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Il contenzioso seriale innanzi al Giudice di Pace
Spunti di riflessione per il Giudice di Appello Gian Andrea Chiesi Giudice del Tribunale di Torre Annunziata Corte di Appello di Napoli Ufficio del Referente per la formazione decentrata Prospettiva da cui muovere: NON si tratta di una crociata Nell’affrontare, quali Giudici di appello, il contenzioso seriale che si sviluppa negli Uffici del Giudice di Pace, sovente si parte da una duplice posizione: da un lato, v’è chi ritiene di dovere svolgere una funzione “moralizzatrice”, accogliendo -quasi per principio- i gravami proposti dalle società e/o Enti condannati in primo grado, e tanto per limitare un contenzioso di portata ampia, ma decisamente “bagattellaria”; dall’altro, a contrario, chi, in prospettiva diametralmente opposta, rigetta -per ragioni di altrettanto principio- gli appelli, volendo in qualche modo sanzionare comportamenti di “cartello” ovvero di “ingiustificato privilegio e protezione” dei grandi gruppi. Le fattispecie concrete • TELECOM S.p.A. Spese di spedizione della bolletta telefonica • Enel Distribuzione S.p.A. Black out Spese di pagamento della bolletta • Aliquota IVA Gas; • Antitrust (cartello tra assicurazioni) • Sigarette “light” TELECOM Il contenzioso in esame ha riguardato le spese di spedizione della bolletta telefonica. In particolare, la questione concerne la derogabilità o meno del dettato di cui all’art. 21, comma 8, D.P.R. 633/1972, come introdotto dall’art. 1, D.P.R. 23.12.1974, n. 687, ai sensi del quale ‹‹le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo›› Questioni preliminari e pregiudiziali da affrontare: 1. proponibilità della domanda 2. giurisdizione 3. eccezione di prescrizione Questioni di merito 1. derogabilità o meno della previsione normativa 2. vessatorietà dell’art. 14 delle condizioni generali di abbonamento TELECOM Questioni preliminari: proponibilità della domanda Le domande aventi ad oggetto controversie comunque ricadenti nelle previsioni dell’art. 3, comma 1, della delibera n. 182/02/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (successivamente modificata ed integrata dalle delibere n. 136/07/CONS e 173/07/CONS -attualmente vigente), sono soggette al rispetto della condizione di proponibilità, rappresentato dal tentativo obbligatorio di conciliazione, sì come concretamente disciplinato dal successivo art. 4., in attuazione dell’art. 1, comma 11, della legge 31.7.1997, n. 249. La legittimità del tentativo obbligatorio di conciliazione è stata di recente ribadita dalla Corte Costituzionale (cfr. ord. 20.3.2006, n. 125; ord. 18.2.2009, n. 51) in ciò seguita dalla Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass., 30.9.2008, n. 24334). La Regione Campania, con la L.R. n. 9 dell’1.7.2002 ha provveduto ad istituire, presso il Consiglio Regionale, il CORECOM; ai sensi dell’art. 12 del regolamento summenzionato, quand’anche detta Autorità non fosse stata effettivamente istituita, ovvero non “funzionasse” concretamente, è in ogni caso prevista la facoltà, per gli utenti, di esperire il predetto tentativo, proprio in alternativa rispetto a quello previsto innanzi al CORECOM, dinanzi agli organi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo, che rispettino i principi sanciti dalla Raccomandazione della Commissione 2001/310/CE, attivi nella Regione Campania, presso le Camere di Commercio. TELECOM Questioni preliminari: proponibilità della domanda Trattasi di “facoltà” da ricondursi pur sempre nell’ottica dell’esperimento di un tentativo obbligatorio di conciliazione.: Laddove, infatti, il CORECOM non fosse stato istituito ovvero, sebbene costituito, non funzionasse concretamente, ha comunque l’obbligo di tentare la conciliazione innanzi agli organi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie, la cui attività in subiecta materia è stata ritenuta ex lege equipollente rispetto a quella della predetta Autorità; diversamente opinando, infatti, si arriverebbe alla irragionevole (cfr. art. 3 Cost.) conclusione per cui il tentativo sarebbe obbligatorio o meno a seconda della esistenza del CORECOM, privando di qualsivoglia significato ed utilità pratica la stessa disposizione, nonché abilitando una irragionevole disparità di trattamento sul territorio nazionale tra i cittadini quanto all’accesso alla Giustizia (nelle Regioni in cui il CORECOM è operativo, il tentativo sarebbe obbligatorio; nelle Regioni in cui detta Autorità non è operativa, invece, il tentativo sarebbe facoltativo); A conferma dell’obbligatorietà del tentativo di conciliazione, anche laddove il CORECOM non sia stato istituito ovvero non sia ancora funzionante, cfr. art. 5, comma 1, Delibera 173/07/CONS (recante Norme transitorie e finali) nonché artt. 3, comma 2 e 13 del Regolamento allegato alla delibera 173/07/CONS. TELECOM Questioni preliminari: giurisdizione e prescrizione a) quanto alla presunta sussistenza della giurisdizione del G.A., si è in presenza di un richiesta di pagamento di indebito oggettivo connesso ad un rapporto individuale di utenza regolato non da fonte concessoria o amministrativa, bensì da atto di natura negoziale (il contratto di abbonamento), già sottratto alla giurisdizione esclusiva del G.A. antecedentemente rispetto alla nota sentenza 204/2004 della Corte Costituzionale (cfr. Cass., S.U., 8.7.2004, n. 12607) ed ora ancor di più avulso da essa dopo tale ultima decisione (cfr. Cass., S.U., 14.1.2005, n. 598); b) quanto, giurisdizione delle Commissioni Tributarie -sulla scorta della (ritenuta) riconducibilità della vexata quaestio all’art. 21, comma 8, D.P.R. 633/1972, sub specie di rivalsa dell’imposta sul valore aggiunto riguardante le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalitàin tema di I.V.A., le controversie tra il soggetto attivo ed il soggetto passivo della rivalsa non attengono al rapporto tributario -non essendo il cessionario soggetto passivo d’imposta- ed esulano, pertanto, dalle attribuzioni giurisdizionali delle commissioni tributarie -come delineate dall’art. 2, D.Lgs. 31.12.1992 n. 546, anche a seguito della sostituzione operata dall'art. 12 l. 28 dicembre 2001 n. 448 - per rientrare in quelle del giudice ordinario, riguardando il rapporto tra le parti dell’operazione imponibile (cfr. Cass., S.U. 29.4.2003, n. 6632; Cass., 22.7.2002, n. 10693); c) fondando la causa petendi sottesa alla domanda proposta dall’originario attore sulla ripetizione di somme asseritamente corrisposte indebitamente in favore della TELECOM (cd. indebito oggettivo), il relativo diritto è soggetto alla ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 cod. civ. e non a quella quinquennale ex art. 2948 cod. civ. (cfr. Cass., 14.3.1995, n. 2936; Cass., 15.1.1993, n. 414). TELECOM Merito: la decisione della Suprema Corte (Cass., 13.2.2009, nn. 3532 e 3542) “……In tema di servizi di telefonia, le spese di spedizione della fattura relativa ai corrispettivi dovuti dagli abbonati per la fruizione dei servizi telefonici (cosiddette "bollette telefoniche") non debbono necessariamente gravare sull'impresa che eroga il servizio, non potendo un siffatto obbligo desumersi dall'art. 21, comma ottavo, del d.P.R. 26 agosto 1973, n. 633, introdotto dal d.P.R. 23 dicembre 1973, n. 687, in quanto la spedizione non può ritenersi segmento dell'operazione di emissione della fattura, né ricondursi "ai conseguenti adempimenti e formalità", segnando, invece, il momento stesso in cui viene a perfezionarsi la fatturazione…..” TELECOM Merito: sulla vessatorietà dell’art. 14 delle condizioni generali di contratto La vessatorietà, ex art. 1469quinquies, comma 2, n. 3, cod. civ. (ora art. 34 D.Lgs. 206/2005), va esclusa considerando che: la clausola in commento, essendo meramente riproduttiva di norme di legge (cfr. D.P.R. 13.8.1984, D.M. 8.9.1988, n. 484 e n. 523 e D.M. 8.5.1997, n. 197), è sottratta, per ciò solo, alla valutazione di abusività ed illiceità, stante l’inequivoco tenore dell’art. 1469ter, comma 3, cod. civ. (ora art. 34, comma 3, D.Lgs. 