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Servizio Nuovi Giunti - Psicologia e Giustizia
Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 Il “Servizio Nuovi Giunti”: un quarto di secolo di circolari, normative e attività dello Psicologo Ciro Garuti1 Abstract Nel presente lavoro ci si soffermerà ad analizzare gli elementi normativi - previsti dalle Circolari del DAP e dalle Leggi – che dal 1987 ad oggi hanno regolato il “Servizio Nuovi Giunti” del carcere che si occupa di prevenzione del rischio suicidario ed autolesivo. L’ottica in cui viene presentata la rassegna normativa è quella dell’attività dello Psicologo nel contesto penitenziario. Parole chiave: carcere, rischio suicidario, rischio autolesivo 1. Introduzione Negli ultimi anni la situazione carceraria è assurta spesso agli onori della cronaca per vari episodi di suicidio che hanno destato dibattiti ed allarme sociale. Il carcere, e la sua amministrazione, sono una struttura notevolmente complessa che risente, tra gli altri, del clima sociale e politico presente in un determinato momento storico. A livello di opinione pubblica, però, il suo funzionamento è poco conosciuto e spesso viziato da visioni parziali. Uno degli aspetti poco conosciuti è quello di come i detenuti vengono accolti al suo interno e quali sono le tutele sanitarie e psicologiche messe in atto. La tutela della salute della popolazione incarcerata2 trova il proprio fondamento in due articoli della Costituzione: nel primo comma dell’articolo 32 in cui si afferma che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti” e nel terzo comma dell’articolo 27 in cui viene enunciato che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Quanto affermato 1 Psicologo, Psicoterapeuta, AUSL di Ferrara. L’Amministrazione penitenziaria ha come fini istituzionali assicurare la custodia della persona reclusa e favorirne, attraverso il trattamento rieducativo, il reinserimento sociale così come previsto nel primo articolo della legge di riforma carceraria del 26 luglio 1975, n. 354. 2 Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 nella carta fondamentale dello Stato italiano è stato successivamente confermato anche dalla Corte Costituzionale che, nella sentenza n. 414/1990, ha ribadito che “il diritto alla salute, così come garantito dalla Costituzione italiana, è anche il diritto alla salute della persona detenuta”. Uno dei momenti più importanti per la vita di un detenuto è certamente quello dell’entrata in carcere. L’articolo 11 della Legge n. 354/75 istituisce la presenza di un Servizio sanitario che si occupa della salute dei soggetti detenuti. In particolare viene previsto che “all'atto dell'ingresso nell'istituto i soggetti sono sottoposti a visita medica generale allo scopo di accertare eventuali malattie fisiche o psichiche”. Per quanto riguarda la gestione di queste ultime, è prevista anche la presenza di almeno uno specialista in psichiatria con competenze che non saranno qui esaminate. 2. Il “Servizio Nuovi Giunti” dall’istituzione al 2007 All’interno del quadro di tutela della salute in generale dei detenuti al momento dell’entrata in carcere va inserita la tematica che, nella Circolare del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria (D.A.P.) n. 3233/5683 del 30 dicembre 1987, è definita sin dal titolo “Tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati e organizzazione del servizio nuovi giunti”. La Circolare nasce a seguito della “preoccupazione per i ricorrenti, gravissimi fenomeni, purtroppo in aumento, degli atti di autolesionismo, in ispecie dei suicidi, posti in essere dai detenuti e dagli internati e per gli atti di violenza di vario tipo da essi subiti ad opera di altri compagni di detenzione o di internamento” in quanto spesso “provengono dalla libertà soggetti giovanissimi o anziani, tossicodipendenti, soggetti in condizioni fisiche o psichiche non buone o comunque in condizioni di particolare fragilità, soggetti tutti ai quali la privazione della libertà, specie se sofferta per la prima volta, può arrecare sofferenze o traumi accentuati e tali da determinare in essi dinamiche autolesionistiche o suicide o tali da esporli al rischio di violenze da parte di detenuti o internati più duri o adusi al crimine, insieme con i quali essi fossero improvvisamente allocati”. Il “presidio psicologico” nuovi giunti viene affidato, sotto la responsabilità delle