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L` occhio

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L` occhio
L’ occhio
Antonio Fiore
Donato Paternoster
Donato Masserio
Struttura
L'occhio, sferoide di 22mm di diametro circa, è costituito da
1. Cornea
Tessuto trasparente privo di vasi
sanguigni, ma abbondante in cellule
nervose, approssimativamente
semisferico con diametro 12mm, spessore
0.6mm e indice di rifrazione 1.38.
All'interfaccia aria-cornea, dove l'indice di
rifrazione varia da 1 a 1.38, la luce
subisce una significativa curvatura.
2. Umor Acqueo
Cavità dietro la cornea riempita di liquido
acquoso che provvede al suo nutrimento.
3. Iride
Diaframma che dona all'occhio il suo
caratteristico colore e controlla la quantità
di luce entrante attraverso un'apertura
variabile detta pupilla.
4. Cristallino
E’ una sfera appiattita formata da un gran
numero di fibre trasparenti. Provvede,
cambiando opportunamente forma, alla
regolazione nel processo di messa a fuoco
sulla retina.
5. Umor Vitreo
Sostanza trasparente
gelatinosa priva di struttura e
contenente piccoli detriti cellulari
detti “galleggianti” perché
vengono visti come piccole
macchie nel campo visivo. Si
trova dietro al cristallino,nel bulbo
oculare.
6. Retina
E’ una membrana fotosensibile
composta da cellule nervose.
Queste cellule si distinguono a
seconda del loro aspetto e della
loro funzione in coni e bastoncelli.
Ha il compito di trasformare le
immagini in impulsi nervosi che il
nervo ottico trasmette poi al
cervello.
7. Pupilla
La pupilla è un'apertura posta al centro
dell'iride che permette l'entrata della luce nel bulbo
oculare. Il suo diametro varia in base all’intesità
luminosa ambientale come il diaframma di un
obiettivo fotografico.
8.Sclera
E’ lo strato più esterno dell’occhio.
E’un rivestimento protettivo che
ricopre circa i 5/6 della superficie
oculare e che nella parte anteriore
si lega alla cornea.
9.Coroide
E’ uno strato molto ricco di vasi
sanguigni che riveste i 3/5 posteriori
del bulbo oculari ed è in continuità
con l’iride. Fornisce alla retina ossigeno
e zuccheri.
Coni & Bastoncelli
I coni e bastoncelli sono dei fotorecettori situati sulla retina che hanno il
compito di tradurre in segnali bioelettrici la luce. I primi si concentrano
nella zona centrale della retina (la macula) e sono deputati alla visione dei
colori (fotopica) e alla visione distinta; ne esistono almeno tre tipi diversi,
rispettivamente per il rosso, il verde e il giallo (se ne contano circa 6
milioni per occhio).
I bastoncelli, invece, sono più sensibili al movimento, sono impiegati per
la visione al buio (scotopica) e si concentrano nella zona periferica della
retina.
In basso segue uno schema sulla disposizione dei fotorecettori.
Funzione dei muscoli
oculari
I movimenti dell’occhio vengono prodotti da 5
muscoli oculari che spostano il bulbo oculare in
alto,in basso,a sinistra,a destra e in senso
obliquo. I muscoli oculari,lavorando insieme,
hanno anche l’importante funzione di far
convergere entrambi gli occhi sullo stesso
punto in modo che le immagini percepite dai
due occhi coincidano.
Il lavoro di tali muscoli garantisce anche la
fusione delle immagini da essi percepite,la
valutazione delle dimensioni,tridimensionalità e
della distanza dell’oggetto osservato
Ma il cervello spesso da più importanza all'immagine proveniente
da un occhio rispetto all'altra...
Scommettiamo che anche voi avete un occhio dominante?
Difetti dell’occhio
Miopia
E’ una malattia della vista causata
dall’allungamento del bulbo
oculare.L’immagine si forma
d’avanti alla retina e gli oggetti
lontani appaiono fuori fuoco. Il
punto più lontano dell’occhio a cui
vi è una visione nitida senza
alcuna accomodazione è detto
punto remoto miope.
Corretto da lenti divergenti che spostano il punto remoto
miope e quello prossimo verso posizioni normali si può
correggere la miopia.
Ipermetropia
Altra malattia dell’occhio umano è
l’ipermetropia,dovuta alla
restrizione del bulbo oculare che
comporta la proiezione
dell’immagine dietro la retina.
