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Il profilo psicologico dell`imprenditore
IIm mpprreennddiittoorrii ddeell tteerrzzoo m miilllleennnniioo,, ccoom mppeetteennzzee,, ssffiiddee,, ooppppoorrttuunniittàà!! (l’iniziativa si svolge nell’ambito di Start Cup Piemonte Valle d’Aosta) U.P. Progetti Imprenditoriali Innovativi Responsabile: Rita Sorisio Coordinatore Loredana Fayer XIV ciclo formativo 18 incontri: (ottobre 2014/giugno 2015) Obiettivo: proporre e diffondere tra i giovani la cultura d’impresa Mercoledì 5 Novembre 2014 ore 9,30 – 13,00 Sala Rossa Palazzo del Rettorato Via Po, 17 Torino Il profilo psicologico dell’imprenditore (incontro con gli psicologi) Relatori Luigi SPADAROTTO (Psicologo) Cristina Donati Marello (Psicologa) Mezzi pubblici: 13, 15, 18, 55, 56, 61 68 da Grugliasco: 64 (Porta Nuova) La partecipazione è gratuita e valida per il riconoscimento dei crediti formativi Segreteria: Carmen GIORDANO Tel. 011 6703078 - [email protected] Sito web: www.unito.it alla voce: servizi per gli studenti>orienta-lavoro Ai partecipanti ad almeno 2/3 dei seminari sarà rilasciato un attestato, previo superamento dell’esercitazione finale IMPRENDITORI DEL TERZO MILLENIO – COMPETENZE, SFIDE, OPPORTUNITà XIV ciclo formativo (ottobre 2014/giugno 2015) Il profilo psicologico dell’imprenditore (incontro con gli psicologi) Relatori Contenuto svolto da Luigi Spadarotto UNITO 5 novembre 2014 1 TEMI PROPOSTI A. Sondaggio estemporaneo per analizzare l’orientamento imprenditoriale B. Alcuni ambiti della Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione: B.1 Capire che cosa c’è dentro le teste, oltre al cervello, per orientarsi e per orientare (ovvero come la personalità individuale possa condizionare le scelte professionali) B.2 Sapere che cosa c’è fuori della testa che condiziona il cervello (ovvero come la struttura organizzativa e le sue finalità siano anch’esse determinanti nel orientare le politiche aziendali) C. Le parole evangeliche, dei santoni del management, per avere successo D. Cimentiamoci con un po’ di realtà: il caso “scintilla” 2 A. QUESTIONARIO ESSENZIALE SULLA DISPOSIZIONE ALL’AGIRE IMPRENDITORIALE (Luigi Spadarotto©) ASPETTI SIGNIFICATIVI DEL MIO MODO DI FARE QUASI POCO PER NULLA PRESENTE PRESENTE ABBAST. MOLTO PRESENTE PRESENTE 1) POSSIEDO COME INDOLE PERSONALE IL CORAGGIO DI RISCHIARE 2) RIESCO A DEFINIRE CON CHIAREZZA I MIEI OBIETTIVI 3) ANTICIPO I PROBLEMI CHE DOVRO’ AFFRONTARE, INDIVIDUANDO LE LORO CAUSE E LE SOLUZIONI CHE RITENGO UTILI. 4) AFFRONTO LE SITUAZIONI INCERTE CON FREDDEZZA E LUCIDITA’ MIRANDO ALL’ ESSENZIALE. 5) HO DIMESTICHEZZA CON I CALCOLI E CON L’IMPIEGO FRUTTUOSO DEL DENARO 6) SO COME RASSICURARE GLI ALTRI IN CASO DI DIFFICOLTA’ CHE CI ACCOMUNANO 7) SONO CAPACE DI MOTIVARE I MIEI INTERLOCUTORI E COLORO CHE COINVOLGO NELLE MIE INIZIATIVE 8) RIESCO A FARMI CAPIRE FACILMENTE E SENZA GIRI DI PAROLE 9) INTERAGISCO FACILMENTE CON LE PERSONE E SENZA PREGIUDIZI 10) MI PIACCIONO LE NOVITA’ 11) SONO TENACE E NON MOLLO FINCHE’ NON CONCLUDO FAVOREVOLMENTE UN PROGETTO AVVIATO. 