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Diapositiva 1 - Ordine Avvocati Alessandria

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Diapositiva 1 - Ordine Avvocati Alessandria
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Il rito è obbligatorio e non facoltativo
La fase sommaria può essere rinunciata?
Chi decide il rito?
Tra rito e merito
Accessibilità al rito da parte del datore di lavoro?
Domande non rientranti nel campo d’applicazione della
legge
Domande riguardanti il contratto a termine illegittimo
(subordinato o finto autonomo)
Casi controversi
Compatibilità con la procedura ex art. 700 cpc
La fase sommaria (non cautelare)
Carenza di preclusioni per deduzioni istruttorie ed
allegazioni
Termini non perentori
Domande connesse ammissibili (in via principale ed in
via riconvenzionale) nella fase sommaria
La riconvenzionale in fase di opposizione
Le altre domande diverse (da quelle ammissibili) nella
fase di opposizione
Il giudizio di opposizione
La sentenza
L’opzione
Identità giudice
Risulta lucidamente definita
“come principio così generale, che non ha d’uopo d’esser
formulato in alcun luogo”
“il processo deve dare, per quanto é possibile
praticamente, a chi ha un diritto tutto quello e proprio
quello ch'egli ha diritto di conseguire”.
Giuseppe Chiovenda
Dell’azione di diritto processuale civile, Dell’azione nascente dal contratto preliminare, in Rivista di diritto commerciale del 1911.
T. Piacenza 16.1.2013
T. Genova 9.1.2013
T. Terni 10.12.2012
T. Arezzo, 22.11.2012
T. Roma 13.2.2013
Tribunale Firenze, direttive 17.10.2012
T. Taranto, 30.11.2012
Dato normativo:
<La domanda avente ad oggetto
l'impugnativa del licenziamento di
cui al comma 47 si propone con
ricorso al tribunale>
Non vale quindi quanto affermato per
l’art. 28 st. lav.:
<Ma tale scelta non è esclusiva nè
obbligatoria. E' consolidata e
convergente la giurisprudenza della
Corte costituzionale e della Corte di
cassazione per cui la procedura ex
art. 28 st. lav. costituisce una forma
particolarmente rapida ed informale
di tutela di diritti che possono, però,
essere tutelati nelle forme e con le
regole del rito del lavoro ordinario>
(Cass. 15.11.2012, n. 20091).
T. Piacenza 16.1.2013
T. Genova 9.1.2013
T. Terni 10.12.2012
T. Arezzo, 22.11.2012
T. Roma 13.2.2013
Il rito è dettato nell’interesse
di entrambe le parti della
causa, alla celerità del
giudizio; e non già
nell’interesse dell’uno o
dell’altro soggetto.
T. Taranto, 30.11.2012
Ha interesse il datore ed ha
interesse il lavoratore (il
quale ad es. in un
licenziamento ex art 18 con
tutela solo risarcitoria
subisce oggi il rischio del
tempo del processo).
Tribunale Firenze, direttive 17.10.2012
T. Piacenza 16.1.2013
T. Roma 13.2.2013
<Tale conclusione infatti non solo
non lede alcun diritto delle
parti ma nemmeno lede
alcun diritto, superiore alle
parti tutelato
dall'ordinamento poiché:
1)
appaiono rispettate
comunque le regole di
competenza per materia e
per territorio;
2)
si perviene, rispettando
comunque rigorosamente le
cadenze processuali
previste dal rito ed in
sintonia con la ratio sottesa
alla nuova disciplina, in
tempi più ridotti ad una
sentenza che definisce il
primo grado>.
