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Sistema_sensoriale_parte_4

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Sistema_sensoriale_parte_4
Il sistema visivo
La maggior parte degli oggetti riflette la luce e poiché la
luce si propaga ad elevata velocità, è possibile in maniera
praticamente istantanea, stabilire dimensione, posizione
nello spazio, velocità e direzione del movimento di un
oggetto. I raggi luminosi che provengono da un oggetto
sono raggruppati e focalizzati su una matrice di
fotorecettori. Le attività indotte nei diversi fotorecettori
dalla luce interagiscono per dare una rappresentazione
BIDIMENSIONALE dell’oggetto che è trasmessa al
cervello. Il cervello successivamente ricostruisce
un’immaginee TRIDIMENSIONALE uitlizzando le
informazioni provenienti dai due occhi.
I prodotti finali dell’attività del sistema visivo sono
sensazioni che rappresentano l’oggetto e ciò che
lo circonda. Queste sensazioni sono utilizzate per
guidare il nostro comportamento immediato
oppure possono essere immagazzinate per
referenza futura. Le sensazioni visive contengono
una gran quantità di informazioni che non è facile
comprendere. Il miglior modo per addentrarsi è
cominciare dall’occhio stesso.
Anatomia dell’occhio
L’iride è il diaframma
dell’occhio, in quanto
regola la quantità di
luce che entra
attraverso la pupilla
Cornea: max
potere ditottrico
(fisso)
dell’occhio
Acquoso,
serve come
nutrimento
all’iride e al
cristallino
Viscoso,
conferisce
forma
all’occhio
Rigida, fibrosa
Trasparente
(ca 12mm
diametro,
spessa
0.5mm al
centro e da
0.75 a 1mm
ai bordi)
La fovea è in
posizione laterale
(temporale) rispetto
all’emergenza del
nervo ottico
La fovea si trova
spostata 4 mm
lateralmente e 1
mm
inferiormente
rispetto al polo
posteriore.
Occhio: principali misure (valori medi)
Diametro antero-posteriore o sagittale (mm)
24,1-24,2
Diametro verticale (mm)
23,2-23,5
Diametro trasversale (mm)
23,0-23,6
Distanza interpupillare (cm)
6
Peso (g)
7-9
Pressione intraoculare (mmHg)
18-20
Angolo fra asse anatomico ed asse visivo (°)
5-7
Angolo fra gli assi anatomici dei due occhi (°)
10
Angolo fra asse anatomico ed asse dell'orbita (°)
18
Angolo fra gli assi delle due orbite (°)
46
La congiuntiva è lo strato più interno delle palpebre e
lo strato più esterno dell’occhio. Si tratta di una
membrana mucosa trasparente, molto sottile a
funzione protettiva.
La cornea è un rivestimento fibroso, relativamente
spesso, non vascolarizzato e trasparente. Ha un
elevato potere diottrico, ma fisso. È la parte anteriore
della sclera e ha la funzione di permettere il
passaggio della luce.
La sclera è formata da tessuto connettivo denso e
conferisce la forma al globo oculare, rendendolo più
rigido. Protegge la parte più interna dell’occhio. Al di
sotto della sclera troviamo la coroide.
La coroide è riccamente vascolarizzata e fornisce
nutrienti alla retina. Ha un aspetto bruno/nero dovuto alla
presenza dei melanociti che secernono melanina. E'
riccamente vascolarizzata, e serve alla nutrizione
dell'epitelio pigmentato e degli strati esterni della retina.
Insieme all'epitelio pigmentato della retina, concorre col
proprio pigmento ad assorbire i raggi luminosi che hanno
attraversato la retina, impedendone la riflessione.
La luce

La luce è una forma di energia radiante emessa
dalla materia quando si trova ad alta
temperatura, quando è elettricamente eccitata, e
quando è sottoposta a certi processi chimici e
fisici. Ha caratteristiche fisiche particolari
comportandosi come un’onda e anche come un
insieme di particelle. Lo spettro luminoso va da
1nm fino a 104m.
Ambito dinamico del sistema visivo: la luce visibile
Ottica della visione
La luce si propaga in linea retta con una certa velocità a meno
che non cambi mezzo di propagazione. Quando cambia mezzo
cambia anche la velocità. Questo fenomeno è noto come
rifrazione. Si intende come indice di rifrazione (IR) di un mezzo
il rapporto fra:
velocità della luce nel vuoto / velocità della luce nel mezzo
Material
IR
Air
1.0003
Water
1.33
Glycerin
1.47
Immersion Oil
1.515
Material
IR
Glass
1.52
Zircon
1.92
Diamond
2.42
Lead Sulfide
3.91
Se la luce colpisce
un’interfaccia il cui piano è
inclinato rispetto alla direzione
dei raggi, essa subisce non solo
una variazione di velocità ,ma
anche una deviazione se i due
mezzi hanno un differente indice di rifrazione.
Il grado di rifrazione aumenta in funzione di:

Rapporto degli indici di rifrazione dei due mezzi

Grado di inclinazione tra il piano dell’interfaccia e
fronte d’onda del raggio incidente.
La rifrazione della luce visibile è una caratteristica importante
delle lenti, che permette di focalizzare un fascio di luce in un
singolo punto.
Vediamo gli effetti che una lente convergente, come è il
cristallino nell’occhio umano, produce sui raggi luminosi.
Consideriamo un fascio di raggi paralleli all'asse principale.
Si sperimenta facilmente che tutti i raggi vengono rifratti in
modo da convergere in un unico punto detto FUOCO della
lente.
Per costruire geometricamente l'immagine
prodotta da una lente convergente è sufficiente
tenere presente che:
 il raggio passante per il centro ottico
attraversa la lente senza essere deviato.
 un raggio parallelo all'asse principale viene
deviato sul fuoco della lente.
Il fuoco è la distanza dal centro della lente al punto
in cui convergono i raggi provenienti dall’oggetto.
La principale differenza di una lente divergente rispetto
ad una convergente è costituita dal fatto che se
consideriamo un fascio di raggi paralleli all'asse
principale della lente, essi verranno rifratti non in modo
da intersecarsi in un punto, ma in modo da "divergere"
senza mai intersecarsi.
Se però consideriamo i prolungamenti dei raggi rifratti,
essi occorrono in un punto sull'asse principale. Dunque il
fuoco di una lente divergente è un punto virtuale, nel
senso che è determinato non direttamente dai raggi
rifratti, ma dai loro prolungamenti.
Per lente positiva si intende
una lente convergente
ovvero in grado di aumentare
la convergenza dei raggi di
luce incidenti. Se i raggi di
luce incidenti sono paralleli,
quelli emergenti
convergeranno in un punto
(detto fuoco).
Per lente negativa si intende una
lente divergente ovvero in grado
di diminuire la convergenza dei
raggi di luce incidenti. Se i raggi
di luce incidenti sono paralleli,
quelli emergenti divergeranno. Il
prolungamento dei raggi
emergenti convergono in un
punto (il fuoco).
Si definisce diottria il rapporto 1m / distanza focale ed è
una misura del potere di rifrazione di una lente. Tanto
più la lente è convessa, tanto maggiore è la
deformazione dei raggi. Quindi se il fuoco della lente A
è a 1m, allora la lente avrà il potere di +1 diottria. Se il
fuoco della lente B è a 0.5m allora la lente B avrà il
potere di +2 diottrie.
1m
0.5 m
+1 diottria
A
A
+2 diottria
B
L’occhio è otticamente uguale ad una comune macchina
fotografica, in quanto è costituito da un sistema di lenti, da
un sistema ad apertura variabile (la pupilla) e dalla retina
che corrisponde alla pellicola impressionabile.
Il sistema di lenti è costituito da:

Interfaccia aria- superficie anteriore della cornea

Interfaccia superficie posteriore della cornea – umor
acqueo

Interfaccia umor acqueo – superficie anteriore del
cristallino

Interfaccia superficie posteriore del cristallino – umor
vitreo
Se si sommano gli effetti rifrattivi di tutte le superfici rifrangenti
dell’occhio considerandole come un’unica lente si ha un potere
di 59 diottrie quando il cristallino è accomodato per la visione a
distanza. La maggior parte di questo potere è attribuibile alla
cornea che ha però un potere rifrattivo fisso. Il cristallino è
responsabile per 20 diottrie circa, ma ha un potere di
curvatura variabile.
Il potere di rifrazione del cristallino in un soggetto
giovane varia fra 20 e 34 diottrie. Questo è possibile
grazie alla capacità del cristallino di modificare la sua
forma, cioè la sua convessità.
In condizioni di riposo il
cristallino è sotto tensione e
mantenuto appiattito: questa
è una condizione atta a
mettere a fuoco gli oggetti a
distanza
Il cristallino è molto elastico e la sua grande elasticità
consente alle fibre che lo tengono sospeso al muscolo
ciliare di cambiare la sua forma: questo modifica il suo
potere diottrico,
rendendo possibile
la messa a fuoco a
varie distanze.
Questo
meccanismo
è chiamato
accomodazione
Il cristallino è formato da una capsula elastica ripiena di
materiale viscoso. Nello stato di rilasciamento, quando la
capsula non è sottoposta a tensione, il cristallino assume
forma sferica. Radialmente intorno al cristallino esistono
circa 70 legamenti (legamenti sospensori) che esercitano
sui bordi una trazione diretta verso la coroide. Questi
legamenti sono costantemente contratti così che il
cristallino a riposo assume forma appiattita. Nel punto di
inserzione sulla coroide i legamenti sono collegati al
muscolo ciliare. Quando esso si contrae i legamenti si
detendono e il cristallino si arrotonda.
Non accomodato:
muscolo ciliare rilasciato
legamenti sospensori tesi
cristallino appiattito
minimo potere diottrico
visione a distanza
Accomodato:
muscolo ciliare contratto
legamenti sospensori rilasciati
cristallino arrotondato
max potere diottrico
visione vicino
Quindi:
Muscolo ciliare
rilasciato
Muscolo ciliare
contratto
Cristallino appiattito
Cristallino sferico
Potere diottrico
Potere diottrico
minimo (20 diottrie)
massimo (34 diottrie)
Il muscolo ciliare è controllato dal sistema parasimpatico.
Quando si ha stimolazione parasimpatica il muscolo ciliare si
contrae, i legamenti si detendono e il cristallino diviene più
sferico aumentando il suo potere diottrico e mettendo a fuoco
gli oggetti più vicini.
Normale
Accomodato
Scarica
parasimpatica in
aumento
all’avvicinarsi
dell’oggetto
Il controllo del muscolo ciliare è mantenuto dal SNA
attraverso sinapsi colinergiche atropina-sensibili in
seguito a stimoli provenienti dalla retina stessa.
Presumibilmente le vie implicate in questo
meccanismo prevedono:
Retina
Nervo ottico
Nucleo genicolato laterale del talamo
Corteccia visiva
Collicolo superiore
Nucleo oculomotore
Emmetropia: condizione normale in cui, con il
cristallino completamente appiattito (muscolo ciliare
completamente rilasciato), si mettono a fuoco gli
oggetti all’infinito. All’avvicinamento dell’oggetto
subentra il meccanismo dell’accomodazione.
Occhio emmetrope a riposo Occhio emmetrope accomodato
Visione da lontano
Visione da vicino
Con il passare degli anni il
potere diottrico dell’occhio
diminuisce con il risultato
che gli oggetti vicini non
vengono più messi a
Età
Near point
10-30 anni
9 cm
45 anni
28 cm
60 anni
80 cm
fuoco. Questa condizione
pende il nome di
presbiopia.Il punto più
vicino (near point) che
può essere messo a fuoco
varia in media in questo
modo:
Ipermetropia: il sistema diottrico dell’occhio non riesce
a mettere a fuoco gli oggetti lontani senza
accomodazione. Quando l’oggetto si avvicina molto il
sistema di accomodazione è saturato e non riesce a
compensare ulteriormente. Può dipendere sia da una
debolezza del
sistema diottrico,
sia da un asse
antero-posteriore
dell’occhio troppo
corto.
Miopia: in questo caso anche quando il cristallino è
completamente appiattito, l’occhio non riesce a mettere a
fuoco gli oggetti lontani. Il potere diottrico non può scendere
al di sotto del valore minimo, cioè di quando il muscolo ciliare
è completamente rilasciato. In genere la miopia dipende da
una lunghezza eccessiva dell’asse antero-posteriore
Miope
Normale
dell’occhio.
Astigmatismo: è un difetto di rifrazione dovuto al fatto
che il cristallino o più frequentemente la cornea
esercitano un potere diottrico differente a seconda del
piano considerato. Risultano distorti gli oggetti vicini e
quelli lontani. L’accomodazione non funziona perché la
curvatura del
cristallino varia
in ugual misura
sui due piani.
La retina è la più interna delle tre membrane che
formano le pareti del globo oculare e si estende dal
punto di entrata del nervo ottico fino al margine
