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definizione di autoefficacia - Università degli Studi "G. d`Annunzio"

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definizione di autoefficacia - Università degli Studi "G. d`Annunzio"
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
CHIETI
Clinica Psicologica
e
Psicopatologia Psicosomatica
Il Burn-out e il senso di autoefficacia
CORSO
INTEGRATO DI
PSICOLOGIA
CLINICA
Prof. Salvatore
Sasso
a.a.2009-2010
Per alcuni bambini
mettere piede a
scuola è una
tragedia. I
capricci però non
c’entrano
Il Burn-out e il
senso di
autoefficacia
In collaborazione con
Silvia Gileno
DEFINIZIONE DI AUTOEFFICACIA
La nostra vita è guidata dal nostro Senso di Autoefficacia che
costituisce un importante fondamento per l’azione.
Questo costrutto fu formulato per la prima volta da Albert Bandura
che definì il Senso di Autoefficacia come:
le convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le
sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati.
(Bandura, 2000).
Non si tratta di una generica fiducia in se stessi, ma della
convinzione di poter affrontare efficacemente determinate prove, di
essere all’altezza di determinati eventi, di essere in grado di
cimentarsi in alcune attività o di affrontare specifici compiti.
“L’autoefficacia, non è dunque una misura delle competenze
possedute, ma la credenza che la persona ha in ciò che è in grado di
fare in diverse situazioni con le capacità che possiede”
(Borgogni,2001).
LE PERSONE CHE HANNO UN BASSO SENSO DI EFFICACIA:
• Si allontanano intimidite dalle attività “difficili”.
• Hanno basse aspirazioni e investono uno scarso impegno
nel raggiungimento degli obiettivi che scelgono per se
stesse.
• Di fronte a compiti difficili, indugiano a considerare le
proprie carenze personali, gli ostacoli che incontreranno e
tutte le conseguenze avverse possibili piuttosto che
concentrarsi su cosa fare per riuscire.
• Riducono il proprio impegno e rinunciano facilmente
trovandosi di fronte a difficoltà.
• Sono lente nel recuperare il loro senso di efficacia in
seguito a insuccessi e regressioni.
• Siccome attribuiscono le prestazioni scadenti alla mancanza
di capacità e doti loro personali, non hanno bisogno di molti
insuccessi per perdere fiducia nelle proprie capacità.
• Sono facili prede dello stress e della depressione.
LE PERSONE CON UN ALTO SENSO DI AUTOEFFICACIA:
• Affrontano i compiti difficili come sfide da vincere piuttosto
che come pericoli da evitare.
• Si pongono obiettivi ambiziosi e restano fortemente
impegnate nel loro raggiungimento.
• Di fronte alle difficoltà intensificano il proprio impegno e lo
mantengono costante.
• Recuperano velocemente il proprio senso di efficacia in
seguito a insuccessi o regressioni.
• Attribuiscono l’insuccesso a un impegno insufficiente o a
una mancanza di conoscenze o di abilità che possono
comunque essere acquisite.
• Affrontano le situazioni minacciose con la sicurezza di poter
esercitare un controllo su di esse.
• Un atteggiamento efficace procura successi personali,
riduce lo stress e limita la vulnerabilità alla depressione.
I PROCESSI ATTIVATI DAL SENSO DI AUTOEFFICACIA
Le convinzioni di Autoefficacia regolano il funzionamento umano attraverso 4
processi principali: cognitivi,motivazionali, affettivi e di scelta.
1.
I PROCESSI COGNITIVI
Gli effetti delle convinzioni di Autoefficacia sui processi cognitivi assumono
svariate forme.
Gran parte del comportamento umano, essendo intenzionale, viene regolato
dal porsi obiettivi dotati di valore soggettivo. La scelta degli obiettivi
personali viene a sua volta influenzata dalla stima soggettiva delle
proprie capacità: quanto maggiore è l’Autoefficacia percepita, tanto più
elevati sono gli obiettivi che le persone si pongono e l’impegno che
dedicano al loro raggiungimento.
La maggior parte delle linee di azione viene in un primo momento pianificata
mentalmente. Le convinzioni delle persone circa la propria efficacia
disegnano il tipo di scenari futuri che vengono costruiti ed esplorati
nell’immaginazione.
Coloro i quali possiedono un alto senso di efficacia visualizzano mentalmente
immagini in cui si vedono vincenti. Queste immagini forniscono una
guida e un sostegno per l’azione utili e costruttivi.
