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art. 625 bis cp - Corte d`Appello di Brescia
FURTO, AGGRAVANTI E RICETTAZIONE Il bene protetto del reato di furto: è costituito non solo dalla proprietà e dai diritti reali e personali di godimento, ma anche dal possesso, inteso come detenzione qualificata, cioè autonoma relazione di fatto con la cosa, che implica il potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale relazione di fatto con il bene non ne richiede necessariamente la diretta, fisica disponibilità e si può configurare anche in assenza di un titolo giuridico, nonchè quando si costituisce in modo clandestino o illecito (Sez. Unite 1 luglio 2013 n. 40354). Il concettto di “possesso penalistico", integra una relazione in termini di signoria di fatto che consente di fruire e disporre della cosa in modo indipendente, al di fuori della sfera di vigilanza e controllo di una persona che abbia su di essa un potere giuridico maggiore ed, in termini negativi, come assenza di signoria di fatto del dominus, o di altrui custodia o vigilanza. Tale qualificata relazione di fatto può assumere diverse sfumature, che comprendono senz'altro il potere di custodire, gestire, alienare il bene ed è stata, dunque, riconosciuta in capo alla figura del responsabile del Supermercato considerato in quanto tale persona offesa, legittimata alla proposizione della querela. Tali premesse consentono di risolvere casi di possibile dubbio: 1) Configura il delitto di furto e non quello di appropriazione indebita, l'appropriarsi di un telefono appena ricevuto al solo scopo di effettuare una telefonata, alla presenta del proprietario del telefono, in quanto ciò non conferisce al detentore del bene affidatogli quell'effettivo potere di autonoma disponibilità, che è invece presupposto necessario della fattispecie di cui all'art. 646 c.p. (Sez. II 16 gennaio 2011 n. 6937): 2) Il dipendente di una ditta di trasporti che sottragga la merce a lui affidata commette il reato di furto e non già quello di appropriazione indebita, atteso che le operazioni materiali di cui è incaricato (trasporto, deposito, conservazione e consegna) non gli conferiscono quell'effettivo potere di autonoma disponibilità dei beni affidatigli, che è invece presupposto necessario della fattispecie di cui all'art. 646: cod. pen.(Sez. IV, 14 marzo 2008 n. 23091). Diversamente nel caso della sottrazione da parte del vettore proprietario del mezzo di trasporto (sentenza 5 marzo 1985) 3) Risponde del reato di furto aggravato, e non di appropriazione indebita, il dipendente di una banca che si impossessi, mediante movimentazioni effettuate con i terminali dell'ufficio, di somme di danaro di clienti depositate sui conti correnti, non avendone la libera disponibilità, ma si limita a compiere una mera attività di esecuzione di precise disposizioni del correntista. Diversamente nel caso del dipendente della banca che si impossessa di beni custoditi nella cassetta di sicurezza avendone ottenuta la chiave dal cliente (sezione V, 30 settembre 2013 n. 51388) perché ciò implica che il cliente ha autorizzato il dipendente ad aprire la cassetta e a disporre del suo contenuto. 4) Commette invece il reato di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 n. 11 c.p. l'addetto alla contabilità di una clinica che proprio in ragione della funzione che gli era affidata nell'ambito della amministrazione della clinica, aveva la disponibilità - diretta e immediata - delle somme di denaro oggetto di impossessamento, risultando che l'agente poteva eseguire acquisti e pagamenti.(Sez. V, 30 settembre 2013 n. 51388). Il criterio per la delimitazione dei confini tra il reato di furto e di appropriazione indebita è quello di verificare se la situazione di base è una detenzione nomine proprio e non in nomine alieno, come in tutti i casi di persone che abbiano la disponibilità materiale della cosa ad altri appartenente in virtù del rapporto di dipendenza che le lega al titolare del diritto. Il presupposto del delitto di appropriazione indebita è una situazione di fatto che si attua nell'esercizio di un potere autonomo sulla cosa, al di fuori dei poteri di vigilanza e di custodia che spettano al proprietario, mentre. dove sussiste un semplice rapporto materiale con la cosa determinato da un affidamento condizionato in conseguenza di un rapporto di lavoro si versa nell'ipotesi di furto (Sez. V, 11 maggio 2010 n.31988). Si può passare da una imputazione di furto contestata a quella di appropriazione indebita ritenuta in sentenza e viceversa senza violare il principio di correlazione fra imputazione contestata e sentenza, perché per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta sì da pervenire ad un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione con un reale pregiudizio dei diritti della difesa. L'indagine non va esaurita nel pedissequo confronto letterale fra contestazione e sentenza perchè la violazione è insussistente quando l'imputato, attraverso l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione Furto nei grandi magazzini: Considerazioni varie Nei supermercati la apprensione della merce esposta costituisce accettazione della proposta di vendita ed in quanto dichiarazione recettizia spiega efficacia solo nel momento in cui perviene nella sfera di conoscibilità del destinatarioì il che avviene solo con la presentazione della merce alla cassa per il pagamento, cioè nel momento