pupillare dell'iride. Per la sua origine, per la struttura
della sua parte principale e per le sue connessioni con
il nervo ottico, deve essere considerata come di natura
nervosa. È la parte fotosensibile dell’occhio. Contiene i
coni responsabili della visione a colori e i bastoncelli
responsabili della visione in bianco e nero.
Emisferi cerebrali,
con corteccia e parte
centrale, gangli della
base, ippocampo,
corpo striato e
sistema olfattivo
Talamo, epitalamo,
ipotalamo, subtalamo,
neuroipofisi, epifisi,
retina, nervo ottico,
corpi mammillari
I coni e i bastoncelli sono quindi i fotorecettori e, una volta
eccitati, questi veicolano l’informazione ad una serie di
neuroni che vedremo e da questi al nervo ottico fino alla
corteccia cerebrale.
La retina è una sottile membrana di colore rosso-arancio
dal cui centro si diparte il nervo ottico. A livello del nervo
ottico partono i vasi sanguigni principali della retina,
l’arteria e la vena centrale della retina, mentre, esattamente
al centro della retina, si trova una piccola area di forma
ovale, di colore rossastro e priva di vasi sanguigni detta
fovea. La parte di retina che comprende la fovea e si
estende con un diametro di 3mm rispetto ad essa è
chiamata macula.
La macula ha un colore bruno-giallastro a causa del
riflesso della xantofilla, un particolare pigmento
contenuto in abbondanza nei coni che ha una
funzione di filtro per le radiazioni luminose di bassa
lunghezza d’onda. Infatti, poiché la fovea è
essenziale per la visione, è importantissimo avere
dei meccanismi di difesa per evitare i danni prodotti
dalla luce intensa e, soprattutto, dalle radiazioni
ultraviolette.
La zona subito attorno alla fovea è chiamata retina
centrale mentre la parte ad essa esterna è indicata
come retina periferica. In totale la retina è un disco
circolare con un diametro di circa 42 mm che
finisce in corrispondenza del margine pupillare
dell’iride.
Vediamo adesso gli strati della retina.
1.
Strato (epitelio) pigmentato: ha una duplice
funzione. Impedisce una riflessione della luce sulla
retina ed è la sede in cui viene riformato
continuamente il pigmento visivo.
2.
Strato dei fotorecettori: segmenti esterni di coni e
bastoncelli
3.
Membrana limitante esterna
4.
Strato granulare (o nucleare) esterno: corpi
cellulari dei fotorecettori
5.
Strato plessiforme esterno: sinapsi fra fotorecettori,
bipolari e orizzontali
5.
Strato granulare interno: corpi cellulari delle
bipolari e amacrine
6.
Strato plessiforme interno: sinapsi fra bipolari,
amacrine e gangliari
7.
Strato delle cellule gangliari: corpi somatici delle
gangliari
8.
Strato delle fibre nervose: formazione del nervo
ottico con gli assoni delle gangliari.
9.
Membrana limitante interna
Quello che è curioso notare
è la direzione in cui la luce
attraversa l’occhio. In effetti i
fotorecettori sono le ultime
cellule a venire colpite dalla
luce, perché costituiscono
uno strato molto esterno
rispetto a quello delle cellule
degli altri strati.
I coni (6-7 milioni) e i bastoncelli (120 milioni) sono i
trasduttori della luce. Sono cellule altamente specializzate
caratterizzate da strutture molto particolari per espletare il
loro compito.
Sono strutturalmente molto simili e si compongono di:
segmento esterno: dischi che portano il pigmento visivo
soma: con nucleo, mitocondri, reticolo endoplasmico, Golgi
etc.
segmento interno: terminale sinaptico in contatto con le
cellule bipolari.
Struttura di
un
bastoncello
La parte più caratteristica dei fotorecettori è
sicuramente il segmento esterno. In entrambi i casi
troviamo una serie di dischi impaccati che derivano
dalla membrana esterna del fotorecettore e che, nel
caso dei bastoncelli, si distaccano completamente
restando isolati a formare una pila di dischi, mentre nel
caso dei coni mantengono connessione con la
membrana esterna. Questi dischi sono soggetti ad un
rapido turnover. Quelli più vecchi sono eliminati
all’apice del fotorecettore, mentre quelli più nuovi
derivano dalla parte a contatto con il soma.
La ragione per cui questi dischi sono così numerosi è
che su di essi è localizzato il pigmento visivo, cioè la
sostanza fotosensibile. Questi pigmenti sono così
fittamente impaccati sui dischi che costituiscono circa
il 40% dell’intera massa del segmento esterno. Questi
pigmenti sono proteine coniugate e sono incorporate
nei dischi come proteine transmembrana (vedremo
che appartengono anch’essi alla categoria dei 7-helixspanning receptors).
Vediamo quali sono le differenze fra coni e bastoncelli.
Rod Cells
Cone Cells
Very sensitive, necessary for
night vision.
Low sensitivity, specialized
for day vision
Saturate in daylight
Saturate only in
most intense light
Discs include much more
photopigment in their outer
segment
Fewer discs and less
pigment
Can detect a single photon of light
of suitable wavelength
Detects only multiples
of photons
Sensitive to scattered light
Sensitive to narrow axes
of light path