Direzione, agli Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 esperti ex articolo 803 della Legge n. 354/75 e che si affianca “pur senza sostituirli, alla prima visita medica generale (art. 11 co. 3 l. 354/75) ed al colloquio di primo ingresso (art. 23 co. 4, d.P.R. 431/76)”. L’esperto deve effettuare una “valutazione globale di massima sul livello di rischio: 1. di condotte violente su se stesso; 2. di subire violenze; articolando, separatamente per i suddetti 2 punti, un giudizio di rischio MINIMO – BASSO – MEDIO – ALTO – ALTISSIMO” e dare “specifiche indicazioni immediate per il sottufficiale responsabile dell’assegnazione del detenuto (nell’ambito delle direttive impartite dal direttore) relative alla sistemazione eventuale del detenuto in infermeria, in camera singola o in compagnia, con o senza piantone, con assistenza particolare, terapie, grande sorveglianza, ecc”. All’interno di questo servizio, secondo il progetto della circolare, attraverso il colloquio l’esperto dovrebbe rilevare la vulnerabilità di un soggetto e percepire se il “nuovo giunto” è da ritenersi a rischio suicida. L’ambiziosità di tale prospettiva è stata riconosciuta e mitigata poi dalla Circolare D.A.P. 16 maggio 1988, n. 3245/5695 in cui si afferma che “è chiara la consapevolezza, da parte dell’Amministrazione, della impossibilità, attraverso il colloquio con il nuovo giunto di ottenere un esame completo di personalità ed una diagnosi che portino a previsioni infallibili ed assolute sui rischi di atti autolesionistici da parte del soggetto o di atti di violenza su di lui. E, tuttavia, è comunque necessario realizzare, con ogni impegno, scrupolo ed attenzione, tutti gli interventi possibili, e innanzitutto l’indagine dettagliata indicata nella circolare 30 Dicembre 1987, evitando di livellare sistematicamente e senza motivazione verso l’alto l’indicazione del grado di rischio nella stesura della relazione, perché ciò invaliderebbe i risultati dell’impegno dell’Amministrazione”. L’orientamento generale delle circolari precedenti e la specificità del tipo di colloquio in ambito penitenziario è stato ribadito e specificato successivamente nella Circolare D.A.P. 10 ottobre 1988, n. 3256/5706 nella quale viene data inoltre la possibilità “nel caso di “Nuovi Giunti” di nazionalità straniera che non conoscano la lingua italiana e qualora non vi sia personale che sia in grado di comprendere la loro lingua, la Direzione dell’Istituto […] può utilizzare l’opera di un interprete che dia garanzia di sicuro affidamento e riservatezza, scelto tra quelli di cui si avvalgono normalmente gli Uffici giudiziari”. 3 Tale articolo prevede la possibilità durante la detenzione di avvalersi “per lo svolgimento delle attività di osservazione e di trattamento […] di professionisti esperti in psicologia, servizio sociale, pedagogia, psichiatria e criminologia clinica”. Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 Alcune circolari successive sottolineano la necessità di porre attenzione alla realizzazione e all’attività del servizio Nuovi Giunti come nella Circolare D.A.P. 28 dicembre 1988, n. 3258/5708 e successivamente nella Circolare D.A.P. 17 giugno 1997, n. 2844, in cui si sollecita “un sempre più rigoroso e tassativo rispetto delle circolari e direttive più volte emanate da questo Dipartimento, relative alla tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati, con particolare riferimento a quelle relative alla istituzione ed organizzazione del servizio nuovi giunti ed alla intensificazione nei confronti di tutti quei soggetti, che, o per situazioni oggettive o per intrinseca fragilità, possano classificarsi a rischio”. Con la nota n. 148719/4-2-I del 10 febbraio del 1998, ripresa dalla Circolare D.A.P. 12 maggio 2000, n. 3524/5974, vengono presentate le linee guida per un apporto migliorativo ed integrativo al sistema di prevenzione e di intervento ai fini di una riduzione del numero dei suicidi nelle carceri in cui, tra l’altro, si sottolinea la necessità che “l’intervento operato dal servizio nuovi giunti non risulti fine a se stesso e non si limiti alla mera individuazione e classificazione, nell’apposita scheda, del rischio di autolesionismo o suicidario” ed a cui faccia seguito “una effettiva «presa in carico» dei detenuti classificati a rischio ed avviati all’interno delle sezioni, sia da parte del personale di custodia sia soprattutto degli operatori dell’area trattamentale e