dell'esecuzione della controprestazione, che nel caso consiste nel pagamento del prezzo. Esso coincide con il momento perfezionativo del sinallagma secondo lo schema dell'offerta al pubblico per cui il contratto si perfeziona nel momento in cui l'accettazione è resa nota al proponente (art. 1326 c.c.) La individuazione del momento in cui il delitto di furto può dirsi consumato Ai fini della configurabilità del delitto di furto sono necessari gli elementi costitutivi della sottrazione e dell'impossessamento che attengono a due momenti ben distinti. Se l'agente ha asportato il bene sottraendolo alla materiale disponibilità del titolare, ma non ha ancora instaurato una nuova relazione di signoria indipendente con il bene stesso il delitto di furto non può ritenersi consumato, poiché il momento perfezionativo deve essere individuato proprio nell'impossessamento. ll solo occultamento della merce non consente di qualificare penalmente il fatto come furto consumato, ma al più potrà essere ravvisabile un tentativo, qualora si ritenga il trafugamento un atto idoneo e univoco ai sensi dell'art. 56 c.p. Non rileva né il contesto spaziale, né la durata della sottrazione della cosa mobile altrui; l'unico elemento utile è dato dall'aver instaurato con la cosa una relazione diretta al di fuori del controllo del soggetto passivo. ll solo occultamento della merce non consente di qualificare penalmente il fatto come furto consumato, ma al più potrà essere ravvisabile un tentativo, qualora si ritenga il trafugamento un atto idoneo e univoco ai sensi dell'art. 56 c.p. Non rileva né il contesto spaziale, né la durata della sottrazione della cosa mobile altrui; l'unico elemento utile è dato dall'aver instaurato con la cosa una relazione diretta al di fuori del controllo del soggetto passivo. La idoneità degli atti deve essere interpretata non in base ad un giudizio di efficienza causale, bensì in forza di un criterio prognostico, effettuato ex ante, dovendosi valutare, dal punto di vista statistico, se alla condotta al momento della sua realizzazione poteva verosimilmente conseguire l'evento. Il requisito della univocità degli atti è un attributo della condotta che la rende valutabile in un senso determinato, in quanto attraverso essa l'agente ha inteso realizzare un dato obiettivo. L'occultamento della cosa anche prima di oltrepassare lo spazio delle casse costituisce una condotta idonea ed univoca nel senso sopra indicato e, pertanto, può integrare nei congrui casi il tentativo di furto. Allo stesso modo deve concludersi per il caso in cui l'agente oltrepassi lo spazio delle casse di pagamento e si accinga a varcare la soglia di uscita dell'esercizio. Anche in tal caso deve propendersi per l'ipotesi tentata del furto, poiché l'impossessamento non si è ancora realizzato ed il delitto non è consumato. Tra l'altro, all'uscita sono collocati i dispositivi di rilevamento dei congegni metallici e, spesso, lo stesso personale di vigilanza e, di conseguenza, l'agente non ha instaurato quel potere autonomo sulla cosa, insuscettibile di immediato recupero da parte del soggetto passivo, che coincide con la nozione di impossesamento. Tentato furto seguito da atti di violenza: Furto tentato + resistenza o tentata rapina impropria ? Le Sezioni Unite con la sentenza 19 aprile 2012, n. 34952 hanno affermato che è ' configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l'agente, dopo aver compiuto atti idonei all'impossessamento della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l'impunità rilevando che il legislatore al comma 2 dell'art. 628 c.p. non richiede il vero e proprio impossessamento della cosa da parte dell'agente, ma ritiene sufficiente per la consumazione la sola sottrazione, così lasciando spazio per il tentativo ai soli atti idonei diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa altrui. Sempre in tema di danneggiamento è costante l'insegnamento secondo cui la aggravante della violenza può avere ad oggetto anche la cosa sottratta quando sia necessaria per mobilizzarla (come ad esempio il taglio di alberi) e pertanto incida, danneggiandolo, trasformandolo o mutandone la destinazione, sul bene al quale la cosa sottratta era aderente (da ultimo: Sez. IV 11 giugno 2014 n. 38102) In tema di furto, sussiste l'aggravante della violenza sulle cose tutte le volte in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il danneggiamento, la trasformazione della cosa altrui o determinandone il mutamento nella destinazione (furto di ghiaia o di sabbia del alveo.fluviale). Furto in luogo di privata dimora (art. 625 bis c.p.) 1) Gia nel vigore della previgente previsione, la nozione di abitazione, evocando quella del luogo finalizzato a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare, aveva consentito di includervi anche locali che, pur non comunicando direttamente con l'abitazione, erano tuttavia destinati a soddisfare esigenze della vita domestica e familiare come le autorimesse; i cortili i quali, pur non essendo adibiti a vera e propria abitazione, costituiscono parte integrante del luogo abitato per essere destinati, con carattere di indispensabilità strumentale all'attuazione delle esigenze della vita abitativa; le scale, la stanza di ospedale destinata al personale paramedico. A maggior ragione la rilevanza di luoghi non strettamente riconducibili al concetto di abitazione emerge dalla formulazione della nuova norma, essendo