Invece, coloro i quali dubitano della propria efficacia visualizzano immagini
di fallimento e immaginano in modo selettivo tutto quello che potrà
andare storto.
Un sistema di convinzioni che può favorire o ostacolare il
funzionamento cognitivo è il concetto di capacità.
Alcune persone considerano le capacità come un’abilità acquisibile
che può migliorare con l’aumento delle conoscenze e il
perfezionamento delle competenze.
L’insuccesso induce questi individui a cercare di raccogliere maggiori
informazioni sulle proprie capacità e a utilizzare tali informazioni
come una guida per uno sviluppo personale ulteriore.
Invece le persone che vedono la capacità come un’attitudine più o
meno intrinseca, innata e immodificabile, considerano il livello di
prestazione come un indice delle proprie doti.
Queste persone tendono a misurare la loro capacità attraverso il
confronto sociale e a sminuire le loro prestazioni quando sono
inferiori a quelle altrui.
Le due diverse concezioni della capacità condizionano il modo in cui
le prestazioni carenti vengono elaborate cognitivamente.
Il fatto di costruire le prestazioni di basso livello come indicatori di
difetti personali intrinseci riduce il senso di efficacia mentre il fatto
di considerare le stesse prestazioni come informazioni istruttive, che
possono favorire un aumento delle competenze personali, sostiene e
rafforza il senso di efficacia.
1. I PROCESSI COGNITIVI
Un altro sistema di convinzioni importante, che influisce sul modo in cui le
informazioni di efficacia vengono elaborate cognitivamente, è la convinzione
circa il grado di influenzabilità o controllabilità del proprio ambiente.
Le persone devastate dall’insicurezza prevedono che ogni tentativo di
modificare la loro situazione di vita sarà inutile,quindi,hanno una probabilità
molto minore di avviare e continuare azioni di miglioramento rispetto a coloro
che credono fermamente nella loro capacità di provocare cambiamenti sociali
significativi.
2. I PROCESSI MOTIVAZIONALI
Le convinzioni di efficacia rivestono un ruolo chiave nell’autoregolazione della
motivazione. La gran parte della motivazione umana è generata
cognitivamente.
Le persone motivano se stesse e dirigono le proprie azioni anticipatamente
attraverso la formulazione di previsioni.
Si formano delle convinzioni riguardo a quello che sanno fare, anticipano i
risultati probabili di azioni future, si pongono degli obiettivi e pianificano il
corso di azioni designato a realizzare scenari futuri dotati di valore
soggettivo.
Infine, mobilitano le risorse disponibili e la quantità di impegno necessario
per riuscire.
2. I PROCESSI MOTIVAZIONALI
Le convinzioni sull’Autoefficacia determinano gli obiettivi che le persone si
pongono, la quantità di impegno che attivano, quanto a lungo perseverano di
fronte alle difficoltà e l’entità delle capacità di recupero in seguito agli
insuccessi.
Le persone che mancano di fiducia nelle proprie capacità, quando incontrano
ostacoli o insuccessi, riducono l’impegno o rinunciano prematuramente e si
accontentano di soluzioni mediocri.
Quelle che invece credono fortemente nelle loro capacità intensificano i loro
sforzi quando non riescono a raggiungere ciò a cui aspirano e persistono fino
a che non vi riescono.
Di solito, una forte perseveranza ripaga gli sforzi fatti con un miglioramento
della prestazione.
3. I PROCESSI AFFETTIVI
La convinzione delle persone nelle proprie capacità di gestione efficace
determina, oltre al loro livello di motivazione, anche la quantità di tensione e
depressione che provano in situazioni pericolose o difficili.
L’Autoefficacia percepita nel controllo degli stressors riveste un ruolo
preponderante nell’insorgenza dell’ansia.
Ciò accade in diversi modi.
3. I PROCESSI AFFETTIVI
Le convinzioni di efficacia influenzano la vigilanza verso potenziali
pericoli, la loro percezione ed elaborazione cognitiva.
Le persone che considerano i pericoli potenziali come inaffrontabili
vedono molti pericoli nel loro ambiente, si soffermano a lungo a
considerare i propri limiti, amplificano la gravità dei pericoli possibili
e temono eventualità che raramente si verificano. Tormentandosi
con questo modo di pensare problematico danneggiano il proprio
livello di funzionamento.
