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(1/2)+ - ElevaMente al Cubo

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(1/2)+ - ElevaMente al Cubo
A spasso per la storia
tra infiniti
e infinitesimi
La storia del Calcolo Sublime
Solo due grandi protagonisti?
Newton e Leibniz…
Leibniz e Newton…
… O ANCHE ALTRI?
La storia “non sequenziale”
del Calcolo Sublime
Infiniti: paradosso di
Interesse per processi
infinitesimali
Achille e della
tartaruga (Zenone)
(Anassagora)
Metodo di esaustione
(Eudosso, Archimede)
Metodo degli
indivisibili (Cavalieri)
Metodi euristici
(Archimede)
Calcolo differenziale e
integrale (Newton,
Leibniz)
Concezione
assiomatica dei reali.
Infinitesimo attuale
(Robinson)
La S.I.A.
Infinito potenziale,
serie (Aristotele)
Serie non convergenti
(Oresme, Grandi)
Infinito attuale e
cardinali transfiniti
(Cantor)
Radici antichissime: l’occhio di Horus
1/8
1/4
1/16
1/2
1/32
1/64
Gli Egiziani e le (prime) potenze di ½
(1/2) + (1/4) + (1/8) + (1/16) + (1/32) + (1/64) = 1!
Il risultato esatto sarebbe:
63/64
(cioè: 1 – 1/64)
È un primo abbozzo di procedimento “infinitesimale”, ma
interrotto quando le quantità coinvolte diventano
“troppo piccole” (minori di 1/64).
Contesto culturale: tutto ciò è in perfetto accordo con
lo spirito della matematica egizia, supporto per gli
ingegneri più che ricerca teorica vera e propria.
Il mito dell’occhio di Horus consente una
riflessione matematica
Riprendiamo l’esempio… senza fermarci: ad una
“addizione di infiniti addendi”, intuitivamente, è
sempre associata una somma infinitiamente
grande.
Infatti se addizioniamo tutte le potenze di un
numero positivo (ad esempio 2):
1+2+4+8+32+64+… superiamo ogni k>0,
qualsiasi sia il k considerato.
Ma se quel numero è invece minore di 1?
1+(1/2)+(1/4)+(1/8)+(1/16)+(1/32)+
+(1/64)+…
Riflettiamo sull’ultimo esempio
1+(1/2)+(1/4)+(1/8)+(1/32)+(1/64)+…
supera ogni k>0, qualsiasi sia il k considerato?
La risposta è no. Basta prendere k = 2 : la
somma non supererà mai 2, qualsiasi sia il numero
di addendi considerati:
1 : per arrivare a 2 dovremmo aggiungere 1;
aggiungiamo la metà di ciò che manca: ½
1+ ½ : per arrivare a 2 dovremmo aggiungere ½
aggiungiamo la metà di ciò che manca: ¼
… e via di seguito: aggiungiamo sempre la metà
di ciò che manca… quindi non supereremo
mai 2.
Completiamo la scomposizione”
dell’occhio di Horus
1/4
1/8
1/16
1/2
Quello rosso è il
triangolo rettangolo
isoscele con il
cateto unitario.
E proseguendo
così?
(1/2)+(1/4)+(1/8)+(1/16)+(1+32)+(1/64)+(1/128)+…<1
anzi, più addendi consideriamo, più ci avviciniamo a 1.
Un altro antico esempio
Per superare l’idea (errata!) “infiniti addendi, somma
infinita” ci riferiremo a Zenone d’Elea (490 – 430 a.C.) e al
paradosso di Achille e della Tartaruga.
una “addizione con infiniti addendi” la cui somma non supera,
per quanti addendi si considerino, un numero finito.
Riflettendo sulla rincorsa di Achille alla Tartaruga, infatti ,
calcoleremo la somma (finita) di tutte le (infinite)
potenze di 1/10.
Zenone, Achille e la Tartaruga
A. concede 1m di vantaggio a T. ed è
10 volte più veloce di essa.
Quando A. avrà raggiunto la posizione
iniziale di T., T. avrà percorso
nuovamente 0,1 m.
Raggiunta poi questa seconda
posizione, A. percorrerà dunque:
1+0,1+0,001+… =1,111…
Dopo 1,2 m Achille avrà superato
Tartaruga!
