L`analisi degli equilibri finanziari: alcuni criteri guida e relative
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L`analisi degli equilibri finanziari: alcuni criteri guida e relative
L’analisi degli equil ibri finanziari Alcuni criteri guida e relative indicazioni di metodo Testo di riferimento: Analisi Finanziaria (a cura di Eugenio Pavarani) Mc Graw-Hill, 2002 Cap. 3 (Prof. Giulio Tagliavini) 1 IL TEMA DELLA LEZIONE Dalle analisi di bilancio …………… ……… al giudizio sull’equilibrio finanziario dell’impresa 2 Equilibrio finanziario: un concetto spesso indefinito e talora presentato con espressioni vaghe L’equilibrio finanziario è un concetto molto più preciso rispetto alla generica espressione di “buona salute finanziaria” e di “buoni risultati di bilancio” con i quali spesso si “liquida” il problema. La natura del problema è più complessa rispetto ad un semplice giudizio complessivo e sintetico. L’equilibrio finanziario è un concetto che può essere ricondotto a parametri di giudizio ben precisi. 5 Otto modi di declinare il concetto di equilibrio finanziario Una impresa in equilibrio finanziario è una impresa che presenta tutte od alcune delle seguenti caratteristiche: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. controlla nel breve periodo il divario tra le entrate e le uscite monetarie (tenuto conto dell’andamento della PFN); mostra una struttura finanziaria (composizione del passivo) coerente con la strategia seguita; evidenzia una dinamica del capitale circolante ben raccordata con l’evoluzione del fatturato; ha una corretta relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle risorse finanziarie utilizzate; ha un rapporto corretto tra reddito operativo ed oneri finanziari, tenendo conto anche delle possibili dinamiche prospettiche legate alle condizioni di rischiosità operativa e finanziaria; ha un rapporto corretto tra valore economico dell’attivo e valore delle passività; ha una accettabile / ottimale relazione tra flusso di cassa complessivo e sviluppo aziendale; ha la struttura finanziaria che massimizza il valore dell’impresa. Occorre essere selettivi E’ ovvio che un’impresa raramente corrisponde a tutti i profili di equilibrio citati. Se corrisponde ad uno di essi, si dirà che è in equilibrio finanziario con riguardo ad esso. L’analista finanziario deve comunque sapere giudicare l’impresa con riguardo ad ognuno dei profili di equilibrio e deve maturare un approccio di selezione (quali sono quelli critici data la situazione aziendale ?). La parte successiva discute dei singoli criteri e permette di maturare qualche idea circa la loro forza di analisi e di approfondimento nei singoli casi concreti. 7 [1] Il divario tra le entrate e le uscite monetarie Si tratta del controllo di tesoreria. L’ottica è sul breve periodo. Una impresa è in equilibrio se riesce, nel breve termine, ad avere un buon controllo della tesoreria, ossia se le sue entrate riescono a fronteggiare le uscite, tenuto conto della sostenibilità della posizione finanziaria netta. Le uscite possono sopravanzare le entrate per periodi importanti della vita aziendale, in particolare quando sono in fase di realizzazione i piani di investimento, quando l’impresa è in sviluppo. Occorre tuttavia che tale sbilancio rimanga sotto controllo e che non porti la posizione finanziaria complessiva in zona di debito eccessivo. 8 Risultato economico e risultato finanziario Un insegnamento classico della finanza d’impresa attiene alla distinzione tra risultato economico e risultato finanziario. Vi sono imprese in utile che pure hanno uscite superiori alle entrate ed imprese in perdita che hanno entrate superiori alle uscite. Il risultato finanziario non segue necessariamente il risultato economico; l’impresa è in equilibrio finanziario quando il suo risultato finanziario è accettabile sulla base del momento evolutivo dell’impresa. Ogni dichiarazione di fallimento è sempre originata da uno sbilancio di tesoreria; tale criterio di giudizio è quindi il più importante ? 