il rito è scelto sempre dal giudice in base alla
domanda;
vale sì il principio della prospettazione, ma non il
principio dell’intestazione del ricorso;
il giudice deve decidere sul rito qualificando la
domanda, ab initio, così come prospettata
dall’attore in base al petitum ed alla causa
petendi (Cass. 46642/97; Cass. 11415/2007)
sono <la prospettazione della domanda e del bene
finale richiesto ad orientare il giudice nella
valutazione della competenza ed anche del
rito utilizzabile, con l'unico limite , con
riguardo a quest'ultimo, della pretestuosità
ed artificiosità diretta ad alterare l'effettiva
situazione dei fatti e della domanda
azionata>
(Tribunale Roma 21.2.2013; T. Napoli 16.10.2012)
la parte propone la domanda, il giudice la qualifica (secondo la legge) e
decide il rito; ciò che emerge dopo la qualificazione della domanda
(esempio, azienda con meno di 15 dipendenti) attiene al merito
a.- se il ricorso contro un licenziamento ex art. 18 è qualificato ricorso ex
art. 414 il giudice lo tratta ai sensi della Fornero
b.- Se un ricorso qualificato Fornero tratta domande diverse da quelle
esplicitamente ammesse (riguardanti licenziamenti ex art. 18 o qualificazioni
di rapporto preliminari al licenziamenti o fondate sugli stessi fatti
costitutivi), oppure soltanto la tutela obbligatoria, il giudice lo tratta come
rito ex art. 414 cpc.
Se la cosa sfugge al giudice al momento di fissare l’udienza può sempre
disporre il mutamento del rito, alla prima udienza, perché il rito si decide ab
initio.
il rito rimane cristallizato secondo la prospettazione iniziale astratta e non
muta secundum eventum litis.
c.- Nell’ipotesi in cui nella causa proposta come
impugnativa di un licenziamento ex art. 18
risulta che il licenziamento rientri nella tutela
obbligatoria, cosa fare?
1)
mutare il rito (solo se allo stato degli atti,
senza istruttoria e alla prima udienza,
Tribunale Reggio Calabria 19.11.2012,
Tribunale Bari, 19.6.2013)
2) dichiarare inammissibile la domanda di tutela
obbligatoria
Tribunale Reggio Emilia, 28.12.2012
Tribunale Gela 9.1.2013
Tribunale Treviso 8.5.2013
3) respingere la domanda di tutela reale ed
accogliere la domanda di tutela obbligatoria
Tribunale Palermo 24.12.2012
Tribunale Ravenna 10.1.2013
3.1. OCCORRE LA SUBORDINATA?
3.2. OCCORRE LA MODIFICA DELLE CONCLUSIONI?
Non è ravvisabile mutamento della "causa petendi"
nella ipotesi in cui il dipendente licenziato che
impugni il relativo provvedimento,
deducendone la illegittimità per mancanza di
giustificato motivo, proponga con ricorso
introduttivo domanda di tutela reale, mentre, in
sede di precisazione delle conclusioni,
richieda quella obbligatoria, in quanto, in detta
ipotesi, il mutamento riguarda solo gli effetti
ricollegabili alla tutela richiesta da ultimo, che
sono compresi in quelli cui dà luogo la tutela
originariamente invocata. (Cass. 14486/2001)
3.3. VA SEMPRE CONCESSA, ANCHE SENZA DOMANDA?
Chi si rivolge al giudice ed impugna un licenziamento ex
art. 18 chiede implicitamente anche la tutela
economica debole, perché nel più ci sta sempre il
meno;
la stessa tutela ex art. 18 è strutturata come ipotesi di
tutela obbligatoria, mentre quella reintegratoria
rimane una tutela speciale, riservata a casi
specificamente contemplati.
La domanda sulla tutela obbligatoria è in ogni caso
domanda fondata sui medesimi fatti costitutivi e
quindi, sicuramente, se proposta insieme ad una
domanda che riguardi l’art. 18, rientra
espressamente nel rito Fornero (l’elemento
dimensionale è solamente fatto impeditivo del diritto
soggettivo del lavoratore a riprendere l'attività:
Cass. Sez. un. 141/2006)
chi prospetta una tutela reale e poi ottiene una tutela
obbligatoria non sbaglia il rito, ma ha torto
(eventualmente, solo parzialmente) nel merito.
Assurdo e defatigante, dopo l’istruttoria,
disporre il mutamento del rito ed
effettuare un nuovo giudizio sui
presupposti sostanziali del
licenziamento ai fini della tutela
obbligatoria;
il giudice nel non concedere la tutela reale
giudica nel merito ed il controllo sul
merito è assicurato dall’opposizione
(anche perché il giudice potrebbe aver
sbagliato a conteggiare i lavoratori).
