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Discarica
P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA Discarica Un supporto alle richieste in deroga per la valutazione del rischio n di Marco Morando, direttore operativo di NCE S.r.l., Elena Leide, responsabile di progetto NCE S.r.l., Alberto Angeloni, responsabile area bonifiche di Montana S.r.l., Giorgiana Pinna, responsabile di progetto Montana S.r.l. In sede di rilascio dell’autorizzazione per un sito di discarica, le eventuali richieste di autorizzazione di sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi e/o di deroga alle concentrazioni massime ammissibili, devono essere supportate da una procedura di valutazione del rischio. E’ necessario, pertanto, analizzare gli impatti sulle diverse matrici ambientali, definendo le concentrazioni presenti al punto di conformità e confrontando le stesse con i valori limite dettati dalla normativa vigente, valutando, eventualmente, anche il rischio sanitario relativo a un recettore umano 22 La valutazione del rischio consiste nell’analisi degli impatti sulle diverse matrici ambientali (acque superficiali, acque sotterranee, aria atmosferica) derivanti dalla presenza di concentrazioni dei parametri di interesse pari ai valori in deroga. Nello specifico, in funzione della sorgente di contaminazione, si procede con la definizione delle concentrazioni presenti al punto di conformità e con il confronto delle stesse con i valori limite dettati dalla normativa vigente. In parallelo o come approfondimento rispetto a questa valutazione, è possibile prevedere una valutazione del rischio sanitario relativo ad un recettore umano presente sul sito o in prossimità dello stesso. Inquadramento normativo Normativa e indirizzi operativi a livello nazionale La valutazione del rischio associata agli impianti di discarica è prevista dal D.M. 3 agosto 2005 «Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica», nei seguenti casi: l all’art. 7 «Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi», il decreto afferma che i criteri di ammissibilità nel caso di autorizzazione di sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi «sono stabiliti tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti, della valutazione di rischio con riguardo alle emissioni della discarica e dell'idoneità del sito e prevedendo deroghe per specifici parametri. A titolo esemplificativo e non esaustivo i parametri derogabili sono DOC, TOC e TDS»; l all’art. 10 «Deroghe», il decreto indica che «sono ammessi valori limite più elevati per i parametri specifici fissati agli articoli 5, 6, 8 e 9 del presente decreto qualora sia effettuata una valutazione di rischio, con particolare riguardo alle emissioni della discarica, che, tenuto conto dei limiti per i parametri specifici previsti dal presente decreto, dimostri che non esistono pericoli per l'ambiente in base alla valutazione dei rischi [...]». La circolare del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM), protocollo del 30 giugno 2009, n. 14963, contiene dei chiarimenti relativi all’applicazione del D.Lgs. n. 36/2003, e del D.M. 3 agosto 2005 e, in particola- www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A re, fornisce alcuni dettagli operativi relativi alla valutazione del rischio finalizzata a determinare i valori di concentrazione dei parametri in deroga ai limiti di ammissibilità, nel caso di sottocategorie di discariche. Sulla base di quanto contenuto nella circolare, la valutazione del rischio deve essere effettuata con riferimento all’idoneità del sito, alle caratteristiche chimico-fisiche e merceologiche dei rifiuti da ammettere, ai possibili effetti sulle emissioni della discarica in termini di produzione di biogas e percolato e all’idoneità dei presidi ambientali della discarica e delle modalità gestionali. Ove possibile, la circolare propone di far riferimento alle indicazioni contenute nel manuale “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche”, pubblicato da APAT nel 2005 [rif. bibliografia: 4]. Questo manuale è stato sviluppato parallelamente ai “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata ai siti contaminati”, pubblicato da APAT nel 2005 [5] (l’ultima revisione risale a marzo 2008) in modo da indicare come applicare le procedure previste e consolidate per i siti contaminati nel caso di valutazione del rischio sanitario derivante da una discarica nell’ambito di un procedimento di bonifica oppure nel caso di valutazione del rischio ambientale derivante dal conferimento di rifiuti con concentrazioni dei parametri in deroga rispetto ai limiti di accettabilità stabiliti dal D.M. 3 agosto 2005. In quest’ultimo caso, risulta molto importante considerare, nella valutazione, il parametro tempo, dal momento che nel corso del ciclo di vita di un impianto variano le caratteristiche geometriche e le caratteristiche qualitative e quantitative delle emissioni e quindi i potenziali impatti generati sull’ambiente e sull’uomo. Tecnolo g i e & S o l u z i o n i Nella nota predisposta da ISPRA in attuazione a quanto disposto dalla suddetta circolare del MATTM, si precisa che per le sostanze soggette a deroga non incluse nella banca-dati ISS-ISPESL, quali cloruri, solfati, DOC, TOC e TDS, «dovranno essere verificati gli effetti sullo stato di qualità delle matrici ambientali, attraverso una idonea rete di monitoraggio a valle della discarica stessa. Per i parametri di deroga per i quali non sono presenti nella normativa vigente limiti di riferimento [...] si dovrà ricorrere al confronto con i valori riscontrati a monte della discarica». Legislazione regionale Alcuni enti locali hanno emesso delibere o indirizzi tecnici specifici di cui occorre tener conto