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il controllo dell`ispettorato generale di finanza sulle spese di giustizia

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il controllo dell`ispettorato generale di finanza sulle spese di giustizia
Benedetta Armati
Ispettorato Generale di Finanza
IL CONTROLLO
DELL’ISPETTORATO
GENERALE DI FINANZA
SULLE SPESE DI GIUSTIZIA
I SERVIZI ISPETTIVI DI FINANZA
PUBBLICA: CENNI INTRODUTTIVI
 Nati nel 1939 sono un organo del Ministero
dell’Economia e delle Finanze, incardinati nel
Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato,
Ispettorato Generale di Finanza.
Servizi Ispettivi svolgono un’attività ispettiva
principalmente extragerarchica e interistituzionale.
 L’attività ispettiva extragerarchica, a differenza di
quella gerarchica che trova nella gerarchia la sua
legittimazione, ha bisogno di fondarsi su una norma di
legge.
 Le norme che forniscono la legittimazione all’attività
dei Servizi Ispettivi sono: L’art. 29 della Legge di
contabilità dello Stato (R.D. 18 novembre 1923, n.
2440) e l’art. 3 della l. 27 luglio 1939 n. 1037
I
 In particolare in base all’art. 3 della l. 27 luglio 1939 n. 1037
all’Ispettorato Generale di Finanza è affidato il compito di
verificare:
1) che l’effettuazione delle spese proceda in conformità delle
rispettive leggi e norme di attuazione, nonchè nel modo più
proficuo per lo Stato;
2) che le gestioni dei consegnatari dei fondi e beni dello Stato siano
regolarmente condotte;
3) che abbiano regolare funzionamento i servizi che interessano in
qualsiasi modo, diretto o indiretto, la finanza dello Stato.
 L’oggetto delle verifiche può definirsi in estrema sintesi costituito
dagli atti di gestione finanziaria e patrimoniale compiuti da
organismi pubblici.
 La
norma citata non individua esattamente i
destinatari delle verifiche amministrativo contabili e di
conseguenza per anni si è proceduto alla loro
determinazione in via interpretativa. Solo con
l’emanazione del D.Lgs. n.29/93 si è giunti a una
puntuale definizione dei soggetti destinatari del
controllo.
 Dal combinato disposto dell’art. 1, comma 2, e dell’art.
65, comma 5, del D.Lgs n.29/93 (oggi trasfuso nel D.Lgs
n.165/2001) risultano destinatari delle verifiche dei
Servizi Ispettivi:
-Amministrazioni statali (compresi istituti, scuole e istituzioni educative);
-Aziende ed amministrazioni statali ad ordinamento autonomo;
-Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e loro consorzi ed
associazioni;
-Istituzioni universitarie;
-Istituti Autonomi Case popolari;
-Camere di commercio;
-Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;
-Amministrazioni, aziende ed enti del SSN;
-Enti pubblici economici e aziende che producono servizi di pubblica
utilità;
L
. ’attività dei Servizi Ispettivi è menzionata anche nel D.Lgs
286/99 all’art.2, per quanto riguarda i controlli di regolarità
amministrativa e contabile.
 L’art. 7 della l. 27 luglio 1939 n. 1037 individua
un’altra funzione dei Servizi Ispettivi, di natura
propositiva.
 L’attività ispettiva consente di alimentare l’attività
propositiva in virtù della quale l’Ispettorato Generale
di Finanza è tenuto a suggerire i provvedimenti dai
quali possano derivare economie nella gestione di
bilancio.
ultimi anni, in sintonia con l’evoluzione
generale del sistema dei controlli, quest’ultimo
aspetto ha assunto un importanza sempre
crescente.
 Negli
 La verifica è sempre più valorizzata nel suo aspetto
conoscitivo e finalizzata all’individuazione delle
criticità ricorrenti.
 L’attività ispettiva tende quindi a trasformarsi da
attività generale ad attività mirata, focalizzata sulle
criticità delle gestioni. Si moltiplicano di conseguenza
le indagini conoscitive e le ispezioni tematiche, volte
ad un approfondimento di alcune materie trasversali
a tutte le amministrazioni.
 Le verifiche dei Servizi Ispettivi tendono sempre più
a sposare una metodologia di tipo collaborativo e
non inquisitorio, volta ad individuare i nodi da
sciogliere più ricorrenti al fine di alimentare con i
dati raccolti un’attività di studio delle possibili
soluzioni e la conseguente formulazione di proposte
concrete per la rimozione delle criticità.