Viceversa, chi ritiene di saper esercitare un controllo sui potenziali
pericoli non individua in anticipo tutte le possibili minacce, né si crea
pensieri angoscianti su di esse.
L’esercizio del controllo sulle ruminazioni mentali e i pensieri
disturbanti è un secondo mezzo attraverso il quale le convinzioni di
efficacia modulano l’insorgenza dell’ansia e della depressione.
La maggiore fonte di stress non è costituita dalla frequenza dei
pensieri disturbanti, ma dalla percezione della propria incapacità di
interromperli.
Coloro che possiedono un forte senso di Autoefficacia hanno un
maggior controllo su questo tipo di pensieri.
3. I PROCESSI AFFETTIVI
Il terzo modo in cui le convinzioni di efficacia riducono o eliminano l’ansia è
promuovendo modalità di comportamento efficaci, in grado di modificare
l’ambiente facendolo diventare, da minaccioso, sicuro.
Qui le convinzioni di efficacia modulano lo stress e l’ansia attraverso il loro
impatto sul comportamento concreto di gestione.
Quanto più forte è il senso di efficacia, tanto più le persone sono vigorose
nell’affrontare situazioni problematiche stressanti e tanto maggiore è il loro
successo nel modificarle.
Un basso senso di efficacia nelle proprie capacità di esercitare un controllo
sulle situazioni problematiche alimenta, oltre all’ansia, anche la depressione
in vari modi.
Una strada che conduce alla depressione è quella delle aspirazioni frustrate.
Le persone che si sentono valide solo se raggiungono determinati standard
autoimposti, che sanno di non poter raggiungere, si spianano la strada a un
episodio di depressione.
Una seconda via che conduce alla depressione è un basso senso di efficacia
sul piano delle relazioni sociali. Il sostegno sociale riduce la vulnerabilità allo
stress, alla depressione e alla malattia fisica. Il sostegno sociale non è
un’entità che si sviluppi da sé, le persone devono impegnarsi per trovare o
crearsi delle relazioni capaci di fornire loro sostegno. Ciò richiede un forte
senso di Autoefficacia in campo sociale.
3. I PROCESSI AFFETTIVI
La terza via che conduce alla depressione passa attraverso
l’incapacità di controllare il pensiero. Gran parte della depressione
umana è generata cognitivamente mediante ruminazioni mentali
dall’effetto demoralizzante.
Un basso senso di Autoefficacia nel controllo della ruminazione
mentale contribuisce alla comparsa, alla durata e alla recidività degli
episodi di depressione.
Quanto più debole è l’efficacia percepita nell’interrompere le
ruminazioni mentali, tanto maggiore risulta la depressione.
L’umore e l’Autoefficacia si influenzano reciprocamente in modo
bidirezionale: un basso senso di Autoefficacia circa la capacità di
procurarsi ciò che nella vita conduce alla soddisfazione di sé e alla
sensazione di valore personale dà luogo alla depressione, e l’umore
depresso, a sua volta, diminuisce la fiducia nella propria efficacia
personale, in un circolo vizioso che porta a una demoralizzazione
sempre maggiore.
4. I PROCESSI DI SCELTA
Le convinzioni di efficacia personale possono modellare il corso che
la vita assume anche determinando il genere di attività che si
intraprendono e i contesti ambientali a cui si sceglie di accedere.
In questo processo ognuno modella il proprio destino, scegliendo il
tipo di ambiente che ritiene adatto a coltivare certe potenzialità e
determinati stili di vita.
Le persone evitano le attività e gli ambienti che considerano al di là
delle proprie capacità di gestione e scelgono invece attività
stimolanti e ambienti che giudicano alla propria portata.
Attraverso le scelte che compiono, le persone coltivano diversi tipi di
competenze, interessi e relazioni sociali che determinano il loro
corso esistenziale.
Qualsiasi fattore che influenzi il comportamento di scelta può
influenzare profondamente la direzione dello sviluppo personale.
Le persone precludono la realizzazione di certe loro potenzialità
scartando le attività per cui non si sentono abbastanza competenti.
La capacità delle convinzioni di efficacia di influire sul corso della vita
attraverso i processi di scelta emerge nel modo più evidente dagli
studi sulla scelta e lo sviluppo della carriera.