nel caso di implementazione di valutazioni del rischio. Nel seguito, in particolare, viene brevemente fornito un quadro della situazione, limitatamente alla Regione Veneto e alla Provincia di Brescia. All’interno della deliberazione della Giunta della Regione Veneto del 19 giugno 2007, n. 1838, nella quale si pone l’attenzione sulle problematiche relative al rilascio delle autorizzazioni delle sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi con deroghe ai limiti di accettabilità previsti dalla norma (art. 7, D.M. 3 agosto 2005), si segnalano l’assenza di una metodica univocamente riconosciuta per la determinazione del parametro DOC (carbonio organico disciolto) e l’assenza, a livello normativo, di indicazioni specifiche per la predisposizione della valutazione di rischio prevista dall’ art. 7, comma 2, D.M. 3 agosto 2005. La Giunta regionale ha pertanto provveduto a istituire un tavolo tecnico tra Regione, province e ARPAV al fine di rispondere ai punti precedenti. Per affrontare la prima questione, sono state definite le modalità operative di effettuazione di una speci- fica sperimentazione nelle discariche per le quali è stata presentata istanza di riclassificazione ai sensi dell’art. 7, D.M. 3 agosto 2005, al fine di validare la metodica individuata. È stata individuata come metodica standard di riferimento, per la determinazione del parametro DOC, la metodica di cui alla norma UNI EN 1484:1999; le analisi sull’eluato dei campioni di rifiuti prelevati nel periodo della sperimentazione dovranno comprendere anche il parametro COD, oltre al DOC, attesa la buona correlabilità tra i due parametri e considerato il carattere aspecifico del DOC non riconducibile a nessuna sostanza specifica. Qualora sia stata richiesta la deroga al limite di accettabilità per il parametro TDS, le analisi sui campioni di rifiuti prelevati nel periodo di sperimentazione dovranno comprendere la determinazione aggiuntiva di conducibilità, cloruri e solfati. Per quanto riguarda la seconda questione, viene specificato che la valutazione del rischio dovrà essere predisposta, per quanto possibile, in conformità con i “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche” (APAT, giugno 2005). Gli inquinanti indicatori da prendere in esame in relazione alla componente percolato coincidono generalmente con i parametri di cui è stata richiesta la deroga ai limiti di accettabilità. Per quanto riguarda il parametro TDS potranno essere utilmente presi a riferimento, in sostituzione dello stesso, i parametri cloruri e solfati. Per quanto concerne il DOC, potranno essere presi in considerazione i parametri più significativi ad esso correlati e presenti nel percolato in concentrazioni rilevanti ai fini della valutazione; in ogni caso, quale parametro significativo correlato al DOC, dovrà essere preso in esame il COD, atteso il buon grado di correlabilità tra i due parametri. 23 P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA Per quanto riguarda la componente biogas, si suppone che il parametro DOC, indice del contenuto di sostanza organica nel rifiuto, sia direttamente correlato alla quantità del biogas prodotto e, quindi, indirettamente alle concentrazioni di metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) che lo compongono. La Provincia di Brescia e l’ARPA Brescia hanno recentemente emesso un atto tecnico d’indirizzo per l’istruttoria alle deroghe del D.M. 3 agosto 2005, nel quale viene confermata la necessità di avvalersi dei “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche” (APAT, giugno 2005). In relazione alla componente percolato si richiede, inoltre, di dimostrare che al confine di proprietà non vi siano superi delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione, definite dal D.Lgs. n. 152/ 2006) e che nello spazio di territorio tra la sorgente e il confine di proprietà sia verificato il rispetto delle CSR (concentrazioni soglia di rischio, definite dal D.Lgs. n. 152/2006). Infine, si richiede che l’acqua impattata non raggiunga mai un elemento sensibile (pozzi, corsi d’acqua, etc.) con valori rilevati al di sopra dei limiti di rilevabilità strumentale. Considerando che l’art. 7, D.M. 3 agosto 2005, relativo alle sottocategorie, non pone limiti al parametro e all’entità della deroga, si propone che, in questi casi, il proponente fissi comunque un limite che orientativamente si attesti su valori intorno a tre volte il parametro derogato, salvo motivata e documentata istanza nella quale si dimostri analiticamente che il CER sul quale è richiesta la sottocategoria deve ottenere un’entità di deroga superiore a 3 volte la concentrazione ammissibile in via ordinaria. Valutazione del rischio associato a una discarica La valutazione del rischio associato a una discarica per supportare le ri- 24 5 Foto 1 – Vista di un impianto di discarica chieste di deroga rispetto alle concentrazioni tabellari, come previsto dal D.M. 3 agosto 2005, prevede di stimare il rischio sanitario-ambientale derivante dalle emissioni dell’impianto (principalmente percolato e biogas) nelle matrici ambientali circostanti (principalmente falda e atmosfera). Risulta molto importante considerare, nella valutazione, il parametro tempo, dal momento che nel corso del ciclo di vita di una discarica controllata variano le caratteristiche geometriche e le caratteristiche qualitative e quantitative delle emissioni e, quindi, i potenziali impatti generati sull’ambiente e sull’uomo. Nel caso in cui siano disponibili dati sito-specifici tali da consentire la definizione di una distribuzione di probabilità per ogni parametro in gioco, come indicato da APAT, è possibile effettuare una valutazione su base probabilistica, che permetta di considerare la variabilità