Le forme dell`esame testimoniale. Le contestazioni. La formazione
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Le forme dell`esame testimoniale. Le contestazioni. La formazione
LE FORME DELL’ESAME TESTIMONIALE. LE CONTESTAZIONI. LA FORMAZIONE PROGRESSIVA DEL FASCICOLO DEL DIBATTIMENTO Schede sintetiche a cura del: dott. Elvio FASSONE presidente di sezione del Tribunale di Torino A. L’esame testimoniale – Fasi dell’esame: tre (di cui due eventuali). Funzione dell’esame diretto: il deducente postula che l’esaminato dirà la verità, giovevole al suo assunto, ed intende comunicarla al giudice, che la ignora. Funzione del contro-esame: il contro-esaminatore postula che l’esaminato non abbia detto compiutamente la verità, ed intende ribaltare l’apparente verità fornita dall’esame diretto. Funzione della replica: il deducente ritiene che il contro-esame abbia posto in luce apparenti smagliature, dovute essenzialmente alla tecnica di escussione (od alla incapacità dell’esaminato di reggere alle domande suggestive), e mira a riequilibrare gli esiti del mezzo di prova nel suo complesso. – Caratteri delle tre fasi. Nell’esame diretto e nella replica non possono essere rivolte né domande suggestive né domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte (in seguito = “nocive”). Nel contro-esame non possono essere rivolte domande nocive. In ciascuna delle fasi vigono le regole deontologiche alla cui osservanza è preposto il controllo del presidente (art. 499 commi 4 e 6). L’esaminatore diretto, pertanto, fruisce della replica ma si inibisce le domande suggestive. Il controesaminatore versa nella situazione speculare. – Tipi di domanda e connotati dell’esame. La domanda suggestiva (“leading question”, o domanda che conduce) indirizza il teste a dichiarare circostanze che egli non enuncia spontaneamente. Suoi connotati (non esclusivi) sono l’implicazione o presupposizione; l’indebito soccorso o supplenza alla memoria; la manifesta indicazione dell’obiettivo al quale l’esaminatore vuole condurre l’esaminato. La domanda “nociva” contiene una pressione psicologica volta a far dire al teste cosa diversa da quella che direbbe spontaneamente. “Genuinità delle risposte” (art. 499 comma 6): salvezza del sentimento di paternità della risposta in capo a chi la fornisce. “Sincerità delle risposte” (art. 499 comma 2): corrispondenza tra la rappresentazione del reale posseduta dall’esaminato e la proposizione da lui enunciata. “Lealtà dell’esame” (rectius: di chi lo conduce): adesione al codice deontologico che deve ispirare il mezzo di prova, complessivamente inteso ad ottenere risposte spontanee e sincere. – Eccezioni alla conduzione dell’esame ad opera delle parti: a) esame testimoniale del minorenne (art. 498 comma 4); b) esame disposto d’ufficio ai sensi dell’art. 507 (art. 151 norme att.); c) processo di pretura (art. 567 comma 4) (sull’accordo delle parti). – Questioni processuali. Esame della stessa persona richiesto da due o più parti. Lo si effettua unitariamente. Inizia l’esame il pubblico ministero, lo si prosegue nell’ordine di cui all’art. 493 comma 2. Ogni deducente conserva la facoltà del contro-esame e le relative potestà. Possibilità di condurre l’esame al di fuori delle circostanze dedotte nella lista ex art. 468: deve ritenersi sussistente, alla luce della sempre minore specificità richiesta nella deduzione. Deve ritenersi, peraltro, che se una parte assume che il teste le serve solamente per un determinato tema di prova, e poi sostituisce il tema con un altro, l’esame su questo è inammissibile, avendo privato la controparte del diritto alla controprova, e avendola esposta a temi a sorpresa. – Giurisprudenza. “La formulazione di domande tramite il capitolato di prova si risolve in una mera ripetizione di una testimonianza predisposta nel suo complesso, e rende pertanto agevole ed unilaterale la risposta, ponendosi così in contrasto con l’art. 499 comma 3, che vieta di porre domande che tendano a suggerire le risposte” (fattispecie in tema di rigetto di ricorso avverso ordinanza e sentenza di condanna del giudice di appello, che aveva dichiarato l’inutilizzabilità delle deposizioni testimoniali rese