12) SONO INSTANCABILE, ANCHE SE SUBISCO FRUSTRAZIONI DURANTE IL PERSEGUIMENTO DI UN OBIETTIVO 13) INTUISCO AL VOLO LA TATTICA DA ADOTTARE APPENA HO INQUADRATO LA SITUAZIONE 14) PRIMA DI PRENDERE UNA DECISIONE RACCOLGO E ANALIZZO CON SCRUPOLO I DATI E LE INFORMAZIONI PERTINENTI E CONSULTO LE FONTI SCIENTIFICHE ACCREDITATE 3 A.1 BEVE COMMENTO AL QUESTIONARIO SULLA DISPOSIZIONE ALL’AGIRE IMPRENDITORIALE La recensione dei risultai emersi dopo la compilazione dei protocolli da parte dei partecipanti presenti ha sostanzialmente messo in evidenza una generale attitudine (scelta dei valori superiori della scala di valutazione) alla intraprendenza, segnalata soprattutto dalle voci 11 e 12 che rimandano alla tenacia e alla sopportazione delle inevitabili frustrazioni che colpiscono chiunque si cimenti con l’incertezza associata alla libera impresa. B. Alcuni ambiti della Psicologia del Lavoro e dell’Organizzazione Si è rilevato che la capacità di affrontare gli impegni della libera iniziativa in ambito industriale o professionale è in certa misura condizionata dalla personalità del soggetto che intraprende, il quale può, o meno, essere consapevole delle sue particolari inclinazioni. Senza poter, in questa sede, entrare nel merito delle singole propensioni si è, a scopo puramente didattico e dimostrativo, messo in evidenza come la personalità di un individuo sia consolidato oggetto d’analisi scientifica dalla quale trarre significative ipotesi attorno al comportamento degli individui. Solo per dare l’idea si è proposto il sottostante inquadramento che sintetizza le dimensioni del profilo di personalità che caratterizza il modello di Eysenck. E’ intuitivo, anche se non scontato, che un imprenditore sia più attrezzato ad affrontare le peripezie del suo Business se possiede alcuni tratti confacenti indicati dallo schema sotto riportato. 4 B.1 TIPOLOGIA DI TEMPERAMENTI INDIVIDUATI CON IL TEST DI EYSENCK Le due dimensioni o assi, estroversione-introversione ed emotivo stabilità-instabilità, definiscono quattro quadranti. In questi ambiti si collocano soggetti così qualificabili: estroversi stabili: fanno emergere attributi come: loquace, sensibile, tollerante, vivace, spensierato, autorevole. estroversi instabili fanno emergere attributi come: permaloso, irrequieto, eccitabile, mutevole, impulsivo, irresponsabile. introversi stabili fanno emergere attributi calmo: pacato, sicuro, controllato tranquillo, riflessivo, attento, cauto. introversi instabili fanno emergere attributi come: tranquillo, riservato, pessimista, sobrio, rigido, ansioso, ombroso. Alle precedenti categorie si è aggiunta successivamente, da parte dei curatori del test, quella di Psicoticismo ossia una rassegna di comportamenti condizionati dal livello di aggressività, intrinseco ad ogni persona, che nei loro aspetti antisociali si rendono visibili sotto forma di asprezza, imprudenza, impulsività, insensibilità, ecc. mentre nella dimensione più adattativa si manifestano sotto forma di assertività, virilità, affermazione, determinazione, ecc. B.2 