In tal modo gli oggetti vicini
appaiono sfocati. Questa patologia
può verificarsi anche quando i
muscoli oculari non riescono a
modificare la forma del cristallino
per mettere a fuoco i raggi
luminosi.
Corretto da lenti convergenti che spostano il punto
prossimo ipermetrope verso la posizione normale si può
correggere l’ipermetropia.
Astigmatismo
è l’errore refrattivo in cui vi è una differente refrazione oculare lungo i
diversi meridiani causando differenti linee di focalizzazione sulla retina, le
quali causano una visione sfuocata a tutte le distanze.
Tipi di astigmatismo:
• Astigmatismo corneale, dovuto ad un'anomala curvatura
della cornea
• Astigmatismo secondo regola, il più diffuso, nel quale il
meridiano più curvo è quello verticale
• Astigmatismo contro regola, nel quale il meridiano più
curvo è quello orizzontale
• Astigmatismo obliquo
• Astigmatismo semplice, nel quale si ha solo astigmatismo.
Un meridiano si focalizza sulla retina
• Astigmatismo composto, in cui l'astigmatismo è associato
ad una ametropia
• Astigmatismo misto, in cui una focalina è miope e l'altra
ipermetrope
Visione di un astigmatico
Sintomi:
Astigmatismi di grado lieve possono essere asintomatici oppure
presentare sintomi derivanti dal continuo cambio di
accomodazione nel tentativo di ottenere un'immagine il più nitido
possibile. Tali sintomi consistono in dolori ai bulbi oculari, dolori
sull'arcata cigliare, bruciore agli occhi, lacrimazione eccessiva.
Astigmatismi di grado medio elevato presentano solitamente una
visione sfuocata, sia nella visione per lontano che per vicino.
Cause
Un certo grado di astigmatismo corneale è fisiologico
(mediamente 0.75) dovuto alla pressione palpebrale che
genera un lieve appiattimento del profilo corneale.
L'astigmatismo di grado elevato è generalmente congenito
e può subire delle lievi variazioni nel corso della vita.
L'astigmatismo irregolare è successivo a modificazioni della
cornea a seguito di traumi, lesioni e infezioni.
Trattamento
L'astigmatismo può essere corretto con l'uso di lenti oftalmiche
cilindriche o toriche, oppure con lenti a contatto gas-permeabili o
morbide. Anche l'astigmatismo può essere corretto tramite la
chirurgia refrattiva.
George Seurat - La Grande Jatte (1884-1886)
A che distanza la tinteggiatura appare
uniforme?
Speriamo che la visione sia
stata “nitida”!!!
Grazie per l’attenzione e alla prossima!
E come dice il proverbio:
”OCCHIO NON VEDE … CUORE NON DUOLE!!”
Questo lavoro è stato
realizzato da:
• FIORE ANTONIO
• PATERNOSTER DONATO
• MASSERIO DONATO
“Flower & Pater” Production © Copyright 2009 - Tutti i diritti riservati
• LA LENTE
La lente (dal latino lens, lentis =
lenticchia) è un dispositivo ottico
realizzato in materiale trasparente,
solitamente vetro , delimitato da due
superfici sferiche o una superficie
sferica e una piana. Inizialmente,
esperti vetrai costruiscono le prime
lenti.
Solo nel Cinquecento si diffonde l'idea di mettere più lenti insieme
per far apparire gli oggetti lontani, vicini ma senza una teoria
ottica. Keplero, astronomo e filosofo tedesco, con le quali costruì
il suo primo telescopio, costituito da lenti convesse sia come
obiettivo sia come oculare. Velocemente il telescopio si diffonde e
ne vengono costruiti di diversi modelli, con differenti schemi ottici,
uno dei primi sarà Galileo che ne perfezionerà le prestazioni
aumentando la capacità di ingrandimento delle lenti e
trasformandolo in un formidabile strumento per l'indagine
astronomica:il cannocchiale. Esso è un tubo di legno che contiene
una lente obiettiva biconvessa .
La distanza focale di una lente è la distanza tra il centro della
lente e il punto in cui si forma l'immagine di un oggetto posto
all'infinito.
Una lente biconvessa è più spessa al centro e più sottile ai bordi,
cosicché la luce che l'attraversa converge. L'immagine di un
oggetto visto attraverso di essa risulta a fuoco solo se l'oggetto si
trova a una determinata distanza dalla lente, dipendente dalla
forma di quest'ultima.
