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La schiavitù - Istituto Comprensivo "GB Rubini"
La Schiavitù Istituto Comprensivo G.B. Rubini Rodolfi Chiara Cucchi Matilde 3^C La Schiavitù Lo schiavismo è quel sistema sociale ed economico basato sulla schiavitù, e quindi dell'imposizione di diritti di proprietà sulla persona. Secondo definizione dell' ONU, la schiavitù è: « lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà o taluni di essi, e lo «schiavo» è l’individuo che ha tale stato o condizione » Storicamente il proprietario di uno schiavo aveva diritto di vita e di morte su di esso e sulla sua famiglia, e aveva diritto a sfruttarne il lavoro senza fornire nessun compenso; spesso il costo per il lavoro degli schiavi era limitato al necessario per la loro sopravvivenza. Uno schiavo poteva nascere in questa condizione, se figlio di schiavi, oppure poteva perdere la libertà in determinate situazioni, le più comuni delle quali erano la cattura in guerra o la schiavitù per debiti, per cui un debitore, se non era in grado di rimborsare il proprio creditore, diventava egli stesso una sua proprietà. La definizione dello schiavismo comporta innumerevoli problemi: infatti esistono le più svariate forme di transizione tra rapporti di semplice sfruttamento e rapporti di schiavitù vera e propria (un caso classico di forma di transizione, assai diffuso del Medioevo, era ad esempio la servitù della gleba). La complessità del problema rende perciò arduo valutare statisticamente il fenomeno nelle varie società (tra cui quella attuale). Tra le varie e numerose forme di schiavismo moderno, particolarmente vergognosa è la Piaga della schiavitù di bambini reclutati a scopi militari, o di soddisfacimento sessuale, o per i lavori forzati nell'agricoltura. In quanto segue, si ripercorrono alcune tappe storiche del fenomeno, cominciando dall'antichità classica. Secondo la maggior parte delle fonti, il termine schiavo deriva dal termine "slavo", in quanto nel medioevo il commercio di schiavi si riforniva soprattutto nell'Europa orientale. L'effetto dello schiavismo sulle società africane è un tema molto controverso. All'inizio del XIX secolo, gli abolizionisti denunciarono lo schiavismo non solo come pratica immorale e ingiusta nei confronti dei deportati, ma anche come danno insanabile nei confronti dei paesi da cui venivano prelevati gli schiavi: a tal proposito si parla anche di diaspora nera o africana. In seguito, quest'ultimo punto è stato talvolta messo in discussione, per lo meno rispetto all'impatto demografico del fenomeno: la percentuale di schiavi sottratti ai loro paesi, pur alto (soprattutto nel caso del commercio di schiavi attraverso l'Atlantico), è in ogni caso largamente inferiore al tasso di crescita di quelle popolazioni. Origini Civiltà antiche La schiavitù era ampiamente accettata nella gran parte delle civiltà antiche, ed era regolata dalle leggi e dalle consuetudini come ogni altra pratica economica. Nella civiltà antica romana ha rappresentato il culmine delle società schiaviste, nelle quali il lavoro degli schiavi rappresentava una componente essenziale dell'economia: uno dei più importanti frutti delle guerre di conquista, per i Romani, era l'acquisizione di nuovi schiavi. Anche l'antica Grecia basava gran parte della sua economia sugli schiavi, tanto è vero che ad Atene per lunghi periodi ci sono stati più schiavi che uomini liberi. La vasta portata del fenomeno economico-sociale spiega come mai sia stato possibile, in antichità, costruire arditi capolavori architettonici che, nonostante la loro semplicità tecnica, oggi stupiscono (oltre che per la loro bellezza) per le loro dimensioni e la loro accuratezza. Civiltà antica romana In ognuna delle fasi storiche di Roma si può riscontrare il fenomeno della schiavitù. L'entità numerica e l'importanza economica e sociale della schiavitù nella Roma antica aumentò con l'espansione del dominio di Roma e la sconfitta di popolazioni che venivano sottomesse e molto spesso rese schiave. Soltanto a partire dal Tardo Impero con la conclusione delle guerre di conquista, l'ascesa al potere di imperatori non italici, la diffusione del Cristianesimo e la concessione della cittadinanza romana a molti popoli barbari (in seguito al loro arruolamento nelle