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detti dei padri del deserto agatone 10 aprle 2016_0

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detti dei padri del deserto agatone 10 aprle 2016_0
Agatone
Detti
1
Agatone
• 1. Il padre Pietro, discepolo del padre Lot, raccontò che si
trovava un giorno nella cella del padre Agatone, quando un
fratello venne a dirgli: «Voglio abitare insieme ad altri fratelli.
Dimmi in che modo devo vivere con loro». L’anziano gli
rispose: «In tutti i giorni della tua vita considerati straniero
come il primo giorno in cui ti sei unito a loro, per non avere
mai con essi troppa libertà». Il padre Macario gli chiede: «Ma
che cosa fa questa libertà?». Gli dice l’anziano: «La troppa
libertà è simile a un violento scirocco che, quando arriva, tutti
lo fuggono e distrugge i frutti degli alberi». Il padre Macario gli
dice ancora: «È dunque così nociva la troppa libertà?». E il
padre Agatone: «Nessun’altra passione è più nociva della
troppa libertà: è la madre di tutte le altre; il monaco operoso
deve guardarsene, anche se vive solo nella sua cella»
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Agatone
• 2. Il padre Agatone disse: «Il monaco non deve
permettere alla sua coscienza di accusarlo in alcuna
cosa».
• 3. Disse anche: «Non si può progredire nemmeno in una
virtù senza osservare i comandamenti di Dio».
• 4. Disse anche: «Non mi sono mai addormentato avendo
rancore contro qualcuno; e, per quanto mi era possibile,
non ho permesso che qualcuno si addormentasse
avendo del rancore contro di me».
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Agatone
• 5. Si diceva che alcuni si recarono dal padre Agatone, poiché
avevano sentito parlare del suo grande dono di discernimento.
Per metterlo alla prova e vedere se si adirava, gli dicono: «Tu
sei Agatone? Abbiamo sentito dire che sei fornicatore e
superbo». Risponde: «Sì, è vero». «Tu sei Agatone,
chiacchierone e pettegolo?». «Lo sono». Dicono di nuovo: «Tu
sei Agatone, l’eretico?». «Non sono eretico», risponde. Lo
pregarono: «Spiegaci perché, quando ti abbiamo accusato di
cose tanto gravi, tu le hai accettate, e questa sola non l’hai
sopportata». Disse loro: «Delle prime io stesso mi accuso, ed è
utile all’anima mia, ma l’eresia è separazione da Dio e io non
voglio essere separato da Dio». Udendo ciò, ammirarono il suo
discernimento e se ne andarono edificati.
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Agatone
• 6. Del padre Agatone raccontavano che impiegò molto tempo
assieme ai suoi discepoli per costruire una cella. Quando
l’ebbero finita, cominciarono ad abitarvi, ma già dalla prima
settimana vide qualcosa che gli pareva non giovasse, e disse ai
suoi discepoli: «Alzatevi, andiamo via di qui!». Ne furono
molto turbati e dissero: «Se proprio avevi l’intenzione di
andartene, perché abbiamo tanto faticato per costruire la
cella? La gente si scandalizzerà di nuovo e dirà: – Ecco, questi
instabili, che se ne vanno di nuovo!». Vedendoli così avviliti,
egli disse loro: «Se anche alcuni si scandalizzeranno, altri, a
loro volta, saranno edificati e diranno: – Beati costoro che per
amore di Dio se ne sono andati disprezzando tutto.
Comunque, chi vuole venire venga. Io adesso vado». Allora si
gettarono a terra, pregando che permettesse loro di partire
con lui.
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Agatone
• 7. Si dice ancora di lui che spesso usciva senza avere in
tasca nient’altro che il suo temperino.
• 8. Domandarono una volta ad Agatone: «Cosa vale di più,
la fatica del corpo o la custodia del cuore?». L’anziano
rispose: «L’uomo è come un albero: la fatica del corpo
sono le foglie, la custodia del cuore il frutto. Ora, poiché
com’è scritto: Ogni albero che non produce buon frutto
sarà tagliato e gettato nel fuoco, è chiaro che tutto il
nostro impegno deve tendere al frutto, cioè a custodire il
nostro spirito. Ma è necessaria anche la protezione e
l’ornamento delle foglie, cioè la fatica del corpo».
