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TECNICO DEI SERVIZI SOCIALI approfondimento di DIRITTO e LEGISLAZIONE SOCIALE il modulo: Storia e contesti di sviluppo delle organizzazioni non profit Il modulo: obiettivi Analizzare (per cenni) lo sviluppo storico del settore non profit Introduzione ai concetti di base relativi al settore non profit Distinguere concettualmente le diverse forme organizzative Conoscere il funzionamento delle organizzazioni Il modulo: argomenti La storia dello sviluppo del settore Che cos’è il settore non profit La terminologia internazionale La terminologia nel contesto italiano Il dibattito teorico (approccio economico, politico e sociale) I criteri per definire il non profit Il modulo: argomenti Tipologie di organizzazioni non profit in Italia Il volontariato La cooperazione sociale Le fondazioni di diritto civile L’associazionismo sociale Il modulo: argomenti Come funzionano le organizzazioni non profit Il governo dell’organizzazione La gestione delle risorse economicofinanziarie La gestione delle risorse umane Pianificazione organizzativa e gestione del cambiamento Il modulo: testi di riferimento Suggerimenti per letture e approfondimenti: COLOZZI I., BASSI A., Una solidarietà efficiente. Il terzo settore e le organizzazioni di volontariato, NIS, 1995 DONATI P., Sociologia del terzo settore, Carocci, 1998 LAZZARINI G., Universi Solidali, EGA, 2003 INTRODUZIONE Ambiti di attività delle Organizzazioni non profit (ONP): Servizi educativi e formativi Servizi sociali e sanitari Attività sportive e di tempo libero Attività artistiche e di ricerca scientifica INTRODUZIONE Ambiti di attività delle Organizzazioni non profit (ONP): Difesa dei consumatori Attività di protezione civile e di tutela ambientale Attività di promozione umana Reintegrazione sociale delle fasce deboli della popolazione INTRODUZIONE 7 6 5 4 Occupazione nel settore non profit (% occupazione sul totale) 3 2 UNGHERIA ITALIA GIAPPONE GERMANIA GRAN BRETAGNA FRANCIA 0 USA 1 (FONTE: IRS - Università Cattolica Milano, 1996) INTRODUZIONE Il nonprofit in ITALIA: Le “Misericordie” in Toscana (sec. XIII) I Monti di Pietà (seconda metà del sec. XV) Società Operaie di Mutuo Soccorso (sec. XIX) Banche popolari, Casse rurali, Casse di Risparmio INTRODUZIONE C’è qualcosa che accomuna organizzazioni così diverse? Il non profit: categoria concettuale e contenitore residuale? Le ONP hanno comportamenti propri identificabili? Che rilevanza sociale ed economica assumono? INTRODUZIONE STORIA E SCENARI DEL TERZO SETTORE Le trasformazioni dell’economia domestica e la nascita del terzo settore Le trasformazioni dell’economia domestica Relativa distruzione delle imprese familiari legate all’economia di sussistenza a causa delle recinzioni delle terre comuni (recinzioni: sec. XIV-XVII) Inserimento in fabbrica di una parte dei componenti della famiglia Sostituzione della produzione diretta di beni primari con l’acquisto di merci sul mercato Le trasformazioni dell’economia domestica Accentuazione della divisione dei ruoli fra i generi Funzionalizzazione dell’economia familiare (INFORMALE) al consolidamento e allo sviluppo del mercato (FORMALE) La nascita del terzo settore Le CORPORAZIONI erano organismi sorti nell’ambito dei comuni medievali per tutelare le attività e gli interessi dei mercanti e degli aritgiani. Diffuse in tutta Europa Importanza primaria non solo nell’ambito economico ma anche nella vita politica dei Comuni La nascita del terzo settore I capi delle corporazioni furono spesso associati alle massime autorità nella direzione della vita pubblica e spesso si sostituirono ad esse IDENTIFICAZIONE DI INTERESSI e DI PROGRAMMI tra il Comune e le Corporazioni, che acquistano facoltà di autoregolazione e di auto tutela La nascita del terzo settore Grande sostenitore del modello “corporativo” è stato il sociologo E. Durkheim: la