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Cinema e Psichiatria - Parte Prima

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Cinema e Psichiatria - Parte Prima
TRA RAPPRESENTAZIONE E DISAGIO
IMMAGINE E PSICHE
SCHERMI MENTALI, SCHERMI TELEVISIVI, SCHERMI CINEMATOGRAFICI
PALAZZO CHIGI, 5 DICEMBRE 2008, ARICCIA (ROMA)
PSICO FARMACO TERAPIA
DALLO SCHERMO
ALLA REALTÀ CLINICA
Vincenzo Manna
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
Vincenzo Manna
2008
“Solo nei sogni gli uomini
sono davvero liberi”.
(da "L'attimo fuggente" di Peter Weir, 1989)
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
Vincenzo Manna
2008
Come per tutte le leggende,
l’immagine lasciata dalla morte di
Marilyn Monroe
è tanto verità quanto mito.
Una sensuale stellina del cinema trovata
sdraiata in modo scomposto, nuda fra
lenzuola di seta e con un flacone vuoto di
barbiturici sul comodino. Un’alcolizzata.
Un’attrice adorata dal pubblico ma
tormentata, che preferì il mondo frivolo e
inebriante della droga e dei tranquillanti al
fardello della realtà, al punto che tale
scelta la uccise.
Ma dietro ai sensazionali titoli di giornale,
i fatti e gli ultimi tragici giorni della vita di
Marilyn Monroe ci raccontano
una storia diversa3.
PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
Vincenzo Manna
2008
A partire dal febbraio del 1955 la Monroe si sottopose a
sedute analitiche per quattro o cinque volte alla
settimana con la dottoressa Margaret Hohenberg.
Quasi immediatamente l’analisi la provò duramente.
“Sto tentando di diventare
un’artista e di essere me stessa e
a volte mi sembra di essere
sull’orlo della pazzia.
Sto solamente cercando di far
uscire la parte più vera di me, e ciò
è veramente difficile.
A volte penso ‘non devo essere
nient’altro che me stessa’, ma
talvolta non mi riesce così
semplice.
Ho sempre questa sensazione
segreta di essere in realtà falsa,
una persona fasulla.”
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
Vincenzo Manna
2008
Alla fine la Monroe fu seguita
da una psichiatra freudiana
di New York, la dottoressa
Marianne Kris.
La Kris vedeva la Monroe cinque
volte alla settimana e alla fine
le prescrisse potenti
barbiturici di cui lei
abusò fino alla morte.
Riguardo a questa psicoanalisi l’attrice disse che si sentiva:
“…è come se girassi in cerchio. Si trattava sempre di come mi
sentivo nei confronti di questo e perché penso che mia madre
abbia fatto quello, non di cose tipo dove stavo andando, ma
dove ero stata”.
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Il biografo di Marilyn Monroe,
Donald Spoto, scrisse riguardo
alla terapia che: “L’eccessiva
introspezione esacerbò la sua
mancanza di sicurezza.
La sua intuizione ne soffrì al
prezzo di un intellettualismo
conscio e forzato che la paralizzò
e la spinse ancor più in se stessa”.
Più tardi Kris ricoverò l’attrice in un reparto psichiatrico, dicendole che era per una
Marilyn fu rinchiusa
per due giorni in una cella imbottita, dove
analisi diagnostica dettagliata e per riposo.
continuò a picchiare sulla porta finché i polsi iniziarono a sanguinarle. In seguito lei
licenziò la Kris.
Nel 1960 la Monroe iniziò a vedere lo psichiatra che l’avrebbe poi condotta
suo inferno personale,
il dottor Ralph Greenson. Egli riuscì ad ottenere molto
velocemente il controllo su di lei, sino al tragico epilogo.
ancora più addentro al
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Nelle ultime ore di sabato, 4 agosto 1962
si spense la “fiamma
al vento”.
L’attrice trentaseienne, al secolo
Norma Jean Mortenson, secondo
il rapporto della polizia placò il suo cuore
inquieto con le sue stesse mani.
Il giorno in cui Marilyn Monroe morì per
overdose di psicofarmaci
il dottor Ralph Greenson, il suo psichiatra,
aveva trascorso più di sei ore con lei.
Il mondo ammutolì,
e poi pianse.
Marilyn Monroe era morta.
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Psichiatria e psichiatri nel cinema americano
L’industria cinematografica ha
mostrato da sempre un
notevole interesse per la
medicina e soprattutto per la
psichiatria.
Cinema e psichiatria sono
nati nella stessa epoca.
Hanno fin dall’inizio condiviso
lo stesso soggetto:
pensieri, emozioni, storie
di vita e comportamenti
rappresentano per l’uno e l’altro
la principale, complessa, materia di studio.
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
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Psichiatria e psichiatri nel cinema americano
Freud si dimostrò poco
interessato al cinema,
rifiutando una offerta di consulenza
del regista Georg Wilhelm Pabst per
un film che avrebbe dovuto
aumentare l’attenzione pubblica nei
confronti della psicoanalisi.