206/2005) e tenuto conto della circostanza per cui il riferimento alla ‹‹legge›› contenuto in tale disposizione deve certamente intendersi in senso ampio, facendo esso riferimento, secondo la più accreditata dottrina e la migliore giurisprudenza, anche alle norme giuridiche di fonte non primaria; la sua applicazione non determina un significativo squilibrio contrattuale, in considerazione del davvero esiguo ammontare degli esborsi de quibus vertitur rispetto all’importo totale della bolletta (Cass., 13.2.2009, n. 3542); Aliquota I.V.A. Gas I Giudici di Pace hanno ravvisato la violazione dell’art. 16, D.P.R. 28.10.1972, n. 633 e del provvedimento CIP n. 37 del 26.6.1986, con riferimento al regime dell’IVA applicata -nell’aliquota del 20%- al contratto di somministrazione di gas metano ad uso promiscuo (cd. T2) La direttiva 92/77/CEE del Consiglio Europeo, emessa in data 19.10.1992, concernente l’applicazione di un sistema comune di imposizione del valore aggiunto (in G.U. C.E. n. 316 del 31.10.1992), modificando il quadro offerto dalla precedente direttiva 77/388/CEE, ha previsto, avuto riguardo a ciò che in questa sede rileva, che: i) ‹‹a decorrere dal 10 gennaio 1993 gli stati membri applicano un’aliquota normale che, fino al 31 dicembre 1996, non può essere inferiore al 15% …››; ii) ‹‹in base alla relazione sul funzionamento del regime transitorio ed alle proposte sul regime definitivo, che la Commissione presenta ai sensi dell’art. 28 terdecies, il Consiglio, deliberando all’unanimità anteriormente al 31 dicembre 1995, fissa il livello dell’aliquota minima da applicare dopo il 31 dicembre 1996 in materia di aliquota normale…››; iii) ‹‹gli Stati membri possono anche applicare un’aliquota ridotta alle forniture di gas naturale e di elettricità, purché non sussistano rischi di distorsioni di concorrenza. Lo Stato membro che intende applicare siffatta aliquota ne informa preventivamente la Commissione. La Commissione si pronuncia sull’esistenza di un rischio di distorsione di concorrenza. Se la Commissione non si pronuncia nei tre mesi successivi al ricevimento dell’informazione, si considera che non esiste alcun rischio di distorsione della concorrenza›› (cfr. art. 12, paragrafo 3.a).: Aliquota I.V.A. Gas La disposizione comunitaria è stata recepita dal legislatore nazionale, prevedendo l’introduzione di un’aliquota IVA ridotta alle forniture di gas naturale: precisamente, il D.L. 30.8.1993, n. 331, convertito nella L. 29.10.1993, n. 427, all’art. 36 comma 3, ha aggiunto alla ‹‹tabella “A” PARTE III - BENI E SERVIZI SOGGETTI ALL’ALIQUOTA DEL 10%›› allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il numero 127 bis, il quale contempla le seguenti fattispecie:‹‹somministrazione di gas metano usato come combustibile per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua calda di cui alla tariffa T1, prevista dal provvedimento del Comitato interministeriale dei prezzi (CIP) n. 37 del 26 giugno 1986; somministrazione, tramite reti di distribuzione, di gas di petrolio liquefatti per usi domestici di cottura cibi e per produzione di acqua calda; gas di petroli liquefatti contenuti o destinati ad essere immessi in bombole da 10 a 20 kg in qualsiasi fase della commercializzazione››. Solo di tale riduzione (tariffa T1), peraltro, lo Stato italiano ha dato la prescritta informativa alla Commissione. Aliquota I.V.A. Gas Conclusioni: • poiché il regime tariffario e di imposta del gas metano non è legato alle modalità di concreta fruizione del servizio, ma al tipo di utenza e di impianto, che è unico e permanente, non stagionale (Corte Cost., 6.4.1993, n. 142); • lo Stato italiano, nella propria attività di recepimento interno, ha informato la Commissione soltanto con riferimento alla riduzione dell’aliquota IVA per le somministrazioni soggette alla tariffa T1 e non anche per quelle soggette alla tariffa T2; La sottoscrizione di un contratto di fornitura di gas metano ad uso promiscuo (tariffa T2), ad onta del fatto che il riscaldamento non venga utilizzato