La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in SPDC
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La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in SPDC
La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti Prof. Dott. Vincenzo MANNA Medico Psicoterapeuta Specialista in Neurologia Specialista in Psichiatria Docente di Neurologia e Neuro Psicologia nel Corso di Laurea in Logopedia della Università degli Studi “ La Sapienza” di Roma Sede di Ariccia Dir. Resp. Centro di Salute Mentale - USL ROMA H - Genzano di Roma Tel 06.93273753 Cell. 333.3625218 e mail [email protected] 1 FROM HELL E’ così che si firmava Jack lo Squartatore nelle sue lettere a Scotland Yard. Nella Londra vittoriana di fine ‘800 efferati delitti di prostitute si compiono nel quartiere più povero della città, Whitechapel. Le donne sono letteralmente macellate, con prelievo di organi interni e intestini sapientemente “lavorati”. L’assassino si firma Jack lo Squartatore e la polizia brancola nel buio. 2 UCCIDE LA MOGLIE, DUE FIGLIE E TENTA IL SUICIDIO ARCEVIA. Strage familiare nelle Marche, in una frazione di Arcevia, a San Pietro. Un uomo, piccolo imprenditore edile di 46 anni, ha ucciso a colpi d’arma da fuoco la moglie e i due figli e poi ha tentato di togliersi la vita. Ora è ricoverato in coma in ospedale. Non si conoscono ancora i motivi della tragedia. Sul posto sono accorsi i carabinieri. I bambini avevano 10 e 7 anni, e come la madre sarebbero stati uccisi con un fucile da caccia, mentre dormivano, stamani attorno alle 4. L’uomo si è poi sparato al volto. Ora è ricoverato nell’ospedale di Senigallia, piantonato. 3 Argomenti 1. Introduzione 2. La vita istintiva 3. L’aggressività 4. I disturbi del controllo degli impulsi 5. Inquadramento diagnostico 6. Abuso e dipendenza da sostanze 7. Epidemiologia 8. Correlati neurobiologici e terapeutici 9. Conclusioni 4 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 1. Introduzione 5 Legge n.180 del 13 maggio 1978 Prima della legge n.180 e della legge 833/78 in Italia non esisteva nessun tipo di assistenza pubblica per coloro che soffrivano di disturbi psichiatrici, eccezion fatta per l’amministrazione provinciale che la erogava attraverso i manicomi, strutture per pazienti gravi che venivano ricoverati per motivi di ordine pubblico. I presupposti per l’internamento in base alla legge n. 36/1904 erano pericolosità e pubblico scandalo, senza accenno a motivi sanitari. La cosiddetta diagnosi poteva essere formulata dalle forze dell’ordine, dal cittadino, talvolta dal medico generico. Non esistevano i pazienti pericolosi o aggressivi perché erano tutti pericolosi o aggressivi per 6 definizione. LA VIOLENZA Si stima che dal 10 al 15% dei ricoverati in strutture psichiatriche abbiano manifestato comportamenti aggressivi negli anni precedenti il ricovero. Circa il 10% dei pazienti ricoverati manifesta comportamenti aggressivi se osservati in un periodo di 3 mesi. La maggiore incidenza si ha nei soggetti giovani di sex maschile, con diagnosi di schizofrenia, alcoolismo, disturbi mentali organici, ritardo mentale, epilessia, disturbi di personalità. I pazienti con disturbi dell’umore sembrano meno propensi a comportamenti aggressivi. 7 PREDITTIVITA’ Nel valutare la possibilità che gli episodi violenti si ripetano ci si riferisce a: 1) anamnesi e sviluppo: storia di violenza da parte del paziente, comportamento violento dei genitori durante lo sviluppo, episodi giovanili di piromania e crudeltà verso gli animali, possesso di armi, tossicodipendenza; 2) sindrome psichiatrica; 3) malattie organiche. 