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L` occhio
L’ occhio Antonio Fiore Donato Paternoster Donato Masserio Struttura L'occhio, sferoide di 22mm di diametro circa, è costituito da 1. Cornea Tessuto trasparente privo di vasi sanguigni, ma abbondante in cellule nervose, approssimativamente semisferico con diametro 12mm, spessore 0.6mm e indice di rifrazione 1.38. All'interfaccia aria-cornea, dove l'indice di rifrazione varia da 1 a 1.38, la luce subisce una significativa curvatura. 2. Umor Acqueo Cavità dietro la cornea riempita di liquido acquoso che provvede al suo nutrimento. 3. Iride Diaframma che dona all'occhio il suo caratteristico colore e controlla la quantità di luce entrante attraverso un'apertura variabile detta pupilla. 4. Cristallino E’ una sfera appiattita formata da un gran numero di fibre trasparenti. Provvede, cambiando opportunamente forma, alla regolazione nel processo di messa a fuoco sulla retina. 5. Umor Vitreo Sostanza trasparente gelatinosa priva di struttura e contenente piccoli detriti cellulari detti “galleggianti” perché vengono visti come piccole macchie nel campo visivo. Si trova dietro al cristallino,nel bulbo oculare. 6. Retina E’ una membrana fotosensibile composta da cellule nervose. Queste cellule si distinguono a seconda del loro aspetto e della loro funzione in coni e bastoncelli. Ha il compito di trasformare le immagini in impulsi nervosi che il nervo ottico trasmette poi al cervello. 7. Pupilla La pupilla è un'apertura posta al centro dell'iride che permette l'entrata della luce nel bulbo oculare. Il suo diametro varia in base all’intesità luminosa ambientale come il diaframma di un obiettivo fotografico. 8.Sclera E’ lo strato più esterno dell’occhio. E’un rivestimento protettivo che ricopre circa i 5/6 della superficie oculare e che nella parte anteriore si lega alla cornea. 9.Coroide E’ uno strato molto ricco di vasi sanguigni che riveste i 3/5 posteriori del bulbo oculari ed è in continuità con l’iride. Fornisce alla retina ossigeno e zuccheri. Coni & Bastoncelli I coni e bastoncelli sono dei fotorecettori situati sulla retina che hanno il compito di tradurre in segnali bioelettrici la luce. I primi si concentrano nella zona centrale della retina (la macula) e sono deputati alla visione dei colori (fotopica) e alla visione distinta; ne esistono almeno tre tipi diversi, rispettivamente per il rosso, il verde e il giallo (se ne contano circa 6 milioni per occhio). I bastoncelli, invece, sono più sensibili al movimento, sono impiegati per la visione al buio (scotopica) e si concentrano nella zona periferica della retina. In basso segue uno schema sulla disposizione dei fotorecettori. Funzione dei muscoli oculari I movimenti dell’occhio vengono prodotti da 5 muscoli oculari che spostano il bulbo oculare in alto,in basso,a sinistra,a destra e in senso obliquo. I muscoli oculari,lavorando insieme, hanno anche l’importante funzione di far convergere entrambi gli occhi sullo stesso punto in modo che le immagini percepite dai due occhi coincidano. Il lavoro di tali muscoli garantisce anche la fusione delle immagini da essi percepite,la valutazione delle dimensioni,tridimensionalità e della distanza dell’oggetto osservato Ma il cervello spesso da più importanza all'immagine proveniente da un occhio rispetto all'altra... Scommettiamo che anche voi avete un occhio dominante? Difetti dell’occhio Miopia E’ una malattia della vista causata dall’allungamento del bulbo oculare.L’immagine si forma d’avanti alla retina e gli oggetti lontani appaiono fuori fuoco. Il punto più lontano dell’occhio a cui vi è una visione nitida senza alcuna accomodazione è detto punto remoto miope. Corretto da lenti divergenti che spostano il punto remoto miope e quello prossimo verso posizioni normali si può correggere la miopia. Ipermetropia Altra malattia dell’occhio umano è l’ipermetropia,dovuta alla restrizione del bulbo oculare che comporta la proiezione