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art. 625 bis cp - Corte d`Appello di Brescia

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art. 625 bis cp - Corte d`Appello di Brescia
FURTO, AGGRAVANTI E RICETTAZIONE
Il bene protetto del reato di furto: è
costituito non solo dalla proprietà e dai
diritti reali e personali di godimento, ma
anche dal possesso, inteso come
detenzione qualificata, cioè
autonoma
relazione di fatto con la cosa, che implica il
potere di utilizzarla, gestirla o disporne. Tale
relazione di fatto con il bene non ne richiede
necessariamente
la
diretta,
fisica
disponibilità e si può configurare anche in
assenza di un titolo giuridico, nonchè
quando si costituisce in modo clandestino o
illecito (Sez. Unite 1 luglio 2013 n. 40354).
Il concettto di “possesso penalistico", integra
una relazione in termini di signoria di fatto che
consente di fruire e disporre della cosa in modo
indipendente, al di fuori della sfera di vigilanza e
controllo di una persona che abbia su di essa un
potere giuridico maggiore ed, in termini negativi,
come assenza di signoria di fatto del dominus,
o di altrui custodia o vigilanza. Tale qualificata
relazione di fatto può assumere diverse
sfumature, che comprendono senz'altro il potere
di custodire, gestire, alienare il bene ed è stata,
dunque, riconosciuta in capo alla figura del
responsabile del Supermercato considerato in
quanto tale persona offesa, legittimata alla
proposizione della querela.
Tali premesse consentono di risolvere casi di
possibile dubbio:
1) Configura il delitto di furto e non quello di
appropriazione indebita, l'appropriarsi di un
telefono appena ricevuto al solo scopo di
effettuare una telefonata, alla presenta del
proprietario del telefono, in quanto ciò non
conferisce al detentore del bene affidatogli
quell'effettivo
potere
di
autonoma
disponibilità, che è invece presupposto
necessario della fattispecie di cui all'art. 646
c.p. (Sez. II 16 gennaio 2011 n. 6937):
2) Il dipendente di una ditta di trasporti che
sottragga la merce a lui affidata commette il reato
di furto e non già quello di appropriazione
indebita, atteso che le operazioni materiali di cui è
incaricato (trasporto, deposito, conservazione e
consegna) non gli conferiscono quell'effettivo
potere di autonoma disponibilità dei beni
affidatigli, che è invece presupposto necessario
della fattispecie di cui all'art. 646: cod. pen.(Sez.
IV, 14 marzo 2008 n. 23091). Diversamente nel
caso della sottrazione da parte del vettore
proprietario del mezzo di trasporto (sentenza 5
marzo 1985)
3) Risponde del reato di furto aggravato, e non di
appropriazione indebita, il dipendente di una
banca
che
si
impossessi,
mediante
movimentazioni effettuate con i terminali
dell'ufficio, di somme di danaro di clienti
depositate sui conti correnti, non avendone la
libera disponibilità, ma si limita a compiere una
mera attività di esecuzione di precise disposizioni
del correntista. Diversamente nel caso del
dipendente della banca che si impossessa di beni
custoditi nella cassetta di sicurezza avendone
ottenuta la chiave dal cliente (sezione V, 30
settembre 2013 n. 51388) perché ciò implica che il
cliente ha autorizzato il dipendente ad aprire la
cassetta e a disporre del suo contenuto.
4)
Commette
invece
il
reato
di
appropriazione indebita aggravata ex art. 61
n. 11 c.p. l'addetto alla contabilità di una
clinica che proprio in ragione della funzione
che gli era affidata nell'ambito della
amministrazione della clinica, aveva la
disponibilità - diretta e immediata - delle
somme
di
denaro
oggetto
di
impossessamento, risultando che l'agente
poteva eseguire acquisti e pagamenti.(Sez.
V, 30 settembre 2013 n. 51388).
Il criterio per la delimitazione dei confini tra il reato di
furto e di appropriazione indebita è quello di verificare
se la situazione di base è una detenzione nomine
proprio e non in nomine alieno, come in tutti i casi di
persone che abbiano la disponibilità materiale della cosa
ad altri appartenente in virtù del rapporto di dipendenza
che le lega al titolare del diritto. Il presupposto del delitto
di appropriazione indebita è una situazione di fatto che si
attua nell'esercizio di un potere autonomo sulla cosa, al
di fuori dei poteri di vigilanza e di custodia che spettano
al proprietario, mentre. dove sussiste un semplice
rapporto materiale con la cosa determinato da un
affidamento condizionato in conseguenza di un rapporto
di lavoro si versa nell'ipotesi di furto (Sez. V, 11 maggio
2010 n.31988).
Si può passare da una imputazione di furto
contestata a quella di appropriazione indebita
ritenuta in sentenza e viceversa senza violare il
principio di correlazione fra imputazione
contestata e sentenza, perché per aversi
mutamento del fatto occorre una trasformazione
radicale, nei suoi elementi essenziali, della
fattispecie concreta sì da pervenire ad
un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione con un
reale pregiudizio dei diritti della difesa. L'indagine
non va esaurita nel pedissequo confronto letterale
fra contestazione e sentenza perchè la violazione
è insussistente quando l'imputato, attraverso
l'"iter" del processo, sia venuto a trovarsi nella
condizione concreta di difendersi in ordine
all'oggetto dell'imputazione
Furto nei grandi magazzini: Considerazioni
varie
Nei supermercati la apprensione della merce
esposta costituisce accettazione della proposta di
vendita ed in quanto dichiarazione recettizia
spiega efficacia solo nel momento in cui perviene
nella sfera di conoscibilità del destinatarioì il che
avviene solo con la presentazione della merce alla
cassa per il pagamento, cioè nel momento
dell'esecuzione della controprestazione, che nel
caso consiste nel pagamento del prezzo. Esso
coincide con il momento perfezionativo del
sinallagma secondo lo schema dell'offerta al
pubblico per cui il contratto si perfeziona nel
momento in cui l'accettazione è resa nota al
proponente (art. 1326 c.c.)