quella di "privata dimora" nozione più ampia e comprensiva di quella di "abitazione" (come è dimostrato anche dalla formulazione dell'art. 614 c.p., ove sono entrambi presenti), perché in essa rientrano tutti quei luoghi non pubblici nei quali le persone si trattengono per compiere, anche in modo transitorio e contingente, atti della loro vita privata ovvero attività di carattere culturale, professionale e politico. Così …... Gli studi professionali, gli spazi di esercizi commerciali o di stabilimenti industriali nei quali la persona offesa possa svolgere, anche in modo contingente, atti di vita privata, anche un pubblico esercizio, nelle ore di chiusura, utilizzato dal proprietario per lo svolgimento di un'attività lavorativa, sia pure inerente alla gestione del locale stesso; la portineria di un condominio; le aree condominiali; il cortile condominiale; uno studio odontoiatrico; l'interno di un campo da tennis inserito in un complesso alberghiero ; una baracca adibita a spogliatoio in un cantiere edile; l'area di uno stabilimento adibita a deposito merci, la sagrestia servente la canonica. Ma attenzione perché la giurisprudenza più recente in tema di esercizi commerciali …........... … ha osservato (Sez. IV 11 nov. 2014 n. 51739) che è normale che tali esercizi abbiano un qualche spazio "riservato" ai proprietari e/o dipendenti, oltre ovviamente ai locali igienici; con la conseguenza che una interpretazione meramente astratta dell'art. 624 bis c.p. porterebbe alla applicazione generalizzata di tale fattispecie a tutti gli esercizi commerciali, ben al di là di quelli che sono i limiti della fattispecie. La specifica fattispecie del furto ex art. 625 bis c.p. può essere ritenuta solo quando la condotta di furto si indirizza nei confronti di quelle parti di esercizi commerciali che, avendo le caratteristiche evidenziate dalla giurisprudenza sopra richiamate, possono essere qualificate privata dimora. In tema di furto commesso in un'abitazione, qualora la possibilità di introduzione sia stata determinata da inganno deve ritenersi abusivo l'ingresso operato, con conseguente realizzarsi della fattispecie di cui all'art. 624 bis c.p., la quale ricorre ogniqualvolta sussiste un nesso finalistico tra l'accesso all'abitazione della persona offesa e l'impossessamento della cosa mobile. Nel caso di specie l'agente si era fatto consegnare la chiavi dell'appartamento con la scusa di recuperare un paio di orecchini asseritamente ivi dimenticati (Sez. V, 27 aprile 2006 n.21021). FURTO CON STRAPPO O SCIPPO La figura del furto con strappo è divenuta figura autonoma di reato, in luogo della precedente ipotesi di aggravante delineata dall'art. 625 c.p., n. 4, in ragione della maggiore pericolosità dell'agente, per la particolare audacia mostrata dall'agente e per il moltiplicarsi di questo reato ... dipendente dall'aumentata disponibilità e dall'aumentata circolazione dei beni con conseguente turbamento della tranquillità dei cittadini anche perché condotto in particolare nei confronti di soggetti non in grado di difendersi adeguatamente (in genere persone anziane). Si è voluto così sottrarre il reato al bilanciamento fra circostanze di segno opposto. La linea che distingue la rapina dal furto con strappo risiede nella direzione della violenza esplicata dall'agente. Nello scippo la violenza è immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene; integra, invece, la rapina, la violenza diretta o che si sviluppa sulla persona. Vi è scippo la violenza, anche se, a causa della relazione fisica che intercorre tra la cosa sottratta e la persona che la detiene, può derivare una ripercussione indiretta ed involontaria sulla persona. Ricorre invece la rapina allorchè la cosa è particolarmente aderente al corpo del possessore e costui, istintivamente o deliberatamente, contrasta la sottrazione, cosicchè la violenza necessariamente si estende alla persona, in quanto l'agente non deve superare soltanto la forza di coesione inerente al normale contatto della cosa con la parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa. In particolare la Corte (Sez. II 2 ottobre 2014 n. 17348) ha ritenuto integrato il delitto di rapina in un caso in cui la violenza è stata direttamente esercitata contro la persona poichè l'agente ha strappato con violenza una collana, cioè una cosa particolarmente aderente al corpo del possessore, che non poteva essere sottratta se non con violenza alla persona. Infatti ricorre la rapina quando il soggetto attivo deve vincere la resistenza della vittima e non solo superare la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta (Cass. Sez. II, n. 41464 del 11/11/2010) Le aggravanti generalità La disciplina del furto si è sempre caratterizzata per una analitica configurazione delle circostanze aggravanti: il codice Zanardelli (1889) annoverava addirittura ben venti diverse circostanze aggravanti del furto, suddivise in due serie: una prima serie comprensiva di tutte le circostanze relative al luogo della commissione del furto, alla qualità, destinazione, o appartenenza della cosa sottratta; una seconda inclusiva, invece, di quelle concernenti l'audacia del ladro, la sua capacità elusiva, il numero di soggetti attivi, ecc. Tale tecnica è stata,seguita anche dai compilatori del codice penale 1930, i quali, nonostante uno sforzo sintetico dettarono nell'art. 625 c.p. una lunga lista di circostanze aggravanti speciali della fattispecie