1+1/10+1/100+1/1000+…
=10/9
P.S. A Zenone (scuola eleatica)
l’argomento serve per negare la
realtà del moto.
Anassagora, e i suoi processi
infinitesimali
Nulla nasce e nulla perisce, ma nascita
e morte sono solo termini
convenzionalmente utilizzati dagli esseri
umani per identificare mescolanza e
disgregazione delle parti dell’Essere.
Anassagora chiama queste parti semi
originari.
Anassagora di Clazomene, (496 a.C.
– Lampsaco, 428 a.C. circa).
Fu il primo filosofo a "importare" la
filosofia nella penisola greca, più
precisamente ad Atene (prima di lui la
filosofia era diffusa solamente nelle
colonie greche dell'Asia Minore e della
Magna Grecia).
I semi sono
caratterizzati
dall’essere di numero
infinito, identici tra
loro e infinitamente
divisibili.
Eudosso,
i numeri “reali” e il metodo di…
Eudosso di Cnido
(408 – 355 a.C.) matematico e
astronomo, cui sono attribuiti
risultati fondamentali per il
costituirsi della matematica
come scienza.
Secondo Archimede, Eudosso sviluppò
la teoria delle proporzioni che consentì
di superare le difficoltà che si
incontrano per trattare i numeri
irrazionali; questa teoria sarà ripresa
negli Elementi di Euclide e in sostanza
consente di trattare rigorosamente i
numeri reali pensati come rapporti di
grandezze.
Eudosso sviluppò il metodo di
esaustione di Antifone, che sarà
usato in modo magistrale da
Archimede e la dimostrazione
rigorosa delle formule che
forniscono i volumi del cono e
della piramide.
Aristotele, e l’in-finito
L' infinito è essere in potenza, ed è essere come
potenza ed essere come atto.
La caratteristica essenziale dell'infinito è proprio
quella di essere non finito e dunque essere
costantemente incompiuto.
Quindi per l'infinito passare dalla potenza (la
possibilità di realizzarsi come infinito) all’atto
(quando questa possibilità si è realizzata) non
comporta nessuna reale trasformazione o
acquisizione di caratteristiche che prima non
aveva, come avviene comunemente nel
passaggio dalla potenza all'atto. Infatti infinito
era prima (essere come potenza) ed infinito è
dopo (essere come atto).
Aristotele, e l’in-finito
Condividendo la concezione
pitagorica fondata su argomenti
etico-estetici più che fisici, ma
fondati logicamente, anche
Aristotele concepisce l'idea che
l'infinito è equivalente
all'imperfezione
perché mai compiuto,
non pienamente realizzato, come è
invece per il finito a cui non manca
niente per essere completo.
Archimede, e i suoi processi di
esaustione
Nel breve lavoro La misura del cerchio viene
dimostrato che un cerchio è equivalente a un
triangolo con base eguale alla circonferenza e
altezza eguale al raggio. Tale risultato è ottenuto
approssimando arbitrariamente il cerchio,
dall’interno e dall'esterno, con poligoni regolari
inscritti e circoscritti. Con lo stesso procedimento
Archimede espone un metodo con il quale può
approssimare arbitrariamente il rapporto tra
circonferenza e diametro di un cerchio dato,
rapporto che oggi si indica con π.
Le stime esplicitamente ottenute limitano questo
valore fra 22/7 (circa 3.1429) e 223/71 (circa
3.1408).
Archimede di Siracusa (circa 287 a.C. – 212 a.C.)
matematico, ingegnere, fisico e inventore siceliota.
Uno dei massimi scienziati della storia.
Qui sopra in un dipinto di Domenico Fetti (1620)
Archimede, e il metodo
Il metodo (perduto almeno dal Medioevo, letto per
la prima volta nel famoso palinsesto trovato da
Heiberg nel 1906, poi perduto e ritrovato nel 1998)
consente di penetrare nei procedimenti usati da
Archimede nelle sue ricerche. Rivolgendosi ad
Eratostene, spiega di usare due diversi metodi nel
suo lavoro.
Una volta individuato il risultato voluto, per
dimostrarlo formalmente usava quello che poi fu
chiamato “metodo di esaustione”, del quale si
hanno molti esempi in altre sue opere. Tale metodo
non forniva però una chiave per individuare i
risultati.