9 [1] Il divario di tesoreria per le imprese in crisi: è un criterio poco efficace. Quando i motivi di crisi aziendale si ripercuotono sul divario tra entrate ed uscite, la fase di avvitamento della crisi stessa è di solito, ormai, piuttosto avanzata. Il più delle volte, il percorso di crisi di una azienda parte da inidoneità della formula imprenditoriale di fronte ai cambiamenti di contesto; in una seconda fase si deteriora l’economicità (l’utile diventa molto basso in quanto i prezzi di vendita non sono più remunerativi); in una fase finale si riscontra una situazione di crisi finanziaria (le uscite, appunto, sopravanzano le entrate). 10 [1] Il divario di tesoreria per le imprese in crisi: è un criterio poco efficace. Aspettare questo momento per giudicare lo squilibrio finanziario corrisponde all’attendere una fase di avvitamento delle difficoltà troppo avanzata. Sul divario tra entrate ed uscite si ripercuotono decisioni di finanza strategica che occorre governare anticipatamente. 11 [1] Il divario di tesoreria per le imprese di successo: non è molto rilevante Per imprese di successo l’equilibrio tra entrate ed uscite monetarie non è poi molto rilevante. Molte imprese hanno uscite più corpose rispetto alle entrate e nessuno certo pensa che siano in effettivo disequilibrio; si tratta di imprese che investono o che aumentano rapidamente il giro d’affari. In tali casi, il deficit di tesoreria è sintomo positivo, e non negativo. Non significa che le cose vanno male. Per le imprese di successo, il costo dell’errore sulla programmazione di tesoreria non è elevatissimo. In conclusione, il concetto di equilibrio finanziario inteso come equilibrio di tesoreria è importante ma non è quello su cui si concentra l’attenzione del consulente e del direttore finanziario. 12 [2] La coerenza della struttura finanziaria La struttura finanziaria (essenzialmente la composizione del passivo tra debito e mezzi propri e, in subordine, la composizione del debito) deve essere coerente con la formula competitiva adottata e con la quantità e qualità degli impieghi che la supportano. Questo è un tema potenzialmente molto rilevante perché consente di anticipare e di prevenire situazioni di difficoltà finanziaria. Dati gli impieghi di capitale e le caratteristiche del loro ciclo monetario (durata, entità e variabilità dei flussi generati), si pongono due ordini di problemi: a) quanto debito può essere sopportato ? b) quale deve essere la durata del debito ? 13 ESIGENZE COMPETITIVE Quantità/qualità del fabbisogno IMPIEGHI CASH FLOW OP. entità tempi variabilità FONTI O.F./DIVID RIMBORSI BILANCIAMENTO economicità solvibilità Accessibilità dell’offerta Logica di comportamento dei finanziatori entità tempi variabilità [2] Come misurare questa coerenza a) quanto debito ? Un’ indicazione di comportamento di massima è questa: il grado di indebitamento deve essere inversamente proporzionale al livello ed alla variabilità dei margini operativi (per tenere sotto controllo la possibilità di portare il bilancio in perdita nei momenti sfavorevoli) legati, a loro volta, al successo della strategia ed al posizionamento di mercato. Le imprese con una redditività operativa (ROS e ROA) bassa e variabile (variabilità del fatturato e dei costi ed elevato GLO) devono mantenere il grado di leva finanziaria su livelli contenuti. 15 [2] Come misurare questa coerenza b) quale durata del debito ? La coerenza del passivo deve essere misurata con la struttura degli investimenti in capitale fisso e circolante: le imprese che hanno una formula più imperniata sul capitale fisso dovrebbero appesantire l’incidenza dei capitali a lento rigiro; le imprese con cospicui investimenti in capitale circolante potrebbero invece puntare su formule di finanziamento a rapido rigiro ed a scadenza ravvicinata. In questa logica, l’errore da evitare è quello di finanziare fabbisogni durevoli, in capitale fisso e circolante, con capitali raccolti a breve termine. Tale criterio di equilibrio finanziario è molto rilevante ed esso solo, almeno fino al 1980, veniva citato con forza dalla letteratura più accreditata. 