il controllo dell`ispettorato generale di finanza sulle spese di giustizia
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il controllo dell`ispettorato generale di finanza sulle spese di giustizia
Benedetta Armati Ispettorato Generale di Finanza IL CONTROLLO DELL’ISPETTORATO GENERALE DI FINANZA SULLE SPESE DI GIUSTIZIA I SERVIZI ISPETTIVI DI FINANZA PUBBLICA: CENNI INTRODUTTIVI Nati nel 1939 sono un organo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, incardinati nel Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato Generale di Finanza. Servizi Ispettivi svolgono un’attività ispettiva principalmente extragerarchica e interistituzionale. L’attività ispettiva extragerarchica, a differenza di quella gerarchica che trova nella gerarchia la sua legittimazione, ha bisogno di fondarsi su una norma di legge. Le norme che forniscono la legittimazione all’attività dei Servizi Ispettivi sono: L’art. 29 della Legge di contabilità dello Stato (R.D. 18 novembre 1923, n. 2440) e l’art. 3 della l. 27 luglio 1939 n. 1037 I In particolare in base all’art. 3 della l. 27 luglio 1939 n. 1037 all’Ispettorato Generale di Finanza è affidato il compito di verificare: 1) che l’effettuazione delle spese proceda in conformità delle rispettive leggi e norme di attuazione, nonchè nel modo più proficuo per lo Stato; 2) che le gestioni dei consegnatari dei fondi e beni dello Stato siano regolarmente condotte; 3) che abbiano regolare funzionamento i servizi che interessano in qualsiasi modo, diretto o indiretto, la finanza dello Stato. L’oggetto delle verifiche può definirsi in estrema sintesi costituito dagli atti di gestione finanziaria e patrimoniale compiuti da organismi pubblici. La norma citata non individua esattamente i destinatari delle verifiche amministrativo contabili e di conseguenza per anni si è proceduto alla loro determinazione in via interpretativa. Solo con l’emanazione del D.Lgs. n.29/93 si è giunti a una puntuale definizione dei soggetti destinatari del controllo. Dal combinato disposto dell’art. 1, comma 2, e dell’art. 65, comma 5, del D.Lgs n.29/93 (oggi trasfuso nel D.Lgs n.165/2001) risultano destinatari delle verifiche dei Servizi Ispettivi: -Amministrazioni statali (compresi istituti, scuole e istituzioni educative); -Aziende ed amministrazioni statali ad ordinamento autonomo; -Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e loro consorzi ed associazioni; -Istituzioni universitarie; -Istituti Autonomi Case popolari; -Camere di commercio; -Enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali; -Amministrazioni, aziende ed enti del SSN; -Enti pubblici economici e aziende che producono servizi di pubblica utilità; L . ’attività dei Servizi Ispettivi è menzionata anche nel D.Lgs 286/99 all’art.2, per quanto riguarda i controlli di regolarità amministrativa e contabile. L’art. 7 della l. 27 luglio 1939 n. 1037 individua un’altra funzione dei Servizi Ispettivi, di natura propositiva. L’attività ispettiva consente di alimentare l’attività propositiva in virtù della quale l’Ispettorato Generale di Finanza è tenuto a suggerire i provvedimenti dai quali possano derivare economie nella gestione di bilancio. ultimi anni, in sintonia con l’evoluzione generale del sistema dei controlli, quest’ultimo aspetto ha assunto un importanza sempre crescente. Negli La verifica è sempre più valorizzata nel suo aspetto conoscitivo e finalizzata all’individuazione delle criticità ricorrenti. L’attività ispettiva tende quindi a trasformarsi da attività generale ad attività mirata, focalizzata sulle criticità delle gestioni. Si moltiplicano di conseguenza le indagini conoscitive e le ispezioni tematiche, volte ad un approfondimento di alcune materie trasversali a tutte le amministrazioni. Le verifiche dei Servizi Ispettivi tendono sempre più a sposare una metodologia di tipo collaborativo e non inquisitorio, volta ad individuare i nodi da sciogliere più ricorrenti al fine di alimentare con i dati raccolti un’attività di studio delle possibili