sanitaria e di quello del servizio specialistico di psichiatria per i soggetti che abbiano manifestato disagio psichico o più gravi forme di disagio ambientale”. Il D.P.R. 230/00 di regolamento sull’ordinamento penitenziario integra alcuni aspetti già definiti dall’art. 11 della Legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel D.P.R. il Servizio Nuovi Giunti non viene citato esplicitamente, anche se all’articolo 23 comma 3 si prevede che “un esperto dell'osservazione e trattamento effettua un colloquio con il detenuto o internato all'atto del suo ingresso in istituto, per verificare se, ed eventualmente con quali cautele, possa affrontare adeguatamente lo stato di restrizione”. Già nella premessa della Circolare G.D.A.P. 6 giugno 2007, n. 0181045 viene asserito dall’Amministrazione penitenziaria il tentativo di realizzare un avanzamento rispetto a quanto posto in essere sino a quel momento intendendo “istituire o potenziare, laddove già esistente, il servizio di accoglienza per le persone detenute provenienti dalla libertà, attuando un raccordo tra quanto già disposto in passato con il servizio nuovi giunti e le possibilità aperte nel presente, gettando le basi per quanto sarebbe auspicabile Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 nel prossimo futuro: far percorrere il carcere alla medicina senza barriere con il territorio”. Per realizzare ciò viene ribadito che “le funzioni dello psicologo dell’attuale servizio nuovi giunti saranno espletate da professionista già convenzionato ai sensi dell’art. 80 della Legge 354/1975” a cui vanno associate “altre figure professionali, in modo da costituire uno staff di accoglienza multidisciplinare che prenda in carico i detenuti nuovi giunti, anche al fine di predisporre azioni specifiche per prevenire atti di autolesionismo. Lo staff si compone del direttore che lo coordina, del medico incaricato o del medico SIAS, dell’infermiere, dello psicologo, dello psichiatra, del responsabile dell’area educativa (o di un suo delegato) e del comandante del reparto di polizia penitenziaria (o di un suo delegato). Viene integrato con la presenza di altri specialisti come: gli operatori del Ser.T., gli assistenti sociali e i mediatori culturali e/o sociosanitari, a seconda delle esigenze e dei problemi manifestati dal detenuto. Inoltre, ricorre alla collaborazione esterna di operatori del volontariato con specifiche qualifiche”. Viene inoltre specificato che “lo staff multidisciplinare, la cui composizione numerica dipende dalla grandezza dell’istituto, si riunisce periodicamente per determinare le linee operative di lavoro e la definizione del protocollo operativo”. Tale protocollo prevede un’articolazione su due livelli: “1. Il primo livello, nel cui ambito operano il medico e l’infermiere, si attiva immediatamente, appena sono state concluse le procedure amministrative di ingresso (immatricolazione, etc.). 2. Il secondo livello ricomprende invece tutti gli interventi successivi”. Di notevole importanza per gli obiettivi di questo lavoro è il fatto che “senza ritardo - e comunque non oltre le 36 ore dall’ingresso - si attivano gli interventi dello psicologo - per la valutazione del rischio auto/eterolesionistico - e di tutti quegli specialisti di cui si rende necessaria la consulenza, con particolare riguardo allo psichiatra, se è sospettata o individuata precocemente una patologia mentale. […] Lo psichiatra può poi essere chiamato in causa sia, in prima battuta, dal medico, sia al termine del successivo colloquio con lo psicologo”. Viene anche definita la categoria dei nuovi giunti delimitata “alle persone alla prima esperienza detentiva; a giovani che, compiuta la maggiore età, transitano dagli istituti minorili al circuito penitenziario degli adulti; a coloro che affrontano una detenzione a lunga distanza di tempo da una precedente esperienza di restrizione”. 