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Diapositiva 1 - Ordine Avvocati Alessandria
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. Il rito è obbligatorio e non facoltativo La fase sommaria può essere rinunciata? Chi decide il rito? Tra rito e merito Accessibilità al rito da parte del datore di lavoro? Domande non rientranti nel campo d’applicazione della legge Domande riguardanti il contratto a termine illegittimo (subordinato o finto autonomo) Casi controversi Compatibilità con la procedura ex art. 700 cpc La fase sommaria (non cautelare) Carenza di preclusioni per deduzioni istruttorie ed allegazioni Termini non perentori Domande connesse ammissibili (in via principale ed in via riconvenzionale) nella fase sommaria La riconvenzionale in fase di opposizione Le altre domande diverse (da quelle ammissibili) nella fase di opposizione Il giudizio di opposizione La sentenza L’opzione Identità giudice Risulta lucidamente definita “come principio così generale, che non ha d’uopo d’esser formulato in alcun luogo” “il processo deve dare, per quanto é possibile praticamente, a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello ch'egli ha diritto di conseguire”. Giuseppe Chiovenda Dell’azione di diritto processuale civile, Dell’azione nascente dal contratto preliminare, in Rivista di diritto commerciale del 1911. T. Piacenza 16.1.2013 T. Genova 9.1.2013 T. Terni 10.12.2012 T. Arezzo, 22.11.2012 T. Roma 13.2.2013 Tribunale Firenze, direttive 17.10.2012 T. Taranto, 30.11.2012 Dato normativo: <La domanda avente ad oggetto l'impugnativa del licenziamento di cui al comma 47 si propone con ricorso al tribunale> Non vale quindi quanto affermato per l’art. 28 st. lav.: <Ma tale scelta non è esclusiva nè obbligatoria. E' consolidata e convergente la giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di cassazione per cui la procedura ex art. 28 st. lav. costituisce una forma particolarmente rapida ed informale di tutela di diritti che possono, però, essere tutelati nelle forme e con le regole del rito del lavoro ordinario> (Cass. 15.11.2012, n. 20091). T. Piacenza 16.1.2013 T. Genova 9.1.2013 T. Terni 10.12.2012 T. Arezzo, 22.11.2012 T. Roma 13.2.2013 Il rito è dettato nell’interesse di entrambe le parti della causa, alla celerità del giudizio; e non già nell’interesse dell’uno o dell’altro soggetto. T. Taranto, 30.11.2012 Ha interesse il datore ed ha interesse il lavoratore (il quale ad es. in un licenziamento ex art 18 con tutela solo risarcitoria subisce oggi il rischio del tempo del processo). Tribunale Firenze, direttive 17.10.2012 T. Piacenza 16.1.2013 T. Roma 13.2.2013 <Tale conclusione infatti non solo non lede alcun diritto delle parti ma nemmeno lede alcun diritto, superiore alle parti tutelato dall'ordinamento poiché: 1) appaiono rispettate comunque le regole di competenza per materia e per territorio; 2) si perviene, rispettando comunque rigorosamente le cadenze processuali previste dal rito ed in sintonia con la ratio sottesa alla nuova disciplina, in tempi più ridotti ad una sentenza che definisce il primo grado>. il rito è scelto sempre dal giudice in base alla domanda; vale sì il principio della prospettazione, ma non il principio dell’intestazione del ricorso; il giudice deve decidere sul rito qualificando la domanda, ab initio, così come prospettata dall’attore in base al petitum ed alla causa petendi (Cass. 46642/97; Cass. 11415/2007) sono <la prospettazione della domanda e del bene finale richiesto ad orientare il giudice nella valutazione della competenza ed anche del rito utilizzabile, con l'unico limite , con riguardo a quest'ultimo, della pretestuosità ed artificiosità diretta ad alterare l'effettiva situazione dei fatti e della domanda azionata> (Tribunale Roma 21.2.2013; T. Napoli 16.10.2012) la parte propone la domanda, il giudice la qualifica (secondo la legge) e decide il rito; ciò che emerge dopo la qualificazione della domanda (esempio, azienda con meno di 15 dipendenti) attiene al merito a.- se il ricorso contro un licenziamento ex art. 18 è qualificato ricorso ex art. 414 il giudice lo tratta ai sensi della Fornero b.- Se un ricorso qualificato Fornero tratta domande diverse da quelle esplicitamente ammesse (riguardanti licenziamenti ex art. 18 o qualificazioni di rapporto preliminari al licenziamenti o fondate sugli stessi fatti costitutivi), oppure soltanto la tutela obbligatoria, il giudice lo tratta come rito ex art. 414 cpc. Se la cosa sfugge al giudice al momento di fissare l’udienza può sempre disporre il mutamento del rito, alla prima udienza, perché il rito si decide ab initio. il rito rimane cristallizato secondo la prospettazione iniziale astratta e non muta secundum eventum litis. c.