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N. 8 – 2011 - Il sito di Tiziano Marelli
MICHELE PROFETA L'assassino con l'asso nella manica Sfidò la questura di Milano. E firmò con carte da gioco i suoi due delitti. Uomo dalla doppia vita e finanziariamente in rovina, Profeta fu arrestato con un re di fiori in tasca. Progettava un nuovo assassinio? di Tiziano Marelli - L’Europeo n. 8, 2011 È la mattina di venerdì 16 luglio 2004. Nella sala riservata agli avvocati del carcere milanese di San Vittore è incorsounesameuniversitariodifilosofia.L’ambientesembrarilassato,l’esaminandosistacomportando molto bene, e i professori che lo stanno ascoltando hanno un solo dubbio, relativo alla valutazione finale: se oltre al massimodi30previstodallavotazione,concedereanchelalode. Sembracominciarenelmiglioredeimodiilprimopassoverso la laurea di uno studente molto particolare: Michele Profeta, il “serial killer delle carte da gioco”. ProfetanasceaPalermonel1947.Famigliaborghese,madre autoritaria,unfratelloditreannimaggiorecomedifficilemodello daimitare.Eunagrandepassione,coltivatafindall’adolescenza: quelloperlacoetaneaConcettaMordino,chelosegneràpertutta la vita, nel bene e nel male. La famiglia però ostacola l’unione, e percoronareilsuosognoProfetadovràprimasposarsiconun’altra donna, che lascerà presto – comunque dopo aver messo al 94 mondo due figli – prima di riallacciare con il suo amore. Arriva quindi anche il matrimonio con Concetta che, seppur allietato dalla nascita di altri due figli, andrà avanti fra alti e bassi per anni, prima di entrare, alle soglie del nuovo millennio, definitivamente in crisi. A questo punto l’uomo deve mantenere la prima famiglia, una parvenza di seconda famiglia unita, e un’amante,Antonella Gemmati, a luivicina da anni, che lo segue anche comefedelesegretarianell’agenziaimmobiliarediPalermodovelavoradatempo. Arrivato alla soglia dei 50 anni Profeta, oberato di debiti e rovesci professionali (e per questo nel mirino del fisco) decide di lasciare la Sicilia e di trasferirsi nel Veneto. Salito al Nord, sistema la moglie in provincia di Rovigo, ad Adria, mentre all’amante trova casa a Mestre. Incredibilmente,l’unanonsadell’altraeviceversa:unadoppiavitamantenutaperlunghissimianniche,unitaaidoveriverso iquattrofigli,diventauninfernodagestire,soprattuttodalpunto «Ècomese fossistato predadel male, di un’entità chesiera imposta eguidava il mio corpoele mieazioni» Michele Profeta allo psichiatra VittorinoAndreoli 95 A sinistra, Pierpaolo Lissandron, il tassista assassinato a bordo della sua auto con un colpo di pistola alla nuca da Michele Profeta il 29 gennaio 2001. A destra, l'agente immobiliare Walter Boscolo, la seconda vittima di Profeta, ucciso il 10 febbraio 2001. di vista economico. Il quadro è aggravato dal fatto che l’ormai maturo Profeta non regge lo stress nei diversi posti di lavoro (il settoreèsemprequelloimmobiliare,eluilavoraapercentualesui contrattiportatiabuonfine)doveèsempreimpiegatoinmaniera precaria e spesso allontanato per scarso rendimento. Se a tutto questo si aggiunge la mania per il gioco d’azzardo – aggravata dalla vicinanza con il Casinò di Venezia – si può capire come la miscela psicologica che ne consegue sia diventata esplosiva. Occorre tenere a mente un numero-chiave: il 12. Per un giocatoreinumerisonoimportantierappresentanounprecisoriferimentocabalistico:talvoltapossonoessereconsideraticomebeneauguranti,maancheesprimerel’esattocontrario.Chissàperché Profeta elegge il 12 a suo personale talismano, sta di fatto che sullasuapersonaleruota,chevolevaesseredellafortunaeinvece si rivelerà dell’abisso, esce proprio quel numero. È il 12 gennaio 2001, di venerdì (e anche quella del giorno è scelta carica di simboli), il giorno in cui Michele Profeta spedisce unalettera,vergataconl’ausiliodiunnormografo,allaQuestura di Milano: «Questo è un ricatto, vogliamo 12 miliardi altrimenti uccideremo