spaziale (riconducibile principalmente all’eterogeneità dell’ammasso di rifiuti) e temporale (con riferimento alla variazione della produzione delle emissioni) dei parametri che definiscono la sorgente. Questo approccio può, tuttavia, essere applicato solo in presenza di un data set statisticamente significativo e validato, come esplicitamente affermato da APAT. In assenza di queste informa- zioni, la valutazione deve essere predisposta sulla base di un approccio di tipo deterministico. Definizione delle emissioni di una discarica La valutazione del rischio richiede che la discarica, considerata la sorgente primaria di potenziale contaminazione, venga caratterizzata attraverso le sue emissioni, che sono generalmente riconducibili a due tipologie (emissioni liquide ed emissioni aeriformi), descritte nel seguito (si veda foto 1). Le emissioni liquide potenzialmente impattanti sulle acque superficiali e sotterranee sono primariamente costituite dal percolato. Le altre possibili emissioni liquide (acque di prima pioggia ed eccedenti la prima pioggia, acque derivanti dagli impianti di lavaggio ruote degli automezzi e acque nere dei servizi igienici, etc.) risultano meno rilevanti in termini di quantità e concentrazioni dei contaminanti, nell’ipotesi di gestione ordinaria dell’impianto e pertanto non vengono considerate in fase di valutazione del rischio. Durante la fase di gestione ordinaria dell’impianto e durante la fase di post-gestione, la possibilità che il percolato possa costituire una fonte attiva di impatto per la falda è remota, vista la presenza di presidi di www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A confinamento e controllo quali barriere di impermeabilizzazione del fondo e delle pareti della discarica, sistemi di captazione del percolato tendenti al “battente zero”, sistemi di copertura e sigillatura della discarica, sistemi di monitoraggio (rete piezometrica), sistemi di barriera idraulica (da attivare in caso di rilevazione di contaminazione in falda). Tuttavia, nell’ottica di porsi nelle condizioni di massima cautelatività, si assume potenzialmente verificabile un’emergenza ambientale derivante dalla lisciviazione del percolato in falda, associata a malfunzionamenti dell’impianto o delle sue infrastrutture, quali danni al sistema di impermeabilizzazione (rottura del telo) o impossibilità di mettere in funzione la barriera idraulica. Le emissioni aeriformi potenzialmente impattanti sulla qualità dell’aria sono riconducibili principalmente al biogas, derivante da fenomeni di volatilizzazione e dispersione atmosferica. Nel seguito si riporta la trattazione relativa alla sola emissione di biogas, in quanto le altre possibili emis- sioni (vapori e polveri derivanti da fenomeni di erosione eolica del corpo rifiuti a riposo e dispersione atmosferica durante la movimentazione dei rifiuti) vengono di norma considerate attraverso scenari di simulazione legati alla realizzazione e gestione ordinaria della discarica, nell’ambito dello studio di impatto ambientale e della valutazione di incidenza ambientale previsti per l’autorizzazione dell’impianto. La valutazione degli impatti sulla qualità viene in questo caso condotta confrontando i livelli di concentrazione stimati con i limiti di qualità dell’aria previsti dalla normativa italiana (D.M. n. 60/2002), con particolare attenzione ai recettori di maggiore interesse. Valutazione del rischio – fasi operative Nella figura 1 si riporta una sintesi delle fasi operative necessarie per impostare una valutazione del rischio associato a una discarica per il conferimento di rifiuti con concentrazioni in deroga a quanto previsto dal D.M. 3 agosto 2005. Partendo dalla definizione del modello concettuale del sito e della sorgente (discarica), in termini di concentrazioni nel percolato e nel biogas e caratteristiche costruttive dell’impianto, si procede da un lato alla simulazione del flusso di percolato attraverso il fondo dell’impianto (fase 2a) e della concentrazione degli inquinanti in falda (fase 3a) e dall’altro alla simulazione del flusso di biogas (fase 2b) e della concentrazione degli inquinanti in atmosfera (fase 3b). È, quindi, possibile ottenere una stima delle concentrazioni degli stessi al punto di conformità, in modo da verificare l’impatto della discarica sulle matrici ambientali. Fase 1 - Definizione del modello concettuale Sulla base dei dati progettuali, di eventuali dati di letteratura e di quanto indicato nel manuale APAT “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio alle discariche”, si procede alla definizione del modello concettuale del sito in cui è inserita la discarica e della discarica stessa. È necessario 5 Figura 1 - Fasi operative Tecnolo g i e & S o l u z i o n i 25 P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA individuarne le caratteristiche geologiche e idrogeologiche, in termini ad esempio di soggiacenza della falda, conducibilità idraulica, gradiente idraulico, dispersività dell’acquifero e le caratteristiche meteo climatiche, con particolare riferimento alla precipitazione media annua e, conseguentemente, all’infiltrazione efficace nel corpo discarica e al regime anemometrico. Successivamente, si procede alla definizione delle caratteristiche della discarica, quali: l caratteristiche geometriche (estensione areale e volumetrica, spessore dei rifiuti); l caratteristiche del rifiuto (densità, capacità di campo, porosità). È generalmente preferibile utilizzare dati sito specifici, considerando la potenziale eterogeneità del corpo rifiuti. In alternativa, è possibile utilizzare dati di letteratura, mantenendo, eventualmente, un approccio cautelativo. l schematizzazione della sorgente (discarica), mediante definizione