Il “metodo meccanico” è basato sulla sua statica
e sull'idea di dividere le figure in un numero infinito
di parti infinitesime. Archimede considerava questo
secondo metodo non rigoroso ma, a vantaggio
degli altri matematici, fornisce esempi del suo
valore euristico nel trovare aree e volumi; ad
esempio, il metodo meccanico è usato per
individuare l’area di un segmento di parabola.
Archimede, e la prima serie
Nell’opera Quadratura della parabola calcola
l’area di un segmento di parabola.
Si considerano le rette parallele all’asse della
parabola passanti per gli estremi della base. Viene
poi tracciata una terza retta parallela alle prime due
e da loro equidistante. L’intersezione di quest’ultima
retta con la parabola determina il terzo vertice del
triangolo. Sottraendo al segmento di parabola il
massimo triangolo inscritto si ottengono due nuovi
segmenti di parabola, nei quali si possono
inscrivere due nuovi triangoli. Iterando il
procedimento si riempie il segmento di parabola
con infiniti triangoli. L’area richiesta è ottenuta
calcolando l’area di tutti i triangoli e sommando gli
infiniti termini ottenuti. Il passo finale si riduce alla
somma della serie geometrica di ragione 1/4:
È questo il primo esempio conosciuto di somma di
una serie.
P.S. All’inizio dell'opera è introdotto quello che è
ancora oggi chiamato assioma di Archimede.
Eudosso e Archimede
Il lavoro di Eudosso e Archimede come
precursori del calcolo infinitesimale,
verrà superato in sofisticatezza e rigore
matematico solo dal matematico indiano
Bhaskara II (1114-1185) e da Isaac
Newton (1642-1727).
Nicola d’Oresme, genio
Inventa un metodo delle coordinate
(300 anni prima di Cartesio)…
… lo applica al movimento di un punto
e trova la legge del moto (300 anni
prima di Galileo)
Sviluppa il primo metodo di calcolo
delle potenze frazionarie, la applica ai
rapporti musicali e inventa la scala
temperata (250 anni prima di Simon
Stevin)
Si interessa alla somme
infinite
Nicole Oresme (1323 – 11 luglio 1382) fu matematico, fisico, astronomo e economista, vescovo, filosofo, psicologo e
musicologo.
Fu uno dei più famosi e influenti pensatori del tardo Medioevo; fu inoltre un teologo appassionato, traduttore competente,
influente consigliere di re Carlo V di Francia e vescovo di Lisieux. Viene considerato uno dei principali fondatori e divulgatori
delle scienze moderne e uno dei più originali pensatori del XIV secolo, è considerato un filosofo della Scolastica.
Nicola d’Oresme, matematico
Nel Tractatus de configurationibus
qualitatum et motuum, Questiones
super geometriam Euclidis elaborò
metodi per le somme infinite che
prepararono la via per il calcolo
infinitesimale di Cartesio e Galileo.
Dimostrò la divergenza della serie
armonica, utilizzando il metodo
standard insegnato ancora oggi nelle
lezioni di calcolo.
Infinitesimi in geometria:
Cavalieri e i suoi indivisibili
 Bonaventura Cavalieri (Milano 1589 ca.
- Bologna 1647). La sua fama è legata
soprattutto al “metodo degli indivisibili”
rigorosamente sviluppato nell'opera
Geometria indivisibilibus
continuorum nova quadam ratione
promota (1635)
 Considerò qualsiasi grandezza
geometrica – linee, piani, solidi – come
l’insieme di costituenti elementari quali
punti, linee e piani che vengono
denominati “infiniti indivisibili”.
Gesuita, di formazione umanistica,
si dedicò alla predicazione,
ma compì anche studi matematici a Pisa,
dove fu allievo di Galileo Galilei.
Nel 1629 ottenne a Bologna la cattedra di matematica che conservò fino alla morte.
Cavalieri compì anche importanti ricerche nei campi della trigonometria piana e sferica,
del calcolo logaritmico, dell'ottica e dell'astronomia.
Infinitesimi in geometria:
Cavalieri e i suoi indivisibili
 La teoria sollevò aspre
polemiche tra i
contemporanei, ma influì
notevolmente sullo
sviluppo della geometria
e costituì un’anticipazione
dei principi che avrebbero
ispirato il calcolo
infinitesimale.