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Agatone
• 9. I fratelli chiesero al padre Agatone: «Padre, nella vita
spirituale quale virtù richiede maggiore fatica?». Dice
loro: «Perdonatemi, ma penso non vi sia fatica così
grande come pregare Dio. Infatti, quando l’uomo vuole
pregare, i nemici cercano di impedirlo, ben sapendo che
da nulla sono così ostacolati come dalla preghiera.
Qualsiasi opera l’uomo intraprenda, se persevera in essa,
possederà la quiete. La preghiera invece richiede lotta
fino all’ultimo respiro».
• 10. Il padre Agatone era saggio nell’intelletto, operoso
nel corpo, autosufficiente in tutto, nel lavoro manuale,
nel cibo e nel vestito.
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Agatone
• 11. Il padre Agatone passeggiava un giorno con i suoi
discepoli, quando uno di essi vide per terra una piccola
cicerchia verde. E gli chiese: «Padre, permetti che la prenda?».
L’anziano lo guardò stupito: «Sei stato tu a metterla qui?».
«No», rispose il fratello. L’anziano gli disse: «Come vuoi
dunque prendere ciò che non hai messo tu?».
• 12. Un fratello venne dal padre Agatone e disse: «Permettimi
di vivere con te». Lungo il cammino per andare da lui aveva
trovato un pezzetto di nitro e l’aveva preso. L’anziano chiede:
«Dove hai trovato il nitro?». E il fratello: «L’ho trovato per
strada, camminando, e l’ho preso». Gli dice l’anziano: «Se sei
venuto per vivere con me, come hai potuto prendere qualcosa
che non avevi messo tu?». E lo mandò a riportarlo là donde
l’aveva preso.
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Agatone
• 13. Un fratello domandò all’anziano: «Mi è stato dato un
ordine ma colà c’è una tentazione. Vorrei andare per ubbidire,
ma temo la tentazione». L’anziano rispose: «Se fosse Agatone,
eseguirebbe l’ordine e vincerebbe la tentazione».
• 14. Si tenne consiglio a Scete su un certo problema e si prese
una decisione. Più tardi Agatone venne e disse: «Non avete
deciso bene la cosa». Gli dissero: «E tu chi sei a voler
parlare?». Rispose: «Un figlio d’uomo; sta scritto infatti: Se
veramente parlate di giustizia, giudicate con rettitudine, o figli
degli uomini».
• 15. Raccontavano che il padre Agatone visse tre anni con un
sasso in bocca, finché non riuscì a praticare il silenzio.
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Agatone
• 16. Raccontavano di lui e del padre Ammonio che, quando
vendevano della merce, dicevano il prezzo una volta sola, e
prendevano in silenzio e con pace ciò che veniva loro dato; e
quando a loro volta volevano comprare qualcosa, porgevano
in silenzio ciò che veniva loro richiesto, e ritiravano la merce,
senza dire una parola.
• 17. Il medesimo padre Agatone disse: «Io non ho mai dato
un’agape, ma il dare e il ricevere era per me un’agape, perché
penso che il guadagno del fratello è un’offerta cultuale».
• 18. Lo stesso Agatone, quando vedeva qualcosa che il suo
pensiero avrebbe voluto giudicare, diceva a se stesso: «No,
Agatone, non farlo». E il suo pensiero si acquietava.
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Agatone
• 19. Diceva anche: «Un uomo irascibile, anche se facesse
risuscitare i morti, non è accetto a Dio».
• 20. Il padre Agatone aveva un tempo due discepoli che
conducevano vita solitaria; un giorno chiese a uno: «Come vivi
nella tua cella?». Egli rispose: «Digiuno fino a sera, quindi
mangio due piccoli pani». L’anziano gli disse: «Buon regime,
senza gran fatica». Chiese anche all’altro: «E tu come?».