delle caratteristiche del percolato e del biogas prodotti al suo interno, in termini di concentrazioni iniziali e di variazione temporale delle concentrazioni stesse. La schematizzazione della sorgente deve necessariamente tenere conto della tipologia di rifiuti ammessi in discarica (inerti, non perico- losi, pericolosi) e delle deroghe ai limiti di ammissibilità richieste al fine della valutazione delle possibili emissioni prodotte (considerando, ad esempio, che per le discariche di inerti non è prevista la produzione di biogas). Per la definizione delle caratteristiche del percolato, è possibile ipotizzare due tipologie di sorgenti, descritte nel seguito: - sorgente costante, caratterizzata da concentrazioni dei contaminanti allo stato stazionario, ragionevole nel caso in cui la simulazione dell’andamento temporale delle concentrazioni sia effettuata su brevi periodi o nel caso in cui non sia possibile definire il processo di degradazione dell’inquinante. Questa scelta porta a stime conservative delle concentrazioni di contaminanti in falda; - sorgente variabile nel tempo, nella quale le caratteristiche chimiche e fisiche del percolato variano nel tempo, per effetto del dilavamento dei contaminanti a opera delle acque di infiltrazione. L’andamento temporale della concentrazione di un generico contaminante viene determinato sulla base di formule empiriche, in funzione della concentrazione iniziale del contaminante nel percolato (posta pari alla concentra- l l l zione richiesta con la deroga) e dei parametri differenti a seconda che il composto sia non volatile (in questo caso vengono definiti il rapporto liquido - solido e la costante kappa, che descrive i processi di degradazione dei rifiuti che avvengono all’interno della discarica) o volatile (in questo caso viene definita la sua costante di dimezzamento nel tempo); sistema di copertura superficiale definitiva (sulla base del quale viene stimata l’infiltrazione attraverso il capping e il flusso di biogas e delle specie gassose in uscita dalla copertura); sistema di impermeabilizzazione di fondo, con definizione, in funzione delle caratteristiche progettuali di: - caratteristiche dell’orizzonte artificiale (telo in HDPE), in termini di difetti (microfori, fori e strappi); - caratteristiche dell’orizzonte minerale (argilla), in termini di spessore, conducibilità idraulica, contenuto di umidità, dispersività; - caratteristiche dell’orizzonte drenante intermedio, in termini di spessore, conducibilità idraulica, pendenza verso il pozzo di controllo del sottotelo e diametro del pozzo; sistema di sistema di controllo/ captazione del percolato e del biogas, con definizione di livello mas- 5 Foto 2 – Particolare discarica 26 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A do che lo strato sia omogeneo e isotropo e che non subisca modifiche nel corso della simulazione. Il flusso dipende unicamente dal livello di percolato sul fondo e dalle caratteristiche dello strato minerale (conducibilità idraulica, spessore, estensione areale). Il flusso (Q) di percolato attraverso un orizzonte di materiale minerale viene stimato mediante la legge di “Darcy”, in funzione della conducibilità idraulica dello strato minerale, della superficie di fondo della discarica e del gradiente idraulico verticale, stimato in base allo spessore dello strato minerale e al livello di percolato sul fondo. 5 Figura 2 - Stima del flusso di percolato attraverso la base della discarica l simo per l’attivazione sistema di estrazione e dimensionamento degli impianti di captazione (spaziatura e pendenza delle tubazioni di raccolta, spessore e conducibilità dell’orizzonte drenante); piano di gestione (durata dei conferimenti, tempo di gestione). Fase 2a - Stima del flusso di percolato attraverso la base della discarica. Il livello di percolato alla base della discarica, dal quale dipende il flusso di percolato attraverso il fondo della discarica stessa, è correlato alla quantità di acqua che si infiltra attraverso la discarica e ai sistemi di drenaggio/raccolta del percolato presenti (si veda la foto 2). Il livello di percolato alla base della discarica viene calcolato nel seguente modo: l durante la fase di gestione della discarica viene mantenuto un livello fisso di percolato (livello definito nell’ambito dell’autorizzazione della discarica, generalmente pari al massimo a 1 m) e si Tecnolo g i e & S o l u z i o n i ipotizza che il sistema di estrazione del percolato installato sia in grado di rimuovere il percolato in eccesso, in modo da impedire il superamento del livello definito; l al termine del periodo di gestione, il percolato che si genera, in teoria, non viene più estratto dal corpo della discarica e pertanto il suo livello viene stimato effettuando un bilancio di massa tra la quantità di acqua che si infiltra all’interno della discarica, la quantità di percolato che fuoriesce dal fondo e il volume di percolato accumulato all’interno della discarica. Il flusso di percolato che fuoriesce dalla discarica viene stimato sulla base del livello del percolato sul fondo, delle caratteristiche dell’impermeabilizzazione, dell’infiltrazione nel corpo rifiuti e della conducibilità idraulica dell’orizzonte sottostante (si veda la figura 2). Fase 2a_1 - Flusso di percolato attraverso i materiali minerali. Il flusso di percolato attraverso un orizzonte di materiale minerale (es. argilla) viene determinato ipotizzan- Fase 2a_2 - Flusso di percolato attraverso i materiali artificiali. Per stimare il flusso di percolato attraverso un orizzonte di materiale artificiale (es. telo in HDPE), si ipotizza che le caratteristiche del materiale varino durante la simulazione per effetto di fenomeni di degradazione e che nel telo