 Sempre più spesso il processo sfocia in proposte
normative. Nel caso della giustizia ne sono un
esempio gli artt. 312-318 della l. finanziaria 2005,
elaborati dall’IGF in materia di alienazione dei
veicoli giacenti presso i custodi.
LE VERIFICHE DEI SERVIZI ISPETTIVI
IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA
Metodologia adottata e criticità più
frequentemente riscontrate.
 I controlli dei Servizi Ispettivi sulle spese di giustizia,
si caratterizzano sempre più come controlli mirati
verso quelle che dall’esperienza ispettiva risultano
essere problematiche ricorrenti come:
A) spese per consulenti periti e interpreti;
B) patrocinio a spese dello stato;
C) sequestri giudiziari;
D) recupero crediti di giustizia;
 Il metodo adottato comunemente è quello del
controllo a campione. La selezione del campione
da esaminare è generalmente lasciata alla
discrezionalità dell’ispettore che farà in modo di
scegliere
un
campione
significativo.
Normalmente il campione viene scelto in base
alla tipologia e all’importo.
A) CRITICITA’ IN MATERIA DI INCARICHI DI
CONSULENZA CONFERITI AGLI AUSILIARI
DEI MAGISTRATI
 Titolo VII del D.P.R. n. 115/2002 (Testo unico
delle spese di giustizia)
 Punto di partenza è il decreto di liquidazione e il
relativo sottofascicolo che dovrebbe contenere
tutti
gli
elementi
per
la
valutazione:
provvedimento di incarico con i relativi termini,
eventuali proroghe, data di deposito della
relazione peritale, fatture relative alle spese
rimborsate ecc.
 Le principali disfunzioni riscontrate riguardano:
-Non corretta applicazione dell’istituto delle vacazioni;
- Aumento degli onorari fissi e variabili;
- Liquidazione spese di viaggio;
-Utilizzo di collaboratori da parte degli ausiliari del
Magistrato;
- Tardivo deposito della relazione;
- Mancata applicazione dell’istituto della decadenza;
- Durata dell’incarico;
Non corretta applicazione dell’istituto delle
vacazioni \ 1
Il sistema disegnato dal T.U. e dal D.M. 30.5.2002 prevede
che la forma normale di liquidazione dei compensi si basi su
una determinazione degli onorari in misura fissa o a
percentuale, nelle materie analiticamente indicate dal citato
D.M. e che, solo laddove non sia possibile applicare i criteri
predetti, gli onorari siano commisurati al tempo ritenuto
necessario per lo svolgimento dell’incarico, secondo il criterio
delle vacazioni ai sensi dell’art. 4 della L. 319/80, non
abrogato per effetto dell’entrata in vigore del T.U. 115/2002.
Nei casi in cui, dunque, l’ausiliario del Magistrato abbia reso
prestazioni non previste nelle tabelle, gli onorari sono
commisurati al tempo impiegato e determinati in base alle
vacazioni.
Non corretta applicazione dell’istituto delle
vacazioni / 2
 Il criterio della vacazioni è da ritenersi sussidiario in quanto
più oneroso e più discrezionale. Nel corso delle verifiche
ispettive si è, tuttavia, rilevata una sua applicazione diffusa,
anche in quei casi in cui sarebbero ricorsi i presupposti per
l’applicazione degli onorari a percentuale
 Inoltre l’art. 4, comma 2, della citata L. 319 del 1980,
prevede che il Magistrato non possa liquidare più di quattro
vacazioni al giorno (corrispondenti ad otto ore lavorative) per
ciascun incarico. In sede ispettiva si sono invece rilevate
ipotesi nelle quali, suddividendo il numero delle vacazioni
liquidate per il numero dei giorni utilizzati dall’ausiliario per
l’espletamento dell’incarico, il limite delle 4 vacazioni è stato
superato.
Aumento degli onorari fissi e variabili
 L’art. 51, comma 2, del T.U. citato, prevede che gli
onorari fissi e variabili possano essere aumentati sino al
venti per cento, se il magistrato dichiari l’urgenza
dell’adempimento con decreto motivato (art. 168 T.U.).
