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Diapositiva 1 - IIS Duca degli Abruzzi Padova

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Diapositiva 1 - IIS Duca degli Abruzzi Padova
Programma di oggi
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Introduzione
Attività individuale
«La gestione della classe difficile» _Lezione frontale
Pausa
Analisi di un caso _ Laboratorio di gruppo
Presentazione e discussione dei lavori
Conclusione
«LA GESTIONE DELLE CLASSI DIFFICILI»
APRILE 2016
PROF.SSA LUISA ZOTTI
[email protected]
Demotivato, provocatorio, talora aggressivo, pieno di sé,
permaloso, immaturo, non ha voglia di venire a scuola,
negativo ed attivatore di dinamiche negative, insomma
davvero «difficile e problematico»
Il singolo alunno?
o la Classe?
o l’Insegnante?
Alunno ‘difficile’
•
Incontrollabile, carismatico, disturbante, DOP (Disturbo Oppositivo Provocatorio),
BES, aggressivo, bullo, talora violento, demotivato, prepotente, non ha voglia di
venire a scuola, ha difficoltà ad integrarsi in classe, pieno di sé, orgoglioso,
permaloso, talora maleducato, ansioso, in fondo insicuro, spesso portatore di
disagio sociale/familiare,…
•
O al contrario: l’apatico, assente, demotivato, scansafatiche, spento, …
Classe ‘difficile’
•
Rumorosa, incontrollabile, aggressiva, contestatrice, oppositiva,…
•
Apatica, non-collaborativa, demotivata, ….
Il docente ‘problematico’
•
•
•
•
•
•
È arrogante, autoreferenziale, non accetta
consigli, crede di aver sempre ragione, non ha voglia
cambiare/aggiornarsi, non ammette mai l’errore
Tende ad urlare, «perde le staffe»
prende soluzioni istintive
autoritarie/punitive/selettive
si sente solo, demotivato, frustrato
E’ stanco del suo lavoro, spento,
non ha più voglia di andare a scuola,
o non vede l’ora di andare in pensione
prova ripulsa, frustrazione (se non pianto)
si sente inadeguato,
privo delle necessarie competenze
RELAZIONALI/AFFETTIVE/EDUCATIVE
Didattica dell’INCLUSIONE
impostazione pedagogica attenta ai livelli, ai
bisogni ed alle esigenze degli allievi.
…ma …..e gli insegnanti?
Quando diventeranno anche loro centro di
attenzioni e cura? In nome del comune obiettivo
Re in guerra-Generali-truppa
Imprenditori illuminati- operai
Qualità di vita- miglioramento produzione?
Eventuale Shifting ad altre mansioni interne?
Il Sistema ‘problematico’
• Gruppi classe superiori ai 15/25
• Una generazione intera di docenti immobilisti
INDIVIDUALISTI (residuo della scuola tradizionale)
• spesso incapaci di LAVORO DI SQUADRA
(conditio-sine-qua-non x scuola Inclusiva)
• Burocrazia talora preminente alla «sostanza»
• Politiche poco lungimiranti e poco con i «piedi per
terra»
SCUOLA D’ELITE
Giudicava severamente per
capacità prima, e per
competenze poi.
Strappava via le «erbacce», le
«mele marce», gli inadatti,
gli incapaci
Obiettivo: creare piccoli settori
di popolazione «altamente
selezionata» ed utile al
Sistema dominante
SCUOLA
DELL’INCLUSIONE
Non seleziona in ingresso, e
poco in uscita
Accogli tutti ed insieme, anche
handicap, tutti BES, …
Obiettivo: migliorare intere
popolazioni
NATURALMENTE
Un’utopia?
«Il caso»
1. Ognuno/a di voi pensi ad un «caso» (singolo fatto, allievo specifico, o classe
intera) che l’ha messo in seria difficoltà, ponendo particolare attenzione alle
reazioni emotive che questo ha suscitato, o scatenato, dentro di sé
2.