La individuazione del momento in cui il delitto
di furto può dirsi consumato
Ai fini della configurabilità del delitto di furto sono
necessari gli elementi costitutivi della sottrazione
e dell'impossessamento che attengono a due
momenti ben distinti. Se l'agente ha asportato il
bene sottraendolo alla materiale disponibilità del
titolare, ma non ha ancora instaurato una nuova
relazione di signoria indipendente con il bene
stesso il delitto di furto non può ritenersi
consumato, poiché il momento perfezionativo
deve
essere
individuato
proprio
nell'impossessamento.
ll
solo occultamento della merce non
consente di qualificare penalmente il fatto
come furto consumato, ma al più potrà
essere ravvisabile un tentativo, qualora si
ritenga il trafugamento un atto idoneo e
univoco ai sensi dell'art. 56 c.p.
Non rileva né il contesto spaziale, né la
durata della sottrazione della cosa mobile
altrui; l'unico elemento utile è dato dall'aver
instaurato con la cosa una relazione diretta
al di fuori del controllo del soggetto passivo.
ll
solo occultamento della merce non
consente di qualificare penalmente il fatto
come furto consumato, ma al più potrà
essere ravvisabile un tentativo, qualora si
ritenga il trafugamento un atto idoneo e
univoco ai sensi dell'art. 56 c.p.
Non rileva né il contesto spaziale, né la
durata della sottrazione della cosa mobile
altrui; l'unico elemento utile è dato dall'aver
instaurato con la cosa una relazione diretta
al di fuori del controllo del soggetto passivo.
La idoneità degli atti deve essere interpretata non
in base ad un giudizio di efficienza causale, bensì
in forza di un criterio prognostico, effettuato ex
ante, dovendosi valutare, dal punto di vista
statistico, se alla condotta al momento della sua
realizzazione poteva verosimilmente conseguire
l'evento. Il requisito della univocità degli atti è un
attributo della condotta che la rende valutabile in
un senso determinato, in quanto attraverso essa
l'agente ha inteso realizzare un dato obiettivo.
L'occultamento della cosa anche prima di
oltrepassare lo spazio delle casse costituisce una
condotta idonea ed univoca nel senso sopra
indicato e, pertanto, può integrare nei congrui casi
il tentativo di furto.
Allo stesso modo deve concludersi per il caso in
cui l'agente oltrepassi lo spazio delle casse di
pagamento e si accinga a varcare la soglia di
uscita dell'esercizio. Anche in tal caso deve
propendersi per l'ipotesi tentata del furto, poiché
l'impossessamento non si è ancora realizzato ed il
delitto non è consumato. Tra l'altro, all'uscita sono
collocati i dispositivi di rilevamento dei congegni
metallici e, spesso, lo stesso personale di
vigilanza e, di conseguenza, l'agente non ha
instaurato quel potere autonomo sulla cosa,
insuscettibile di immediato recupero da parte del
soggetto passivo, che coincide con la nozione di
impossesamento.
Tentato furto seguito da atti di
violenza:
Furto tentato + resistenza o tentata
rapina impropria ?
Le Sezioni Unite con la sentenza 19 aprile 2012,
n. 34952 hanno affermato che è ' configurabile il
tentativo di rapina impropria nel caso in cui
l'agente, dopo aver compiuto atti idonei
all'impossessamento della cosa altrui, non portati
a compimento per cause indipendenti dalla
propria volontà, adoperi violenza o minaccia per
assicurarsi l'impunità rilevando che il legislatore al
comma 2 dell'art. 628 c.p. non richiede il vero e
proprio impossessamento della cosa da parte
dell'agente, ma ritiene sufficiente per la
consumazione la sola sottrazione, così
lasciando spazio per il tentativo ai soli atti idonei
diretti in modo non equivoco a sottrarre la cosa
altrui.
Sempre in tema di danneggiamento è costante
l'insegnamento secondo cui la aggravante della
violenza può avere ad oggetto anche la cosa
sottratta quando sia necessaria per mobilizzarla
(come ad esempio il taglio di alberi) e pertanto
incida,
danneggiandolo,
trasformandolo
o
mutandone la destinazione, sul bene al quale la
cosa sottratta era aderente (da ultimo: Sez. IV 11
giugno 2014 n. 38102) In tema di furto, sussiste
l'aggravante della violenza sulle cose tutte le volte
in cui il soggetto, per commettere il fatto, fa uso di
energia fisica, provocando la rottura, il guasto, il
danneggiamento, la trasformazione della cosa
altrui o determinandone il mutamento nella
destinazione (furto di ghiaia o di sabbia del
alveo.fluviale).
Furto in luogo di privata dimora (art. 625 bis c.p.)
1) Gia nel vigore della previgente previsione, la
nozione di abitazione, evocando quella del luogo
finalizzato a soddisfare esigenze della vita
domestica e familiare, aveva consentito di
includervi anche locali che, pur non comunicando
direttamente con l'abitazione, erano tuttavia
destinati a soddisfare esigenze della vita
domestica e familiare come le autorimesse; i cortili
i quali, pur non essendo adibiti a vera e propria
abitazione, costituiscono parte integrante del
luogo abitato per essere destinati, con carattere di
indispensabilità strumentale all'attuazione delle
esigenze della vita abitativa; le scale, la stanza di
ospedale destinata al personale paramedico.
A maggior ragione la rilevanza di luoghi non
strettamente riconducibili al concetto di abitazione
emerge dalla formulazione della nuova norma,
essendo quella di "privata dimora" nozione più
ampia e comprensiva di quella di "abitazione"
(come è dimostrato anche dalla formulazione
dell'art. 614 c.p., ove sono entrambi presenti),
perché in essa rientrano tutti quei luoghi non
pubblici nei quali le persone si trattengono per
compiere, anche in modo transitorio e
contingente, atti della loro vita privata ovvero
attività di carattere culturale, professionale e
politico.