a conferma dell’alibi dell’imputato, su capitoli di prova analitici) (Cass. I, 21 gennaio 1992, CP 1993, p. 1796, n. 1070). “L’art. 499 comma 6 affida al presidente del collegio il potere di dirigere l’istruttoria dibattimentale e di stabilire caso per caso la pertinenza e l’utilità delle domande, né è sufficiente il dissenso del difensore al riguardo per qualificare come illegittimo l’intervento regolatore del presidente: infatti l’esame incrociato non può essere identificato con la libertà, scevra da ogni vincolo, di muovere domande a valutazione esclusiva della difesa”. “A chi conduce il contro-esame non possono essere inibite domande che tendono a suggerire le risposte, neppure in virtù del potere presidenziale di intervenire per assicurare la genuinità e la sincerità delle risposte, tutelate dalla regola generale di cui al comma 6 dell’art. 499” (Cass., III, 3 giugno 1993, CP 1995, p. 79, n. 58). “La valutazione della pertinenza e della rilevanza delle domande, in sede di esame e di controesame, è rimessa al prudente ed insindacabile apprezzamento del presidente, o del pretore” (Cass., I, 23 giugno 1993, Rv. 194, 367). “Le regole per l’esame ed il contro-esame debbono trovare applicazione anche nel caso di istruzione dibattimentale in sede di appello” (Cass. ult. cit.). Per conseguenza, solo dopo che sono stati esauriti l’esame ed il contro-esame delle parti, il presidente può rivolgere direttamente domande alle persone già esaminate (Cass., II, 22 settembre 1992, CP 1994, p. 1545, n. 928) (contra Cass., I, 30 aprile 1992, Riv. pen. 1993, p. 479). “Il giudice può ammettere i testimoni a rendere dichiarazioni spontanee integrative delle risposte date alle domande e pertinenti al tema di prova, sia nel corso dell’esame incrociato, sia in un momento successivo, quando il teste di sua iniziativa ritenga di presentarsi di nuovo a deporre, e in entrambi i casi può legittimamente utilizzarle per la formazione del proprio convincimento” (Cass., V, 9 giugno 1993, CP 1995, p. 96, n. 81). “Sono utilizzabili (sebbene assunte in modo non regolare) le dichiarazioni testimoniali assunte non secondo le prescrizioni di cui all’art. 498 c.p.p., ma mediante semplice conferma, a richiesta del presidente, delle dichiarazioni già rese in dibattimento, davanti ad un precedente collegio venuto meno per la morte di uno dei componenti” (Cass., I, 11 maggio 1992, CP 1994, p. 125, n. 101). “Deve ritenersi valido e processualmente utilizzabile il riconoscimento operato in udienza dalla persona offesa, nel corso dell’esame testimoniale, nei confronti dell’imputato presente” (Cass., I, 11 maggio 1992, CP 1994, p. 125, n. 101). – Accorgimenti tecnici e tattici. Cfr. C. CARNEVALI, L’esame dibattimentale: tecniche, strategie, casistica, in Quaderni del C.S.M., 1993, p. 179. G. MALERBA, L’esame dibattimentale: tecniche, strategie, casistica, ivi, p. 201). L. CARLI, Tecniche di interrogatorio in sede dibattimentale (Relazione al C.S.M. nel II corso di aggiornamento professionale per i magistrati delle Procure circondariali sulle tecniche di indagine; 24-28 gennaio 1994). – Dottrina. AVANZINI, L’esame dibattimentale delle fonti di prova personali, in La conoscenza del fatto nel processo penale, a cura di Ubertis, 1992, p. 72. FRIGO, Commento all’art. 499 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, V, Torino 1991, p. 254. SELVAGGI, Esame diretto e contro-esame, in Dig. disc. pen., IV, Torino 1990, p. 280. COMOGLIO, Modello accusatorio e deontologia dei comportamenti processuali nella prospettiva comparatistica, in Riv. it. dir. e proc. pen. 1993, p. 435. CUCCHI, Rito accusatorio e cross-examination inglese: un confronto ravvicinato, in Giust. pen., 1991, III, c. 257. DE FRANCHIS, Cross-examination, in Dig. disc. pen., vol. III, Torino 1988, p. 279. FANCHIOTTI, La testimonianza nel processo adversary, Milano 1988, p. 281. GAMBINI, La cross-examination dell’imputato nel processo penale inglese: limiti ed inconvenienti, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1975, p. 1217. WELLMAN, The art of cross-examination, Londra 1936, IV ed. B. Le dichiarazioni – Sollecitazione rivolta all’esaminato, consistente nel