Individui poi le tipologie di persone che potrebbero essere coinvolte in una
Equipe di supporto pronta ad intervenire in aiuto nella scuola-che-vorrei
3.
Scriva tutto su un foglio che sarà poi condiviso.
NON ESISTE CLASSE/LEZIONE PERFETTA
IN OGNI CLASSE ESISTONO SITUAZIONI E MOMENTI
BELLI E DIFFICILI
IL DOCENTE DEVE IMPARARE A «CAVALCARE
L’ONDA» IN UNO SFORZO CONTINUO.
L’INSEGNANTE CHE HA INSTAURATO
UNA BUONA RELAZIONE CON LA CLASSE
HA IL 31% IN MENO
DI PROBLEMI DISCIPLINARI
(regole violate, atteggiamenti di sfida, ecc.)
GESTIRE LA CLASSE…
è come gestire un
GRUPPO SPORTIVO?
GRUPPO SCOUT o PARROCCHIALE?
una BAND MUSICALE?
•
Come e perché il docente si differenzia dall’allenatore sportivo?
dall’animatore?
dal direttore d’orchestra?
dal genitore?
IL GRUPPO-CLASSE
1-LUOGO DI CONTINUE E MUTEVOLI INTER-RELAZIONI ED INTER-DIPENDENZE,
CONSCIE ED INCONSCIE
2-EPPURE TENDE SEMPRE AD UN EQUILIBRIO DI FORZE, AD UNA STABILITÀ
INTERNA (ma ciò significa che al cambiamento di una parte corrisponde il cambiamento di un’altra!)
3-LE SUE FORZE «DISPERDENTI» SONO DOVUTE A:
60% CHIACCHERE, RISATINE, ANSIE ECCESSIVE,..
15% MOMENTANEA DEMOTIVAZIONE ED ISOLAMENTO
15% ALLIEVI NON-SCOLARIZZATI, SEMPRE CON BATTUTA, ETC.
2% ELEMENTI ALTAMENTE DEVIANTI
(gli elementi devianti sono sempre minori rispetto a quelli positivi)
…E NOI DOVREMMO RIUSCIRE A FARLO DIVENTARE UNA COMUNITÀ
DI SOSTEGNO?
GESTIONE DELLA CLASSE
=
DISCIPLINA?
= stabilire un ambiente di lavoro produttivo
promuovendo il coinvolgimento e la
cooperazione = Stare Bene
Diventiamo tutti «difficili» quando non riusciamo a STARE BENE
e STARE BENE = poter soddisfare i propri BISOGNI
Piramide dei bisogni di Maslow
La Scuola deve soddisfare, in qualche modo, questi bisogni.
NELLA BUONA GESTIONE NON SI IMPROVVISA NIENTE
L’insegnante deve ormai conoscere le modalità alternative alla sola lezione frontale
E pianificare il proprio intervento in modo consapevole
Facendo un grosso lavoro di preparazione su di sé, e sugli allievi,
Affinché le proprie attività siano efficaci
e MIGLIORARE LE PROPRIE CAPACITA’ DI GESTIONE DELLA CLASSE significa
Aver migliorato la propria didattica
Aver costruito relazioni più umane
Aver semplificato il proprio lavoro
Aver aumentato la propria autostima
Aver…
Aver…
TIPOLOGIE DI INSEGNANTI
SUPER-ORGANIZZATO
INTERMEDIO
CREATIVO-SPONTANEISTA
CONTROLLO-ASSOLUTO CLASSE
INTERMEDIO
CLASSE-FUORI-CONTROLLO
COME NON PERDERE IL
CONTROLLO?
•
•
•
•
•
COSTRUIRE PERCORSI DIDATTICI MOTIVANTI
PIANIFICARE BENE IL PROPRIO LAVORO, ore di
preparazione
Avere RISPETTO degli allievi (e dei colleghi in squadra)
Mettere bene in chiaro le POCHE regole
Essere «LIQUIDO» e FLESSIBILE, ma anche SOLIDO E
TENACE
Si, ma in pratica, cosa faccio?