Infiniti:
1694: Tacquet tra finito e infinito
 Nel 1694 Andrea Tacquet
notava:
“Con facilità si passa
da una progressione finita
alla progressione infinita.
E c’è da stupirsi che gli
Aritmetici che conoscevano il
teorema sulle progressioni
finite abbiano ignorato quello
sulle progressioni infinite, che
si deduce immediatamente”.
Infinitesimi:
Newton e Leibniz
 La messa a punto dei principali
concetti e dei procedimenti
dell’analisi infinitesimale, almeno
per quanto riguarda la loro
interpretazione seicentesca, fu
opera di Isaac Newton (16421727) e di Gottfried Wilhelm
Leibniz (1646-1716).
Newton e Leibniz
Cronologicamente, Newton lavorò sul metodo diretto
e inverso delle flussioni a partire dal 1665, ma ritardò
la diffusione dei propri risultati; pubblicò Philosophiae
Naturalis Principia Mathematica (1686-1687) e
Tractatus de quadratura curvarum (1704).
L’opera Methodus fluxionum et serieruminfinitarum fu
pubblicata soltanto postuma nel 1736. Con i lavori di
Newton il calcolo poteva essere considerato
concettualmente a punto.
Ma sarà Leibniz che darà ordine di metodo ed
introdurrà una simbologia efficace.
Dove porta il metodo:
Newton fisico e matematico
“Le differenze tra Leibniz e Newton spiegano la
diversa influenza che i due pensatori hanno esercitato
sullo sviluppo della scienza. Leibniz tende
sistematicamente alla generalità, (…) Newton – mente
inglese, portata alla considerazione del particolare
concreto – lavora di solito sopra esempi tratti dal
campo algebrico, (…) ma proprio questi esempi
portano a questioni che esorbitano dalla generalità
leibniziana" (Enriques, 1938, p. 63).
L’impostazione newtoniana del Calcolo superava
nettamente in flessibilità ed in profondità quella
attribuita alla matematica greca che riguardava
questioni statiche e non cinematiche
Newton e la gravitazione
“Se la vaga concezione di una forza attrattiva
governatrice dei movimenti celesti, la quale era per così
dire nell’aria durante la seconda metà del secolo XVII,
poté mutarsi nella solida teoria della gravitazione
universale, fu perché Newton disponeva di un
ordigno matematico delicato e rigoroso, cioè il
calcolo delle flussioni; in tal modo alla geometria del
cielo, in cui s’illustrarono gli astronomi greci, poté venire
aggiunta la meccanica celeste, scienza ben meritevole
dell’epiteto di sublime, in quanto permette non soltanto
di spiegare, ma di preannunziare i fenomeni aventi per
teatro il cielo” (Loria, 1938, p. 136).
Dove porta il metodo:
Gli infinitesimi di Leibniz
Per Leibniz la derivata è, per definizione,
il rapporto tra l’infinitesimo dy e l’infinitesimo dx:
Un esempio: la funzione y=x2
raccogliendo ora a fattore dx nel numeratore si ottiene
La duplice natura degli infinitesimi
A questo punto Leibniz considera dx infinitesimo
e quindi trascurabile rispetto al numero reale 2x,
dunque la derivata vale:
Tutto ciò lascia quanto meno perplessi…
La critica di Berkeley
Quando si divide per dx si presuppone che sia diverso da
zero, e quando si elimina il dx si presuppone che sia
uguale a zero; gli infinitesimi sono dunque entità
contradditorie.
Berkeley definisce ironicamente gli infinitesimi
ghosts of departed quantities
(fantasmi di entità defunte).
Con gli infinitesimi di Leibniz…
… salta l’archimedeità per i reali, in base alla quale
per ogni numero reale a, esiste un numero naturale n tale
che a sia maggiore del reciproco di n.
Questa proprietà non può valere per gli infinitesimi dato
che Leibniz aveva definito gli infinitesimi come i più piccoli
numeri immaginabili e quindi non potevano esistere
numeri reali minori.
Come superare l’impasse
abolire gli infinitesimi e rifondare il calcolo su
nuove basi (la strada scelta da Cauchy e
Weierstrass nell’Ottocento);
ridefinire in modo rigoroso i concetti di
infinitesimo e di derivata (è la strada di
Abraham Robinson negli anni Sessanta del XX
secolo).