sottoporgli sue precedenti dichiarazioni difformi, al fine di produrre coerenze tra le versioni o spiegazione della diversità. – Natura e qualità della dichiarazione utilizzabile per la contestazione: le sole dichiarazioni provenienti dalla persona esaminata, presenti nel fascicolo del P.M.. Sono utilizzabili anche se assunte in procedimento diverso e poi acquisite al fascicolo per il dibattimento; anche se assunte ai sensi dell’articolo 430 c.p.p.. Non sono utilizzabili le dichiarazioni assunte dal P.M. dopo il deposito della documentazione dell’attività integrativa di indagine, ex art. 430 comma 2. – Valore della dichiarazione utilizzata per la contestazione. 1) Nella formulazione originaria del codice: meno valore “screditante” della dichiarazione dibattimentale (efficacia probatoria indiretta) (art. 500 comma 3). Acquisibilità al fascicolo per il dibattimento solo per talune specifiche dichiarazioni (assunte nel corso delle perquisizioni, ovvero sul luogo e nell’immediatezza del fatto). 2) A seguito della sentenza 3 giugno 1992 n. 255 della Corte Costituzionale: acquisibilità nel fascicolo per il dibattimento, e conseguente piena utilizzabilità. 3) A seguito della legge 7 agosto 1992 n. 356: * acquisibilità, e possibilità di essere valutata come prova, se sussistono altri elementi di prova che ne confermano l’attendibilità (art. 500 comma 4) (efficacia potenzialmente completa); ** acquisibilità e possibilità di essere valutata come prova, anche in assenza di “corroboration”, quando risultano turbative della testimonianza (art. 500 comma 5) (efficacia direttamente completa); *** acquisibilità e idoneità a costituire prova, quando è stata assunta dal giudice dell’udienza preliminare (art. 500 comma 6) (efficacia iperbolicamente completa); **** efficacia limitata alla valutazione della credibilità delle dichiarazioni dibattimentali, quando non è affiancata da altri elementi di prova, e non si versa in alcuna delle ipotesi di cui ai commi 5 e 6 (art. 500 comma 3) (efficacia parziale). – Possibile dissociazione degli effetti: anche le dichiarazioni che non possono essere acquisite al fascicolo per il dibattimento possono essere sempre utilizzate per contestare le difformità, e per operare l’efficacia indiretta sulle dichiarazioni dibattimentali (cfr. infra Corte Cost. 28 novembre 1994 n. 407). – Dichiarazioni utilizzabili per le contestazioni: quelle rese precedentemente dalla persona esaminata (testimone, perito, consulente tecnico, imputato, altra parte privata, imputato ai sensi dell’art. 210), e contenute nel fascicolo del Pubblico Ministero. Utilizzabilità ai fini delle contestazioni (quanto all’imputato) di tutte le dichiarazioni da lui rese in precedenza. Acquisibilità al fascicolo per il dibattimento delle sole dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere, assunte o dal P.M., o dalla polizia giudiziaria per delega, o dal G.I.P. in sede di convalida, interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare, dell’imputato nell’udienza preliminare. Conseguente esclusione (e limitata utilizzazione ai soli fini della contestazione, con mera efficacia indiretta) delle dichiarazioni spontanee rese alla P.G. ex art. 350 comma 7; delle dichiarazioni rese in sede di presentazione spontanea, assunta ex art. 374 comma 1; delle dichiarazioni rese dall’imputato (e per quanto occorra, anche dal coimputato) prima di assumere la qualità di persona sottoposta alle indagini, e perciò senza l’assistenza del difensore. Utilizzabilità anche se le dichiarazioni sono state rese in altro procedimento, purché acquisite al fascicolo del P.M., quale formato ex art. 433. – Giurisprudenza costituzionale “Non è fondata, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 101 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 500 comma 4 c.p.p., nella parte in cui subordina all’esistenza di altri elementi di prova, capaci di confermarne l’attendibilità, l’utilizzabilità come prove delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone nel corso delle indagini preliminari, ed utilizzate nel dibattimento per le contestazioni” (Corte Cost. 16 giugno 1994 n. 241). “Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 