La forza dell’Autoefficacia è correlata positivamente al numero di
possibilità di carriera considerate possibili, l’interesse dimostrato per
esse, la qualità della preparazione scolastica per diverse carriere
lavorative e la determinazione con cui vengono perseguite le attività
scelte.
LO SVILUPPO DELL’AUTOEFFICACIA
Bandura (2000) ha analizzato attraverso numerose ricerche lo
sviluppo della percezione di Autoefficacia nei diversi periodi
della vita.
Il neonato viene al mondo privo di alcun senso di Sé, che deve
essere costruito socialmente attraverso esperienze di
interazione con l’ambiente.
Inizialmente il contesto principale in cui il bambino svolge
esperienze di efficacia, di padronanza o meno, è la famiglia;
successivamente, man mano che il mondo sociale del bambino
si espande, i pari assumono un ruolo sempre più ampio.
I coetanei, infatti, sono utili ad alcune importanti funzioni di
efficacia.
Ogni periodo di sviluppo porta con sé nuove sfide alla propria
efficacia nel fronteggiare gli eventi.
LO SVILUPPO DELL’AUTOEFFICACIA
Per l’adolescente che si avvia a far parte del mondo adulto
diventa molto importante rinforzare il senso di Autoefficacia
per saper padroneggiare abilità e usanze della società adulta
per lui nuove.
In età adulta le convinzioni di efficacia contribuiscono allo
sviluppo professionale, alla gestione dei rapporti coniugali e
delle esigenze familiari, all’adempimento del ruolo genitoriale,
alla costruzione e al mantenimento della rete dei rapporti
sociali, così coloro che hanno raggiunto la mezza età valutano
il proprio senso di efficacia nei vari settori della loro vita.
Infine, nella terza età, il processo di invecchiamento sembra
mettere a dura prova l’Autoefficacia di un individuo, se gli
anziani perdono in maniera massiccia la fiducia nelle proprie
capacità, rischiano di sentirsi inutili e di rassegnarsi ad
un’esistenza priva di qualsiasi iniziativa.
E’ importante poter mantenere un buon livello di Autoefficacia
in ogni momento della nostra vita.
AUTOEFFICACIA E CONCETTI AFFINI
Ci sono due costrutti, il concetto di sé e l’autostima che a volte
vengono erroneamente assimilati al senso di Autoefficacia, come se
si trattasse di concetti intercambiabili quando, in realtà, riguardano
fenomeni diversi.
IL CONCETTO DI SE’
L’Autoefficacia è stata spesso analizzata in termini di concetto di sé.
Il concetto di sé è un’idea composita di se stessi che si costituirebbe
attraverso l’esperienza diretta e l’adozione delle valutazioni di altre
persone che si considerano importanti.
Anche se il concetto globale di sé è legato a certe aree di
funzionamento, esso non rende giustizia alla complessità delle
convinzioni di Autoefficacia, che variano a seconda delle diverse
sfere di attività, del livello di difficoltà all’interno della stessa sfera e
nelle diverse circostanze.
Nei test comparativi di capacità predittiva, le convinzioni di
Autoefficacia si dimostrano altamente capaci di predire il
comportamento laddove l’effetto del concetto di sé è più debole e
incerto.
AUTOEFFICACIA E CONCETTI AFFINI
L’AUTOSTIMA
I concetti di autostima e di Autoefficacia vengono spesso usati
interscambiabilmente, come se rappresentassero lo stesso
fenomeno. In realtà, si riferiscono a cose completamente diverse.
Il senso di Autoefficacia riguarda giudizi di capacità personale
mentre l’autostima riguarda giudizi di valore personale.
Una persona può giudicarsi irrimediabilmente inefficace in una data
attività senza per questo perdere l’ autostima, se non investe tale
attività del senso del proprio valore personale. Viceversa, ci si può
sentire molto efficaci in una data attività senza per questo gloriasi
delle proprie prestazioni.
Per mobilitare e mantenere l’impegno necessario a riuscire, ci vuole
un saldo senso di Autoefficacia.
Pertanto, in una certa attività, il senso di efficacia personale
consente di prevedere quali obiettivi vengono scelti e la qualità della
prestazione, mentre l’autostima non ha un effetto su queste variabili.
INCREMENTARE L’AUTOEFFICACIA
Riguardo allo sviluppo e all’incremento dell’Autoefficacia, è di
fondamentale importanza prendere in considerazione da dove
originano le convinzioni delle persone circa la propria efficacia.