dell’immagine dietro la retina. In tal modo gli oggetti vicini appaiono sfocati. Questa patologia può verificarsi anche quando i muscoli oculari non riescono a modificare la forma del cristallino per mettere a fuoco i raggi luminosi. Corretto da lenti convergenti che spostano il punto prossimo ipermetrope verso la posizione normale si può correggere l’ipermetropia. Astigmatismo è l’errore refrattivo in cui vi è una differente refrazione oculare lungo i diversi meridiani causando differenti linee di focalizzazione sulla retina, le quali causano una visione sfuocata a tutte le distanze. Tipi di astigmatismo: • Astigmatismo corneale, dovuto ad un'anomala curvatura della cornea • Astigmatismo secondo regola, il più diffuso, nel quale il meridiano più curvo è quello verticale • Astigmatismo contro regola, nel quale il meridiano più curvo è quello orizzontale • Astigmatismo obliquo • Astigmatismo semplice, nel quale si ha solo astigmatismo. Un meridiano si focalizza sulla retina • Astigmatismo composto, in cui l'astigmatismo è associato ad una ametropia • Astigmatismo misto, in cui una focalina è miope e l'altra ipermetrope Visione di un astigmatico Sintomi: Astigmatismi di grado lieve possono essere asintomatici oppure presentare sintomi derivanti dal continuo cambio di accomodazione nel tentativo di ottenere un'immagine il più nitido possibile. Tali sintomi consistono in dolori ai bulbi oculari, dolori sull'arcata cigliare, bruciore agli occhi, lacrimazione eccessiva. Astigmatismi di grado medio elevato presentano solitamente una visione sfuocata, sia nella visione per lontano che per vicino. Cause Un certo grado di astigmatismo corneale è fisiologico (mediamente 0.75) dovuto alla pressione palpebrale che genera un lieve appiattimento del profilo corneale. L'astigmatismo di grado elevato è generalmente congenito e può subire delle lievi variazioni nel corso della vita. L'astigmatismo irregolare è successivo a modificazioni della cornea a seguito di traumi, lesioni e infezioni. Trattamento L'astigmatismo può essere corretto con l'uso di lenti oftalmiche cilindriche o toriche, oppure con lenti a contatto gas-permeabili o morbide. Anche l'astigmatismo può essere corretto tramite la chirurgia refrattiva. George Seurat - La Grande Jatte (1884-1886) A che distanza la tinteggiatura appare uniforme? Speriamo che la visione sia stata “nitida”!!! Grazie per l’attenzione e alla prossima! E come dice il proverbio: ”OCCHIO NON VEDE … CUORE NON DUOLE!!” Questo lavoro è stato realizzato da: • FIORE ANTONIO • PATERNOSTER DONATO • MASSERIO DONATO “Flower & Pater” Production © Copyright 2009 - Tutti i diritti riservati • LA LENTE La lente (dal latino lens, lentis = lenticchia) è un dispositivo ottico realizzato in materiale trasparente, solitamente vetro , delimitato da due superfici sferiche o una superficie sferica e una piana. Inizialmente, esperti vetrai costruiscono le prime lenti. Solo nel Cinquecento si diffonde l'idea di mettere più lenti insieme per far apparire gli oggetti lontani, vicini ma senza una teoria ottica. Keplero, astronomo e filosofo tedesco, con le quali costruì il suo primo telescopio, costituito da lenti convesse sia come obiettivo sia come oculare. Velocemente il telescopio si diffonde e ne vengono costruiti di diversi modelli, con differenti schemi ottici, uno dei primi sarà Galileo che ne perfezionerà le prestazioni aumentando la capacità di ingrandimento delle lenti e trasformandolo in un formidabile strumento per l'indagine astronomica:il cannocchiale. Esso è un tubo di legno che contiene una lente obiettiva biconvessa . La distanza focale di una lente è la distanza tra il centro della lente e il punto in cui si forma l'immagine di un oggetto posto all'infinito. Una lente biconvessa è più spessa al centro e più sottile ai bordi, cosicché la luce che l'attraversa converge. L'immagine di un oggetto visto attraverso di essa risulta a fuoco solo se l'oggetto si trova a una determinata