Nel frattempo però…
Serie con somma infinita:
Guido Grandi
 Nel 1703 pubblicò il libro La
quadratura del cerchio e
dell’iperbole, al cui interno scoprì
lo stesso paradosso matematico
intuito anche da Leibniz, ossia
che la somma di una serie a
segni alterni di numeri può
non convergere (serie di
Grandi)
Luigi Guido Grandi, al secolo Francesco Lodovico Grandi (Cremona, 1º ottobre 1671 – Pisa, 4 luglio 1742).
Compì i suoi primi studi di grammatica sotto la guida del giovane letterato Giambattista Canneti e poi nel locale Collegio dei
Gesuiti, dove ebbe come maestro il futuro matematico Giovanni Girolamo Saccheri. All’età di 16 anni entrò nel monastero
camaldolese di Classe in Ravenna, assumendo il nome Guido in sostituzione degli originari Francesco Lodovico, e qui ritrovò
l’antico maestro divenuto padre Pietro Canneti. Proseguiti gli studi teologici a Roma e quelli geometrici e matematici a
Firenze, nel 1700 divenne professore di filosofia nel monastero camaldolese di Firenze.
Serie di Grandi
La somma infinita 1 − 1 + 1 − 1 + ...
(simile alla serie 1 − 2 + 3 − 4 + · · ·)
non si può sommare. Essa si può
rappresentare con la formula:
Con linguaggio moderno diremmo la successione delle sue somme
parziali non possiede limite.
In un senso esteso però si può dire che la sua somma di Cesàro (limite
del valor medio delle somme parziali) è 1/2.
Contare senza sommare:
Cantor e l’infinito attuale
 Alla fine dell’Ottocento il matematico
tedesco George Cantor, studiando il
possibile numero di discontinuità
nella convergenza delle serie di
Fourier si imbatte ne “il numero dei
naturali…+1”
 Nell’introdurre l’insieme derivato,
ossia l’insieme dei punti di
accumulazione di un insieme dato,
scopre e costruisce insiemi che
“spariscono” dopo essere stati
derivati tante volte quanti i numeri
naturali… +1!
 È la nascita degli ordinali transfiniti:
ω+1, ω+2, ω+3
Cantor e i suoi ordinali
 Per gli ordinali di Cantor non
vale la proprietà commutativa:
ω+1>1+ω.
 Invece: 1+ ω = ω.
 Cantor delinea l’algebra degli
ordinali transfiniti.
Contare e sommare:
Cantor: dagli ordinali ai cardinali
 Se si prescinde dall’ordine allora gli insiemi hanno un
loro CARDINALE, che definisce la numerosità
dell’INSIEME.
 EQUIPOTENZA: due insiemi sono equipotenti se
possono essere messi in corrispondenza biunivoca
tra di loro.
 Naturali, interi, razionali hanno la stessa potenza,
quindi lo stesso cardinale.
 I reali non sono equipotenti ai naturali: devono
avere un altro cardinale.
Si lavora con gli INFINITI
Il recupero degli infinitesimi:
Robinson e l’analisi non-standard
 Intorno agli anni ’60 del XX secolo Abraham
Robinson, un logico matematico tedesco
emigrato negli USA, scoprì che tutti gli insiemi
numerici potevano essere estesi con numeri “non
standard” che ne ereditavano le proprietà.
 Per l’insieme dei numeri reali questi altro non
erano che gli infinitesimi di Leibniz, definiti
questa volta in modo assolutamente rigoroso;
diventava così possibile fondare nuovamente
l'Analisi sul concetto di infinitesimo, cosa che
Robinson fece nel suo libro Non standard
Analysis (1966).
 “Analisi non standard” è il nome dato a questa
nuova formulazione dell’Analisi. Definizioni e
dimostrazioni ritrovano la semplicità e la linearità
che era del calcolo di Leibniz.
Robinson e l’infinitesimo attuale
Secondo Robinson un infinitesimo è un numero ε minore
in valore assoluto di qualsiasi 1/n per ogni n.
A differenza di Leibniz, egli attribuisce a tali ε la dignità di
numeri.