Rispose: «Digiuno un giorno sì e un giorno no e ogni due giorni
mangio due piccoli pani». Gli dice l’anziano: «Sei teso nello
sforzo, perché devi sostenere due battaglie: se uno mangia
ogni giorno senza saziarsi, si affatica; c’è invece chi un giorno
digiuna e un giorno si sazia. Tu invece fai il doppio, digiuni e
non ti sazi mai».
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Agatone
• 21. Un fratello interrogò il padre Agatone sull’impurità. Gli
dice: «Va’, getta innanzi a Dio la tua infermità e troverai
quiete».
• 22. Si ammalarono un giorno il padre Agatone e un altro degli
anziani e si misero a letto in una cella. Ora, un fratello leggeva
loro dal libro della Genesi, e arrivò al capitolo in cui Giacobbe
dice: «Giuseppe non è più, Simeone neppure, e volete
togliermi anche Beniamino; voi farete scendere con dolore la
mia vecchiaia nella tomba». Intervenne allora l’altro anziano:
«Non ti bastano gli altri dieci, padre Giacobbe?». «Taci,
anziano!, disse, il padre Agatone, se Dio giustifica, chi potrà
condannare?».
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Agatone
• 23. Il padre Agatone disse: «Se so che qualcheduno mi porta a
commettere una mancanza, sia pure una persona che mi è
straordinariamente cara, tronco ogni rapporto con lei».
• 24. Disse ancora: «Bisogna che l’uomo sia sempre intento al
giudizio di Dio».
• 25. Mentre dei fratelli parlavano sulla carità, il padre Giuseppe
disse: «Ma sappiamo noi che cos’è la carità?. E raccontò che il
padre Agatone possedeva un coltellino; venne da lui un
fratello e lo ammirò, ed egli non lo lasciò andare senza che lo
avesse preso».
• 26. Il padre Agatone diceva: «Se potessi incontrare un
lebbroso, dargli il mio corpo e prendere il suo, lo farei
volentieri: questo è l’amore perfetto».
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Agatone
• 27. Raccontavano ancora, che una volta si recò in città
per vendere della merce, e trovò in piazza un forestiero
che giaceva in terra malato, senza nessuno che si curasse
di lui. L’anziano rimase con lui, prendendo una cella in
affitto e pagando l’affitto col prezzo del lavoro manuale; i
soldi che gli restavano li spendeva per la cura del malato.
Rimase con lui quattro mesi, finché il malato non si fu
ristabilito. Allora l’anziano ritornò alla sua cella in pace.
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Agatone
• 28. Il padre Daniele raccontava che i suoi padri vivevano con
l’abate Agatone, prima che il padre Arsenio venisse a vivere
con loro. L’abate Agatone amava il padre Alessandro, perché
era un asceta e nello stesso tempo un uomo dolce. Ora,
accadde che tutti i fratelli lavavano i giunchi nel fiume, e il
padre Alessandro li lavava con grande calma. Gli altri fratelli
dissero all’anziano: «Il padre Alessandro non fa niente». Ed
egli, volendo correggerli, disse a lui: «Fratello Alessandro,
lavali bene, perché sono fili di lino». Udendo ciò, egli si
rattristò; ma in seguito l’anziano lo consolò col dirgli: «Credi
che non sappia che lo fai bene? Ma ti ho detto questo di
fronte a loro per guarirli dal loro pensiero con l’esempio della
tua obbedienza, fratello».
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Agatone
• 29. Raccontarono che il padre Agatone si sforzava di
adempiere ogni comandamento: se saliva su un’imbarcazione,
imbracciava per primo il remo; quando dei fratelli si recavano
da lui, subito dopo la preghiera apparecchiava la tavola con le
sue mani. Era infatti pieno d’amore di Dio. Quando fu vicino
alla morte, rimase tre giorni con gli occhi aperti, immobili. I
fratelli lo scossero dicendogli: «Padre Agatone, dove sei?».