distanza dalla lente, dipendente dalla forma di quest'ultima. Il fuoco è il punto in cui convergono i raggi che provengono paralleli all'asse ottico (ovviamente i fuochi sono due). Maggiore è lo "spessore" della lente, minore è la distanza focale : di 2F (doppio della distanza focale). Si forma una immagine reale rovesciata rimpicciolita fra F e 2F : distanza maggiore di 2F ), l'immagine si allontana da F (sempre fra F e 2F ) e si ingrandisce : • Il cristallino dell'occhio umano è una lente biconvessa elastica, capace di cambiare forma (e quindi punto focale) a seconda della distanza da mettere a fuoco. Se la lente è biconvessa o piano-convessa un fascio di luce parallelo all'asse che attraversa la lente viene fatto convergere (o focalizzare) su un punto dell'asse, ad una certa distanza oltre la lente nota come distanza focale. La lente biconvessa è la forma più semplice e comune di lente d’ingrandimento, con piccola lunghezza focale, con la quale è possibile ottenere ingrandimenti fino a circa 15 volte . Il microscopio è uno strumento POTERE D’INGRANDIMENTO E DI RISOLUZIONE • I principali parametri che caratterizzano un microscopio sono il potere di ingrandimento e il potere di risoluzione. • Il primo è definito come il rapporto tra la dimensione dell’immagine ingrandita e quella dell’oggetto osservato. Il potere d’ingrandimento è ottenibile dal rapporto fra il diametro della lente e il diametro dell’obbiettivo: D/d • Invece il potere di risoluzione di un sistema ottico consiste nella capacità di distinguere due punti dell’oggetto che stiamo osservando come due punti distinti fra di loro (questo concetto è importantissimo: il PdR è relativo alla distanza fra i punti e non al diametro del singolo punto). Il potere risolutore si ottiene con il seguente rapporto: 13",4/ d (d sta come diametro dell’obbiettivo espresso in centimetri). • L’occhio umano non può distinguere due punti separati da meno di 0,1 mm (PdR = 0,1 mm). Impiegando il microscopio ottico il potere risolutivo sale a 0,2 μm. Figura: osservazione di una roccia al microscopio ottico. Invece, usando il microscopio elettronico si arriva a 0,4 nm. Figura: osservazione della cornea al microscopio elettronico a scansione. A cura di: Betti Favia Katia Sabato & Stefania Riviello Breve storia del microscopio ottico Il primo semplice microscopio ottico era composto da una sola lente, un tubo ed un piattino sul fondo. Ciò dava circa 10 ingrandimenti. Nel 1590 due olandesi, Zaccharias Janssen e suo figlio, osservarono che aumentando il numero di lenti in un tubo, regolandone la distanza e la grandezza, l’oggetto osservato diventava molto più grande. Era quindi l’antenato del microscopio composto e del cannocchiale sviluppato poi da Galileo in Italia. Un altro olandese Antonvan Leewenhaek, considerato il padre del moderno microscopio, nel 1648, raggiunse circa 300 ingrandimenti, dando delle particolari curvature alle lenti. Riuscì in questo modo a vedere batteri, la minuscola vita in gocce d’acqua di palude e migliaia di altre cose invisibili fino ad allora. Nel 1665 Robert Hooke osservò, invece, un sughero e descrisse per la prima volta, la struttura cellulare propria di tutti i viventi. Nel 1859 negli USA fu pubblicata la prima pubblicità sul microscopio. Da allora in numerosi paesi europei e negli Stati Uniti si sviluppò la produzione di microscopi, fino a raggiungere ingrandimenti di circa 2000 volte. Inoltre a questi microscopi fu aggiunta la luce che serviva solamente a migliorare la visione dell’oggetto osservato. Queste brevissime note storiche ci permettono di capire come l’attuale microscopio ottico sia il frutto di un’evoluzione tecnica e scientifica di ben 400 anni. A cosa serve il microscopio ottico? In generale si ritiene che il microscopio ottico serva ad ingrandire cose molto piccole, ma non è proprio così; infatti la sua funzione principale è quella di distinguere i particolari di strutture estremamente piccole in