I bastoncelli sono più sensibili dei coni perché
per ogni fotone hanno una variazione di
potenziale di riposo 6 volte maggiore dei coni.
Quindi la sensibilità della retina alla luce è
maggiore dove ci sono più bastoncelli e minore
dove ci sono soltanto coni
I coni sono molto concentrati nel punto di max acuità
visiva, cioè nella fovea e poi diminuiscono mano a mano
che ci si allontana. I bastoncelli sono assenti nella fovea
e sono invece distribuiti nella retina laterale

Acuità visiva: si intende la minima distanza
fra due punti che vengano chiaramente
percepiti come punti separati ad una
distanza standard dell’osservatore.
Rod Retinal Column
Cone Retinal Column
Poor point resolution
Not present in fovea
High resolution
Concentrated in fovea and
evermore defuse periphereally
One pigment type...no color
vision
Three pigment types...all color
vision.
Il pigmento visivo dei bastoncelli prende il nome di
rodopsina. Nei coni esistono tre diversi tipi di pigmenti
visivi che hanno caratteristiche simili alla rodopsina, ma
una diversa sensibilità per le radiazioni dello spettro. La
rodopsina è formata da:
una parte proteica detta opsina
un gruppo cromoforo detto retinale (aldeide della vitamina
A) nella conformazione 11-cis al buio e all-trans sotto
stimolazione luminosa.
Quando la rodopsina interagisce con un fotone, la
prima reazione che avviene, e fra l’altro l’UNICA
luce-dipendente, è l’isomerizzazione del retinale
dalla forma 11-cis alla forma all-trans.
Questo ha come conseguenza immediata il fatto che
l’opsina perde affinità per il retinale, perché si viene a
creare una sorta di ingombro sterico. La rodopsina
passa RAPIDISSIMAMENTE attraverso una serie di
intermedi altamente instabili, che sono:
prelumirodopsina o batorodopsina
lumirodopsina
metarodopsina I
metarodopsina II: è la forma attiva del recettore che
determina variazioni elettriche nel fotorecettore
La metarodopsina II subisce un idrolisi del legame
fra opsina e all-trans retinale e la molecola di
rodopsina si divide. Il pigmento verrà poi
ricostituito a livello dell’epitelio pigmentato grazie
all’azione di una retinal-isomerasi che isomerizza
l’all-trans-retinale in 11-cis-retinale che si legherà
nuovamente all’opsina riformando il pigmento
visivo.
Il ciclo del pigmento visivo
Vediamo adesso come la formazione della
metarodopsina II determina una risposta elettrica
del fotorecettore.
Genesi del potenziale di recettore
La rodopsina è un recettore che appartiene alla
famiglia dei 7-helix-spanning receptors (come i
recettori -adrenergici e altri) accoppiati a G-
proteine. Quando il recettore è attivato, e cioè nel
nostro caso si ha la formazione di metarodopsina
II, la proteina G viene attivata, iniziando il suo
ciclo. La proteina G del ciclo visivo prende il nome
di TRANSDUCINA.
È a questo
stadio che
viene attivata
la proteina G
e quindi il
ciclo visivo
Nel ciclo visivo l’attivazione della proteina G ha lo
scopo di attivare un enzima citosolico che si trova
nel citoplasma del segmento esterno del
bastoncello, che è la fosfodiesterasi (PDE).
Questo enzima, una volta attivato catalizza la
seguente reazione di deciclizzazione:
cGMP  GMP
Il risultato dell’attivazione della rodopsina è quindi
la diminuzione di cGMP nel citoplasma (scende
sotto a 2µM). Perché il cGMP deve diminuire?
In un fotorecettore al buio la concentrazione del c-
GMP è circa 2M e ha la funzione di
MANTENERE APERTI CANALI CATIONICI
PRESENTI SULLA MEMBRANA ESTERNA DEL
FOTORECETTORE. Questi canali sono permeabili
al Na+ e al Ca2+.
Nel segmento interno ci sono i canali
del K+ che, di solito, determinano il
potenziale di riposo di membrana. I
canali cationici mantenuti aperti dal
cGMP nel segmento esterno, tendono
a spostare il potenziale di riposo verso
valori meno negativi perché si stabilisce
un equilibrio fra canali del K+ e canali
cationici. Tanto che IL POTENZIALE DI
RIPOSO DI UN FOTORECETTORE AL
BUIO VALE CIRCA -40mV.
Quando il fotorecettore è stimolato dalla
luce e si innesca il ciclo visivo, la PDE
determina una diminuzione di cGMP e
quindi i canali cationici si chiudono. I
canali K+ diventano quindi i soli
determinanti del potenziale di membrana,
che diviene più negativo.
I FOTORECETTORI STIMOLATI
RISPONDONO QUINDI CON UNA
VARIAZIONE DEL POTENZIALE DI
MEMBRANA IN SENSO
IPERPOLARIZZATO RISPETTO AL
RIPOSO.
Rods and cones have leaky cell membranes with a
continuing inflow of sodium ion then with a
standing generator potential. As a result they are
continuously releasing their neurotransmitter
(glutamate) onto the post-synaptic membrane of
the bipolars. If the light receptor is illuminated the
bipolar is freed from its ongoing inhibition and
depolarizes (generator), causing release of its
transmitter (glutamate) onto its ganglion cell.
Nella cascata di eventi appena vista, va notato il
fatto che il sistema visivo è in grado di amplificare
moltissimo il segnale, fino ad arrivare alla
detection anche di un singolo fotone. Questo è
possibile grazie al fatto che ciascun evento
coinvolto nella cascata della rodopsina determina
una notevole amplificazione del sistema.
Vediamo cosa significa.
Fotone
Un e- dell’11-cis-retinale
Transducina
PDE
..........
.........
Transducina
PDE
Idrolisi di c-GMP
..........
Idrolisi di c-GMP
Canale del Na+
..........
Canale del Na+
Questo meccanismo a cascata rende i bastoncelli
particolarmente sensibili al buio. I coni sono circa 300
volte meno sensibili dei bastoncelli, ma i loro pigmenti
funzionano in maniera simile. La differenza dei pigmenti
visivi è nella parte proteica, cioè nelle opsine
(fotopsine), mentre la parte del retinale è uguale.
Esistono quindi tre diverse popolazioni di coni con tre
diversi fotopigmenti che risultano sensibili al blu, al
verde e al rosso con picchi di assorbanza a 445, 535 e
570 nm rispettivamente.
L’eccitamento di un certo tipo di recettore permette
di sperimentare la sensazione di un certo colore.
Gli altri colori dipendono dalla simultanea
eccitazione di più di uno di questi recettori. Questa
teoria è chiamata teoria tricromatica o teoria di
Young-Helmholtz.
Le teorie per spiegare la percezione dei diversi