Il fuoco è il punto in cui convergono i raggi che provengono
paralleli all'asse ottico (ovviamente i fuochi sono due).
Maggiore è lo "spessore" della
lente, minore è la distanza
focale :
di 2F (doppio della distanza focale).
Si forma una immagine reale
rovesciata rimpicciolita fra F e 2F
:
distanza maggiore di 2F ),
l'immagine si allontana
da F (sempre fra F e 2F ) e si
ingrandisce :
• Il cristallino dell'occhio umano è una lente
biconvessa elastica, capace di cambiare
forma (e quindi punto focale) a seconda
della distanza da mettere a fuoco. Se la
lente è biconvessa o piano-convessa un
fascio di luce parallelo all'asse che
attraversa la lente viene fatto convergere (o
focalizzare) su un punto dell'asse, ad una
certa distanza oltre la lente nota come
distanza focale.
La lente biconvessa è la forma più semplice
e comune di lente d’ingrandimento, con
piccola lunghezza focale, con la quale è
possibile ottenere ingrandimenti fino a circa
15 volte . Il microscopio è uno strumento
POTERE
D’INGRANDIMENTO E DI
RISOLUZIONE
• I principali parametri che caratterizzano
un microscopio sono il potere di
ingrandimento e il potere di risoluzione.
• Il primo è definito come il rapporto tra la
dimensione dell’immagine ingrandita e
quella dell’oggetto osservato. Il potere
d’ingrandimento è ottenibile dal rapporto
fra il diametro della lente e il diametro
dell’obbiettivo:
D/d
• Invece il potere di risoluzione di un sistema
ottico consiste nella capacità di distinguere
due punti dell’oggetto che stiamo
osservando come due punti distinti fra di
loro (questo concetto è importantissimo: il
PdR è relativo alla distanza fra i punti e
non al diametro del singolo punto). Il
potere risolutore si ottiene con il seguente
rapporto:
13",4/ d
(d sta come diametro dell’obbiettivo espresso in centimetri).
• L’occhio umano non può distinguere due
punti separati da meno di 0,1 mm (PdR =
0,1 mm). Impiegando il microscopio ottico il
potere risolutivo sale a 0,2 μm.
Figura: osservazione di una roccia al microscopio
ottico.
Invece, usando il microscopio
elettronico si arriva a 0,4 nm.
Figura: osservazione della cornea al microscopio elettronico a
scansione.
A cura
di:
Betti Favia
Katia Sabato
&
Stefania Riviello
Breve storia del microscopio ottico
Il primo semplice microscopio ottico era composto da una sola lente, un
tubo ed un piattino sul fondo. Ciò dava circa 10 ingrandimenti.
Nel 1590 due olandesi, Zaccharias Janssen e suo figlio, osservarono che
aumentando il numero di lenti in un tubo, regolandone la distanza e la
grandezza, l’oggetto osservato diventava molto più grande. Era quindi
l’antenato del microscopio composto e del cannocchiale sviluppato poi da
Galileo in Italia.
Un altro olandese Antonvan
Leewenhaek, considerato il padre del
moderno microscopio, nel 1648,
raggiunse circa 300 ingrandimenti,
dando delle particolari curvature alle
lenti. Riuscì in questo modo a vedere
batteri, la minuscola vita in gocce
d’acqua di palude e migliaia di altre
cose invisibili fino ad allora.
Nel 1665 Robert Hooke osservò,
invece, un sughero e descrisse
per la prima volta, la struttura
cellulare propria di tutti i viventi.
Nel 1859 negli USA fu pubblicata la prima pubblicità sul
microscopio.
Da allora in numerosi paesi europei e negli Stati Uniti si
sviluppò la produzione di microscopi, fino a raggiungere
ingrandimenti di circa 2000 volte. Inoltre a questi microscopi
fu aggiunta la luce che serviva solamente a migliorare la
visione dell’oggetto osservato.
Queste brevissime note storiche ci permettono di capire
come l’attuale microscopio ottico sia il frutto di un’evoluzione
tecnica e scientifica di ben 400 anni.
A cosa serve il
microscopio ottico?