3. Il passaggio al Servizio Sanitario Nazionale della Sanità penitenziaria Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 Un passaggio fondamentale per inquadrare lo svolgimento attuale dell’attività del Servizio Nuovi Giunti è il passaggio avvenuto nel 2008 con il D.P.C.M. del primo aprile dalla Sanità Penitenziaria al Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Questo passaggio ha richiesto una “lunga marcia” iniziata con l’articolo 5 della Legge 419/98 che delegava il Governo per emanare uno o più Decreti Legislativi per il riordino della Medicina Penitenziaria nei sei mesi successivi ed a cui ha fatto seguito l’emanazione del Decreto Legislativo n. 230/99 sul “Riordino della Medicina penitenziaria” per fornire chiare direttive in materia. All’articolo 1 comma 1 di tale Decreto si assume che “i detenuti e gli internati hanno diritto, al pari dei cittadini in stato di libertà, alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione, efficaci ed appropriate, sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale, nei piani sanitari regionali e in quelli locali” ed al comma 2 si prevede che il SSN, tra le altre cose, assicuri “a) livelli di prestazioni analoghi a quelli garantiti ai cittadini liberi; […] d) interventi di prevenzione, cura e sostegno del disagio psichico e sociale”. Dopo un periodo di sperimentazione in alcune Regioni del passaggio al SSN e ad alcune difficoltà che hanno determinato una serie di rinvii, nel 2008 avviene il passaggio. Nell’Allegato A del D.P.C.M. sopraccitato tra gli “Obiettivi di salute e Livelli essenziali di assistenza” si prevede la “riduzione dei suicidi e dei tentativi di suicidio, attraverso l'individuazione dei fattori di rischio”. Nel paragrafo intitolato “La medicina generale e la valutazione dello stato di salute dei nuovi ingressi” si prevede che venga realizzata una “valutazione medica e psicologica di tutti i nuovi ingressi, da effettuarsi, se del caso, in più momenti temporali e per congrui periodi di osservazione; […] tale valutazione è fatta dal medico di medicina generale del presidio, in collaborazione con lo psicologo e con il supporto degli accertamenti specialistici del caso” e che vi sia l’”adozione di procedure di accoglienza che consentano di attenuare gli effetti potenzialmente traumatici della privazione della libertà, ed esecuzione degli interventi necessari a prevenire atti di autolesionismo” con la “messa a punto di risposte appropriate per i quadri clinici riscontrati, con valutazione periodica in ordine all’efficacia degli interventi, sempre in collaborazione con gli specialisti coinvolti”. Nel paragrafo “Prevenzione, cura e riabilitazione nel campo della salute mentale” si prevede Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 inoltre che, rispetto alla salute psichica dei detenuti, si attui “un sistema di sorveglianza epidemiologica, attraverso l’osservazione dei nuovi giunti e la valutazione periodica delle condizioni di rischio” e che, per quanto riguarda gli operatori, si curi “la formazione e l'aggiornamento degli operatori coinvolti, ivi compreso il personale penitenziario, secondo moduli che tengano conto delle specificità del contesto in cui si opera”. Successivamente all’emanazione del D.P.C.M. dell’aprile 2008, sono stati approvati una serie di accordi e documenti tra Governo, Regioni e Province autonome da parte della Conferenza Unificata per la sua realizzazione concreta. Tra questi va ricordato l’accordo del 31 luglio 2008 che ha sancito la costituzione del “Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria” che ha lavorato per definire i dettagli del passaggio al SSN. 4. Il “Servizio Nuovi Giunti” e il Servizio Sanitario Nazionale L’Amministrazione penitenziaria, dopo il passaggio al SSN, in tema di prevenzione dei fenomeni autoaggressivi, ha emanato la Circolare 26 aprile 2010 GDAP-0177644 in cui sottolinea che le “condizioni generali di rischio [autolesivo] vanno valutate nel contesto della situazione personale e psicologica di ciascun singolo detenuto. Si richiama quindi l’importanza delle disposizioni dipartimentali che hanno istituito e disciplinato l’accoglienza per i nuovi giunti dalla libertà, con particolare riferimento al ruolo dello staff multidisciplinare […]. In particolare si richiama l’attenzione sul fatto che l’efficacia dell’intervento dello staff è strettamente connessa con la sua tempestività; da ciò discende l’importanza del fatto che i soggetti maggiormente a rischio siano immediatamente presi in carico. Si ribadisce, pertanto, la necessità che le direzioni degli istituti, in accordo con le direzioni sanitarie, regolamentino con provvedimenti organici il momento dell’accoglienza e della presa in carico dei detenuti da parte dello staff”. Ultima in ordine di tempo, al momento attuale, è la Circolare 25 novembre 2011, n. GDDAP-044533 che prevede una revisione radicale del modello di trattamento dei detenuti. Per quanto riguarda la “disciplina