Così …...
Gli studi professionali, gli spazi di esercizi
commerciali o di stabilimenti industriali nei quali la
persona offesa possa svolgere, anche in modo
contingente, atti di vita privata, anche un pubblico
esercizio, nelle ore di chiusura, utilizzato dal
proprietario per lo svolgimento di un'attività
lavorativa, sia pure inerente alla gestione del
locale stesso; la portineria di un condominio; le
aree condominiali; il cortile condominiale; uno
studio odontoiatrico; l'interno di un campo da
tennis inserito in un complesso alberghiero ; una
baracca adibita a spogliatoio in un cantiere edile;
l'area di uno stabilimento adibita a deposito merci,
la sagrestia servente la canonica. Ma attenzione
perché la giurisprudenza più recente in tema
di esercizi commerciali …...........
… ha osservato (Sez. IV 11 nov. 2014 n. 51739)
che è normale che tali esercizi abbiano un
qualche spazio "riservato" ai proprietari e/o
dipendenti, oltre ovviamente ai locali igienici; con
la conseguenza che una interpretazione
meramente astratta dell'art. 624 bis c.p.
porterebbe alla applicazione generalizzata di tale
fattispecie a tutti gli esercizi commerciali, ben al di
là di quelli che sono i limiti della fattispecie. La
specifica fattispecie del furto ex art. 625 bis c.p.
può essere ritenuta solo quando la condotta di
furto si indirizza nei confronti di quelle parti di
esercizi
commerciali
che,
avendo
le
caratteristiche evidenziate dalla giurisprudenza
sopra richiamate, possono essere qualificate
privata dimora.
In tema di furto commesso in un'abitazione,
qualora la possibilità di introduzione sia stata
determinata da inganno deve ritenersi abusivo
l'ingresso operato, con conseguente realizzarsi
della fattispecie di cui all'art. 624 bis c.p., la quale
ricorre ogniqualvolta sussiste un nesso finalistico
tra l'accesso all'abitazione della persona offesa e
l'impossessamento della cosa mobile. Nel caso di
specie l'agente si era fatto consegnare la chiavi
dell'appartamento con la scusa di recuperare un
paio di orecchini asseritamente ivi dimenticati
(Sez. V, 27 aprile 2006 n.21021).
FURTO CON STRAPPO O SCIPPO
La figura del furto con strappo è divenuta figura
autonoma di reato, in luogo della precedente
ipotesi di aggravante delineata dall'art. 625 c.p., n.
4, in ragione della maggiore pericolosità
dell'agente, per la particolare audacia mostrata
dall'agente e per il moltiplicarsi di questo reato ...
dipendente
dall'aumentata
disponibilità
e
dall'aumentata circolazione dei beni con
conseguente turbamento della tranquillità dei
cittadini anche perché condotto in particolare nei
confronti di soggetti non in grado di difendersi
adeguatamente (in genere persone anziane). Si è
voluto così sottrarre il reato al bilanciamento fra
circostanze di segno opposto.
La linea che distingue la rapina dal furto con strappo
risiede nella direzione della violenza esplicata
dall'agente. Nello scippo la violenza è immediatamente
rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso
la persona che la detiene; integra, invece, la rapina, la
violenza diretta o che si sviluppa sulla persona. Vi è
scippo la violenza, anche se, a causa della relazione
fisica che intercorre tra la cosa sottratta e la persona che
la detiene, può derivare una ripercussione indiretta ed
involontaria sulla persona. Ricorre invece la rapina
allorchè la cosa è particolarmente aderente al corpo
del
possessore
e
costui,
istintivamente
o
deliberatamente, contrasta la sottrazione, cosicchè la
violenza necessariamente si estende alla persona, in
quanto l'agente non deve superare soltanto la forza di
coesione inerente al normale contatto della cosa con la
parte lesa, ma deve vincere la resistenza di questa.
In particolare la Corte (Sez. II 2 ottobre 2014 n.
17348) ha ritenuto integrato il delitto di rapina in
un caso in cui la violenza è stata direttamente
esercitata contro la persona poichè l'agente ha
strappato con violenza una collana, cioè una cosa
particolarmente aderente al corpo del possessore,
che non poteva essere sottratta se non con
violenza alla persona. Infatti ricorre la rapina
quando il soggetto attivo deve vincere la
resistenza della vittima e non solo superare la
forza di coesione inerente alla normale relazione
fisica tra il possessore e la cosa sottratta (Cass.
Sez. II, n. 41464 del 11/11/2010)
Le aggravanti generalità
La disciplina del furto si è sempre caratterizzata
per una analitica configurazione delle circostanze
aggravanti: il codice Zanardelli (1889) annoverava
addirittura ben venti diverse circostanze
aggravanti del furto, suddivise in due serie: una
prima serie comprensiva di tutte le circostanze
relative al luogo della commissione del furto, alla
qualità, destinazione, o appartenenza della cosa
sottratta; una seconda inclusiva, invece, di quelle
concernenti l'audacia del ladro, la sua capacità
elusiva, il numero di soggetti attivi, ecc.
Tale
tecnica è stata,seguita anche dai
compilatori del codice penale 1930, i quali,
nonostante uno sforzo sintetico dettarono
nell'art. 625 c.p. una lunga lista di
circostanze
aggravanti
speciali
della
fattispecie Tuttavia, pur essendo state in
quella sede più che dimezzate rispetto al
codice Zanardelli esse erano ancora
talmente numerose ed onnicomprensive
delle differenti modalità di realizzazione del
furto, da far degradare nelle aule di giustizia
la fattispecie base del furto semplice a figura
del tutto residuale (il 3% del totale),
In tempi più recenti con il c.d. “Pacchetto sicurezza” del
2001, sono state abrogate le due figure circostanziali più
diffuse ed odiose (il furto in abitazione e quello con
strappo), reintrodotte con la nuova veste giuridica di
fattispecie incriminatrici autonome nell'art. 624-bis c.p.