In generale si ritiene che il
microscopio ottico serva ad
ingrandire cose molto piccole, ma
non è proprio così; infatti la sua
funzione principale è quella di
distinguere i particolari di
strutture estremamente piccole
in maniera molto chiara. Il
microscopio ottico è
comunemente usato per le
diagnosi mediche e per lo studio
dei tessuti.
Caratteristiche del microscopio ottico
1. Potere risolutivo;
2. Apertura numerica;
3. Profondità di campo;
4. Profondità di fuoco;
5. Ingradimento ;
6. Abberazioni;
7. Illuminazione;
1. Potere risolutivo
Il potere risolutivo di un sistema ottico
consiste nella capacità di distinguere due punti
dell’oggetto che stiamo osservando come due
punti distinti fra di loro.
L’occhio umano non può distinguere due punti
separati da meno di 0,1 mm ( PdR= 0,1mm).
Impiegando il microscopio ottico, il potere
risolutivo sale a 0,2 μm.
Il potere risolutivo rappresenta una delle
caratteristiche fondamentali del sistema ottico
che compone il microscopio ed è diretta
funzione delle lenti, dell’indice di rifrazione
delle lenti interposte fra campione e lente e
della lunghezza d’onda della luce impiegata.
Esso è legato all’apertura numerica (AN) e alla
lunghezza d’onda tramite la relazione :d=λ/2AN
nota come principio di Abbe.
2. Apertura numerica
L’apertura numerica della lente dell’obiettivo è il suo
angolo d’accettazione della luce. I fattori che influenzano
l’AN sono l’indice di rifrazione del mezzo interposto fra
oggetto e lente e la distanza di lavoro della lente
all’oggetto.
Il fisico tedesco Abbe ha elaborato una formula
matematica che esprime l’AN di un dato obbiettivo:AN=n
sen dove n=indice di rifrazione del mezzo interposto fra
lente e oggetto ed n sen=1\2 dell’angolo di accettazione
della luce della lente frontale dell’obbiettivo.
In definitiva, l’AN è un valore che descrive le qualità della lente
ed è un parametro così importante che le case produttrici
stampano questo dato direttamente sulla struttura esterna
dell’obbiettivo.
Oltre a questo ,l’AN ci indica anche quale è l’ingrandimento
finale massimo che un obbiettivo è in grado di sopportare,è
sufficiente moltiplicare l’AN per 1000 e si avrà l’ingrandimento
massimo al quale l’obbiettivo può essere usato.
Infine possiamo affermare che l’AN dell’obbiettivo determina il
Potere di Risoluzione ,secondo la formula di Abbe sopra citata.
3. Profondità di campo (PDC)
La profondità di campo rappresenta la distanza fra due piani,
al di sopra e al di sotto del campione da osservare, messi
contemporaneamente a fuoco dell’obbiettivo. È piuttosto
evidente che, se il campione da esaminare ha un certo
spessore e l’obbiettivo ha una profondità di campo ridotta, si
potranno avere delle difficoltà nella messa a fuoco. La
profondità di campo e inversamente proporzionale all’AN
dell’obbiettivo, per cui ad es. un obbiettivo ad immersione
100X (AN 1,25) ha una PdC di 0,15μm, mentre un obbiettivo a
secco da 25 X (AN 0,40) ha una PdC di 0,4μm.
4. Profondità di fuoco ( PDF)
Dall’altra parte dell’obbiettivo in
corrispondenza dell’osservatore, si trova il
piano di fuoco dell’immagine: il grado di messa
a fuoco dell’immagine e chiamata profondità di
fuoco. Questo paragrafo ha importanza
analoga alla PdC, ma presenta una importante
differenza: aumentando il potere di
ingrandimento dell’obbiettivo la PdC
diminuisce, mentre la PdF aumenta.
5. Ingrandimento
L’ingrandimento è il rapporto tra le dimensioni dell’oggetto
originale, e quelle delle immagine ottenuta.
L’ingrandimento lineare o angolare del microscopio ottico
è dato da:
MA = MoX Me
Dove Mo è l’ingrandimento dell’obbiettivo e Me quello
dell’oculare. L’ingrandimento dell’obiettivo dipende dalla
sua lunghezza focale fo e dalla distanza d tra il piano
focale posteriore dell’obiettivo e il piano focale
dell’oculare.
Mo = d/fo
d viene chiamato anche lunghezza ottica del tubo, fissa,
e nei moderni strumenti ottici generalmente di 160 mm.