siano presenti difetti (quali microfori, fori e strappi). Il flusso di percolato attraverso un singolo difetto presente nel telo in HDPE viene stimato mediante un’equazione empirica, in funzione del livello di percolato in corrispondenza del difetto, dell’area del difetto, della conducibilità idraulica dell’orizzonte insaturo situato immediatamente sotto il telo, del gradiente idraulico verticale, stimato in funzione del livello di percolato e dello spessore dell’orizzonte insaturo situato immediatamente sotto il telo e di una costante che descrive la qualità del contatto tra il telo e lo strato sottostante. Il flusso complessivo di percolato viene stimato sommando, poi, i flussi attraverso i difetti (microfori, fori e strappi) presenti complessivamente nel telo con l’equazione. Fase 2a_3 - Flusso di percolato attraverso orizzonti compositi. In 27 P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA 5 Figura 3 - Calcolo del flusso di percolato e delle concentrazioni nell’insaturo e in falda presenza di barriere di impermeabilizzazione composite (con presenza di strato minerale e strato artificiale), nel calcolo del flusso di percolato attraverso il fondo, la conducibilità idraulica dell’orizzonte insaturo situato immediatamente sotto il telo (che viene utilizzata per calcolare il flusso di percolato attraverso il telo), è sostituita dalla conducibilità idraulica dello strato minerale (argilla). Per barriere di impermeabilizzazione doppie, il calcolo del flusso di percolato è effettuato due volte, utilizzando il flusso dallo strato superiore per calcolare il flusso attraverso lo strato inferiore. Fase 3a - Calcolo del flusso di percolato e delle concentrazioni nell’insaturo e in falda. Sulla base della concentrazione di contaminante alla sorgente (fase 1) e del flusso di percolato attraverso la base della discarica (fase 2a), si procede alla stima del comportamento del percolato nel terreno inferiormente alla discarica (orizzonte insaturo e falda), in termini di flusso e di concentrazioni degli in- 28 quinanti (si veda la figura 3) In entrambi gli orizzonti (orizzonte insaturo e falda), vengono calcolati la velocità media delle molecole di fluido (acqua/percolato) all’interno dell’orizzonte considerato e l’andamento temporale della concentrazione del contaminante, sulla base della concentrazione alla sorgente, della lunghezza del percorso, della dispersività del terreno e delle caratteristiche del contaminante. Le concentrazioni al punto di esposizione posso essere stimate tramite modelli analitici, quali “LandSim” [11] o utilizzando le formule tratte dal manuale APAT “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio alle discariche”. Fase 3a_1 - Calcolo della velocità del fluido nell’insaturo e in falda. Nell’orizzonte di terreno insaturo si ipotizza che il fluido (percolato) si muova sostituendo l’acqua interstiziale presente nei pori, senza modificare il volume o le proprietà del terreno. La velocità di trasporto del contaminante nel terreno insaturo (nell’ipotesi di non considerare cau- telativamente fenomeni di ritardo) viene determinata in funzione del flusso di percolato in uscita dal fondo della discarica, del contenuto di umidità del terreno, dell’area trasversale di flusso, calcolata stimando mediante equazioni empiriche l’area interessata dal flusso in corrispondenza di ogni difetto (microfori, fori e strappi). Nell’orizzonte di terreno saturo, si ipotizza che il flusso della falda avvenga all’interno dei pori del terreno e operi una diluizione del percolato proveniente dal terreno insaturo soprastante. La velocità di trasporto del contaminante nell’acquifero (nell’ipotesi di non considerare cautelativamente fenomeni di ritardo) viene determinata in funzione della larghezza della sorgente in falda, dello spessore della zona di miscelazione e delle caratteristiche dell’acquifero (porosità efficace, conducibilità idraulica e gradiente idraulico). Fase 3a_2 - Calcolo della concentrazione del contaminante. Il calcolo dell’andamento temporale della concentrazione di un generico www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A Andamento temporale delle concentrazioni alla sorgente Results: L3-Settore2+3, Cadmium Concentration at Source [mg/l] Andamento temporale delle concentrazioni in falda Results: L3-Settore4+5+6, Cadmium Concentration at Monitor [mg/l] Time History Time History 0.3 1.600E-04 0.28 0.26 1.400E-04 0.24 0.22 1.200E-04 Concentration at Monitor [mg/l] 0.2 0.18 0.16 0.14 0.12 0.1 0.08 0.06 1.000E-04 8.000E-05 6.000E-05 4.000E-05 0.04 2.000E-05 0.02 0.0 2.033E-20 0 500 1,000 1,500 2,000 2,500 3,000 0 20 40 Time [years] 60 80 100 120 140 160 180 200 220 240 260 280 300 Time [years] L:\02-10-013 Metal Fer, AdR Discarica\08 Allegati\LandSim\Lotto3 Settori 2-6.sim L:\02-10-013 Metal Fer, AdR Discarica\08 Allegati\LandSim\Lotto3 Settori 2-6.sim 5 Grafico 1- Andamento temporale delle concentrazioni alla sorgente e in falda 5 Grafico 2 - Stime di produttività potenziale teorica e con efficienza di recuperabilità del 90% (a recupero a verde ultimato), effettuate per una discarica di RSU contaminante è effettuato sulla base dell’equazione di advezione - dispersione, sulla base di dispersione longitudinale, ritardo e biodegradazione. La concentrazione alla sorgente (variabile nel tempo) è l’input per il percorso nell’orizzonte insaturo e la concentrazione calcolata nell’orizzonte insaturo, a sua volta, è l’input per il percorso in falda. Per determinare la concentrazione Tecnolo g i e & S o l u z i o n i del contaminante nell’acquifero e, quindi, la concentrazione al punto di conformità, viene definito un fattore di diluzione del percolato in falda, che, effettuando un bilancio di massa tra il flusso