16 [2] Quali rischi si possono correre Non rispettare queste indicazioni di equilibrio finanziario comporta rischi di triplice natura: un rischio di tasso di interesse (un eventuale incremento dei tassi di mercato, applicato sui rinnovi dei prestiti, erode la performance reddituale aziendale); un rischio di rifinanziamento (legato alla possibilità che la controparte bancaria abituale si rifiuti di continuare a servire il fabbisogno finanziario aziendale); una naturale posizione di debolezza contrattuale nel ricontrattare e rifinanziare i prestiti assolutamente necessari (ne deriva un effetto di perdita di autonomia decisionale nei riguardi della banca). Il tema della struttura del passivo e della composizione dei debiti per scadenza è dunque potenzialmente rilevante ma, al di là di poche regole ovvie, è in realtà difficile schematizzare delle guidelines operative molto precise e prescrittive. Nella realtà delle imprese, si riscontra poi che gestioni finanziarie assolutamente inidonee nei termini sopra precisati spesso prosperano (ma quali sono i costi della cattiva finanza ?). 17 [2] Posizione consolidata e garanzie Il ragionamento a questo riguardo deve anche tenere conto della posizione finanziaria dell’imprenditore e della rete di garanzie che dal patrimonio personale sono rilasciate a favore dell’indebitamento societario. E’ possibile che una impresa giudicata non in equilibrio finanziario secondo questo criterio lo sia in realtà in ragione di garanzie non rilevate in bilancio. 18 [2] Una conclusione su questo criterio Anche questo parametro dell’equilibrio finanziario, pur rilevante, non è determinante. Si risottolinea ancora che molte imprese in disequilibrio in questa accezione non provvedono a porvi rimedio e continuano a prosperare a dispetto del punto di vista dell’analista finanziario. Le sollecitazioni a riequilibrare la struttura finanziaria nel senso qui indicato provengono, se del caso, dai finanziatori e sono piuttosto infrequenti. Neppure questa è presumibilmente, il più delle volte, l’area di intervento prioritaria del direttore finanziario e del consulente in finanza d’azienda. 19 [3] La dinamica del capitale circolante ben raccordata con l’evoluzione del fatturato Uno squilibrio finanziario si manifesta quando vi è tendenza ad un innalzamento delle poste attive di capitale circolante non compensato da un innalzamento delle poste passive. Tale situazione comporta un assorbimento di risorse finanziarie --> innalzamento del debito finanziario. E’ possibile che si sia prodotta la conseguenza finanziaria immediata dello scadimento della posizione di mercato (aumentano le scorte invendute, aumentano i tempi di incasso da clienti o perché essi sono meno solvibili o perché le vendite sono state sorrette da un politica del credito commerciale più larga) o si sia manifestata la indisponibilità dei fornitori a concedere gli abituali termini di pagamento. Il controllo dell’evoluzione del capitale circolante e la sua coerenza con l’andamento del fatturato può fornire elementi preziosi per inquadrare con prontezza il venir meno delle condizioni di equilibrio finanziario. 20 [3] Come monitorare questa possibile causa di squilibrio: l’indice di liquidità Versione tradizionale: rapporto/diffrenza tra attivo a breve termine e passivo a breve termine, o versione più significativa in finanza: relazione tra attivo circolante e passivo circolante di pertinenza gestionale. Il tradizionale indice di liquidità viene inteso in senso favorevole quando assume un valore elevato o si incrementa. In realtà, l’innalzamento dell’indice è determinato da un aumento di poste attive del capitale circolante, che comportano un assorbimento di risorse finanziarie e la forma di copertura è a carico dei finanziamenti a protratta scadenza o del capitale proprio. D’altro canto, un abbassamento dell’indice di liquidità tradizionale potrebbe essere generato da un irrobustimento della voce fornitori e ciò sarebbe un segnale positivo per la gestione finanziaria. Nonostante l’attenzione che spesso riceve, è un indicatore estremamente poco significativo dell’equilibrio finanziario. 