maniera molto chiara. Il microscopio ottico è comunemente usato per le diagnosi mediche e per lo studio dei tessuti. Caratteristiche del microscopio ottico 1. Potere risolutivo; 2. Apertura numerica; 3. Profondità di campo; 4. Profondità di fuoco; 5. Ingradimento ; 6. Abberazioni; 7. Illuminazione; 1. Potere risolutivo Il potere risolutivo di un sistema ottico consiste nella capacità di distinguere due punti dell’oggetto che stiamo osservando come due punti distinti fra di loro. L’occhio umano non può distinguere due punti separati da meno di 0,1 mm ( PdR= 0,1mm). Impiegando il microscopio ottico, il potere risolutivo sale a 0,2 μm. Il potere risolutivo rappresenta una delle caratteristiche fondamentali del sistema ottico che compone il microscopio ed è diretta funzione delle lenti, dell’indice di rifrazione delle lenti interposte fra campione e lente e della lunghezza d’onda della luce impiegata. Esso è legato all’apertura numerica (AN) e alla lunghezza d’onda tramite la relazione :d=λ/2AN nota come principio di Abbe. 2. Apertura numerica L’apertura numerica della lente dell’obiettivo è il suo angolo d’accettazione della luce. I fattori che influenzano l’AN sono l’indice di rifrazione del mezzo interposto fra oggetto e lente e la distanza di lavoro della lente all’oggetto. Il fisico tedesco Abbe ha elaborato una formula matematica che esprime l’AN di un dato obbiettivo:AN=n sen dove n=indice di rifrazione del mezzo interposto fra lente e oggetto ed n sen=1\2 dell’angolo di accettazione della luce della lente frontale dell’obbiettivo. In definitiva, l’AN è un valore che descrive le qualità della lente ed è un parametro così importante che le case produttrici stampano questo dato direttamente sulla struttura esterna dell’obbiettivo. Oltre a questo ,l’AN ci indica anche quale è l’ingrandimento finale massimo che un obbiettivo è in grado di sopportare,è sufficiente moltiplicare l’AN per 1000 e si avrà l’ingrandimento massimo al quale l’obbiettivo può essere usato. Infine possiamo affermare che l’AN dell’obbiettivo determina il Potere di Risoluzione ,secondo la formula di Abbe sopra citata. 3. Profondità di campo (PDC) La profondità di campo rappresenta la distanza fra due piani, al di sopra e al di sotto del campione da osservare, messi contemporaneamente a fuoco dell’obbiettivo. È piuttosto evidente che, se il campione da esaminare ha un certo spessore e l’obbiettivo ha una profondità di campo ridotta, si potranno avere delle difficoltà nella messa a fuoco. La profondità di campo e inversamente proporzionale all’AN dell’obbiettivo, per cui ad es. un obbiettivo ad immersione 100X (AN 1,25) ha una PdC di 0,15μm, mentre un obbiettivo a secco da 25 X (AN 0,40) ha una PdC di 0,4μm. 4. Profondità di fuoco ( PDF) Dall’altra parte dell’obbiettivo in corrispondenza dell’osservatore, si trova il piano di fuoco dell’immagine: il grado di messa a fuoco dell’immagine e chiamata profondità di fuoco. Questo paragrafo ha importanza analoga alla PdC, ma presenta una importante differenza: aumentando il potere di ingrandimento dell’obbiettivo la PdC diminuisce, mentre la PdF aumenta. 5. Ingrandimento L’ingrandimento è il rapporto tra le dimensioni dell’oggetto originale, e quelle delle immagine ottenuta. L’ingrandimento lineare o angolare del microscopio ottico è dato da: MA = MoX Me Dove Mo è l’ingrandimento dell’obbiettivo e Me quello dell’oculare. L’ingrandimento dell’obiettivo dipende dalla sua lunghezza focale fo e dalla distanza d tra il piano focale posteriore dell’obiettivo e il piano focale dell’oculare. Mo = d/fo d viene chiamato anche lunghezza ottica del tubo, fissa, e nei moderni strumenti ottici generalmente di 160 mm. Da notare che gli obiettivi devono essere progettati per una data lunghezza ottica di utilizzo (riportata sull’obiettivo stesso). Anche l’ingrandimento oculare dipende dalla sua lunghezza focale fe e può essere calcolato da normali equazioni delle lenti d’ingrandimento. In