Esse si sviluppano sulla base di informazioni ricavate attraverso
cinque fonti principali.
1.
LE ESPERIENZE DI GESTIONE EFFICACE
Le esperienze di gestione efficace sono costituite dalle esperienze
personali affrontate con successo mettendo in gioco le proprie
risorse; i successi determinano una solida fiducia nella propria
efficacia personale.
Una volta sviluppato un forte senso di Autoefficacia attraverso la
sperimentazione di ripetuti successi, occasionali fallimenti non
avranno probabilmente grande effetto sui giudizi circa le proprie
capacità, anzi è probabile che le persone certe delle loro
capacità attribuiscano le cause dei loro fallimenti a un impegno
insufficiente, a fattori situazionali o a strategie limitate.
Quando gli individui attribuiscono le prestazioni scadenti a strategie
imperfette piuttosto che ad incapacità, il fallimento può
aumentare la fiducia nel fatto che strategie migliori porteranno
a futuri successi.
1.
LE ESPERIENZE DI GESTIONE EFFICACE
Affinché l’esperienza passata possa incrementare la nostra
Autoefficacia, si devono utilizzare in maniera corretta le attribuzioni
causali, ossia i giudizi circa le cause degli eventi.
Le spiegazioni di ciò che accade sono determinate dai personali stili
attributivi o esplicativi, i quali rappresentano il modo consueto e
peculiare di ciascuno di interpretare le proprie esperienze di vita.
“Lo stile esplicativo è il modo in cui abitualmente spieghi a te stesso
perché accadono gli eventi”. (Seligman, 1996).
Secondo Seligman, una persona con stile esplicativo ottimistico
spiega gli eventi negativi con cause esterne, variabili e accidentali,
mentre individua negli eventi positivi cause interne, generalizzate e
stabili.
In risposta ad un’esperienza negativa un pessimista, invece, è incline
a costruire attribuzioni interne, generalizzate e stabili, mentre
costruisce attribuzioni esterne, variabili e accidentali per eventi
positivi.
Le persone con alta Autoefficacia difficilmente incorrono in
vittimismi e inopportuni sensi di colpa di fronte a un fallimento, in
quanto sono maggiormente in grado di riconoscere quando dipende
da una mancanza di impegno o da alcune caratteristiche della
situazione stessa.
Chi si considera inefficace ritiene molto spesso che la causa dei suoi
insuccessi risieda nella propria carenza di capacità.
2.
LE ESPERIENZE VICARIE (MODELING)
L’osservazione di altre persone che riescono a compiere un’azione o
svolgere un compito con successo può incrementare la propria
Autoefficacia, in quanto può portare a credere di possedere le abilità
necessarie per fare quanto osservato.
I modelli “esperti”, con il loro esempio, trasmettono conoscenze e
insegnano a chi li osserva abilità e strategie utili per rispondere
adeguatamente alle richieste dell’ambiente non solo attraverso la
pratica (facendo vedere come si affronta quella situazione o quel
compito), ma anche offrendo suggerimenti verbali (spiegano come si
fa) e fisici (fanno vedere come si fa).
Vedere persone simili a sé che raggiungono i loro obiettivi grazie
all’impegno e all’azione personale, incrementa in chi osserva la
convinzione di possedere le capacità necessarie a riuscire in
situazioni analoghe.
Osservare, invece, persone che falliscono nonostante l’impegno,
diminuisce il senso di Autoefficacia di chi osserva e il suo livello
motivazionale.
3.
LA PERSUASIONE
L’incoraggiamento ricevuto da altri per tentare un compito ed essere
convinti di possedere le capacità necessarie concorre allo
sviluppo della propria Autoefficacia in misura proporzionale alla
plausibilità e alla credibilità della fonte di persuasione.
E’ necessario che i messaggi persuasivi spingano verso azioni con un
graduale rischio di fallimento e non accrescano irrealisticamente
l’Autoefficacia, altrimenti le esperienze negative cancelleranno
rapidamente gli aumenti temporanei di efficacia.
Quando c’è la necessità o la volontà di affrontare una situazione da
soli oppure quando non è disponibile qualcuno che possa
incoraggiarci, può essere utile l’autopersuasione, per esempio ci
si può dare sostegno ricordando a se stessi episodi precedenti di
riuscita e successo.
4.