 Ho abbondanza di TECNICHE di CONDUZIONE
(cooperative learning, peer education, flipped
classroom), ed abbondanza di mezzi (mappe mentali,
uso di tecnologie, dropbox etc.)
 Continuo ad aggiornarmi e confrontarmi con colleghi
ed esperti
 Lavoro in SQUADRA con i colleghi
 Fornisco indicazioni precise sul lavoro
 Faccio lavorare intensamente e variegatamente
 Alleno, sempre più, alla concentrazione
 Lodo ed incoraggio
 Conosco le passioni dei miei studenti (anche i più
difficili) e vi faccio leva
• So entrare in classe con entusiasmo (è contagioso)
 Ottengo l’attenzione assoluta all’inizio dell’ora (il buon
giorno si vede dal mattino)
 Mantengo attenzione (gruppo/singoli) se non
perfetta, almeno accettabile
 Cammino, vado in giro per la classe ed ho il controllo
sia dei primi che degli ultimi banchi (!) anche se non
sempre intervengo
 Posiziono gli allievi in modo strategico, durante le
verifiche soprattutto (mostro conoscenza dei casi)
 Faccio percepire ai ragazzi che conosco i loro ruoli
interni
 Tengo sotto controllo /costruisco/rinforzo spesso
l’Autostima (mia , e degli allievi)
 Tengo sotto controllo /costruisco/rinforzo la
Motivazione (mia , e degli allievi)
 Curo la mia comunicazione non-verbale (gesti,
sguardi,etc.)
Ed ancora:
 non chiedete troppo, né troppo poco
 fate lavorare molto, soprattutto nelle classi in cui
percepite menti vivaci, alternando attività lunghe con
altre brevi
 e’ importante che la maggior parte della classe senta
di fare progressi e di lavorare a qualcosa di costruttivo
 fate percepire che sono ben guidati
 spronate tutti a «fare squadra» (li farà sentire bene)
 aumentate la quantità di agganci della vs materia alla
vita di ogni giorno, al mondo personale (links
motivanti che costruiscono la Memoria)
E Ricordo!
 Faccio buon uso del tono di Voce
 … dei Silenzi (molto preziosi)
 Calcolo bene i Tempi (pianificando anche i tempi di
transizione)
 All’inizio presento il piano di ciò che dirò oggi, poi lo
dico, ed infine dico ciò che ho detto (soddisfa)
GLI ADOLESCENTI VOGLIONO PARLARE CON GLI
ADULTI E GLI INSEGNANTI.
DETESTANO che noi segnaliamo la soluzione del loro problema quando dovremmo
solo aiutarli ad avere i mezzi. Detestano il «fiato sul collo», ed anche che noi li
disturbiamo quando stanno finalmente lavorando.. Detestano i giudizi chiusi,
penalizzanti, quelli che hanno un effetto devastante sull’autostima (a volte anche
uno Sguardo in Silenzio può essere devastante).
PRETENDONO apprezzamento e stima, trasmissione di regole e valori (anche a dosi
massicce, con gli alunni più fragili)
E dobbiamo dirlo quando c’è una difficoltà. La difficoltà va riconosciuta, per poter poi
diventare una risorsa.
Ma guai a noi se non riusciamo a COGLIERE IL CUORE di questi ragazzi.
I 3 «MUST» NEL TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO:
1. Contenere le richieste
2. Dare restituzione
3. Dare delle scadenze
GENITORI
=«ATTORI» AUSILIARI
E’ nel nostro interesse instaurare buone relazioni di
fiducia con i genitori, capire le loro sofferenze, i limiti,
il loro punto di vista
la loro fiducia va conquistata
e quando l’abbiamo raggiunta, ci accorgiamo che i
loro figli ci diventano più facili da gestire (anche in
modo severo, se occorre!)