Dice loro: «Sono dinanzi al giudizio di Dio». Ed essi: «Anche tu
hai timore, padre?». Dice loro: «Ho cercato finora con tutte le
mie forze di osservare i comandamenti di Dio; Dio; ma sono
un uomo. Come posso sapere se la mia opera è stata gradita a
Dio?». «Non hai fiducia nelle tue opere – dicono i fratelli – che
esse siano secondo Dio?». Dice loro l’anziano: «Non mi sento
sicuro di nulla fino a che non avrò incontrato Dio; una cosa
infatti è il giudizio di Dio e un’altra quello degli uomini».
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Agatone
• Poiché volevano interrogarlo ancora, disse loro: «Fatemi la
carità di non parlarmi più, perché sono occupato». E morì
nella gioia. Lo videro salire al cielo nell’atteggiamento di chi
saluta i propri amici e parenti. Aveva avuto grande vigilanza in
ogni cosa, e soleva dire: «Senza una grande vigilanza, l’uomo
non progredisce nemmeno in una virtù».
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Agatone
• 30. Un giorno il padre Agatone si recò in città a vendere un po’
di roba e trovò sul ciglio della strada un lebbroso. Il lebbroso
gli dice: «Dove vai?». E il padre Agatone: «In città a vendere
merce». «Fammi la carità – gli dice l’altro – prendimi su e
portami là». Se lo caricò sulle spalle e lo portò in città. «Dove
vendi la roba, lasciami lì», gli disse. E così fece. Quando ebbe
venduto un canestro, il lebbroso gli chiese: «A quanto l’hai
venduto?». Glielo disse. Ed egli: «Comprami una focaccia». La
comprò. Vendette poi un altro canestro. E gli chiese: «E questo
a quanto?». Gli disse: «A tanto». Ed egli: «Comprami questa
cosa». Gliela comprò. Quando ebbe venduto tutto e stava per
andarsene, il lebbroso gli chiese: «Te ne vai?». «Sì».
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Agatone
• «Fammi un’altra carità – gli disse allora – prendimi su e
portami dove mi hai trovato». Agatone se lo caricò sulle spalle
e lo riportò in quel luogo. Il lebbroso gli disse infine:
«Benedetto sei tu Agatone dal Signore in cielo e in terra».
Agatone alzò gli occhi e non vide nessuno: era infatti un
angelo del Signore, venuto per metterlo alla prova.
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Achille
• 1. Si recarono un giorno dal padre Achille tre anziani, dei quali
uno aveva una cattiva fama. Uno di essi chiese: «Padre, fammi
una rete». «Non la faccio», rispose. Il secondo chiese: «Facci
questa carità, perché possiamo avere un tuo ricordo nel nostro
monastero». Ma egli rispose: «Non ho tempo». Disse poi il
terzo, quello che aveva cattiva fama: «Fammi una rete, perché
io abbia un oggetto fatto con le tue mani, padre». A lui rispose
subito: «Te la farò». Gli altri due gli chiesero poi in disparte:
«Perché alle nostre preghiere non hai voluto acconsentire e hai
detto a lui: – Te la farò?». L’anziano disse loro: «A voi ho detto
che non l’avrei fatto e voi non vi siete rattristati, sapendo che
non ho tempo. Se invece non la facessi a lui, direbbe che non
voglio perché ho saputo dei suoi peccati. E con questo
spezzeremmo la corda. Invece ho voluto sollevare la sua anima,
perché non sia sommersa dalla tristezza».
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Achille
• 2. Il padre Vitimio raccontò: «Scesi un giorno a Scete con un
po’ di mele, che mi avevano dato perché le portassi agli
anziani. Bussai alla cella del padre Achille per dargliele, ma
questi mi disse: – Ti assicuro fratello, non avrei voluto tu
bussassi ora alla mia cella, nemmeno se avessi avuto la
manna; e non andare in nessun’altra cella. Ritornerai così alla
mia cella, dopo aver portato le mele alla chiesa».