Nel 2009 il legislatore, con l'ennesimo, confusionario,
“Decreto sicurezza”, si è mosso in netta controtendenza
rispetto a tale linea di politica-criminale, tornando a
dilatare nuovamente l'elenco delle circostanze, attraverso
l'innesto dei n. 8-bis e ter nell'art. 625 c.p. di altre due
aggravanti, rispettivamente, per il caso del furto
commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto e per
quello del furto commesso nei confronti di persona che si
trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei
servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli
automatici adibiti al prelievo di denaro.
Mezzo fraudolento
Secondo l'univoca giurisprudenza di legittimità la
circostanza aggravante del mezzo fraudolento è
costituita dall'uso di qualunque mezzo insidioso
idoneo a ridurre il livello di attenzione del
possessore del bene nella difesa del patrimonio o
che consenta di eludere più agevolmente le
cautele poste dal detentore a difesa della cosa (da
ultimo, Cass., SU, n. 40354 del 18/7/2013).
Tale è certamente la cooperazione fra i correi, uno
dei quali si adoperi per distrarre la vittima, mentre
l'altro attua l'impossessamento (Sez. V 24
novembre 2014 n. 2817).
Nel caso di furto al supermercato le Sezioni Unite
(sentenza 18 luglio 2013 n. 40354) hanno escluso
l'aggravante del mezzo fraudolento nel "mero
occultamento all'interno di una borsa o sulla
persona della merce sottratta dagli scaffali”
trattandosi di "banale, ordinario accorgimento che
non vulnera in modo apprezzabile le difese
apprestate a difesa del bene"", precisando che,
semmai, l'aggravante può configurarsi nei casi
della borsa dotata di "doppio fondo" e della
panciera utilizzate per occultare abilmente la
merce o di accorgimenti utilizzati per "schermare"
le placche antitaccheggio. La aggravante deve
caratterizzarsi
per
insidiosità
particolare
denotando un quid pluris di astuzia.
Sussiste
l'aggravante del mezzo fraudolento
nonostante il prelievo di energia sia avvenuto
attraverso un allacciamento diretto ed evidente
alla rete esterna, senza l'uso di accorgimenti atti
ad occultarne la rilevazione (Sez. V 14 maggio
2013 n. 24257).Sul punto si registra anche
giurisprudenza di segno contrario. Pacifica
è invece l'interpretazione secondo cui un qualsiasi
strumento atto ad alterare il meccanismo di rilevazione
dei consumi, anche se utilizzato al contempo quale
mezzo di allaccio abusivo, costituisca mezzo
fraudolento.(innesto di un ponticello fra l'entrata e l'uscita
della fase del contatore, previa rottura del piombo coprimorsetti , ovvero del ricorso ad un cavo bipolare saldato
appositamente ovvero di un magnete idoneo ad alterare
il sistema di registrazione dei consumi.
Quindi i mezzi fraudolenti possono essere idonei ad
eludere ostacoli oggettivi ad es., la chiave, il
grimaldello, la c.d. ‘scalata', ecc. L'utilizzo della chiave
integra l'aggravante sia nel caso in cui si tratti di una
chiave falsa o alterata, sia in quello in cui si tratti di una
chiave vera ottenuta, però, illegittimamente dal ladro. La
scalata idonea a configurare la circostanza in parola è
rappresentata dalla introduzione all'interno del luogo del
delitto attraverso una via di accesso diversa da quella
normale, anche se ciò non richiede una particolare agilità
o destrezza . Vi sono poi ostacoli personali costituiti
dalla sorveglianza della vittima, e i mezzi fraudolenti utili
ad eluderli si sostanziano negli artifici o raggiri diretti ad
ingannare il derubato ed a facilitare l'acquisizione
unilaterale della cosa.
Furto con mezzo fraudolento e truffa
La prossimità sul piano oggettivo tra la nozione di
“qualsiasi mezzo fraudolento” e quella di ” artifizi o
raggiri”, richiede un discrimine costituito proprio
dalla direzione della frode poichè se la frode mira
ad ottenere, con l'inganno, la cooperazione della
vittima ed il suo consenso all'impossessamento
delle cose sottratte, si configura la fattispecie di
cui all'art. 640 c.p., mentre si ravvisa il furto
aggravato di cui all'art. 625, n. 2, c.p. nel caso in
cui rientri nell'ambito di una condotta aggressiva
di tipo unilaterale che prescinde dalla
collaborazione consensuale della vittima .
La destrezza
E' sufficiente all'integrazione della aggravante ex
art. 625 c.p., n. 4 quell'abilità o sveltezza che sia
sufficiente ad eludere l'attenzione dell'uomo medio
per sottrarre cose nella sua sfera diretta ed
immediata vigilanza. Nella specie correttamente è
stata ravvisata l'aggravante in parola, avendo
l'agente approfittato del breve momento in cui
l'autovettura fu lasciata incustodita dal possessore
e mentre egli era occupato nell'acquisto per il
quale aveva fermato l'autovettura (Sezione VI, 6
dicembre 2012 n. 48767).