soluzioni e la conseguente formulazione di proposte concrete per la rimozione delle criticità. Sempre più spesso il processo sfocia in proposte normative. Nel caso della giustizia ne sono un esempio gli artt. 312-318 della l. finanziaria 2005, elaborati dall’IGF in materia di alienazione dei veicoli giacenti presso i custodi. LE VERIFICHE DEI SERVIZI ISPETTIVI IN MATERIA DI SPESE DI GIUSTIZIA Metodologia adottata e criticità più frequentemente riscontrate. I controlli dei Servizi Ispettivi sulle spese di giustizia, si caratterizzano sempre più come controlli mirati verso quelle che dall’esperienza ispettiva risultano essere problematiche ricorrenti come: A) spese per consulenti periti e interpreti; B) patrocinio a spese dello stato; C) sequestri giudiziari; D) recupero crediti di giustizia; Il metodo adottato comunemente è quello del controllo a campione. La selezione del campione da esaminare è generalmente lasciata alla discrezionalità dell’ispettore che farà in modo di scegliere un campione significativo. Normalmente il campione viene scelto in base alla tipologia e all’importo. A) CRITICITA’ IN MATERIA DI INCARICHI DI CONSULENZA CONFERITI AGLI AUSILIARI DEI MAGISTRATI Titolo VII del D.P.R. n. 115/2002 (Testo unico delle spese di giustizia) Punto di partenza è il decreto di liquidazione e il relativo sottofascicolo che dovrebbe contenere tutti gli elementi per la valutazione: provvedimento di incarico con i relativi termini, eventuali proroghe, data di deposito della relazione peritale, fatture relative alle spese rimborsate ecc. Le principali disfunzioni riscontrate riguardano: -Non corretta applicazione dell’istituto delle vacazioni; - Aumento degli onorari fissi e variabili; - Liquidazione spese di viaggio; -Utilizzo di collaboratori da parte degli ausiliari del Magistrato; - Tardivo deposito della relazione; - Mancata applicazione dell’istituto della decadenza; - Durata dell’incarico; Non corretta applicazione dell’istituto delle vacazioni \ 1 Il sistema disegnato dal T.U. e dal D.M. 30.5.2002 prevede che la forma normale di liquidazione dei compensi si basi su una determinazione degli onorari in misura fissa o a percentuale, nelle materie analiticamente indicate dal citato D.M. e che, solo laddove non sia possibile applicare i criteri predetti, gli onorari siano commisurati al tempo ritenuto necessario per lo svolgimento dell’incarico, secondo il criterio delle vacazioni ai sensi dell’art. 4 della L. 319/80, non abrogato per effetto dell’entrata in vigore del T.U. 115/2002. Nei casi in cui, dunque, l’ausiliario del Magistrato abbia reso prestazioni non previste nelle tabelle, gli onorari sono commisurati al tempo impiegato e determinati in base alle vacazioni. Non corretta applicazione dell’istituto delle vacazioni / 2 Il criterio della vacazioni è da ritenersi sussidiario in quanto più oneroso e più discrezionale. Nel corso delle verifiche ispettive si è, tuttavia, rilevata una sua applicazione diffusa, anche in quei casi in cui sarebbero ricorsi i presupposti per l’applicazione degli onorari a percentuale Inoltre l’art. 4, comma 2, della citata L. 319 del 1980, prevede che il Magistrato non possa liquidare più di quattro vacazioni al giorno (corrispondenti ad otto ore lavorative) per ciascun incarico. In sede ispettiva si sono invece rilevate ipotesi nelle quali, suddividendo il numero delle vacazioni liquidate per il numero dei giorni utilizzati dall’ausiliario per l’espletamento dell’incarico, il limite delle 4 vacazioni è stato superato. Aumento degli onorari fissi e variabili L’art. 51, comma 2, del T.U. citato, prevede che gli onorari fissi e variabili possano essere aumentati sino al venti per cento, se il magistrato dichiari l’urgenza dell’adempimento con decreto motivato (art. 168 T.U.). Ancora, l’art. 52 del T.U. prevede che per le prestazioni di eccezionale importanza, complessità e difficoltà, gli onorari possano essere aumentati fino al doppio. Spesso si è rilevata la mancata indicazione, nel decreto di liquidazione, di