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Achille
• 3. Un giorno a Scete il padre Achille si recò dal padre Isaia, e lo
trovò nella sua cella mentre stava mangiando e versava nella
scodella acqua e sale. Ma, vedendo che nascondeva la
scodella dietro le corde, gli chiese: «Dimmi, che cosa
mangiavi? ». L’altro disse: «Perdonami, padre, perché ho
tagliato dei rami, sono rientrato proprio nell’ora dell’arsura e
ho messo in bocca un pezzo di pane e sale. Ma la gola era
secca per l’arsura, e il pezzo di pane non andava giù; perciò
sono stato costretto a versare un po’ d’acqua sul sale, per
riuscire a mandar giù. Ma tu perdonami!». «Eh! – disse
l’anziano –, vedete Isaia che mangia il brodo a Scete. Se vuoi
mangiar del brodo, va’ in Egitto!».
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Achille
• 4. Uno degli anziani si recò dal padre Achille e vide che
rigettava sangue dalla bocca. Gli chiese: «Che cos’hai
padre?». L’anziano rispose: «È una parola di un fratello
che mi ha rattristato; ho lottato per non dimostrarglielo,
e ho pregato Dio di toglierla da me. Allora la parola è
divenuta come sangue nella mia bocca; sputandolo, ho
avuto pace e ho dimenticato la tristezza».
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Achille
• 5. Il padre Amoe raccontò: «Mi sono recato dal padre Achille
insieme al padre Vitimio, e l’ho udito meditare questa parola:
Non temere, Giacobbe, di discendere in Egitto. A lungo
continuò a ripetere questa parola. Quando bussammo, ci aprì
e ci chiese: – Da dove venite? Non osando dirgli: – Dalle Celle,
dicemmo: – Dal monte di Nitria. – Che cosa posso fare per
voi?, ci chiese, perché venite da lontano. E ci fece entrare. Lo
vedemmo lavorare molto per intrecciare corde durante la
notte, e gli chiedemmo di dircene la ragione. – Da sera fino a
ora, egli disse, ho intrecciato una lunghezza di 120 piedi, e
certamente non ho bisogno di lavorare tanto. Ma temo che il
Signore si adiri contro di me e mi rimproveri dicendo: – Tu
potresti lavorare; perché non lo fai? Per questo cerco di
impiegare tutte le mie forze. Ce ne andammo edificati».
24
Amoe
• 1. Raccontavano che il padre Amoe, quando andava in chiesa,
voleva che il suo discepolo non gli camminasse a fianco, ma a
distanza. Se gli si avvicinava per interrogarlo sui suoi pensieri,
come soleva fare soltanto con lui, lo allontanava subito
dicendogli: «Non avvenga che, mentre parliamo di cose utili
all’anima, si insinui qualche parola estranea; per questo non ti
permetto di restare vicino a me».
• 2. Il padre Amoe cominciò col dire al padre Isaia: «Come mi
vedi ora?». Gli dice: «Come un angelo, padre». Alla fine gli
chiese: «E ora come mi vedi?». «Come il Satana; infatti, anche
se le parole che mi hai detto erano buone, io le sento come
una spada».
25
Amoe
• 3. Si raccontava che il padre Amoe dovette restare a letto
malato per molti anni, e non permise mai alla sua mente di
distrarsi ad osservare cosa vi fosse nella sua cella, poiché gli
portavano tante cose a motivo della malattia. Anche quando il
suo discepolo Giovanni entrava e usciva, egli chiudeva gli occhi
per non vedere cosa facesse. Sapeva d’altronde che era un
monaco degno di fiducia.
• 4. Il padre Poemen raccontò che un fratello si recò dal padre
Amoe per chiedergli una parola. Ma durante tutti i sette giorni
in cui si trattenne presso di lui, non ebbe alcuna risposta.
Congedandolo poi, il padre Amoe gli disse: «Bada a te stesso!.
Quanto a me, i miei peccati hanno elevato ora un muro
tenebroso fra me e Dio».