Tuttavia, pur essendo state in quella sede più che dimezzate rispetto al codice Zanardelli esse erano ancora talmente numerose ed onnicomprensive delle differenti modalità di realizzazione del furto, da far degradare nelle aule di giustizia la fattispecie base del furto semplice a figura del tutto residuale (il 3% del totale), In tempi più recenti con il c.d. “Pacchetto sicurezza” del 2001, sono state abrogate le due figure circostanziali più diffuse ed odiose (il furto in abitazione e quello con strappo), reintrodotte con la nuova veste giuridica di fattispecie incriminatrici autonome nell'art. 624-bis c.p. Nel 2009 il legislatore, con l'ennesimo, confusionario, “Decreto sicurezza”, si è mosso in netta controtendenza rispetto a tale linea di politica-criminale, tornando a dilatare nuovamente l'elenco delle circostanze, attraverso l'innesto dei n. 8-bis e ter nell'art. 625 c.p. di altre due aggravanti, rispettivamente, per il caso del furto commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto e per quello del furto commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Mezzo fraudolento Secondo l'univoca giurisprudenza di legittimità la circostanza aggravante del mezzo fraudolento è costituita dall'uso di qualunque mezzo insidioso idoneo a ridurre il livello di attenzione del possessore del bene nella difesa del patrimonio o che consenta di eludere più agevolmente le cautele poste dal detentore a difesa della cosa (da ultimo, Cass., SU, n. 40354 del 18/7/2013). Tale è certamente la cooperazione fra i correi, uno dei quali si adoperi per distrarre la vittima, mentre l'altro attua l'impossessamento (Sez. V 24 novembre 2014 n. 2817). Nel caso di furto al supermercato le Sezioni Unite (sentenza 18 luglio 2013 n. 40354) hanno escluso l'aggravante del mezzo fraudolento nel "mero occultamento all'interno di una borsa o sulla persona della merce sottratta dagli scaffali” trattandosi di "banale, ordinario accorgimento che non vulnera in modo apprezzabile le difese apprestate a difesa del bene"", precisando che, semmai, l'aggravante può configurarsi nei casi della borsa dotata di "doppio fondo" e della panciera utilizzate per occultare abilmente la merce o di accorgimenti utilizzati per "schermare" le placche antitaccheggio. La aggravante deve caratterizzarsi per insidiosità particolare denotando un quid pluris di astuzia. Sussiste l'aggravante del mezzo fraudolento nonostante il prelievo di energia sia avvenuto attraverso un allacciamento diretto ed evidente alla rete esterna, senza l'uso di accorgimenti atti ad occultarne la rilevazione (Sez. V 14 maggio 2013 n. 24257).Sul punto si registra anche giurisprudenza di segno contrario. Pacifica è invece l'interpretazione secondo cui un qualsiasi strumento atto ad alterare il meccanismo di rilevazione dei consumi, anche se utilizzato al contempo quale mezzo di allaccio abusivo, costituisca mezzo fraudolento.(innesto di un ponticello fra l'entrata e l'uscita della fase del contatore, previa rottura del piombo coprimorsetti , ovvero del ricorso ad un cavo bipolare saldato appositamente ovvero di un magnete idoneo ad alterare il sistema di registrazione dei consumi. Quindi i mezzi fraudolenti possono essere idonei ad eludere ostacoli oggettivi ad es., la chiave, il grimaldello, la c.d. ‘scalata', ecc. L'utilizzo della chiave integra l'aggravante sia nel caso in cui si tratti di una chiave falsa o alterata, sia in quello in cui si tratti di una chiave vera ottenuta, però, illegittimamente dal ladro. La scalata idonea a configurare la circostanza in parola è rappresentata dalla introduzione all'interno del luogo del delitto attraverso una via di accesso diversa da quella normale, anche se ciò non richiede una particolare agilità o destrezza . Vi sono poi ostacoli personali costituiti dalla sorveglianza della vittima, e i mezzi fraudolenti utili ad eluderli si sostanziano negli artifici o raggiri diretti ad ingannare il derubato ed a facilitare l'acquisizione unilaterale della cosa. Furto con mezzo fraudolento e truffa La prossimità sul piano oggettivo tra la nozione di “qualsiasi mezzo fraudolento” e quella di ” artifizi o raggiri”, richiede un discrimine costituito proprio dalla direzione della frode poichè se la frode mira ad ottenere, con l'inganno, la cooperazione della vittima ed il suo consenso all'impossessamento delle cose sottratte, si configura la fattispecie di cui all'art. 640 c.p., mentre si ravvisa il furto aggravato di cui all'art. 625, n. 2, c.p. nel caso in cui rientri nell'ambito di una condotta aggressiva di tipo unilaterale che prescinde dalla collaborazione consensuale della vittima . La destrezza E' sufficiente all'integrazione della aggravante ex art. 625 c.p., n. 4 quell'abilità o sveltezza che sia sufficiente ad eludere l'attenzione dell'uomo medio per sottrarre cose nella sua sfera diretta ed immediata vigilanza. Nella specie correttamente è stata ravvisata l'aggravante in parola, avendo l'agente approfittato del breve momento in cui l'autovettura fu lasciata incustodita dal possessore e mentre egli era occupato nell'acquisto per il quale aveva fermato l'autovettura (Sezione VI, 6 dicembre 2012 n. 48767). Quando l'autore di un furto non solo profitta della momentanea distrazione del derubato, ma preordina e provoca tale distrazione al fine di rendere più agevole l'esecuzione del furto ( ad es..chiedendo il permesso di poter strumentalmente guardare