21 [3] Come monitorare questa possibile causa di squilibrio: l’indice della liquidità operativa L’indice di liquidità costruito con le poste attive e passive di capitale circolante di pertinenza gestionale ha un significato univoco e rilevante. Quando aumenta, la situazione peggiora; quando diminuisce, la situazione migliora, senza possibilità di errate interpretazioni. L’indice di liquidità è quindi un indicatore molto equivoco dell’equilibrio finanziario: non è particolarmente significativo dell’equilibrio di tesoreria, come invece potrebbe fare intendere la sua denominazione; nella versione tradizionale può fornire indicazioni errate e nella versione riferita al capitale circolante di pertinenza gestionale va interpretato in senso contrario. 22 [3] Come monitorare questa possibile causa di squilibrio: la dinamica delle fonti e degli usi di circolante in rapporto al fatturato Un esempio: CC/V = 35% Delta = 13% FCCgc/V = 22% Se il fatturato aumenta di 100 milioni: Sarà necessario investire 35 milioni in capitale circolante; La gestione ne produrrà 22. L’indebitamento aumenterà di 13 milioni solo per la g. c. ma se il capitale circolante aumenta più del fatturato ….. --> aumenta il fabbisogno --> si riducono il turnover ed il ROA [4] La relazione tra rendimento del capitale investito e costo delle risorse finanziarie Un’impresa in equilibrio finanziario ha un attivo che genera un rendimento congruo rispetto al costo del passivo. Attenzione: la misurazione del costo e del rendimento del capitale è molto complessa. ROA ed OF/MT sono misure contabili che danno una approssimazione di massima del problema. In qualche caso l’indicazione che deriva dal confronto ROA OF/MT può essere assolutamente fuorviante. E’ dimostrabile che vi può essere divario negativo eppure l’impresa crea valore per gli azionisti; oppure che il divario è positivo e l’impresa distrugge valore. Sei il Roa è maggiore di OF/D si ha certamente una buona notizia, ma ciò non è conclusivo e deve essere confinato in considerazioni che rimangono nella logica contabile. Sarebbe errato estrapolarne giudizi sulla creazione di valore. 25 [4] Un falso obiettivo Il direttore finanziario che assume tale punto di vista si pone l’obiettivo di reperire risorse finanziarie ad un costo coerente con il rendimento dell’attivo. Secondo alcuni direttori finanziari, l’abbassamento del costo del capitale si ottiene utilizzando nel giusto dosaggio risorse del netto patrimoniale. Il capitale proprio infatti non produce oneri finanziari e, secondo un punto di vista, abbassa il costo medio del passivo. L’opinione prevalente ed assolutamente condivisibile sostiene invece che il direttore finanziario deve muoversi attribuendo ai mezzi propri l’adeguato livello di costo opportunità, a meno di vedere precipitare il valore degli stessi mezzi propri. Per di più, il costo del capitale proprio è maggiore del costo del capitale di debito. 26 [5] Il rapporto tra reddito operativo ed oneri finanziari Il grado di tensione finanziaria è inversamente proporzionale a quante volte il margine operativo supera il livello degli oneri finanziari. L’indicatore di bilancio più utilizzato è EBIT /OF (Earning before Interest and Taxes / Oneri Finanziari). L’Ebit è pari a utile+interessi+imposte sul reddito, rappresenta l’ammontare di reddito disponibile per coprire i costi della gestione finanziaria e, in via residuale, per remunerare il capitale di rischio dedotte le imposte. Se l’indicatore Ebit/OF fosse pari a 3, ciò significherebbe che l’impresa ha a disposizione un margine di 3 euro per pagare 1 euro di oneri finanziari. Il divario tra i due aggregati sarebbe in questo caso piuttosto consistente. 