UN MODELLO DI ANALISI ORGANIZZATIVA PER COMPRENDERE IL RUOLO DELLA PSICOLOGIA DELL’ORGANIZZAZIONE Tra i vari modelli che cercano di descrivere e illuminare la struttura organizzativa abbiamo scelto quello più intuitivo, escogitato anni fa dai professionisti della Mc Kinsey e denominato 7S, allo scopo di fornire ai manager gli elementi essenziali per procedere ad una razionalizzazione aziendale. In pratica i sette fattori (strategia, struttura, sistemi procedurali e operativi, stile di leadership, staff/caratteristiche dell’organico, skill/competenze e valori condivisi) 5 costituiscono i tasselli per ricomporre mediante una analisi di coerenza un quadro generale più adatto ad affrontare i problemi di adattamento con l’ambiente. La figura qui esposta mette in evidenza l’intreccio delle interazioni tra i sette fattori. A. 6 C. LE PAROLE “EVANGELICHE”, DEI SANTONI DEL MANAGEMENT. NEL SUCCESSO IMPRENDITORIALE L’80% E’ MERITO DELLA GIUSTA MENTALITA’ C.1. INTERROGATIVO CRUCIALE COME MAI ALCUNI NEO-LAUREATI DIVENTANO FINANZIARIAMENTE AUTONOMI IN POCO TEMPO, MENTRE MOLTI ALTRI NON HANNO CAMBIATO PER NIENTE LA LORO SITUAZIONE? LA RISPOSTA DEI GURU È SEMPLICE: L’AUTONOMIA ECONOMICO- FINANZIARIA È INFLUENZATA MOLTO PIÙ DALLA PSICOLOGIA CHE DALLA TECNICA. IN PRATICA IL SUCCESSO DERIVA PER L’80% DALLA DISPOSIZIONE PSICOLOGICA E SOLO PER IL 20% DAL POSSESSO DI UN SAPERE NOZIONISTICO. QUESTO RAPPORTO 80/20 VALE ANCHE NELLO SPORT. TRA IL MIGLIORE IN UNA DISCIPLINA SPORTIVA E QUELLI IN BASSO NELLA GRADUATORIA LE DIFFERENZE TECNICHE SONO DI SOLITO MINIME. INVECE LA DIFFERENZA CHE FA LA DIFFERENZA E’ L’ATTEGGIAMENTO PSICOLOGICO IL CAMPIONE HA NELLA SUA MENTE CREDENZE, IMMAGINI, DIALOGO INTERNO E MODELLI DI COMPORTAMENTO CHE LO PREDISPONGONO ALLA VITTORIA. LO SPORTIVO SCADENTE COLTIVA INVECE, ANCHE INCONSAPEVOLMENTE, CONVINZIONI CHE LO PREDISPONGONO ALLA SCONFITTA I GURU NON HANNO DUBBI E’ LA MENTE A RENDERCI VINCENTI O PERDENTI, AFFERMATI O GREGARI. 7 C.2. LA MENTE DEI RICCHI FUNZIONA DIVERSAMENTE DA QUELLA DEI POVERI. UNO STUDIO IN USA SULLA MENTE DEI MILIONARI SI PROPONEVA DI CAPIRE SE COSTORO RAGIONAVANO DIVERSAMENTE DAGLI UOMINI COMUNI. RISULTATI L’80% DI CHI E’ NATO POVERO E CHE SUCCESSIVAMENTE E’ DIVENTATO RICCO HA UN MODO DIVERSO DI PENSARE RISPETTO ALLA MAGGIORANZA CHE NON E’ RIUSCITA A MIGLIORARE LA PROPRIA SITUAZIONE FINANZIARIA. LO STUDIO HA SCOPERTO QUESTI ASPETTI DISTINTIVI DELLA PSICOLOGIA DEI RICCHI: 1. I RICCHI ACCETTANO LA TOTALE RESPONSABILITÀ DELLE LORO AZIONI E DELLA LORO VITA. 2. I RICCHI SANNO CHE LA RICCHEZZA È INNANZITUTTO UNO STATO MENTALE, CHE PRESCINDE DAL VALORE MONETARIO. 