Dichiarare l’inammissibilità della domanda
potrebbe portare pure a conseguenze
aberranti per via della decadenza
dall’azione, ove sia trascorso il termine
di 180 giorni per l’impugnazione
giudiziale con il rito ordinario; né la
decadenza è interrotta dal primo ricorso.
Il rito speciale si applica quale che sia la
tutela avverso il licenziamento chiesta
dal lavoratore (e dunque anche nel caso
di mera tutela indennitaria), restando
consentita naturalmente la valutazione
incidentale di questioni rilevanti per la
tutela domandata, quale ad esempio la
natura subordinata di rapporti
formalmente qualificati diversamente al
fine di raggiungere il numero di
dipendenti minimo per la tutela
domandata
(trib. Reggio Emilia 28.12.12;
contra trib. Torino 25.1.13, che ha dichiarato
inammissibile la domanda).
Accesso al rito speciale da parte del
datore di lavoro;
mancherebbe interesse del datore ad
anticipare l’impugnazione da parte del
lavoratore, essendo sufficiente il
decorso del termine della doppia
decadenza.
Tribunale Palermo 10.6.2013
Contra
Tribunale Genova 9.1.2013
Tribunale Reggio Calabria 6.2.1013
►Inammissibilità
Tribunale Padova 10.1.2013
Tribunale Palermo 15.10.2012 e 4.2.2013
► Mutamento rito
Tribunale Genova 27.11.2012
Tribunale Roma 21.2.2013
•Principio generale ordinamento è quello della
conservazione atti;
•sentenza corte costituzionale su errore nella scelta della giurisdizione
(Corte cost. 77/2007)
•fine primario del giusto processo è la realizzazione del diritto delle parti
ad ottenere risposta nel merito (Cass. Sez. un 23.5.2012, n. 8177 e sezioni
unite 5456/2009).
•artt. 426 e 427 cpc quando sbaglia il rito del lavoro o quello ordinario;
•art. 4 del decreto legislativo 150/2011 in ordine ai rapporti fra rito
ordinario di cognizione, rito del lavoro e rito sommario di cognizione;
•da quanto prevede espressamente la legge Fornero sulla domanda
riconvenzionale inammissibile nella fase di opposizione (comma 56);
Conclusione: se il rito è sbagliato si cambi il rito, previa separazione
delle cause.
La domanda diretta a fare accertare la illegittimità del
termine, la domanda di conversione del rapporto in
contratto a tempo indeterminato con conseguente
domanda risarcitoria non rientrano nelle disciplina
processuale della Fornero.
L'azione diretta a far valere la illegittimità del termine
apposto al contratto di lavoro, per violazione delle
disposizioni che individuano le ipotesi in cui è
consentita l'assunzione a tempo determinato, si
configura come azione di nullità parziale del contratto
per contrasto con norme imperative ex art. 1418 e 1419,
comma 2, c.c. di natura imprescrittibile pur essendo
soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal
rapporto a tempo indeterminato risultante dalla
conversione ex lege del rapporto a tempo determinato
cui era stato apposto illegittimamente il termine
Cass. 15.11.2010, n. 23057
Queste domande necessitano il cambiamento del rito
Se invece il lavoratore deduca un vero e proprio
licenziamento come tale (e non la mera illegittimità
del termine e della sua disdetta) in tal caso si applica
il rito speciale:
come tratto le domanda di accertamento della
illegittimità del termine e la conversione che sono il
presupposto logico giuridico per esaminare la
domanda di illegittimità del licenziamento ex art. 18?
a)
separo le domande ma il rito fornero deve segnare il
passo;
b)
tratto tutto con il rito fornero e considero le
domande sulla legittimità del termine come
“questioni” dando una interpretazione più ampia di
<qualificazione del rapporto di lavoro>.
