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Attività ludico-ricreativa ed istruzione in ospedale

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Attività ludico-ricreativa ed istruzione in ospedale
ATTIVITA’ LUDICO-RICREATIVE ED
ISTRUZIONE IN OSPEDALE:
un diritto per il paziente pediatrico
ospedalizzato
Leonardo Sacrato
U.O. Neuropsichiatria Infantile
Centro per i Disturbi del Comportamento Alimentare in Età Evolutiva
Azienda Ospedaliera S.Orsola-Malpighi
Università di Bologna
Castel S. Pietro Terme, 8-9 Maggio 2014
MALATTIA E DEGENZA
La malattia costituisce per il
bambino/ragazzo un momento difficile nel
quale la sofferenza fisica si accompagna a
una sofferenza psichica non necessariamente
legata al dolore.
Nelle prime fasi dello sviluppo del bambino,
dolore fisico e psichico possono confondersi.
L’ospedalizzazione e la conseguente
limitazione dell’autonomia riportano chi si
ammala indietro o lontano dai suoi progressi
evolutivi, talvolta appena conquistati. Non di
rado si assiste a manifestazioni involutive del
comportamento.
Il ricovero ospedaliero
costituisce spesso un evento
traumatico ed improvviso.
Vita quotidiana, abitudini, attività, rapporti interpersonali
vengono messi in discussione.
Questa situazione porta un senso di instabilità emotiva e
confusione nella realtà del bambino.
Due possibili risposte all’angoscia
dell’ospedalizzazione
REAZIONI ATTIVE
Piangere, opporsi alla terapia, gridare e litigare, aggrapparsi
ai genitori, aggredire, atteggiamento autolesivi.
REAZIONI PASSIVE
Ipersonnia, guardare eccessivamente la TV, diminuzione
dell’attività di gioco, della comunicazione, dell’appetito,
dell’interesse generale.
Thompson e Stanford 1981
La scarsa conoscenza e familiarità con l’ambiente, le
procedure ospedaliere, la separazione dai genitori e
l’assenza di spazi su misura possono creare una
condizione di stress nel bambino.
0-3 anni
In questa fase la vicinanza della madre è fondamentale per garantire
una sana relazione ed un corretto sviluppo psico-sociale.
Occorre inoltre garantire opportune attività psicomotorie, limitando
il più possibile l’immobilizzazione a letto.
4-11 anni
A questa età si tende a soffrire facilmente per la separazione
dagli amici e dai compagni. La paura maggiore è spesso quella
di venire dimenticati o trascurati, oltre quella di restare indietro
a scuola o essere addirittura bocciati.
Adolescenti
Nell’adolescente l’aspetto principale è la minaccia o perdita
dell’autonomia durante l’ospedalizzazione.
RICOVERO IN OSPEDALE
L’assenza di spazi,
attrezzature per svago o
comunicazione, arredamenti
specificatamente pensati può
comportare conseguenze di
tipo psico-fisico, favorendo
la comparsa di atteggiamenti
di apatia e depressione.
Diviene necessario offrire a bambini e ragazzi
ricoverati una continuità con la realtà esterna, un
“ponte” tra la famiglia e l’ospedale dove il diritto alla
salute e istruzione sia garantito.
In tal senso la Scuola in Ospedale contribuisce al
benessere dei pazienti offrendo loro stimoli positivi, di
crescita culturale ed emotiva, seppur nella malattia.
Significa inoltre riconoscere ai piccoli pazienti il
diritto–dovere all’istruzione e prevenire la dispersione
scolastica e l’abbandono.
LA SCUOLA IN OSPEDALE
1939 nasce la Scuola Ospedaliera a Bologna
1955 la Scuola Ospedaliera diventa statale (Scuola Primaria)
1994 istituzione della Scuola dell’Infanzia
1997 primo progetto di Scuola Media sperimentale
1997 istituzione di un corso regolamentare di Scuola Media
2001 istituzione della Scuola Superiore
Oggi è diffusa nei principali
Ospedali e reparti pediatrici del
territorio nazionale.
La modalità di erogazione del Servizio tiene conto delle
condizioni fisiche quanto psicologiche della persona
Costituisce un esempio di come Istituzioni ed operatori diversi,
ciascuno con obiettivi propri, possano interagire positivamente
per promuovere il benessere e la crescita della persona.
“La Scuola in Ospedale”
Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile
Centro a Valenza regionale per i Disturbi del Comportamento Alimentare in età Evolutiva
“dott.ssa Annarosa Andreoli”
Le lezioni si svolgono in aule di tipo non convenzionale.
L’orario settimanale è di tipo flessibile: la Scuola è attiva
dal lunedì al venerdì, mattina e pomeriggio, con orari
concordati assieme l’equipe medico-riabilitativa e adattati
alle esigenze dei ragazzi ricoverati.
L’attività della scuola viene progettata sulla base di
riunioni di equipe, istituite con cadenza quindicinale o
all’occorrenza.
In previsione della dimissione, tutti i componenti
dell’equipe elaborano un percorso di dimissione
guidata, con l’obiettivo di fornire al ragazzo ed alla sua
famiglia un efficace raccordo tra le attività svolte in
Ospedale (e tra queste anche la scuola) e le Istituzioni
Scolastiche e Territoriali.
In queste occasioni i docenti incontrano il personale
medico, riabilitativo e gli psicologi; ciò permette di:

avere un quadro completo della vita relazionale e dei
progressi nella riabilitazione del paziente;


calibrare la programmazione in base alle capacità
funzionali progressivamente riacquisite;
tenere sotto controllo il carico scolastico per integrarlo
con i tempi dedicati alla riabilitazione fisica e
funzionale.
FINALITA’ DELLA
SCUOLA IN OSPEDALE

Favorisce la continuità educativa e didattica.

Mantiene vivo il desiderio di progettare il proprio futuro.
 Aiuta a conservare i ritmi di attività più consoni al giovane.
 Favorisce lo sviluppo dell’autostima.
 Promuove l’integrazione sociale, per lo studente e per la sua
famiglia, e riduce, quindi, l’isolamento relazionale.
 Affianca
nell’orientamento e riorientamento all’istruzione.
La Scuola, quindi, rappresenta un fattore di
normalizzazione nella vita del bambino e
dell’adolescente ospedalizzato.
Affianca inoltre i genitori e li sostiene in un
periodo, anche prolungato, in cui l’organizzazione
della famiglia è resa difficile dalla malattia.
Tale intervento vuole assicurare ai pazienti pari
opportunità mettendoli in condizione di
proseguire lo sviluppo di capacità e competenze.
Si vuole infine facilitare il loro reinserimento nei
contesti di provenienza e prevenire eventuali
situazioni di dispersione scolastica.
ORGANIZZAZIONE DEL SERVIZIO
SCOLASTICO
Accoglienza e presentazione
 Il medico di reparto o il caposala comunicano la
presenza di un paziente in età scolare.

Il coordinatore della sezione ospedaliera presenta il
Servizio ai genitori e al paziente.

I genitori formalizzano l’iscrizione.
Progettazione dell’intervento didattico

Il coordinatore concorda con il Dir. Scolastico ed il
Consiglio di Classe del paziente una programmazione
periodicamente aggiornata e adattata alle esigenze.


Si reperiscono gli strumenti, in particolare i testi.
Si programmano periodicamente le lezioni tenendo
conto della presenza dei diversi insegnanti e dei tempi
resi disponibili da terapie, controlli…
Gli spazi

Le lezioni si tengono sia in Reparto che in DH, nei
locali predisposti.