legioni romane oppure al pagamento di tributi), il fenomeno della schiavitù cominciò a declinare e poi estinguersi progressivamente. I romani consideravano l'essere schiavi come una condizione infame ed un soldato romano preferiva togliersi la vita piuttosto che diventare schiavo di un qualsiasi popolo 'barbaro' (termine derivante dalla lingua greca, βάρβαρος, con cui prima i greci e poi i romani definivano gli 'stranieri', ossia rispettivamente i 'non greci' e i 'non romani'). Medioevo Per quanto riguarda la servitù della gleba, che costituiva il principale fenomeno di lavoro forzato dell'epoca storica, va detto che essa non costituisce un fenomeno di schiavitù vera e propria. Comunque si ricorda in questa sede che oltre ai contadini privi di libertà (villani) c'erano degli schiavi (servi, ancillae). Anche i conventi, ad esempio in Inghilterra si servivano del lavoro degli schiavi. Si tratta, però, di sopravvivenze del sistema antico, a cui la Chiesa, in genere, si opponeva. Alla fine del X secolo la schiavitù era praticamente eliminata in gran parte dell'Europa. Carlo Magno, ad esempio, proibì ai cristiani di utilizzare altri cristiani come schiavi, ma spesso il divieto non veniva osservato. Nell'Europa medievale in realtà la schiavitù finì anche perché la Chiesa estese a tutti gli schiavi i sacramenti e fece in modo di far proibire la schiavitù per i cristiani e gli ebrei, tanto da ottenere una abolizione totale della schiavitù nelle terre dei re cristiani. Se la schiavitù era proibita, questo non valeva per il commercio degli schiavi. Durante tutto il medioevo questo commercio fu fiorente, ed il principale mercato era la città di Verdun, in cui giungevano soprattutto dalla Polonia e venivano inviati via Spagna nei paesi arabi. Non per niente i primi paesi europei a proibire il commercio di schiavi furono Polonia e Lituania nel XVI secolo. I mercanti erano principalmente ebrei (ai cristiani era proibito). Si osservarono però i primi fenomeni di traffico marittimo di schiavi africani, dato che nei Paesi Islamici la schiavitù allora prosperava. Questa pratica avrebbe avuto maggior espansione in età moderna, dopo le grandi scoperte geografiche. La tendenza di fondo era chiara: la schiavitù non avrebbe più colpito le popolazioni cristiane, ma ne avrebbe colpite altre. Il fenomeno della schiavitù conobbe però un nuovo triste culmine tra i secoli XIV e XVII e i paesi dell'Europa ne furono questa volta vittime. Arabi e turchi gestivano infatti un fiorente commercio di schiavi bianchi, commercio che si intensificò con numeri da capogiro con l'espansione dell'Impero ottomano nel Mediterraneo. Interessati più al commercio degli schiavi che alle conquiste territoriali, i Turchi razziavano soprattutto le coste dell'Italia, ma anche della Spagna e dei paesi slavi, rapendo e riducendo in schiavitù persone anche in numero di migliaia per volta. Sebbene persistenti leggende letterarie abbiano tramandato lo stereotipo della cosiddetta "tratta delle bianche", in realtà nove schiavi su dieci erano maschi perché il mercato richiedeva muratori, contadini e soprattutto rematori nelle galee. Vero che donne giovanissime e belle - meglio se di estrazione nobile potevano essere prede ambite da collocare sul mercato come concubine per gli harem di ricchi signori ottomani, ma potevano anche essere utilizzate come semplici domestiche per le padrone musulmane. Il commercio degli schiavi L'espressione commercio di schiavi si riferisce alla tratta atlantica verso l'Oceano Atlantico fra il XVI e il XIX secolo. La pratica di deportare schiavi africani verso l’ America fu un elemento fondamentale della nascita e dello sviluppo delle colonie europee prima del Sud e Centro America e poi anche del Nord America. Il trasferimento degli schiavi attraverso l'Atlantico, dalla costa occidentale dell'Africa al Nuovo Mondo era il tratto intermedio del viaggio che le navi compivano dopo essere partite dall'Europa con prodotti commerciali (stoffe, liquori, tabacco, perline, conchiglie particolari, manufatti di metallo, armi da fuoco) che servivano come merce di scambio per l'acquisto degli schiavi da traghettare nelle Americhe, da dove le navi ripartivano cariche di materie prime, completando così quello che è chiamato il "commercio