3. I RICCHI SANNO CHE L’AUTONOMIA FINANZIARIA È IL RISULTATO REPLICABILE. DI UN MODELLO 4. I RICCHI CONOSCONO L’IMPORTANZA DEL “GRUPPO DEI PARI” E FREQUENTANO PERSONE CHE POSSONO RINFORZARE E SOSTENERE I LORO COMPORTAMENTI E LE LORO CONVINZIONI 8 IL PRIMO PUNTO È UN ELEMENTO BASILARE. SE NELLA TUA VITA HAI LA TENDENZA AD INCOLPARE GLI ALTRI, O QUELLO CHE SUCCEDE INTORNO A TE, ALLORA NON POSSIEDI UNA STRATEGIA VINCENTE. OGGI NEL BUSINESS, MA ANCHE NELLA VITA QUOTIDIANA, NON ESISTONO CONDIZIONI GARANTITE, PRODOTTI E SERVIZI LONGEVI, POSTI DI LAVORO SICURI, RIFERIMENTI STABILI. CIO’ SIGNIFICA CHE PER QUANTO VALIDO TU SIA SE POSSIEDI COMPETENZE CHE OGGI IL MERCATO NON PREMIA, NON SERVE PRENDERSELA CON LA GLOBALIZZAZIONE O CON LA CONCORRENZA SLEALE O CON “I PADRONI”. E’ TUA E SOLO TUA LA RESPONSABILITÀ DI SVILUPPARE QUELLE COMPETENZE CHE IL “MERCATO” (MA ANCHE IL CONTESTO SOCIALE) E’ DISPOSTO A RICONOSCERE E A PREMIARE. PER ADERIRE A QUESTE CONSIDERAZIONE E’ PERO’ NECESSARIO ELIMINARE LA CREDENZA CHE ESSE SIANO FASULLE. C.3. IMPORTANTE. NON CREDIAMO CIÒ CHE VEDIAMO, MA VEDIAMO CIÒ CHE CREDIAMO (wayne W. Dyer) QUESTA MASSIMA TROVA RISCONTRO IN AFFERMAZIONI COME: “SE CREDI NELLA SCARSITÀ E NE PARLI COSTANTEMENTE, NE TROVERAI MOLTA NELLA TUA VITA”. E ANCHE: “SE CREDI NELL’ABBONDANZA E NE PARLI SEMPRE, LA TUA VITA SARÀ PIENA DI ABBONDANZA.” GLI ESPERIMENTI HANNO DIMOSTRANO CHE CIO’ CHE SI TROVA NELLA MENTE IMPEDISCE DI VEDERE ANCHE CIÒ CHE ESISTE REALMENTE, DAVANTI AI NOSTRI OCCHI. 9 IN EFFETTI LE NOSTRE IDEE E CONVINZIONI CI RENDONO CIECHI. TUTTAVIA CIO’ CHE DI NUOVO RIESCE AD INSTALLARSI NELLA NOSTRA MENTE CI PERMETTE DI VEDERE COSE CHE PRIMA NON VEDEVAMO, ANCHE SE ERANO EVIDENTI. “LA MENTE, UNA VOLTA CHE È STATA ALLARGATA PER FAR POSTO AD UNA NUOVA IDEA, NON TORNA PIÙ INDIETRO ALLE DIMENSIONI ORIGINALI” HA SCRITTO (Oliver Wendell Holmes). L’IDEA DEL SUCCESSO E DELLA AFFERMAZIONE È QUALCOSA CHE PREDISPONE LA NOSTRA MENTE AD ASSIMILARE NUOVI PENSIERI, NUOVE CONVINZIONI, NUOVE IMMAGINI, NUOVE PAROLE COERENTI CON QUELLE IDEE. C.4. IN DEFINITIVA LE TECNICHE SONO UTILI, MA DETERMINANO SOLO IL 20% DEL RISULTATO. CIÒ CHE CREDI, CIÒ CHE PENSI, CIÒ CHE VEDI, CIÒ CHE DICI, OSSIA LE PAROLE CHE USI, PROCURANO IL RESTANTE 80%. 10 D. UN RIFERIMENTO ALLA REALTA’ DICUTENDO UN CASO DIDATTICO Per dare un’idea, seppur mediata da una narrazione, dei problemi di vario genere che un giovane imprenditore può incontrare soprattutto nella fase iniziale della sua intrapresa, è stato fatto leggere e discutere un “Caso Didattico” tratto, con i dovuti adattamenti, dalla recensione della realtà industriale del nostro paese. In particolare sono state messe in evidenza le difficoltà derivanti dalla polarizzazione delle competenze tecniche dei titolari e dalla loro conseguente incapacità di comprendere i problemi finanziari e fiscali dai quali può dipendere, se non ben risolti, la stessa sopravvivenza dell’azienda a prescindere dalla qualità dei prodotti commercializzati. Anche la crescita, vista quasi sempre come indicatore di successo imprenditoriale, può mettere a repentaglio la determinazione dei gestori, soprattutto se costoro erano abituati ad affrontare un sistema di relazioni circoscritto e di facile controllo. Lo scoglio è soprattutto presentato dalla delega; una vera iattura per chi si sente sovrano nel proprio dominio specialistico. 