dei nuovi giunti occorrerà coordinare le disposizioni già emanate con nuove norme che superino lo schema custodialistico, descritto dalle Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 circolari tuttora vigenti sulle misure volte alla prevenzione del suicidio. Ciò appare dettato, da un lato, dalla necessità di coordinare l’intervento con le nuove competenze regionali circa l’assistenza sanitaria, nel caso di specie psichiatrica, per la parte incidente sulla materia. Dall’altro, per assicurare forme di intervento professionale basate sulla comunicazione e sulla interpretazione dei segni del disagio, più che su burocratiche disposizioni fondate sul controllo più o meno a vista”. La realizzazione di queste nuove modalità passerebbe attraverso l’”intervento partecipato tra operatori della Sanità ed operatori penitenziari, fondato su un Accordo tanto a livello centrale che a livello periferico”, il che prenderebbe la forma di “un gruppo di lavoro tecnicoscientifico4, composto anche da operatori penitenziari e sanitari, che avrà il compito di elaborare […] un programma operativo di prevenzione del rischio auto lesivo e suicidario in carcere”. Tale programma dovrà “prevedere specifiche modalità operative ed organizzative di intervento nei confronti del disagio; basarsi su una ricognizione dell’esistente in ciascuna Regione ed Istituto/servizio penitenziario, in termini di disposizioni normative e pratiche già in atto; avviare in tempi brevi una sperimentazione preliminare in almeno una realtà locale, attraverso un apposito progetto pilota; definire chiaramente ed in modo concordato le competenze e le responsabilità delle singole istituzioni; assicurare il monitoraggio e la valutazione, anche attraverso l’utilizzo di strumenti per la verifica dell’applicazione delle procedure stesse (es.: audit, monitoraggio della diffusione e della conoscenza delle procedure, ecc.)”. Infine, “a garanzia di un livello minimo di omogeneità sul territorio nazionale si ritiene necessario che siano ulteriormente assicurati: percorsi di formazione congiunta degli operatori appartenenti alle diverse amministrazioni coinvolte, incluso il personale di Polizia Penitenziaria; la stesura di report periodici, di norma annuali, a cura dell’Osservatorio Permanente regionale; l’inoltro dei report al Tavolo nazionale di consultazione permanente, per consentire una visione nazionale dell’andamento del fenomeno e delle misure di contrasto messe in atto”. Nella circolare si asserisce esplicitamente che vengono introdotti alcuni nuovi aspetti: “1) La nuova operatività delle attività rese in staff, con particolare riguardo alla sinergia tra operatori penitenziari e sanitari; 2) L’estensione a tutta la popolazione detenuta delle iniziative mirate alla prevenzione del suicidio; 3) La sostituzione della tradizionale attività dì sorveglianza con le nuove 4 La creazione del gruppo di lavoro è prevista entro 3 mesi dalla pubblicazione della Circolare Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 attività di “sostegno”, assicurate in accordo tra le componenti dello staff, per la prevenzione del suicidio; 4) Stretta collaborazione con altri Enti Sanitari e Sociali del territorio competenti in materia (Dipartimenti salute mentale, Province, Comuni, case famiglia, volontariato sociale)”. La Conferenza Unificata, in data 9 gennaio 2012, ha approvato l’accordo sul documento recante “Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale” che prevede che si “sviluppi capacità di intercettare e trattare con tempestività stati di disagio psicologico e disturbo psichico o altri tipi di fragilità, attivando un coordinamento funzionale delle diverse figure professionali presenti, a prescindere dal loro rapporto di dipendenza istituzionale, capacità quindi di migliorare le interazioni e le sinergie funzionali tra le diverse figure con l’obiettivo […] di mettere in atto misure di contenimento del rischio suicidario e di arrivare ad una reale diminuzione dei comportamenti autolesive e dei suicidi da parte delle persone detenute”. La realizzazione passa attraverso quanto descritto anticipatamente nella Circolare 25 novembre 2011, n. GDDAP-044533, con la quale condivide finalità di intenti e modi, di un gruppo di lavoro tecnico-scientifico con gli obiettivi succitati. 