di percolato proveniente dalla discarica e il flusso dell’acquifero, permette di calcolare la concentrazione a seguito della diluizione a partire dalla concentrazione iniziale (si veda il grafico 1). Fase 2b - Stima del flusso di biogas in uscita dalla discarica. La stima della produzione teorica di biogas è basata sulla tipologia e sulle quantità di rifiuti depositati o da depositare sulla base del piano di gestione del bacino (si veda il grafico 2). Per quanto concerne la tipologia di rifiuti si deve prestare attenzione, in particolare, alla loro composizione merceologica, al contenuto di umidità e alla costante 29 P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA di biodegradazione della materia organica. Tramite valutazioni empiriche è possibile ipotizzare il contenuto della sostanza organica effettiva e, di questa, la quota parte trasformabile in biogas, considerando che solo una limitata percentuale di carbonio organico è facilmente biodegradabile. La frazione di carbonio biodegradabile per ciascuna componente merceologica del rifiuto si può valutare approssimativamente tramite equazioni empiriche. La sommatoria del carbonio organico riferito a ogni singola componente fornisce la quantità totale di carbonio organico biodegradabile presente nei rifiuti, per la cui valutazione esatta risulta necessario disporre di dati, in assenza dei quali si ricorre ai dati di letteratura. Dopo aver calcolato la quantità totale di carbonio organico biodegradabile, tramite un algoritmo di calcolo basato su modelli teorici e valutazioni empiriche, è possibile effettuare una stima della produzione di biogas, considerando vari intervalli temporali a partire dalla data di inizio conferimento. La produzione di biogas avviene in due fasi successive, la prima fase (fase aerobica - acetogenesi) porta alla produzione di idrogeno, mentre la seconda (fase anaerobica - metanogenesi) porta alla produzione di me- tano e anidride carbonica. Generalmente si assume che solo l’1% dei rifiuti abbancati in discariche, esclusivamente nel primo anno, sia oggetto di acetogenesi, mentre il 99% dei rifiuti è degradato metanogenicamente nel corso della vita della discarica. La produzione di gas emesso durante la fase di metanogenesi è valutabile sulla base di studi sperimentali, che indicano la predominanza di CH4 (45-65%) e CO2 (65-45%) e la presenza di altre sostanze in percentuali significativamente inferiori (N2: 10-0%, H2O: 2-5%, H2S: in tracce). Il biogas totale prodotto in una discarica è riconducibile ai seguenti contributi (si veda figura 4): l flusso di biogas in uscita dalle aree scoperte della discarica, ovvero il gas prodotto dall’ammasso di rifiuti nella fase di gestione, nella quale non sono ancora stati realizzati tutti i sistemi di controllo (captazione e/o copertura superficiale); l flusso di biogas in uscita dalla copertura superficiale della discarica, ovvero il gas prodotto e che sfugge alla captazione, fuoriuscendo dalla discarica e disperdendosi in atmosfera; l flusso di biogas in uscita dalle barriere laterali della discarica, ovvero il gas che come nel punto precedente sfugge alla captazione ed è l poi soggetto al trasporto per migrazione laterale nel suolo superficiale; flusso delle emissioni in uscita dalle torce di combustione e/o dai motori di recupero energetico, ovvero il gas emesso in atmosfera dopo il trattamento nell’impianto di recupero energetico e/o nelle torce di combustione. Fase 3b - Calcolo del flusso di biogas e delle concentrazioni in atmosfera. Il flusso del biogas all’uscita dalla discarica è riconducibile a fenomeni di diffusione e dispersione in atmosfera (relativamente ai flussi in uscita dalle aree scoperte, dalla copertura superficiale, dalle torce di combustione e dai motori di recupero energetico) e a fenomeni di migrazione laterale nel sottosuolo insaturo (relativamente ai flussi in uscita dalle barriere laterali della discarica). Le concentrazioni al punto di esposizione posso essere stimate tramite modelli analitici, quali “GasSim” [10] oppure utilizzando formule tratte dal manuale APAT “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio alle discariche” oppure tramite modelli numerici di diffusione e dispersione in atmosfera, quali AERMOD (modello gaussiano allo stato stazionario) e 5 Figura 4 - Stima del flusso di biogas in uscita dalla discarica 30 www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A CALPUFF (modello gaussiano lagrangiano non stazionario, approvato dall’USEPA [9] per gli studi di impatto ambientale sul comparto atmosfera e considerato il modello di riferimento nella categoria dei codici di calcolo a pacchetti discreti di inquinante, da utilizzare preferibilmente in caso di studi con trasporto di inquinanti su lunghe distanze oppure per applicazioni a scala locale con particolari situazioni non facilmente trattabili da modelli stazionari). Fase 4 - Valutazione del rischio ambientale Una volta calcolata la concentrazione di contaminante proveniente dal percolato e dal biogas al punto di conformità (punto ubicato tra la sorgente e il potenziale recettore, in corrispondenza del quale il rischio deve essere accettabile sulla base della normativa vigente) e al punto di esposizione (bersaglio esistente o potenziale che potrebbe venire in contatto con i contaminanti) si procede con il calcolo del rischio associato alle sostanze considerate. In accordo con il contenuto della circolare MATTM, protocollo del 30 giugno 2009, n. 14963, «il calcolo del rischio potrà essere limitato alla sola valutazione dei possibili impatti sulle matrici ambientali (acque superficiali, acque sotterranee, qualità dell’aria) in termini di contaminazione delle stesse, […]; qualora tuttavia risultino, sulla