colori sono molte, ma la più accreditata si basa sul
fatto che miscelando opportunamente in differenti
combinazioni le luci monocromatiche rossa, verde
e blu, si ottengono tutti i colori.
Per esempio una luce arancio determina un grado
di stimolazione dei:
coni per il rosso
al 99%
coni per il verde
al 42%
coni per il blu
al 0%
99 : 42 : 0
Similmente si ha per il giallo che determina una
stimolazione delle popolazioni di coni di:
coni per il rosso
al 83%
coni per il verde
al 83%
coni per il blu
al 0%
83 : 83 : 0
La percezione del bianco deriva da una
stimolazione pressappoco simile per le tre
popolazioni di coni.
Quando l’occhio è sprovvisto di uno dei tre tipi di
coni per la visione cromatica, viene a mancare la
capacità di distinguere certi colori da altri.
Per esempio la cecità cromatica per il rosso-verde
è un’anomalia genetica che si trasmette attraverso
le femmine e colpisce soprattutto i maschi.
Il daltonismo
Fu il chimico inglese John Dalton a dare, nel 1794,
una descrizione scientifica del daltonismo,
pubblicando l'articolo intitolato "Extraordinary facts
relating to the vision of colors" (Fatti straordinari
legati alla visione dei colori), dopo essersi reso
conto della propria cecità cromatica. Il tipo di
daltonismo di cui Dalton era affetto oggi prende il
nome di deuteranopia.
Esistono diversi tipi di daltonismo. I più diffusi sono
dovuti ad alterazioni ereditarie dei fotorecettori, ma è
anche possibile diventare daltonici in seguito ad un
danneggiamento della retina, del nervo ottico o di
determinate aree della corteccia cerebrale. Tale
daltonismo è spesso diverso da quello di origine
genetica; ad esempio, può manifestarsi solo in una
parte del campo visivo. Alcune forme di daltonismo
acquisito sono reversibili. Alcune forme temporanee di
daltonismo affliggono raramente chi soffre di
emicrania.
Visione dicromatica:
protanope: insensibile alla luce rossa
deuteranope: insensibile alla luce verde
Visione monocromatica:
totale cecità cromatica
Both normal and those with all colour vision deficiencies
should read the number 12.
Those with normal colour vision should read the
number 8. Those with red-green colour vision
deficiencies should read the number 3. Total colour
blindness should not be able to read any numeral.
Normal vision should read the number 29.
Red-green deficiencies should read the number 70.
Total colour blindness should not read any numeral
Normal colour vision and those with total colour
blindness should not be able to read any number.
The majority of those with red-green deficiencies
should read the number 5.
Schema delle
connessioni retiniche
Le principali cellule e connessioni nervose che
troviamo nella retina sono:
Fotorecettori: coni e bastoncelli che sono in contatto
con cellule orizzontali o cellule bipolari.
Cellule orizzontali: trasmettono segnali
orizzontalmente nello strato plessiforme esterno dai
bastoncelli e coni ai dendriti delle cellule bipolari
Cellule bipolari: trasmettono segnali dai
fotorecettori e cellule orizzontali allo strato
plessiforme interno dove sono in sinapsi con
cellule amacrine e cellule gangliari.
Cellule amacrine: trasmettono segnali
orizzontalmente fra i neuriti delle bipolari e i
dendriti delle gangliari o di altre cellule amacrine.
Cellule gangliari: trasmettono segnali in uscita al
nervo ottico.
È importante notare alcune
differenze nelle connessioni di
coni e bastoncelli. I coni che si
trovano nella fovea si connettono
1:1 con le cellule bipolari, che
a loro volta si connettono 1:1
con le gangliari e da questo
dipende l’elevata acuità visiva
della fovea.
Nasal periphery
Al di fuori della fovea sia i coni
che i bastoncelli tendono a convergere sulle bipolari.
Nella retina, così come per altri sistemi sensoriali,
esistono due sistemi visivi di cui uno legato ai
bastoncelli, filogeneticamente più antico e uno
legato ai coni, più recente.
Le fibre nervose che conducono segnali legati ai
coni sono vie più grosse e a maggior velocità di
conduzione. Le connessioni retiniche sono
riportate schematicamente di seguito.
CONI
inibitoria
ORIZZONTALI
BIPOLARI
AMACRINE
GANGLIARI
Via diretta
Via indiretta inibitoria
Via indiretta
BASTONCELLI
ORIZZONTALI
BIPOLARI
AMACRINE
GANGLIARI
N.B. Nel sistema dei bastoncelli la via diretta passa
quasi sempre attraverso le cellule amacrine
La trasmissione della maggior parte dei segnali
avviene nella retina per conduzione elettrotonica,
non per potenziali d’azione. Gli unici neuroni
retinici che trasmettono segnali visivi sempre
mediante spikes sono le cellule gangliari.
Caratteristiche sono le cellule orizzontali, che
mediano la risposta fra fotorecettori e bipolari.
I segnali in uscita delle cellule orizzontali
sono sempre segnali inibitori.
La funzione delle cellule orizzontali è quella di costituire
un sistema di inibizione laterale il cui principio
fondamentale è quello di esaltare la risposta di un
recettore inibendone la periferia. Questo concetto è stato
spiegato da Hartline e colleghi nel 1956. In
neurobiologia l’inibizione laterale è la capacità che ha
un recettore e/o un neurone di ridurre l’attività delle
cellule vicine. Questo meccanismo consente intanto di
identificare meglio la provenienza dello stimolo e poi di
esaltare la risposta di un recettore inibendo la risposta dei
recettori vicini. Nel sistema visivo in particolare vuol dire
migliorare il contrasto di un’immagine.
Il meccanismo di inibizione laterale è dovuto
all’azione delle cellule orizzontali e delle cellule
bipolari che determinano quello che viene definito
effetto centro-periferia.
Il nostro intero sistema visivo esiste per vedere
margini e contorni. Noi vediamo il mondo che ci
circonda come un insieme di linee. Valutiamo
colori e luminosità in base a confronti e NON
SECONDO UNA SCALA ASSOLUTA.
Il sistema di inibizione laterale nella retina è il
primo passo nel definire e modellare i contorni fra
zone chiare e zone scure. La luce diffusa è
ignorata dalle cellule gangliari che sono invece
attivate da uno spot luminoso ben netto. A livello
di corteccia tutti questi punti sono combinati in
linee che verranno a loro volta combinati in curve