delle persone a caso in qualsiasi città sarà un bagno disanguedovetepubblicarequestainserzionesul Corrieredella Sera: offresi tornitore specializzato, 12 anni di esperienza e un 96 numero di cellulare. Se non ubbidirete dopo le prime uccisioni manderemo copie alla tv e giornali e magari a qualcuno verrà voglia di imitarci. Scateneremo il terrore». V isto il tono perentorio, frutto di una mente disturbata,gliinquirentidecidonodipubblicarel’annuncio,maatelefonaresarannosolopersoneinteressate all’offertadilavoro:delminacciosoautoredellalettera, invece, nessun segnale. Meno di tre settimane più tardi, lunedì 29 gennaio 2001, a Padova, in una via in periferia viene segnalata la presenza di una persona esanime all’interno di un taxi. È Pierpaolo Lissandron, 40 anni, proprietario dell’auto. Colpito alla nuca da un colpo d’arma da fuoco, morirà appena arrivato in ospedale. Il suo portafoglio non si trova e si pensa a una rapina, finché alla Questura di Milano arriva una seconda lettera:«ContinueremofinoaquandononpubblicheretesulCorrieredellaSeraquestainserzione:offresitornitorespecializzato, 12 anni di esperienza e un numero di cellulare». Passanogiusto12giorni,eilricattatore-assassinoil10febbraio 2001 compie un altro omicidio. L’11 febbraio il cadavere dell’agenteimmobiliareWalterBoscolo,quarantenne,vieneritro- 29 dicembre 2001, il pm di Padova Paolo Fietta entra nel carcere di Voghera per interrogare Michele Profeta: alla vista delle foto dei corpi di Lissandron e Boscolo l'indagato si sentì male, negò tutto e si dichiarò vittima di uno scambio di persona. vato in un appartamento di via San Francesco, sempre a Padova. Le modalità sono le stesse del delitto del tassista: Boscolo è stato ucciso con un colpo di pistola alla nuca, e accanto al corpo ci sono due carte da gioco – il re di quadri e il re di cuori – più un biglietto scritto con il solito normografo: «Anche questa non è una rapina contattate il questore di Milano». Nell’agenda dell’ucciso viene trovato l’appunto «Via san Francesco, davanti alla farmacia, signor Pertini», e l’ora dell’appuntamento. Da un controllo sulle telefonate ricevute dal cellulare di Boscolo e dal fisso della sua agenzia si scopre che alcune sonopartitedaunacabinatelefonicaall’internodell’ospedaledi Noventa Vicentina. La polizia risale a una scheda telefonica già usata da Profeta – che ha una mania anche per i cellulari: al momento dell’arresto ne aveva in uso una decina – per contattare diverse agenzie immobiliari come il signor Pertini, oltre che per mandare addirittura sms al numero indicato dalla questura negli annunci sul Corriere della Sera. Inoltre, una telefonata partita dall’ospedale di Noventa fa risalire a una utenza di Palermo che corrisponde al fratello dell’assassino. È la svolta decisiva. Si arriva in fretta al momentodell’arresto,il16febbraio2001.Vienetrovataintasca a Profeta la carta da gioco che rappresenta il re di fiori, ma lui si rifiuteràsempredidiresestavaprogettandounaltroassassinio. Nella sua macchina viene trovato un normografo, mentre nella casadell’amante,aMestre,vengonorinvenuteunapistoladipiccolocalibroeunascatoladicartucce,elementientrambicompatibili con i due omicidi. Qui si ritrova anche un mazzo di carte: è mancante dei quattro re. D urante gli interrogatori Profeta si ostina nel proclamarsiinnocenteanchedavantiall’evidenza,spesso chiudendosi in un ostinato silenzio. Un muro quasi impenetrabile che però nel tempo, durante i colloqui con gli psichiatri incaricati di verificarne lo stato mentale,mostraqualchecrepa:lentamentel’uomosilasciaandare a qualche ammissione. Le sue dichiarazioni, comunque, non andranno mai oltre il generico, del tipo: «Ho ucciso, ma non so bene perché. Forse ero preda del male, l’entità che guidava le mie azioni». Dalgiudiziodeiperitisievinceunquadropsicologicodell’assassino che ne tratteggia una personalità affetta da manie di