmente saranno finiti nella schiera dei profughi, che si spostano ogni giorno, senza casa, cibo e acqua, alla disperata ricerca di un posto sicuro. SVILUPPO O CRISI, A PREVALERE È L’ESCLUSIONE di Francisco Lorenzo Fundación Foessa - Cáritas Española utti i mezzi di comunicazione ci ricordano quotidianamente la congiuntura molto preoccupante in cui viviamo. Sin dall’anno scorso, la Confederazione di Caritas Spagna ha realizzato inchieste presso i servizi delle Caritas diocesane. Ne sono emersi tre dati: a metà 2008 si era già raggiunto il 70,3% delle richieste ricevute nel 2007; c’è stato un incremento medio del 40% delle richieste di aiuto; l’aumento della domanda si è verificato, in ordine di intensità, nei progetti di sostegno alla famiglia, di accoglienza, di aiuto agli immigrati e di inserimento lavorativo. T Scommessa per il 2010 Dal Rapporto emerge insomma una società con indici di precarietà elevati, nella quale l’accesso a determinati beni sociali non pare contemplato come diritto. Ciò spiega alcuni processi in atto: precarizzazione del lavoro; assunzione di rischi elevatissimi per accedere a un alloggio; debolezza di un sistema di protezione sociale che, non essendosi universalizzato, si A partire dal nostro lavoro quotiè distanziato considerevolmente dalla media europea. E se il Rapporto ridiano, possiamo dunque affermare Le analisi di Caritas badisce la necessità di incrementare che la crisi è reale e ha conseguenze Spagna mostrano determinate partite di spesa sociale e concrete per moltissime persone. che l’attuale contingenza implementare misure di protezione Ma di cosa parliamo quando parliaincide a fondo efficaci, l’essenza dell’indagine guarmo di crisi? La domanda è alla raditra la popolazione. Ma la da a un modello sociale fondato sulla ce del Rapporto sull’esclusione e il povertà non è retrocessa consapevolezza che il Pil non è il midisagio sociale in Spagna, pubblicaneanche quando il paese glior indicatore del benessere degli to recentemente dalla Fondazione cresceva. Prevale un abitanti di un paese e che, senza mecFoessa (centro studi promosso da modello sociale con indici canismi di redistribuzione e parteciCaritas Spagna), nel quale si afferdi precarietà elevati ma la necessità di fare un salto quapazione sociale e politica, la coesione sociale non potrà essere garantita. litativo, che permetta di superare Quanto all’anno 2010, quando si un modello che di per sé genera proporranno le basi per la nuova Strategia europea di contracessi di esclusione e mancanza di coesione. Questo modello mantiene un deciso dislivello eco- sto alla povertà, saremo tutti noi, attraverso diverse occanomico. L’aumento della ricchezza generata in Spagna sioni di partecipazione, a poter determinare quali valori negli ultimi 14 anni non ha infatti comportato una ridu- debbano sostenere il modello prescelto. Caritas Spagna rizione delle disuguaglianze né dei tassi di povertà (stabi- corderà allora che confondere crescita e benessere con li intorno al 19% da più di un decennio). Tanto meno ha accrescimento economico risponde a una logica di ricergenerato una riduzione significativa delle differenze ter- ca di profitto dalla quale nessun settore è alieno. E ramritoriali, né ha permesso che si eliminasse la povertà as- menterà che la creazione di relazioni di integrazione e di soluta, che colpisce dal 3% al 4% della popolazione. progetti rispondenti a una logica comunitaria – non Tuttavia il problema non è solo economico. Nel Rap- esclusivamente competitiva – non è un compito esclusivo porto, insieme alla povertà, si studia anche l’esclusione dei poteri pubblici, ma di tutti i cittadini e le cittadine. sociale attraverso molti indicatori non monetari, e si conPer dirla con una parola d’ordine: vogliamo scomstata che viviamo in una società in cui il 17,2% di coloro mettere su una società, non su un insieme di individui che hanno un’abitazione vivono condizioni di esclusio- più o meno attrezzati per la sopravvivenza, in un contene, e il 5,3% addirittura in condizioni di povertà assoluta. sto più o meno escludente. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 35 internazionale viaggio nella crisi 2 PREZZI E AIUTI A RISCHIO, ANCHE L’AFGANO PIANGE di Danilo Feliciangeli di Danilo Feliciangeli improbabile che la crisi economico-finanziaria globale abbia forti ripercussioni in Afghanistan – ha dichiarato all’agenzia Reuters a inizio marzo Mariam Sherman, country manager per l’Afghanistan per la Banca Mondiale –. Il settore finanziario formale in Afghanistan è molto piccolo, non svolge un ruolo importante nel finanziamento delle attività economiche, ed è molto limitata l’esposizione internazionale delle banche afghane». Ma la crisi economica ha mille volti, di cui molti nascosti, ancora da scoprire. Gli ultimi dati sulla disoccupazione nel mondo prevedono che aumenterà dell’1,1% rispetto al 2008: sembra poco, ma significa circa 51 milioni di posti di lavoro in meno. I paesi in via di sviluppo non hanno sistemi bancari sofisticati, ma pagheranno le conseguenze più gravi: senza ammortizzatori sociali e senza governi in grado di sostenere l’occupazione, milioni di persone si troveranno di colpo, privi di protezione, oltre che di lavoro. Soprattutto in Asia si avvertirà il peso del calo dell’occupazione. Il 57% dei nuo- «È 36 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 vi posti di lavoro creati nel mondo nel 2008 sono localizzati nell’Asia del sud e orientale; un’inversione di tendenza può creare gravi tensioni sociali. Basterebbe l’1% Certo, non sembra essere il caso dell’Afghanistan, dove non c’è il rischio che le imprese chiudano, semplicemente perché non hanno mai aperto. Però la crisi non è tutta nella perdita dei posti di lavoro. Un aspetto preoccupante è l’effetto dell’aumento dei prezzi alimentari. La Fao (cioè l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura dell’Onu) ha annunciato che nel 2008 ben 40 milioni di persone in più, rispetto al 2007, hanno sofferto la fame a causa degli alti prezzi alimentari. Gli affamati, nel mondo, sono così diventati quasi 1 miliardo. Ma il 2009 preoccupa forse ancora di più: nonostante il calo dei prezzi dei principali cereali, rispetto al picco raggiunto agli inizi del 2008, l’indice Fao dei prezzi alimentari nell’ottobre 2008 era ancora del 20% più alto rispetto all’ottobre 2006. «Se i prezzi dei prodotti finali più bassi e la stretta creditizia, associati alla crisi