pratica per calcolare l’ingrandimento al quale si osserva un campione si moltiplica quello proprio dell’obiettivo per quello dell’oculare. Tale ingrandimento è quello dell’immagine visibile, idealmente riportata sul piano su cui giace il campione stesso e cioè alla distanza tra quest’ultimo a quella dell’osservatore. Diversa è la situazione se l’immagine viene raccolta su di uno schermo o una lastra fotografica: in questo caso è necessario tenere conto dell’altezza dello schermo ( o pellicola) rispetto all’oculare e l’ingrandimento sarà quello risultante sul negativo. In questi casi conviene sempre usare un vetrino micrometrico, per avere un sicuro termine di paragone. Con i migliori obiettivi e oculari e nelle ideali condizioni di illuminazione l’ingrandimento utile del microscopio ottico può raggiungere i 1000-1500 diametri (1000-1500 X). Aumentando il miraggio del tubo o proiettando l’immagine su di uno schermo lontano si potrebbero raggiungere ingrandimenti maggiori. 6. Aberrazioni Le principali aberrazioni , difetti del sistema nel formare un’immagine nitida e risolta, che affliggono il microscopio, e le loro eventuali correzioni si possono riassumere in: •Aberrazione sferica―›sistemi asferici; •Aberrazione cromatica―›sistemi acromatici―›sistemi apocromatici; •Astigmatismo dei fasci obliqui―›sistemi anastigmatici; •Coma ―›sistemi asferici; •Curvatura di campo; •Distorsione a cuscino e barilotto―›asferici. A secondo della branca di microscopia considerata, tali difetti saranno più o meno rappresentati. 7. Illuminazione Esistono diversi sistemi di illuminazione del campione, a seconda delle sue caratteristiche di trasparenza o opacità: • Campo scuro Con un opportuno diaframma anulare posto subito sotto il condensatore, è possibile obliterare tutta la parte centrale del fascio illuminante in modo che nulla di esso penetri nell’obbiettivo. Il fondo dell’immagine appare nero, ma l’oggetto, illuminato da tutti i lati dai raggi più obliqui che sfuggono all’obbiettivo, appare chiaro su fondo oscuro. In questo modo il contrasto nell’immagine è elevatissimo. Questa tecnica è semplicissima (un diaframma anulare in un condensatore normale di forte apertura), ma per gli obbiettivi di maggiore apertura occorre un condensatore speciale a specchi (oppure specchi e lenti, al fine di ridurre le aberrazioni) e gli obbiettivi di apertura superiore ad 1 debbono possedere un diaframma interno che ne limiti l’apertura. • Campo chiaro La luce proviene da una sorgente di illuminazione ed è fatta convertire sul preparato dal condensatore, formando quindi un cono di luce intensa in grado di penetrare nell’obbiettivo. • Fluorescenza Consiste nell’illuminare l’oggetto con radiazione di corta lunghezza d’onda (regione blu-viola dello spettro, oppure ultravioletta) e nell’osservare l’immagine formata dalla radiazione di fluorescenza eventualmente emessa dall’oggetto. L’oggetto appare così colorato su fondo nero. Se l’oggetto non è spontaneamente fluorescente (“fluorescenza primaria”) è possibile in genere trattarlo con opportune sostanze coloranti fluorescenti (“fluocromi”); si ha così la “fluorescenza secondaria” o “indotta”. Poiché i fluocromi, come in genere i coloranti, hanno affinità specifiche per talune parti dell’oggetto, anche la fluorescenza indotta diviene uno strumento per mettere in evidenza strutture od oggetti particolari in mezzo ad altri oggetti. L’osservazione in fluorescenza richiede una lampada forte, anche ad incandescenza, ma preferibilmente ad arco in vapori di mercurio, ed una serie di filtri opportuni. • Illuminazione obliqua Con un semplice intervento sul condensatore (basta un pezzo di cartone a livello del diaframma d’apertura) si può obliterare una parte del fascio illuminante in modo da illuminare l’oggetto di lato, obliquamente; dosando questa obliquità, è possibile ottenere un campo semioscuro in cui l’oggetto spicca con contrasto aumentato e con un effetto di ombreggiatura