11 IMPRENDITORI DEL TERZO MILLENIO – COMPETENZE, SFIDE, OPPORTUNITA’ XIV ciclo formativo (ottobre 2014/giugno 2015) IL PROFILO PSICOLOGICO DELL’IMPRENDITORE 5 novembre 2014 A cura di Cristina Donati Marello CARATTERISTICHE DELL’IMPRENDITORE: COMUNICAZIONE E STORIE DI VITA Nel cercare di realizzare un quadro sintetico delle mie esperienze di vita imprenditoriale, mi sono affidata al ben noto modello prodotto dalla Scuola di Palo Alto coordinata da P. Watzlawick, (1967). I cinque assiomi della comunicazione, che costituiscono il cardine di quell’orientamento, mi hanno consentito di dare un senso alle mie esperienze, facendo emergere le caratteristiche imprenditoriali che ho imparato e che per una parte erano già patrimonio famigliare. Ecco i cinque assiomi: 1. 2. 3. 4. 5. L’impossibilità a non-comunicare I livelli comunicativi sono di due tipi: di relazione e di contenuto. La punteggiatura della sequenza di eventi Comunicazione numerica e analogica L’interazione può essere complementare o simmetrica. La questione del patrimonio culturale e famigliare è importante perché attraverso un modello conosciuto, quello famigliare appunto, ho sviluppato una serie di competenze e attitudini (ti ho aggiunto attitudine per giustificare il desiderio che non è proprio una competenza) di base, come la valutazione e la presa in carico del rischio imprenditoriale, il desiderio di esplorare nuove possibilità lavorative, la sfida personale di potercela fare, nonostante le difficoltà. Quest’atteggiamento culturale però, fa già emergere,come è stato in parte richiamato in un precedente intervento, alcune delle caratteristiche tipiche dell’imprenditore: Il senso di responsabilità che il ruolo include. Il senso del rischio Il desiderio di provarsi sempre in nuove situazioni. L’assunzione di rischio nel guadagno, spesso altalenante La tenacia nel proseguire Imparare dagli errori e renderli risorsa sfruttabile. La necessaria condivisione delle visioni altrui Il bisogno di non fare tutto da soli, imparando ad accettare le differenze tra individui e a coglierne gli aspetti positivi e remunerativi. Queste sono alcune delle caratteristiche che sento come mie e che ho affinato con l’esperienza lavorativa. Tutto questo non sarebbe stato possibile, senza una condotta costruita sulla attenzione alla comunicazione. Il primo assioma introduce un aspetto importante, che è quello che qualsiasi cosa facciamo, in qualche modo, stiamo comunicando. Imparare ad ascoltare per modulare la nostra comunicazione, diventa così il precursore di un’attenta e contestualizzata comunicazione, ad esempio con il cliente. Se non conosciamo il parere del cliente o le sue necessità, non sappiamo se siamo in grado di soddisfarlo nella sua richiesta. Se pensiamo che l’unica idea giusta sia la nostra, disconfermiamo il cliente e di solito non riusciamo a servirlo adeguatamente. Per fare un esempio pratico: se dimostro intolleranza verso una richiesta, il cliente ne è partecipe e sente che non siamo disponibili. Per accogliere la richiesta, che è sempre diversa dalla mia ho bisogno di: - Conoscere le mie competenze - Accogliere le richieste - Valutare