funzione delle corporazioni era anzitutto morale perché avevano il potere di “contenere gli egoismi individuali” e “di alimentare nel cuore dei lavoratori un sentimento più vivo della loro comune solidarietà” (La divisione del lavoro sociale, 1893; 2 a 1902 ) La nascita del terzo settore Nasce un nuovo tipo di comunità, l’ASSOCIAZIONE: “processi e raggruppamenti sociali specifici, sostanzialmente riferiti a iniziative di gruppo basate sulla partecipazione spontanea o comunque volontaria di attori individuali o collettivi interessati a perseguire determinati obiettivi comuni” (P.DONATI, 1998) La nascita del terzo settore Per prime sono nate le ASSOCIAZIONI culturali e politiche (club, circoli, società scientifiche, associazioni filantropiche) a queste di deve la costruzione della sfera pubblica DEMOCRATICA La nascita del terzo settore L’associazionismo legato alla sfera ECONOMICA nasce per tutelare gli interessi degli operai SOCIETA’ OPERAIE DI MUTUO SOCCORSO In Italia nel 1862 esistevano 443 società, nel 1894 erano 6772 con 804.000 aderenti La nascita del terzo settore Le SOCIETA’ OPERAIE DI MUTUO SOCCORSO sono associazioni a carattere mutualistico volte ad assicurare un aiuto economico agli aderenti in caso di: disoccupazione, malattia, vecchiaia o altri eventi invalidanti La legge fondamentale italiana e la n° 3818 del 1886 e ricalca l’atto inglese sulle “friendly societies” istituite fra operai privi di assistenza pubblica e privata La nascita del terzo settore L’associazionismo economico non si lega solo ad interessi specifici. In Francia tra il 1830 e il 1840 nasce un dibattito culturale sugli effetti negativi dell’ECONOMIA CAPITALISTICA e si sviluppa l’idea di “ECONOMIA SOLIDALE”: la solidarietà come ALTERNATIVA al mercato La nascita del terzo settore Il concetto di solidarietà si oppone alle idee dell’UTILITARISMO. “La natura non ha creato nessun essere per se stesso … li ha creati gli uni per gli altri e ha posto fra di loro una solidarietà reciproca” (P.Leroux, 1841) La nascita del terzo settore Intellettuali e riformatori sociali teorizzano e mettono parzialmente in pratica modelli di economia che funzionano sulla base di principi e di comportamenti (solidarietà, uguaglianza, reciprocità, redistribuzione) alternativi a quelli che caratterizzano il mercato (Blanc, Cabet, Fourier, Saint-Simon … ) La nascita del terzo settore L’idea di “economia solidale” fa nascere anche “imprese sociali” (es: cooperative) i cui modelli organizzativi di differenziano sia dalle imprese familiari che da quelle capitalististiche CONIUGANO L’IDEA DI MUTUALITA’ CON QUELLA DI EFFICIENZA PRODUTTIVA La nascita del terzo settore Sostenuto da queste elaborazioni teoriche, l’associazionismo operaio si politicizza sempre di più. 1848: tentativo di vera e propria rivoluzione. Il fallimento di questo tentativo porta ad una serie di misure repressive durissime che limitano la libertà associativa in campo economico Lo STATO LIBERISTA Dopo il 1848 la repressione dei movimenti sociali e lo scoraggiamento dell’associazionismo da parte dei governi separano nettamente la POLITICA dall’ECONOMIA Lo STATO LIBERISTA E’ lo STATO, quindi, a legittimare normativamente il principio di una economia di mercato che si costituisca a partire dalla circolazione auto regolata delle merci e del capitale Lo STATO LIBERISTA La separazione dell’ambito economico da quello politico e la “naturalizzazione” dell’economia di mercato è la caratteristica saliente dello STATO LIBERISTA Lo STATO LIBERISTA Un esempio molto significativo della trasformazione dello stato è il passaggio, dalla SPEENHAMLAND LAW alla POOR LAW (Inghilterra, 1795-1834) Lo STATO LIBERISTA Nel 1795 l’Inghilterra introdusse, attraverso la Speenhamland, un sistema UNIVERSALE di integrazione del reddito: è un esempio di applicazione alla nuova economia industrializzata e capitalistica del