all'interno della borsa della vittima, impegnata alla guida dell'auto, per prendere il suo pc, ma in realtà per appropriarsi del denaro ivi custodito) pone in essere un'attività fraudolenta atta a sorprendere con l'insidia, la contraria volontà del detentore, violando le difese e gli accorgimenti apprestati dal soggetto passivo a custodia delle cose, creando cosi una situazione di fatto che agevola la commissione del reato, sicchè ricorre anche la circostanza aggravante del mezzo fraudolento Ai fini della configurabilità dell'aggravante della destrezza nel furto, non si richiede l'uso di una “eccezionale” abilità ed è sufficiente l'approfittamento di una situazione favorevole che può anche consistere in uno stato, sia pure momentaneo e transeunte, di disattenzione della vittima designata., Bisogna però sempre guardare alla situazione concreta in cui si esplica l'azione del reo, specie allorchè si tratti di cosa esposta alla pubblica fede, in quanto l'affidamento della vittima agevola enormemente l'azione del ladro, sicchè ben difficilmente occorre il dispiego di una particolare abilità per la sottrazione o l'impossessamento della cosa. L'aggravante del concorso di tre o più persone Contrariamente alla dottrina, la giurisprudenza stima che l'aggravante sussista anche al di fuori dell'ipotesi del concorso materiale o dell'essere le più persone riunite per la ragione che l'aggravante trova giustificazione nella maggiore pericolosità dell'aggregazione fra più persone: vi sono compresi perciò anche i correi morali, gli istigatori, coloro che hanno promesso assistenza o aiuto dopo la consumazione del reato. Nel numero si computano anche i non imputabili e i non punibili. Concorso nel furto e concorso anomalo nella rapina impropria L'eventuale uso di violenza o minaccia da parte di uno dei concorrenti nel reato di furto per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l'impunità può essere ritenuto logico e prevedibile sviluppo della condotta finalizzata alla commissione del furto e, se realizzato, comporta la configurabilità nei confronti dei concorrenti nolenti del concorso "anomalo" ex art. 116 c.p. nel reato di rapina impropria ascrivibile al compartecipe che se ne sia reso materialmente responsabile" (Sez. V sent. n. 32644 del 18/06/2013). Esposizione alla pubblica fede E' la situazione "in cui si trovano le cose che, non sottoposte a custodia diretta, hanno tutela nel sentimento collettivo di onestà e di rispetto della proprietà altrui e, per ciò stesso, sono esposte ad un maggiore pericolo". Tale affidamento implica ogni situazione di assenza di vigilanza diretta e continuativa da parte del titolare del bene lasciato anche temporaneamente incustodito (Sez. IV, n. 5113 del 7.11.2007). CIò ha condotto ad escludere che l'esistenza di congegni "antifurto" sulle auto parcheggiate sulla pubblica via fosse di per sé incompatibile con la configurabilità dell'aggravante sul rilievo che detti congegni non assicurano appunto una continuativa e diretta vigilanza sul bene. Il concetto di "necessità”, di cui all'art. 625 c.p., n. 7, va inteso in senso relativo e comprende ogni apprezzabile esigenza di condotta imposta da particolari situazioni, in contrapposizione agli opposti concetti di comodità e di trascuratezza nella vigilanza; d'altra parte la "consuetudine" va intesa quale pratica di fatto generale e costante ancorchè non imposta da esigenza dalla quale non possa prescindersi (vedi Cass. Sez. 5^, 24 marzo 2005 n. 14978) mentre la “destinazione” implica una qualità della cosa che ne comporta la esposizione al pubblico (es: i coni della segnalazione stradale) . Secondo la costante giurisprudenza di legittimità la circostanza aggravante della esposizione per consuetudine alla pubblica fede prevista dall'art. 625 c.p., comma 1, n. 7 non richiede alcuna predisposizione di mezzi di difesa avverso eventuali azioni criminose, con la conseguenza che essa sussiste anche nel caso in cui l'autovettura oggetto di furto, lasciata incustodita sulla pubblica via e perciò esposta alla pubblica fede, abbia le portiere non chiuse e la chiave di accensione inserita nel cruscotto. (Sezione I , 8 gennaio 2014 n. 475 e Sez. IV, n. 41561 del 26/10/2010). Quando la vettura oggetto di furto è dotata di un antifurto satellitare che ne consente l'esatto rilevamento epperciò risulta protetta da un sistema che ne consente la sorveglianza continua ad opera di incaricato dal proprietario, non trova ragione la contestazione dell'aggravante della esposizione alla pubblica fede, soltanto per il fatto che, pur munita di tale sofisticato sistema antifurto, essa fosse stata parcheggiata su una strada pubblica (Sezione V 21 ottobre 2008 n. 44157). Ma in senso contrario si è osservato (Sezione V, 20 gennaio 2014 n. 9394) che ... … La costante percepibilità della localizzazione del bene non ostacola che su di esso siano commessi atti illeciti, consistenti nella forzatura del congegno di apertura, del congegno di accensione del veicolo e nella sua asportazione. Anche se la definitiva la perdita del bene viene evitata, grazie al ritrovamento dell'auto sul luogo indicato dal sistema satellitare, questo. non evita la sottrazione e il contestuale illecito impossessamento del veicolo, ma consente il suo recupero, a consumazione del furto ormai avvenuta. Il dispositivo riveste funzione recuperatoria e non impeditiva dell'impossessamento e necessariamente ridimensiona la sua