Da notare che gli obiettivi devono essere progettati per
una data lunghezza ottica di utilizzo (riportata
sull’obiettivo stesso). Anche l’ingrandimento oculare
dipende dalla sua lunghezza focale fe e può essere
calcolato da normali equazioni delle lenti d’ingrandimento.
In pratica per calcolare l’ingrandimento al quale si
osserva un campione si moltiplica quello proprio
dell’obiettivo per quello dell’oculare. Tale
ingrandimento è quello dell’immagine visibile,
idealmente riportata sul piano su cui giace il
campione stesso e cioè alla distanza tra
quest’ultimo a quella dell’osservatore. Diversa è la
situazione se l’immagine viene raccolta su di uno
schermo o una lastra fotografica: in questo caso è
necessario tenere conto dell’altezza dello schermo
( o pellicola) rispetto all’oculare e l’ingrandimento
sarà quello risultante sul negativo. In questi casi
conviene sempre usare un vetrino micrometrico,
per avere un sicuro termine di paragone. Con i
migliori obiettivi e oculari e nelle ideali condizioni
di illuminazione l’ingrandimento utile del
microscopio ottico può raggiungere i 1000-1500
diametri (1000-1500 X). Aumentando il miraggio
del tubo o proiettando l’immagine su di uno
schermo lontano si potrebbero raggiungere
ingrandimenti maggiori.
6. Aberrazioni
Le principali aberrazioni , difetti del sistema nel
formare un’immagine nitida e risolta, che affliggono il
microscopio, e le loro eventuali correzioni si possono
riassumere in:
•Aberrazione sferica―›sistemi asferici;
•Aberrazione cromatica―›sistemi acromatici―›sistemi
apocromatici;
•Astigmatismo dei fasci obliqui―›sistemi anastigmatici;
•Coma ―›sistemi asferici;
•Curvatura di campo;
•Distorsione a cuscino e barilotto―›asferici.
A secondo della branca di microscopia considerata, tali
difetti saranno più o meno rappresentati.
7. Illuminazione
Esistono diversi sistemi di illuminazione del campione, a
seconda delle sue caratteristiche di trasparenza o
opacità:
• Campo scuro
Con un opportuno diaframma anulare posto subito sotto il
condensatore, è possibile obliterare tutta la parte
centrale del fascio illuminante in modo che nulla di esso
penetri nell’obbiettivo. Il fondo dell’immagine appare
nero, ma l’oggetto, illuminato da tutti i lati dai raggi più
obliqui che sfuggono all’obbiettivo, appare chiaro su fondo
oscuro. In questo modo il contrasto nell’immagine è
elevatissimo.
Questa tecnica è semplicissima (un diaframma anulare in
un condensatore normale di forte apertura), ma per gli
obbiettivi di maggiore apertura occorre un condensatore
speciale a specchi (oppure specchi e lenti, al fine
di ridurre le aberrazioni) e gli obbiettivi di apertura
superiore ad 1 debbono possedere un diaframma interno
che ne limiti l’apertura.
• Campo chiaro
La luce proviene da una sorgente di illuminazione ed è fatta
convertire sul preparato dal condensatore, formando quindi un cono
di luce intensa in grado di penetrare nell’obbiettivo.
• Fluorescenza
Consiste nell’illuminare l’oggetto con radiazione di corta lunghezza
d’onda (regione blu-viola dello spettro, oppure ultravioletta) e
nell’osservare l’immagine formata dalla radiazione di fluorescenza
eventualmente emessa dall’oggetto. L’oggetto appare così colorato
su fondo nero. Se l’oggetto non è spontaneamente fluorescente
(“fluorescenza primaria”) è possibile in genere trattarlo con
opportune sostanze coloranti fluorescenti (“fluocromi”); si ha così la
“fluorescenza secondaria” o “indotta”. Poiché i fluocromi, come in
genere i coloranti, hanno affinità specifiche per talune parti
dell’oggetto, anche la fluorescenza indotta
diviene uno strumento per mettere in evidenza strutture od oggetti
particolari in mezzo ad altri oggetti.
L’osservazione in fluorescenza richiede una lampada forte, anche ad
incandescenza, ma preferibilmente ad arco in vapori di mercurio, ed
una serie di filtri opportuni.