IL CONTROLLO DEGLI STATI EMOTIVI E FISIOLOGICI
Le persone possono interpretare l’attivazione di indicatori fisiologici
(agitazione, tensione, stanchezza, affaticamento, dolore, ecc.) e
la presenza di un umore negativo come spie della loro incapacità
di affrontare una situazione, mentre la loro mancanza viene
considerata come segnale della possibilità di gestione.
Il modo in cui questi stati vengono percepiti e interpretati, quindi,
rafforza o meno la propria Autoefficacia. Gli individui dotati di
un buon senso di efficacia considerano probabilmente il proprio
stato di attivazione fisica ed emotiva come qualcosa che facilita
l’azione dando energia, mentre quelli sfiduciati vivono la stessa
attivazione come debilitante.
Lo stesso dicasi per gli stati emotivi. La percezione del proprio stato
d’animo incide sulla costruzione delle proprie valutazioni di
efficacia personale. Uno stato d’animo negativo riduce il senso
di efficacia, mentre uno stato d’animo positivo lo aumenta.
5.
L’IMMAGINAZIONE
La propria Autoefficacia può essere influenzata anche
dall’immaginare di comportarsi in maniera efficace o inefficace in
situazioni ipotetiche.
La nostra immaginazione è importante quanto il dialogo interiore; è il
campo di sperimentazione di situazioni possibili o reali, da esplorare
prima in fantasia, per poi valutarne l’utilità e l’attuazione nel
contesto reale.
Come nel caso dell’autopersuasione, possiamo evocare/creare
immagini fantastiche che rafforzano e sostengono la fiducia nelle
nostre capacità in qualsiasi momento lo desideriamo.
AUTOEFFICACIA E GESTIONE DELLO STRESS
Uno dei fattori che minacciano la nostra salute sono le condizioni di vita o gli eventi
stressanti.
Gli studi hanno evidenziato che molti degli effetti benefici di una salda Autoefficacia si
verificano proprio quando ci si trova a dover gestire lo stress. L’Autoefficacia può essere
una risorsa personale che protegge da esperienze nocive, emozioni negative e danni per
la salute, in quanto favorisce l’attivazione del sistema difensivo e reattivo dell’individuo
(coping).
Nella seguente tabella vengono indicate le principali differenze tra chi ha bassa o alta
Autoefficacia nella gestione di situazioni ed esperienze difficili e stressanti.
ALTA AUTOEFFICACIA
BASSA AUTOEFFICACIA
- fiducia nelle proprie capacità di affrontare
situazioni di diverso genere
- dubbi su di sé e sulle proprie capacità di
affrontare le situazioni
-
- ansia e preoccupazione
le difficoltà e i problemi
interpretati come delle sfide
vengono
- senso di sicurezza
-
valutazione
fisiologica
positiva
dell’attivazione
le difficoltà e i problemi vengono
interpretati come delle minacce
- le difficoltà vengono valutate come eventi
incontrollabili
- valutazione degli eventi positivi come
frutto delle proprie capacità
- attribuzione interna degli eventi negativi
- attivazione delle proprie risorse di coping
-
ansia per
fisiologica
la
- disturbi somatici
percezione
dell’attività
IL SENSO DI AUTOEFFICACIA NEGLI INSEGNANTI
Il compito di creare condizioni ambientali favorevoli
all’apprendimento ricade pesantemente sulle capacità e
sull’Autoefficacia degli insegnanti.
I dati indicano che l’atmosfera che regna nelle aule scolastiche è in
gran parte determinata dalle convinzioni degli insegnanti circa la
propria efficacia come docenti.
Gli insegnanti fermamente convinti della propria efficacia nel ruolo di
docente predispongono esperienze didattiche in cui gli alunni
possano sperimentare la sensazione di padronanza. Quelli incerti
sulla propria efficacia creano ambienti di cattiva qualità, che
probabilmente si ripercuotono negativamente sul senso di efficacia e
sullo sviluppo cognitivo degli studenti.
Le convinzioni degli insegnanti circa la propria efficacia personale
determinano il loro atteggiamento generale verso il processo
educativo così come le loro specifiche attività didattiche.
Quelli con un basso senso di efficacia prediligono un atteggiamento
da guardiano che si avvale di incentivi esterni e punizioni per
favorire lo studio.
Quelli che credono fermamente nella propria efficacia favoriscono lo
sviluppo della motivazione intrinseca e dell’autonomia degli studenti.