funzione protettiva. Aggravante di furto di cose esistenti in ufficio o stabilimento pubblico E' pubblico l'ufficio o lo stabilimento destinato all'estrinsecazione di una funzione di pubblico interesse o di pubblica utilità perseguiti da enti pubblici (rileva la natura dell'attività che vi si svolge). Non è quindi sufficiente ad integrare l'aggravante la mera ed occasionale presenza della cosa privata nello stabilimento pubblico, allorquando esso viene utilizzato per ragioni private. In tal caso, infatti, non viene in rilievo la ragion d'essere delle aggravante, ossia la necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla pubblica amministrazione e della maggiore fiducia che ispira la conservazione dei beni che vi si trovano . E inoltre... ...Si è sostenuto (Sez. V 4 marzo 2008 n.13099) che ai fini della configurabilità dell'aggravante è sufficiente che la cosa sottratta, anche se non inerente alla funzione od attività svolta nell'ufficio pubblico, si trovi, comunque, in tale luogo, in quanto la ragione della stessa consiste nella necessità di una più efficace tutela del rispetto dovuto alla P.A. e della maggior fiducia che ispira la conservazione dei beni che si trovano in pubblici uffici. L'aggravante ricorre, quindi, non solo se la cosa appartiene ai predetti uffici o ai dipendenti degli stessi, ma anche se essa sia di proprietà di terzi e si trovi, per qualunque motivo, in detti luoghi. Furti in tempi di crisi Ai fini della integrazione della circostanza aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen. deve ritenersi "stabilimento pubblico" la piazzola ecologica destinata alla raccolta o allo stoccaggio dei rifiuti, la quale, seppur gestita da privati, costituisce attività di pubblico interesse per i rilevanti interessi ambientali coinvolti, riguardanti il decoro urbano, la salute pubblica e l'economia. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile la circostanza aggravante in relazione al tentativo di furto di materiale ferroso stoccato all'interno di una piazzola ecologica (sentenza n. 42822/2014). Il furto sul bagaglio del viaggiatore E' viaggiatore chi si sposta da un luogo all'altro con veicolo proprio e le ragioni dell'aggravante stanno nell'allentamento della attenzione circa il controllo sul proprio bagaglio, che può consistere anche solo in una borsa che contenga documenti e valori. Risultano irrilevanti la distanza chilometrica percorsa e le ragioni dello spostamento, essendo rilevante in sè lo "spostamento" da un luogo all'altro con il proprio veicolo e dovendo all'uopo intendersi per "bagaglio" le cose che il viaggiatore porta per le proprie necessità, comodità o utilità personali, od anche per ragioni attinenti alla propria attività lavorativa o, in genere, alle finalità del viaggio /Sez. V 12 maggio 2014 n. 44820). La ragione logico giuridica della aggravante relativa al furto commesso sul bagaglio del viaggiatore cessa quando il bagaglio è arrivato e viene depositato nella stanza, o nell'appartamento assegnato al cliente, perche allora, in caso di furto, insorge altra ragione di diversa aggravante che può essere, a seconda dei casi, quella dell'abuso di relazione di prestazione d'opera, o quella, come nel caso di bagaglio custodito nella stanza di un hotel dell'introduzione in edificio destinato ad abitazione o quella del mezzo fraudolento (Sez. V 25.05.2011 n 32830). La qualità di viaggiatore cessa unicamente allorché la persona giunge al luogo predestinato o ad altro in cui si fermi non per sola tappa. L'aggravante ex art. 625 n. 6 c.p. sussiste anche quando l'aggressione si verifica all'interno dell'area di stazione ferroviaria cui la persona offesa abbia acceduto per ragioni del viaggio, già in tal modo iniziato, ed anche nella fase in cui il viaggiatore non compia atti immediatamente finalizzati allo spostamento ma utilizzi i servizi della stazione, quali le sale di attesa, il deposito dei bagagli, i bagni, i punti di ristoro essendo l'accesso ad uno di tali ambienti in stretto collegamento funzionale con le necessità del trasferimento (Sez. V, 15.06. 1999 n. 9132). Con il pacchetto sicurezza 2009 sono state introdotte due ulteriori aggravanti (commi 8 bis e 8 ter), rispettivamente, per il caso del furto commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto e per quello del furto commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro. Ciò comporta la possibilità di una sovrapposizione fra più aggravanti e del correlativo aggravamento di pena ex art. 625 ultimo comma c.p. Quanto alla aggravante della commissione di furto su mezzi di trasporto pubblico, si è osservato che in essa rientrano furti commessi anche su natanti e aeromobili usati per servizi di interesse pubblico indipendentemente dal fatto che il servizio sia gestito da ente pubblico o privato. Vi sono dubbi sulla compatibilità dell'aggravante con quella ex art. 625 n. 6 c.p. (nella ipotesi di furto su bagaglio dei viaggiatori su veicoli) e in tal caso si prospetta l'applicazione del principio di specialità (aerei e natanti sono veicoli ?). Quanto all'aggravante prevista dal comma 8 ter si è osservato che la norma non precisa che oggetto del furto sia proprio il bene che la vittima ha conseguito nei luoghi ivi indicati sicché il furto ben potrebbe avere di mira beni di cui la p.o. aveva disponibilità già in precedenza. La lettera della norma (”appena fruito”) circoscrive l'ambito dell'aggravante ad un ristretto