Quando l'autore di un furto non solo profitta della
momentanea distrazione del derubato, ma
preordina e provoca tale distrazione al fine di
rendere più agevole l'esecuzione del furto ( ad
es..chiedendo
il
permesso
di
poter
strumentalmente guardare all'interno della borsa
della vittima, impegnata alla guida dell'auto, per
prendere il suo pc, ma in realtà per appropriarsi
del denaro ivi custodito) pone in essere un'attività
fraudolenta atta a sorprendere con l'insidia, la
contraria volontà del detentore, violando le difese
e gli accorgimenti apprestati dal soggetto passivo
a custodia delle cose, creando cosi una situazione
di fatto che agevola la commissione del reato,
sicchè ricorre anche la circostanza aggravante del
mezzo fraudolento
Ai fini della configurabilità dell'aggravante della
destrezza nel furto, non si richiede l'uso di una
“eccezionale”
abilità
ed
è
sufficiente
l'approfittamento di una situazione favorevole che
può anche consistere in uno stato, sia pure
momentaneo e transeunte, di disattenzione della
vittima designata., Bisogna però sempre guardare
alla situazione concreta in cui si esplica l'azione
del reo, specie allorchè si tratti di cosa esposta
alla pubblica fede, in quanto l'affidamento della
vittima agevola enormemente l'azione del ladro,
sicchè ben difficilmente occorre il dispiego di una
particolare abilità per la sottrazione o
l'impossessamento della cosa.
L'aggravante del concorso di tre o più persone
Contrariamente alla dottrina, la giurisprudenza
stima che l'aggravante sussista anche al di fuori
dell'ipotesi del concorso materiale o dell'essere le
più persone riunite per la ragione che l'aggravante
trova giustificazione nella maggiore pericolosità
dell'aggregazione fra più persone:
vi sono
compresi perciò anche i correi morali, gli istigatori,
coloro che hanno promesso assistenza o aiuto
dopo la consumazione del reato. Nel numero si
computano anche i non imputabili e i non punibili.
Concorso nel furto e concorso anomalo nella
rapina impropria
L'eventuale uso di violenza o minaccia da parte di
uno dei concorrenti nel reato di furto per
assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa
sottratta o per procurare a sé o ad altri l'impunità
può essere ritenuto logico e prevedibile sviluppo
della condotta finalizzata alla commissione del
furto e, se realizzato, comporta la configurabilità
nei confronti dei concorrenti nolenti del concorso
"anomalo" ex art. 116 c.p. nel reato di rapina
impropria ascrivibile al compartecipe che se ne
sia reso materialmente responsabile" (Sez. V
sent. n. 32644 del 18/06/2013).
Esposizione alla pubblica fede
E' la situazione "in cui si trovano le cose che, non
sottoposte a custodia diretta, hanno tutela nel
sentimento collettivo di onestà e di rispetto della
proprietà altrui e, per ciò stesso, sono esposte ad
un maggiore pericolo". Tale affidamento implica
ogni situazione di assenza di vigilanza diretta e
continuativa da parte del titolare del bene lasciato
anche temporaneamente incustodito (Sez. IV, n.
5113 del 7.11.2007). CIò ha condotto ad
escludere
che
l'esistenza
di
congegni
"antifurto" sulle auto parcheggiate sulla pubblica
via fosse di per sé incompatibile con la
configurabilità dell'aggravante sul rilievo che detti
congegni
non
assicurano
appunto
una
continuativa e diretta vigilanza sul bene.
Il concetto di "necessità”, di cui all'art. 625 c.p., n.
7, va inteso in senso relativo e comprende ogni
apprezzabile esigenza di condotta imposta da
particolari situazioni, in contrapposizione agli
opposti concetti di comodità e di trascuratezza
nella vigilanza; d'altra parte la "consuetudine" va
intesa quale pratica di fatto generale e costante
ancorchè non imposta da esigenza dalla quale
non possa prescindersi (vedi Cass. Sez. 5^, 24
marzo 2005 n. 14978) mentre la “destinazione”
implica una qualità della cosa che ne comporta la
esposizione al pubblico (es: i coni della
segnalazione stradale) .
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità
la circostanza aggravante della esposizione per
consuetudine alla pubblica fede prevista dall'art.
625 c.p., comma 1, n. 7 non richiede alcuna
predisposizione di mezzi di difesa avverso
eventuali azioni criminose, con la conseguenza
che essa sussiste anche nel caso in cui
l'autovettura oggetto di furto, lasciata incustodita
sulla pubblica via e perciò esposta alla pubblica
fede, abbia le portiere non chiuse e la chiave di
accensione inserita nel cruscotto. (Sezione I , 8
gennaio 2014 n. 475 e Sez. IV, n. 41561 del
26/10/2010).
Quando la vettura oggetto di furto è dotata di un
antifurto satellitare che ne consente l'esatto
rilevamento epperciò risulta protetta da un
sistema che ne consente la sorveglianza continua
ad opera di incaricato dal proprietario, non trova
ragione la contestazione dell'aggravante della
esposizione alla pubblica fede, soltanto per il
fatto che, pur munita di tale sofisticato sistema
antifurto, essa fosse stata parcheggiata su una
strada pubblica (Sezione V 21 ottobre 2008 n.
44157).
Ma in senso contrario si è osservato (Sezione V,
20 gennaio 2014 n. 9394) che ...
… La costante percepibilità della localizzazione
del bene non ostacola che su di esso siano
commessi atti illeciti, consistenti nella forzatura
del congegno di apertura, del congegno di
accensione del veicolo e nella sua asportazione.
Anche se la definitiva la perdita del bene viene
evitata, grazie al ritrovamento dell'auto sul luogo
indicato dal sistema satellitare, questo. non evita
la
sottrazione
e
il
contestuale
illecito
impossessamento del veicolo, ma consente il suo
recupero, a consumazione del furto ormai
avvenuta. Il dispositivo riveste funzione
recuperatoria
e
non
impeditiva
dell'impossessamento
e
necessariamente
ridimensiona la sua funzione protettiva.
Aggravante di furto di cose esistenti in ufficio
o stabilimento pubblico
E' pubblico l'ufficio o lo stabilimento destinato
all'estrinsecazione di una funzione di pubblico
interesse o di pubblica utilità perseguiti da enti
pubblici (rileva la natura dell'attività che vi si
svolge). Non è quindi sufficiente ad integrare
l'aggravante la mera ed occasionale presenza
della cosa privata nello stabilimento pubblico,
allorquando esso viene utilizzato per ragioni
private. In tal caso, infatti, non viene in rilievo la
ragion d'essere delle aggravante, ossia la
necessità di una più efficace tutela del rispetto
dovuto alla pubblica amministrazione e della
maggiore fiducia che ispira la conservazione dei
beni che vi si trovano .