8 DISTURBI PSICHIATRICI ASSOCIATI CON MAGGIORE PROBABILITA’ A VIOLENZA 1) disturbo esplosivo intermittente: il comportamento violento compare senza o alla minima provocazione, senza alcuna manifestazione anticipatoria da parte del paziente; 2) disturbo esplosivo isolato: la violenza compare senza anticipazione ma non c’è ricorrenza; 3) disturbo del controllo degli impulsi atipico: compare il comportamento violento ma non in relazione alla situazione ambientale; 9 4) disturbo dell’adattamento con anomalie della condotta: la violenza può essere il risultato di un rifiuto nell’ambito familiare; 5) disturbo antisociale di personalità: il comportamento violento deriva dalle gravi deficienze nella strutturazione dell’Io; 6) disturbo bipolare – tipo maniacale: la violenza deriva dall’elevato livello di attività e dalla bassa tolleranza alla frustrazione; 10 7) paranoia (SK, disturbo paranoide acuto): la violenza deriva dal delirio o dalla presenza di voci ego-distoniche oppure reazione esplosiva nel rapporto specifico col singolo o col gruppo. Post-catatonia (il paziente che esce dalla catatonia può agire il vissuto delirante). 8) borderline: la violenza è autodiretta, diventa eterodiretta per assunzione di alcool o stupefacenti; 9) panico omosessuale: in caso di omosex latente non vissuta; 10) disturbo ossessivo compulsivo: a causa di eventuali divieti. 11 DISTURBO ORGANICO LA VIOLENZA NON E’ CRITERIO DIAGNOSTICO 1) delirium (stato confusionale): il comportamento è imprevedibile per la presenza di elementi oniroidi (abbassamento del livello di coscienza); 2) intossicazione alcolica; 3) disturbo delirante da abuso di amfetamine; 4) astinenza da oppiacei o barbiturici; 5) sindrome delirante organica; 6) demenza (delirio di gelosia – sindrome del “calar del sole”); 7) epilessia - aura (paura o rabbia). 12 PERICOLOSITA’ SOCIALE • E’ un concetto non di natura medica ma strettamente giuridico molto distante dalla pericolosità a sé ed agli altri che nella legge del 1904 ha contribuito a sostenere lo stereotipo del malato di mente. • La pericolosità sociale nel nostro caso non richiede una valutazione delle possibilità che il soggetto manifesti comportamenti aggressivi ma la necessità di esprimere un giudizio pragmatico sulle probabilità che un certo soggetto, che ha già compiuto un reato, possa compiere un altro fatto previsto dalla legge come tale. 13 EMERGENZA UGUALE PAZIENTE VIOLENTO ? Questo paradigma spesso può trarre in errore, comportando anche interventi sanitari rilevanti (vedi ricoveri in TSO). Ad esempio è frequente che pazienti possano presentare manifestazioni d’impulsività, come incapacità a resistere ad una spinta che può essere nociva a se stessi ed agli altri. Ma spesso il dato della presenza dell’impulsività, che appartiene alla fascia di disturbo del controllo degli impulsi (DCI) quali il gioco d’azzardo, piromania, disturbi di personalità aggressiva, viene confusa con componenti ossessivo-compulsivi dove il fine ultimo è di ridurre lo stato d’ansia che consegue all’ossessione, al contrario la soddisfazione del piacere motiva 14 l’impulsività e l’aggressività dei DCI. E’ chiaro che gli interventi necessari nel caso dell’ossessività-compulsività non devono essere formulati con caratteristiche dell’emergenza, dato che pazienti con diagnosi di DOC, anoressia, bulimia, ipocondria, non hanno certo la tipologia dei pazienti cosiddetti violenti. Ne consegue impazienza, disattenzione, sottovalutazione del senso del danno, ricerca di sensazioni forti e gratificanti, tanto da giungere all’aggressività. 15 Il continuum Compulsività-Impulsività (adattata Hollander & Wong,1995) 5-HT Compulsività DOC ANORESSIA DIST. DISMORF. CORPOREO Impulsività IPO TRICOTILLO - ACQUISTI CONDRIA MANIA COMPULSIVI DEPERS. SINDROME TOURETTE ABUSO DI SOSTANZE DP BORDERLINE COMP. GIOCO SESSUALI AZZARDO PATOLOGICO DP ANTI SOCIALE BULIMIA CLEPTOMANIA SOVRASTIMA DEL RISCHIO EVITAMENTO DEL PERICOLO SOTTOSTIMA DEL PERICOLO RICERCA DEL RISCHIO RICERCA NOVITA’ 16 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 2. La vita istintiva Modalità di risposta organizzata e relativamente complessa, caratteristica di una data specie, filogeneticamente adattata ad una determinata situazione