arco temporale e forse anche ad un rapporto non occasionale fra le condotte del reo e della vittima nel senso che il comportamento di quest'ultima abbia rappresentato l'ispirazione dell'azione furtiva. Il decreto legge, 14 agosto 2013, convertito nella legge n. 119 del 15 ottobre 2013, ha introdotto la aggravante speciale ( art. 625 c.p.comma 7 bis) per il delitto di furto al fine di contrastare il crescente fenomeno dei furti di materiale pregiato che danneggiano infrastrutture energetiche e di comunicazioni quando il fatto e' commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica. La ratio dell'aggravante sta nella esigenza di arginare il fenomeno dei furti di rame e di altri materiali conduttori dell'energia elettrica diffusosi in materia impressionante negli ultimi anni in ragione dell'esistenza di un fiorente mercato nero di tali materiali, facilmente riciclabili, stante il fatto che l’obiettivo «privilegiato (ma non unico) di tali furti sono le linee elettriche che alimentano il traffico ferroviario, con evidenti ricadute sulla sicurezza dei trasporti e, per vero, anche degli stessi autori dei furti, che non di rado, per la loro imperizia nell'intervenire sulle linee elettriche, sono protagonisti di incidenti anche mortali La norma è stata criticata perché superfua giacchè per sottrarre le componenti metalliche o altro materiale sottratto alle infrastrutture, è essenziale danneggiare tali strutture (si pensi al caso del furto di rame) e quindi, è applicabile anche l'aggravante della violenza sulle cose oltreché quella destinazione dei beni al servizio pubblico ex art. 625 n. 7 c.p. Correlativamente è stata introdotto un aggravamento di pena se il reato di ricettazione ha riguardo beni provenienti da furto aggravato ex 625 c. 7 bis c.p. Contestato nella imputazione il reato di furto è possibile che il giudice all'esito del procedimento condanni per ricettazione o viceversa? La diversa qualificazione come rapina impropria dei fatti - reato, originariamente contestati come tentato furto e minaccia grave, reati per i quali l'imputato aveva riportato condanna in primo grado data dai giudici di appello comporta la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza e nella inosservanza del disposto dell'art. 521 bis c.p.p.. Tale norma, infatti, con riferimento all'accertamento di un fatto diverso rispetto a quello originariamente contestato, impone la trasmissione degli atti al P.M., ai sensi dell'art. 550 c.p.p., comma 3, e la declaratoria di nullità della sentenza di primo grado al fine di evitarne il passaggio in giudicato (Sez. II 17 marzo 2010 n. 13633). Nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza, non sussiste violazione del principio di correlazione tra l'accusa e la sentenza e ciò tanto nell'ipotesi di riqualificazione del furto in ricettazione, quanto in quella opposta di riqualificazione della ricettazione come furto (Cass. Sez. 2, 16.09.2008 n. 38889) Neppure sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, confermando la decisione di primo grado, riqualifichi l'originaria imputazione di ricettazione in quella di furto in abitazione, aggravato ex art. 625 c.p., comma 1, n. 2, in quanto ai fini della sussistenza di detta violazione non è sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell'imputato (Sez.II, 17 marzo 2013 n. 50012). RICETTAZIONE E DOLO EVENTUALE Il problema: A che condizioni un fatto, non rientrante negli scopi o intenzioni dell'agente, neppure previsto come certo, è doloso? Anche il dolo eventuale è dolo e deve presentare i caratteri richiesti dalla definizione generale: un effettivo rapporto psicologico con l'evento in termini di rappresentazione e di volontà. Deve avere un afferrabile contenuto intellettivo e volitivo: volontà come scelta d'azione, in presenza di una adeguata rappresentazione del fatto delittuoso come conseguenza della scelta effettuata. La differenza fra ricettazione e incauto acquisto corre sulla rappresentazione del presupposto del reato (la provenienza del bene). Le Sezioni Unite 26 novembre 2013 affermano che è ben possibile realizzare il delitto doloso di ricettazione nella forma del dolo eventuale, purché sul piano oggettivo questo sia accertato individuando in concreto "dati di fatto inequivoci che rendano palese la concreta possibilità" della provenienza delittuosa della cosa ricevuta o detenuta”. Ma ciò è ancora compatibile con la colpa, e dunque anche con l'art. 712 c.p. nella forma del sospetto sulla provenienza da reato. Invece, la prova dell'accettazione soggettiva della provenienza delittuosa della cosa esige la dimostrazione di qualcosa corrispondente al fatto che il soggetto, se avesse saputo con certezza di quella provenienza, "non avrebbe agito diversamente” (formula di Frank) Occorre dunque provare qualcosa che equivalga al fatto che il soggetto avrebbe agito comunque, che non si sarebbe lasciato distogliere dalla preoccupazione di realizzare la fattispecie tipica pur di dare sfogo ai bisogni che la sua condotta perseguiva. Non essendovi più prove legali né il dolus in re ipsa, l'accertamento è libero e non vincolato. I casi più problematici sono quelli dove il rischio (inerente ai presupposti o all'evento) è elevato e dove vi può essere un dubbio ragionevole sull'atteggiamento interiore, per la compresenza di irrazionalità, immaturità, ignoranza, emotività, rimozione... Se si motiva la ragionevolezza di quel dubbio processuale, il