26
Amoe
• Raccontavano che il padre Amoe, dopo aver cotto
cinquanta artabe di pane, perché venissero usate man
mano che fosse necessario, le mise al sole. Ma, prima
che fossero ben secche, trovò in quel luogo qualcosa che
non gli giovava, e disse ai suoi discepoli: «Andiamo via di
qua». Ma essi si rattristarono molto. Vedendoli molto
rattristati, disse loro: «Vi rincresce per i pani? Vi assicuro
che ho visto alcuni fuggire lasciando le finestre verniciate
di fresco con dentro rotoli di pergamena. E non chiusero
nemmeno le porte, ma se ne andarono lasciandole
aperte».
27
Ammonio
• 1. Il padre Ammonio di Nitria si recò dal padre Antonio e gli
disse: «Ecco, la mia vita è più dura della tua, come mai sei più
rinomato di me?». Il padre Antonio gli dice: «Perché amo il
Signore più di te».
• 3. Un fratello venne da Scete a dire al padre Ammonio: «Il mio
padre mi manda fuori per un servizio, ma io temo di cadere in
impurità». Gli dice l’anziano: «Nel momento in cui ti viene la
tentazione, di’: – O Dio delle schiere, liberami per le preghiere
del padre mio!». Ora, un giorno una ragazza chiuse la porta
dietro di lui. Il fratello gridò a gran voce: «O Dio del padre mio,
liberami!». E subito si trovò sulla via di Scete.
28
Ammonio
• 2. Raccontavano che una piccola quantità di orzo era
sufficiente al padre Ammonio per due mesi. Si recò da lui il
padre Poemen e gli disse: «Se vado nella cella del vicino, o se
questi viene da me per una qualsiasi ragione, dobbiamo stare
attenti che non si insinui nel discorso qualche parola
estranea». «Fai bene – gli dice l’anziano – poiché la gioventù
ha bisogno di vigilanza». Gli dice poi il padre Ammonio: «Ma
che cosa facevano i padri?». Gli rispose: «I padri che avevano
progredito nella virtù non avevano mai né alcuna cosa diversa
dentro di sé, né alcuna cosa estranea sulla bocca da doverne
parlare». E l’altro: «Se dunque è necessario parlare con
qualcuno, vuoi che lo faccia con le parole della Scrittura o con
le parole dei padri?». Dice l’anziano: «Se non puoi tacere, è
meglio che tu parli con le parole dei padri e non con la
Scrittura. Perché in questo vi è un pericolo non piccolo».
29
Anub
• 1. Il padre Giovanni raccontò che i padri Anub e Poemen e gli
altri loro fratelli erano figli di una stessa madre e si fecero
monaci a Scete. In seguito a un’invasione dei Mazici che per
primi devastarono quel luogo, essi lo abbandonarono.
Giunsero in una località chiamata Terenuti, e qui pensarono
come potervi vivere. Rimasero alcuni giorni nell’antico tempio.
Il padre Anub disse al padre Poemen: «Fammi questa carità, tu
e i tuoi fratelli: ognuno di voi stia da solo in silenzio e non
incontriamoci per questa settimana». Il padre Poemen disse:
«Facciamo come vuoi». Così fecero.
30
Anub
• Vi era nel tempio una statua di pietra. Quando si alzava al mattino, il
padre Anub gettava dei sassi contro la sua faccia, mentre alla sera le
diceva: «Perdonami». Fece questo per tutta la settimana, finché il
sabato, quando si ritrovarono, il padre Poemen gli chiese: «Scusami
padre, ti ho visto questa settimana gettare sassi contro la statua e
quindi inchinarti davanti ad essa. Forse che un cristiano deve fare
così?». L’anziano rispose: «Anche questo l’ho fatto per voi. Quando mi
vedevate lanciar sassi contro la faccia della statua, ha detto forse essa
una parola o si è adirata?». «No», disse il padre Poemen. «E quando
mi inchinavo, ha forse dimostrato contrarietà e ha detto: – Non ti
perdono?». «No», disse il padre Poemen. «Così noi – disse l’anziano –
che siamo sette fratelli; se volete che viviamo insieme, dobbiamo
diventare come questa statua che non si turba né quando è offesa né
quando è lodata. Se non siete disposti a diventare così, ecco, nel
tempio ci sono quattro porte, ognuno se ne vada per dove vuole».