- Nell’ipotesi in cui nella causa proposta come impugnativa di un licenziamento ex art. 18 risulta che il licenziamento rientri nella tutela obbligatoria, cosa fare? 1) mutare il rito (solo se allo stato degli atti, senza istruttoria e alla prima udienza, Tribunale Reggio Calabria 19.11.2012, Tribunale Bari, 19.6.2013) 2) dichiarare inammissibile la domanda di tutela obbligatoria Tribunale Reggio Emilia, 28.12.2012 Tribunale Gela 9.1.2013 Tribunale Treviso 8.5.2013 3) respingere la domanda di tutela reale ed accogliere la domanda di tutela obbligatoria Tribunale Palermo 24.12.2012 Tribunale Ravenna 10.1.2013 3.1. OCCORRE LA SUBORDINATA? 3.2. OCCORRE LA MODIFICA DELLE CONCLUSIONI? Non è ravvisabile mutamento della "causa petendi" nella ipotesi in cui il dipendente licenziato che impugni il relativo provvedimento, deducendone la illegittimità per mancanza di giustificato motivo, proponga con ricorso introduttivo domanda di tutela reale, mentre, in sede di precisazione delle conclusioni, richieda quella obbligatoria, in quanto, in detta ipotesi, il mutamento riguarda solo gli effetti ricollegabili alla tutela richiesta da ultimo, che sono compresi in quelli cui dà luogo la tutela originariamente invocata. (Cass. 14486/2001) 3.3. VA SEMPRE CONCESSA, ANCHE SENZA DOMANDA? Chi si rivolge al giudice ed impugna un licenziamento ex art. 18 chiede implicitamente anche la tutela economica debole, perché nel più ci sta sempre il meno; la stessa tutela ex art. 18 è strutturata come ipotesi di tutela obbligatoria, mentre quella reintegratoria rimane una tutela speciale, riservata a casi specificamente contemplati. La domanda sulla tutela obbligatoria è in ogni caso domanda fondata sui medesimi fatti costitutivi e quindi, sicuramente, se proposta insieme ad una domanda che riguardi l’art. 18, rientra espressamente nel rito Fornero (l’elemento dimensionale è solamente fatto impeditivo del diritto soggettivo del lavoratore a riprendere l'attività: Cass. Sez. un. 141/2006) chi prospetta una tutela reale e poi ottiene una tutela obbligatoria non sbaglia il rito, ma ha torto (eventualmente, solo parzialmente) nel merito. Assurdo e defatigante, dopo l’istruttoria, disporre il mutamento del rito ed effettuare un nuovo giudizio sui presupposti sostanziali del licenziamento ai fini della tutela obbligatoria; il giudice nel non concedere la tutela reale giudica nel merito ed il controllo sul merito è assicurato dall’opposizione (anche perché il giudice potrebbe aver sbagliato a conteggiare i lavoratori). Dichiarare l’inammissibilità della domanda potrebbe portare pure a conseguenze aberranti per via della decadenza dall’azione, ove sia trascorso il termine di 180 giorni per l’impugnazione giudiziale con il rito ordinario; né la decadenza è interrotta dal primo ricorso. Il rito speciale si applica quale che sia la tutela avverso il licenziamento chiesta dal lavoratore (e dunque anche nel caso di mera tutela indennitaria), restando consentita naturalmente la valutazione incidentale di questioni rilevanti per la tutela domandata, quale ad esempio la natura subordinata di rapporti formalmente qualificati diversamente al fine di raggiungere il numero di dipendenti minimo per la tutela domandata (trib. Reggio Emilia 28.12.12; contra trib. Torino 25.1.13, che ha dichiarato inammissibile la domanda). Accesso al rito speciale da parte del datore di lavoro; mancherebbe interesse del datore ad anticipare l’impugnazione da parte del lavoratore, essendo sufficiente il decorso del termine della doppia decadenza. Tribunale Palermo 10.6.2013 Contra Tribunale Genova 9.1.2013 Tribunale Reggio Calabria 6.2.1013 ►Inammissibilità Tribunale Padova 10.1.2013 Tribunale Palermo 15.10.2012 e 4.2.2013 ► Mutamento rito Tribunale Genova 27.11.2012 Tribunale Roma 21.2.2013 •Principio generale ordinamento è quello della conservazione atti; •sentenza corte costituzionale su errore nella scelta della giurisdizione (Corte cost. 77/2007) •fine primario del giusto processo è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito (Cass. Sez. un 23.5.2012, n. 8177 e sezioni unite 5456/2009). •artt. 426 e 427 cpc quando sbaglia il rito del lavoro o quello