ambientale. Il comportamento è condizionato da una serie di pulsioni e di schemi di risposta a stimoli interni od esterni, orientati al mantenimento dell’omeostasi dell’organismo, con finalità biologiche di sopravvivenza dell’individuo e della specie. (Cassano, 1994) 17 Il comportamento istintivo coincide con la competenza a mantenersi in vita ed è predeterminato. Le istanze emotive e cognitive modulano il soddisfacimento del comportamento istintivo rendendolo in qualche modo congruo alle esigenze della vita di società. E’, per definizione, un comportamento non appreso, stereotipato, avente come fine ultimo la conservazione in vita dell’individuo. Sono, solitamente, considerati tali i comportamenti indotti da: fame, sete, sesso, sonno e difesa dell’integrità del corpo da agenti esterni potenzialmente dannosi. Ogni tentativo di classificazione dei comportamenti istintivi è, per ovvi motivi, arbitrario. 18 In psichiatria sociale vengono classificate distorsioni della condotta e disturbi del comportamento, funzionalmente correlati alle diverse spinte pulsionali, in cui risulta difficile scindere il fondo pulsionale dalle componenti affettive e cognitive. Talora, si assiste ad una conflittualità tra fattori pulsionali ed altri fattori motivazionali. In questa prospettiva un disturbo del comportamento sessuale, alimentare o il comportamento aggressivo può dipendere non solo da fattori pulsionali, ma anche da altri fattori, emotivi, affettivi, cognitivi e socio-relazionali, legati all’apprendimento e si manifestano come problemi dello sviluppo della personalità e cioè come atteggiamenti indesiderabili duraturi o come cattive abitudini. 19 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 3. L’aggressività I. II. III. In psichiatria il termine si riferisce a concetti diversi: destrudo = istinto di morte; idee e/o comportamenti rabbiosi carichi di odio e distruttivi; attività o azione animata da particolare energia. Noi prendiamo in considerazione soltanto il II. cioè idee e/o comportamenti…. 20 L’aggressività si può definire come una tendenza ad attaccare gli altri, in forma simbolica, gestuale, verbale o fisica, eventualmente in rapporto ad uno specifico vissuto emotivo di rabbia. In alcuni disturbi della personalità tali condotte risultano più evidenti come nel disturbo borderline di personalità e nel disturbo antisociale. Un discontrollo delle condotte che si manifestano come aggressività può verificarsi in presenza di lesioni organiche cerebrali, in particolare del lobo temporale e della regione amigdaloidea. 21 L’abuso di alcolici e sostanze psicotrope abbassa la soglia di controllo dell’aggressività. Il paziente maniacale può facilmente divenire aggressivo se contraddetto o contrastato. Atti aggressivi apparentemente immotivati possono essere messi in atto da pazienti schizofrenici, in relazione alle loro dispercezioni allucinatorie o ai loro deliri. Lo stesso suicidio resta, in ultima analisi, un atto d’aggressività estrema autodiretta, anche se sappiamo che il suicida è un omicida non realizzato per motivazioni etiche. 22 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 4. I disturbi del controllo degli impulsi 23 Il DSM III riconosce come disturbi del controllo degli impulsi: gioco d’azzardo patologico, piromania, cleptomania, tricotillomania, disturbo esplosivo, NAS. Accanto esiste il disturbo esplosivo intermittente ed il disturbo esplosivo isolato. Solo sette anni dopo, nel DSM III–R era eliminato il disturbo esplosivo isolato “per l’elevato rischio d’errore diagnostico correlato ad un singolo episodio di comportamento aggressivo”. (American Psychiatric Association, 1987) Il disturbo esplosivo intermittente è stato mantenuto nonostante fossero emersi “seri dubbi sulla sua validità”. 