• Illuminazione obliqua
Con un semplice intervento sul condensatore (basta un
pezzo di cartone a livello del diaframma d’apertura) si
può obliterare una parte del fascio illuminante in modo
da illuminare l’oggetto di lato, obliquamente; dosando
questa obliquità, è possibile ottenere un campo semioscuro in cui l’oggetto spicca con contrasto aumentato e
con un effetto di ombreggiatura che simula un rilievo.
Con questa tecnica si opera una manipolazione sulla
radiazione che traversa l’oggetto direttamente, e la si
mette in opposizione di fase con la radiazione diffratta
dall’oggetto stesso. Ne deriva un’immagine fortemente
contrastata anche se l’oggetto è trasparentissimo: tutto
si basa sulle differenze di indice di rifrazione fra
l’oggetto ed il mezzo che lo circonda. Il fondo
dell’immagine rimane chiaro. Per questa tecnica occorre
un condensatore ed una serie di obbiettivi speciali, di
alto costo.
• Radiazione polarizzata
Tutti i fenomeni legati alla polarizzazione, e quindi alla
birifrazione degli oggetti, come si possono osservare in scala
macroscopica, possono essere osservati al microscopio con
opportuni accessori. Per osservazioni qualitative, assai utili nel
caso di certe strutture viventi, specialmente vegetali, sono
sufficienti due o tre filtri applicati ad un microscopio normale; per
eseguire misure di certe grandezze ottiche occorre invece uno
strumento specialmente predisposto, con tavolino girevole, ecc. e
questa diventa una tecnica preferenziale per il riconoscimento
delle specie mineralogiche.
• Contrasto interfenziale
Questa tecnica cerca ancora, come il contrasto di fase,
di sfruttare le differenze di indice fra l’oggetto ed il
mezzo in cui è immerso; l’immagine che ne risulta è
fortemente contrastata o colorata.
Questa tecnica si può realizzare con molte diverse
soluzioni.
La più diffusa è il “DIC” (Differential Interference
Contrast”), che produce una specie di ombreggiatura
dell’oggetto con la sensazione di un falso rilievo.
Per questa applicazione occorrono prismi speciali (prismi
di Wollaston, formati da un doppio cuneo in cristallo, a
coppie, una coppia per ogni obbiettivo).
Anatomia
del
microscopio
stativo
oculare
tubo
Revolver
portaobiettivi
Vite
macrometrica
e micrometrica
condensatore
Tavolino
portaoggetti
illuminazione
base
diaframma
Tutti i microscopi ottici composti sono costituiti
dagli stessi elementi:
• Oculari: ingrandiscono l’immagine
microscopica creata dall’obbiettivo. Le
dimensioni del campo visivo, ossia
dell’area osservabile del preparato si
ricava dal quoziente coefficiente
campo visivo/coefficiente scala. Con
un oculare 10x 18 mm di campo visivo
ha quindi un diametro di 1,8 mm.
Area
osservabile =
del preparato
Campo visivo
scala
• Tubo: consente di sostenere gli oculari.
Tubo monoculare per l’osservazione con un
solo occhio.
Tubo binoculare per l’osservazione con
due occhi. Per
lavorare più comodamente e stancandosi
di meno rispetto
a un microscopio monoculare.
Tubo trinoculare per l’osservazione
con due occhi e la
possibilità di collegare
una videocamera.
• Revolver portaobbiettivi: consente
di alloggiare da tre a
cinque obbiettivi e di variare
velocemente l’ingrandimento
con cui si osserva il preparato.
• Obbiettivi:generano un’immagine
reale dell’oggetto.
• Tavolino portaoggetti:
fornisce un piano
d’appoggio per il
preparato.
• Condensatore: ha la funzione di ottenere un
rapporto ottimale tra contrasto dell’immagine e
risoluzione attraverso l’impostazione accurata
del diaframma. Quanto più il diaframma viene
chiuso, maggiore diventa il contrasto e di
conseguenza minore è la risoluzione.
• Regolazione macrometrica e
micrometrica: consente di
impostare la nitidezza delle
immagini.
Tipi di microscopio e nuove frontiere
Lavoro a cura di :
Leone Michele
Massari Michele
Stefanelli Francesco
I microscopi si dividono principalmente, a seconda della sorgente adoperata per
l’illuminazione del campione, in microscopi ottici e microscopi elettronici.