ordinario; •art. 4 del decreto legislativo 150/2011 in ordine ai rapporti fra rito ordinario di cognizione, rito del lavoro e rito sommario di cognizione; •da quanto prevede espressamente la legge Fornero sulla domanda riconvenzionale inammissibile nella fase di opposizione (comma 56); Conclusione: se il rito è sbagliato si cambi il rito, previa separazione delle cause. La domanda diretta a fare accertare la illegittimità del termine, la domanda di conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato con conseguente domanda risarcitoria non rientrano nelle disciplina processuale della Fornero. L'azione diretta a far valere la illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi in cui è consentita l'assunzione a tempo determinato, si configura come azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex art. 1418 e 1419, comma 2, c.c. di natura imprescrittibile pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione ex lege del rapporto a tempo determinato cui era stato apposto illegittimamente il termine Cass. 15.11.2010, n. 23057 Queste domande necessitano il cambiamento del rito Se invece il lavoratore deduca un vero e proprio licenziamento come tale (e non la mera illegittimità del termine e della sua disdetta) in tal caso si applica il rito speciale: come tratto le domanda di accertamento della illegittimità del termine e la conversione che sono il presupposto logico giuridico per esaminare la domanda di illegittimità del licenziamento ex art. 18? a) separo le domande ma il rito fornero deve segnare il passo; b) tratto tutto con il rito fornero e considero le domande sulla legittimità del termine come “questioni” dando una interpretazione più ampia di <qualificazione del rapporto di lavoro>. Quando il rapporto di lavoro a tempo determinato (ovvero un contratto di formazione e lavoro senza formazione) viene qualificato come rapporto a tempo indeterminato, l'atto con il quale il datore di lavoro comunica la scadenza del termine integra nella sostanza un licenziamento. Non incombe, pertanto nel vizio di extrapetizione il giudice il quale dichiara invalido il recesso e liquida il danno, nell'esercizio del suo potere di qualificazione giuridica dei fatti prospettati dalla parte qualora tale recesso sia stato impugnato come licenziamento illegittimo Cassazione civile, sez. lav., 10/09/2010, n. 19360 LICENZIAMENTI COLLETTIVI UNICO CENTRO IMPUTAZIONE PUBBLICA AMMINISTRAZIONE In astratto non può escludersi un ricorso cautelare ex art. 700 cod. proc. civ., ma in proposito il requisito del periculum va valutato con notevole rigore in considerazione della rapidità che contraddistingue la fase sommaria tipica, sicché il pregiudizio irreparabile dovrebbe essere così imminente da non poter essere evitato con un provvedimento emesso in un paio di mesi. La questione si potrebbe porre in concreto soprattutto ai fini dell’adozione di un provvedimento cautelare inaudita altera parte; certamente potrebbe essere un caso raro, ma non può escludersi l’ eventualità di un urgenza così impellente da consentire in presenza di un periculum qualificato una istanza cautelare ai fini di un provvedimento inaudita altera parte. La prima fase della procedura del c.d. rito Fornero è sommaria, ma non cautelare, poiché non occorre la prova di alcun periculum concreto, essendo l’urgenza valutata una volta per tutte dal legislatore per il tipo di controversia. La fase è però sommaria solo nell’istruttoria ma non nella cognizione, poiché tende alla formazione del giudicato sui fatti oggetto del giudizio. Due diverse impostazioni: 1. 2. la fase introdotta dal comma 48 dell'articolo 1 è a cognizione sommaria e con accertamento di tipo superficiale (giudizio di verosimiglianza). la cognizione è piena, l'accertamento deve portare ad una decisione possibilmente stabile e definitiva, necessità quindi di istruttoria ad ampio spettro anche in questa fase, pur se contenuta entro i limiti richiesti dalla speditezza del rito. 1.La fase introdotta dal comma 48 dell'articolo 1 è a cognizione sommaria e con accertamento di tipo superficiale (giudizio di verosimiglianza). - Giudizio introdotto con un atto ai sensi dell'articolo 125 cpc; - Giudizio si conclude con una ordinanza; - Il comma 49, con riferimento all'istruttoria, fa menzione degli atti di istruzione indispensabili, cioè usa una forma analoga a quella di cui all'articolo 669 sexies cpc, che fa intendere come oggetto della verifica processuale sia