in determinato periodo dell’anno, costituisce valido presupposto per l’assoggettamento alla previsione tariffaria del 20% (Cass., 14.10.2005, n 19978 e Cass., 8.11.2005, n. n. 21663) Enel Distribuzione S.p.A. Tipologia di contenzioso • Black out 2003 •Spese pagamento bolletta elettrica Enel Distribuzione S.p.A. Black Out 2003 Motivazione “G. Tedesco” “…Sennonché, premesso che rispetto ai rapporti intessuti tra l’odierna appellante ed i diversi soggetti produttori e fornitori dell’energia elettrica che l’ENEL DISTRIBUZIONE successivamente commercializza, l’utente finale (che ha stipulato il contratto di somministrazione soltanto con quest’ultima) certamente non riveste la qualità di parte (cfr. anche l’art. 1372 cod. civ.), andando ad indagare in ordine alla qualificazione della relazione giuridica che si instaura tra il somministrato e tali altri soggetti di cui si è detto, ritiene questo Giudicante che questi ultimi non possono qualificarsi altro che alla stregua di ausiliari della debitrice ENEL DISTRIBUZIONE SPA, avvalendosi quest’ultima -alla stregua di quanto poc’anzi riferito- necessariamente di essi per l’approvvigionamento dell’energia e quindi per l’adempimento della propria obbligazione. Né, invero, osta a tale qualificazione del rapporto la circostanza per cui tali soggetti -terzi, si ribadisce, rispetto al contratto di somministrazione concluso tra l’ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. e l’utente finale- sono del tutto estranei all’organizzazione imprenditoriale della società debitrice, essendo sufficiente, ai fini qualificatori predetti, la sussistenza di un nesso di causalità tra l’opera del suddetto ausiliario e l’obbligo del debitore (cfr. Cass. n. 819/1970; Cass. n. 231/1973; Cass. n. 1855/14909; Cass. n. 5150/1995)…” 1228 cod. civ. Enel Distribuzione S.p.A. 1228 cod. civ. Tipologia di danni richiesti: • danno patrimoniale • generi alimentari deteriorati • indennizzo forfettario (§ 3.4.3 Carta dei Servizi) • danno non patrimoniale (c.d. esistenziale) Onere della prova Cfr. anche Cass. , ord. 21.9.2009, n. 20324 Enel Distribuzione S.p.A. Black Out 2003 Cass., ord. 23.7.2009, n. 17283, 17282 e 17284 “…dalla normativa regolante il sistema elettrico nazionale all’epoca dei fatti di causa e, precisamente, dagli artt. 1, 2, 3, 9 e 13, D.Lgs. 79/1999 e dal D.M. Industria del 7.7.2000 emerge che la trasmissione di energia, attraverso la Rete nazionale (e, dunque, fino alle cabine primarie dell’Enel Distribuzione) è gestita obbligatoriamente ed in esclusiva dalla GRTN s.p.a. (soggetto del tutto autonomo dall’Enel) e che Enel Distribuzione non può procurarsi energia al di fuori della Rete nazionale…la GRTN s.p.a. non può neppure qualificarsi alla stregua di ausiliario dell’Enel, ai sensi dell’art. 1218 c.c., perché soggetto autonomo e diverso rispetto a quest’ultima e rispetto alla quale, in aggiunta, è posta in posizione di supremazia: mentre -precisa ancora la Corte- ausiliario può considerarsi solo chi agisce su incarico del debitore chi, in sostanza è soggetto ai suoi poteri direttivi e di controllo (Cass., 14.6.2007, n. 13953). Ciò che non avviene nel caso di specie, laddove la GRTN s.p.a. non è stata scelta liberamente da Enel Distribuzione, ma agisce addirittura in posizione di monopolista…” No 1228 cod. civ. Enel Distribuzione S.p.A. No 1228 cod. civ. Conclusione che discende dall’adesione all’orientamento della Suprema Corte: ENEL Distribuzione S.p.A. NON risponde dei danni determinati dal black out 2003, unico responsabile dovendosi individuare nel G.R.T.N. Giurisdizione del G.A. (Cass., S.U., 14.6.2007, n. 13887 e Cass., S.U., 27.8.2008, n.21765). Enel Distribuzione S.p.A. Teoria intermedia: no 1228 cod. civ., ma inadempimento dell’ENEL (cfr. Trib. Isernia, 17.9.2009, dr. A. Penta) “…l’Enel, allorquando stipula un contratto di somministrazione, assume, oltre all’obbligo di fornire per il futuro l’energia elettrica, anche i rischi connessi alla fornitura. Pertanto, la circostanza che la produzione venga curata da