tradizionale paternalismo redistributivo dello stato Lo STATO LIBERISTA Nel 1834 la legge viene abolita perché produce inflazione e viene sostituita dalla Poor Law che LIMITA l'assistenza dello Stato alle persone che non possono in nessun modo entrare nel mercato del lavoro e che sono DISPONIBILI al ricovero in istituto Lo STATO LIBERISTA Lo stato comincia a produrre una legislazione specifica per l’impresa capitalistica, grazie alla quale può differenziarsi sempre di più dalla famiglia (es: società per azioni a responsabilità limitata) Lo STATO LIBERISTA Con i suoi provvedimenti normativi e con i suoi comportamenti amministrativi, lo stato liberale ha istituzionalizzato l’economia di mercato come l’Economia L’intervento economico e sociale dello Stato Lo STATO PROTEZIONISTA LO STATO ASSISTENZIALE LO STATO SOCIALE o WELFARE STATE I FATTORI DI CRISI DEL W.S. LE POLITICHE DI SUPERAMENTO DEL W.S. LO STATO PROTEZIONISTA Il modello liberista fu gravemente scosso dalla prima grande crisi economica (1873-1895). Il fattore che scatena la crisi è il principio di libera concorrenza internazionale. La risposta fu il protezionismo economico, cioè l'intervento dello stato con dazi e imposte per favorire l’economia nazionale LO STATO PROTEZIONISTA Negli ultimi 30 anni del 19° secolo l’industria manifatturiera diventa il settore dominante dell’economia grazie alla creazione di nuove industrie di base (elettrica, chimica). Enorme aumento produttivo LO STATO PROTEZIONISTA La piccola azienda e il principio di responsabilità illimitata cedono il posto alle GRANDI SOCIETÀ PER AZIONI che si estendono ai settori industriali, commerciale e finanziario. LO STATO PROTEZIONISTA Nascono i cartelli fra le imprese, cioè accordi che mirano: a spartirsi il mercato a controllare i prezzi a creare forme di monopolio/oligopolio LO STATO PROTEZIONISTA Favorite da nuove leggi, crescono e si potenziano le SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO sia in Europa che negli USA. Malgrado il divieto di associarsi, nascono e si sviluppano i SINDACATI. Il primo nasce negli USA nel 1869 con il nome di “Cavalieri del lavoro”. LO STATO PROTEZIONISTA Si creano alleanze fra le associazioni di TERZO SETTORE e i partiti politici specialmente di AREA SOCIALISTA. Lotta per la riduzione della giornata lavorativa a 8 ore. Dallo stato protezionista allo stato assistenziale Cresce l’intervento dello stato in quattro settori fondamentali: Salute pubblica (fogne, vaccinazioni) Istruzione elementare (obbligatoria e gratuita) Regolamentazione delle condizioni di lavoro (assicurazioni obbligatorie contro infortuni, malattia, vecchiaia) Gestione dei servizi pubblici (ferrovie, ospedali, acquedotti …) LO STATO ASSISTENZIALE Il nuovo interventismo portò ad un aumento della spesa pubblica che per la prima volta fu finanziata aggiungendo alle imposte indirette (sui consumi) la tassa progressiva sul reddito. LO STATO ASSISTENZIALE (1870-1929) Finalità prevalente: consenso politico della classe operaia Prestazioni: copertura assicurativa dei grandi rischi (da lavoro) Finanziamento: contributivo Livello di spesa: MEDIO LO STATO ASSISTENZIALE (1870-1929) La crescita dell’intervento dello stato ha modificato il senso del termine solidarietà. Esso non rinvia più ad una dimensione relazionale di comune appartenenza, ma ad un obbligo sociale garantito da un organo (lo stato) mediante i suoi apparati (pubblica amministrazione). IL WELFARE STATE Il fattore che prodotto una ulteriore grande trasformazione dell’intervento economico dello stato è la grande depressione, innescata dalla crisi finanziaria del 1929 (crollo di Wall Street). IL WELFARE STATE Paesi diversi (Stati Uniti, Germania, Svezia) sperimentano rimedi contro la disoccupazione basati sulla SPESA SOCIALE per opere pubbliche, sussidi di disoccupazione, nuove forma di protezione sociale IL WELFARE STATE Queste