27 [5] Indicazioni operative Le indicazioni operative che l’indicatore Ebit/OF fornisce sono molto chiare: se l’indicatore è inferiore ad 1, l’azienda è in perdita (in quanto i margini non sono grado di sopportare il costo del debito) ed in grave tensione finanziaria; se l’indicatore è inferiore a 2, l’azienda è in precario equilibrio finanziario (ha un debito troppo costoso rispetto al rendimento del business o ha debiti già molto consistenti, che non possono assolutamente incrementarsi); se è invece maggiore di 5, è chiaro che l’impresa ha un potenziale di investimento e di indebitamento non sfruttato o delle capacità di restituzione del capitale proprio esuberante. I termini numerici sopra indicati sono significativi ma ovviamente non tassativi in assoluto. 28 L’approfondimento dell’analisi di EBIT/OF Se l’indicatore Ebit/OF fosse pari a 3: l’impresa avrebbe a disposizione 3 euro di margini per pagare 1 euro di oneri finanziari. Sono sufficienti ? Per rispondere, l’analista deve domandarsi quanto siano probabili e tollerabili…. … riduzioni dei margini operativi; … innalzamenti del debito; … aumenti del tasso medio di interesse ? che probabilità ci sono che, in prospettiva, venga compromessa la solvibilità dell’impresa ? L’approfondimento dell’analisi di EBIT/OF Il pregio dell’indicatore sta nell’analizzare congiuntamente il profilo finanziario (grado di tensione finanziaria) con la dimensione patrimoniale (ammontare del debito) ed economica (livello dei tassi e dei margini operativi). Lo schema di analisi del problema è il seguente: EBIT/OF = EBIT / V x V / PFN x PFN / OF Lo schema mette in relazione l’indice di tensione finanziaria EBIT / OF con un indice di redditività delle vendite ROS = EBIT / V un indicatore di indebitamento (rapportato alle vendite) V / PFN l’onere finanziario del debito PFN / OF. Lo schema consente di capire, in caso di deterioramento del rapporto, se la causa sta nella gestione reddituale o in quella finanziaria. FINO A CHE PUNTO SI PUO’ SPINGERE IL DEBITO ? NON ESISTONO DEBITI ALTI O BASSI ESISTONO DEBITI SOSTENIBILI O NON SOSTENIBILI FINO A CHE PUNTO SI PUO’ SPINGERE IL DEBITO ? Il parametro - guida è EBIT / OF in chiave prospettica: quanto OF può coprire EBIT considerando che le cose possono mettersi al brutto ? Si deve ragionare su • quanto è probabile che EBIT possa diminuire; • quanto è probabile che OF possa aumentare. FINO A CHE PUNTO SI PUO’ SPINGERE IL DEBITO ? EBIT volumi / prezzi /costi distanza di sicurezza OF posiz. Fin. Netta / tassi FINO A CHE PUNTO SI PUO’ SPINGERE IL DEBITO ? EBIT + x% EBIT OF + x% EBIT - x% OF OF - x% FINO A CHE PUNTO SI PUO’ SPINGERE IL DEBITO ? EBIT + x% OF OF + x% EBIT - x% EBIT OF - x% Un esempio di eccesso di indebitamento: diminuisce EBIT; salgono gli OF; EBIT/OF va in zona pericolo -5% FATTURATO 100 COSTI VAR. 30 28,5 MdC 70 66,5 COSTI FISSI 40 40 EBIT 30 ONERI FIN. 21 IMPOSTE 3,6 UTILI NETTI 5,4 EBIT / OF 1,43 -11,6% 95 26,5 21 26,5 i=+1% 2,2 -38,9% 3,3 1,26 24 1 -72,2% 1,5 1,10 [5] L’alternativa OF /V Molti analisti finanziari analizzano il punto qui indicato con l’indicatore OF/V e si creano dei termini di raffronto ideali sulla base di esso. In realtà questa soluzione è un cattivo sostituto essendo tale indicatore meno efficiente. Ciò accade per due motivi in seguito illustrati. In primo luogo, l’indicatore OF/V trascura il fatto che le imprese hanno dei margini operativi molto variabili e quindi lo stesso livello di OF/V può risultare, a seconda dei casi, accettabile o assolutamente eccessivo. Le imprese di successo hanno un ritorno sulle vendite (Ros) che può benissimo andare dal 25%, nei casi migliori, al 2%. Un valore di OF/V del 5% può risultare dunque assolutamente accettabile nel primo caso ma certamente insoddisfacente nel secondo. E’ vero che l’analisi può essere precisata confrontando il Ros con OF/V, ma l’indicatore Ebit/OF permette appunto tale raffronto in modalità sintetica, tenendo correttamente conto dei margini operativi prodotti. L’indicatore Ebit/OF è significativo per se stesso e non richiede confronti immediati con altri indicatori per risultare interpretabile. 