 Ancora, l’art. 52 del T.U. prevede che per le prestazioni
di eccezionale importanza, complessità e difficoltà, gli
onorari possano essere aumentati fino al doppio.
 Spesso si è rilevata la mancata indicazione, nel decreto
di liquidazione, di tali ragioni di complessità ed urgenza.
 L’applicazione diffusa delle suddette norme, in carenza
dei necessari presupposti, ha determinato e determina
tuttora un significativo aumento delle spese di giustizia.
Liquidazione delle spese di viaggio
 L’art. 55 del T.U. prevede che per l’indennità di
viaggio spettante agli ausiliari del magistrato, si
applichi il trattamento previsto per i dipendenti statali.
 Normalmente, dunque, il consulente o perito deve
servirsi di mezzi di trasporto pubblici.
 L’utilizzo di mezzi di trasporto straordinari, quali ad
esempio la propria autovettura, può avvenire
soltanto in casi particolari, su richiesta motivata, e
previa autorizzazione del magistrato (art. 55, comma
3, T.U.).
Liquidazione delle spese di viaggio/2
 Nel corso delle verifiche, si è invece rilevato un uso
pressochè generalizzato del mezzo proprio,
laddove il ricorso allo stesso avrebbe dovuto
costituire una eccezione e le relative spese sono
state spesso rimborsate anche in assenza di una
preventiva autorizzazione da parte del Magistrato.
 Per tale rimborso, infine, sono stati talvolta utilizzati
criteri forfettari, in qualche caso commisurati alle
tariffe ACI, laddove la legge di disciplina della
materia per i dipendenti statali (L. 417/78) all’art 8
dispone che “la misura dell’indennità chilometrica è
ragguagliata ad un quinto del prezzo di un litro di
benzina super vigente nel tempo”.
Utilizzo di collaboratori da parte degli
ausiliari del Magistrato/1
 L’art. 56 del T.U. prevede la possibilità per gli ausiliari
di essere autorizzati ad avvalersi di altri prestatori
d’opera.
 La stessa norma specifica che ciò può avvenire solo
per attività strumentali rispetto ai quesiti posti con
l’incarico. Si è invece spesso verificato il caso che gli
ausiliari abbiano delegato a loro collaboratori attività
rientranti nell’oggetto dell’incarico, di cui si è poi
richiesta la liquidazione come spese sostenute
dall’ausiliario nell’avvalersi di propri collaboratori.
 In tal modo, la stessa attività è stata retribuita due
volte, con un aggravio degli oneri a carico dello Stato.
Utilizzo di collaboratori da parte degli
ausiliari del Magistrato/2
 L’art. 56 del T.U. prevede, inoltre, che la spesa per i
collaboratori sia determinata, analogamente a quanto
avviene per gli ausiliari, sulla base delle tabelle di cui
all’art. 50.
 Si sono, di contro, rilevati casi in cui tale rimborso è
avvenuto sulla base di criteri forfettari in contrasto con
la normativa di riferimento.
 Va infine evidenziato come, a volte, sono state
corrisposte ai collaboratori degli ausiliari, ancorchè
non previste dalla normativa (art. 50 D.P.R.
n.115/2002), le maggiorazioni (per la complessità e
l’urgenza dell’incarico) spettanti all’ausiliario del
Magistrato (artt. 51 e 52 D.P.R. n. 115/2002).
Tardivo deposito della relazione
 L’art. 52 prevede che in caso di completamento della
prestazione da parte dell’ausiliario oltre il termine
prescritto (originario o prorogato), per gli onorari a
tempo non si tenga conto del periodo successivo alla
scadenza del termine, mentre gli altri onorari sono
ridotti di un quarto (oggi di un terzo in base alla
L.69/2009). Tali decurtazioni, a volte, non sono
applicate, con conseguente aggravio di spesa.
Mancata applicazione dell’istituto della
decadenza
 L’art. 71, comma 1, del T.U. prevede che le spettanze
degli ausiliari del magistrato (onorari e spese per
l’espletamento dell’incarico), siano corrisposte a
domanda degli interessati.
 Ai sensi del successivo comma 2, la domanda va
presentata, a pena di decadenza, trascorsi cento giorni
dal deposito della relazione relativa all’espletamento
dell’incarico ovvero dalla data dell’udienza in cui
l’ausiliario espone le risultanze dell’attività espletata.
 Tale termine decadenziale, in alcuni casi, non viene
fatto valere.