economica, costringeranno Banche poco esposte, aziende che non chiudono… perché non hanno mai aperto! Eppure la recessione globale si sente anche nel paese dell’Asia centrale: cibo e case costano troppo. E preoccupa la dipendenza dall’estero gli agricoltori a diminuire le semine, l’anno prossimo potrebbe verificarsi un’altra drammatica ondata di prezzi alimentari alti», ha affermato il vicedirettore generale della Fao, Hafez Ghanem. Secondo l’agenzia Onu, la stragrande maggioranza delle persone sottonutrite (907 milioni) vive nei paesi in via di sviluppo. Di questi, circa due terzi vivono in Asia (583 milioni nel 2007), in particolare in Asia centrale e meridionale (Afghanistan, oltre a Pakistan, India, Bangladesh). Anche il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite ha diffuso di recente un appello ai governi, affinché si destini alla lotta contro la fame una frazione di quanto viene proposto nei pacchetti di salvataggio finanziario messi a punto per fronteggiare la crisi economica globale. «Dobbiamo mandare un forte segnale di speranza al mondo con un pacchetto di salvataggio umano», ha dichiarato Josette Sheeran, direttore esecutivo del Pam. In effetti, con solo l’1% di ciò che è stato messo a disposizione per le misure di salvataggio finanziario e di stimolo del sistema creditizio e produttivo negli Stati Uniti e in Europa, i paesi sviluppati potrebbero finanziare intera- € mente il lavoro del Programma alimentare mondiale. Immagini di Kabul: La crisi mondiale, insomma, donna e bambino al mercato, trasporto non risparmia i paesi in via di su un carretto, sviluppo: vengono colpiti i redsguardo sulla distesa diti, i commerci, il flusso di capidi case di un quartiere periferico. tali, e intanto si riducono le riLa crisi significa messe dei migranti. Il 2008 è stasoprattutto aumento to un anno di crescita del valore dei prezzi di beni delle rimesse (+9%), ma solo neldi consumo e case la prima metà, ha avvertito la Banca Mondiale: nella seconda parte dell’anno si è verificata “una brusca decelerazione” e “le previsioni suggeriscono che nel 2009 le rimesse degli immigrati caleranno” ancora, e che “particolarmente vulnerabile” sarà anche l'Asia meridionale. “In passato – ha dichiarato la Banca Mondiale –, le rimesse dei migranti sono state stabili o perfino anticicliche rispetto alle fasi di crisi. Questa volta, la crisi ha colpito le rimesse alla fonte, così come i paesi riceventi”. Così in marzo il governo del Kirghizistan, sempre per fare un esempio “asiatico”, ha chiesto al Pam di aiutarlo a sfamare 600 mila persone che si trovano in una condizione disperata, a seguito di un brusco calo nelle rimesse dall’estero, che rappresentano il 20% del Pil del paese. QUOTIDIANITÀ DIFFICILE Talebani più potenti Ma tutti questi dati non interessano molto ad Amin Jan Khosti, il capo del mercato delle monete di Kabul, dove sembra che tutto scorra come al solito: nel cuore di Kabul, tra la grande moschea e il fiume omonimo, un brulicante universo di venditori agita in aria fasci di banconote urlanI TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 37 internazionale internazionale viaggio nella crisi 2 do il prezzo. Dollari, euro, rupie pakistane e afgani si cambiano a seconda delle necessità, ma il cambio è più o meno sempre quello. Gli afgani, la moneta nazionale, si vendono ancora intorno a 52 per dollaro: nonostante la crisi internazionale e la recessione, la valuta locale ha tenuto. Però le ragioni non sono tranquillizzanti: anche se Amin non lo sa, nei mesi scorsi il governo Usa ha sostenuto in maniera massiccia la Banca centrale afgana, proprio per proteggere la moneta da spinte inflazionistiche e l’economia interna dalla recessione. E ora è proprio questo a preoccupare: l’assoluta dipendenza del paese dagli aiuti esterni, in particolare da Stati Uniti, Gran Bretagna ed Europa in generale. Molti, a Kabul e dintorni, ritengono che difficilmente i governi occidentali verranno meno ai loro impegni, in un paese dove si combatte una guerra difficile ma cruciale al terrorismo. Nonostante anni di sforzi bellici, il nemico talebano diventa sempre più potente. In un paese dove da sempre c’è bisogno di tutto, disperazione e rabbia potrebbero portare la popolazione a confidare di nuovo negli “studenti coranici”, come già era accaduto negli anni Novanta, dopo l’abbandono dei sovietici. Intanto, nonostante l’assoluta marginalità dell’Afghanistan rispetto ai circuiti della finanza e dell’economia mondiale, gli effetti della crisi si sentono, eccome, nella vita quotidiana e sulle prospettive di sviluppo. L’effetto (sia pur indiretto) più pesante è quello sul mercato immobiliare, in continua espansione a Kabul e nelle principali città afgane, dove si raggiungono prezzi proibitivi per la maggior parte della popolazione. Mentre la famiglia media vive in baracche senz’acqua, elettricità, € servizi igienici e fogne, un po’ in tutta la capitale spuntano come funghi residenze lussuose, segno evidente della presenza di una classe ricca, che ora, oltretutto, non sapendo dove investire all’estero i propri capitali, a causa della crisi, è tornata a impiegarli nel proprio paese, ovviamente nel mattone. Il settore edilizio è così diventato la principale attività economica dell’Afghanistan: poiché acquisti e costruzione degli edifici sono saldati in contanti, il mercato non risente della stretta creditizia. La forbice si allarga Si conferma insomma, anche nella contingenza della crisi, un effetto già all’opera a livello planetario, e naturalmente nell’Afghanistan degli ultimi anni: l’aumento del divario tra i ricchi, pochissimi, e i poveri, moltissimi; forbice che può rivelarsi assai pericolosa, dal punto di vista sociale, ma anche riguardo agli esiti del conflitto militare in atto. Se un piccolo terreno edificabile a Kabul city costa oggi circa 35 mila dollari, il 25% in più rispetto a un anno fa, e in un quartiere prestigioso si arriva tranquillamente a 100 mila, significa che il sogno di una casa (o il peso di una casa) è destinato a rimanere tale per buona parte dei cittadini.. L’economia del paese viene dunque tenuta a galla dagli investimenti e dalle donazioni stranieri, che arricchiscono pochi, dalla presenza di circa 70 mila militari stranieri e dal suo indotto, nonché – ovviamente – dal commercio di oppio, questa sì un’industria fiorente, con un fatturato stimato di circa 3 miliardi di euro l’anno. Se a ciò si aggiunge che ancora oggi