triangolare". La tratta atlantica Sulla costa venivano imprigionati in fortezze o in capanne dette "barracoons" dove sostavano in attesa delle navi per la traversata per molti giorni o settimane, trafficanti provenienti dalle Americhe e dai Caraibi caricavano la "merce umana" sulle navi. Si stima che il 15% degli africani morivano in mare, con un tasso di mortalità sensibilmente più alto nella stessa Africa nelle fasi di cattura e trasporto dei popoli indigeni alle navi. La durata della traversata variava da uno a sei mesi a seconda delle condizioni atmosferiche. Questo ebbe effetti benefici anche per quanto riguardava la "abitabilità" delle navi riducendo l'umidità all'interno dello scafo. Le navi schiaviste tipicamente trasportavano diverse centinaia di schiavi con un equipaggio costituito di una trentina di persone (equipaggio doppio rispetto alle normali navi per poter controllare eventuali insurrezioni: mediamente in una nave su dieci scoppiavano ribellioni). I prigionieri maschi erano incatenati insieme a coppie per risparmiare spazio: la gamba destra di un uomo legata alla gamba sinistra del successivo. Donne e bambini avevano un po' più di spazio. Le donne e le ragazze salivano a bordo delle navi nude, tremanti e terrorizzate, spesso pressoché esaurite per il freddo, la fatica e la fame, in preda alle maniere rudi (e alle violenze) di gente brutale che parlava una lingua a loro incomprensibile. I prigionieri ricevevano come alimenti fagioli, mais, patate, riso e olio di palma in uno o due pasti al giorno, ma le razioni erano scarse. La razione quotidiana di acqua era di mezza pinta (circa mezzo litro) che portava frequentemente alla disidratazione perché oltre alla normale traspirazione erano frequenti mal di mare e diarrea. Oltre alle malattie fisiche, molti schiavi diventavano troppo depressi per mangiare o mantenere un'efficienza fisica e mentale per la perdita della libertà, della famiglia, della sicurezza e della loro umanità. Il suicidio era un evento frequente, spesso rifiutando il cibo o le medicine o gettandosi in mare o in altri modi. La frequenza di suicidi era tale che gli schiavisti usavano vari strumenti e metodi per costringere a nutrirsi il loro carico umano che veniva tenuto incatenato per quasi tutto il tempo. Abolizionismo Abolizione della tratta degli schiavi L'abolizione della tratta degli schiavi si riferisce all'approvazione,con iniziative sia nazionali che sovranazionali, di leggi che hanno vietato il commercio di schiavi, ma non la schiavitù in sé. Primi paesi abolizionisti Il primo paese a proibire la tratta degli schiavi fu la Repubblica Serenissima di Venezia nel 960, con la promissione del XXII Doge Pietro IV Candiano. Abolizione negli altri paesi Alla fine del XIX secolo, tutta l'Africa era stata spartita in colonie, e praticamente tutti i regimi coloniali avevano imposto l'abolizione della schiavitù. Nel continente africano tuttavia il commercio continuava in paesi come l'Etiopia, che lo proibì solo nel 1932. Un'altra pietra miliare fu la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, il cui articolo 4 vietava la schiavitù in tutte le sue forme. Il primo paese arabo-musulmano ad abolire la tratta di schiavi fu la Tunisia nel 1846, ma ciò avvenne di fatto solo nel 1881, con l'occupazione francese. Yemen e Arabia Saudita l'abolirono nel 1962. La Mauritania nel 1980 è stato l'ultimo paese ad abolire ufficialmente ogni forma di schiavitù. Dichiarazione universale dei diritti umani <<Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.>> (Il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani.) La Dichiarazione universale dei diritti umani, spesso indicata con la sigla DUDU è un documento sui diritti individuali, firmato a Parigi il 10 dicembre 1948, la cui redazione fu promossa dalle Nazioni Unite perché avesse applicazione in tutti gli stati membri. La Dichiarazione universale dei diritti umani è composta da un preambolo e da 30 articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. I diritti dell'individuo vanno quindi suddivisi in due grandi aree: i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali. Nel testo originale della Dichiarazione la parola "individuo" è ripetuta in molti articoli. La Dichiarazione può essere suddivisa in 7 argomenti: • il