Possiamo riassumere che gli insegnanti privi di un saldo senso di
efficacia :
- dimostrano uno scarso impegno nell’insegnamento;
- dedicano meno tempo a quelle materie che corrispondono alle loro
aree di inefficacia percepita;
- dedicano una quantità di tempo totale minore a ciò che ha
pertinenza con la scuola;
- sono particolarmente vulnerabili al Burn-out professionale.
LA RICERCA
L’obiettivo della ricerca a cui sto lavorando prevede di verificare
empiricamente in che modo il diverso Senso di Autoefficacia degli
insegnanti incida sul loro livello di Burn-out.
Numerose ricerche hanno mostrato che le persone con bassa
Autoefficacia sono più inclini a sperimentare stress emotivi e a
sopportare con difficoltà il sovraccarico lavorativo, rispetto a quelle
con elevata Efficacia Personale che risultano più resistenti alle
richieste del lavoro e all’azione di agenti stressanti.
LA RICERCA
L’ipotesi a cui si fa riferimento prende in considerazione il
modello di Harrison (1983) che parte dall’assunto che il Burnout non è conseguenza inevitabile di certi tipi di lavoro ma è
funzione della percezione della propria competenza/efficacia
di agire sull’ambiente e di fronteggiare i suoi cambiamenti, di
sviluppare risposte efficaci verso il lavoro.
Se l’individuo ritiene di non poter agire in modo efficace, la
sua motivazione decresce fino ad annullarsi e si creano le
premesse dello sviluppo del Burn-out.
Se i soggetti mantengono alta la percezione di competenza,
ritenendo di avere determinato cambiamenti positivi negli
utenti con la loro azione, il pericolo del Burn-out è
allontanato.
LA RICERCA
L’importanza del Senso di Efficacia nel predire il Burn-out è
stata evidenziata anche da Heifetz e Bersani (1983) che
partono dalla premessa che tutti gli individui sono
intrinsecamente dotati di una motivazione all’Efficacia e in
particolare questa è ancora più evidente in coloro che
scelgono una professione d’aiuto.
Se questo Senso di Efficacia si traduce nell’effettiva capacità
dell’operatore di rispondere ai bisogni degli utenti si
raggiungono due obiettivi fondamentali: quello di portare
benessere agli utenti e quello di poter crescere
personalmente e realizzarsi nel lavoro.
Quando si verifica una rottura ad un punto qualunque di
questo processo può verificarsi il Burn-out i cui sintomi non
dipendono tanto dalla natura di questa interruzione quanto
dalle caratteristiche individuali del soggetto e in particolare
dalle sue capacità di coping.
LA RICERCA
Infine Brouwers e Tomic (2000) hanno indagato la relazione tra
l’Autoefficacia e le tre dimensioni del Burn-out individuate dalla
Maslach (1982). E’ emerso che:
-l’esaurimento emotivo influenza la percezione di Autoefficacia nella
gestione della classe, in quanto riduce il numero delle esperienze di
successo e il livello della prestazione. Poiché l’insegnante forma le
proprie credenze di Autoefficacia sulla base della valutazione della
propria prestazione, a carente prestazione corrisponderà ridotta
Autoefficacia;
-l’Autoefficacia influenza la depersonalizzazione. L’insegnante che
dubita della sue capacità di gestione degli allievi indisciplinati può
incolpare gli allievi stessi delle sue difficoltà, sviluppando un
atteggiamento negativo nei loro confronti;
- l’Autoefficacia influenza la realizzazione personale (intesa come il
giudizio relativo alle conseguenze della propria prestazione). Quando
l’insegnante nutre poca fiducia nelle proprie capacità di mantenere
ordine in classe, si arrende più facilmente agli alunni indisciplinati, in
quanto percepisce l’inefficacia della propria prestazione. Di
conseguenza, si impegnerà meno per risolvere i problemi.
STRUMENTI UTILIZZATI
La ricerca è stata condotta su un campione complessivo di 150 insegnanti,ai
quali sono stati somministrati due questionari, uno finalizzato alla
valutazione dell’incidenza del Burn-out e cioè il Maslach Burn-out Inventory
(M.B.I.), e l’altro finalizzato alla valutazione della percezione del Senso di
Autoefficacia e cioè il Teachers’ Sense of Efficacy Scale (T.S.E.S.).