E durante i pochi ricevimenti-genitori annuali
proviamo talvolta a prendere noi le difese del figlio
(sorprese!)
Di fronte al bambino, al ragazzo, al genitore,
se non si sa ammettere onestamente un errore, o si cerca
ostinatamente di difendere ad oltranza la propria visione
delle cose ,
si «perde la faccia»
Ma tutti loro capiscono bene che talora una posizione
dura ed intransigente fa «parte del gioco» ed è necessaria
al bene del ragazzo.
«Il caso_2a parte»
1. Condividete brevemente in gruppo i vostri «casi
difficili da gestire»
(5’)
2. Sceglietene uno da trattare nell’Equipe G.L.I. (Gruppo
di Lavoro per l’Inclusione) scolastica
(5’)
3. Assegnate poi un ruolo a ciascuno di voi –studente, docente , genitore
preside, collaboratore scolastico
(5’)
4. e trattate il caso in Equipe, difendendo animatamente
ognuno il proprio punto di vista
(10’)
5. Presentazione dei propri risultati agli altri gruppi
Sono davvero pochi gli
insegnanti che riescono a
far CESSARE
COMPLETAMENTE i casi
che avete descritto!!
«Don’t try and do it alone. Call on those
who know the things you don’t , and build
something together»
(Ashley Ramsden, storyteller)
Anche la migliore programmazione e
le migliori strategie
a volte non riescono a trasformare
una classe di scalmanati.
Ma voi non dovete permettere
che ciò annichilisca
la vs autostima!
7 REGOLE D’ORO
1. Passione
2. Preparazione
3. Fiducia
4. Autostima
5. Umiltà
6. Costruire Squadra
7. Laugh of your failures
Proff e maestri si adattino ad uno stile pedagogico «liquido»,
flessibile, ed essi stessi ad «un apprendimento permanente».
Per ritrovare l’autorevolezza è necessario scardinare i vecchi
schemi, «quelli sono giunti al termine».
(Baumann)
«LA GESTIONE DELLE CLASSI DIFFICILI»
APRILE 2016
PROF.SSA LUISA ZOTTI
[email protected]
Bibliografia
1.
«La classe capovolta», M. Maglioni
2.
Cecchinato G (2014). Flipped classroom: innovare la scuola con le tecnologie digitali, Tecnologie Didattiche,
Edizioni Menabò,
3.
«Sopravvivere nelle classi difficili» Blum, Mazzeo, ed.Erickson
4.
«Gestire la classe», D’Alonzo, ed Giunti
5.
«Uscirne vivi2», Doglio, ed.
6.
«Diario di scuola», Pennac
7.
«Insegnanti efficaci», Gordon, ed Giunti
8.
«Il senso di autoefficacia», Bandura, ed.Erickson
9.
«L’arte di insegnare», I. Milani, ed Vallardi
10.
«Apprendimento cooperativo in classe», D. Johnson, ed. Erickson«
11.
«Prof, non capisci niente», Nardo, ed Erickson
12.
«Guida pratica alla gestione della classe.» Francesco Schiappani, ed Felici
13.
«Stare bene insieme a scuola», D. Francescato, A. Putton, ed. Carocci
14.
«Il lavoro educativo», Kanizsa, ed. Mondadori
15.
http://www.giannimarconato.it/category/riflessioni/
www.senzazaino.it
http://www.schoolofstorytelling.com
Casi proposti da alcuni docenti:
Allegato1
•
CLASSE INTERA oppositiva a qualsiasi attività, ingestibili, caratterialmente forti, menefreghisti a qualsiasi richiamo. Ho provato a
creare una situazione di gioco per imparare un argomento, ed invece questo è stato motivo di dispersione: alunni che si
alzavano, che urlavano. Non erano in grafo neppure di giocare. In quel momento ho pensato di non essere in grado di gestire
l’attività, ma nello stesso tempo avevo rabbia perché mi sentivo mancata di rispetto. Se avessi avuto il supporto delle colleghe di
classe (essendo appena arrivata) ed una collaborazione maggiore, forse sarei stata più preparata ed avrei organizzato altre
attività.