preambolo enuncia le cause storiche e sociali che hanno portato alla necessità della stesura della Dichiarazione; • gli articoli 1-2 stabiliscono i concetti basilari di libertà ed eguaglianza; • gli articoli 3-11 stabiliscono altri diritti individuali; • gli articoli 12-17 stabiliscono i diritti dell'individuo nei confronti della comunità ; • gli articoli 18-21 sanciscono le cosiddette "libertà costituzionali", quali libertà di pensiero, opinione, fede e coscienza, parola, associazione pacifica dell'individuo; • gli articoli 22-27 sanciscono i diritti economici, sociali e culturali dell'individuo; • i conclusivi articoli 28-30 stabiliscono le modalità generali di utilizzo di questi diritti, gli ambiti in cui tali diritti dell'individuo non possono essere applicati, e che essi non possono essere ritorti contro l'individuo. Donne La schiavitù della donna Soltanto l'uomo libero godeva dei diritti politici (votare, eleggere e farsi eleggere, percorrere la carriera politica). La donna ne era del tutto esclusa; anche per esercitare i diritti civili (sposarsi, ereditare, fare testamento) aveva bisogno del consenso di un tutore, di un uomo che esercitasse su di lei la tutela: questi era il padre, poi il marito e, all'eventuale morte del marito, il parente maschio più prossimo. Le limitazioni alla capacità giuridica della donna romana vengono spiegate dai giuristi latini con pretese qualità negative come ignoranza della legge, inferiorità naturale debolezza sessuale, leggerezza d'animo. Da un punto di vista sociale, la donna che aveva avuto un solo marito aveva maggiori considerazioni di una che ne aveva avuti diversi. Il solo ambito dell'attività pubblica al quale le donne romane potevano partecipare era quello religioso. Da tutte le altre opere pubbliche, erano escluse. La donna di famiglia ricca godeva anche di una certa libertà di movimento: partecipava ai banchetti in compagnia del marito (contrariamente a quanto accadeva in Grecia), poteva far visite alle amiche o passeggiare liberamente per la città e talvolta influiva indirettamente sulla politica romana, naturalmente sempre attraverso qualche uomo. Ma fra tutte le donne, quelle che vivevano nella condizione più dura e disumana erano sicuramente le schiave: considerate parte del patrimonio familiare, trattate come oggetti, erano destinate alle attività più pesanti (il lavoro nei campi, la macinatura del grano, la pulizia della casa). Queste donne, senza alcuna libertà, dovevano essere inoltre a disposizione dei maschi della famiglia, non avevano il diritto di sposarsi e, se legate ad un uomo anch'esso schiavo, la loro unione poteva essere interrotta dal padrone che, in qualunque momento, aveva la facoltà di vendere uno dei due conviventi. Anche i loro figli non avevano diritti: generati da una schiava erano anch'essi considerati schiavi. La condizione femminile nel mondo oggi è cambiata infatti le donne si sono battute per sostenere cambiamenti nel campo del diritto, dal voto all'IVG cioè all’aborto non naturale, dal divorzio alle leggi in materia di violenza sessuale. La condizione femminile nel mondo oggi Paesi occidentali industrializzati Le conquiste femminili nel mondo occidentale si sono tradotte in maggiori diritti e in un divario meno ampio tra i sessi. Malgrado questo, nemmeno nel mondo occidentale è stata raggiunta un'effettiva parità. La violenza sulle donne è una piaga presente tutt'oggi anche nei paesi occidentali. In base ad un'indagine del Parlamento Europeo, almeno il 20% delle donne europee ha subito violenza nelle relazioni familiari e questa è una delle principali cause di decesso per le donne. Paesi in via di sviluppo In alcune zone dell'Africa orientale è particolarmente diffusa la cruenta pratica dell'infibulazione che viene inflitta alle bambine. In molte zone rurali dell'Asia avviene tuttora la soppressione dei neonati di sesso femminile e anche l'aborto dei feti femminili. La schiavitù oggi La schiavitù dei bambini Il lavoro infantile, o lavoro minorile, è un fenomeno che coinvolge i bambini di età compresa fra i 5 e i 15 anni in tutto il pianeta. Le aree principalmente interessate dal lavoro minorile sono i paesi in via di sviluppo o non sviluppati, quali: Asia, Oceania, Europa dell'Est, (soprattutto i paesi dell'estremo est