Fu Hans Sachs, suo allievo, nel 1926, a collaborare alla
stesura del soggetto del film, e fu censurato da Freud.
Il risultato di tale collaborazione fu
“I misteri di un’anima”,
film che rappresenta il primo tentativo di presentare sul
grande schermo la teoria e la pratica psicoanalitica.
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Psichiatria e psichiatri nel cinema americano
Negli anni successivi, con la tendenza ad una
crescita costante, la figura dello psichiatra
diviene sempre più presente e diffusa
nel cinema americano.
Questo dato potrebbe rappresentare il fascino crescente di
Hollywood per l’establishment che, proprio in quegli anni, rese
personaggi autorevoli
gli psichiatri di formazione
psicoanalitica
espressione dell’ideologia liberale
americana in contrapposizione con
malvagi ciarlatani dall’accento europeo
che, contrastando grottescamente le teorie
psicoanalitiche, di fatto le confermavano,
mostrando agli spettatori alternative
inaccettabili.
Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo.
Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10:3-10.
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
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Psichiatria e psichiatri nel cinema americano
La predilezione di Hollywood per tali personaggi è
legata inoltre, secondo Glen e Krin Gabbard, alle
risorse che gli psichiatri offrono in termini di
struttura e manipolazione della trama:
lo psichiatra opererebbe
la funzione di una “ficelle”
(la fune con la quale vengono mossi i
burattini),
simile a quella, descritta da Henry James, utilizzata
nei romanzi per meglio definire i personaggi
importanti attraverso l’uso di figure scialbe e poco
caratterizzate.
Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo.
Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10:3-10.
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
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Psichiatria e psichiatri nel cinema americano
La presenza di un personaggio come lo
psichiatra può facilitare il ricorso a
confessioni inaspettate o a
rivelazioni imprevedibili,
e può far comprendere la tendenza da parte
dei protagonisti a comportarsi secondo
motivazioni seppellite in
un passato traumatico
o in una mente disturbata.
Una volta compreso appieno il potenziale offerto dalla presenza
degli psichiatri all’interno del film,i registi non hanno esitato a
inserirli nei generi più disparati,
melodramma al film
poliziesco (Vicolo cieco [1939]),
dai film di fantascienza e
dell’orrore fino ai western,
ai musical (Girandola [1938]),
o/e a quelli di genere pornografico (Gola profonda [1972]).
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Levi-Strauss C. The raw and the cooked: introduction to a science of mythology. New York: Harper & Row 1975.
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Stereotipi e archetipi
Irving Schneider descrive tre ben definiti stereotipi nella
storia del cinema americano, che avrebbero una distribuzione
precisa all’interno di tutti gli psichiatri cinematografici.
Così, il comico e bizzarro “Dr. Dippy”
sciocco, paradossale,
incompetente ma innocuo,
(Dr. Dippy’s Sanitarium [1906], Girandola [1938],
Alta tensione [1977], Serial [1980]),
rappresenta il 15 per cento degli psichiatri,
e comprende figure inserite in:
• ruoli positivi (Good will hunting = Genio ribelle [1997]), o
• ruoli negativi (Susanna [1938], La fossa dei serpenti [1948]),
caratterizzati da comportamento eccentrico, bizzarro o
disordinato.
Schneider I. The theory and practice of movie psychiatry. Am J Psychiatry 1987; 144:996-1002.
Schneider I. Images of the mind: psychiatry in the commercial film. Am J Psychiatry 1977; 134:613-20.
Clara A. The image of the psychiatrist in motion pictures. Acta Psychiatr Belg 1995; 95:7-15.
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
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Stereotipi e archetipi
Il “Dr. Wonderful”
(I Yam Lovesick [1938], Gente comune [1980]):
umano, sensibile, comprensivo,
indulgente, capace di dare buoni consigli e
operare guarigioni catartiche, sembra definire
circa il 60 per cento degli psichiatri cinematografici.
Un altro 15 per cento dei
professionisti della salute mentale
sullo schermo apparterrebbe al
modello del “Dr. Evil”sadico
crudele, punitivo e vendicativo,
(Il gabinetto del Dr. Caligari [1919], La fiera delle
illusioni [1947], Frances [1982]):
assassino, e spesso più disturbato
dei suoi pazienti / vittime.
Per Schneider, il restante 10 per cento degli psichiatri
non è classificabile come una figura ben precisa.
Schneider I. The theory and practice of movie psychiatry. Am J Psychiatry 1987; 144:996-1002.
Schneider I. Images of the mind: psychiatry in the commercial film. Am J Psychiatry 1977; 134:613-20.
Clara A. The image of the psychiatrist in motion pictures. Acta Psychiatr Belg 1995; 95:7-15.
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PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
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Stereotipi e archetipi
I tre stereotipi di Schneider vengono rielaborati da Ronald
Pies e descritti da questi come figure archetipali.