tali ragioni di complessità ed urgenza. L’applicazione diffusa delle suddette norme, in carenza dei necessari presupposti, ha determinato e determina tuttora un significativo aumento delle spese di giustizia. Liquidazione delle spese di viaggio L’art. 55 del T.U. prevede che per l’indennità di viaggio spettante agli ausiliari del magistrato, si applichi il trattamento previsto per i dipendenti statali. Normalmente, dunque, il consulente o perito deve servirsi di mezzi di trasporto pubblici. L’utilizzo di mezzi di trasporto straordinari, quali ad esempio la propria autovettura, può avvenire soltanto in casi particolari, su richiesta motivata, e previa autorizzazione del magistrato (art. 55, comma 3, T.U.). Liquidazione delle spese di viaggio/2 Nel corso delle verifiche, si è invece rilevato un uso pressochè generalizzato del mezzo proprio, laddove il ricorso allo stesso avrebbe dovuto costituire una eccezione e le relative spese sono state spesso rimborsate anche in assenza di una preventiva autorizzazione da parte del Magistrato. Per tale rimborso, infine, sono stati talvolta utilizzati criteri forfettari, in qualche caso commisurati alle tariffe ACI, laddove la legge di disciplina della materia per i dipendenti statali (L. 417/78) all’art 8 dispone che “la misura dell’indennità chilometrica è ragguagliata ad un quinto del prezzo di un litro di benzina super vigente nel tempo”. Utilizzo di collaboratori da parte degli ausiliari del Magistrato/1 L’art. 56 del T.U. prevede la possibilità per gli ausiliari di essere autorizzati ad avvalersi di altri prestatori d’opera. La stessa norma specifica che ciò può avvenire solo per attività strumentali rispetto ai quesiti posti con l’incarico. Si è invece spesso verificato il caso che gli ausiliari abbiano delegato a loro collaboratori attività rientranti nell’oggetto dell’incarico, di cui si è poi richiesta la liquidazione come spese sostenute dall’ausiliario nell’avvalersi di propri collaboratori. In tal modo, la stessa attività è stata retribuita due volte, con un aggravio degli oneri a carico dello Stato. Utilizzo di collaboratori da parte degli ausiliari del Magistrato/2 L’art. 56 del T.U. prevede, inoltre, che la spesa per i collaboratori sia determinata, analogamente a quanto avviene per gli ausiliari, sulla base delle tabelle di cui all’art. 50. Si sono, di contro, rilevati casi in cui tale rimborso è avvenuto sulla base di criteri forfettari in contrasto con la normativa di riferimento. Va infine evidenziato come, a volte, sono state corrisposte ai collaboratori degli ausiliari, ancorchè non previste dalla normativa (art. 50 D.P.R. n.115/2002), le maggiorazioni (per la complessità e l’urgenza dell’incarico) spettanti all’ausiliario del Magistrato (artt. 51 e 52 D.P.R. n. 115/2002). Tardivo deposito della relazione L’art. 52 prevede che in caso di completamento della prestazione da parte dell’ausiliario oltre il termine prescritto (originario o prorogato), per gli onorari a tempo non si tenga conto del periodo successivo alla scadenza del termine, mentre gli altri onorari sono ridotti di un quarto (oggi di un terzo in base alla L.69/2009). Tali decurtazioni, a volte, non sono applicate, con conseguente aggravio di spesa. Mancata applicazione dell’istituto della decadenza L’art. 71, comma 1, del T.U. prevede che le spettanze degli ausiliari del magistrato (onorari e spese per l’espletamento dell’incarico), siano corrisposte a domanda degli interessati. Ai sensi del successivo comma 2, la domanda va presentata, a pena di decadenza, trascorsi cento giorni dal deposito della relazione relativa all’espletamento dell’incarico ovvero dalla data dell’udienza in cui l’ausiliario espone le risultanze dell’attività espletata. Tale termine decadenziale, in alcuni casi, non viene fatto valere. Durata dell’incarico L’art. 227, comma 4, del codice di procedura penale prevede, in caso di accertamenti di particolare complessità, una proroga del termine fissato dal Magistrato. La stessa norma, peraltro, indica che