Durata dell’incarico
 L’art. 227, comma 4, del codice di procedura
penale prevede, in caso di accertamenti di
particolare complessità, una proroga del termine
fissato dal Magistrato.
 La stessa norma, peraltro, indica che in ogni
caso tale termine, comprensivo delle proroghe,
non possa superare i sei mesi.
 Tale limite di legge spesso non viene rispettato.
B) PATROCINIO GRATUITO E DIFESA
D’UFFICIO
 Le principali criticità emerse in sede di verifica ispettiva
riguardano:
- indebite maggiorazioni dell’onorario per patrocinio gratuito.
L’art 130 del T.U. prevede che nel patrocinio a spese dello
Stato in materia civile il compenso del difensore venga ridotto
della metà rispetto ai valori della tariffa forense. E’ invece
frequente che questa decurtazione non venga operata e che il
compenso sia corrisposto per intero; più raramente nel
patrocinio a spese dello Stato in materia penale, vengono
liquidati onorari superiori alla media tariffaria richiamata
dall’art.82 del T.U.
- in materia di liquidazione di onorari corrisposti ai difensori
d’ufficio capita a volte che le richieste dei difensori non
siano corredate da idonea documentazione relativa
all’irreperibilità dei debitori o alla impossibilità di attivare la
procedura di recupero coattivo nei confronti dei debitori stessi
(art.116 T.U.).
C) CRITICITA’ IN MATERIA DI GIACENZA DI
BENI SEQUESTRATI
 Le spese per la custodia e conservazione
delle cose sottoposte a sequestro, insieme
ai compensi degli ausiliari del Magistrato,
rappresentano un punto dolente nell’ambito
delle spese di giustizia.
 Entrambe sono, infatti, caratterizzate da un
trend in crescita che ne consiglia un attento
monitoraggio.
Mancata compilazione del mod. 42
 E’
un’omissione
particolarmente
rilevante,
riscontrata nel corso delle verifiche presso gli uffici
giudiziari; l’annotazione nel registro memoriale,
infatti, è l’unico strumento che consente di tenere
sotto controllo la sorte dei beni sottoposti a
sequestro, evitando il protrarsi della custodia oltre i
tempi necessari.
 La delicatezza del servizio è tale che il Ministero
della Giustizia ha più volte raccomandato la corretta
tenuta del registro in questione, prescrivendo una
verifica almeno semestrale delle pendenze.
Mancata compilazione del mod. 42
/2
 Tale verifica diventa addirittura impossibile, laddove
dei beni sequestrati non si abbia traccia nel registro.
 La mancata annotazione dei beni in sequestro,
quindi, conduce, di solito, ad un’indebita protrazione
della custodia, con incremento delle spese che lo
Stato anticipa.
 Si è talvolta rilevato come il bene in sequestro
presso terzi sia stato annotato non al momento
dell’adozione del relativo provvedimento di
sequestro, ma solo nel momento in cui si provvede a
liquidare al custode la somma di spettanza.
Mancata adozione dei provvedimenti di
destinazione dei beni in sequestro
 Si è talvolta verificato che il magistrato investito della
controversia nell’ambito della quale si è proceduto al
sequestro del bene, con suo affidamento in custodia a
terzi, abbia omesso, una volta emanata la sentenza, di
provvedere in merito alla destinazione del bene
sequestrato.
 Il bene è dunque rimasto presso il custode, che ad un
certo punto ha richiesto il pagamento dell’indennità.
 In queste ipotesi, si determinano rilevanti danni per
l’erario, quantificabili nella maggior somma erogata
dall’ufficio a titolo di rimborso spese e di compenso ai
custodi per il periodo intercorrente tra il passaggio in
giudicato della sentenza e la data di effettiva (tardiva)
cessazione della custodia.
Mancata comunicazione dei provvedimenti
di restituzione
 L’art. 150 del T.U. comma 3 dispone che le spese
di custodia siano a carico dell’avente diritto alla
restituzione per il periodo successivo al trentesimo
giorno decorrente dalla data in cui il medesimo
riceve comunicazione del provvedimento di
restituzione.
 Se dunque, come spesso è avvenuto, i competenti
uffici
non
comunicano
il
provvedimento
all’interessato, non si verifica la traslazione in capo
allo stesso dell’obbligo di pagamento, con
ingiustificato incremento degli oneri a carico
dell’erario.