24 La categoria diagnostica del DSM IV definita come “disturbi del controllo degli impulsi non altrove classificati (NAS)” viene considerata una categoria diagnostica “residua”, anche se nel DSM IV non esiste un’altra aggregazione categoriale di disturbi dell’impulsività. (American Psychiatric Association, 1994) 25 Le caratteristiche essenziali dei disturbi del controllo degli impulsi sono riconosciuti essere: 1. l’incapacità a resistere all’impulso, alla spinta o alla tentazione di eseguire un atto potenzialmente dannoso per sé o per gli altri; 2. il crescente senso di tensione o di attivazione prima di commettere l’atto; 3. un senso di piacere, gratificazione o “release” al momento di commettere l’atto o poco dopo, che interferisce sulla capacità di percepire il pericolo. 26 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 5. Inquadramento diagnostico 27 E’ necessario distinguere nella nosografia la violenza associata a disturbo psichiatrico, dal comportamento violento, come unico elemento presente all’atto dell’osservazione. La classificazione dei soggetti che presentano un comportamento aggressivo-violento episodico ha subito notevoli variazioni nel corso degli anni, in letteratura clinica. Il DSM I descriveva una personalità “aggressivopassiva”, caratterizzata da una persistente reazione alla frustrazione, con irritabilità, scoppi di collera e comportamento distruttivo. (American Psychiatric Association, 1952) 28 Nel 1956 Menninger e Mayman hanno introdotto il termine di discontrollo episodico, suddividendo, successivamente, il disturbi del controllo con aggressività e violenza in tre sottogruppi: 1. comportamenti aggressivi ripetitivi e cronici, tipici della personalità antisociale e borderline (deriva dalla presenza di meccanismi di difesa primitivi-marcatore scissione); 2. violenza impulsiva episodica, frequente nella psicosi traumatica, ma anche nelle sindromi deliranti e nell’ipomania (deriva da deliri o allucinazioni); 3. violenza episodica disorganizzata, più frequente 29 nei soggetti epilettici e/o con lesioni cerebrali. La “personalità esplosiva” del DSM II era caratterizzata da “accessi di collera o di aggressività, verbale o fisica, comportamenti diversi da quelli abituali del paziente” in soggetti generalmente “eccitabili, aggressivi ed eccessivamente responsivi alla pressioni ambientali”. 30 Nel 1970, Mark & Ervin hanno definito una “sindrome da discontrollo” caratterizzata da: 1. storia di aggressioni fisiche soprattutto sulla moglie e sui figli; 2. sintomi di intossicazione patologica; 3. storia di comportamento sessuale impulsivo, con occasionali aggressioni sessuali; 4. storia di ripetute violazioni del codice stradale con gravi incidenti automobilistici. 31 Una disfunzione cerebrale minore poteva essere la causa di un comportamento violento episodico e propose l’introduzione, nella pratica diagnostica, del termine di “discontrollo episodico”, interpretato sul piano etiopatogenetico, come conseguente ad una disfunzione della circuitazione cerebrale limbica. Il termine di “discontrollo episodico” è restato nella terminologia neurologica, nonostante la sua relativa aspecificità diagnostica. (Elliott 1990) 32 Il termine diagnostico di “disturbo esplosivo intermittente” è apparso nella letteratura clinica, per la prima volta, nei criteri diagnostici dell’ICD9-CM. (World Health Organization, 1978) In tale occasione, per la prima volta veniva classificata la violenza episodica come un disturbo separato dai disturbi di personalità. Il disturbo esplosivo intermittente è stato incluso successivamente nel DSM III e nel DSM III R. Questa categoria diagnostica è stata mantenuta malgrado forti perplessità circa l’esistenza di una sindrome clinica autonoma e non sintomatica d’altro disturbo mentale. Nonostante queste riserve il disturbo esplosivo intermittente è stato mantenuto nel DSM IV. 33 Il comportamento violento episodico, in realtà, per lo stesso DSM IV può essere classificato in due diverse categorie diagnostiche: 1. il disturbo esplosivo intermittente; 2. le modificazioni di tipo aggressivo della personalità dovute ad una condizione medica generale. 