500 commi 1 e 4 c.p.p., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non consente che, per contestare il contenuto della deposizione testimoniale, le parti possano servirsi della denuncia scritta presentata dal testimone all’autorità giudiziaria, con successiva eventuale acquisizione al fascicolo per il dibattimento” (Corte Cost., 28 novembre 1994 n. 407). – Giurisprudenza di legittimità. “Al fine di poter valutare, come prova dei fatti in esse affermati, le dichiarazioni acquisite a seguito delle contestazioni – allorquando risultino situazioni che hanno compromesso la genuinità dell’esame testimoniale – non è richiesto che tale compromissione derivi necessariamente da un fatto attribuibile all’imputato: qualunque situazione, desumibile persino dalle stesse modalità della deposizione, può essere liberamente apprezzata dal giudice, che è soltanto tenuto ad esternare il suo convincimento con motivazione esente da vizi logici” (Cass., I, 18 giugno 1993, CP 1995, p. 369, n. 295). “In virtù del generale rinvio operato dall’art. 598 c.p.p., il diritto delle parti di contestare il contenuto di una dichiarazione sulla base delle dichiarazioni precedentemente rese, e contenute nel fascicolo del P.M., deve poter essere esercitato anche nell’istruzione dibattimentale in sede di appello, a nulla rilevando che le dichiarazioni non siano nella materiale disponibilità del P.M. presso il giudice d’appello, posto che il fascicolo del P.M. di prime cure è nella disposizione giuridica di tutte le parti” (Cass. III, 3 giugno 1993, CP 1995, p. 79, n. 58). “I verbali degli interrogatori resi dall’imputato al P.M. ed al G.I.P. possono essere acquisiti integralmente al fascicolo processuale ex art. 503 qualora, per l’elevato numero di contestazioni mosse all’imputato nel corso dell’esame dibattimentale, sia impossibile l’individuazione delle frasi non oggetto delle contestazioni stesse” (Cass. I, 23 giugno 1993, CP 1994, p. 3031, n. 1882). C. La formazione progressiva del fascicolo del dibattimento 1) Atti che entrano nel fascicolo del dibattimento a seguito del decreto che dispone il giudizio: 1/a) atti relativi alla procedibilità dell’azione penale (tra gli stessi deve essere inclusa l’attestazione, prevista dall’art. 337 comma 4 c.p.p., della data e del luogo di presentazione della querela, come pure quella dell’avvenuta identificazione del querelante: Cass., V, 16 febbraio 1993, CP 1994, p. 2766, n. 1742; nonché atti relativi all’esercizio dell’azione civile. “Il legislatore, nel consentire la possibilità di dare lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela ai soli fini dell’accertamento dell’esistenza della condizione di procedibilità (art. 511 comma 4), ha preso in considerazione l’atto di querela esclusivamente sotto il suo aspetto formale, e cioè quale presupposto di validità del rapporto processuale; peraltro, quando per fatti o circostanze imprevedibili, risulti impossibile la ripetizione del contenuto dell’atto di querela, deve trovare applicazione l’art. 512 c.p.p., intendendosi per ‘atti assunti dalla P.G.’ non solo gli atti formati a seguito di attività diretta di tale autorità, ma anche gli atti semplicemente ricevuti dalla stessa” (Cass., V, 2 dicembre 1993, CP 1994, p. 2111, n. 1321). 1/b) verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria, al riguardo: L’obbligo di verbalizzazione degli atti indicati nell’art. 357 comma 2 c.p.p. non è prescritto a pena di nullità, sicché è da ritenere che, qualora la loro documentazione sia avvenuta in altro modo, essa può far parte del fascicolo del P.M., sempre che non facciano difetto i requisiti sostanziali, da individuarsi essenzialmente nella stretta contiguità spazio-temporale (compatibile con le esigenze della pratica) fra la loro redazione ed il verificarsi dei fatti che ne formano oggetto, e nella certa provenienza, attestata da apposita sottoscrizione, dal pubblico ufficiale abilitato che ne figura autore (Cass. I, 14 giugno 1993, CP 1994, p. 2143, n. 1339; Cass. I, 3 febbraio 1993, CP 1994, p. 1879, n. 1147; Cass. V, 18 giugno 1991, ivi 1992, p. 92, n. 68) (fattispecie in tema di sommarie informazioni non verbalizzate, ma