Mancata applicazione del termine di
prescrizione
 La sentenza della Cassazione penale n. 36878
dell’8.05.2007 prevede l’applicazione del
termine di prescrizione ordinaria decennale di cui
all’art. 2946 c.c. per le indennità dei custodi.
 E’ accaduto, in qualche caso, che in presenza di
beni (soprattutto autovetture) rimaste in
sequestro per un periodo di tempo superiore a
quello decennale, e senza che il custode abbia
compiuto atti interruttivi, l’ufficio abbia liquidato
l’intero
periodo,
senza
tener
conto
dell’intervenuta prescrizione.
Ritardi nell’alienazione dei veicoli in
sequestro/1
 L’art. 1, comma 312, della L. 311/2004 (Finanziaria
per il 2005) ha stabilito che determinati veicoli
giacenti presso i custodi a seguito di sequestro
dell’autorità giudiziaria, che presentino i requisiti
previsti dalla citata normativa, anche se non
confiscati, siano alienati, anche ai fini della
rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare
del deposito.
 Il successivo comma 314 prevede che all’alienazione
proceda una Commissione costituita presso i
Tribunali, secondo modalità stabilite con decreto del
Ministero della Giustizia di concerto con le altre
amministrazioni interessate.
Ritardi nell’alienazione dei veicoli in
sequestro/2
 In applicazione di tali disposizioni è stato emanato il Decreto
Dirigenziale
del
26.9.2005,
rubricato,
appunto,”l’individuazione delle modalità di svolgimento
dell’attività di alienazione e delle attività ad essa funzionali e
connesse dei veicoli giacenti a seguito di provvedimenti di
sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, di cui all’art. 1,
commi da 312 a 320, della L. 30.12.2004, n. 311”.
 In particolare, l’art. 7, comma 1, del decreto, dispone che il
procedimento di alienazione deve concludersi entro il
termine di sei mesi dalla data di invito ai custodi acquirenti.
 Nei fatti, si riscontrano frequenti ritardi nell’espletamento
delle attività della Commissione, con conseguente
incremento degli oneri di custodia a carico dell’erario, anche
in considerazione delle difficoltà di recuperare, dopo lungo
tempo, le somme anticipate per la custodia dei beni nei
confronti del debitore.
Mancata esecuzione dei provvedimenti del
magistrato/1
 Ci si riferisce all’ipotesi in cui, nonostante il
magistrato disponga la confisca del bene, non sia
data esecuzione al provvedimento. Anche in tal
caso si può verificare un’ingiustificata protrazione
della custodia, con il conseguente aggravio di
spese per l’erario. In particolare, quanto ai
provvedimenti di confisca, l’art. 86 delle
disposizioni attuative del codice di procedura
penale dispone che “La cancelleria provvede alla
vendita delle cose di cui è stata ordinata la
confisca, salvo che per esse sia prevista una
specifica destinazione”, ed il ricavato della vendita
viene devoluto al patrimonio dello Stato.
Mancata esecuzione dei provvedimenti del
magistrato/2
 La mancata esecuzione del provvedimento di confisca
produce quindi un duplice danno:
in primis, per via dell’ingiustificata protrazione della custodia
presso terzi;
in secondo luogo, per il fatto che, ove si tratti di beni deperibili
ovvero soggetti ad obsolescenza, l’inutile decorso del tempo
determina un’ovvia diminuzione della somma che si
potrebbe ottenere dalla loro vendita.
 Spesso poi la mancata vendita nei termini riduce il bene in
condizioni tali da doverne poi disporre la distruzione. In tale
ipotesi lo Stato, che avrebbe potuto ottenere un profitto dalla
vendita del bene, si trova costretto invece a pagarne le
spese di rottamazione
Mancata vigilanza sull’attività dei custodia
 Talvolta
dalle fatture dei custodi si evince che le
autovetture vengono custodite in luogo coperto, il che
comporta l’applicazione di tariffe leggermente più elevate.
 Peraltro, solo raramente gli uffici giudiziari provvedono a
verificare se quanto affermato nel documento contabile
corrisponde a verità, anche nei casi in cui l’autovettura
venga restituita in condizioni tali da far dubitare della sua
effettiva custodia in luogo riparato.