e così via fino alla percezione finale dell’oggetto.
1. La luce iperpolarizza il
bastoncello. Diciamo che
determina uno stato ON
che eccita la bipolare
subito sotto. Questa
bipolare poi eccita la
B
gangliare. Lo stesso
accade ai fotorecettori
vicini.
G
2. Il trucco sta nel fatto che le
cellule vicine attivano le
cellule orizzontali, le quali
vanno ad inibire la cellula
bipolare centrale sottostante.
In questo modo cosa fa la
luce diffusa? La cellula
bipolare è stimolata, ma anche inibita
lateralmente. Il risultato è che la gangliare non
viene eccitata e mantiene il suo stato tonico di
scarica
3. Un piccolo spot centrale di
luce tuttavia eccita il
fotorecettore e la bipolare,
ma non le cellule vicine.
Non c’é inibizione laterale e
quindi la bipolare riesce ad
eccitare a sua volta la
gangliare che aumenta la
sua frequenza di scarica.
4. Un anello di luce eccita
solo i fotorecettori vicini.
La bipolare ora è
fortemente inibita. In
risposta a questo deciso
silenzio della bipolare,
la gangliare riduce la
sua scarica e non si
riattiverà fino a quando la luce non viene a
mancare sui fotorecettori vicini
Questa viene definita cellula bipolare a centro
ON. L’opposto di questo scenario può essere
creato invertendo tutti i segnali con il risultato di
avere una cellula a centro OFF.
Questa peculiarità di centro ON / OFF è anche
una caratteristica dei neuroni del nucleo
genicolato laterale talamico. Le cose divengono
ancora più complesse a livello corticale.
Cellule bipolari ON e OFF
Esistono due diversi tipi di cellule bipolari: le
bipolari a centro ON e le bipolari a centro OFF. Le
prime depolarizzano quando il fotorecettore con
cui sono in contatto è eccitato, mentre le altre
iperpolarizzano. Siccome le bipolari ON e le
bipolari OFF sono adiacenti, questo costituisce un
sistema molto raffinato per la percezione dei
contrasti anche quando il fronte di contrasto cade
fra due recettori adiacenti.
Centro ON
Periferia OFF
Inibizione
Una cellula bipolare
ON è in sinapsi con
una gangliare ON e
lo stesso per le
bipolari OFF
ON center
OFF center
Qual’è il vantaggio di un antagonismo centro-periferia?
Questo contrasto aiuta il sistema visivo a percepire i bordi
degli oggetti. Questi si distinguono dalla periferia per il
brusco cambiamento di riflessione della luce al loro
contorno. In questo modo la percezione dei contrasti aiuta
a definire il contorno delle cose distinguendole dallo
sfondo. Aree delle immagini che non cambiano contrasto
o lo cambiano poco, probabilmente appartengono allo
stesso oggetto. Il sistema visivo è sostanzialmente
interessato soltanto a individuare aree che cambiano
luminosità, non ai valori assoluti.
Mach band effect
Abbiamo visto che le vie più semplici prevedono un
processamento dell’informazione visiva fra coni,
bipolari e gangliari e fra bastoncelli, bipolari, amacrine
e gangliari. In realtà le connessioni sono molto più
complesse perché prevedono anche l’azione integrata
con cellule orizzontali e amacrine. Di seguito è
riportato un grafico indicativo delle possibili relazioni
che intercorrono fra i neuroni retinici.
La retina di ciascun occhio contiene circa 120 milioni di
bastoncelli e 6 milioni di coni, mentre il numero delle
gangliari è di circa 1.5 milioni.
Su ogni fibra del nervo ottico si ha quindi convergenza di
bastoncelli e coni. Inoltre nella fovea i bastoncelli sono
assenti e ci sono circa 35.000 coni. Questo spiega il
notevole aumento di acuità visiva che si ha procedendo
verso la fovea.
A livello foveale addirittura si ha un rapporto 1: 1
fra coni e gangliari e la massima acuità visiva.
Bisogna ricordare che le cellule gangliari
trasmettono i segnali attraverso il nervo ottico
mediante potenziali d’azione. Anche le cellule
gangliari sono soggette a un meccanismo a centro
ON o OFF e questo è particolarmente importante
nella percezione dei contrasti.
Esistono almeno 18 tipi diversi di cellule gangliari
nella retina umana. Fra queste due classi sono
tipiche dei primati e sono implicate nell’elevata
acuità visiva e nella percezione dei colori. Si tratta
delle cellule gangliari P e M che proiettano
rispettivamente ai neuroni parvocellulari e
magnocellulari del nucleo genicolato laterale
del talamo.
Gli impulsi lasciano la retina
attraverso il nervo ottico (II).
Ogni nervo ottico è formato da
circa 1.5 milione di assoni che,
ovviamente occupano spazio,
per cui la papilla rappresenta un
punto cieco della retina perché
non ha spazio per i fotorecettori.
Poiché le papille dei due occhi
non coincidono nel campo
visivo, l’uno complementa
l’altro.
The Blind Spot
Close your left eye and hold the following page
about 8-9 inches from your right eye. Look at the
cross and slowly move the page forward and
backward until the black circle disappears. This will
happen when light rays from the black circle fall on
the place where the optic nerve enters the retina commonly referred to as your "blind spot".
A livello del chiasma
ottico tutte le fibre
provenienti dalla retina
nasale di ciascun occhio
si incrociano e passano
nel lato opposto dove si
uniscono con le fibre
temporali della retina di
quel lato. Si formano così
i tratti ottici.
Il campo visivo
Il campo visivo è la proiezione ottica della
rappresentazione visiva del mondo esterno sulla
retina. L'uomo presenta una visione binoculare
molto ampia, cosa che gli consente di aver
consapevolezza della distanza relativa degli
oggetti
Le fibre di ciascun tratto
si portano al nucleo
genicolato laterale del
talamo e da qui il tratto
genicolo-calcarino si
porta alla corteccia visiva
I in zona occipitale che
corrisponde all’area 17 di
Brodmann. Da questa si
passa alle aree di
associazione 18 e 19.
Nucleo genicolato laterale
Il n.g.l. è formato da 6 strati di neuroni organizzati
in maniera molto precisa. In primo luogo, le cellule
dello stesso strato nella parte di dx e nella parte di
sx hanno campi recettivi nella stessa area della
retina. Inoltre le fibre provenienti dai due occhi
sono segregati in strati diversi. Le fibre ipsilaterali
arrivano negli strati 2,3,5, mentre le fibre
controlaterali agli strati 1,4,6.