Microscopio ottico:
•
Il microscopio ottico utilizza come sorgente la luce, ha risoluzione tipicamente
minore rispetto al microscopio elettronico, ma è generalmente economico e
fornisce immagini a colori anche di organismi viventi. Il microscopio ottico
permette di avere immagini di soggetti dimensionalmente collocati all'incirca
tra il millimetro ed il micrometro, anche di esseri viventi, si possono ad
esempio distinguere i batteri.
•
Microscopio elettronico:
Il microscopio elettronico "illumina" i campioni in esame, invece che con un fascio di
luce visibile, con un fascio di elettroni; al contrario dei microscopi ottici utilizzano
lenti magnetiche per deviare i fasci di elettroni ) e quindi ingrandire le immagini. I
microscopi elettronici sono molto costosi, devono operare in assenza d'aria (sotto
vuoto), in assenza di vibrazioni e di campi magnetici. Inoltre hanno bisogno di
correnti a tensioni molto elevate (almeno 5kV) e molto stabili. Ci sono due tipi di
microscopio elettronico; il microscopio elettronico a trasmissione e il microscopio
elettronico a scansione.
•
Microscopio elettronico a scansione:
Il microscopio elettronico a scansione, al
contrario di quello a trasmissione, ricava
l'immagine illuminando con un fascio di
elettroni un oggetto anche relativamente
grande (un insetto per esempio) e rilevando gli
elettroni secondari riflessi, e può quindi fornire
immagini 3D. Può analizzare solo oggetti
conduttori o semi-conduttori. Gli oggetti
organici devono quindi essere prima rivestiti
con una sottile lamina metallica.
Cellule staminali del midollo osseo umano
Microscopio elettronico a trasmissione:

Il microscopio elettronico a trasmissione fa
attraversare un campione molto sottile (da 5 a
500nm) da un fascio di elettroni, con un insieme
di magneti ingrandisce l'immagine ottenuta che
viene
infine
proiettata
su
uno
schermo
fluorescente rendendola visibile. Dà immagini
della struttura interna dell'oggetto esaminato, al
contrario del microscopio elettronico a scansione
che ne dà solo la superficie, ma permette di
ottenere solo immagini 2D. Raggiunge i
nanometri, permettendo di vedere anche le
molecole più piccole.
Batteri intestinali presenti nell’intestino di animali a sangue caldo
Altre tipologie:
•
Per studiare tutte le cellule e i microrganismi che ci circondano non si fa
uso solo al microscopio ottico o a quello elettronico, ma a seconda della
sorgente d’illuminazione ci sono vari tipi di microscopi che sfruttano
fenomeni fisici come frequenze elettromagnetiche, onde acustiche, ed
altri come l’effetto tunnel e le forze di Van der Waals.
•
MICROSCOPIO A RAGGI X
•
MICROSCOPIO A CAMPO CHIARO E SCURO
•
STEREOMICROSCOPIO
•
MICROSCOPIO A FLUORESCENZA
•
MICROSCOPIO A CONTRASTO DI FASE
•
MICROSCOPIO A SONDA (EFFETTO TUNNEL)
•
MICROSCOPIO A RAGGI ULTRAVIOLETTI
Microscopio a raggi X:
•
Tale microscopio è basato sull'emissione di radiazioni a raggi X. Viene utilizzato per
studiare le strutture di particolari molecole o ioni presenti all'interno della cellula.
Quando i raggi emessi attraversano le strutture cellulari subiscono delle diffrazioni
che verranno impressionate su una lastra fotografica, apparendo come delle sfocate
bande concentriche. Dalla differente disposizione di tali bande si potrà determinare
la distribuzione atomica delle molecole all'interno dei tessuti analizzati.
immagine ai raggi X del DNA
Microscopio a campo chiaro e scuro:
•
Nel microscopio ottico a campo chiaro la luce della sorgente di illuminazione
converge sul preparato attraverso il condensatore. I campioni analizzati
attraverso il microscopio a campo chiaro vengono spesso colorati, poichè il
basso contrasto rende il campione poco visibile. Il microscopio a campo scuro
ha un sistema di illuminazione modificato che raggiunge il preparato
lateralmente. In questo modo l'unica luce che raggiunge l'obiettivo è quella
riflessa dal campione, che appare quindi chiaro in un campo scuro.
Diatomee (Navicule) in campo chiaro
Ostracode in campo scuro
Stereomicroscopio:
•
Microscopio che si avvale in realtà di
due diversi e distinti microscopi,
formanti tra loro un certo angolo.