grandezzaecompiaciutadell’attenzionechelesuegestacriminali hanno scatenato. Profeta arriva a parlare di sé in maniera esaltata, quando invece la sua vita è stata costellata di fallimen- 97 1978 Incontravalesuevittimeneilocaligay,leinvitava nelsuoappartamento,ledrogavaepoilestrangolava.CosìJeffreyLionelDahmeruccise17 uominitrail1978eil22luglio1991,giornoin cuiTracyEdwardsriuscìasfuggirglieadenunciarlo.Arrestato,confessòtutto.Aggiunseanchediavertagliatoletestedialcunevittimeedi averlefattebollire«perconservarlemeglio»:gli inquirentinetrovaronotreinfrigorifero,mentre neicassettidellacameradalettoscoprirono diversiorganigenitaliemani.Condannatoa15 ergastoli,“ilmostrodiMilwaukee”fuuccisoil 28novembre1994dauncompagnodicellanel carcere di Portage, nel Wisconsin. «Nonhoodiato nessuno.Pensavo diesseremalato, malvagio o entrambelecose. Soquantomale hocausato» jeffreylioneldahmer In alto, a sinistra: Jeffrey Dahmer al processo, 1991; a destra: Jeremiah Weinberger, 23 anni, ucciso da Dahmer. Al centro: la casa del serial killer di Milwaukee. Qui a sinistra, la ricerca del corpo di Stephen Hicks, prima vittima. Sopra: Dahmer in aula. 98 Padova, 24 aprile 2002: Michele Profeta in aula con il suo avvocato Elena Maltarello. Si ipotizzò che Profeta fosse responsabile anche del delitto del netturbino Furio Dubrini, ucciso con un colpo di pistola alla testa il 24 ottobre 2000. Il caso è rimasto irrisolto. ti, sia amorosi sia lavorativi: una frustrazione continua rispetto a un’opposta volontà nell’eccellere (stimolata dalla madre nella competizioneconilfratello)chesiriveladeterminantenellospingerlo agli omicidi. Paradigmatico, secondo il criminologo e psichiatra Vittorino Andreoli, il secondo assassinio commesso dal serial killer, compiutoaidannidell’agenteimmobiliare,uncollega.Secondo Andreoli «l’omicidio va situato nel campo che ha rappresentato il suo lavoro e anche il suo fallimento, come se Profeta avesse un conto aperto da saldare». In questo caso, fra l’altro, lui sa bene che quando si accompagna un cliente a visitare una casa si è soltanto in due, senza testimoni: quasi un “regolamento di conti” con il proprio destino, molto facile da portare a termine. L’ ergastolo (per duplice omicidio volontario premeditato, tentata estorsione aggravata e continuata, detenzione illegale di pistola) con l’aggiunta di due anni di isolamento diurno, viene inflitto a Profeta nella sentenza di primo grado emessa il 23 maggio 2002 dal Tribunale di Padova, e verrà confermato in Appello e in Cassazione. Visto anche un maldestro tentativo di evasione commesso nel 2001 prima del verdetto, l’omicida viene trasfe- rito nel supercarcere di Voghera e sottoposto a rigido controllo personale.Quantoall’argomentodell’esamechestavolgendoal termine all’interno di San Vittore, il 16 luglio 2004, non è dei più facili: “Amazzoni e femminile nella cultura dell’Occidente”. Lacommissioneesaminatrice,intrasfertadallavicinaUniversità statale, è sorpresa dal livello di preparazione e dalla capacità di esposizione del maturo studente che ha di fronte. Non a caso, Michele Profeta era stato soprannominato “il professore” anche per il suo eloquio fluido oltre che per i suoi modi garbati, il piglio sicuro, l’eleganza nei movimenti e nel vestire. E per una presenza fisica affascinante, impreziosita da una barbasaleepepesemprebencurata.Tuttitocchichehariproposto nell’occasione, apparentemente ben sicuro di sé. Sembrascorreretuttoliscio,maimprovvisamenteildetenuto-studentesiaccascia,stroncatodauninfarto,emuoreinpochi secondi. A dispetto della tranquillità che sembrava dimostrare, come invece dirà poi il suo legale, Michele Profeta «era emozionatissimo per la prova che doveva sostenere». Una emozione non data a vedere: lucidamente, come aveva sempre fatto tra ricatti e delitti, il serial killer era riuscito a nascondere le sue pulsioni nel migliore dei modi. Ancora una volta, fino all’estremo. 99