società diversa non rileva di per sé nei rapporti contrattuali intercorrenti tra Enel ed utente, né può essere opposta a quest’ultima la mancata fornitura da parte di terzi del bene da somministrare. Tutto ciò a meno che l’Enel abbia a suo tempo validamente pattuito, in ambito contrattuale, specifici casi di esonero da responsabilità ai sensi dell’art.1229 c.c. (ammesso che si sia in presenza di una colpa lieve). La odierna appellante non ha fornito alcuna prova diretta a provare l’avvenuta sottoscrizione, da parte dell’utente, di clausole di siffatto tenore. Fermo restando che il funzionamento corretto dei cd. alleggeritori di carico rientra nell’ambito dell’obbligo contrattuale di fornitura (atteso che il somministrante assume l’obbligo di prestare tutti i mezzi necessari per l’adempimento, ivi compresi quelli necessari ad ovviare ai rischi della fornitura), l’appellante ha prodotto, unitamente alle memorie di replica del 26.7.2007, copia della delibera AEEG n.149/07…il procedimento sanzionatorio avviato nei confronti della Enel Distribuzione spa è stato dichiarato estinto solo in quanto la società si era avvalsa del diritto di effettuare il pagamento in misura ridotta, ai sensi dell’art.16 della legge n.689/81 (cfr. delibera n.149/07 adottata dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas in data 25.6.2007)...” Enel Distribuzione S.p.A. Spese pagamento bolletta elettrica Inadempimenti denunziati: • violazione art. 6.4 della delibera 200/1999 AEEG (obbligo di predisporre una modalità gratuita di pagamento della bolletta) • violazione art. 12.1. della delibera 55/2000 AEEG (obbligo di informazione circa l’esistenza di una modalità gratuita di pagamento della bolletta) Danni lamentati: • danno patrimoniale • danno non patrimoniale (c.d. esistenziale) Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di informazione TAR Lombardia - Milano, sentenza 29.1/13.2.2008, n. 321, annullando la delibera 66/2007 AEEG –con cui era stata censurato e sanzionato il comportamento inadempiente dell’ENEL rispetto all’obbligo di informazione- ha escluso la ricorrenza di un obbligo di tal fatta in capo all’ENEL Enel Distribuzione S.p.A. TAR Lombardia - Milano, sentenza 29.1/13.2.2008, n. 321 “…l’art. 12.1 citato si limita a prevedere che la bolletta indichi le modalità di pagamento, senza però imporre espressamente all’impresa distributrice di evidenziare anche il carattere gratuito od oneroso di tali modalità. L’Autorità, nella delibera gravata, allo scopo di giustificare la sanzione irrogata, interpreta la previsione dell’art. 12.1 alla luce di un’altra disposizione, vale a dire l’art. 6.4 della delibera n. 200/1999, in forza della quale l’esercente il servizio di distribuzione e vendita dell’energia deve <<offrire al cliente>> almeno una modalità gratuita di pagamento della bolletta. L’AEEG, infatti (v.si lett. B, punto 14 della motivazione della delibera 66/2007), evidenzia da una parte lo <<stretto collegamento>> fra le due delibere, dall’altra presuppone l’esistenza dell’obbligo di indicazione della modalità gratuita di pagamento, sulla base delle <<finalità>> della delibera n. 55/2000.T ali argomentazioni non sono però condivisibili. In primo luogo, anche a voler ammettere un generico collegamento fra le delibere di cui sopra, questo non può giustificare l’introduzione, da parte dell’Autorità, di un obbligo non chiaramente previsto da alcuna disposizione...” Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica La legge istitutiva della AEEG (legge 14 novembre 1995 n. 481) ha, tra le altre, la finalità (esplicitata nell’art. 1) di definire ‹‹un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori…››; nel perseguire le suddette finalità l’Autorità ha, tra l’altro, il potere (cfr. art. 2, comma 12, lett. h della legge 481/95) di emanare, con gli effetti di cui al successivo comma 37, le determinazioni e ‹‹le direttive concernenti la produzione e l’erogazione dei servizi da parte dei soggetti esercenti i soggetti medesimi, definendo in particolare i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni ed i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente›› nonché il potere (cfr. art. 2, comma 12, lett. m, della legge 481/95) di valutare ‹‹reclami, istanze e segnalazioni presentate dagli utenti o dai consumatori, singoli o associati, in ordine al rispetto dei livelli qualitativi e tariffari da parte dei soggetti esercenti il servizio nei confronti dei quali interviene imponendo, ove opportuno, modifiche alle modalità di esercizio degli stessi ovvero procedendo alla revisione del regolamento di servizio di cui comma 37››. Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica Il comma 37 dello stesso art. 2 della legge 481/95 prevede che ‹‹il soggetto esercente il servizio predispone un regolamento di servizio nel rispetto dei principi di cui alla presente legge e di quanto stabilito negli atti di cui al comma 36. Le determinazioni delle Autorità di cui al comma 12, lettera h, costituiscono modifica o integrazione del regolamento di servizio›› Le delibere o determinazioni della AEEG, assunte ai sensi dell’art. 2, comma 12, lett. h, l. 481/1995 incidono direttamente nel rapporto contrattuale tra ENEL e utente-consumatore (Cons. St., 6628/2003; T.A.R. Lombardia – Milano, 4515/2002) Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica Ragioni per ritenere sussistente l’obbligo: • l’art. 1196 cod. civ. è norma derogabile; • non rileva che la disposizione non indichi specificamente in quale modo debba essere garantita la gratuità del pagamento: il gestore gode di discrezionalità al riguardo (Trib. Napoli, 16.7-9.9.2009, n. 10094, Dr. G. Cataldi); • la direttiva contenuta al punto 6.4 della delibera 200/1999 integra i contratti di utenza ai sensi dell’art. 1339 cod. civ.; • istituzione di sportelli aziendali o sportelli bancari senza commissione (metodi tradizionali) Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica Ragioni per escludere la sussistenza dell’obbligo: • la direttiva contenuta al punto 6.4 della delibera 200/1999 della AEEG è formulata in maniera talmente tanto generica e vaga da non consentire l’esatta individuazione del suo oggetto; • l’unica vera forma di pagamento completamente gratuita consiste nel prevedere che la società attrice (rectius, i suoi dipendenti) si rechi, secondo le scadenze contrattuali, presso le abitazioni dei singoli utenti per esigere e riscuotere da essi il prezzo della somministrazione (cfr. l’art. 1182, comma 4, cod. civ.); Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica Ragioni per escludere la sussistenza dell’obbligo: • a decorrere dal mese di settembre dall’anno 2004, l’Autorità Garante, in conseguenza delle convenzioni stipulate dall’ENEL DISTRIBUZIONE con primari istituti di credito (cfr. docc. 6 e 7 della produzione di prime cure di parte originaria convenuta), ha ritenuto soddisfatti i requisiti di cui alla richiamata disposizione della delibera 200/1999 e, per l’effetto, cessata l’“infrazione” contestata ad ENEL: sennonché, sono stati istituiti appena un centinaio di Sportelli in tutta Italia (in Campania nelle città capoluogo) • non vi è luogo alla sostituzione automatica delle clausole difformi quando sia prevista, per l'inosservanza del precetto normativo, una sanzione diversa dalla sostituzione o dalla invalidità della clausola contrattuale difforme (cfr. Cass., 17.3.1981, n. 1539; Cass., 29.4.1981, n. 2630; 21.1.1985, n. 224) Enel Distribuzione S.p.A. Sull’obbligo di predisposizione di una modalità gratuita di pagamento della bolletta elettrica Ragioni per escludere la sussistenza dell’obbligo: • se, la disposizione avesse effettivamente avuto immediata applicabilità, l’AEEG avrebbe adottato (recte, paventato l’adozione) provvedimenti certamente diversi rispetto a quelli solo adombrati con la delibera in commento; precisamente, provvedimenti che avrebbero inequivocabilmente manifestato la volontà della Autorità di ritenere la clausola in questione (recte, gli obblighi derivanti da essa) automaticamente inserita nei contratti di