semplicemente sintetizzate nell’informativa di reato). – Sono stati considerati irripetibili dalla giurisprudenza: * i rilievi fotografici relativi ad un assembramento di persone integrante illecito penale; * rilievi fotografici eseguiti dalla P.G. sui veicoli coinvolti in un sinistro; * il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, limitatamente allo stato della documentazione fiscale, e comunque nella parte in cui contiene constatazione di fatti; con esclusione della parte in cui contiene valutazioni degli operanti, accertamenti tecnici, dichiarazioni di terzi o dell’indagato; * verbali di inventario allegati alle relazioni del curatore fallimentare; * il verbale degli ispettori del lavoro, quando contenga la descrizione di cose, di tracce o di luoghi suscettibili di modifica nel tempo, per eventi naturali o per comportamenti umani; * l’autopsia disposta dal P.M. con l’osservanza delle forme di cui all’art. 360; * l’individuazione di persona (ma vi è contrasto, in quanto l’atto di individuazione può essere sempre rinnovato, attraverso una ricognizione); * i rilievi fotografici sulla persona; le rilevazioni antropometriche; * la consulenza tecnica disposta dal P.M. ai sensi dell’art. 360 c.p.p., quando l’indagato non si sia avvalso della facoltà di richiedere incidente probatorio; * il verbale di prelevamento di campioni per analisi (ma la questione è controversa: il prelievo viene compiuto prima dell’insorgere di indizi di reità a carico di un soggetto, e quindi non è attuato con l’osservanza delle garanzie previste dal codice, ai sensi dell’art. 220 disp. att.; pertanto non può dirsi compiuto dalla P.G. nel regime di garanzia dettato dal codice, e si ritiene debbe ricondursi piuttosto alla categoria degli atti extra-processuali, sottoposti alla disciplina propria dei documenti); * il verbale delle analisi dei campioni prelevati (se conformi al disposto dell’art. 223 disp. att.); * il verbale di sequestro, con esclusione della parte riproducente dichiarazioni di terzi; * il verbale di perquisizione, personale o reale; * il verbale di ispezione locale, personale o reale effettuata dalla P.G. di propria iniziativa o per delega; * le attività di pedinamento e di appostamento, se adeguatamente verbalizzate; * i verbali delle operazioni di predisposizione degli impianti di ascolto e di controllo delle conversazioni telefoniche e delle loro registrazioni. Sono stati esclusi dalla nozione di atti irripetibili: * gli accertamenti tecnici “distruttivi”, cioè gli accertamenti effettuati dalla P.G., che rendono non più ripetibile l’accertamento stesso per esaurimento del campione o per distruzione dell’oggetto (art. 117 disp. att.): in tale evenienza la P.G. deve investire della questione il P.M., affinché questi valuti se procedere ex art. 360 c.p.p.; * le sommarie trascrizioni del contenuto delle conversazioni telefoniche intercettate; * gli atti, od il contenuto parziale degli atti, indicati per esclusione nella sezione degli atti considerati irripetibili. Sulla nozione di “atti non ripetibili” (e la differenza rispetto a quella di “atti non rinviabili”) cfr.: – artt. 360 c.p.p., 117 e 223 disp. att.. – “Sono atti non ripetibili quelli mediante i quali la polizia giudiziaria prende diretta cognizione di fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale, e suscettibili, per loro stessa natura, di subire modificazioni, o addirittura di scomparire in tempi più o meno brevi” (Cass. I, 14 giugno 1993, cit.). 1/c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero (vale, tendenzialmente, quanto detto sub 1/b); 1/d) i verbali degli atti assunti nell’incidente probatorio e di quelli assunti all’estero a seguito di rogatoria (quanto a questi ultimi, si precisa che la relativa lettura deve considerarsi ammissibile solo in quanto la stessa sia ammissibile in relazione al contenuto degli atti ed alle modalità di acquisizione); 1/e) il certificato del casellario giudiziale e gli altri documenti indicati nell’art. 236; 1/f) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato. 2) Atti che entrano nel fascicolo a seguito dell’ammissione disposta negli atti introduttivi del dibattimento: 2/a) documenti