La categoria dei NUMERI IPERREALI è l’insieme dei
reali, degli infinitesimi, dei reciproci degli infinitesimi
(numeri infiniti) e di altri numeri infinitamente vicini ai
reali.
Un numero iperreale non infinito è, pertanto, della forma:
a+ε dove a è un numero reale ed ε un infinitesimo. Di
conseguenza, attorno ad un numero reale, esiste un
intorno di numeri iperreali a distanza infinitesima da esso,
i quali costituiscono l'insieme degli a + ε: tale insieme
viene detto monade e viene indicato con μ (a).
Si dimostra che ε è minore di ogni numero reale positivo.
La derivata secondo Robinson
A questo punto la nuova definizione di derivata
è semplicemente
Nell’esempio della funzione y = x 2
l’eliminazione finale dell’infinitesimo dx
è ora pienamente giustificata.
La derivata secondo Robinson
Per Robinson quindi gli infinitesimi sono
definitivamente diversi da zero e la loro eliminazione
è giustificata dall’uso della funzione st(_).
Anche la definizione di integrale e la dimostrazione
del teorema fondamentale del calcolo integrale
risultano molto semplificate usando questa
impostazione.
Si moltiplicano le rifondazioni dell’analisi
Negli anni ’70 il matematico inglese John Conway
inventa i numeri surreali, un’estensione degli iperreali.
Sarebbero piaciuti a Dalì e a De Chirico, se avessero
capito qualcosa di matematica
La Smooth Infinitesimal Analysis (SIA)
Sempre negli anni ’70 si sviluppa la SIA, che
porta alle estreme conseguenze il concetto di
continuità con il principio di microlinearità.
Conseguenza di questo principio è l’esistenza di
numeri non nulli a quadrato nullo: L’insieme
delle grandezze dx diverse da zero per le quali è
dx2=0 è non vuoto.
Si rinuncia al principio del terzo escluso: due
numeri o sono esattamente uguali, o
differiscono per un infinitesimo e quindi sono
indistinguibili o differiscono per un numero finito
e quindi sono diversi.
L’algebra degli infinitesimi nella SIA
Poiché dx2=0 l’algebra degli infinitesimi risulta semplificata
(x+dx)2 = x2+2xdx+dx2 = x2+2xdx
(x+dx)3 = x3+3x2dx+3xdx2+dx3 = x3+3x2dx
(x+dx)n = … = xn+nxn-1dx
E i limiti nella SIA?
Il numero di Nepero e diventa
1
dx
dx
e  (1  dx)
e  (1  dx)
1
dx
dx
 (1  dx)
sin x
sin dx dx
lim
 1 diventa

1
x 0
x
dx
dx
1  cos x
lim
0
x 0
x
diventa
1  cos( dx) 1  1 0


0
dx
x
dx
La derivata nella SIA?
La derivata viene definita in maniera
implicita: f(x+dx)=f(x)+f’(x)dx
Si evita la definizione esplicita che
comporta la divisione per un infinitesimo,
indistinguibile da zero.
Alcuni esempi
Se f(x)=x2 allora (x+dx)2=x2+f’(x)dx porge
x2+2xdx =x2+f’(x)dx da cui 2x=f’(x)
Se f(x)=sin(x) allora sin(x+dx)=sin(x)+f’(x)dx
porge sin(x)cos(dx)+cos(x)sin(dx)=sin(x)+f’(x)dx
da cui sin(x)+cos(x)dx=sin(x)+f’(x)dx da cui
cosx=f’(x)
Se f(x)=ex allora e(x+dx)=ex+f’(x)dx porge
exedx=ex+f’(x)dx da cui ex(1+dx)=ex+f’(x)dx da
cui ex=f’(x)
Dov’è il trucco?
Come può essere tutto così semplice? È il
ritorno a Leibniz la chiave di tutto?
Robinson mantiene gli infinitesimi e giustifica
l’eliminazione del dx con la regola della parte
standard.
Nella SIA l’eliminazione del dx è preventiva, si
fa dall’inizio ponendo dx2=0.
Sono solo trucchi?
Conclusione
Sarebbe ipotizzabile un percorso
didattico che approdi allo studio di
funzioni reali di variabile reale passando
per gli infinitesimi di Robinson o per la
SIA?
Quali sarebbero le conseguenze a livello
didattico?
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