dell'Europa), Africa e America del Sud, ma soprattutto Colombia e Brasile. Non sono però esclusi dal fenomeno Stati Uniti ed Europa. Pur essendo presente in tutto il mondo, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo si presentano determinate condizioni che favoriscono questo fenomeno. Il lavoro infantile si presenta dunque anche in regioni ricche di risorse e con un’economia florida, in cui però il reddito pro capite è molto basso e vi è un numero consistente di persone in stato di sottosviluppo e nei Paesi dove, ad esempio nel settore dell'agricoltura, solo un'élite controlla buona parte dei fondi coltivabili. Non ci sono dati concreti sull'inizio dello sfruttamento minorile in ambito lavorativo. Sono tuttavia presenti numerosi riferimenti all'utilizzo nell'antichità di forme di sfruttamento legate alla schiavitù o al lavoro agricolo e di allevamento. Fu con l'avvento della rivoluzione industriale che il lavoro minorile venne sfruttato su larga scala nelle fabbriche, soprattutto tessili, dove i bambini lavoravano fino a 15 ore al giorno e venivano pagati così poco da non poter comprarsi il cibo. Storia di Iqbal Storia di Iqbal Iqbal Masih è nato in Pakistan nel 1983 da una famiglia povera; a quattro anni fu costretto ad andare a lavorare in una fabbrica per ripagare un prestito concesso alla sua famiglia: Iqbal visse in schiavitù per diversi anni, incatenato a un telaio, per ripagare con il suo lavoro un debito della misera cifra di sedici dollari. Ma all’età di dieci anni Iqbal si ribellò. Nel 1993, durante una manifestazione sui diritti umani, pronunciò un discorso di denuncia che venne riportato dai giornali locali e poi si rifiutò di tornare al lavoro nella tessitura di tappeti. Grazie alla sua lotta riuscì a ottenere la libertà e cominciò a cercare di far conoscere al mondo la situazione dei bambini pakistani per riuscire a liberarli dalla schiavitù dello sfruttamento del lavoro. Ma la mafia dei tappeti lo uccise con un colpo di pistola, il giorno di Pasqua del 1995, a Muritke, un villaggio a poca distanza da Lahore. I mandanti e gli esecutori del delitto non sono mai stati scoperti. Da allora Iqbal è diventato il simbolo della lotta contro lo sfruttamento del lavoro minorile. Iqbal Masih in una foto ricordo della sua triste infanzia. Il commercio triangolare Né in America settentrionale, né in America meridionale fu possibile sfruttare la mano d'opera locale durante il periodo del colonialismo europeo. Gli indios sudamericani non avevano i requisiti fisici necessari per svolgere i lavori più pesanti e non avevano resistito alle epidemie di vaiolo introdotte dagli spagnoli. I neri d'Africa, per loro natura più resistenti, costituivano da questo punto di vista un'alternativa. Venivano reclutati sul posto, il più delle volte acquistati da mercanti arabi. Il contesto più ampio in cui si introduceva la tratta degli schiavi era quello del cosiddetto commercio triangolare che, intorno al XVII secolo/fine 1660 ruotava tra i vari continenti affacciati sull'oceano Atlantico su grandi e moderne navi. Una volta comprati o catturati, gli schiavi attraversavano l'oceano (ci sono degli schiavi che si suicidavano cioè si buttavano in mare) verso il continente americano per svolgere lavori negli orti. Dall'Europa alcuni prodotti tessili venivano poi esportati, per esser barattati con nuovi schiavi. Scopo dell'immensa rotazione era anche quello di creare ricchezza pagando i mercanti di schiavi africani con merce di poco valore, ma tecnologicamente abbastanza interessante (forbici, bigiotteria, stoffe ecc.). Questo sistema conosceva una triste e ricca gamma di variazioni: ad esempio, dall'Africa gli schiavi raggiungevano i paesi dell'America Latina e lavoravano per l'agricoltura, la quale forniva zucchero da esportare in Nordamerica. Dal Nordamerica, i beni prodotti con queste risorse (ad esempio i liquori come il rum) attraversavano l'Atlantico, venendo trasportati dal nuovo mondo: essi erano destinati ai mercanti di schiavi in Africa o alla vendita in Europa, e così si chiudeva il ciclo. Quest'ultimo aveva una durata annuale. Ogni percorso veniva coperto da navi diverse. Dal punto di vista sociale, la detenzione ed il commercio degli schiavi fiorirono proprio anche perché in Africa erano attività