L'osservazione produce un'immagine
tridimensionale,
come
la
visione
diretta,
eliminando
l'effetto
di
appiattimento tipico degli altri tipi di
microscopi. In genere sono dotati di
un sistema di prismi ottici per il
raddrizzamento
dell'immagine,
e
quindi
l'eventuale
manipolazione
corretta del campione. Sono per
questo utilizzati nell'industria (micro
componentistica), nella dissezione,
nella micro chirurgia ecc.
Latte in polvere analizzato allo stereomicroscopio
Microscopio a fluorescenza:
•
Tessuto nervoso al microscopio a fluorescenza
Il microscopio a fluorescenza si utilizza
con dei campioni trattati in modo da
essere in grado di emettere luce di
una specifica lunghezza d’onda quando
eccitati con luce di una lunghezza
d'onda
inferiore
(ma
frequenza
superiore). Il fenomeno di emissione si
verifica se nella cellula sono presenti
delle sostanze fluorescenti oppure se il
campione viene trattato con composti
fluorescenti in grado di emettere luce
una volta eccitati.
Microscopio a contrasto di fase:
•
Il microscopio a contrasto di fase si basa sull'incremento delle differenze di contrasto
tra il campione da analizzare e il mezzo circostante, in modo tale da consentirne la
visualizzazione senza ricorrere a metodologie di colorazione.
Immagine di un parassita intestinale
•
Microscopio a forza atomica :
Il microscopio a forza atomica permette di effettuare analisi non distruttive di
superfici, con una risoluzione inferiore al nanometro (un miliardesimo di
metro). Una sonda di dimensioni dell'ordine del micrometro esplora la superficie
da analizzare, a contatto o a brevissima distanza da essa (circa 10 angstrom).
Interagendo con gli atomi del campione, per effetto delle forze di Van der
Waals, subisce microscopiche deflessioni che, attraverso un sensibilissimo
dispositivo (leva ottica), vengono tradotte nei dettagli di un'immagine
topografica della superficie del campione.
Microscopio a raggi U.V. :

Il microscopio ultravioletto, utilizzato in
particolare nella ricerca in campo medico,
utilizza come sorgente luminosa una sorgente di
radiazioni ultraviolette; e poiché il vetro è opaco
a queste radiazioni, il sistema ottico di tale
microscopio è costituito da quarzo. Essendo poi
le emanazioni ultraviolette invisibili, l’occhio è
stato sostituito da speciali emulsioni fotografiche
o da schermi fluorescenti costituti da sostanze
che, illuminate con raggi ultravioletti, emettono
delle radiazioni fluorescenti visibili.
Microscopio a sonda
(effetto tunnel):
•
I microscopi a sonda sono formati da una punta metallica sensibile e sottilissima
(appunto la sonda) che può avere diametro che si può confrontare con le dimensioni
di un singolo atomo. Un tipo di microscopio a sonda è il microscopio a effetto tunnel,
inventato nel 1981. Tra la sonda e la superficie da ispezionare viene applicata una
leggera differenza di potenziale; gli elettroni attraversano, proprio per effetto tunnel,
lo spazio tra la punta della sonda e l’oggetto, formando così una corrente di
tunnelling.
Il tungsteno metallico al microscopio a effetto tunnel
•
NUOVE FRONTIERE:
Una nuova tecnica di microscopia quadridimensionale è stata sviluppata presso il
Physical Biology Center for Ultrafast Science and Technology del California Institute
of Technology da un gruppo di diretto da Ahmed Zewail, premio Nobel per la chimica
nel 1999. Con le moderne tecniche di microscopia, i ricercatori sono in grado di
osservare la struttura statica degli oggetti con una risoluzione migliore di un
miliardesimo di metro. Zewail e colleghi hanno introdotto a tutti gli effetti la quarta
dimensione nella microscopia elettronica ad alta risoluzione, grazie allo sviluppo di
quella che è stata definita una tecnica di imaging a singolo elettrone ultraveloce, e in
cui ogni traiettoria elettronica viene attentamente controllata sia nel tempo sia nello
spazio. L’immagine risultante prodotta da ciascun elettrone rappresenta una
istantanea catturata in un tempo dell’ordine di un femtosecondo: come i fotogrammi
di un film, la sequenza di milioni di queste immagini può essere composta in una
sorta di filmato digitale di movimenti su scala atomica.
Rotifero, esemplare di
animaletto acquatico
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