37 [5] Il secondo motivo di debolezza Per illustrare il secondo punto, si prenda in considerazione il caso seguente. Anno x X+1 X+2 OF/V 5,0% 5,5% 6,0% Ebit/OF 3,0 3,2 3,4 38 [5] Il secondo motivo di debolezza Apparentemente, leggendo l’indicatore OF/V la situazione è peggiorata; ne deriva che l’equilibrio finanziario è relativamente peggiore rispetto a prima. L’indicatore Ebit /OF suggerisce invece che la tensione finanziaria è migliorata. In questo caso, di contrasto delle indicazioni fornite dai due indicatori, quale prevale ? E’ ovvio che sono migliorati sensibilmente i margini industriali e quindi è migliorata la capacità di servire il debito. In conclusione, la situazione si è allontanata dalle condizioni di tensione finanziaria. La politica finanziaria adottata è corretta perché, con l’innalzamento dei margini industriali, si è correttamente proceduto con l’innalzamento del debito, pur rafforzando nel complesso la situazione di assoluta sicurezza finanziaria. 39 [5] Una ulteriore alternativa L’analisi può essere effettuata anche utilizzando l’indicatore Mol/Of. La differenza è che il Mol (margine operativo lordo) è lordo degli effetti della gestione accessoria e di quella straordinaria; Ebit è invece al netto di tali gestioni. Nel significato essenziale sia Mol che Ebit esprimono lo stesso concetto e possono essere utilizzati per lo scopo qui perseguito. Siccome Ebit è al netto di un ulteriore fattore, esso assume il criterio di valutazione più restrittiva. 40 [6] Il valore economico dell’attivo complessivo ed il valore delle passività Questo test corrisponde alla valutazione, a prezzi di mercato, del netto patrimoniale come differenza tra il valore dell’attivo ed il valore dei debiti. Se il saldo è positivo, i debiti trovano copertura nel valore dell’attivo. Questo punto di vista non è l’unico possibile. I debiti possono essere rimborsati sulla base di tre elementi di fondo: a) mediante smobilizzo di poste dell’attivo; b) mediante i flussi finanziari in entrata originati dalla gestione corrente; c) mediante l’accensione di nuovi prestiti che prendono il posto di quelli giunti a scadenza. Se l’analista ritiene che il rimborso si realizzi sulla base dell’elemento a), allora utilizzerà il criterio di valutazione esaminato in questo paragrafo. In realtà i prestiti sono rimborsati con modalità più varie nell’ambito delle tre possibilità sopra descritte. Il criterio patrimoniale corrisponde, a ben vedere, all’ottica patrimoniale41 [6] Equilibrio patrimoniale L’equilibrio patrimoniale, come caso specifico dell’equilibrio finanziario, ha una sua importanza e una sua legittimità professionale, ma non esaurisce di certo il problema complessivo dell’equilibrio finanziario. Se si usa molto debito e se non si è in grado di mostrare l’evoluzione successiva dei propri flussi di cassa, allora diventa inevitabile rapportarsi con il banchiere sulla base dei valori dell’attivo. Il criterio patrimoniale non distingue situazioni in cui l’equilibrio patrimoniale esiste ma vi è un assorbimento di risorse finanziarie e situazioni in cui vi è produzione di cassa. 42 [6] Alcuni elementi rilevanti recenti L’utilizzo della logica patrimoniale è messo in difficoltà dalle modalità di sviluppo delle imprese più aggressive e dinamiche. Le imprese impegnate nei settori più moderni e più tecnologici investono in modo massiccio in beni immateriali. Frequentemente questi investimenti non hanno evidenza contabile in quanto vengono, anche per convenienza fiscale, spesati nell’esercizio. E’ chiaro che una valutazione patrimoniale di tale beni risulta particolarmente penalizzante e tali imprese finiscono per risultare in pratica non bancabili, almeno secondo questo criterio. In conclusione, la verifica della superiorità del valore dell’attivo complessivo rispetto al valore del debito è ancora (purtroppo) molto utilizzata. Questo test di equilibrio finanziario in chiave patrimoniale è tuttavia sempre meno in grado di fornire valutazioni corrette. 43 [7] La relazione tra flusso netto di cassa complessivo e sviluppo aziendale Criterio precedente illustrato = logica tradizionale del banchiere per giudicare l’equilibrio della propria clientela La verifica della produzione di flussi di cassa coerenti con il proprio percorso di sviluppo = nuova logica del banchiere, che finanzia appunto su cash flow. E’ ovvio che tale criterio di giudizio è essenziale per seguire, da parte del banchiere, da parte del consulente e del direttore finanziario, l’azienda dinamica, in sviluppo, i progetti imprenditoriali aggressivi. 