legali. Una parte degli schiavi era infatti destinata al mercato interno africano: soprattutto, era in voga l'esportazione di schiavi destinata ai porti mediterranei dell'Africa del Nord. Nonostante il commercio fosse in buona parte legale, la Chiesa Cattolica condannava l'intero commercio costruito dagli europei (che facevano uso della cosiddetta tratta atlantica), attraverso l'emissione di bolle papali. Il commercio degli schiavi sulla tratta occidentale era controllato da compagnie francesi, olandesi,tedesche ed inglesi. Neri d’Africa Dai canti di lavoro al blues Per trovare le origini del jazz bisogna risalire alla scoperta dell’America, in seguito alla quale la richiesta di manodopera per le piantagioni di tabacco, cotone e canna da zucchero dei grandi proprietari terrieri provoca la tratta degli schiavi neri. A partire dal cinquecento fino all’ottocento, le navi negriere importano milioni di schiavi neri dall’Africa alle coste americane. Gli schiavi vivono in condizioni penose: costretti, in catene, a lavorare nei campi di cotone, in un Paese del quale non capiscono la lingua e i costumi. I contatti con la società dei bianchi sono minimi e la cultura africana sopravvive nei racconti, nelle danze e nei canti tramandati dagli anziani. Durante il duro lavoro nei campi gli schiavi intonano i work songs (canti di lavoro). Questi canti vengono permessi dai proprietari terrieri perché contribuiscono ad alleviare la fatica e, sincronizzando il ritmo del canto con il movimento delle braccia, a rendere più produttivo il lavoro. Negli Spirituals (canti spirituali) i testi sono di argomento sacro e nei Gospel (che significa <<parola di Dio>>) i testi sono tratti dalle sacre scritture. Anche questi canti vengono spesso intonati durante il lavoro; come i work song presentano un ritmo marcato e la melodia viene prima intonata da un solista e poi ripresa dal coro. L’ abolizione della schiavitù, che coincide con la fine della guerra civile americana (1861-1865),paradossalmente peggiora la situazione dei Neri: cacciati dalle piantagioni, sono costretti a vagare per le campagne e per le città del sud degli Stati Uniti e in particolare nella zona del Mississipi alla ricerca di lavoro. La loro triste condizione di vita vagabonda viene raccontata attraverso canti che prendono il nome di blues. I Neri iniziarono a utilizzare gli strumenti abbandonati dai soldati che comprarono a Basso prezzo e da qui danno origine ad un nuovo genere musicale, il cui ritmo è vivace e il timbro dello strumento è rauco: il Jazz. America L'America fu ufficialmente scoperta dal "Vecchio Mondo" il 12 ottobre 1492, con il viaggio di Cristoforo Colombo, un navigatore italiano inviato dalla regina di Spagna, e dal quindicesimo secolo sono state teatro di numerose esplorazioni e conseguenti colonizzazioni. Si ritiene tuttavia che i primi europei a giungere nel Nuovo Mondo siano stati alcuni vichinghi, che sarebbero sbarcati sull'isola di Terranova e forse sulle coste del Canada attorno al 1100. I viaggi di Cristoforo Colombo (1492-1502) posero l'America in contatto permanente con le potenze europee (e successivamente, anche extraeuropee) del Vecchio Mondo, il che portò al cosiddetto "scambio colombiano". Malattie introdotte da Europa e Africa devastarono i popoli indigeni, e le potenze europee colonizzarono l'America. L'emigrazione di massa dall'Europa, tra cui un gran numero di servi a contratto, e l'immigrazione forzata di schiavi africani in gran parte sostituirono i popoli indigeni. Nel 1776 firmarono la dichiarazione d’indipendenza, diritto alla libertà e abolizione schiavitù in parecchi stati. Nel 1863 durante guerra di secessione, Lincoln dichiara gli schiavi uomini liberi. ONU L’ONU è l’Organizzazione delle Nazioni Unite. Istituita nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale, ha sede a New York al Palazzo di Vetro. L'articolo 1 e 2 dello Statuto delle Nazioni Unite riassumono gli scopi e i principi che l'organizzazione internazionale si è prefissata: 1.mantenere la pace e la sicurezza internazionale; 2.promuovere la soluzione delle controversie internazionali e risolvere pacificamente le situazioni che potrebbero portare ad una rottura della pace; 3.sviluppare le relazioni amichevoli tra le nazioni sulla base del rispetto