E inoltre...
...Si è sostenuto (Sez. V 4 marzo 2008 n.13099)
che ai fini della configurabilità dell'aggravante è
sufficiente che la cosa sottratta, anche se non
inerente alla funzione od attività svolta nell'ufficio
pubblico, si trovi, comunque, in tale luogo, in
quanto la ragione della stessa consiste nella
necessità di una più efficace tutela del rispetto
dovuto alla P.A. e della maggior fiducia che ispira
la conservazione dei beni che si trovano in
pubblici uffici.
L'aggravante ricorre, quindi, non solo se la cosa
appartiene ai predetti uffici o ai dipendenti degli
stessi, ma anche se essa sia di proprietà di
terzi e si trovi, per qualunque motivo, in detti
luoghi.
Furti in tempi di crisi
Ai fini della integrazione della circostanza
aggravante di cui all'art. 625, comma primo, n. 7,
cod. pen. deve ritenersi "stabilimento pubblico" la
piazzola ecologica destinata alla raccolta o allo
stoccaggio dei rifiuti, la quale, seppur gestita da
privati, costituisce attività di pubblico interesse per
i rilevanti interessi ambientali coinvolti, riguardanti
il decoro urbano, la salute pubblica e l'economia.
(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile
la circostanza aggravante in relazione al tentativo
di furto di materiale ferroso stoccato all'interno di
una piazzola ecologica (sentenza n. 42822/2014).
Il furto sul bagaglio del viaggiatore
E' viaggiatore chi si sposta da un luogo all'altro
con veicolo proprio e le ragioni dell'aggravante
stanno nell'allentamento della attenzione circa il
controllo sul proprio bagaglio, che può consistere
anche solo in una borsa che contenga documenti
e valori. Risultano irrilevanti la distanza
chilometrica percorsa e le ragioni dello
spostamento, essendo rilevante in sè lo
"spostamento" da un luogo all'altro con il proprio
veicolo e dovendo all'uopo intendersi per
"bagaglio" le cose che il viaggiatore porta per le
proprie necessità, comodità o utilità personali, od
anche per ragioni attinenti alla propria attività
lavorativa o, in genere, alle finalità del viaggio
/Sez. V 12 maggio 2014 n. 44820).
La ragione logico giuridica della aggravante
relativa al furto commesso sul bagaglio del
viaggiatore cessa quando il bagaglio è arrivato e
viene depositato nella stanza, o nell'appartamento
assegnato al cliente, perche allora, in caso di
furto, insorge altra ragione di diversa aggravante
che può essere, a seconda dei casi, quella
dell'abuso di relazione di prestazione d'opera, o
quella, come nel caso di bagaglio custodito nella
stanza di un hotel dell'introduzione in edificio
destinato ad abitazione o quella del mezzo
fraudolento (Sez. V 25.05.2011 n 32830).
La qualità di viaggiatore cessa unicamente
allorché la persona giunge al luogo predestinato o
ad altro in cui si fermi non per sola tappa.
L'aggravante ex art. 625 n. 6 c.p. sussiste anche
quando l'aggressione si verifica all'interno
dell'area di stazione ferroviaria cui la persona
offesa abbia acceduto per ragioni del viaggio, già
in tal modo iniziato, ed anche nella fase in cui il
viaggiatore non compia atti immediatamente
finalizzati allo spostamento ma utilizzi i servizi
della stazione, quali le sale di attesa, il deposito
dei bagagli, i bagni, i punti di ristoro essendo
l'accesso ad uno di tali ambienti in stretto
collegamento funzionale con le necessità del
trasferimento (Sez. V, 15.06. 1999 n. 9132).
Con il pacchetto sicurezza 2009 sono state
introdotte due ulteriori aggravanti (commi 8
bis e 8 ter), rispettivamente, per il caso del
furto commesso all'interno di mezzi di
pubblico trasporto e per quello del furto
commesso nei confronti di persona che si
trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia
appena fruito dei servizi di istituti di credito,
uffici postali o sportelli automatici adibiti al
prelievo di denaro. Ciò comporta la
possibilità di una sovrapposizione fra più
aggravanti e del correlativo aggravamento di
pena ex art. 625 ultimo comma c.p.
Quanto alla aggravante della commissione
di furto su mezzi di trasporto pubblico, si è
osservato che in essa rientrano furti
commessi anche su natanti e aeromobili
usati per servizi di interesse pubblico
indipendentemente dal fatto che il servizio
sia gestito da ente pubblico o privato. Vi
sono
dubbi
sulla
compatibilità
dell'aggravante con quella ex art. 625 n. 6
c.p. (nella ipotesi di furto su bagaglio dei
viaggiatori su veicoli) e in tal caso si
prospetta l'applicazione del principio di
specialità (aerei e natanti sono veicoli ?).
Quanto all'aggravante prevista dal comma 8
ter si è osservato che la norma non precisa
che oggetto del furto sia proprio il bene che
la vittima ha conseguito nei luoghi ivi indicati
sicché il furto ben potrebbe avere di mira
beni di cui la p.o. aveva disponibilità già in
precedenza. La lettera della norma (”appena
fruito”) circoscrive l'ambito dell'aggravante
ad un ristretto arco temporale e forse anche
ad un rapporto non occasionale fra le
condotte del reo e della vittima nel senso
che il comportamento di quest'ultima abbia
rappresentato
l'ispirazione
dell'azione
furtiva.