34 La maggior parte dei soggetti con disturbi del comportamento violento-aggressivi non rispetta i criteri diagnostici per uno dei due disturbi citati, ma è affetta da altri quadri psicopatologici come schizofrenia, mania, abuso di sostanze, delirium, ritardo mentale o patologia mentale organica. (Tardiff, 1992) 35 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 6. Abuso e dipendenza da sostanze 36 L'abuso di sostanze psicotrope si associa, non casualmente, a diversi quadri psicopatologici, che si esprimono spesso in comportamenti violenti auto o eterodiretti. (Manna et al. 1998; 2000; 2001a) Un’indagine epidemiologica condotta negli Stati Uniti d'America su 20.291 soggetti ha evidenziato che circa il 37 % degli alcolisti e circa il 53 % dei tossicodipendenti presenta una comorbidità psichiatrica, che va dalla schizofrenia alla depressione, dai disturbi d'ansia alla personalità antisociale. (Regier et al., 1990) Un considerevole numero di studi sostiene l'associazione tra disturbi di personalità, disturbi dell'umore (soprattutto bipolare) e sviluppo di una tossicodipendenza. (Blatt et al. 1984)37 Secondo alcuni studiosi, l'abuso di sostanze stupefacenti può considerarsi, in alcuni casi, come una sorta d’automedicazione per il controllo di sintomi psichiatrici disturbanti, inclusa l’impulsività e l’aggressività esplosiva. (Vaillant, 1988) Alcuni studi su soggetti dipendenti da sostanze stupefacenti hanno rilevato la presenza di diverse diagnosi psichiatriche in percentuali variabili dal 80% al 93%. (Khantzian & Treece, 1985; Rounsaville et al. 1986) 38 L'uso di sostanze psicotrope può essere causa di disturbi del comportamento violento e/o di malattia mentale, come nel caso delle psicosi indotte da amfetamine o da cocaina. E', quindi, evidente che, se la presenza di un disturbo del controllo degli impulsi può essere un fattore di rischio per la tossicodipendenza è altrettanto ovvio che l'abuso di sostanze psicotrope può alterare l'equilibrio psichico, inducendo quadri francamente patologici, caratterizzati, spesso da grande impulsività e da comportamenti francamente violenti. (Manna et al. 1998; 2000; 2001a) 39 L'uso di sostanze potrebbe essere considerata una forma d’automedicazione, in una sotto-popolazione di soggetti già portatori di disturbo comportamentale, franco o latente, prima dell'uso di sostanze, con effetti di problematico ed instabile compenso clinico, dopo l'uso di sostanze ad effetto sedativo. Al contrario, in soggetti con una specifica vulnerabilità psicobiologica l'uso di determinate sostanze potrebbe slatentizzare disturbi comportamentali, più o meno compensati e non evidenti prima dell'uso di droghe, con effetti disadattivi clamorosi ed esiti, talora, irreversibili. E’ forte la relazione esistente tra disturbi del comportamento con aggressività impulsiva ed uso di sostanze psicotrope. 40 L’ambiente clinico è sicuramente indicato per esaminare i tratti comportamentali costanti ma non per valutare i tratti comportamentali episodici, secondo Gardner e Cowdry (1989). 41 In uno studio su 128 carcerati violenti, Merikangas (1981) ha enucleato tre fattori principali alla base del comportamento aggressivo: 1. il fattore pulsionale (drive), 2. la suscettibilità allo stimolo (soglia), 3. la capacità d’inibizione della risposta (controllo). Alti livelli pulsionali, bassa soglia di reazione e incapacità d’inibire la risposta aggressiva erano tutti fattori associati a più frequenti atti di violenza. Era, talora, evidente una suscettibilità patologica che induceva a rispondere in modo aggressivo anche a minacce minime. 42 Nei pazienti aggressivi frequentemente sono presenti epilessia, anomalie bioelettriche cerebrali e altri segni di danno cerebrale. Simili anomalie sono state evidenziate da Andrulonis et al. (1981) nel loro campione di pazienti affetti da DBP, costituito in prevalenza da giovani maschi, con episodico disturbo del controllo degli impulsi, rappresentato, soprattutto, da aggressività impulsiva. 