il 90% del bilancio del governo dipende dagli aiuti dall’estero, le code di disoccupati in fila negli uffici di collocamento europei o americani seminano dubbi anche negli afgani più ottimisti. In Canada l’opinione pubblica ha L’IMPEGNO CARITAS già manifestato un forte scetticismo rispetto all’opportunità di ulteriori finanziamenti all’AfCaritas Italiana inizia il suo impegno in Afghanistan ghanistan e alla sua ricostruzione, tanto più che negli anni Ottanta, intensificando le attività dopo la crisi del 2001, risultati positivi stentano a vedersi, sia sul fronte prima supportando i programmi della rete Caritas Internationalis, militare sia in termini di sviluppo economico. poi con propri operatori nel paese. Dal maggio 2006, con l’associazione Ma la situazione potrebbe divenire molto simile Pro Bambini di Kabul, costituita da 14 ordini religiosi, ha aperto un centro anche in Europa, dove oltretutto l’opinione pubeducativo per minori disabili, frequentato da circa 30 bambini e gestito da suore e padri missionari, con l'obiettivo di creare una presenza blica è sempre stata per buona parte contraria di sviluppo duratura. L’impegno per le categorie più deboli si concretizza all’intervento militare in Afghanistan. anche nel supporto all’associazione di sordomuti Anad, che gestisce La principale speranza per tenere a galla una scuola e laboratori di formazione tecnica. Nel settore dell’educazione, il paese, in altre parole, restano ancora una con l’ong afgana Hawca è stato creato un doposcuola sulla convivenza. volta gli Stati Uniti. Che sono però il paese Nei prossimi mesi si concluderà inoltre un vasto progetto che ha portato più colpito dalla crisi. E su questo, anche la alla costruzione di otto scuole primarie pubbliche nella regione del Ghor. L’impegno finanziario degli ultimi tre anni è stato quasi di un milione di euro. signora Sherman della Banca Mondiale pare essere d’accordo… 38 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 contrappunto CAMBIA UN’EPOCA, AMERICHE PIÙ AMICHE? di Alberto Bobbio otrebbe già bastare un “imperialismo amichevole”. Vista da sud del Rio Bravo, la svolta nella politica del “cortile di casa” della Casa Bianca di Barack Obama potrebbe fermarsi qui. Ma la crisi internazionale, la recessione americana e la gran massa di denaro che il nuovo inquilino della candida dimora di Washington dovrà tirar fuori dalle tasche portano qualche speranza in più. Per chi abita a sud degli Stati Uniti, il “crack perfetto” diventa più di un’opportunità per costruire economie più giuste e, forse, solidali. Ma, come sempre, le cose sono complicate e complesse. Negli ultimi anni gli States hanno speso per l’America Latina meno di quanto P Fine dell’embargo? I nuovi presidenti, che in America Latina tentano di dare gambe buone alle democrazie popolari pur in mezzo a errori ed eccessi ideologici, devono rispondere a una domanda: fidarsi di Obama? Ma non è l’unica, perché vale anche il contrario: Obama può fidarsi di loro? Tra la Colombia di Uribe e l’Ecuador di Correa, il Cile della Bachelet e il Veneuela di Chavez, il Brasile di Lula e la Bolivia di Morales, l’Argentina, il Perù, il Pabuttano in una settimana nel buco raguay dell’ex vescovo Lugo, il dialoSi annuncia nero iracheno. E sono miliardi di dolgo non è facile. E non è neppure una lari. Ma con quale risultato? Il fallisoluzione proporre il blocco della una “nuova cooperazione” mento di tutti i piani antidroga dimocosiddetta “vera sinistra” sudameritra gli Stati Uniti strano negligenza totale nell’approccana contro gli altri e contro gli Usa. e i paesi latinoamericani. cio a uno dei problemi più delicati. Ha ragione Rafael Correa, presiObama promette Ma Obama ha annunciato in campadente movimentista dell’Ecuador, a un approccio condiviso gna elettorale che le sue politiche in dire che «più di un’epoca di cambiaai problemi. Ma occorre America Latina procederanno da un menti, stiamo vivendo un cambiacapire se tutti si fidano mento d’epoca». Tuttavia la suggeprincipio semplice e inedito: “Ciò che di tutti. E se l’ideologia stione di una “seconda indipendenè giusto per le popolazioni delle Amelascerà spazio al dialogo riche è giusto per gli Stati Uniti”. za” dell’America Latina va sostanPuò essere una rivoluzione. L’Aziata attraverso il dialogo e una formerica Latina è una regione ormai fuori dall’agenda in- te cooperazione d’area, che lasci da parte le suggestioni ternazionale. Poche analisi vi si applicano, poiché l’at- ideologiche di chi intende costruire qualcosa contro altenzione va altrove, Medio Oriente e Asia. Forse è giusto tri e contro gli Usa. Certamente il sogno di alcuni (un così, perché la Cina ha le chiavi del debito americano, nuovo vessillo bolivariano, pronto a spalmarsi sull’intel’Afghanistan rischia di diventare un nuovo Vietnam, il ro subcontinente) è favorito dalla crisi mondiale del Medio Oriente potrebbe essere il segnale che fa cam- neoliberismo e del turbocapitalismo senz’anima. Ma biare la disastrosa politica estera americana. Eppure non basta, anzi sarebbe un errore, limitarsi a intonare una “Nuova cooperazione per le Americhe” potrebbe hasta siempre Comandante, inno evocatico e rivendicaessere in politica estera un simbolo altrettanto impor- tivo di Carlos Puebla, note di un mito spazzato via dalla tante. Qui si giocano, in maniera forse più visibile, le re- Storia, per gli uni e per gli altri, a nord e a sud della frongole attorno a quelle che Roosevelt chiamava le “quattro tiera del “cortile di casa”. libertà”: libertà politica, democrazia, libertà dalla paura, Anche Barack lo sa. Forse la mossa, azzardata, ma libertà dai bisogni. In una parola, rispetto e lotta alla po- definitiva, il segnale che cambia le cose, potrebbe essevertà, cioè fine della rapina delle risorse e autodetermi- re quello di mettere fine all’embargo a Cuba. Appunto, nazione dei popoli. un cambiamento d’epoca. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 39 agenda territori obiettivo8obiettivi2015 MAZARA DEL VALLO “Il Ciliegio”, un albero e un casolare: turismo rurale sui beni già mafiosi Un primo piatto? “Gnocculi cavati”, con ragù di salsiccia, funghi, finocchietto e melanzane. Un secondo? Involtini di vitello con melanzane e basilico al pomodoro. Sono solo due delle suggestioni culinarie che accolgono il visitatore a “Il Ciliegio”. Tra le vallate di Salemi (Trapani) e le colline del Belice si trova, come suggerisce il nome della struttura, un ciliegio solitario. Accanto a esso, un vecchio casolare riadattato. L’albero e l’edificio sono il cuore di un progetto di turismo rurale, nato su terreni confiscati alla mafia, in contrada Fiumelungo, per iniziativa della Fondazione San Vito onlus, espressione della Caritas diocesana di Mazara del Vallo. “Il Ciliegio”, inaugurato a metà marzo, vuol dire relax per il turista, rispetto per l’ambiente, promozione della cultura rurale e gastronomica locale, opportunità di lavoro per soggetti fragili: in sintesi è un’iniziativa che, come suggerisce lo slogan pubblicitario, “ha il sapore della legalità”. BOLZANO-BRESSANONE Sono donne due terzi dei volontari: «Empatia e dinamismo» La Caritas diocesana ha sfruttato l’occasione offerta dalla “Giornata della donna“, l’8 marzo, per ringraziare le tante donne che in Alto Adige si impegnano gratuitamente per il prossimo. Nei diversi servizi delle Fondazioni Odar e Caritas, i volontari in servizio sono più di 900, ma circa due terzi sono donne. E una proporzione simile caratterizza anche le Caritas parrocchiali: 191 dei 286 responsabili sono di sesso femminile. «L’interesse degli uomini per il volontariato negli ultimi tempi è cresciuto – hanno spiegato i direttori della Caritas altoatesina, Mauro Randi e Heiner Schweigkofler –, ma nelle parrocchie sono ancora soprattutto 40 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 le donne a sostenere i servizi e a creare legami di condivisione con la loro carica di empatia, pazienza, dinamismo». MILANO “D’altro canto”, l’inno del volontariato lo scrivono i giovani Maggio, per Caritas Ambrosiana, è mese tradizionalmente dedicato alle iniziative per i giovani. Nel 2009, l’iniziativa “Giovani e servizio” propone, come di consueto, la raccolta diocesana di indumenti usati, momenti di riflessione e preghiera, il lancio dei “Cantieri della solidarietà” (campi estivi di volontariato, in Italia e all’estero). Ma c’è anche una stuzzicante sorpresa: la prima edizione di “D’altro canto”, un concorso per la composizione di una canzone-inno del volontariato giovanile. La proposta è stata lanciata dal sito internet di Caritas Ambrosiana: ai giovani compositori, singoli e band, è stato chiesto di “osare”, utilizzando generi musicali solitamente atipici per canzoni che parlano di solidarietà. Al gruppo vincitore sarà offerta la possibilità di riarrangiare il proprio pezzo con uno gruppo storico del rock italiano: i Nomadi. Dalla canzone vincitrice sarà inoltre tratto un videoclip con scene che rappresentano esperienze di volontari. I brani devono arrivare a Caritas Ambrosiana su cd entro il 15 maggio. INFO www.caritas.it TRIESTE Ricerca sui minori non accompagnati: nasce un osservatorio Provengono soprattutto dall’Europa dell’est i minori stranieri non accompagnati che vivono nella provincia triestina, perlopiù tra i 16 e i 18 anni. La maggior parte risiede nel capoluogo, che secondo i dati dell’ufficio anagrafe nel 2008 ne contava 1.154. Le stime costituiscono la base di conoscenza per il lavoro del nuovo “Osservatorio permanente” sul fenomeno, che monitorerà gli ingressi, seguirà le evoluzioni e le scelte di vita dei minori anche una volta raggiunta la maggiore età. Insieme a prefettura, questura, enti locali e Acli, la Caritas diocesana ha partecipato all’elaborazione della ricerca provinciale da cui scaturirà l’Osservatorio. Secondo l’indagine, sono soprattutto rumeni gli under18 che arrivano a Trieste. Sul fronte delle misure di accoglienza, soddisfacente appare il livello di inclusione, dimostrato soprattutto dal ridotto numero di tentativi di fuga dalle comunità; ciò pone le basi per percorsi di formazione e inserimento lavorativo. di Roberta Dragonetti CAMPOBASSO Casa di accoglienza per famigliari di malati. Ma non solo… Una casa di accoglienza per i parenti dei malati delle strutture ospedaliere della città. Ma aperta anche, in situazioni di emergenza, ai senzatetto che si trovino in particolari situazioni di difficoltà. La casa “Santa Elisabetta” è stata inaugurata a Campobasso a marzo. I frati minori del convento di San Giovanni Battista hanno destinato un’ala inutilizzata della struttura alla casa di accoglienza, a cui si potrà accedere gratuitamente. La casa è dotata di sei stanze, una cucina comune e una lavanderia; chi vi è accolto può anche contare su un sostegno spirituale e psicologico. I fondi necessari per portare a compimento il progetto sono tutti stati raccolti tra i cittadini e, in parte, donati dalla Caritas. Proprio su segnalazione della Caritas, i senzatetto che si verranno a trovare in situazioni di emergenza potranno trovare ospitalità nella casa anche se per brevi periodi, per non “snaturare” la destinazione principale della struttura. CAGLIARI Sportello in carcere per contrastare la piaga dei suicidi I detenuti tossicodipendenti sono maggiormente esposti al rischio di suicidio. I danni provocati dalla droga alla corteccia celebrale frontale portano a gesti impulsivi, compreso anche il suicidio. Anna Loi, psichiatra e direttrice del Servizio per le tossicodipendenze di Cagliari, ha esposto la sua analisi durante un convegno sui suicidi in carcere, organizzato nella biblioteca Serve un partenariato globale, ma gli aiuti allo sviluppo flettono Le promesse “Sviluppare un partenariato globale per lo sviluppo”: è l’ultimo, l’ottavo, tra gli Obiettivi di sviluppo del millennio, fissati nel 2000 in sede Onu da 189 capi di stato. In realtà esso indica un metodo per centrare i primi sette Obiettivi entro il 2015, che non saranno raggiunti se non attraverso un’alleanza globale a favore dello sviluppo, che veda tutti i paesi del mondo coinvolti. I leader dei paesi sviluppati si sono impegnati, entro il 2015, a incrementare gli aiuti allo sviluppo, a una più efficace cancellazione del debito e a garantire un maggiore accesso ai mercati e alle tecnologie da parte dei paesi in via di sviluppo. Però per ora i segnali sono negativi. In tempo di crisi globale, il sostegno allo sviluppo nel 2008 è calato, per il secondo anno, e ciò lascia intravedere conseguenze negative per gli impegni presi per il 2010. Secondo il Rapporto Onu 2008, il totale degli aiuti rimane ben al di sotto dell’obiettivo fissato nel 2000, cioè lo 0,7% del reddito lordo nazionale dei paesi avanzati. I soli che abbiano raggiunto o superato tale obiettivo, nel 2007, sono stati Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia e Svezia. Anzi: l’assistenza ufficiale allo