utenza: tra questi, anzitutto, il calcolo -e l’imposizione ad ENEL- di una diversa tariffa da applicare ai singoli utenti non messi in grado, neppure in astratto, di potere usufruire di una modalità “gratuita” di pagamento delle bollette, posto che ‹‹nei costi complessivi riconosciuti dall’Autorità sono ricompresi i costi di riscossione delle bollette attraverso gli sportelli che gli esercenti hanno aperti nel territorio›› -cfr. relazione alla delibera 200/1999, titolo III, § 6, cpv.). Antitrust - Cartello Assicurazioni Antitrust Le questioni da esaminare sono due: competenza ratione materiae onere della prova Antitrust Cass., S.U., 4.2.2005, n. 2207 La legge " antitrust " 10 ottobre 1990 n. 287 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 c.c., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno di cui all'art. 33 della legge n. 287 del 1990, azione la cui cognizione è rimessa da quest'ultima norma alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della Corte d'appello. Antitrust Onere della prova Già nella nota sentenza 9.12.2002, n. 14475, la Suprema Corte di legittimità ha avuto modo di precisare e chiarire che la risarcibilità delle ricadute esterne dell’accordo anticoncorrenziale sul consumatore finale non è suscettibile di essere configurata ‹‹per il solo fatto in sé che a monte della singola operazione conclusa dal consumatore finale si ponga, dal lato dell’impresa, l’intesa vietata, rendendosi invece necessario che, nel concreto, il rapporto instauratosi fra il consumatore finale e l’impresa si connoti, in tutto o in parte, nello specifico per i caratteri (naturalmente, specificamente da comprovare) della antigiuridicità, per l’avvenuta violazione di una specifico diritto soggettivo vantato da quest’ultimo…[violazione] che non potrà di certo farsi discendere dal solo fatto in sé della pregressamente intervenuta intesa vietata››. Dunque, le ‹‹ricadute esterne›› dell’intesa vietata si palesano suscettibili di provocare effetti pregiudizievoli per il consumatore finale solo allorquando quest’ultimo realizza la forma di accesso al mercato che gli è propria, entrando in contatto con la singola impresa Antitrust Onere della prova l’accertamento del presunto rincaro della tariffa assicurativa è un fatto non verificato, in concreto, dall’Autorità Garante; di conseguenza, l’accertamento dell’entità di detto rincaro -circostanza data addirittura per scontata dal Giudice di Pace- è un’ulteriore conseguenza non verificata dall’Autorità Garante; conferma della logicità e coerenza delle conclusioni esposte in precedenza, peraltro, non può non osservarsi come l’accertamento della violazione, ‹‹a monte››, dell’art. 2, della legge 287 del 1990 rappresenta pur sempre solo l’esito di un provvedimento amministrativo che, per sua natura, non può contenere in sé anche l’accertamento delle conseguenze ‹‹a valle›› di tale violazione; Antitrust Onere della prova non v’è la prova certa del nesso eziologico diretto tra presunto rincaro della tariffa della polizza e la violazione dell’art. 2 della legge 287 del 1990 [non sono invero da escludere, a tale riguardo, l’aumento della sinistrosità stradale in generale ovvero il rapporto negativo tra ricavi e costi-investimenti (cd. inefficienza in senso tecnicoeconomico) per la lievitazione dei risarcimenti corrisposti ai danneggiati]: in particolare, trattandosi di circostanza che, per le esposte considerazioni, non presenta i caratteri della incontestabilità e della indubitabilità, la stessa non può essere considerata alla stregua di fatto notorio (art. 115, comma 2, cod. proc. civ.); né, infine, può affermarsi che il mero accertamento della utilizzabilità in astratto dei dati afferenti alla operazione anticoncorrenziale posta in essere dalla compagnia assicuratrice sia da solo sufficiente, in assenza di altri indizi che depongano in tal senso, a consentire di dedurre da esso, in via presuntiva, il duplice dato ignoto della loro utilizzazione generalizzata e, per quanto in questa sede più interessa, della