Quando il rapporto di lavoro a tempo
determinato (ovvero un contratto di
formazione e lavoro senza formazione) viene
qualificato come rapporto a tempo
indeterminato, l'atto con il quale il datore di
lavoro comunica la scadenza del termine
integra nella sostanza un licenziamento.
Non incombe, pertanto nel vizio di
extrapetizione il giudice il quale dichiara
invalido il recesso e liquida il danno,
nell'esercizio del suo potere di
qualificazione giuridica dei fatti prospettati
dalla parte qualora tale recesso sia stato
impugnato come licenziamento illegittimo
Cassazione civile, sez. lav., 10/09/2010, n.
19360
LICENZIAMENTI COLLETTIVI
UNICO CENTRO IMPUTAZIONE
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
In astratto non può escludersi un ricorso cautelare ex
art. 700 cod. proc. civ., ma in proposito il requisito del
periculum va valutato con notevole rigore in
considerazione della rapidità che contraddistingue la
fase sommaria tipica, sicché il pregiudizio irreparabile
dovrebbe essere così imminente da non poter essere
evitato con un provvedimento emesso in un paio di
mesi.
La questione si potrebbe porre in concreto soprattutto
ai fini dell’adozione di un provvedimento cautelare
inaudita altera parte; certamente potrebbe essere un
caso raro, ma non può escludersi l’ eventualità di un
urgenza così impellente da consentire in presenza di
un periculum qualificato una istanza cautelare ai fini di
un provvedimento inaudita altera parte.
La prima fase della procedura del c.d. rito
Fornero è sommaria, ma non cautelare, poiché
non occorre la prova di alcun periculum concreto,
essendo l’urgenza valutata una volta per tutte dal
legislatore per il tipo di controversia.
La fase è però sommaria solo nell’istruttoria ma
non nella cognizione, poiché tende alla
formazione del giudicato sui fatti oggetto del
giudizio.
Due diverse impostazioni:
1.
2.
la fase introdotta dal comma 48 dell'articolo 1 è a
cognizione sommaria e con accertamento di tipo
superficiale (giudizio di verosimiglianza).
la cognizione è piena, l'accertamento deve portare ad
una decisione possibilmente stabile e definitiva,
necessità quindi di istruttoria ad ampio spettro anche
in questa fase, pur se contenuta entro i limiti richiesti
dalla speditezza del rito.
1.La fase introdotta dal comma 48 dell'articolo 1 è a cognizione
sommaria e con accertamento di tipo superficiale (giudizio di
verosimiglianza).
- Giudizio introdotto con un atto ai sensi dell'articolo 125 cpc;
- Giudizio si conclude con una ordinanza;
- Il comma 49, con riferimento all'istruttoria, fa menzione degli atti
di istruzione indispensabili, cioè usa una forma analoga a quella di
cui all'articolo 669 sexies cpc, che fa intendere come oggetto della
verifica processuale sia solo la verosimiglianza del diritto ossia un
fumus boni iuris;
- La fase di opposizione invece deve intendersi a cognizione piena
come si evince dalla riferimento agli atti di istruzione ammissibili e
rilevanti cui al comma 57, analogo a quello di cui all'articolo 702 ter
che,com'è noto, è reputato un giudizio di merito solo deformalizzato,
sulla fondatezza del diritto;
- Formazione di un giudizio di mera verosimiglianza sull’esistenza o
meno del vizio del licenziamento;
- Istruttoria piena contraddice riforma finalizzata ad una definizione
rapida della controversia per rimuovere una situazione di incertezza
Tribunale Milano 12.3.2013 e 25.9.2012
2. la cognizione è piena, l'accertamento deve
portare ad una decisione possibilmente
stabile e definitiva, necessità quindi di
istruttoria ad ampio spettro anche in
questa fase, pur se contenuta entro i limiti
richiesti dalla speditezza del rito.
•
•
Atti di istruzione indispensabili richiesti
dalle parti l'accertamento non deve
essere sommario;
l'ipotesi del dubbio va risolto sulla base
del principio dell'onere della prova e non
su quello della verosimiglianza, principio
che si giustifica solo nel giudizio cautelare
e con la richiesta del periculum.