5. Considerazioni conclusive Come si può ben vedere dall’excursus presentato sulle varie normative che si occupano del rischio suicidario ed autolesivo in ambiente carcerario, nell’ultimo quarto di secolo il modo di affrontare la tematica ha avuto sviluppi e trasformazioni significative sia nella lettura del fenomeno sia come modo per affrontarlo. Le norme del passaggio della sanità penitenziaria al SSN hanno influito sul modo in cui può essere affrontato il tema, anche se non si sono ancora dispiegati completamente gli effetti in ambito normativo che sulle singole realtà concrete. L’apparato normativo ha visto il ruolo dello Psicologo spostarsi dal cercare di valutare il rischio di atti suicidari ed autolesivi nella fase iniziale della carcerazione ad una visione più ampia del rischio limitata non solo ad alcune tipologie di detenuti ma a tutta la popolazione detenuta e nell’intero suo percorso carcerario, come già avviene in altre realtà, in particolar modo quelle anglosassoni. La consapevolezza della necessità di Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 affrontare il problema degli atti suicidari ed autolesivi in carcere non solo come rischio per specifiche categorie e concentrato in momenti specifici ma come processo che può realizzarsi in qualunque momento del percorso detentivo, richiederà di avere a disposizione risorse, sia economiche che di personale e di formazione, utili per poter gestire una realtà complessa e variegata nelle sue espressioni concrete. Riferimenti normativi Legge 26 luglio 1975, n. 354 (in Suppl. ordinario alla Gazz. Uff., 9 agosto, n. 212) Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà Sentenza della Corte Costituzionale n. 414/1990 Circolare D.A.P. 30 dicembre 1987, n. 3233/5683 – Tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati. Istituzione e organizzazione del servizio nuovi giunti Circolare D.A.P. 16 maggio 1988, n. 3245/5695. Chiarimenti relativi all’applicazione della circolare n. 3233/5683 del 30 dicembre 1987 (istituzione e organizzazione del Servizio nuovi giunti) Circolare D.A.P. 10 ottobre 1988, n° 3256/5706 - Tutela della vita e della incolumità fisica e psichica dei detenuti e degli internati. Servizio nuovi giunti. Circolare D.A.P. 28 dicembre 1988, n. 3258/5708. Tutela della vita e della salute dei detenuti e degli internati Circolare. D.A.P. 17 giugno 1997, n. 2844. Tutela della vita e della salute delle persone detenute. Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario Legge 30 Novembre 1998, n. 419 (Gazzetta Ufficiale del 7 Dicembre 1999, n. 286) Delega al Governo per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale e per l'adozione di un testo unico in materia di organizzazione e funzionamento del Servizio sanitario nazionale. Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, Collegato alla legge di Bilancio dello Stato per l'anno1998 Decreto Legislativo 22 Giugno 1999, n. 230 (Gazzetta Ufficiale 16 luglio 1999, n. 165) - Riordino della medicina penitenziaria, a norma dell'articolo 5, della legge 30 novembre 1998, n° 419 Psicologia e Giustizia Anno 13, numero 2 Giugno-Dicembre 2012 Circolare D.A.P. 12 maggio 2000, n. 3524/5974. Atti di autolesionismo e suicidi in ambiente penitenziario. Linee guida operative ai fini di una riduzione dei suicidi nelle carceri Circolare G.D.A.P. 6 giugno 2007, n. 0181045 - Detenuti provenienti dalla libertà: regole di accoglienza - Linee di indirizzo D.P.R. 30 giugno 2000, n. 230 (Gazzetta Ufficiale 22 agosto 2000, n. 195) Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà D.P.C.M. 1 aprile 2008 (Gazzetta Ufficiale 30 maggio 2008, n. 126) - Modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria Circolare 26 aprile 2010, n. GDAP-0177644 - Nuovi interventi per ridurre il disagio derivante dalla condizione di privazione della libertà e per prevenire i fenomeni autoaggressivi Circolare 25 novembre 2011, n. GDDAP-044533 - Modalità di esecuzione della pena. Un nuovo modello di trattamento che comprenda sicurezza, accoglienza e rieducazione ACCORDO CONFERENZA UNIFICATA 19 gennaio 2012 (Gazzetta Ufficiale 10 febbraio 2012, n. 34) - Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento proposto dal Tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria recante «Linee di indirizzo per la riduzione del rischio autolesivo e suicidario dei detenuti, degli internati e dei minorenni sottoposti a provvedimento penale» NOME E INDIRIZZO AUTORE: CIRO GARUTI, c/o Ser.T. Cento (FE), Via Accarisio, 30, Cento (FE) email: [email protected] , tel: 051903314