se riesco a soddisfarle - Adeguarmi alle richieste in base alle mie capacità, oppure condividere con altri professionisti, il lavoro in oggetto. Se comunico fastidio e paura, il cliente sarà il primo ad accorgersene e ad averne timore, chiudendo così, come si dice in gergo, la porta. Il secondo assioma affronta il contesto a livello meta-comunicativo, asserendo che la comunicazione può essere costituita sia di un contenuto puramente informativo, sia un di un tono che conferisce una particolare caratteristica alla relazione tra i parlanti. Il terzo assioma mette in evidenza l’esistenza di una particolare sequenza degli scambi che ha luogo tra le persone in interazione (si parla infatti di Punteggiatura della sequenza degli eventi) Ciò che due persone si scambiano, a livello comunicativo, permette di porre attenzione su un aspetto piuttosto che su un altro. Gli ostacoli alla comunicazione sono proprio quelli che ripropongono situazioni uguali e non aderenti ai contesti. Tutto ciò si può evitare se ognuna delle persone in comunicazione, riesce ad ascoltare veramente l’altro e a porsi in una situazione di accoglienza. Questo permette di variare la punteggiatura, in altre parole di porre l’attenzione su punti diversi da quelli critici che innescano il circolovizioso. Anche in questa situazione la storia e il carattere della persona, alimentano o rallentano il processo. Il quarto assioma propone che la comunicazione può essere numerica, cioè verbale o analogica, cioè resa evidente con il corpo e il viso. Non è facile stupirsi se mentre parliamo di una cosa di cui siamo poco convinti, con il nostro corpo, le nostre espressioni del viso, comunichiamo tutt’altro. Un esempio pratico è quello di comunicare la nostra disponibilità, mentre siamo a braccia conserte o distanti dal cliente. Ogni nostra espressione del viso è campo di scambio relazionale. Aggiungiamo o togliamo al verbale anche senza accorgercene del tutto. Una buona comunicazione è contestualizzata, ossia quando risponde al livello di scambio cui appartiene. Ad esempio in una trattativa commerciale serrata, dove il range di trattativa è basso, il sorriso è fuori luogo e dà motivo di pensieri poco aderenti al contesto. L’ultimo assioma enuncia che l’interazione tra persone può essere complementare o simmetrica. Mi riferisco per semplicità, al classico esempio del conflitto sul lavoro (e non solo). E’ complementare quando (io direi gli obiettivi) delle persone coinvolte sono condivisi e apprezzati seppur da due posizioni gerarchicamente differenziate, una sovraordinata e l’altra sotto-ordinata, mentre nella forma simmetrica le posizioni sono rigide e perseveranti creando una contrapposizione che non produce cambiamento e quindi interazioni efficaci e produttive. E’ veramente molto complesso descrivere le caratteristiche dell’imprenditore, ma ci basti pensare che la storia personale, i vissuti famigliari e le esperienze lavorative, interagiscono costantemente, producendo effetti ed efficacia che variano al variare della qualità della comunicazione.