solo la verosimiglianza del diritto ossia un fumus boni iuris; - La fase di opposizione invece deve intendersi a cognizione piena come si evince dalla riferimento agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti cui al comma 57, analogo a quello di cui all'articolo 702 ter che,com'è noto, è reputato un giudizio di merito solo deformalizzato, sulla fondatezza del diritto; - Formazione di un giudizio di mera verosimiglianza sull’esistenza o meno del vizio del licenziamento; - Istruttoria piena contraddice riforma finalizzata ad una definizione rapida della controversia per rimuovere una situazione di incertezza Tribunale Milano 12.3.2013 e 25.9.2012 2. la cognizione è piena, l'accertamento deve portare ad una decisione possibilmente stabile e definitiva, necessità quindi di istruttoria ad ampio spettro anche in questa fase, pur se contenuta entro i limiti richiesti dalla speditezza del rito. • • Atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti l'accertamento non deve essere sommario; l'ipotesi del dubbio va risolto sulla base del principio dell'onere della prova e non su quello della verosimiglianza, principio che si giustifica solo nel giudizio cautelare e con la richiesta del periculum. Degno di nota è che la fase sommaria non conosce decadenze, né preclusioni nel corso del giudizio. Come conferma il fatto che il ricorso deve essere redatto rispettando i requisiti previsti dall’art. 125 cpc il quale non prevede l’assolvimento di oneri istruttori; si ricava da qui l’inesistenza di preclusioni istruttorie o decadenze per il ricorrente. E lo stesso non può non valere – per il principio di parità delle armi – per il convenuto; ancorché la stessa norma preveda, con carattere di novità rispetto ad es. al giudizio cautelare uniforme, che il convenuto si debba costituire entro cinque giorni prima dell’udienza. Pertanto quand’anche il convenuto si costituisca in ritardo non incorrerà in alcuna decadenza. Comunque ciascuna parte potrà dedurre ulteriori istanze istruttorie anche all’udienza e nel corso del giudizio. Alla costituzione nel rito sommario non si può perciò applicare alcuna decadenza, nè per gli oneri istruttori nè per le allegazioni. Non sono perentori tutti i termini previsti nella fase sommaria; anche quelli stabiliti per la costituzione delle parti, data la sommarietà della procedura; in caso di violazione dei termini il giudice sposterà perciò l’udienza, senza che ciò comporti né la nullità dell’atto introduttivo, né la decadenza del convenuto da eccezioni o istanze istruttorie. Sono proponibili nella fase sommaria le domande fondate sugli identici fatti costitutivi del licenziamento. Esempio: domanda di risarcimento del danno in caso di licenziamento, anche ingiurioso; oppure domanda di differenze retributive derivanti dal licenziamento (indennità di preavviso). Lo stesso datore di lavoro potrebbe avere interesse a proporre una riconvenzionale fondata sugli identici fatti costitutivi: come ad es. per i danni conseguenti ad licenziamento per grave inadempimento - ad es. danneggiamento. Può il datore chiedere i danni in via riconvenzionale già nel rito sommario? E se proposta cosa bisogna disporre? Tribunale Vercelli 22.11.2012, ha dichiarato la inammissibilità perché riconvenzionale anche se fondata sui medesimi fatti costitutivi, non può essere separata perché nella eventuale fase di opposizione dovrebbe essere trattata con simultaneus processus cambiare il rito? ritenerla ammissibile? Il rito non prevede la riconvenzionale nella fase sommaria , ma plausibilmente dovrebbe ritenersi ammissibile la domanda riconvenzionale già nel rito sommario, per un principio di economia e di parità di trattamento, alle stesse condizioni per cui è ammissibile una domanda diversa dal licenziamento formulata dal lavoratore in base agli identici fatti costitutivi. Negare tale facoltà, significa esporre l’ordinanza del giudice a sicura revisione e costringere il datore di lavoro a fare opposizione, perché in quella fase questo genere di riconvenzionale è ammissibile. Non solo, ma significa anche far subire al datore una condanna esecutiva per somme che magari non dovrebbe pagare. Si pensi ad un licenziamento disciplinare con tutela solo obbligatoria ex art. 18 (impugnato per vizio di motivazione o comunque perché consentito dal CCNL) e per il quale il datore rivendichi un danno rilevante. Con l’atto di opposizione si chiede la riforma dell’ordinanza pronunciata nel