sviluppo, da parte dei paesi avanzati, è caduta, mediamente, allo 0,28% del reddito nazionale lordo del 2007. I problemi Sempre secondo l’Onu, il peso del debito estero dei paesi in via di sviluppo è calato da quasi il 13% dei guadagni delle esportazioni (dato 2000) sino al 7% (dato 2006); ci si attende che esso scenda ancora, liberando risorse per gli investimenti. Invece il sistema commerciale e finanziario globale continua a non avere regole trasparenti; i paesi industrializzati attuano politiche discriminatorie, grazie ai sussidi all’esportazione, che consentono di esportare i prodotti a un prezzo inferiore rispetto al prezzo di mercato. Inoltre, invece di favorirne l’autonomia, i paesi ricchi ostacolano le esportazioni di Africa, Asia e America Latina con dazi molto elevati. Le politiche commerciali dei paesi ricchi colpiscono in modo particolare i prodotti vitali dei paesi impoveriti, quelli agricoli e dell’industria tessile. Anche la crisi alimentare globale è in parte il frutto dei sussidi all’agricoltura e della protezione tariffaria praticati dai paesi sviluppati, e che per molti anni hanno scoraggiato la produzione agricola nei paesi in via di sviluppo. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 41 agenda territori nell’occhiodelciclone Disastri lontani, siamo sempre “disattenti”: anche in internet prevale l’elemento spettacolare Radio, tv, internet. Quanto spazio dedicano ai conflitti in corso nel mondo? Tendono a enfatizzarne alcuni e a “dimenticarne” altri? E sottolineano le loro connessioni con i fenomeni ambientali?. Nell’occhio del ciclone (terzo rapporto sui conflitti dimenticati, curato da Caritas Italiana insieme ad altri soggetti e pubblicato dal Mulino a gennaio) propone i risultati di un capillare monitoraggio che, da giugno 2004 a dicembre 2007, ha riguardato le principali testate radio-tv pubbliche e commerciali italiane, mentre per quanto riguarda internet ha “sondato”, da luglio 2004 al dicembre 2007, le versioni on line di sei periodici internazionali (il tedesco Der Spiegel, lo spagnolo Tiempo de hoy, il francese L’express, l’italiano L’espresso, l’inglese The Economist, l’americano Newsweek). Riguardo alle testate radio-tv, le notizie sui tre conflitti-disastri “dimenticati” considerati dal rapporto (Sudan, Pakistan, Colombia) sono in numero assoluto molto basse (4.148) e corrispondono allo 0,3% di tutte quelle trasmesse in Italia da luglio 2004 a dicembre 2007 (1.212.465). Invece i due disastri noti (tsunami, uragano Katrina) hanno raggiunto valori doppi, cioè lo 0,6%. In generale, l’attenzione mediatica appare più forte quando viene rilevato un evento tragico; non sembrano presenti fenomeni di “penalizzazione” a priori delle emergenze dimenticate (in passato le notizie su tali eventi venivano relegate a notte fonda, invece state rilevate news su conflitti dimenticati anche in orario di prima e seconda serata); la televisione pubblica è più attenta ai conflitti dimenticati e nella radio si evidenzia una differenza ancora maggiore tra emittenti pubbliche e commerciali; del penitenziario di massima sicurezza di Buoncammino, a Cagliari. L’obiettivo era sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma di chi si toglie la vita dietro le sbarre, ma soprattutto cercare soluzioni per tamponare un fenomeno che anche in Sardegna, tra la fine 42 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 bacheca di Walter Nanni infine, Radio Vaticana si trova a svolgere un inaspettato ruolo di “servizio pubblico”: l’80% delle news trasmesse da tale emittente riguarda emergenze dimenticate (il 50% delle news sui casi-studio riguarda il Sudan). per scongiurare il fenomeno dei suicidi, da quasi un anno è in funzione un centro d’ascolto della Caritas: 45 psicologi volontari, senza costi per l’amministrazione penitenziaria, a turno vanno tutti i giorni (festivi compresi) a parlare con i detenuti. «Un supporto prezioso, che si sta dimostrando molto utile», ha confermato il direttore del penitenziario. Sostanziale rimozione L’indagine sulle testate internet ha invece rilevato una sostanziale “rimozione” dei conflitti dimenticati dall’agenda dei periodici internazionali, fenomeno tanto più evidente quanto più le guerre sono protratte nel tempo e slegati da interessi delle potenze occidentali e asiatiche. Inoltre lo scenario dell’informazione on line non fa che riprodurre le logiche dei media cartacei e televisivi: la “notiziabilità” è ormai fortemente legata a “eventi spettacolari” ed “esotici”: nella lotta per la “sopravvivenza giornalistica”, tali eventi riescono a calamitare (per breve tempo) l’interesse anche su conflitti privi di “interesse giornalistico”. In alcuni casi, le guerre dimenticate vengono affrontate se riguardano le nazionalità dei principali gruppi di immigrati presenti nel paese che ospita la testata. Ma solo in rari e isolati articoli i conflitti sono stati messi in rapporto con le condizioni sociali e ambientali in cui questi avvengono. Appare invece significativa l’esperienza di informazione “dal basso” dei siti grass roots (alle “radici dell’erba”, le fonti primarie costituite da realtà della società civile locale, per esempio Global Voices), in cui la tematica ambientale e sociale riceve in proporzione molta più attenzione. Ciò accade probabilmente perché in questi casi a prendere la voce sono direttamente le persone che vivono nei contesti coinvolti, quindi le prime ad avvertire i problemi ambientali e le difficoltà sociali connessi a un conflitto. degli anni Novanta e la prima metà del Duemila, ha causato numerosi lutti. L’anno peggiore è stato il 2003, con sei suicidi nelle carceri sarde, mentre nel 2008 un solo detenuto ha scelto di uccidersi. Il dramma, però, resta acuto in molte realtà carcerarie italiane. Tra le principali cause di suicidio tra i detenuti c’è l’abbandono da parte dei familiari, che si somma allo stress per la carcerazione. A Cagliari, RAGUSA Monoparentali: “Conosciamoci”, sportello e iniziative È stato presentato a fine marzo il progetto “Conosciamoci”, pensato e realizzato dall’associazione Mecca Melchita, in collaborazione con la Caritas diocesana, con il patrocinio del ministero delle politiche sociali. Il progetto (nell’immagine, il logo) intende dare risposte a famiglie monoparentali e in difficoltà, italiane e straniere, che presentano disagi di varia natura. Uno degli obiettivi è creare “luoghi meticci”, dove il genitore e i figli possano