che simula un rilievo. Con questa tecnica si opera una manipolazione sulla radiazione che traversa l’oggetto direttamente, e la si mette in opposizione di fase con la radiazione diffratta dall’oggetto stesso. Ne deriva un’immagine fortemente contrastata anche se l’oggetto è trasparentissimo: tutto si basa sulle differenze di indice di rifrazione fra l’oggetto ed il mezzo che lo circonda. Il fondo dell’immagine rimane chiaro. Per questa tecnica occorre un condensatore ed una serie di obbiettivi speciali, di alto costo. • Radiazione polarizzata Tutti i fenomeni legati alla polarizzazione, e quindi alla birifrazione degli oggetti, come si possono osservare in scala macroscopica, possono essere osservati al microscopio con opportuni accessori. Per osservazioni qualitative, assai utili nel caso di certe strutture viventi, specialmente vegetali, sono sufficienti due o tre filtri applicati ad un microscopio normale; per eseguire misure di certe grandezze ottiche occorre invece uno strumento specialmente predisposto, con tavolino girevole, ecc. e questa diventa una tecnica preferenziale per il riconoscimento delle specie mineralogiche. • Contrasto interfenziale Questa tecnica cerca ancora, come il contrasto di fase, di sfruttare le differenze di indice fra l’oggetto ed il mezzo in cui è immerso; l’immagine che ne risulta è fortemente contrastata o colorata. Questa tecnica si può realizzare con molte diverse soluzioni. La più diffusa è il “DIC” (Differential Interference Contrast”), che produce una specie di ombreggiatura dell’oggetto con la sensazione di un falso rilievo. Per questa applicazione occorrono prismi speciali (prismi di Wollaston, formati da un doppio cuneo in cristallo, a coppie, una coppia per ogni obbiettivo). Anatomia del microscopio stativo oculare tubo Revolver portaobiettivi Vite macrometrica e micrometrica condensatore Tavolino portaoggetti illuminazione base diaframma Tutti i microscopi ottici composti sono costituiti dagli stessi elementi: • Oculari: ingrandiscono l’immagine microscopica creata dall’obbiettivo. Le dimensioni del campo visivo, ossia dell’area osservabile del preparato si ricava dal quoziente coefficiente campo visivo/coefficiente scala. Con un oculare 10x 18 mm di campo visivo ha quindi un diametro di 1,8 mm. Area osservabile = del preparato Campo visivo scala • Tubo: consente di sostenere gli oculari. Tubo monoculare per l’osservazione con un solo occhio. Tubo binoculare per l’osservazione con due occhi. Per lavorare più comodamente e stancandosi di meno rispetto a un microscopio monoculare. Tubo trinoculare per l’osservazione con due occhi e la possibilità di collegare una videocamera. • Revolver portaobbiettivi: consente di alloggiare da tre a cinque obbiettivi e di variare velocemente l’ingrandimento con cui si osserva il preparato. • Obbiettivi:generano un’immagine reale dell’oggetto. • Tavolino portaoggetti: fornisce un piano d’appoggio per il preparato. • Condensatore: ha la funzione di ottenere un rapporto ottimale tra contrasto dell’immagine e risoluzione attraverso l’impostazione accurata del diaframma. Quanto più il diaframma viene chiuso, maggiore diventa il contrasto e di conseguenza minore è la risoluzione. • Regolazione macrometrica e micrometrica: consente di impostare la nitidezza delle immagini. Tipi di microscopio e nuove frontiere Lavoro a cura di : Leone Michele Massari Michele Stefanelli Francesco I microscopi si dividono principalmente, a seconda della sorgente adoperata per l’illuminazione del campione, in microscopi ottici e microscopi elettronici. Microscopio ottico: • Il microscopio ottico utilizza come sorgente la luce, ha risoluzione tipicamente minore rispetto al microscopio elettronico, ma è generalmente economico e fornisce immagini a colori anche di organismi viventi. Il microscopio ottico permette di avere immagini di soggetti dimensionalmente collocati all'incirca tra il millimetro ed il micrometro, anche di esseri