31
Anub
• Essi si gettarono a terra dicendo al padre Anub: «Faremo
ciò che tu vuoi, padre, e ascolteremo quello che ci dici».
Raccontò poi il padre Poemen: «Abitammo insieme tutta
la vita, lavorando secondo gli ordini dell’anziano e
mangiando tutto ciò che ci poneva di fronte uno di noi
che egli aveva istituito economo. Era impossibile che uno
dicesse: – Portami qualche altra cosa, oppure: – Non
voglio mangiare questo. In tal modo trascorremmo tutta
la nostra vita nella quiete e nella pace».
• 2. Disse il padre Anub: «Da quando fu invocato su di me il
nome di Cristo, non uscì una menzogna dalla mia bocca».
32
Abramo
• 1. Raccontano di un anziano che in cinquant’anni mangiò raramente
pane e bevve vino; e affermava di aver ucciso lo spirito di
fornicazione, l’amore del denaro e la vanagloria. Il padre Abramo udì
chi aveva detto ciò, si recò da lui e gli chiese: «Tu hai detto così?».
«Sì», rispose. «Ecco – disse il padre Abramo –, se tu entrando in cella
vi trovassi una donna sulla tua stuoia, potresti pensare che non è una
donna?». Dice: «No, ma combatterei contro il pensiero di toccarla».
Dice allora il padre Abramo: «Non hai dunque ucciso la passione, essa
vive; è soltanto incatenata». E ancora: «Mentre passeggi vedi un
pezzo di oro in mezzo a dei sassi e delle conchiglie. Potrebbe la tua
mente pensarlo come i sassi o le conchiglie?». «No – dice –, ma lotto
contro il pensiero di prenderlo». E l’anziano: «Dunque vive la
passione, ma è legata». Dice ancora il padre Abramo: «Supponi di
sentire che ci sono due fratelli: uno ti ama e l’altro ti odia e parla male
di te. Ti sentirai ugualmente disposto verso quei due se verranno a
trovarti?». Dice: «No; ma lotterò col mio pensiero per fare del bene a
quello che mi odia come a quello che mi ama». Dice a lui il padre
Abramo: «Vivono dunque le passioni, ma dai santi sono incatenate».
33
Abramo
• 2. Un fratello chiese al padre Abramo: «Se mi capita di
mangiare molto, cosa significa?». «Cosa dici fratello? – rispose
l’anziano –, tanto mangi? Credi forse di essere venuto in un
granaio?».
• 3. Il padre Abramo raccontò di uno dei monaci di Scete che era
scrivano e non mangiava pane. Venne da lui un fratello e gli
chiese di copiargli un libro. L’anziano, che aveva la mente
immersa in contemplazione, non scrisse tutte le righe, ma ne
saltò alcune. Quando il fratello prese il foglio per leggerlo e si
accorse che mancavano delle righe, disse: «Padre, mancano
delle righe!». E l’anziano a lui: «Va’, e prima fa’ quanto c’è
scritto; poi torna e ti scriverò quel che manca».
34
Ares (Abramo)
• Il padre Abramo si recò dal padre Ares. Mentre erano seduti
insieme, giunse dall’anziano un fratello e gli chiese: «Dimmi,
cosa devo fare per salvarmi?». Gli dice: «Va’, e per tutto
quest’anno mangia soltanto la sera, nient’altro che pane e
sale. Poi torna e ti parlerò». Se ne andò e così fece. Al termine
dell’anno il fratello ritornò dal padre Ares. E proprio in quel
giorno il padre Abramo si trovava colà. Il padre Ares gli disse
ancora: «Va’, digiuna anche quest’anno, a giorni alterni».
Quando il fratello se ne fu andato, il padre Abramo chiese al
padre Ares: «Come mai consigli a tutti i fratelli un giogo
leggero, mentre a questo imponi pesanti carichi?». «Gli altri
fratelli – dice l’anziano – così come vengono pure se ne vanno,
ma costui proprio per amore al Signore viene ad ascoltare una
parola. È veramente operoso! Qualsiasi cosa io gli dico, la
compie con zelo. Per questo io gli dico la parola di Dio».