caso va risolto nel senso della colpa. Reato – presupposto: ben essere un reato di furto o altro contro il patrimonio, ma può essere anche “altro” come la cancellazione del numero di matricola. di un arma. «Qualsiasi» può essere il delitto da cui proviene la res, risultato di una condotta illecita della quale la cosa può costituire sia il profitto che il prodotto. Ricezione anche il ritrovamento: qualsiasi possesso della cosa proveniente da reato è idoneo a costituire quella «ricezione» indicata nella fattispecie della ricettazione, compreso l'impossessamento di una cosa di origine furtiva, abbandonata dal ladro. Il dolo della ricettazione: Sez. II, dep. 15 gennaio 2014 n. 1501 afferma: Basta la reticenza o la confusione dell'imputato sulla provenienza illecita del bene per provare il dolo eventuale nell'ambito di un filone giurisprudenziale consolidato per cui l'incapacità dell'imputato di giustificare il possesso del bene ricettato accede alla prova della consapevolezza della provenienza delittuosa. I giudici qualificano l'assenza di spiegazioni credibili sul possesso come elementi negativi i quali, se proposti, sarebbero in grado di poter ampliare il tema probatorio consentendone il vaglio delle parti e quello giudiziale, di seguito fornendo all'accertamento un maggior grado di attendibilità processuale. Ma attenzione... ...perchè non si verifichi una inversione dell'onere probatorio, integrando una vera e propria prova diabolica per l'imputato, occorre che le condizioni circostanziali del fatto siano già in grado, da sole, di paventare la possibilità che l'imputato abbia avuto cognizione della provenienza delittuosa del bene - e questi non abbia argomenti a contrario tali da poterla confutare . In presenza di queste condizioni, si tratta non di inversione dell'onere probatorio - non consentita -, ma di libero convincimento giudiziale, conforme ai principi della deducibilità logica e del sillogismo giudiziario. Ma quando si tratta di beni altamente fungibili.e di immediata reperibilità, svincolati da procedure legali di acquisto o di detenzione e dunque caratterizzati da una maggiore "portabilità", non sempre si rinvengono in atti quegli elementi e riscontri legali in grado di relazionare il possesso del bene di provenienza delittuosa ad una ipotesi di reato. La fungibilità dei beni rende sfuggente la verifica della illiceità del possesso e. In questi casi l'assenza di giustificazioni da parte dell'imputato, se ritenuta prova del dolo, rischia di sconfinare nel campo dell'onere probatorio che pur sempre resta a carico della pubblica accusa nel processo penale. DA RICORDARE 1) ll delitto di ricettazione è configurabile anche nell'ipotesi di acquisto o ricezione, al fine di profitto, di cose con segni contraffatti, nella consapevolezza dell'avvenuta contraffazione, atteso che la cosa nella quale il falso segno è impresso e che con questo viene a costituire un'unica entità provento della condotta delittuosa di falsificazione prevista e punita ex art. 473 c.p.(Sez. II 3/ ottobre 2012, n.42934) 2) Non rileva la circostanza che il delitto presupposto sia stato commesso all'estero, non occorrendo neppure valutare se il fatto sia previsto come delitto nell'ordinamento di quello Stato, essendo invece sufficiente che il fatto integri un'ipotesi delittuosa secondo la legge italiana 3) Se l'accordo costitutivo del delitto di ricettazione si è perfezionato all'estero., occorre ricordare che ai sensi dell'art. 6 comma 2 c.p.p. il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione che lo costituisce è ivi avvenuta in tutto o in parte sicché quando parte della condotta, cioè la ricezione dei beni risulta commessa in Italia,sussiste la competenza dell'autorità giudiziaria italiana (Sez. II 13 dicembre 2013 n. 1415). 4) Integra ia ricettazione la condotta di chi riceve, al fine di profitto, carte di credito o di pagamento (ovvero qualsiasi altro documento analogo) provenienti da delitto, dovendosi viceversa ricondurre alla previsione incriminatrice di cui all'art. 12 D.L. 3 maggio 1991, n. 143 (ora art. 55 c. 9 d. lvo 231/2007) che sanziona, con formula generica, la ricezione dei predetti documenti "di provenienza illecita", cioè le condotte acquisitive degli stessi, nell'ipotesi in cui la loro provenienza non sia ricollegabile a un delitto, bensì a un illecito civile, amministrativo o anche penale, ma di natura contravvenzionale" (Sez. Unite, n. 22902 del 28 marzo 2001). 5) Perchè possa trovare applicazione l'ipotesi lieve prevista dal capoverso dell'art. 648 c.p., è necessario che la cosa ricettata sia di valore economico particolarmente tenue, ma resta la facoltà del giudice, di escludere il "fatto di particolare tenuità" valutando ogni altra circostanza idonea a delineare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole. Tale operazione deve essere compiuta secondo i criteri di cui all'art. 133 c.p. e con riferimento al comportamento concreto dell'agente, con esclusione di qualsiasi valutazione inerente alla gravità in astratto del reato, la quale compete al legislatore ma non all'interprete (Cass. Sez. II, 12.11.2009, n. 45831) 6) La eventuale improcedibilità del delitto presupposto non rileva ai fini del delitto di ricettazione, essendo sufficiente la valutazione incidentale in ordine alla sua sussistenza (caso in cui il delitto presupposto di furto era estinto per prescrizione) ( Sez. II 9/ ottobre 2013 n. 46350). .