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Brillanti soluzioni - Investment Diamond Company
MILANO FINANZA 12 Marzo 2016 Quelli di elevata qualità negli ultimi dieci anni hanno guadagnato il 40% (nel frattempo Piazza Affari si è dimezzata). Ma servono alcune precauzioni 27 DIAMANTI Brillanti soluzioni di Elena Dal Maso P raticamente dimezzato. L’indice Ftse Mib di Piazza Affari è arretrato, negli ultimi dieci anni, di oltre il 50%. Nello stesso arco di tempo l’Eurostoxx 50 è sceso quasi del 22%. Invece chi avesse investito in un bene alternativo come i diamanti di alta qualità avrebbe guadagnato quasi il 40%, in base all’indice espresso in dollari (trattasi di una materia prima) elaborato da Investment Diamond Company, società con sede ad Anversa, che ha messo a confronto i dati delle due maggiori fonti disponibili sul mercato mondiale, cioè idexonline e lo storico Rapaport Price List. Prende in considerazione pietre comprese fra 0,5 e oltre 10 carati, purezza fra IF (la massima) e VVS, colore fra i gradi D e G e taglio Excellent. Invece un altro indice, riferito ai diamanti di tipo melee, molto più piccoli ma molto più scambiati (compresi fra 0,003 e 0,28 carati, purezza IF-VVS, colore da D a J) perché usati di solito in gioielleria, ha visto quotazioni in rialzo di circa il 25%, sempre sui dieci anni. Solo la borsa americana (S&P 500 +55%) ha saputo far meglio. Tutti di corsa, allora a comprare diamanti? Calma. È bene sapere, per esempio, che non esiste un listino aperto sui diamanti come invece per le azioni. Le contrattazioni di Anversa e Tel Aviv, le piazze dove si scambiano le pietre, è riservato solo agli operatori di settore. E anche se oggi stanno prevalendo le piattaforme di scambio via web dei diamanti (Rapnet e Idexonline le maggiori), anche queste non sono accessibili all’investitore finale. Vero che i prezzi delle pietre fanno riferimento al Rapaport Diamond Report, aggiornato ogni settimana, che però funge da indicatore di massima fra domanda e offerta. Di conseguenza il prezzo finale potrebbe essere a forte sconto o anche a premio rispetto al listino. Per rendere più trasparente e liquido il listino, Martin Rapaport, a capo del suo impero di diamanti con sede a New York (Rapnet afferma di scambiare 6,2 miliardi di dollari all’anno) ha voluto specificare il più possibile la qualità dei diamanti (tutti certificati Gia, la migliore analisi di laboratorio al mondo) presenti nel listino per ridurre la forchetta fra domanda e offerta (si tratta delle Rapaport Specification A3). Da anni operano società DUE INDICI DI QUOTAZIONE DEI DIAMANTI IDC COMMERCIALS INDEX €/$ - CHART 10 ANNI IDC Commercial Index € IDC Commercial Index $ 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 ’16 IDC HIGH QUALITY INDEX €/$ - CHART 10 ANNI IDC High Quality Index € IDC High Quality Index $ 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 ’16 LOMBARD STREET La partita del real estate A una settimana dal Mipim, il rinomato congresso internazionale di operatori del settore immobiliare, il fondo di investimenti mediorientale Investcorp, presieduto da Mohammed AlArdhi, ha annunciato il proprio ingresso nel mercato real estate europeo con la nomina di Neil Hasson a managing director della neonata divisione. Un veterano con esperienza trentennale nel settore, Hasson arriva dal gruppo australiano Maquarie, dove ricopriva la carica di senior managing director del business Mohammed Al-Ardhi di credito immobiliare in Europa, e avrà il compito di sviluppare il portafoglio di Investcorp seguendo una strategia di investimento core-plus in ambito residenziale e commerciale. Il fondo di origine bahrainiana è solo l’ultimo dei player internazionali a buttarsi nel real estate europeo, attirato dalle numerose opportunità di dealmaking. Secondo i dati di Real Estate Analytics, in Europa nel 2015 sono state concluse operazioni per un controvalore totale di 300 miliardi di euro - record storico - un terzo del quale ha visto protagonisti attori extra-europei. Una partita di Monopoli su scala continentale. Fonte: Rapaport Price List/Idexonline - Elab. Investment Diamond Company GRAFICA MF-MILANO FINANZA che fanno da intermediari fra le borse di diamanti e l’utente finale e propongono pietre preziose come forma di investimento. Se all’inizi del Duemila in Italia c’era chi si impegnava per contratto a riacquistare le pietre che in precedenza aveva venduto, oggi pare che nessuno si obblighi per iscritto al riacquisto. Come funziona, allora? Ogni società che rivende le pietre da investimento lavora su un proprio listino prezzi, aggiornato periodicamente. Alcuni collocano i diamanti direttamente ai clienti, altri solo attraverso il canale bancario. I prezzi sono espressi in euro e qui bisogna tener conto del rischio cambio. Se la valuta comune si