politiche, contrarie alla teoria economica classica (A. Smith) trovarono un fondamento teorico nell’opera dell’economista inglese J.M. Keynes che mette in discussione il principio dell’adeguamento automatico fra domanda e offerta IL WELFARE STATE Se le aspettative di profitto degli imprenditori sono negative (perdite di esercizio), gli stessi non investono anche in presenza di tassi di interesse (oneri finanziari passivi) bassi. Ciò può portare ad un utilizzo delle risorse inferiore a quello necessario per garantire la piena occupazione. IL WELFARE STATE Per uscire da questa situazione e promuovere il pieno impiego è necessario l’intervento diretto dello stato a sostegno della domanda. (dal liberismo all’interventismo) IL WELFARE STATE La spesa dello stato è tanto più efficace quanto più stimola una domanda aggiuntiva (consumi). Quindi non può essere solo quella finanziata dalle imposte perché in questo caso sarebbe solo sostitutiva della spesa dei privati IL WELFARE STATE Da ciò segue l’importanza del debito pubblico (deficit spending) per stimolare la domanda in una situazione in cui quest’ultima è inferiore alla capacità produttiva esistente. IL WELFARE STATE Non sono importanti gli OBIETTIVI DELLA SPESA PUBBLICA (es: scavo di buche). Il problema che lo stato deve affrontare non è infatti l’aumento della capacità produttiva ma della DOMANDA attraverso un maggior reddito per le persone/famiglie IL WELFARE STATE Per Keynes, la propensione a consumare diminuisce col crescere dei redditi. La possibilità di piena occupazione, quindi, è legata non solo all’intervento dello stato sulla domanda, ma anche alla possibilità di far crescere i consumi. IL WELFARE STATE Ciò significa che sono giustificati anche interventi redistributivi dello stato a favore dei gruppi più poveri al fine di stimolare la domanda. La REDISTRIBUZIONE si giustifica quindi non solo in termini di equità sociale, ma anche di efficienza del sistema economico CARATTERISTICHE DEL WELFARE STATE Finalità prevalente: cittadinanza sociale Prestazione: assistenza generalizzata sulla base della cittadinanza Finanziamento: fiscale e contributivo Livello di spesa: ALTO (deficit spending) IL WELFARE STATE L’intervento dello Stato cresce anche sul versante della PROTEZIONE SOCIALE. La protezione dai rischi sociali (disoccupazione,malattia, infortuni, vecchiaia) viene riconosciuta come “diritto sociale di cittadinanza” valido per tutti i cittadini IL WELFARE STATE e LE TRASFORMAZIONI DELL’ECONOMIA DOMESTICA Smantellamento dell’economia di sussistenza Aumento dell’occupazione femminile Forte aumento dei consumi Esternalizzazione dei servizi di cura verso lo stato e verso il mercato IL WELFARE STATE e LE TRASFORMAZIONI DEL TERZO SETTORE Scomparsa delle società di mutuo soccorso e delle altre forme di mutualità nel mondo del lavoro Trasformazione delle associazioni filantropiche in associazioni di advocacy Cooptazione del sindacato nel modello neo-corporativo I FATTORI DI SUCCESSO DEL WELFARE STATE Ripartizione dei guadagni fra capitale e lavoro Riduzione dei conflitti sociali Sostegno pubblico ai gruppi svantaggiati I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE CRISI DI CONSENSO A partire dalla fine degli anni 60 nascono movimenti di protesta e nuovi momenti sociali (degli studenti, delle donne, degli ecologisti…) I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE CRISI DI CONSENSO I nuovi movimenti sociali sono il prodotto anche dell’evoluzione socio-demografica: invecchiamento della popolazione riduzione delle dimensioni della famiglia differenziazione degli stili di vita aumento del lavoro femminile I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Benché differenziate, le loro proteste mettono in discussione il dogma della crescita quantitativa e rendono popolari i temi della crescita zero, la denuncia dei guasti del progresso, la riappropriazione