43 Applicando il suo modello di “information processing” per l’aggressività, Huesman (1988) sostiene l’ipotesi dell’esistenza di stili di comportamento aggressivo (copioni comportamentali) acquisiti nell’infanzia e tendenti a resistere ad ogni cambiamento. La teoria conosciuta come “information processing” ha ricevuto conferme anche sul piano neuro-fisiologico. (Bolino et al., 1993; 1994; Manna 1994) 44 Alcuni soggetti, inoltre, dopo aver subito violenze o dopo esserne stati diretti testimoni, diventano aggressivi e presentano la tendenza ad evocare risposte aggressive negli altri, con atteggiamenti di derisione o di minaccia, difendendosi, così, dalla paura latente evocata dal rapporto sociale e rinforzando, in se stessi, la convinzione acritica che “gli altri sono sempre pericolosi”. (Van der Kolb, 1989) Se non è criticato questo tipo d’apprendimento reiterato può costruire una modalità d’interpretazione delle comunicazioni sociali tendenzialmente persistente, che induce al comportamento aggressivo. (Manna et al., 1999) 45 I soggetti con DBP, soprattutto quelli che hanno subito violenze fisiche o sessuali, tendono a reagire a stimoli sociali neutri, interpretati come potenzialmente pericolosi, con comportamenti aggressivi subitanei volti a prevenire e/o punire atteggiamenti altrui potenzialmente negativi, in una sorta di cortocircuito comportamentale, ispirato ad una sorta di filosofia di vita del tipo “chi aggredisce per primo si salva”. Questo perché il paziente borderline usa meccanismi di difesa primitivi. (Manna et al., 2004) In alcune situazioni, tale modalità di risposta impulsiva ed immediata, acquisita per apprendimento e, probabilmente, condizionata da fattori neurobiologici, può condurre a comportamenti gravemente violenti. Fra i 285 pazienti “borderline” inclusi nello studio P.I.-500, quattro maschi avevano ucciso una o più volte nel periodo di follow-up. (Stone, 1995) 46 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 7. Epidemiologia Dati SPDC Albano Laziale DSM DISTRETTO H2 AUSL ROMA H 47 L’aggressività, l’impulsività, l’incapacità di posporre la gratificazione, la rabbia esplosiva sono tipiche e frequenti nei soggetti con disturbo borderline di personalità e/o con disturbo antisociale di personalità. In uno studio di Mattes (1990) solo 4 pazienti su 51 (circa un 8%) affetti da disturbo esplosivo intermittente non aveva alcun segno di lesione organica cerebrale. Sono stati studiati 842 individui con comportamento violento episodico (APA 1994b). Di questi 842 soggetti con episodi di violenza nella loro anamnesi, solo in 17 casi, dopo accurata revisione clinica, era possibile porre diagnosi di disturbo esplosivo intermittente, 48 secondo i criteri del DSM. Dati S.P.D.C. Albano Laziale Anno 2001 Anno 2002 Anno 2003 Anno 2004 Pazienti transitati 404 409 485 447 Pazienti dimessi 391 399 474 437 P. TSO transitati 92 100 143 123 P. TSO dimessi 88 99 141 119 Giorni degenza TSO 544 598 1045 966 Totale giorni degenza 4121 3996 4134 4098 Degenza media 10,2 9,77 8,5 9,1 Trasferimenti in altro SPDC 51 58 86 54 Tasso di occupazione 93,8% 91,2% 94,4% 93,5% Ricoveri di 1 giorno 26 41 42 39 Maschi 232 201 293 232 Femmine 172 208 192 215 Pazienti transitati in S.P.D.C. divisi per gruppi diagnostici (elevatissima percentuale di disturbi di personalità) Dati S.P.D.C. Albano Laziale Anno 2001 Anno 2002 Anno 2003 Anno 2004 Schizofrenie ICD 295. 143 130 154 135 54 Dist. Deliranti ICD 297. 7 Psicosi/bouffée ICD298. 32 32 2 70 71 13 78 66 18 20 Dist. Nevrotici ICD 300. Dist. Person. ICD 301. 46 92 29 126 0 150 0 166 Altre 30 20 19 42 Gruppi diagnostici numero pazienti numero pazienti numero pazienti numero pazienti Dist. Umore ICD 296. Numero di pazienti aggressivo-violenti all’ingresso in S.P.D.C. (i disturbi nevrotici sono scomparsi) Dati S.P.D.C. Albano Laziale Anno 2001 Anno 2002 Anno 2003 Anno 2004 Schizofrenie ICD 295. 