rafforza è un bene per chi acquista, non se è il dollaro a salire. Possono essere tolte dal blister di protezione e montate in gioielli senza per questo perdere valore. «Siamo sempre disponibili a riacquistarli, facendo da intermediario. Cerchiamo un acquirente all’interno del circuito delle gioiellerie per collocarli. Anche in questo caso la commissione di vendita è pari al 10% del valore della pietra», spiega Verdini. Diamond Love Bond, invece, propone diamanti da 0,5 a 2 carati attraverso le filiali di Ubi Banca e Banco di Desio e della Brianza. Una pietra taglio brillante da un carato, colore D, purezza Fl-If, qualità triplo Excellent, fluorescenza assente, certificato Gia, costava (listino del 27 febbraio 2016) 30.996 euro. Comprende l’Iva al 22%, iscrizione al laser Gia, trasporto e assicurazione. È fondamentale sapere che cosa include il prezzo di vendita. D’Amante, per esempio, società con sede ad Albignasego (Padova), faceva pagare 25.996 euro (alla data del 27 febbraio) una pietra a taglio brillante da uno fino a 1,49 carati, colore D, purezza IF. Il prezzo comprende l’Iva al 22% e a questo va aggiunto «un 10% di commissioni per chi acquista, che coprono l’assicurazione annuale con i Lloyd’s di Londra in caso di furto o scippo e l’intermediazione», spiegato Fabio Verdini, presidente di D’amante. La società vende pietre da investimento (vanno da un minimo di uno fino a 2,99 carati) nelle sue 41 gioiellerie (di proprietà) dislocate in Italia e sta avviando contatti con gruppi bancari per poterle proporre allo sportello. Queste pietre hanno una certificazione (può essere Gia, o anche Hrd, Igi) e un taglio che va da excellent a good. Uno degli aspetti più apprezzati dell’investimento in diamanti è che non si pagano tasse sull’eventuale plusvalenza al momento della vendita. «Acquistiamo pietre anche da chi non le ha comprate da noi», spiega Marcello Manna, alla guida di Investment Diamond Company, società di Anversa che si occupa di consulenza e vendita di diamanti da investimento, «però facciamo verificare il certificato Gia per essere sicuri di che cosa stiamo trattando. E paghiamo in base alle quotazioni del listino Rapaport, cui vanno aggiunti per l’Italia l’Iva del 22% e un 2% di costi, fra commissioni, trasporto e assicurazione che copre fino alla consegna». La società di Manna non fa pagare commissioni a chi vende diamanti, solo a chi acquista, e opera da intermediario fra domanda e offerta, anche in questo caso senza l’onere dell’acquisto. (riproduzione riservata) Uscita dai grandi magazzini Scossa ai piani alti di Harrods. Il managing director Michael Ward ha comunicato internamente nella giornata di giovedì le sue prossime dimissioni dalla guida del celebre department store di lusso di Knightsbridge. Esperto di contabilità e retail, prima di essere nominato managing director di Harrods nel 2005 dall’allora proprietario Mohammed Al Fayed, Ward ha trascorso buona parte della sua carriera come direttore Michael Ward finanziario di multinazionali attive nel campo farmaceutico e dei beni di largo consumo, oltre a un breve periodo nel mondo del private equity in qualità di partner della divisione retail e consumer goods presso Apax Partners. Grande appassionato di arte, Ward è anche un esperto cuoco e un grande amante della cultura e della cucina italiana, due passioni che hanno influenzato in una certa misura l’offerta del department store sotto la sua gestione, come le iniziative di ristorazione pop-up realizzate in collaborazione con Identità Golose, il consorzio enogastronomico fondato da Paolo Marchi. Anche per lui è giunta l’ora di scendere con l’Egyptian escalator. Prosit, Prowein È ai nastri di partenza, domenica 13 marzo, Prowein, la fiera vitivinicola più importante al mondo, che si terrà al polo fieristico di Düsseldorf fino al 15 marzo. Al debutto quest’anno il nuovo direttore Marius Berlemann, trentenne dalla carriera folgorante, cui si deve lo sviluppo di Prowein a livello internazionale grazie soprattutto alla creazione degli eventi satelliti di Shanghai e Singapore, due mercati di importante sbocco per il settore vitivinicolo. Una mossa in cui molti rivedono la fortunata esperienza di Art Basel nel mondo dell’arte. Alla fiera sono attesi quasi 6 mila espositori provenienti da 50 Paesi delle regioni vitivinicole più importanti del mondo. Tra i campioni italiani si troveranno anche la cooperativa Cavit, capitanata da Enrico Zanoni, la casa produttrice della famiglia Sartori, ma anche consorzi come La Tutela del Franciacorta e quello del Vino Brunello di Montalcino. Dal Regno Unito e dall’Irlanda sono già partiti i più importanti rappresentanti del trade e alcuni produttori di whisky come Lombard Brands, Duncan Taylor e Angus Dundee Distillers. Che il brindisi abbia inizio. Egerdon Pelham - [email protected]