del principio di uguaglianza tra gli Stati e l'autodeterminazione dei popoli; 4.promuovere la cooperazione economica e sociale; 5.promuovere il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali a vantaggio di tutti gli individui; 6.promuovere il disarmo e la disciplina degli armamenti; 7.promuovere il rispetto per il diritto internazionale e incoraggiarne lo sviluppo progressivo e la sua codificazione. I simboli della pace Martin Luther King Martin Luther King nasce il 15 gennaio 1929 ad Atlanta una stato della Georgia. Nacque in una famiglia benestante e cresciuto inizia a lavorare a 8 anni per imparare il valore del denaro ma più tardi studia teologia e diventa un pastore battista come il padre. A 14 anni subisce la prima grande ingiustizia, per cui decide di dedicarsi alla causa dei neri. Nel dicembre 1955 fu il leader della famosa «protesta degli autobus» in Montgomery in seguito del caso Rosa Parks, una signora di colore che tornata dal lavoro sull’autobus non ha lasciato i posti davanti ai bianchi come dettavano le regole. Dal 1957 al 1968 King fu il leader dei movimenti non violenti per i diritti umani. Lui fece 2500 discorsi, scrisse 5 libri e la polizia lo arrestò venti volte. Nel 1963 Kennedy gli diede il permesso per organizzare la marcia su Washington in cui pronunciò il suo più famoso discorso «I have a dream» difronte a 250 000 persone. King divenne il simbolo leader degli afro americani. Lui ricevette il premio Nobel per la pace nel 1964 all’età di 35 anni. Tragicamente il 4 aprile 1968 fu assassinato in Memphis in Tennessee. METODI DI CONTESTAZIONI • Non ricorre mai alla violenza ma utilizza discorsi appassionati • Utilizza il boicottaggio, azioni di disturbo come non acquistare in negozi razzisti o senza dipendenti neri. • Promuove manifestazioni di massa pacifiche. • Promuove dibattiti in varie località e marce FRASI CELEBRI • «Forse non sarà per oggi, forse non sarà per il domani, ma è bene che ci provi». • «Il sogno può anche non realizzarsi, ma è comunque bene che tu abbia un desiderio da realizzare». I simboli della pace Fuori dalla sede dell’ONU a New York sono presenti due monumenti simboli della pace: l’uomo della pace e la scultura della pace. L’UOMO DELLA PACE ricorda il discorso di Martin Luther King del 28 agosto 1963 di fronte ad una manifestazione antirazzista di bianchi e neri in cui disse:<<Vorrei che gli uomini mutassero le spade in aratri…>> LA SCULTURA DELLA PACE è una rivoltella annodata su sé stessa che venne regalata dal Lussemburgo nel 1988. Simboleggia il messaggio contro le armi. ONG Le grandi Ong (Organizzazioni non governative) internazionali e le più piccole ONLUS (Organizzazioni non lucrative di utilità sociale) a base no profit, cioè senza fini di guadagno, della propria attività, sono gestite quasi esclusivamente su base volontaria per vari scopi politicosociale. Tra queste, l’ Amnesty International si propone di accertare, rendere pubblici e combattere tutti i casi di violazione dei diritti umani che si verificano in 150 paesi del mondo, anche europei: dalla tortura alle detenzioni illegali, dalle discriminazioni razziali e di genere, per esempio contro le donne, alla pena di morte. Il berretto frigio Il berretto frigio o cappello frigio ha una particolare forma che nasce da quella della pelle di capretto aperta, inizialmente il berretto era composto da una pelle intera, le zampe posteriori erano legate al mento mentre quelle anteriori andavano a formare la caratteristica punta che poteva cadere in modo morbido sul davanti o sul dietro o rimanere più rigida in posizione verticale. Col tempo il berretto non è stato più formato da pelle di un solo capretto ma nonostante questo ne ha mantenuto la particolare forma. Fu dapprima utilizzato dai sacerdoti del Sole nella regione omonima della Frigia (Asia Minore), nell'attuale Anatolia turca. Nell'arte greca del periodo ellenistico appare come indumento tipico degli orientali. Più tardi, nell'Antica Roma, divenne il copricapo che veniva donato dal padrone agli schiavi liberati, i liberti; fu quindi molto probabilmente in epoca romana che il berretto frigio assunse il suo valore simbolico di libertà. Norme giuridiche contro la schiavitù in Italia La Costituzione e la schiavitù La schiavitù è una condizione