viventi, si possono ad esempio distinguere i batteri. • Microscopio elettronico: Il microscopio elettronico "illumina" i campioni in esame, invece che con un fascio di luce visibile, con un fascio di elettroni; al contrario dei microscopi ottici utilizzano lenti magnetiche per deviare i fasci di elettroni ) e quindi ingrandire le immagini. I microscopi elettronici sono molto costosi, devono operare in assenza d'aria (sotto vuoto), in assenza di vibrazioni e di campi magnetici. Inoltre hanno bisogno di correnti a tensioni molto elevate (almeno 5kV) e molto stabili. Ci sono due tipi di microscopio elettronico; il microscopio elettronico a trasmissione e il microscopio elettronico a scansione. • Microscopio elettronico a scansione: Il microscopio elettronico a scansione, al contrario di quello a trasmissione, ricava l'immagine illuminando con un fascio di elettroni un oggetto anche relativamente grande (un insetto per esempio) e rilevando gli elettroni secondari riflessi, e può quindi fornire immagini 3D. Può analizzare solo oggetti conduttori o semi-conduttori. Gli oggetti organici devono quindi essere prima rivestiti con una sottile lamina metallica. Cellule staminali del midollo osseo umano Microscopio elettronico a trasmissione: Il microscopio elettronico a trasmissione fa attraversare un campione molto sottile (da 5 a 500nm) da un fascio di elettroni, con un insieme di magneti ingrandisce l'immagine ottenuta che viene infine proiettata su uno schermo fluorescente rendendola visibile. Dà immagini della struttura interna dell'oggetto esaminato, al contrario del microscopio elettronico a scansione che ne dà solo la superficie, ma permette di ottenere solo immagini 2D. Raggiunge i nanometri, permettendo di vedere anche le molecole più piccole. Batteri intestinali presenti nell’intestino di animali a sangue caldo Altre tipologie: • Per studiare tutte le cellule e i microrganismi che ci circondano non si fa uso solo al microscopio ottico o a quello elettronico, ma a seconda della sorgente d’illuminazione ci sono vari tipi di microscopi che sfruttano fenomeni fisici come frequenze elettromagnetiche, onde acustiche, ed altri come l’effetto tunnel e le forze di Van der Waals. • MICROSCOPIO A RAGGI X • MICROSCOPIO A CAMPO CHIARO E SCURO • STEREOMICROSCOPIO • MICROSCOPIO A FLUORESCENZA • MICROSCOPIO A CONTRASTO DI FASE • MICROSCOPIO A SONDA (EFFETTO TUNNEL) • MICROSCOPIO A RAGGI ULTRAVIOLETTI Microscopio a raggi X: • Tale microscopio è basato sull'emissione di radiazioni a raggi X. Viene utilizzato per studiare le strutture di particolari molecole o ioni presenti all'interno della cellula. Quando i raggi emessi attraversano le strutture cellulari subiscono delle diffrazioni che verranno impressionate su una lastra fotografica, apparendo come delle sfocate bande concentriche. Dalla differente disposizione di tali bande si potrà determinare la distribuzione atomica delle molecole all'interno dei tessuti analizzati. immagine ai raggi X del DNA Microscopio a campo chiaro e scuro: • Nel microscopio ottico a campo chiaro la luce della sorgente di illuminazione converge sul preparato attraverso il condensatore. I campioni analizzati attraverso il microscopio a campo chiaro vengono spesso colorati, poichè il basso contrasto rende il campione poco visibile. Il microscopio a campo scuro ha un sistema di illuminazione modificato che raggiunge il preparato lateralmente. In questo modo l'unica luce che raggiunge l'obiettivo è quella riflessa dal campione, che appare quindi chiaro in un campo scuro. Diatomee (Navicule) in campo chiaro Ostracode in campo scuro Stereomicroscopio: • Microscopio che si avvale in realtà di due diversi e distinti microscopi, formanti tra loro un certo angolo. L'osservazione produce un'immagine tridimensionale, come la visione diretta, eliminando l'effetto di appiattimento tipico degli altri tipi di microscopi. In genere sono dotati di un sistema di prismi ottici per il raddrizzamento