In reparto si può fare lezione anche al letto con
materiale di lavoro opportunamente predisposto.
 A chi
si trovano in Unità Trapianti si fa pervenire
materiale strutturato o si utilizzano tecnologie per le
lezioni a distanza.
ISTRUZIONE A DOMICILIO
Per i fuori sede i docenti ospedalieri concordano coi genitori
anche interventi presso le case alloggio, utilizzando l’orario di
servizio compatibilmente con le esigenze nei Reparti.
Quando si rientra a casa, ma ancora non si è in grado di
frequentare la Scuola, l’Istituto di appartenenza deve attivare
l’Istruzione Domiciliare a seguito di uno specifico progetto.
L’obiettivo è di consentire la prosecuzione degli studi agli
alunni che temporaneamente non possono frequentare la Scuola
di appartenenza.
METODOLOGIA E DIDATTICA

Programmazione personalizzata concordata con la
Scuola di appartenenza.
 Didattica breve: interventi frontali mirati, ampio spazio
alla interattività.
 Valorizzazione delle propensioni e delle attitudini.
 Scuola come laboratorio di creatività.
 Attività nel piccolo gruppo o a classe aperta.
 Esperienze in aule didattiche e visite a musei.
 Il contatto con i compagni: la scuola a distanza.
VALIDITA’ DEL PERCORSO SCOLASTICO


Certificazione della frequenza.
 Validazione dell’anno scolastico.
 Valutazione in itinere.
Valutazione quadrimestrale e finale o contributo alla
valutazione formulata dalla Scuola di appartenenza.
 Possibilità di sostenere prove d’esame per il
conseguimento della Licenza Media o Diploma di
Scuola Secondaria.
SCUOLA PRIMARIA
Tipologia di alunni
Alunni con diversi tipi di patologie neurologiche (in
parte certificati) o con Disturbi del Comportamento
Alimentare (DCA) che necessitano di un percorso
formativo personalizzato.
SCUOLA PRIMARIA
Frequenza dei ricoveri
Si tratta di ricoveri programmati, della durata di una
settimana circa, e periodici (trimestrali, semestrali o annuali),
che favoriscono una continuità educativa, didattica e
affettiva.
SCUOLA PRIMARIA
Flessibilità didattica
Le diverse tipologie e gravità delle patologie
neurologiche degli alunni richiedono interventi
mirati e individualizzati.
La didattica diviene così flessibile e si avvale
spesso di …
 Ausili
tecnologici: computer con apposito trackball e
software specifico;
 Giochi didattici strutturati;
 Puzzles per lo sviluppo dell’orientamento spaziale e
la composizione di figure;
 Attività manuali;
 Esecuzione e coloritura di disegni;
 Schede didattiche di rinforzo e approfondimento
degli argomenti trattati nella Scuola di provenienza.
SCUOLA SECONDARIA
Tipologia di alunni

Studenti che presentano patologie neurologiche che
richiedono ricoveri periodici;
 Ragazzi e bambini che presentano Disturbi del
Comportamento Alimentare (DCA).
SCUOLA SECONDARIA
Programmazione di equipe
Per gli studenti con diagnosi di DCA
un passaggio fondamentale per il buon esito del
progetto formativo è rappresentato dal raccordo
costante fra gli insegnanti e il personale medico
delegato al rapporto con la Scuola.
 L’attività
degli insegnanti presuppone una
stretta collaborazione con gli operatori sanitari
coinvolti nel “progetto globale” di assistenza.
I risultati sono frutto di un ascolto, linguaggio e
obiettivi comuni.
 Per
gli insegnanti sono previsti incontri di
formazione tenuti dal personale dell’équipe.
Compito degli insegnanti è progettare ed attuare
percorsi educativi e formativi personalizzati e
calibrati sullo stato di salute e mirati ai bisogni
presenti e futuri del paziente.
L’Insegnante, oltre promuovere conoscenza,
costituisce importante fonte di informazione
per il personale ospedaliero.
Obiettivo della Scuola in Ospedale è assicurare al
ragazzo malato la continuità del suo sviluppo educativo
anche nella fase problematica della malattia
perseguendo i seguenti obiettivi:
mantenere continuità tra l’Ospedale e la realtà esterna,
 lavorare nel contesto di una lezione individualizzata,
 tenere vivo l’interesse per le attività didattiche,
 recuperare la capacità di organizzare la quotidianità,
 favorire una collaborazione con gli operatori,
 facilitare il reinserimento nella classe di appartenenza.