incontrarsi con operatori del Centro e volontari, al fine di approfondire la conoscenza reciproca, conducendo attività formative. In particolare saranno attivati due percorsi di prima alfabetizzazione, in lingua italiana, per 12 persone, al fine di garantire loro autonomia linguistica, e un percorso informatico per 10 persone, finalizzato a elevare le conoscenze, in vista di un inserimento nel mondo del lavoro. Lo sportello è aperto nei pomeriggi di martedì e giovedì e fornisce anche servizi di segretariato sociale, mediazione linguistica e internet gratis. di Roberta Dragonetti La crisi, un tempo “opportuno”: riflessioni verso “Terra Futura” Un cambiamento sociale, economico, produttivo e dei consumi? Improrogabile. Ma non deve restare legato alle paure momentanee originate dalla crisi globale. Deve generare, piuttosto, un vero green new deal, che abbia basi solide e durature, frutto di un vero cambiamento della cultura e della pratica politica, capace di fare patrimonio delle esperienze di economia sostenibile e solidale già esistenti. Lo chiedono, nei documenti di avvicinamento all’evento, i promotori e i partner di Terra Futura, la mostra-convegno internazionale delle buone pratiche di sostenibilità ambientale, economica e sociale, che avrà luogo a Firenze, alla Fortezza da Basso, dal 29 al 31 maggio. L’iniziativa è stata presentata su un palcoscenico d’eccezione: il Forum sociale mondiale, svoltosi a fine gennaio a Belem. In Brasile è stato annunciato che il tema della sesta edizione di Terra Futura sarà “Il tempo è opportuno: equità, solidarietà e responsabilità per uscire dalla crisi”. L’evento sarà promosso da un’alleanza di sigle ormai collaudata: Fondazione culturale Responsabilità etica onlus per conto del sistema Banca Etica, regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale, in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete e Legambiente. Cultura ed esposizione Terra Futura, nei suoi primi cinque anni, ha infatti segnalato i rischi e le vulnerabilità del sistema vigente e denunciato le sperequazioni e le ingiustizie prodotte a più livelli. Ma ha mostrato anche soluzioni alternative ed esperienze concrete già funzionanti in materia di abitare, produrre, coltivare, agire e governare (le cinque parole chiave della manifestazione), che – se adattate su scala macroeconomica – potrebbero servire non solo per rispondere alla crisi di oggi, ma anche per gettare le basi per una svolta durevole. Per ragionare su questi temi e queste proposte, anche la prossima edizione di Terra Futura avrà un programma culturale di alto livello: seminari, dibattiti e convegni, con numerosi esperti e testimoni provenienti dal mondo della politica, dell’economia e della ricerca scientifica, ma anche dal terzo settore, dalla cultura e dallo spettacolo. Nell’ampia rassegna espositiva, associazioni e realtà del non profit, enti locali e istituzioni, imprese eticamente orientate presenteranno progetti ed esempi concreti di un vivere diverso, dalla tutela dell’ambiente alle energie alternative rinnovabili, dall’impegno per la pace alla cooperazione internazionale, dal rispetto dei diritti umani alla finanza etica al commercio equo... INFO www.terrafutura.it I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 43 villaggio globale Z atupertu O OM Antonella, la voce delle radici “oltre” le sbarre «Nel canto la mia arte, ma soprattutto la mia umanità» Tutti i paesi a Radio3Mondo, l’informazione a 360 gradi Un cono di luce su tutti i paesi, anche su quelli di cui generalmente si parla poco o niente. A puntarlo provvede Radio3 Mondo, spazio quotidiano diviso in due parti: alle 7 rassegna stampa internazionale, alle 11.30 approfondimenti su eventi, luoghi e storie; presentano quattro conduttori, che si alternano ogni settimana (Anna Maria Giordano, Emanuele Giordana, Stefano Cingolani, Luigi Spinola). Radio3 Mondo è nato nel 1999, voluto da Lucia Annunziata per colmare uno spazio vuoto, essendo gli esteri poco presenti nei palinsesti radio della Rai. «E quando parliamo INTERNET Liberi dalle droghe, un portale per studenti e insegnanti Un portale internet dedicato alle scuole (studenti, insegnanti e genitori) di esteri – racconta Cristiana Castellotti, curatrice del programma – intendiamo davvero tutti i paesi. Mentre parliamo la redazione sta preparando una puntata sul Madagascar e ci collegheremo con il direttore di una radio salesiana che racconterà la situazione del paese. Ci tengo a dire che grazie ai missionari copriamo i vuoti di presenza giornalistica: spesso in alcuni posti del mondo sono gli unici a poterci informare». Positivo il riscontro del pubblico, che segue il modo di essere “altro” della redazione, di dare una visione globale di quanto accade. E che svolge un ruolo attivo. Sono spesso gli ascoltatori a proporre argomenti, attraverso gli spazi a disposizione, come Facebook e il sito internet, da cui è possibile riascoltare tutte le puntate. In autunno, per il decennale del programma, è prevista una kermesse radiofonica. E per il futuro, l’impegno a raccontare il mondo con sempre maggior chiarezza. «La radio sta bene e starà sempre meglio – continua Castellotti –. In un periodo di generalismo, offre proposte specifiche introvabili altrove. Nel nostro caso, informazione a 360 gradi…». INFO www.radio.rai.it/radio3/ radiotremondo per scoraggiare l’uso di droghe, alcol e tabacco. Lo strumento, messo a punto dal Dipartimento politiche antidroga della presidenza del consiglio e dal ministero dell’istruzione, si chiama DrugFree.Edu (anche se il link è più complicato: http://edu.dronet.org) e offre contenuti differenziati ad adulti e ragazzi. Oltre a un nuovo strumento di interazione: il Drug expert link, un sistema di videoconferenza facilitata che permette di collegare a distanza più scuole tra loro e di farle parlare LIBRI CARITAS La “Chiesa della carità”, testi in onore di monsignor Nervo Il titolo non poteva essere più lineare: La Chiesa della carità. Ma l’intenzione non poteva essere più riconoscente e sincera. Caritas Italiana ha curato la “Miscellanea in onore di monsignor Giovanni Nervo”, in libreria da marzo per i tipi delle Edizioni Dehoniane (Bologna, pagine 352, euro 18,80): 44 I TA L I A C A R I TA S | un omaggio doveroso a uno dei “padri” di Caritas, giunto al traguardo dei 90 anni. Il volume non ha scopi soltanto celebrativi: delinea infatti un percorso per tornare, oggi, a disegnare una “Chiesa della