in ogni caso tale termine, comprensivo delle proroghe, non possa superare i sei mesi. Tale limite di legge spesso non viene rispettato. B) PATROCINIO GRATUITO E DIFESA D’UFFICIO Le principali criticità emerse in sede di verifica ispettiva riguardano: - indebite maggiorazioni dell’onorario per patrocinio gratuito. L’art 130 del T.U. prevede che nel patrocinio a spese dello Stato in materia civile il compenso del difensore venga ridotto della metà rispetto ai valori della tariffa forense. E’ invece frequente che questa decurtazione non venga operata e che il compenso sia corrisposto per intero; più raramente nel patrocinio a spese dello Stato in materia penale, vengono liquidati onorari superiori alla media tariffaria richiamata dall’art.82 del T.U. - in materia di liquidazione di onorari corrisposti ai difensori d’ufficio capita a volte che le richieste dei difensori non siano corredate da idonea documentazione relativa all’irreperibilità dei debitori o alla impossibilità di attivare la procedura di recupero coattivo nei confronti dei debitori stessi (art.116 T.U.). C) CRITICITA’ IN MATERIA DI GIACENZA DI BENI SEQUESTRATI Le spese per la custodia e conservazione delle cose sottoposte a sequestro, insieme ai compensi degli ausiliari del Magistrato, rappresentano un punto dolente nell’ambito delle spese di giustizia. Entrambe sono, infatti, caratterizzate da un trend in crescita che ne consiglia un attento monitoraggio. Mancata compilazione del mod. 42 E’ un’omissione particolarmente rilevante, riscontrata nel corso delle verifiche presso gli uffici giudiziari; l’annotazione nel registro memoriale, infatti, è l’unico strumento che consente di tenere sotto controllo la sorte dei beni sottoposti a sequestro, evitando il protrarsi della custodia oltre i tempi necessari. La delicatezza del servizio è tale che il Ministero della Giustizia ha più volte raccomandato la corretta tenuta del registro in questione, prescrivendo una verifica almeno semestrale delle pendenze. Mancata compilazione del mod. 42 /2 Tale verifica diventa addirittura impossibile, laddove dei beni sequestrati non si abbia traccia nel registro. La mancata annotazione dei beni in sequestro, quindi, conduce, di solito, ad un’indebita protrazione della custodia, con incremento delle spese che lo Stato anticipa. Si è talvolta rilevato come il bene in sequestro presso terzi sia stato annotato non al momento dell’adozione del relativo provvedimento di sequestro, ma solo nel momento in cui si provvede a liquidare al custode la somma di spettanza. Mancata adozione dei provvedimenti di destinazione dei beni in sequestro Si è talvolta verificato che il magistrato investito della controversia nell’ambito della quale si è proceduto al sequestro del bene, con suo affidamento in custodia a terzi, abbia omesso, una volta emanata la sentenza, di provvedere in merito alla destinazione del bene sequestrato. Il bene è dunque rimasto presso il custode, che ad un certo punto ha richiesto il pagamento dell’indennità. In queste ipotesi, si determinano rilevanti danni per l’erario, quantificabili nella maggior somma erogata dall’ufficio a titolo di rimborso spese e di compenso ai custodi per il periodo intercorrente tra il passaggio in giudicato della sentenza e la data di effettiva (tardiva) cessazione della custodia. Mancata comunicazione dei provvedimenti di restituzione L’art. 150 del T.U. comma 3 dispone che le spese di custodia siano a carico dell’avente diritto alla restituzione per il periodo successivo al trentesimo giorno decorrente dalla data in cui il medesimo riceve comunicazione del provvedimento di restituzione. Se dunque, come spesso è avvenuto, i competenti uffici non comunicano il provvedimento all’interessato, non si verifica la traslazione in capo allo stesso dell’obbligo di pagamento, con ingiustificato incremento degli oneri a carico dell’erario. Mancata applicazione del termine di prescrizione La sentenza della Cassazione penale n. 36878 dell’8.05.2007 prevede