dell'immagine, e quindi l'eventuale manipolazione corretta del campione. Sono per questo utilizzati nell'industria (micro componentistica), nella dissezione, nella micro chirurgia ecc. Latte in polvere analizzato allo stereomicroscopio Microscopio a fluorescenza: • Tessuto nervoso al microscopio a fluorescenza Il microscopio a fluorescenza si utilizza con dei campioni trattati in modo da essere in grado di emettere luce di una specifica lunghezza d’onda quando eccitati con luce di una lunghezza d'onda inferiore (ma frequenza superiore). Il fenomeno di emissione si verifica se nella cellula sono presenti delle sostanze fluorescenti oppure se il campione viene trattato con composti fluorescenti in grado di emettere luce una volta eccitati. Microscopio a contrasto di fase: • Il microscopio a contrasto di fase si basa sull'incremento delle differenze di contrasto tra il campione da analizzare e il mezzo circostante, in modo tale da consentirne la visualizzazione senza ricorrere a metodologie di colorazione. Immagine di un parassita intestinale • Microscopio a forza atomica : Il microscopio a forza atomica permette di effettuare analisi non distruttive di superfici, con una risoluzione inferiore al nanometro (un miliardesimo di metro). Una sonda di dimensioni dell'ordine del micrometro esplora la superficie da analizzare, a contatto o a brevissima distanza da essa (circa 10 angstrom). Interagendo con gli atomi del campione, per effetto delle forze di Van der Waals, subisce microscopiche deflessioni che, attraverso un sensibilissimo dispositivo (leva ottica), vengono tradotte nei dettagli di un'immagine topografica della superficie del campione. Microscopio a raggi U.V. : Il microscopio ultravioletto, utilizzato in particolare nella ricerca in campo medico, utilizza come sorgente luminosa una sorgente di radiazioni ultraviolette; e poiché il vetro è opaco a queste radiazioni, il sistema ottico di tale microscopio è costituito da quarzo. Essendo poi le emanazioni ultraviolette invisibili, l’occhio è stato sostituito da speciali emulsioni fotografiche o da schermi fluorescenti costituti da sostanze che, illuminate con raggi ultravioletti, emettono delle radiazioni fluorescenti visibili. Microscopio a sonda (effetto tunnel): • I microscopi a sonda sono formati da una punta metallica sensibile e sottilissima (appunto la sonda) che può avere diametro che si può confrontare con le dimensioni di un singolo atomo. Un tipo di microscopio a sonda è il microscopio a effetto tunnel, inventato nel 1981. Tra la sonda e la superficie da ispezionare viene applicata una leggera differenza di potenziale; gli elettroni attraversano, proprio per effetto tunnel, lo spazio tra la punta della sonda e l’oggetto, formando così una corrente di tunnelling. Il tungsteno metallico al microscopio a effetto tunnel • NUOVE FRONTIERE: Una nuova tecnica di microscopia quadridimensionale è stata sviluppata presso il Physical Biology Center for Ultrafast Science and Technology del California Institute of Technology da un gruppo di diretto da Ahmed Zewail, premio Nobel per la chimica nel 1999. Con le moderne tecniche di microscopia, i ricercatori sono in grado di osservare la struttura statica degli oggetti con una risoluzione migliore di un miliardesimo di metro. Zewail e colleghi hanno introdotto a tutti gli effetti la quarta dimensione nella microscopia elettronica ad alta risoluzione, grazie allo sviluppo di quella che è stata definita una tecnica di imaging a singolo elettrone ultraveloce, e in cui ogni traiettoria elettronica viene attentamente controllata sia nel tempo sia nello spazio. L’immagine risultante prodotta da ciascun elettrone rappresenta una istantanea catturata in un tempo dell’ordine di un femtosecondo: come i fotogrammi di un film, la sequenza di milioni di queste immagini può essere composta in una sorta di filmato digitale di movimenti su scala atomica. Rotifero, esemplare di animaletto acquatico