Gli interventi didattici sono individualizzati e
possono essere indirizzati:

all’acquisizione di conoscenze specifiche, abilità e
competenze come indicato dalla Scuola di
appartenenza

al recupero di conoscenze e di abilità compromesse
per facilitare il reinserimento nella classe di
appartenenza

alla realizzazione di progetti interdisciplinari fra
varie Scuole.
FASI DEL PERCORSO DIDATTICO
L’accoglienza è determinante per la relazione educativodidattica. Si instaura un rapporto di fiducia e collaborazione,
presupposti per una proficua attività cognitiva. L’intervento
promuove anche l’inserimento nella struttura ospedaliera.
Gli interventi ed attività didattiche/educative sono
individualizzate e seguono linee guida concordate per
ciascun alunno con la Scuola di appartenenza. Strumenti,
metodi e contenuti sono adeguati alle condizioni psicofisiche.
Il reinserimento nella Scuola di appartenenza è una fase
molto delicata che coinvolge tutta l’èquipe socio-psicopedagogica nel sostegno della famiglia, al
bambino/ragazzo, alle insegnanti e alla classe.
Occorre inoltre una valutazione delle conoscenze e
capacità rispetto al livello di partenza, ai progressi, al
metodo di lavoro. Ciò viene poi trasmesso alla Scuole di
appartenenza. Al rientro dell’alunno si invia un documento
articolato in contenuti svolti, valutazione per ciascuna
disciplina, relazione sul lavoro svolto e certificato di
frequenza.
REPARTO
Ruolo dei Volontari e Tirocinanti di Scienze
dell’Educazione
La loro presenza si inserisce all’interno
dell’INTERVENTO INTEGRATO pensato e
attuato per ogni persona di cui la Struttura si
prende cura.
Grazie a questa presenza vengono realizzate
attività riabilitative in orario pomeridiano:

Colore
 Pasta di mais
 Carta - pop up
 Vetro
 Perline
 Decoupage
 Musica
OBIETTIVI
“Colorare” il tempo di permanenza in ospedale.
Occupare spazio, quello che di frequente è affollato da
pensieri ossessivi.
Far emergere capacità individuali ancora non scoperte.
Offrire la possibilità di sperimentarsi e provare
gratificazione, con il conseguente incremento della
propria autostima.
Possibilità di progettare: aiuta a ri-assumere un
atteggiamento positivo verso il futuro.
Uscire dall’isolamento a cui la patologia conduce.
Offrire occasione per socializzare, per venire a contatto
con realtà esterne che portano normalità e ricordano che
la malattia è solo una parentesi.
Cinzia Macchi, Referente Scuola Secondaria II Grado, Istituto B. Scappi, Castel S. Pietro T.
Anna Testoni, Referente Scuola Secondaria I Grado, Primaria e Infanzia, I.C. 6, Bologna
I VOLONTARI GIOCANO
Alcune sere vengono proposti giochi semplici, di
società o la visione di un filmato. A volte si canta e
si suona la chitarra.
Si parla di GIOCO come DIVERTIMENTO puro
che permette di cambiare direzione, di modificare
un ritmo.
Offrire spazi ed attività adatte alle condizioni del
paziente, che attivino la sua parte sana, significa
rinforzare l’autostima, aiutarlo ad uscire dall’apatia e
ritrovare l’ottimismo indispensabile alla guarigione.
L’ESPERIENZA DEL GIOCO
Il gioco si presenta come un’attività, un
momento, un’esperienza. L’aspetto centrale è il
godimento dello stesso, il piacere che il bambino
trae dalle sue rappresentazioni.
Perché ciò avvenga il gioco deve prevedere un
tempo e uno spazio in cui essere individuato.
IL RUOLO DELL’ATTIVITA’ LUDICA
Il gioco è qualcosa di più che un fenomeno puramente
fisiologico o una reazione psichica determinata.
Svolge inoltre una funzione sempre più importante (durante
lo sviluppo) man mano che si sale nella scala evolutiva.
IL GIOCO E’ …
 teso
al continuo esercizio delle capacità fisiche e mentali,
 mezzo di auto rappresentazione attraverso il quale il bambino
ha l’opportunità di esprimere e padroneggiare le proprie
tensioni, angosce, insicurezze,
 momento di organizzazione della vita psichica del bambino,
 strumento