ammessi (art. 495 c.p.p.); 2/b) verbali di prove di altro procedimento penale, nei termini di cui all’art. 238 comma 1, 2 e 3; 2/c) verbali di dichiarazioni assunte in altri procedimenti, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 238, quando le parti vi consentono; 2/d) sentenze irrevocabili, nei termini di cui all’art. 238-bis; 2/e) documentazione di atti di un procedimento penale compiuti da un’autorità giudiziaria straniera (art. 78 comma 1 disp. att.); 2/f) atti non ripetibili compiuti dalla polizia straniera, quando le parti vi consentono, ovvero dopo l’esame dell’autore degli stessi (art. 78 comma 2 disp. att.); 2/g) il verbale dell’udienza dibattimentale (art. 515). 3) Atti che entrano nel fascicolo a seguito di lettura, conseguente a fatti accertati nel corso del dibattimento: 3/a) verbali di atti ad irripetibilità sopravvenuta ed imprevedibile, assunti dalla P.G., dal P.M. o dal G.I.P. nell’udienza preliminare (art. 512 c.p.p.); 3/b) verbale di dichiarazioni rese dal cittadino straniero residente all’estero, qualora non citato, ovvero citato e non comparso (su prudente valutazione del giudice, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti); 3/c) verbali di dichiarazioni rese al P.M. od al G.I.P. da imputato contumace, o assente, o che rifiuta di sottoporsi ad esame (art. 513 comma 1); 3/d) verbale di dichiarazioni rese da persona imputata in procedimento connesso o collegato, se non è possibile ottenerne la presenza al dibattimento, o se si avvalga della facoltà di non rispondere (art. 513 comma 2); 3/e) relazione peritale, dopo l’esame del perito (art. 511 comma 3). 4) atti che entrano nel fascicolo a seguito di contestazione: 4/a) verbali di dichiarazioni testimoniali rese alla P.M., utilizzati per le contestazioni, e confortati da altri elementi di prova (art. 500 comma 4); 4/b) verbali di dichiarazioni testimoniali rese alla P.G. od al P.M., utilizzati per le contestazioni, quando risultano fatti che hanno turbato la genuinità della deposizione dibattimentale (art. 500 comma 5); 4/c) verbali di dichiarazioni testimoniali rese al G.I.P. a norma dell’art. 422 (art. 500 comma 6); 4/d) verbali di dichiarazioni rese dall’imputato al P.M., od alla P.G. su delega, alle quali il difensore aveva il diritto di assistere (art. 503 comma 5); 4/e) verbali di dichiarazioni rese al G.I.P. da persona in stato di custodia cautelare, o dall’arrestato o dal fermato nell’udienza di convalida, o dall’imputato in sede di udienza preliminare (art. 503 comma 6, in relazione agli artt. 294, 391, 422); 4/f) verbali di dichiarazioni rese da persona imputata di reato connesso, alle quali il difensore aveva il diritto di assistere (art. 503 comma 5, richiamato dall’art. 210 comma 5). 5) Atti che entrano nel fascicolo ai limiti effetti delle contestazioni, se sono stati utilizzati a tale fine: 5/a) verbali di dichiarazioni rese dall’indagato alla P.G., non su delega, alla presenza del difensore (art. 350 comma 1); 5/b) verbali di dichiarazioni rese spontaneamente dall’indagato alla P.G. (art. 350 comma 7); 5/c) verbali di dichiarazioni rese da testimoni al P.M. od alla P.G., quando non sono confortate da altri elementi di prova; 5/d) verbali di dichiarazioni rese in altri procedimenti, acquisite al di fuori delle situazioni di cui all’art. 238 comma 1, 2 e 3, quando non vi è il consenso delle parti alla loro piena utilizzazione (art. 238 comma 4). – La categoria degli atti inseriti nel fascicolo per il dibattimento non coincide con la categoria degli atti utilizzabili ai fini della decisione. Atti che vi sono inseriti ne possono venire espunti, a seguito di incidente ex art. 491 (e reciprocamente). Atti che vi sono inseriti, lo sono ai limitati fini dell’efficacia indiretta, o “screditante” (v. par. che precede). Gli atti facenti parte del fascicolo diventano utilizzabili solo dopo la lettura. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l’esame della persona che le ha rese, a meno che l’esame sia divenuto impossibile (art. 512), o esso non sia stato ammesso (art. 190-bis): pertanto, se l’esame non ha luogo, l’inclusione dell’atto nel fascicolo non produce di per sé la sua utilizzabilità.