cui l'uomo ha sottoposto nei secoli altri uomini allo scopo di utilizzarne l'energia per il lavoro. Tra le molte cause di questo fenomeno c'è la disoccupazione. Una persona disoccupata, infatti, è disposta a lavorare in qualsiasi condizione pur di guadagnare del denaro indispensabile alla sua sopravvivenza. Ci sembra opportuno evidenziare che entrambi i fenomeni sono in contrasto con due articoli della Costituzione Italiana, l'art.3 per la schiavitù e l'art.4 per la disoccupazione. Infatti l'art.3 dice che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge" e che "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". L'art.4 dice che "Ogni cittadino ha il dovere di svolgere secondo la propria possibilità e la propria scelta un'attività". La schiavitù oggi Nonostante l'universale condanna la schiavitù è una realtà del mondo contemporaneo, un fenomeno complesso e in continua evoluzione. Oggi si parla di milioni di vittime che fruttano all'economia mondiale miliardi di dollari. Uomini, ma soprattutto donne e bambini, sono soggetti a nuove forme di sfruttamento estremo e violazioni dei diritti umani. Varie sono le forme di schiavitù odierna: la tratta, lo sfruttamento sessuale di donne e bambini, il lavoro forzato, la servitù domestica, lo sfruttamento di bambini nei conflitti e per l'accattonaggio. La tratta degli esseri umani è il trasferimento di persone con la violenza, l'inganno o la forza finalizzato al lavoro forzato, alla servitù o a pratiche assimilabili alla schiavitù. Costituisce schiavitù perché i "trafficanti" usano violenza, minacce e altre forme di coercizione per costringere le proprie vittime a lavorare contro il loro volere. Ciò comprende la limitazione della (loro) libertà di movimento, della scelta di dove e quando lavorare, e quanto e se le vittime debbano essere pagate (per costringere le persone a lavorare contro la loro volontà). È un problema su scala mondiale. Avviene sia all'interno, sia attraverso i confini nazionali, ed è una delle attività più redditizie della criminalità internazionale. In un rapporto pubblicato dal governo statunitense nell'aprile del 2002 si stima che il traffico mondiale ammonti a 700.000 persone ogni anno. Centinaia di donne e bambini vengono comprate e trasferite nel Regno Unito ogni anno. In una ricerca commissionata dal Ministero degli Interni nel 2000 si stima che, in un anno, fra le 142 e le 1.420 donne vengano vendute verso il paese; il dato potrebbe essere più alto, in quanto la ricerca si basa unicamente sui casi denunciati. Le vittime della tratta sono destinate a situazioni di sfruttamento diverse. Per esempio, i bambini dell'Africa occidentale vengono utilizzati in un'ampia gamma di mestieri, e trasportati illegalmente in tutta la regione; le donne cinesi e vietnamite vengono vendute in alcune isole del Pacifico come manodopera per laboratori clandestini che fabbricano merci destinate al mercato statunitense; gli uomini messicani vengono comprati per lavorare nelle aziende agricole statunitensi. Sfruttamento minorile Gli Stati riconoscono il diritto di ogni bambino ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”: così dice l’articolo 32 della convenzione ONU sui diritti dell’infanzia. Tuttavia secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Lavoro, nel mondo 250 milioni di bambini al di sotto dei 14 anni sono costretti a lavorare. È difficile però avere dati certi sull’entità del lavoro minorile in quanto non esistono statistiche complete e nella gran parte dei casi i governi e i datori di lavoro si rifiutano di ammetterne l'esistenza. Lo sfruttamento minorile è al tempo stesso causa e conseguenza della povertà. Ma, nonostante la relazione fra povertà e lavoro minorile, non bisogna concludere che lo sfruttamento minorile sia un frutto inevitabile della povertà, perché ci sono nazioni con un reddito pro capite basso che hanno pochi bambini al lavoro e viceversa. Il lavoro minorile si sviluppa quando la gente deve affrontare da sola la propria povertà. Senza scuola e sanità gratuita, senza quella solidarietà sociale che consente di soddisfare almeno i bisogni di base, le famiglie devono chiedere a tutti i componenti, compresi i più piccoli, di darsi da fare per rispondere ad un unico imperativo: sopravvivere Storia di Iqbal