dello spazio privato e dello spazio pubblico in difesa della pace, dell’ambiente … I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Le proteste non mettono in discussione solo il dogma della crescita quantitativa, ma anche il ruolo dello Stato. Si mette in discussione la capacità dell’intervento pubblico di correggere le inefficienze del mercato. I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Si denunciano le logiche burocratiche, centralizzatrici e clientelari dei servizi, incapaci di rinnovarsi per rispondere all’emergere dello nuove forma di povertà (es: tossicodipendenza) I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Crisi economica Si caratterizza come una crisi di “stagflazione”, cioè di STAGNAZIONE dell’economia, accompagnata da un aumento dell’INFLAZIONE I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Consideriamo anzitutto due “effetti perversi” delle politiche keynesiane: 1. piena occupazione 2. esigenza di estendere i benefici dello stato sociale I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE 1. Piena occupazione La crescita dell’occupazione nei due decenni postbellici aveva esaurito la manodopera proveniente dall’agricoltura (piena occupazione) e le imprese avevano riorganizzato il lavoro in fabbrica in modo più rigido e alienante. Di qui la ripresa del conflitto sociale e la richiesta di maggiori salari che aumenta l’inflazione I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE 1. Esigenza di estendere i benefici dello stato sociale Aumenta la pressione dei vari interessi sui governi per migliorare ed estendere i benefici dello stato sociale e le difficoltà della classe politica a resistere. Aggravamento dei conti pubblici e conseguente spinta inflazionistica I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Contestualmente nel corso della seconda metà degli anni sessanta e per tutti gli anni settanta, si ha una netta modificazione degli scenari di mercato, dovuta a tre fattori principali: 1. Saturazione del mercato dei beni 2. Crisi energetica 3. Svalutazione del dollaro sull’oro I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE 1. Saturazione del mercato dei beni Il primo fattore è legato alla saturazione del mercato dei beni di massa (automobili, tecnologia domestica …) con aumento delle esportazioni e della concorrenza da parte dei paesi asiatici I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE 2. Crisi energetica La produzione di massa era basata sui costi bassi dell’energia. Nel 1973 il cartello dei paesi arabi decise un brusco aumento del prezzo del petrolio. Di qui un aumento delle difficoltà delle economie più dipendenti che registrarono ulteriori spinte inflative I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE 3. Svalutazione del dollaro sull’oro Nel 1971 gli Stati Uniti a causa del deficit della bilancia dei pagamenti sospesero la convertibilità del dollaro in oro e svalutarono la loro moneta (dai cambi fissi a quelli fluttuanti). Aumento dell’instabilità e dell’incertezza. I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE In un contesto economico così caratterizzato le garanzie dello stato sociale si sono trasformate in una trappola che ha causato una formidabile crescita della spesa pubblica e un ulteriore rallentamento dell’economia. I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE Lo stato, costretto a finanziare le maggiori richieste di intervento, ha bisogno di moneta e per attirarla, aumenta i tassi di interesse sui propri prodotti finanziari (BTP, CCT …), allo stesso tempo rende più alto il costo del denaro per le imprese, con l’effetto di aumentare l’inflazione e deprimere gli investimenti. I FATTORI DI CRISI DEL WELFARE STATE In tutti i paesi occidentali, quindi, si è posto il problema di COME andare oltre il Welfare State. E’ su questa domanda che si riaprono prospettive diverse e conflittuali