Degno di nota è che la fase sommaria non conosce decadenze, né
preclusioni nel corso del giudizio.
Come conferma il fatto che il ricorso deve essere redatto rispettando i
requisiti previsti dall’art. 125 cpc il quale non prevede l’assolvimento
di oneri istruttori; si ricava da qui l’inesistenza di preclusioni
istruttorie o decadenze per il ricorrente.
E lo stesso non può non valere – per il principio di parità delle armi –
per il convenuto;
ancorché la stessa norma preveda, con carattere di novità rispetto ad
es. al giudizio cautelare uniforme, che il convenuto si debba costituire
entro cinque giorni prima dell’udienza.
Pertanto quand’anche il convenuto si costituisca in ritardo non
incorrerà in alcuna decadenza.
Comunque ciascuna parte potrà dedurre ulteriori istanze istruttorie
anche all’udienza e nel corso del giudizio.
Alla costituzione nel rito sommario non si può perciò applicare alcuna
decadenza, nè per gli oneri istruttori nè per le allegazioni.
Non sono perentori tutti i termini
previsti nella fase sommaria; anche
quelli stabiliti per la costituzione delle
parti, data la sommarietà della
procedura;
in caso di violazione dei termini il
giudice sposterà perciò l’udienza,
senza che ciò comporti né la nullità
dell’atto introduttivo, né la decadenza
del convenuto da eccezioni o istanze
istruttorie.
Sono proponibili nella fase sommaria le domande fondate sugli
identici fatti costitutivi del licenziamento.
Esempio: domanda di risarcimento del danno in caso di
licenziamento, anche ingiurioso; oppure domanda di differenze
retributive derivanti dal licenziamento (indennità di preavviso).
Lo stesso datore di lavoro potrebbe avere interesse a proporre
una riconvenzionale fondata sugli identici fatti costitutivi:
come ad es. per i danni conseguenti ad licenziamento per grave
inadempimento - ad es. danneggiamento.
Può il datore chiedere i danni in via riconvenzionale già nel rito
sommario?
E se proposta cosa bisogna disporre?
Tribunale Vercelli 22.11.2012, ha dichiarato la inammissibilità
perché riconvenzionale anche se fondata sui medesimi fatti
costitutivi, non può essere separata perché nella eventuale fase
di opposizione dovrebbe essere trattata con simultaneus
processus
cambiare il rito?
ritenerla ammissibile?
Il rito non prevede la riconvenzionale nella fase sommaria , ma
plausibilmente dovrebbe ritenersi ammissibile la domanda
riconvenzionale già nel rito sommario, per un principio di economia e di
parità di trattamento, alle stesse condizioni per cui è ammissibile una
domanda diversa dal licenziamento formulata dal lavoratore in base agli
identici fatti costitutivi.
Negare tale facoltà, significa esporre l’ordinanza del giudice a sicura
revisione e costringere il datore di lavoro a fare opposizione, perché in
quella fase questo genere di riconvenzionale è ammissibile.
Non solo, ma significa anche far subire al datore una condanna esecutiva
per somme che magari non dovrebbe pagare.
Si pensi ad un licenziamento disciplinare con tutela solo obbligatoria ex
art. 18 (impugnato per vizio di motivazione o comunque perché
consentito dal CCNL) e per il quale il datore rivendichi un danno rilevante.
Con l’atto di opposizione si chiede la riforma
dell’ordinanza pronunciata nel rito sommario e si
possono porre inoltre altre domande soltanto se
fondate sugli stessi fatti costitutivi.
L’opposizione può essere proposta dal datore o dal
lavoratore o da entrambi ed in tale ipotesi vanno
riunite.
Il convenuto in opposizione potrà porre anche altre
domande riconvenzionali ma sempre se fondate sugli
stessi fatti relativi al licenziamento originario (e non
tanto sugli stessi fatti dedotti nell’atto di opposizione).
Se invece la domanda riconvenzionale non sia fondata
su fatti costitutivi identici a quelli che hanno portato al
licenziamento impugnato, il giudice deve, con
ordinanza, disporre la separazione delle domande (ma
anche, è implicito, il mutamento del rito).