l’applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c. per le indennità dei custodi. E’ accaduto, in qualche caso, che in presenza di beni (soprattutto autovetture) rimaste in sequestro per un periodo di tempo superiore a quello decennale, e senza che il custode abbia compiuto atti interruttivi, l’ufficio abbia liquidato l’intero periodo, senza tener conto dell’intervenuta prescrizione. Ritardi nell’alienazione dei veicoli in sequestro/1 L’art. 1, comma 312, della L. 311/2004 (Finanziaria per il 2005) ha stabilito che determinati veicoli giacenti presso i custodi a seguito di sequestro dell’autorità giudiziaria, che presentino i requisiti previsti dalla citata normativa, anche se non confiscati, siano alienati, anche ai fini della rottamazione, mediante cessione al soggetto titolare del deposito. Il successivo comma 314 prevede che all’alienazione proceda una Commissione costituita presso i Tribunali, secondo modalità stabilite con decreto del Ministero della Giustizia di concerto con le altre amministrazioni interessate. Ritardi nell’alienazione dei veicoli in sequestro/2 In applicazione di tali disposizioni è stato emanato il Decreto Dirigenziale del 26.9.2005, rubricato, appunto,”l’individuazione delle modalità di svolgimento dell’attività di alienazione e delle attività ad essa funzionali e connesse dei veicoli giacenti a seguito di provvedimenti di sequestro da parte dell’autorità giudiziaria, di cui all’art. 1, commi da 312 a 320, della L. 30.12.2004, n. 311”. In particolare, l’art. 7, comma 1, del decreto, dispone che il procedimento di alienazione deve concludersi entro il termine di sei mesi dalla data di invito ai custodi acquirenti. Nei fatti, si riscontrano frequenti ritardi nell’espletamento delle attività della Commissione, con conseguente incremento degli oneri di custodia a carico dell’erario, anche in considerazione delle difficoltà di recuperare, dopo lungo tempo, le somme anticipate per la custodia dei beni nei confronti del debitore. Mancata esecuzione dei provvedimenti del magistrato/1 Ci si riferisce all’ipotesi in cui, nonostante il magistrato disponga la confisca del bene, non sia data esecuzione al provvedimento. Anche in tal caso si può verificare un’ingiustificata protrazione della custodia, con il conseguente aggravio di spese per l’erario. In particolare, quanto ai provvedimenti di confisca, l’art. 86 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale dispone che “La cancelleria provvede alla vendita delle cose di cui è stata ordinata la confisca, salvo che per esse sia prevista una specifica destinazione”, ed il ricavato della vendita viene devoluto al patrimonio dello Stato. Mancata esecuzione dei provvedimenti del magistrato/2 La mancata esecuzione del provvedimento di confisca produce quindi un duplice danno: in primis, per via dell’ingiustificata protrazione della custodia presso terzi; in secondo luogo, per il fatto che, ove si tratti di beni deperibili ovvero soggetti ad obsolescenza, l’inutile decorso del tempo determina un’ovvia diminuzione della somma che si potrebbe ottenere dalla loro vendita. Spesso poi la mancata vendita nei termini riduce il bene in condizioni tali da doverne poi disporre la distruzione. In tale ipotesi lo Stato, che avrebbe potuto ottenere un profitto dalla vendita del bene, si trova costretto invece a pagarne le spese di rottamazione Mancata vigilanza sull’attività dei custodia Talvolta dalle fatture dei custodi si evince che le autovetture vengono custodite in luogo coperto, il che comporta l’applicazione di tariffe leggermente più elevate. Peraltro, solo raramente gli uffici giudiziari provvedono a verificare se quanto affermato nel documento contabile corrisponde a verità, anche nei casi in cui l’autovettura venga restituita in condizioni tali da far dubitare della sua effettiva custodia in luogo riparato. Ed in effetti, spesso, le auto, all’uscita dal luogo di custodia, vengono restituite in condizioni tali da poterne ormai disporre solo la rottamazione. Per prevenire siffatte situazioni