base delle simulazioni effettuate nell’analisi, rischi non accettabili, in una delle componenti ambientali, si dovrà calcolare anche il rischio sulla salute umana relativamente agli effetti tossici (cancerogeni e non cancerogeni), ove accertati, associati all’esposizione alle sostanze considerate». Si assume, quindi, di stimare l’esposizione dell’uomo alla contaminazione proveniente dalla discarica mediante la valutazione della vulne- Tecnolo g i e & S o l u z i o n i rabilità dei recettori ambientali direttamente interessati dalle emissioni della discarica. La valutazione del rischio è effettuata confrontando, per ogni parametro di interesse, la concentrazione calcolata al punto di conformità con la concentrazione di accettabilità dettata dalla normativa vigente. Il rapporto fra queste due concentrazioni definisce il rischio per la matrice ambientale considerata che, per essere considerato accettabile, deve essere minore o uguale a uno per ogni parametro analizzato. Se il rischio calcolato per la matrice ambientale risulta non accettabile si procede con il calcolo del rischio sulla salute umana, secondo le modalità utilizzate nell’ambito della gestione dei siti contaminati. Si rimanda al documento APAT “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”. All’interno dell’atto tecnico d’indirizzo per l’istruttoria alle deroghe del D.M. 3 agosto 2005, messo a punto dalla Provincia di Brescia e ARPA Brescia, descritto precedentemente, in relazione alla perdita di percolato in falda, viene richiesto quanto segue: «l’acqua impattata non deve raggiungere mai un elemento sensibile (pozzi, corsi d’acqua, ecc), con valori rilevati al di sopra dei limiti di rilevabilità strumentale». A tal proposito, oltre al calcolo del rischio precedentemente illustrato, si deve aggiungere un’ulteriore verifica; le concentrazioni calcolate al punto di esposizione devono, infatti, essere confrontate con i limiti di rilevabilità strumentale e il rapporto fra queste due concentrazioni per essere considerato accettabile, deve essere minore o uguale a uno per ogni parametro analizzato. Per quanto concerne la definizione dei limiti di rilevabilità strumentale, essi sono dipendenti dalla metodica analitica utilizzata, pertanto non è possibi- le determinare un valore univoco; in generale, secondo quanto imposto dal D.Lgs. n.152/2006, Allegato 2 alla Parte IV, «le analisi chimiche delle acque devono essere condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l’ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai valori di concentrazione limite», ove questo sia tecnicamente possibile. Per quanto concerne il biogas, la normativa italiana non prevede valori limite relativi alla presenza di CH4 e CO2 nell’aria. In questo caso è, quindi, possibile, in ambito lavorativo, far riferimento ai valori di TLV TWA (threshold limit values - timeweighed average), individuati dall’ACGIH (american conference of governmental industrial hygienists). Questi limiti corrispondono alla concentrazione media ponderata nel tempo, su una giornata lavorativa convenzionale di 8 ore e su 40 ore lavorative settimanali, alla quale si ritiene che quasi tutti i lavoratori possano essere ripetutamente esposti, giorno dopo giorno, senza effetti negativi. Secondo le linee guida AGCIH, il valore di rischio risulta pari a 0,5% per CO2, mentre non viene definito un valore limite per il CH4. Problematiche associate all’implementazione Nel presente paragrafo, si riporta una sintesi di alcune delle criticità/ problematiche emerse nella fase di applicazione su scala reale della procedura di valutazione del rischio finalizzata al rilascio di deroga rispetto a quanto previsto dal D.M. 3 agosto 2005. Si riportano, inoltre, alcune indicazioni su come queste potenziali criticità siano state trattate nei casi pratici affrontati dagli scriventi. Si ritiene opportuno evidenziare che queste indicazioni hanno carattere esclusivamente esemplificativo e la loro applicazione dovrà essere attentamente valutata sulla base delle effettive condizioni sito - specifiche. 31 P R OC E SSI E SIST E MI • DIS CA RICA Valutazione del rischio associato a composti per i quali non sono disponibili e/o applicabili valori significativi della costante kappa, utilizzata per similare la degradazione dei contaminanti non volatili. La costante kappa permette di descrivere i processi di degradazione dei rifiuti che avvengono all’interno della discarica, indicando, in particolare, la quantità di inquinante rilasciata dalla fase solida (rifiuto) nella fase liquida (percolato). Il valore di kappa dovrebbe essere determinato sperimentalmente per ogni inquinante. Nel caso in cui non siano disponibili dati sperimentali, kappa può essere stimata sulla base della concentrazione iniziale di inquinante nel percolato e di due costanti empiriche calcolate per i vari inquinanti (convenzionalmente costanti m e n). Nel caso ulteriore in cui non siano disponibili, per le sostanze considerate, le costanti empiriche m e n, la costante kappa può essere posta pari a zero, secondo un approccio cautelativo, che ipotizza che per tutta la durata della simulazione la concentrazione del contaminante alla sorgente si mantenga costante. l Valutazione del rischio associato ai composti per i quali non sono disponibili limiti normativi di riferimento per la matrice acque sotterranee (es. TDS, DOC, ecc.) e, di conseguenza, non è possibile procedere con una verifica diretta della conformità della richiesta di deroga per le concentrazioni in eluato di questo parametro. In questo caso, in accordo con quanto contenuto nella nota inerente l’utilizzo del Manuale “Criteri metodologici per l’analisi assoluta di rischio applicata alle discariche” (ISPRA ex