carità” fortemente radicata sulla Parola e sull’eucaristia e calata nella storia, educando a una scelta APRILE 2009 di Danilo Angelelli preferenziale per i poveri, ogni giorno, nelle parole e nei fatti. I testi sono stati realizzati da firme importanti del mondo cattolico italiano e da persone che hanno collaborato con monsignor Nervo. Il volume ricostruisce tappe e contenuti di un appassionato servizio alla Caritas e alla causa degli ultimi, un percorso esistenziale e di sacerdozio che ha saputo coniugare carità, cultura e vita, raccogliendo la sfida conciliare di una Chiesa povera e accanto ai poveri. Proprio monsignor Nervo chiude il volume con un saggio, in cui aiuta a non dimenticare “che cosa è essenziale e specifico per la Caritas”. Il suo vitale legame con la musica l’ha sempre portata oltre: oltre le formule, oltre le mode, oltre le classifiche di vendita, lei che le classifiche le ha conosciute bene con canzoni rimaste nella storia come Vacanze romane e Solo tu, solo per citarne alcune. Erano i tempi dei Matia Bazar. Dagli anni Novanta, Antonella Ruggiero ha intrapreso la carriera da solista, impreziosendo con una voce inconfondibile nuove canzoni pop, musica sacra e repertori dialettali. Il suo vitale legame con la musica l’ha portata fin dentro il carcere, per cercare di accompagnare anche solo per alcune ore le detenute “oltre” le sbarre: lunedì 9 marzo ha tenuto un concerto nella sezione femminile di San Vittore, a Milano, all’interno della rassegna “Volgar’eloquio”, un evento dedicato alla cultura del dialetto, per celebrare l’identità, le radici, la tradizione attraverso la musica, il teatro e la poesia, nei luoghi simbolo del capoluogo lombardo. Che significato assume la musica, espressione di libertà, dentro un carcere? Ho cercato di portare un po’ di libertà attraverso quello che può suscitare la musica. Tutte le detenute avevano voglia di divertirsi, di trascorrere un pomeriggio con almeno la mente fuori da lì. Spero di averle aiutate a volare un po’ e di aver comunicato un messaggio di dignità della donna. A mio parere è fondamentale capire che, in qualsiasi situazione ci troviamo, possiamo essere dignitose e trasmettere questo valore alle più giovani. Quali riflessioni impone un incontro come questo? Trovandosi lì è inevitabile interrogarsi sugli ostacoli da vivere e superare, su quale percorso abbia portate quelle donne – di cui molte giovani – in carcere, come possano essere state la loro infanzia e la loro adolescenza. Aver proposto canzoni dialettali ha rappresentato un valore aggiunto? La possibilità di rafforzare i legami con un territorio, di sentirsene parte, di riconoscere il proprio passato. Le musiche dialettali aiutano a capire il carattere di chi abita un territorio, SOLISTA Sopra, la copertina a entrare ancora di più in un determinato modo di vedere la vita. Ma ho cantato anche di “Pomodoro genetico”, canzoni africane e latinoamericane, per far sentire le donne immigrate presenti in carcere ultimo lavoro vicine ai luoghi di origine. di Antonella Ruggiero, nel quale, insieme Lei aveva tenuto un concerto in carcere già dieci anni fa. Ha notato un cambiamento, al marito, il musicista anche da parte di chi opera in queste strutture? e arrangiatore Roberto L’informazione raggiunge l’interno del carcere. Non c’è scollamento con il tempo che si vive Colombo, effettua un viaggio all’interno fuori, quindi si va avanti di pari passo. Tra le persone che operano in carcere, oltre alla della musica, severità ho riscontrato tanta umanità. Ho conosciuto anche delle religiose che nel carcere svincolato dall’esigenza fanno un bel lavoro e hanno uno scambio meraviglioso con le detenute. di rispettare la formacanzone, lasciando Può trovare un nesso tra questo tipo di esperienze e il suo impegno in progetti di l’aspetto compositivo riscoperta della musica sacra? nella dimensione Appena sono arrivata in carcere ho incontrato un sacerdote che lavora con le detenute più aperto possibile. Sotto, un primo e mi ha detto che usa i miei brani di musica sacra durante gli spazi di meditazione con loro. piano dell’artista Le sue parole mi hanno confermato l’utilità del lavoro di ricerca che svolgo. Ho cantato con e un’immagine induisti, ebraici, musulmani, ho portato la mia storia e gli altri la loro, in un continuo scambio durante un concerto artistico ma soprattutto umano. Per la musica sacra non basta provare da un punto di vista artistico: occorre prepararsi interiormente, approfondire da un punto di vista esistenziale. I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 45 incontri di servizio villaggio globale con un esperto. Presentando il portale informativo, il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini e il sottosegretario Carlo Giovanardi hanno evidenziato la volontà di mettere in rete le scuole, per rafforzare il loro impegno nella lotta alle dipendenze e nella prevenzione del disagio che “produce” storie di dipendenza, facendo appello anche al “senso di responsabilità” dei ragazzi, perché bisogna “togliere alibi a chi si droga”. Il nuovo sito è stato però criticato da alcune associazioni, che l’hanno definito “obsoleto”, con informazioni “non di prima mano” e, dunque, otenzialmente poco interessante per gli studenti. SEGNALAZIONI Paura del Concilio, vite da senza dimora e imprese responsabili Alberto Melloni e Giuseppe Ruggieri (a cura), Chi ha paura del Vaticano II? (Carocci 2009, pagine 152). A 50 anni esatti dall’annuncio di Giovanni XXIII, lo storico Melloni e il teologo Ruggieri si misurano con una domanda non retorica. Riproporre con forza lo spirito di quell’evento significa invocare un rinnovamento della Chiesa, ossia la capacità di parlare all’oggi, “alla storia che c’è, non a quella che c’era”. Gioacchino Lavanco e Massimo Santinello (a cura), I senza fissa dimora. Analisi psicologica del fenomeno e ipotesi di intervento (Paoline 2009, pagine 200). Il libro parte dall’analisi psicologica dei senza tetto, evidenzia come queste persone vivano in strada, come si organizzino le giornate, quali abilità sfruttino per assicurarsi la sopravvivenza e quali meccanismi rendano tollerabile 46 I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 paginealtrepagine di Francesco Dragonetti Il dolore al termine della vita: dilemmi e confronto, necessario qualificare le cure Il dolore è spesso presente nella nostra esistenza e, paradossalmente, tanto più nel momento in cui tendiamo alla realizzazione