Nella fase di opposizione, le domande diverse da quelle
previste come ammissibili vanno trattate al pari delle
domande riconvenzionali inammissibili.
Quindi anche nella fase di opposizione tutte le
domande non ammissibili ex rito Fornero devono
essere separate;
questo lo si deduce dalla previsione relativa alla
domande riconvenzionali che si dovrà però applicare
anche a tutte quelle principali inammissibili proposte
con l’atto di opposizione;
il giudice deve perciò separare e disporre il mutamento
del rito.
In caso di soccombenza (anche reciproca) ciascuna parte può
proporre la propria opposizione principale con successiva
riunione, mentre la legge tace sulla proponibilità di una
opposizione incidentale anche tardiva, che dovrebbe essere
ammessa se si trattasse di una fase impugnatoria.
Esclude la natura impugnatoria dell’opposizione e quindi la
possibilità di applicare la disciplina dell’impugnazione
incidentale -Tribunale Palermo sentenza 9.2.2013
Anche sul rilievo che
•
sono proponibili domande nuove e diverse da quelle
proposte dalle parti nella fase sommaria;
•
è proponibile la chiamata di terzo;
•
è proponibile la domanda riconvenzionale che si fondi
sui medesimi fatti costitutivi della domanda principale
(cioè quella avente a oggetto l’impugnativa di
licenziamento);
Inoltre il legislatore non assegna all’opposizione la funzione
di critica vincolata (devoluzione limitata dall’atto di
opposizione).
Può saltarsi la fase di opposizione e proporre direttamente
reclamo alla corte di appello? Corte ANCONA 29.8.2013
Nella fase di opposizione non si possono proporre domande
diverse da quelle azionabili nella fase sommaria salvo che
siano fondate sugli stessi fatti costitutivi o siano svolte nei
confronti di soggetti rispetto ai quali la causa e' comune o
dai quali si intende essere garantiti (comma 51)
Si possono proporre eccezioni diverse da quelle proposte
nella fase sommaria?
La legge nulla dice.
Tribunale Milano 21.3.2013
inammissibilità di allegazioni nuove non dedotte nella
precedente fase.
il ricorso ex art 1 c 47 deve essere formulato ai sensi
dell'articolo 125 cpc, che prescrive in ogni caso
l'indicazione delle ragioni della domanda;
ciò significa individuare e circoscrivere petitum e
causa petendi definendo così il thema decidendum;
è preclusa, nella fase di opposizione, l'introduzione di
deduzioni in diritto non proposte in precedenza e che
potrebbero integrare una vera e propria mutatio e non
solo una emendatio libelli.
A diversa soluzione si giunge se si ritiene la fase
sommaria una sorta di interdetto
Le statuizioni dell’ordinanza non opposta passano in
giudicato.
A seguito dell’eventuale istruttoria e di eventuali note difensive, la
causa di opposizione è decisa con sentenza immediatamente
esecutiva da depositare entro dieci giorni dall’udienza di
discussione (art. 1, c. 57), la cui efficacia può essere sospesa per
gravi motivi dalla Corte d’appello (art. 1, c. 60).
Non è prevista la lettura del dispositivo in udienza.
Non è ammissibile nemmeno la sentenza contestuale, perché la
legge non prevede che la sentenza venga pubblicata a seguito di
lettura. Prevedendo bensì che “la sentenza, completa di
motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro dieci
giorni dall’udienza di discussione”.
Il legislatore dice che il giudice provvede con la sentenza
all'accoglimento o al rigetto della domanda. Nulla dice però
sulle sorti dell’ordinanza sommaria e cioè se debba essere
confermata, modificata o revocata (a differenza ad esempio del
reclamo cautelare in cui si dice che l’ordinanza del reclamo
conferma, modifica o revoca cfr. art. 669 terdecies cpc, e art. 669
sexies cpc quando il provvedimento è dato con decreto motivato
inaudita altera parte).
Dal tenore letterale sembra quindi che l’ordinanza sommaria è
superata dalla sentenza.
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