Il decreto legge, 14 agosto 2013, convertito nella
legge n. 119 del 15 ottobre 2013, ha introdotto la
aggravante speciale ( art. 625 c.p.comma 7 bis)
per il delitto di furto al fine di contrastare il
crescente fenomeno dei furti di materiale pregiato
che danneggiano infrastrutture energetiche e di
comunicazioni quando il fatto e' commesso su
componenti metalliche o altro materiale sottratto
ad infrastrutture destinate all'erogazione di
energia,
di
servizi
di
trasporto,
di
telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e
gestite da soggetti pubblici o da privati in regime
di concessione pubblica.
La ratio dell'aggravante sta nella esigenza di
arginare il fenomeno dei furti di rame e di altri
materiali conduttori dell'energia elettrica diffusosi
in materia impressionante negli ultimi anni in
ragione dell'esistenza di un fiorente mercato nero
di tali materiali, facilmente riciclabili, stante il fatto
che l’obiettivo «privilegiato (ma non unico) di tali
furti sono le linee elettriche che alimentano il
traffico ferroviario, con evidenti ricadute sulla
sicurezza dei trasporti e, per vero, anche degli
stessi autori dei furti, che non di rado, per la loro
imperizia nell'intervenire sulle linee elettriche,
sono protagonisti di incidenti anche mortali
La norma è stata criticata perché superfua
giacchè per sottrarre le componenti metalliche
o altro materiale sottratto alle infrastrutture, è
essenziale danneggiare tali strutture (si pensi al
caso del furto di rame) e quindi, è applicabile
anche l'aggravante della violenza sulle cose
oltreché quella destinazione dei beni al servizio
pubblico ex art. 625 n. 7 c.p.
Correlativamente
è
stata
introdotto
un
aggravamento di pena se il reato di ricettazione
ha riguardo beni provenienti da furto aggravato ex
625 c. 7 bis c.p.
Contestato nella imputazione il reato di
furto è possibile che il giudice all'esito
del procedimento condanni per
ricettazione o viceversa?
La diversa qualificazione come rapina impropria
dei fatti - reato, originariamente contestati come
tentato furto e minaccia grave, reati per i quali
l'imputato aveva riportato condanna in primo
grado data dai giudici di appello comporta la
violazione del principio di correlazione tra accusa
e sentenza e nella inosservanza del disposto
dell'art. 521 bis c.p.p.. Tale norma, infatti, con
riferimento all'accertamento di un fatto diverso
rispetto a quello originariamente contestato,
impone la trasmissione degli atti al P.M., ai sensi
dell'art. 550 c.p.p., comma 3, e la declaratoria di
nullità della sentenza di primo grado al fine di
evitarne il passaggio in giudicato (Sez. II 17
marzo 2010 n. 13633).
Nel caso in cui nel capo di imputazione siano contestati
gli elementi fondamentali idonei a porre l'imputato in
condizioni di difendersi dal fatto poi ritenuto in sentenza,
non sussiste violazione del principio di correlazione tra
l'accusa e la sentenza e ciò tanto nell'ipotesi di
riqualificazione del furto in ricettazione, quanto in quella
opposta di riqualificazione della ricettazione come furto
(Cass. Sez. 2, 16.09.2008 n. 38889) Neppure sussiste la
violazione del principio di correlazione tra accusa e
sentenza nel caso in cui il giudice di appello,
confermando la decisione di primo grado, riqualifichi
l'originaria imputazione di ricettazione in quella di furto in
abitazione, aggravato ex art. 625 c.p., comma 1, n. 2, in
quanto ai fini della sussistenza di detta violazione non è
sufficiente qualsiasi modificazione dell'accusa originaria
ma è necessaria una modifica che pregiudichi la
possibilità di difesa dell'imputato (Sez.II, 17 marzo 2013
n. 50012).
RICETTAZIONE E DOLO EVENTUALE
Il problema: A che condizioni un fatto, non
rientrante negli scopi o intenzioni dell'agente,
neppure previsto come certo, è doloso? Anche il
dolo eventuale è dolo e deve presentare i caratteri
richiesti dalla definizione generale: un effettivo
rapporto psicologico con l'evento in termini di
rappresentazione e di volontà. Deve avere un
afferrabile contenuto intellettivo e volitivo: volontà
come scelta d'azione, in presenza di una
adeguata rappresentazione del fatto delittuoso
come conseguenza della scelta effettuata. La
differenza fra ricettazione e incauto acquisto corre
sulla rappresentazione del presupposto del reato
(la provenienza del bene).
Le Sezioni Unite 26 novembre 2013 affermano
che è ben possibile realizzare il delitto doloso di
ricettazione nella forma del dolo eventuale,
purché sul piano oggettivo questo sia accertato
individuando in concreto "dati di fatto inequivoci
che rendano palese la concreta possibilità" della
provenienza delittuosa della cosa ricevuta o
detenuta”. Ma ciò è ancora compatibile con la
colpa, e dunque anche con l'art. 712 c.p. nella
forma del sospetto sulla provenienza da reato.
Invece, la prova dell'accettazione soggettiva della
provenienza delittuosa della cosa esige la
dimostrazione di qualcosa corrispondente al fatto
che il soggetto, se avesse saputo con certezza di
quella
provenienza,
"non
avrebbe
agito
diversamente” (formula di Frank)
Occorre dunque provare qualcosa che equivalga
al fatto che il soggetto avrebbe agito comunque,
che non si sarebbe lasciato distogliere dalla
preoccupazione di realizzare la fattispecie tipica
pur di dare sfogo ai bisogni che la sua condotta
perseguiva. Non essendovi più prove legali né il
dolus in re ipsa, l'accertamento è libero e non
vincolato. I casi più problematici sono quelli dove
il rischio (inerente ai presupposti o all'evento) è
elevato e dove vi può essere un dubbio
ragionevole sull'atteggiamento interiore, per la
compresenza
di
irrazionalità,
immaturità,
ignoranza, emotività, rimozione... Se si motiva la
ragionevolezza di quel dubbio processuale, il
caso va risolto nel senso della colpa.