 Ed in effetti, spesso, le auto, all’uscita dal luogo di
custodia, vengono restituite in condizioni tali da poterne
ormai disporre solo la rottamazione.
 Per prevenire siffatte situazioni di negligenza da parte dei
custodi, in alcuni distretti giudiziari si è opportunamente
adottata la prassi di allegare al fascicolo processuale una
foto del bene al momento in cui viene affidato al custode.
La gestione delle somme in sequestro
 La legge impedisce che presso le cancellerie dei
Tribunali vengano detenuti valori di qualsiasi
natura.
 Per tale motivo le somme di denaro (ad esempio
quelle sequestrate nell’ambito dei procedimenti
penali), vengono depositate su libretti postali
fruttiferi (fino a poco tempo fa erano infruttiferi).
 E’ talora accaduto che gli uffici giudiziari non
abbiano effettuato un efficace monitoraggio di
queste somme, le quali sono rimaste in giacenza
oltre i termini di legge perchè non richieste dagli
aventi diritto, ovvero confiscate, e dunque da
acquisire all’erario.
D) CRITICITA’ IN MATERIA DI CREDITI DA
RECUPERARE
 Nel corso delle verifiche sono state rilevate
alcune disfunzioni nei procedimenti di recupero,
da parte degli uffici giudiziari, delle spese di
giustizia e delle altre somme per le quali sorge
un diritto in capo allo Stato (ad es.: pene
pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie,
sanzioni pecuniarie processuali e spese di
mantenimento negli istituti di detenzione).
 Le problematiche rilevate nel corso delle verifiche
appaiono riconducibili a due diverse categorie.
Omessa, incompleta o errata compilazione
dei registri
 Rientrano in tale categoria tutti i casi di annotazioni
mancanti, ritardate o semplicemente scorrette.
 Tali inadempienze determinano una difficoltà di
monitoraggio della vicenda processuale, ai fini
specifici del recupero delle somme iscritte.
 Se infatti la legge prescrive che alla quantificazione
delle partite creditorie segua l’iscrizione nel “registro
dei crediti da recuperare e delle successive vicende
del credito” (Mod. 3/A/SG), è evidente che qualsiasi
negligenza, errore o omissione incida sull’effettiva
possibilità di recupero da parte dell’erario, che viene
dunque a subire un danno.
Problematiche relative alla fase di
riscossione/1
 Fino all’ultima riforma del sistema di riscossione, quando
si distinguevano le fasi dell’invito al pagamento e della
comunicazione al concessionario per l’iscrizione al ruolo
si verificavano le seguenti disfunzioni:
 Poteva accadere che l’ufficio preposto inviasse gli atti al
concessionario senza prima sincerarsi attraverso l’invio
dell’avviso di pagamento se il debitore volesse procedere
all’immediato versamento in via bonaria. In tal modo,
oltre a privare lo Stato di un’entrata immediata, si
oberava di lavoro inutile il concessionario della
riscossione.
 Tale disfunzione appare superata con l’accorpamento
delle due fasi in capo al concessionario ad opera degli
artt.227 bis e ter del T.U. come modificati dalla l.6 agosto
2008 n. 133.
Problematiche relative alla fase di
riscossione/2
 Permane invece il problema delle comunicazioni al
concessionario degli articoli da recuperare, che prima
della riforma a volte venivano omesse nonostante
l’esito negativo dell’invito bonario e adesso rischiano di
essere omesse tout court.
 Accade inoltre che, una volta formato il ruolo e
trasmesso lo stesso al concessionario, la vicenda del
credito non venga adeguatamente monitorata.
 Sarebbe invece necessario che l’attività gli uffici
prestassero attenzione al riscontro del corretto
adempimento degli obblighi da parte dei concessionari,
proprio in relazione alle partite per le quali lo stesso non
abbia effettuato il recupero, comunicando l’inesigibilità
e domandandone il discarico.
Problematiche relative alla fase di
riscossione/3
 Ai sensi dell’art. 19, comma 2, del D. Lgs.
112/1999, infatti, il concessionario può perdere il
diritto al discarico in vari casi, mentre è
automaticamente discaricato decorsi tre anni
dalla comunicazione di inesigibilità totale o
parziale.
 E’ evidente, pertanto, l’importanza del controllo
di merito sull’operato del concessionario, in
particolare per verificare se ricorrano le ipotesi di
perdita del diritto al discarico previste dall’art. 19.
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