di negligenza da parte dei custodi, in alcuni distretti giudiziari si è opportunamente adottata la prassi di allegare al fascicolo processuale una foto del bene al momento in cui viene affidato al custode. La gestione delle somme in sequestro La legge impedisce che presso le cancellerie dei Tribunali vengano detenuti valori di qualsiasi natura. Per tale motivo le somme di denaro (ad esempio quelle sequestrate nell’ambito dei procedimenti penali), vengono depositate su libretti postali fruttiferi (fino a poco tempo fa erano infruttiferi). E’ talora accaduto che gli uffici giudiziari non abbiano effettuato un efficace monitoraggio di queste somme, le quali sono rimaste in giacenza oltre i termini di legge perchè non richieste dagli aventi diritto, ovvero confiscate, e dunque da acquisire all’erario. D) CRITICITA’ IN MATERIA DI CREDITI DA RECUPERARE Nel corso delle verifiche sono state rilevate alcune disfunzioni nei procedimenti di recupero, da parte degli uffici giudiziari, delle spese di giustizia e delle altre somme per le quali sorge un diritto in capo allo Stato (ad es.: pene pecuniarie, sanzioni amministrative pecuniarie, sanzioni pecuniarie processuali e spese di mantenimento negli istituti di detenzione). Le problematiche rilevate nel corso delle verifiche appaiono riconducibili a due diverse categorie. Omessa, incompleta o errata compilazione dei registri Rientrano in tale categoria tutti i casi di annotazioni mancanti, ritardate o semplicemente scorrette. Tali inadempienze determinano una difficoltà di monitoraggio della vicenda processuale, ai fini specifici del recupero delle somme iscritte. Se infatti la legge prescrive che alla quantificazione delle partite creditorie segua l’iscrizione nel “registro dei crediti da recuperare e delle successive vicende del credito” (Mod. 3/A/SG), è evidente che qualsiasi negligenza, errore o omissione incida sull’effettiva possibilità di recupero da parte dell’erario, che viene dunque a subire un danno. Problematiche relative alla fase di riscossione/1 Fino all’ultima riforma del sistema di riscossione, quando si distinguevano le fasi dell’invito al pagamento e della comunicazione al concessionario per l’iscrizione al ruolo si verificavano le seguenti disfunzioni: Poteva accadere che l’ufficio preposto inviasse gli atti al concessionario senza prima sincerarsi attraverso l’invio dell’avviso di pagamento se il debitore volesse procedere all’immediato versamento in via bonaria. In tal modo, oltre a privare lo Stato di un’entrata immediata, si oberava di lavoro inutile il concessionario della riscossione. Tale disfunzione appare superata con l’accorpamento delle due fasi in capo al concessionario ad opera degli artt.227 bis e ter del T.U. come modificati dalla l.6 agosto 2008 n. 133. Problematiche relative alla fase di riscossione/2 Permane invece il problema delle comunicazioni al concessionario degli articoli da recuperare, che prima della riforma a volte venivano omesse nonostante l’esito negativo dell’invito bonario e adesso rischiano di essere omesse tout court. Accade inoltre che, una volta formato il ruolo e trasmesso lo stesso al concessionario, la vicenda del credito non venga adeguatamente monitorata. Sarebbe invece necessario che l’attività gli uffici prestassero attenzione al riscontro del corretto adempimento degli obblighi da parte dei concessionari, proprio in relazione alle partite per le quali lo stesso non abbia effettuato il recupero, comunicando l’inesigibilità e domandandone il discarico. Problematiche relative alla fase di riscossione/3 Ai sensi dell’art. 19, comma 2, del D. Lgs. 112/1999, infatti, il concessionario può perdere il diritto al discarico in vari casi, mentre è automaticamente discaricato decorsi tre anni dalla comunicazione di inesigibilità totale o parziale. E’ evidente, pertanto, l’importanza del controllo di merito sull’operato del concessionario, in particolare per verificare se ricorrano le ipotesi di perdita del diritto al discarico previste dall’art. 19.