35
Alonio
• 1. Il padre Alonio disse: «Se l’uomo non dice nel suo cuore: – Io e Dio
siamo soli al mondo, non avrà quiete».
• 2. Disse anche: «Se non distruggessi tutto, non potrei costruire me
stesso».
• 3. Disse ancora: «Se l’uomo vuole, da mane a sera giunge alla misura
di Dio».
• 4. Una volta il padre Agatone chiese al padre Alonio: «Come posso
trattenere la mia lingua dal dire menzogne?». Dice a lui il padre
Alonio: «Se non mentisci, farai molti peccati ». «Come?», chiede
l’altro. E l’anziano a lui: «Ecco, due uomini commettono un delitto
dinanzi ai tuoi occhi, e uno fugge nella sua cella. Lo cerca un
funzionario e ti chiede: – Il delitto è avvenuto di fronte a te? Se non
mentisci, consegni un uomo alla morte; lascialo piuttosto libero
dinanzi a Dio: è Lui che sa tutto».
36
Aphù
• 1. Del vescovo di Ossirinco, che si chiamava padre Aphù,
si raccontava che, mentre era monaco, aveva praticato
una ascesi molto dura; divenuto vescovo, avrebbe voluto
mantenere lo stesso rigore anche nel mondo, ma non ci
riusciva. Allora si gettò dinanzi a Dio dicendo: «È forse a
causa dell’episcopato che la grazia se ne è andata da
me?». Gli fu allora rivelato: «No. Ma in quel tempo c’era
il deserto e, non essendoci uomo, Dio ti sosteneva. Ora
invece c’è il mondo, e ti sostengono gli uomini».
37
Apollo
• 1. Vi era alle Celle un anziano di nome Apollo: qualsiasi lavoro
gli venisse chiesto, egli andava con gioia dicendo: «È per
l’anima mia che oggi posso lavorare con Cristo. Questo infatti è
per essa la ricompensa».
• 2. Raccontavano a Scete di un certo padre Apollo, che era un
pastore molto incolto. Un giorno incontrò nei campi una
donna incinta e, spinto dal diavolo, si disse: «Voglio vedere
come giace un bimbo nel seno materno». Le squarciò il ventre
e lo vide, ma subito il suo cuore lo rimproverò duramente.
Preso da compunzione, venne a Scete per riferire ai padri quel
che aveva fatto. Li udì mentre salmodiavano: «Settanta sono
gli anni della nostra vita, e, se [siamo] in forze, ottanta, ma la
maggior parte di essi [è] fatica e affanno».
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Apollo
• Egli disse loro: «Ecco, io ho quarant’anni e finora non ho mai
pregato, ma, se vivrò altri quarant’anni, non cesserò di pregare
Dio, perché mi perdoni i miei peccati». E non fece più lavoro
manuale, ma pregava sempre dicendo: «Io ho peccato, perché
sono uomo, ma tu che sei Dio, perdonami!». E questa
preghiera divenne la sua meditazione giorno e notte [3]. Un
fratello che abitava con lui lo udì mentre diceva: «Signore, ti
ho offeso, perdonami, perché io possa un poco aver quiete». E
gli venne la certezza che il Signore gli aveva perdonato tutti i
suoi peccati, anche quello della donna. Quanto al bambino, il
fratello non ricevette nessuna certezza. Ma uno degli anziani
gli disse: «Dio ti ha perdonato anche il fatto del bambino, ti
lascia però nella sofferenza, perché giova all’anima tua».
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Apollo
• 3. Lo stesso Apollo disse riguardo all’ospitalità dei fratelli:
«Bisogna prostrarsi ai piedi dei fratelli che vengono: con
questo ci prostriamo a Dio, e non a loro. Quando vedi il
tuo fratello, vedi il Signore Dio tuo. Questo – disse –
l’abbiamo appreso da Abramo. E quando accogliete un
ospite, costringetelo a prendere ristoro: questo ce l’ha
insegnato Lot, che costrinse gli angeli a fermarsi da lui.
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