Reato – presupposto: ben essere un reato di
furto o altro contro il patrimonio, ma può essere
anche “altro” come la cancellazione del numero di
matricola. di un arma. «Qualsiasi» può essere il
delitto da cui proviene la res, risultato di una
condotta illecita della quale la cosa può costituire
sia il profitto che il prodotto.
Ricezione anche il ritrovamento: qualsiasi
possesso della cosa proveniente da reato è
idoneo a costituire quella «ricezione» indicata
nella fattispecie della ricettazione, compreso
l'impossessamento di una cosa di origine furtiva,
abbandonata dal ladro.
Il dolo della ricettazione: Sez. II, dep. 15
gennaio 2014 n. 1501 afferma: Basta la reticenza
o la confusione dell'imputato sulla provenienza
illecita del bene per provare il dolo eventuale
nell'ambito di un filone giurisprudenziale
consolidato per cui l'incapacità dell'imputato di
giustificare il possesso del bene ricettato accede
alla prova della consapevolezza della provenienza
delittuosa. I giudici qualificano l'assenza di
spiegazioni credibili sul possesso come elementi
negativi i quali, se proposti, sarebbero in grado di
poter ampliare il tema probatorio consentendone il
vaglio delle parti e quello giudiziale, di seguito
fornendo all'accertamento un maggior grado di
attendibilità processuale.
Ma attenzione...
...perchè non si verifichi una inversione dell'onere
probatorio, integrando una vera e propria prova
diabolica per l'imputato, occorre che le condizioni
circostanziali del fatto siano già in grado, da sole,
di paventare la possibilità che l'imputato abbia
avuto cognizione della provenienza delittuosa del
bene - e questi non abbia argomenti a contrario
tali da poterla confutare . In presenza di queste
condizioni, si tratta non di inversione dell'onere
probatorio - non consentita -, ma di libero
convincimento giudiziale, conforme ai principi
della deducibilità logica e del sillogismo
giudiziario.
Ma quando si tratta di beni altamente fungibili.e di
immediata reperibilità, svincolati da procedure
legali di acquisto o di detenzione e dunque
caratterizzati da una maggiore "portabilità", non
sempre si rinvengono in atti quegli elementi e
riscontri legali in grado di relazionare il possesso
del bene di provenienza delittuosa ad una ipotesi
di reato. La fungibilità dei beni rende sfuggente la
verifica della illiceità del possesso e. In questi casi
l'assenza di giustificazioni da parte dell'imputato,
se ritenuta prova del dolo, rischia di sconfinare nel
campo dell'onere probatorio che pur sempre resta
a carico della pubblica accusa nel processo
penale.
DA RICORDARE
1) ll delitto di ricettazione è configurabile
anche nell'ipotesi di acquisto o ricezione, al
fine di profitto, di cose con segni contraffatti,
nella
consapevolezza
dell'avvenuta
contraffazione, atteso che la cosa nella
quale il falso segno è impresso e che con
questo viene a costituire un'unica entità
provento della condotta delittuosa di
falsificazione prevista e punita ex art. 473
c.p.(Sez. II 3/ ottobre 2012, n.42934)
2) Non rileva la circostanza che il delitto
presupposto sia stato commesso all'estero,
non occorrendo neppure valutare se il fatto
sia previsto come delitto nell'ordinamento di
quello Stato, essendo invece sufficiente che
il fatto integri un'ipotesi delittuosa secondo la
legge italiana
3) Se
l'accordo costitutivo del delitto di
ricettazione si è perfezionato all'estero.,
occorre ricordare che ai sensi dell'art. 6
comma 2 c.p.p. il reato si considera
commesso nel territorio dello Stato, quando
l'azione o l'omissione che lo costituisce è ivi
avvenuta in tutto o in parte sicché quando
parte della condotta, cioè la ricezione dei
beni risulta commessa in Italia,sussiste la
competenza dell'autorità giudiziaria italiana
(Sez. II 13 dicembre 2013 n. 1415).
4) Integra ia ricettazione la condotta di chi riceve,
al fine di profitto, carte di credito o di pagamento
(ovvero qualsiasi altro documento analogo)
provenienti da delitto, dovendosi viceversa
ricondurre alla previsione incriminatrice di cui
all'art. 12 D.L. 3 maggio 1991, n. 143 (ora art. 55
c. 9 d. lvo 231/2007) che sanziona, con formula
generica, la ricezione dei predetti documenti
"di provenienza illecita", cioè le condotte
acquisitive degli stessi, nell'ipotesi in cui la loro
provenienza non sia ricollegabile a un delitto,
bensì a un illecito civile, amministrativo o anche
penale, ma di natura contravvenzionale" (Sez.
Unite, n. 22902 del 28 marzo 2001).
5) Perchè possa trovare applicazione l'ipotesi
lieve prevista dal capoverso dell'art. 648 c.p., è
necessario che la cosa ricettata sia di valore
economico particolarmente tenue, ma resta la
facoltà del giudice, di escludere il "fatto di
particolare
tenuità"
valutando
ogni
altra
circostanza idonea a delineare la gravità del reato
e la capacità a delinquere del colpevole. Tale
operazione deve essere compiuta secondo i criteri
di cui all'art. 133 c.p. e con riferimento al
comportamento
concreto
dell'agente,
con
esclusione di qualsiasi valutazione inerente alla
gravità in astratto del reato, la quale compete al
legislatore ma non all'interprete (Cass. Sez. II,
12.11.2009, n. 45831)
6) La eventuale improcedibilità del delitto
presupposto non rileva ai fini del delitto di
ricettazione,
essendo
sufficiente
la
valutazione incidentale in ordine alla sua
sussistenza (caso in cui il delitto
presupposto di furto era estinto per
prescrizione)
( Sez. II 9/ ottobre 2013 n. 46350). .
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