della nostra vita emotiva. Ma possiamo pensare a una vita senza dolore? Non è possibile e non dovremmo neppure augurarcelo. La nostra stessa sopravvivenza, in assenza del “segnale” dolore, sarebbe messa in serio pericolo. Il dolore, però, può anche essere “inutile”, come nel caso delle patologie degenerative, oppure delle malattie tumorali, che si accompagnano frequentemente a una grande sofferenze fisica fine a se stessa. Domenico Gioffré (a cura di), Il dolore superfluo. Da ridurre, da controllare, “da curare” (Erickson 2008), affronta questo problema dal punto di vista di professionisti e persone di grande spessore culturale. In Italia alcuni recenti casi hanno aperto un acceso dibattito politico, bioetico e culturale. Ma se il confronto è “acceso” da alcuni casi “estremi”, il problema delle condizioni di vita nel periodo “ultimo”, che interessa tantissime persone e famiglie, è affrontato da Migliorare la qualità delle cure di fine vita. Un cambiamento possibile e necessario, a cura di Massimo Costantini, Claudia Borreani e Sergio Grubich (Erickson 2008): il volume tratta le complesse problematiche che un professionista sanitario si trova ad affrontare con i bisogni di una persona alla fine della vita, dovendo migliorare la qualità dell’assistenza, poiché “il malato è un essere umano fino agli ultimi istanti della vita: il morire è vita, e deve essere la migliore vita possibile”. In queste parole si racchiude il senso della battaglia contro il dolore inutile condotta da Vittorio Ventafridda, pioniere delle cure palliative in Italia, da oltre trent’anni al fianco dei malati “inguaribili”, la cui morte, nell’ottobre scorso, è passata sotto silenzio. C’è poi la dimensione esistenziale del dolore. Katafiasz Karen, nel suo libro Dal dolore il bene (Paoline Editoriale 2009), pone l’accento sul fatto che non c’è possibilità di uscire dalla sofferenza per la morte di una persona cara – o per il distacco da una persona amata – se non attraverso la stessa sofferenza che questo comporta: solo sperimentando il dolore possiamo superarlo, riuscendo ad andare oltre. una tale condizione di vita. Helen Alford e Francesco Compagnoni, Fondare la responsabilità sociale d’impresa (Città Nuova Editrice 2008, pagine 505). Negli ultimi anni molte aziende, italiane e non, hanno manifestato una crescente attenzione verso la “responsabilità sociale d’impresa”, ovvero verso le implicazioni sociali e ambientali del loro operato. Ma ciò diventa un approccio credibile solo con solide basi etico-morali, che il volume analizza, partendo dai filosofi classici e dalla dottrina sociale della chiesa. a cura di Chiara Del Corso volontaria in servizio civile a Pisa IL CUORE DI SALVATORE A MOLTI AVEVA DATO QUALCOSA osso dire qualcosa?” Così comincia la lettera di Salvatore Fiorini, diacono permanente in servizio al centro di ascolto Caritas in via delle Sette Volte, a Pisa. Io l’ho conosciuto un anno fa, durante il mio servizio, proprio lì. Mi colpirono subito il suo sorriso, la sua tranquillità… Certe volte anche sconvolgente: in mezzo a situazioni di tensione, di stanchezza e nei momenti più difficili, lui dimostrava serenità e ottimismo, che trasparivano dal volto, dagli occhi, dalle parole. Ottimismo, o meglio, dovrei dire… fede! Già, perché Salvatore ne ha sempre avuta molta, anche se a noi ha confidato che la scelta di diventare diacono permanente non è stata facile. Ha raccontato le difficoltà nell’accettare la chiamata del Signore, il tentativo di sfuggire a quella responsabilità, il cammino per il diaconato iniziato e lasciato più volte. E però, una volta portato a compimento, condotto con molto impegno e amore. La sua disponibilità verso i volontari del centro, ma soprattutto verso le persone che vi si rivolgono per avere aiuto, mi è stata di esempio. Lui arrivava per primo, lui andava ad accogliere le persone al cancello, lui le salutava nella stanza dei colloqui, lui conduceva i colloqui non da dietro la scrivania, ma a fianco delle persone! Seduto accanto a loro non le sentiva… le ascoltava! Partecipava ai loro bisogni, alle loro sofferenze. E anche nelle situazioni più drammatiche, nei momenti in cui io o le mie colleghe non riuscivamo ad ascoltare, a “portare il peso” della situazione, lui aveva sempre una parola di speranza, cercava una soluzione, si interessava personalmente alla vicenda. E riusciva a donare un sorriso! Alla fine, riaccompagnava le persone alla porta, salutandole come si saluta un vecchio Ha lasciato una lettera amico, pronto subito ad accogliere nuovi interlocutori. appassionata. Certe volte mi sono chiesta: «Ma come fa?». E la sua “attenzione all’altro” Ma soprattutto era rivolta anche agli altri volontari. Più di una volta ha ascoltato le nostre una testimonianza di fede difficoltà, i nostri dubbi; con il cuore aperto, ci ha dato consigli da amico. in Dio e di attenzione Nella lettera che ha scritto prima di sottoporsi a un difficile intervento agli altri. Lui accoglieva, chirurgico al cuore, andato male, ha espresso tutto il suo timore di non essere salutava, sedeva a fianco stato un buon cristiano, ma anche tutta la sua fede, la grandezza del suo di chi aveva bisogno: animo. Ha scritto: “Lui ha scelto il momento della mia nascita, il luogo, li ascoltava. Certe volte i genitori, il paese, le circostanze, e sempre Lui saprà scegliere con cura mi sono chiesta: il momento, il luogo, le circostanze per abbandonare la vita. Lui ha dato, «Ma come fa?» Lui può togliere. (…) Il suo Amore per me, nonostante le mie debolezze e i miei tradimenti, non gli hanno vietato di suggerirmi il cammino giusto della vita”. E ha scritto ancora: “Quasi nessuno si è accorto della mia nascita e spero proprio che nessuno si accorga della mia dipartita”. Io posso dire che non è stato così: la chiesa, il giorno del funerale, era piena di gente. In molti sono venuti a salutarlo. A molti aveva dato qualcosa: forse solo un sorriso, forse di più… Caro Salvatore, se anch’io posso dire qualcosa… è “Grazie!”. Per l’esempio di amore e carità che sei stato per tutti noi, per quello che sei stato, per i tuoi difetti e i tuoi pregi, per la tua fede, le tue parole, i tuoi sorrisi. Grazie di cuore, Salvatore! “P I TA L I A C A R I TA S | APRILE 2009 47 Gesù condivide con noi il pellegrinaggio della vita. Buona Pasqua da Caritas Italiana e Italia Caritas! I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - via Aurelia, 796 - 00165 Roma - www.caritasitaliana.it