38/143 37/130 46/154 39/135 Dist. Umore ICD 296. 9/54 10/32 18/71 15/66 Dist. Deliranti ICD 297. 3/7 1/2 3/13 4/18 Psicosi/bouffée ICD298. 19/32 27/70 29/78 9/20 Dist. Nevrotici ICD 300. 4/46 2/29 0/0 0/0 Dist. Person. ICD 301. 45/92 46/126 54/150 68/166 Altre 7/30 8/20 7/19 12/42 Gruppi diagnostici n. aggr./ tot. paz. n. aggr./ tot. paz. n. aggr./ tot. paz. n. aggr./ tot. paz. Numero di pazienti aggressivo-violenti all’ingresso in S.P.D.C. 32,37 % 32,88 % 500 450 30,94 % 32,04 % 400 350 300 Pazienti aggressivi Pazienti non aggressivi 250 200 150 100 50 0 2000 2001 2002 2003 52 Numero di pazienti aggressivo-violenti all’ingresso in S.P.D.C. in T.S.O. 58,04 % 160 56,91 % 140 120 57,6 % 53,0 % 100 Pazienti in TSO aggressivi Pazienti in TSO non aggressivi 80 60 40 20 0 2000 2001 2002 2003 53 180 160 140 120 100 80 60 40 20 0 durata nel tempo rn °g o ior no 10 9° gio rn o gio rn o 8° gio rn o 7° 6° gio rn o gio rn o 5° 4° gio rn o gio rn o 3° gio rn o 2000 2001 2002 2003 2° gio 1° numero pazienti Numero di pazienti con comportamento aggressivo-violento esibito all’ingresso in S.P.D.C. e sua durata 54 Numero di pazienti con comportamento aggressivo -violento esibito all’ingresso in S.P.D.C. divisi per sesso 120 numero pazienti 100 80 2000 2001 2002 2003 60 40 20 0 maschi femmine sesso 55 Caratteristiche di 842 pazienti con comportamento violento episodico Condizione clinica Percentuale di pazienti esaminati sul totale (Monroe, 1970 N. pos. su tot. esaminati % Storia di crisi comiziali 87 % 215 / 733 (29 %) Problemi legali 74 % 216 / 621 (35 %) Trauma cranico 73 % 182 / 617 (30 %) Storia di deficit d’attenzione 69 % 262 / 582 (45 %) Uso di droghe 65 % 82 / 547 (15 %) Anomalie neurologiche 64 % 350 / 539 (65 %) Storia di psicosi 62 % 33 / 527 ( 6 %) Personalità antisociale 53 % 15 / 445 ( 3 %) Abuso di alcool 50 % 238 / 417 (57 %) EEG patologico 44 % 202 / 368 (55 %) Storia familiare di violenza 31 % 109 / 264 (41 %) Sintomi psicotici 24 % 77 / 202 (38 %) Altri disturbi di personalità 20 % 39 / 168 (23 %) Test neuropsicol. patologici 20 % 97 / 167 (58 %) Presenza di rimorso 18 % 96 / 153 (63 %) Anomalie genetiche 18 % 4 / 151 ( 3 %) Disabilità all’apprendimento 12 % 38 / 99 (38 %) T. A. C. cerebrale positiva 12 % 16 / 98 (16 %) La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 8. Correlati neurobiologici e terapeutici 57 Numerosi studi hanno evidenziato una relazione tra ridotti livelli liquorali di 5-HIAA ed impulsività nonché tra ridotti livelli liquorali di 5-HIAA e crimini violenti. (Virkunnen et al. 1987, 1989, 1994, 1996) Il trattamento con serotoninergici centrali risulta efficace nel trattamento di questi disturbi. (Mc Elroy et al. 1992, 1996; Manna, 1991b) Resta ancora indefinito il rapporto tra questi disturbi impulsivo-aggressivi ed il tono dell’umore. Correlati significativi sono stati evidenziati con il disturbo ossessivo-compulsivo ma anche con altri aspetti sindromici dei disturbi della sfera affettiva. (Hollander et al. 1996; Swedo et al. 1989;Kafka e Coleman 1991) 58 Molteplici di fattori sono riconosciuti svolgere un ruolo nell’eziopatogenesi di un disturbo del comportamento con aggressività episodica, inclusi aspetti neuro-anatomici, neuro-biologici, neuroendocrini, ma anche condizioni specifiche temperamentali, sociali e di stress. (Eichelman 1992) La definizione di un protocollo terapeutico specifico risulta perciò problematico. Nessun farmaco è approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) americana per il trattamento dell’aggressività. 