rito sommario e si possono porre inoltre altre domande soltanto se fondate sugli stessi fatti costitutivi. L’opposizione può essere proposta dal datore o dal lavoratore o da entrambi ed in tale ipotesi vanno riunite. Il convenuto in opposizione potrà porre anche altre domande riconvenzionali ma sempre se fondate sugli stessi fatti relativi al licenziamento originario (e non tanto sugli stessi fatti dedotti nell’atto di opposizione). Se invece la domanda riconvenzionale non sia fondata su fatti costitutivi identici a quelli che hanno portato al licenziamento impugnato, il giudice deve, con ordinanza, disporre la separazione delle domande (ma anche, è implicito, il mutamento del rito). Nella fase di opposizione, le domande diverse da quelle previste come ammissibili vanno trattate al pari delle domande riconvenzionali inammissibili. Quindi anche nella fase di opposizione tutte le domande non ammissibili ex rito Fornero devono essere separate; questo lo si deduce dalla previsione relativa alla domande riconvenzionali che si dovrà però applicare anche a tutte quelle principali inammissibili proposte con l’atto di opposizione; il giudice deve perciò separare e disporre il mutamento del rito. In caso di soccombenza (anche reciproca) ciascuna parte può proporre la propria opposizione principale con successiva riunione, mentre la legge tace sulla proponibilità di una opposizione incidentale anche tardiva, che dovrebbe essere ammessa se si trattasse di una fase impugnatoria. Esclude la natura impugnatoria dell’opposizione e quindi la possibilità di applicare la disciplina dell’impugnazione incidentale -Tribunale Palermo sentenza 9.2.2013 Anche sul rilievo che • sono proponibili domande nuove e diverse da quelle proposte dalle parti nella fase sommaria; • è proponibile la chiamata di terzo; • è proponibile la domanda riconvenzionale che si fondi sui medesimi fatti costitutivi della domanda principale (cioè quella avente a oggetto l’impugnativa di licenziamento); Inoltre il legislatore non assegna all’opposizione la funzione di critica vincolata (devoluzione limitata dall’atto di opposizione). Può saltarsi la fase di opposizione e proporre direttamente reclamo alla corte di appello? Corte ANCONA 29.8.2013 Nella fase di opposizione non si possono proporre domande diverse da quelle azionabili nella fase sommaria salvo che siano fondate sugli stessi fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa e' comune o dai quali si intende essere garantiti (comma 51) Si possono proporre eccezioni diverse da quelle proposte nella fase sommaria? La legge nulla dice. Tribunale Milano 21.3.2013 inammissibilità di allegazioni nuove non dedotte nella precedente fase. il ricorso ex art 1 c 47 deve essere formulato ai sensi dell'articolo 125 cpc, che prescrive in ogni caso l'indicazione delle ragioni della domanda; ciò significa individuare e circoscrivere petitum e causa petendi definendo così il thema decidendum; è preclusa, nella fase di opposizione, l'introduzione di deduzioni in diritto non proposte in precedenza e che potrebbero integrare una vera e propria mutatio e non solo una emendatio libelli. A diversa soluzione si giunge se si ritiene la fase sommaria una sorta di interdetto Le statuizioni dell’ordinanza non opposta passano in giudicato. A seguito dell’eventuale istruttoria e di eventuali note difensive, la causa di opposizione è decisa con sentenza immediatamente esecutiva da depositare entro dieci giorni dall’udienza di discussione (art. 1, c. 57), la cui efficacia può essere sospesa per gravi motivi dalla Corte d’appello (art. 1, c. 60). Non è prevista la lettura del dispositivo in udienza. Non è ammissibile nemmeno la sentenza contestuale, perché la legge non prevede che la sentenza venga pubblicata a seguito di lettura. Prevedendo bensì che “la sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci giorni dall’udienza di discussione”. Il legislatore dice che il giudice provvede con la sentenza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Nulla dice però sulle sorti dell’ordinanza sommaria e cioè se debba essere confermata, modificata o revocata (a differenza ad esempio del reclamo cautelare in cui si dice che l’ordinanza del reclamo conferma, modifica o revoca cfr. art. 669 terdecies cpc, e art. 669 sexies cpc quando il provvedimento è dato con decreto motivato inaudita altera parte). Dal tenore letterale sembra quindi che l’ordinanza sommaria è superata dalla sentenza.