effettiva utilizzazione degli stessi in relazione alla singola operazione concreta: si tratterebbe, infatti, di una chiara ipotesi di preasumtio de praesumpto, in quanto tale inammissibile (cfr., ex multis, Cass., 9.4.2002, n. 5045; Cass., 22.2.2001, n. 2612; Cass., 21.11.1995, n. 12023) Sigarette “light” Sigarette “light” Cass., S.U. 15.1.2009, n. 794 “…la società (B.A.T.) sostiene che, essendo vietata la dicitura "LIGHT" solo dal settembre del 2003, la propria precedente condotta non potrebbe essere considerata illecita ai fini risarcitori. La tesi è infondata. E' pur vero a norma dell'art. 7 della direttiva 2001/37/CE (cui è stata data attuazione per il tramite del D.Lgs. n. 184 del 2003) solo dal 30 settembre 2003 sono vietate diciture, denominazioni, marchi, immagini o altri elementi che suggeriscono che un particolare prodotto del tabacco è meno nocivo di altri. Tuttavia, tale circostanza non esclude che la dicitura della quale si discute non possa costituire il fatto integrante la responsabilità aquiliana antecedentemente a tale data. E ciò in quanto nella struttura dell'art. 2043 c.c. non rileva l'illiceità del fatto, bensì l'ingiustizia del danno, ossia che il fatto (assistito almeno dalla colpa) dell'agente abbia prodotto la lesione di una posizione giuridica altrui, ritenuta meritevole dall'ordinamento e non altrimenti giustificata...” (cfr. anche Cass., 4.7.2007, n. 15131) Sigarette “light” Questioni da esaminare Giurisdizione G.O. Merito (risarcimento danni non patrimoniali) Sigarette “light” Cass., S.U. 15.1.2009, n. 794 - Giurisdizione Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario -e non del giudice amministrativo, ai sensi del comma 12 dell'art. 7 del d.lgs. 25 gennaio 1992, n. 74 (successivamente comma 13 dell'art. 26 del Codice del consumo, di cui al d.lsg. n. 206 del 2005, poi comma 14 dell'art. 27 del Codice stesso, come introdotto dal d.lgs. n. 146 del 2007, attuativo della direttiva 2005/29/CE)- la controversia promossa da un consumatore per conseguire, "ex" art. 2043 cod. civ., il risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale (sotto forma di danno alla salute o danno "esistenziale" dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo "stress" ed al turbamento per il rischio del verificarsi di gravi malattie), facendo valere come elemento costitutivo dell'illecito la pubblicità ingannevole del prodotto (nella specie, sigarette del tipo "LIGHT"), recante sulla confezione un'espressione diretta a prospettarlo come meno nocivo. Sigarette “light” Cass., S.U. 15.1.2009, n. 794 1) L'apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie il segno descrittivo "LIGHT" sul pacchetto di sigarette) può essere considerato come fatto produttivo di danno ingiusto, obbligando colui che l'ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall'esistenza di una specifica disposizione o di un provvedimento che vieti l'espressione impiegata; 2) Il consumatore che lamenti di aver subito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, non assolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l'esistenza del danno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonchè (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità, concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate le menzionate conseguenze dannose. Sigarette “light” Cass., S.U. 15.1.2009, n. 794 Onere della prova 1. Manca qualsiasi motivazione in ordine alla natura ingannevole della pubblicità, sussistendo, in proposito, la mera citazione del provvedimento dell'Autorità Garante (del quale non sono riportate neppure le ragioni) ed il riferimento alle affermazioni dello stesso attore; 2. Manca la motivazione in ordine all'esistenza del nesso di causalità tra la propagazione del messaggio ingannevole ed il danno ingiusto lamentato; 3. Manca, altresì, qualsiasi argomentazione psicologico della società convenuta; in ordine all'atteggiamento 4. Manca, infine, la sufficiente individuazione del pregiudizio risarcibile. Art. 151 disp. att. c.p.c.