44 [7] Procedure di lavoro Sotto il profilo metodologico, le procedure di lavoro si fanno più complesse. E’ evidente che questa è una delle aree di intervento prioritarie dell’assistenza consulenziale, del rapporto con il banchiere, dell’essenza stessa del lavoro del direttore finanziario. I preventivi finanziari devono essere interpretati come stime sulle traiettorie impresse alla gestione finanziaria dalle caratteristiche attuali della formula competitiva, e devono essere utilizzati per verificare la fattibilità finanziaria del piano strategico. 45 [7] Il vincolo della crescita “autofinanziata” Frequentemente, ed assai frequentemente in passato, l’equilibrio dinamico che raccorda il ritmo di sviluppo dell’impresa con i flussi di finanziamento viene interpretato in senso restrittivo. La posizione di equilibrio viene ricercata nel massimo tasso di sviluppo che può essere sorretto in una logica di mantenimento dell’assoluto controllo dei diritti di comando. Si tratta, dunque, di trovare un percorso di crescita “autofinanziata”, che mantenga volutamente contenuto il proprio tasso di crescita in conseguenza della volontà di non forzare lo sviluppo con manovre sul capitale proprio. E’ evidente che un disequilibrio di tale traiettoria di sviluppo “autofinanziata” si ripercuote spesso in un livello eccessivo del debito. 46 [7] Casi di disequilibrio E’ necessario concludere chiarendo in quali casi, adottando questa logica, si definisce una situazione di disequilibrio finanziario. Ciò accade, ad evidenza, quando il flusso di cassa prodotto dall’impresa è insufficiente per sostenere lo sviluppo. Ciò si realizza allorché tale flusso di cassa sia insufficiente per finanziare direttamente i nuovi investimenti in capitale fisso e circolante e, simultaneamente, quando sia insufficiente per assicurare la corretta remunerazione a coloro che apportano i finanziamenti. Nella logica della crescita “autofinanziata”, l’impresa è in disequilibrio quando il fabbisogno è eccessivo rispetto alla capacità di garanzia dell’attivo aziendale e del patrimonio personale dell’imprenditore e sopravanza il ritmo di accumulazione dell’autofinanziamento. 47 [8] La struttura finanziaria che massimizza il valore societario Un punto di vista relativamente nuovo: l’equilibrio finanziario si ha in corrispondenza delle scelte finanziarie che sono in grado di massimizzare il valore dell’impresa (performance economiche superiori rispetto a quelle attese dal mercato dei capitali). Esiste un teorema fondamentale in tale disciplina, dovuto a Modigliani e Miller, che assicura che il valore dell’impresa è invariante rispetto alle scelte di struttura del passivo, subordinatamente all’esistenza di condizioni di perfezione del mercato. Siccome però il mercato è imperfetto, si definisce un punto di ottimo in corrispondenza del quale il valore dell’impresa è massimo, essenzialmente in considerazione dell’effetto para-imposte del debito, dei costi di agenzia e di controllo sull’impresa, dei costi di fallimento. Trovare tale punto di ottimo è compito del direttore finanziario, che lo affronta in termini di politica finanziaria indicativamente ottimale per l’accrescimento del valore. 48 [8] L’ottica della finanza strategica Tale approccio corrisponde all’ottica nuova della finanza strategica. Il direttore finanziario deve trovare le corrette modalità di rapportarsi con i fornitori di capitale di rischio e di debito al fine di mantenere relativamente contenuto il costo del capitale; ciò corrisponde alla massimizzazione del valore dell’impresa. Esistono alcuni schemi di lavoro professionale per assistere le imprese a giungere a tale risultato; la gestione di EVA®, proposta da Stern Stewart Co., è probabilmente la soluzione metodologica che ha avuto maggiore risonanza. Questo punto di vista è molto importante perché consente di connettere il profilo finanziario alle ordinarie operazioni di gestione dell’azienda. 49