Il M.B.I. è un questionario messo a punto da due studiose americane e cioè
Christina Maslach e Susan Jackson ed è uno strumento che valuta tre aspetti
della sindrome del Burn-out : l’Esaurimento Emotivo (EE), la
Depersonalizzazione (DP) e la Realizzazione Personale (PA). Ogni aspetto è
misurato da una apposita sottoscala.
Il questionario è composto da 22 items (nella versione italiana), che sono
delle affermazioni circa gli atteggiamenti e i sentimenti legati al proprio
lavoro. L’intervistato deve rispondere indicando la frequenza con cui la
situazione descritta viene vissuta nel lavoro su una scala di valori da 0 a 6
punti i cui estremi sono definiti da “mai” ed “ogni giorno”, in base
all’intensità del sentimento provato verso ogni items.
Per quel che riguarda le tre sottoscale che valutano gli aspetti della sindrome,
la sottoscala Esaurimento Emotivo (EE) esamina la sensazione di essere
inaridito emotivamente ed esaurito dal proprio lavoro. La scala ha 9 items di
riferimento.
La sottoscala Depersonalizzazione (DP) misura una risposta fredda e
impersonale nei confronti degli utenti del proprio servizio rispetto alla cura,
al trattamento o alla prestazione. Gli items di riferimento sono 5.
STRUMENTI UTILIZZATI
La sottoscala Realizzazione Personale (PA) valuta la sensazione
relativa alla propria competenza e al proprio desiderio di successo
nel lavorare con gli altri. La scala ha 8 items di riferimento.
Il questionario è stato elaborato in due versioni: la prima forma
(Servizi Socio-Sanitari) è destinata al personale dei servizi sociosanitari, la seconda forma (Servizi Socio-Educativi), è destinata al
personale insegnante, ed è quella che è stata utilizzata nella
seguente ricerca.
STRUMENTI UTILIZZATI
Il T.S.E.S, è un questionario elaborato da due studiose dell’Ohio State
University Megan Tschannen-Moran e Anita Woolfolk Hoy (2001) per
misurare il Senso di Efficacia degli Insegnanti, e valuta tre aspetti di questo
costrutto che sono: l’Efficacia nell’Impegno degli Studenti, l’Efficacia nelle
Strategie Educative e l’Efficacia nella Gestione della Classe.
Ogni aspetto è misurato da un’apposita sottoscala a 8 items ciascuna.
Il questionario è composto da 24 items (nella versione lunga, italiana) che
sono delle domande, legate al proprio lavoro di insegnanti, circa le capacità in
vari ambiti dell’insegnamento.
L’intervistato deve rispondere indicando la frequenza con cui si sente in
grado di svolgere le mansioni scolastiche descritte dagli items su una scala di
valori da 1 a 9 punti i cui estremi sono definiti da “niente” e “moltissimo”.
Per quel che riguarda le tre sottoscale, la sottoscala Efficacia nell’Impegno
degli Studenti esamina la sensazione che l’insegnante ha di poter
incrementare con il suo lavoro l’impegno e la motivazione degli alunni.
La sottoscala Efficacia nelle Strategie Educative valuta il giudizio che
l’insegnante ha delle proprie capacità d’insegnamento.
La sottoscala Efficacia nella Gestione della Classe valuta il giudizio che
l’insegnante ha delle proprie capacità nel gestire il gruppo classe.
I questionari sono stati compilati singolarmente, chiedendo solo alcune
informazioni di carattere personale quali: il sesso, l’età, lo stato civile, il
numero dei figli conviventi, il titolo di studio, il tipo di scuola in cui si insegna,
gli anni di insegnamento, gli anni di titolarità di cattedra, l’area di
insegnamento e il numero di allievi, mantenendo l’anonimato del rispondente.
OBIETTIVO DELLA RICERCA
Attraverso l’utilizzo di due questionari: il Maslach Burn-out
Inventory (M.B.I.) e il Teachers’ Sense of Efficacy Scale
(T.S.E.S.) lo scopo della ricerca è mostrare in che modo il
senso di Autoefficacia e la Sindrome del Burn-out siano
correlati nel campione di insegnanti preso in analisi.
In base alle ricerche precedentemente esposte, il risultato
che mi attendo di trovare è che, il senso di Autoefficacia sia
correlato negativamente con la sindrome del Burn-out.
Quindi un Alto Senso di Autoefficacia porti a Bassi livelli di
Burn-out e un Basso Senso di Autoefficacia porti ad Alti livelli
di Burn-out.
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