fondamentale nella formazione e
consolidamento degli aspetti affettivi,
modalità per imparare a muoversi nel mondo esterno e
avere relazioni con gli altri,
 elemento atto ad organizzare il pensiero (percezioni,
sensazioni, esperienze emotive).
Le finalità del gioco sono rivolte alla
ricerca di sistemi e attività per:
rispondere ai bisogni propri del bambino in quel
preciso momento;
 fornire il maggior numero di stimoli;
 restituire il maggior numero di “elementi persi”
in modo da ricreare una continuità nel cammino di
crescita.

GIOCARE IN REPARTO
Il gioco è NECESSARIO quanto il cibo, la
terapia, il riposo…

introduce normalità in ambiente estraneo,
 distrae da malattia e dolore,
 crea relazioni interpersonali,
 riduce l’ansia,
 consente evasione dalla realtà ospedaliera.
Il gioco è una funzione che contiene un senso.
Ogni gioco significa qualcosa.
Giocare in Ospedale ha un effetto sia di
prevenzione nei confronti dell’esperienza negativa,
sia di rimedio, per ridurre l’ansia indotta
dall’ambiente estraneo, dalla separazione dei
familiari, da un’esperienza stressante.
Il gioco infantile avrebbe dunque, in prima istanza, una
funzione liberatoria: il bambino riproduce attivamente
una esperienza spiacevole subita liberandosene.
In secondo luogo ha una funzione simbolica: il
bambino abbandona momentaneamente e parzialmente
il principio di realtà per immergersi nella fantasia dove
il desiderio può trovare spazio e realizzarsi attraverso il
gioco simbolico.
GIOCO COME NECESSITA’
Il gioco è la via principale per aiutare il bambino ad
affrontare situazioni sgradevoli o dolorose che il
mondo reale gli presenta. Gran parte della sua
salute mentale dipende dalle possibilità di gioco.
Giocare contribuisce così a ridurre lo stress
emotivo, favorisce la comprensione di quanto
avviene e sviluppa la capacità di superare la
difficile prova dell’ospedalizzazione.
Ogni gioco deve essere sempre:

coinvolgente;
 individualizzato in base alle
potenzialità di ognuno;
 personalizzato in base ai gusti dei
partecipanti.
L’attività ludica non va mai abbandonata a sé stessa;
occorre vigilare senza limitare l’azione di gioco del
bambino. La presenza dei genitori al gioco deve
sintonizzarsi col bambino stesso.
SITUAZIONI DI GIOCO
IN OSPEDALE
GIOCO ESPRESSIVO
Consente di esprimere emozioni e comunicare in modo
non verbale la propria visione della realtà.
GIOCO DINAMICO
Data l’importanza del movimento nello sviluppo del bambino è
bene prevedere, nei luoghi ricreativi, uno spazio dove poter
agire liberamente.
GIOCO DI GRUPPO
Avviene in spazi adeguati
dopo aver verificato l’assenza
di controindicazioni di
carattere medico.
GIOCO IN CAMERA
Quando si è impossibilitati ad uscire dalle stanze di degenza
è l’operatore a recarsi da paziente per superare l’isolamento.
Istruzione e Gioco in Ospedale
 Risultano
fondamentali per offrire un vissuto di
continuità con il mondo esterno garantendo la
possibilità di vivere esperienze adeguate nonostante il
ricovero ospedaliero o lo stato di malattia.

Diventano punti di riferimento ed organizzatori della
realtà quotidiana nel corso della degenza.
Essenziale un approccio multidisciplinare che
coinvolga tutti gli operatori in un progetto globale
di assistenza attraverso obiettivi comuni e
condivisi.
GRAZIE
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