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Scuola poetica siciliana

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Scuola poetica siciliana
SCUOLA POETICA
SICILIANA
SITUAZIONE POLITICA
DELL’ITALIA
• CENTRO-NORD: Comuni e Stato
della Chiesa
• SUD: Monarchia Sveva
IL SUD ITALIA
Centro culturale più aperto in Italia
all’inizio del XIII: corte di Federico II di
Svevia, nipote di Federico Barbarossa, in
Sicilia
FEDERICO II
 Unisce in sé il titolo di Imperatore del
Sacro Romano Impero e la Corona di Re
di Italia, ereditati dal padre Enrico, figlio
di Federico I, e la corona del Regno
Normanno di Sicilia, di cui era erede la
madre, Costanza d’Altavilla.
FEDERICO II E LA
CULTURA
Federico II:
• Dà impulso alla Scuola Retorica di Capua e a
quella Medica di Salerno
• Fonda l’Università di Napoli
• Si interessa allo studio delle discipline
filosofiche e promuove lo studio del Latino
• Scrive un trattato di falconeria in Latino e
alcune rime.
SCUOLA POETICA
SICILIANA
1230-1250:
In Sicilia sorgono imitatori
della poesia trobadorica,
che, però, non utilizzano la
lingua d’Oc, bensì il loro
volgare.
LA LINGUA
Si tratta di un volgare siciliano depurato,
estremamente raffinato ed influenzato dal
periodare latino (anche se a noi i testi dei Siciliani
sono giunti copiati dai Toscani e con una veste
linguistica toscanizzata).
Dante lo definisce un “volgare illustre”, adoperato
con intenzione non dialettale e letterariamente
nobilitato.

Prima scuola poetica italiana
SCUOLA POETICA
La definizione di Scuola Poetica Siciliana
risale a Dante, che è il nostro primo
critico della letteratura.
Nel libro I del De vulgari eloquentia Dante
riconosce che “tutto quanto gli Italiani
compongono in poesia è detto Siciliano”
SCUOLA POETICA
Si può parlare di scuola, perché si riscontra tra i
vari poeti una comunanza di temi e di stile,
riconducibile alla presenza di un caposcuola,
Iacopo da Lentini, il Notaio.
E’ ancora Dante nel Purgatorio ad attribuirgli
questo ruolo.
A lui si deve un’originale rielaborazione del
modello provenzale, attraverso una selezione
dei contenuti e delle scelte formali.
I POETI
I poeti di tale scuola, a differenza dei Provenzali,
non sono poeti di professione, sono tutti
funzionari della corte dell’imperatore, la magna
curia:
• Iacopo da Lentini
• Pier delle Vigne
• Guido delle Colonne
• Giacomino Pugliese
• Stefano Protonotaro
FORME METRICHE
• Si tratta di una poesia estremamente raffinata
• Si rinuncia all’accompagnamento musicale: ciò
comporta una natura più spiccatamente
letteraria dei testi, che nascono per essere letti
e non recitati.
• Le forme metriche e i procedimenti stilistici
sono
quelli
della
lirica
provenzale,
ulteriormente elaborati.
• A tali forme metriche la scuola siciliana
aggiunge una forma originale: il SONETTO
Il SONETTO
 La parola sonet esisteva già in Provenzale con il
significato generico di “componimento poetico
accompagnato dalla musica”.
 In Italia viene ad indicare una determinata forma
metrica inventata forse da Iacopo da Lentini
 Deriva forse da una stanza (strofa) di canzone
 Consta di 14 endecasillabi, suddivisi in quattro
strofe, due quartine e due terzine. Lo schema
delle rime è vario
 Al sonetto si adattano i più diversi argomenti
OR COME POTE
Or come pote sì gran donna entrare
Per gli ochi mei che si picioli sone?
e nel mio core come pote stare,
che 'nentr'esso la porto laonque i' vone?
Loco la onte entra già non pare,
ond'io gran meraviglia me ne done;
ma voglio lei a lumera asomigliare,
e gli ochi mei al vetro ove si pòne.
Lo foco inchiuso, poi passa di fore
Lo suo lastrone, sanza far rotura:
così per gli ochi mi pass'a lo core,
no la persona, ma la sua figura.
rinnovellare mi voglio d'amore,
poi porto insegna di tal creatura.
Molti amadori
Molti amadori la loro malatia
portano in core, che 'n vista non pare;
ed io non posso sì celar la mia,
ch'ella non paia per lo mio penare:
però che so sotto altrui signoria,
né di meve non ho neiente a ffare,
se non quanto madonna mia voria,
ch'ella mi pote morte e vita dare.
Su'è lo core a suo so' tutto quanto;
e chi non ha consiglio da suo core
non vive infra la gente como deve:
cad io non sono mio né più né tanto,
se non quanto madonna è de mi fore
ed uno poco di spirito è 'n meve.
Io m’aggio posto in core
Io m'aggio posto in core a Dio servire,
com'io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch'aggio audito dire,
u' si mantien sollazzo, gioco e riso.
Sanza mia donna non vi voria gire,
quella c'ha blonda testa e claro viso,
chè sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.
Ma no lo dico a tale intendimento,
perch'io peccato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento
e lo bel viso e 'l morbido sguardare:
chè lo mi teria in gran consolamento,
veggendo la mia donna in ghiera stare.
LA “TOSCANIZZAZIONE”
 Le liriche siciliane nella loro veste originaria
non comparivano nella forma in cui le leggiamo
ora.
 Il corpus delle liriche siciliane ci è tramandato
attraverso tre manoscritti: Palatino Banco Rari
217, Laurenziano Rediano 9, Vaticano 3793
 I copisti toscani di questi manoscritti
intervennero sulla forma linguistica ella poesia
siciliana con un’opera di “toscanizzazione”,
eliminando per quanto possibile i tratti siciliani
che stridevano alle loro orecchie.
LA “RIMA SICILIANA”
 Una traccia della toscanizzazione rimase
nelle rime imperfette delle versioni
toscanizzate
(conduce/croce;
ora/pintura), le quali diventano perfette
solo se riportate alla lingua siciliana
originaria (conduci/cruci; ura/pintura). Si
tratta della cosiddetta “rima siciliana”.
TEMI
Mentre nella lirica provenzale
venivano affrontati vari temi,
nella Scuola poetica siciliana vi è
un argomento unico: l’ AMORE.
L’amore cantato è quello cortese.
LA POESIA SICILIANA E
LA POLITICA
Nella produzione dell’Italia del Nord in
lingua d’Oc, l’argomento politico è in
primo piano. Nelle città del Nord
improntate alle libertà comunali, gli
scontri fra i partiti sono una realtà
quotidiana. Diversa è la realtà delle corti:
il potere del sovrano impone una diversa
dinamica.
PROVENZALI E SICILIANI
 L’amore cantato da entrambi è quello cortese con
il servizio alla dama.
 Quello dei Siciliani è un amore ulteriormente
stilizzato, lontano dall’esperienza reale del poeta.
 La figura femminile appare nei Siciliani meno
concreta, quasi sublimata e divinizzata, anche se
si tratta sempre di un amore non spirituale.
 Più frequente nei Siciliani è il ricorso a similitudini
tratte dall’ambito naturalistico e scientifico.
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