Tutte le cellule nel n.g.l. hanno campi
recettivi concentrici come le cellule
gangliari. In particolare gli strati 1 e 2 sono
formati da neuroni magnocellulari che
mediano la risposta acromatica, mentre gli
strati 3, 4, 5 e 6 sono formati da neuroni
parvocellulari che mediano la visione
cromatica
Occhio
Nervo ottico
Chiasma
ottico
Tratto
ottico
Nucleo
genicolato
laterale
Tratto genicolocalcarino
Corteccia I
Fibre visive si dirigono anche ad aree encefaliche
più antiche. Dai tratti ottici:

al nucleo soprachiasmatico dell’ipotalamo

ai nuclei pretettali per il riflesso pupillare e la
fissazione degli occhi

al collicolo superiore del mesencefalo per i
movimenti simultanei dei due occhi

al nucleo genicolato ventrale per partecipare al
controllo delle funzioni comportamentali legate
alla visione.
Anche per la corteccia visiva si conosce un area I e
una corteccia visiva II. La corteccia visiva I si estende
al polo occipitale e qui terminano i segnali visivi
provenienti dagli occhi. Punti specifici della retina sono
connessi con punti specifici della corteccia. In
particolare la rappresentazione della fovea è
estesissima rispetto a quella di zone più periferiche
della retina. La corteccia I (V-1) corrisponde all’area 17
di Brodmann e comprende la corteccia più spessa di
tutto l’encefalo. Ha la funzione di codificare le linee e i
confini degli oggetti del campo visivo
17
Le aree visive di associazione sono localizzate
anteriormente, superiormente e inferiormente a V1. Si tratta di aree di associazione indicate da V-2
a V-3, V-4 etc. in cui sono progressivamente
selezionati ed analizzati i vari aspetti dell’immagine
visiva.
L’informazione visiva passa da V-1 alla corteccia
secondaria seguendo due canali principali.
Una via serve per l’analisi della posizione
tridimensionale, della forma grossolana e del
movimento di oggetti (via dorsale, via M alla
corteccia parietale).
Una seconda via permette l’analisi dei dettagli visivi
e del colore (via antero-laterale, via P alla corteccia
infero-temporale).
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