La differenza tra stereotipi ed archetipi è che:
1. gli stereotipi dipendono dal contesto nel
quale sono inseriti e differiscono da cultura a
cultura;
2. gli archetipi si riferiscono ad elementi
eterni ed universali.
Così, al di sotto della caratterizzazione hollywoodiana dello
psichiatra, esisterebbero strutture primordiali della psiche
umana.
Pies R. Psychiatry in the media: the Vampire, the Fisher King, and the Zaddick. J Mundane Behav 2001;2:1.
Cape GS. Addiction, stigma and movies. Acta Psychiatr Scand 2003; 107:163-9.
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Stereotipi e archetipi
I tre archetipi sarebbero, perciò:
1.
Il “Vampiro” sarebbe l’archetipo
alla base del Dr. Evil, ben
rappresentato dal dottor
Hannibal Lecter de
“Il silenzio degli innocenti” (1991),
2. Il “Re Pescatore” (descritto nei miti medievali e rielaborato
da Wagner nel Parsifal) - figura dotata di autorità, ma malata
(stupido o impotente, a seconda della tradizione) - sembra
corrispondere al Dr. Dippy definito da Schneider.
3. Lo “Zaddick”, infine, elemento della tradizione mistica
ebraica, rappresenta una figura di mediazione tra cielo e terra,
capace di aiutare l’uomo a raggiungere Dio, ed ha il suo
corrispettivo cinematografico nel Dr. Wonderful
(esemplare, secondo Pies, è il dottor Berger di Gente comune
[1980]).
Pies R. Psychiatry in the media: the Vampire, the Fisher King, and the Zaddick. J Mundane Behav 2001;2:1.
Cape GS. Addiction, stigma and movies. Acta Psychiatr Scand 2003; 107:163-9.
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Stereotipi e archetipi
Gli psichiatri donna, rari ma in costante incremento dagli
anni Venti alla fine del millennio (circa un terzo delle apparizioni
negli anni Novanta) appartengono soprattutto alla schiera dei
“Dr. Wonderful”:
prive di una relazione stabile con gli uomini, sono
spesso divorziate, vedove, nubili, o sposate
con un loro ex-paziente (Tre sul divano [1966]);
con un’unica eccezione:
la psicoterapeuta de “Il principe delle maree [1991]”,
che sta per essere lasciata dal marito.
La guarigione operata da una psichiatra
avviene sostanzialmente attraverso l’amore;
non è infrequente che ella ceda al fascino del paziente
(Io ti salverò [1945], Una splendida canaglia [1966],
L’esercito delle dodici scimmie [1995], Harry a pezzi [1997]).
Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo. Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10:3-10.
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Stereotipi e archetipi
Dagli anni Trenta ai Novanta, in
oltre 29 pellicole è
rintracciabile una psichiatra coinvolta
sentimentalmente o sessualmente con un
paziente maschio.
In oltre 30 film uno psichiatra cura
efficacemente una donna, ma
solo in due casi accade che
una terapeuta guarisca un
paziente senza innamorarsene.
(Modi privati [1935], Il segno degli Hannan [1979]).
In realtà, la rappresentazione della psichiatra nel cinema statunitense
sembra rispecchiare il discutibile modo in cui spesso Hollywood ritrae
la donna, secondo cui la donna non potrà privilegiare
la carriera non a scapito del matrimonio e della
maternità.
Basinger J. A woman’s view: how Hollywood spoke to women. New York: Knopf 1993
Gabbard GO, Gabbard K. Psychiatry and the cinema. Washington and London: American Psychiatric Press 1999.
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La rappresentazione degli istituti psichiatrici
La rappresentazione cinematografica
degli istituti psichiatrici, siano essi:


ospedali psichiatrici
Birdy - Le ali della libertà [1984]
manicomi
Il gabinetto del dottor Caligari [1920]
La morte dietro il cancello [1972]

manicomi criminali
Instinct - Istinto primordiale [1999]

riformatori
Prigione senza sbarre [1938]
è molto simile a quella delle carceri.
È negli anni Settanta e Ottanta che si incontrano con maggiore
frequenza pellicole in cui appare una struttura psichiatrica.
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Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo. Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10:3-10.
PSICOFARMACOTERAPIA: DALLO SCHERMO ALLA REALTA’ CLINICA
Vincenzo Manna
2008
La rappresentazione degli istituti psichiatrici
Da tali film emerge,
nella maggior parte dei casi,
una psichiatria
punitiva,
che impiega terapie spaventose come
l’elettroshock, la lobotomia o lo shock insulinico,
e che appare allo spettatore quale
strumento di repressione sociale
contro la diversità della follia
(descritta come genialità, anticonformismo e
liberazione dalle oppressioni).
L’esempio più famoso di film sul manicomio è certamente
Qualcuno volò sul nido del cuculo [1975], in cui l’istituto
psichiatrico che accoglie il protagonista viene dipinto in modo ancor
più crudele di una prigione.
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Tarsitani L, Pancheri P. Cinema e psichiatri: dagli oracoli al cannibalismo. Giorn Ital di Psicopatol 2004; 10:3-10.
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