APAT, giugno 2005) in attuazione di quanto disposto dalla circolare MATTM, del 30 giugno 2009, protocollo n. 14963, predisposta da ISPRA, risulta necessario verificare gli effetti sullo stato di quali- l 32 tà delle acque sotterranee, attraverso un’idonea rete di monitoraggio installata in sito. In particolare, è necessario confrontare i valori riscontrati a valle della discarica con i valori riscontrati a monte della stessa, in modo da individuare eventuali contributi riconducibili all’impianto. Ove possibile, si può procedere a confronti con valori limite proposti a livello internazionale. Ad esempio: – nel caso di TDS, è possibile utilizzare come riferimento il valore di 500 mg/l proposto da USEPA, che considera il parametro TDS come secondary drinking water standard. In alternativa si considera che il TDS è dato, come definito dagli standard methods for the examination of water and wastewater (raccolta di metodiche e tecniche analitiche ad opera di APHA AWWA WEF - american public health association - american water works association - water environment federation), dalla sommatoria dei principali costituenti cationici e anionici che sono indicatori della qualità generale dell’acqua, come indicato nel seguito: TDS = 0,6 (alcalinità come CaCO3) + Na++K++Ca2++Mg2++SO42-+Cl-+SiO32-+N O3-+FPoiché la normativa italiana non stabilisce per tutti gli indicatori sopra riportati concentrazioni limite di riferimento, è possibile attribuire al TDS la somma delle concentrazioni limite per i solfati e per i cloruri; – nel caso di DOC, un’indicazione di massima della entità dell'impatto generato da questa sostanza è ottenibile utilizzando i risultati della sperimentazione effettuata da ARPAV (nota del 6 febbraio 2008, n. 16559), che ha evidenziato un rapporto tra COD (chemical oxygen demand) e DOC (dissolved or- ganic carbon) pari mediamente a 3 e facendo riferimento al limite previsto per il COD per le acque superficiali destinate a essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti appropriati (30 mg/l); – in alternativa si può assumere quale valore di concentrazione limite accettabile quello della sostanza tossicologicamente più affine. Analisi di rischio a supporto della richiesta di deroga ai limiti di ammissibilità applicati al tal quale, il cui rispetto è richiesto dal D.M. 3 agosto 2005, all’art. 5, «Impianti di discarica per rifiuti inerti», comma 2 («è vietato il conferimento in discarica per inerti di rifiuti che contengono le sostanze previste dalla tabella 1, allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, in concentrazioni superiori alle concentrazioni limite per i siti a uso commerciale e industriale [...]») e all’art. 6 «Impianti di discarica per rifiuti non pericolosi», comma 5, lettera c) («è vietato il conferimento di rifiuti che: […] c) contengono le sostanze cancerogene previste dalla tabella 1, allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 25 ottobre 1999, n. 471, in concentrazioni superiori a 1/10 delle rispettive concentrazioni limite riportate all'articolo 2 della decisione della Commissione 2000/532/CE e successive modificazioni, con una sommatoria massima per tutti i diversi composti pari allo 0,1%»). Nell’applicazione dell’analisi di rischio per la deroga sul tal quale, il rischio derivante dalla potenziale lisciviazione dei rifiuti viene generalmente ricondotto ai processi legati alla produzione di percolato. In relazione al rischio derivante dal percorso di inalazione, risulta necessario considerare come potenziali recettori i lavoratori che operano nel l www.ambientesicurezza.ilsole24ore.c om P R OC E S S I E S I S T E M I•D I S C A R I C A sito o eventuali recettori sensibili presenti in prossimità dell'impianto. Il rischio acuto per gli addetti alla movimentazione dei rifiuti derivante dall’esposizione agli agenti inquinanti durante la fase di gestione della discarica è di norma valutato nel documento di valutazione dei rischi redatto ai sensi del D.Lgs. n. 81/2008, prevedendo l’utilizzo di specifici dispositivi di protezione individuale e specifiche procedure di sicurezza. L’analisi di rischio viene, quindi, concentrata alla fase di post-gestione, valutando il rischio derivante dall’inalazione di vapori da parte dei lavoratori presenti in modo continuativo in sito, considerando che il percorso di inalazione di particolato è interrotto dalla presenza della copertura superficiale e pertanto non risulta possibile valutare il corrispondente rischio. l Tecnolo g i e & S o l u z i o n i BIBLIOGRAFIA l l l l l l l l l l l [1] ASTM (1995). Standard Guide for Risk Based Corrective Actions Applied at Petroleum Release Sites, E1739-95 [2] ASTM (1998). Standard Provisional Guide for Risk-Based Corrective Action, PS 104-98 [3] UNICHIM (2002). Manuale n.196/1 - Suoli e falde contaminati, Analisi di rischio sito-specifica, Criteri e parametri [4] APAT (2005). Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio alle discariche [5] APAT (2008). Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati [6] APAT (2007). Parametri di input per l’elaborazione dell’analisi di rischio sito-specifica ai sensi del D. Lgs. 152/06 [7] APAT (2008). Documento di riferimento per la determinazione e la validazione dei parametri sito-specifici utilizzati nell’applicazione dell’analisi di rischio ai sensi del D. Lgs. 152/06 [8] ISS/ISPESL (2008). Banca dati “Proprietà chimico-fisiche e tossicologiche dei contaminanti” [9] USEPA. IRIS (Integrated Risk Information System) [10] Environment Agency (2002). GasSim Release 1.0 - Golder Associates, Nottingham [11] Environment Agency (2003). LandSim Release 2.5 - Golder Associates, Nottingham Figure, foto e grafici su gentile concessione di NCE S.r.l. e Montana S.r.l. 33