59 Numerosi trattamenti si sono dimostrati in grado di ridurre o modulare i comportamenti aggressivi nell’uomo tra cui: neurolettici; benzodiazepine; sali di litio; beta-bloccanti (soprattutto propanololo); anticonvulsivanti (soprattutto carbamazepina); SSRI (fluoxetina, sertralina, paroxetina, citalopram); modulatori del tono serotoninergico centrale (trazodone, buspirone, triptofano); antidepressivi tricilici (clomipramina); IMAO; psicostimolanti; psicoterapia a lungo termine. (Eichelman, 1992; Tardiff, 1992; Manna, 2001c) 60 Il trattamento di un paziente che presenta un episodio acuto di violenza, indipendentemente dall’eziologia sottostante, necessita, talora, di contenimento, isolamento e sedazione. L’utilizzo di neurolettici e benzodiazepine, in questa fase del trattamento è solitamente appropriato ed efficace nel controllo dell’episodio acuto di violenza. Più complesso è il trattamento di chi presenta ripetuti episodi d’aggressività accessuale. Non esistendo farmaci “antiaggressività”, riconosciuti come tali, nella farmacopea internazionale, la scelta di uno psicofarmaco deve essere basata maggiormente sulla diagnosi clinica del paziente. 61 La presa in carico dei pazienti aggressivo-violenti in S.P.D.C. 9. Conclusioni 62 Il comportamento aggressivo è un comportamento difensivo, immaturo, finalizzato alla sopravvivenza dell’individuo, controllato da strutture cerebrali filogeneticamente antiche. Ciò nonostante presenta una sua intrinseca complessità declinandosi in diversi aspetti, secondo Valzelli (1981). L’aggressività territoriale, quella competitiva, quella predatoria, quella protettivo-materna, e quella protettivo-difensiva possono assumere connotati differenti sul piano psicocomportamentale e neurobiologico. Nell’ambito di ciascuno di questi aspetti possono essere coinvolte diverse strutture cerebrali, con alcune specificità per un tipo particolare d’aggressività, ma anche con alcune sovrapposizioni neuro-funzionali tra le diverse forme d’aggressività. 63 L’aggressività protettivo-difensiva è presente nello studio dei soggetti con disturbo aggressivoimpulsivo del comportamento. Questa forma d’aggressività è evocata dall’attacco, reale o presunto, di un avversario. In laboratorio si studia dopo aver somministrato stimoli dolorosi o avversivi ad animali da esperimento solitamente ristretti in coppia in un unico ambiente. L’aggressività protettivo-difensiva solitamente si presenta con intensità sproporzionata allo stimolo offensivo (l’accesso di rabbia reattiva del paziente impulsivo), ma, anche, con la tendenza ad aggredire non chi direttamente reca un’offesa, ma spesso solo chi n’esprime un innocuo equivalente simbolico. 64 Nei soggetti borderline gli abusi subiti nell’infanzia potrebbero plasmare nel sistema nervoso una circuitazione paleoarchi-corticale, in costante preallarme, predisposta a reagire sul piano comportamentale, in tempi rapidissimi e con modalità eccessive, a minacce reali o presunte. Le strutture neurologiche correlate funzionalmente a questi pattern d’attivazione e reattività del Sistema Nervoso Centrale (SNC) sono state studiate, negli ultimi decenni, con risultati interessanti sul piano euristico e clinico. 65 E’ compito del terapeuta selezionare opportunamente tra le diverse opzioni terapeutiche quella più corretta per il singolo paziente, che presenta episodi acuti di violenza o cronica difficoltà nel controllare gli impulsi aggressivi. In tal senso, la terapia più efficace va ricercata non tanto nell’applicazione pedissequa di protocolli terapeutici preformati, quanto nella personalizzazione del trattamento, che spesso risulta più efficace se prevede l’integrazione di strumenti terapeutici farmacologici, psicologici e socioassistenziali. (Manna et al. 1998) 66 Interessanti risultati clinici sono verificabili, infatti, con l’utilizzo del trattamento integrato multimodale, anche in questo specifico ambito clinico. (Manna et al. 2001d, 2001e; 2002; Manna 2002) Prospettive interessanti sembrano conseguire ad un’innovativa interpretazione, in senso “disedonico”, dei comportamenti impulsivi e dell’abuso di sostanze. (Manna et al. 2003, Manna et al. 2004) 67