•
ALUNNO CERTIFICATO PER COMPORTAMENTI VIOLENTI. Il ragazzo, allora tredicenne, aveva «l’abitudine» di offendere
pesantemente i compagni, ma anche le insegnanti di sesso femminile, con epiteti volgari quando si rifiutava di svolgere un
compito a lui assegnato. Spesso manifestava reazioni violente , aggressive, ed incontrollabili Come insegnante di sostegno, tra
l’altro alle mie prime esperienze, provavo forte disagio e senso di inadeguatezza per il compito che mi era stato assegnato. Mi
sarei sentita più sicura se fossi stata supportata da una psicologa e da un educatore.
•
CLASSE DIFFICILE_ Venendo da una realtà «selezionata» alla base, mi sono ritrovato in una classe con una forte componente di
origine straniera. Riuscire ad individuare l’approccio corretto sul piano della motivazione e, inizialmente, anche della relazione, è
stato difficile. In più è stato necessario individuare anche le sfumature (religione si/no, islamica o meno, origini straniere sul
piano della lingua, ecc). Avere a monte qualche incontro metodologico con un esperto su questo tipo di problematiche mi
sarebbe stato utile.
•
NICOLA, manesco, bugiardo, sfrontato, molto intelligente, leader, provocatorio, incurante del richiamo, senza amore, solo, in
cerca di attenzione. Contesto familiare negativo, il bambino ripeteva ciò che vedeva a casa. Lasciato a se stesso, «adultizzato».
Mie reazioni: rabbia, sgridate, tendenza ad isolarlo dal gruppo, sconforto, perdita della pazienza. Persone da coinvolgere:
psicologo per il b/o ma anche per gli insegnanti, assistenti sociali per monitorare la famiglia.
•
ALUNNO PSICO/SOCIOPATICO, con alternanza di comportamenti di disturbo, di sonnolenza, di provocazione, di partecipazione.
Mio sconforto, rabbia, pena. Sconforto perché mi sento incapace di far fronte ai suoi bisogni e trovare una modalità adeguata
per contenerlo. Rabbia per la forte irritazione nei suoi confronti, per il disturbo che arreca a me e alla classe. Pena per la
consapevolezza della sua sofferenza e dalla sua incapacità nel gestirla. Aiuto necessario di psicologo ed educatore.
•
TRE ALUNNI di una classe quarta per l’anno intero hanno tenuto la testa sul banco non partecipando a nessuna attività.
Sensazioni provocate in me: impotenza, inadeguatezza, isolamento. Persone che potevano aiutarmi: le rispettive famiglie
(assenti), i colleghi del Consiglio di Classe, il Dirigente scolastico, gli alunni stessi (considerata la loro maggiore età), Pedagogisti.
•
L’ALLIEVO ha attivato il sistema anti-incendio della scuola affermando che non aveva preso in considerazione le conseguenze che
ne sarebbero derivate. L’alunno è posto in una classe già problematica, ed è molto fragile emotivamente. Spesso si lascia
coinvolgere in cose sciocche. Ho come la sensazione che abbia bisogno di sentirsi protagonista. In quel momento mi sono
innervosito(il fatto è avvenuto proprio durante la mia ora). Se fossi stato suo padre, l’avrei picchiato. Avrei voluto avere il
supporto dei colleghi, di qualcuno che fosse competente nelle relazioni con questa tipologia di allievi. Al termine della mattinata,
attendendo che il padre venisse a prenderlo, l’ho percepito come vulnerabile, assente, indifeso, cercava in me la rassicurazione
dell’adulto. Era impaurito, improvvisamente la sua sicurezza era svanita.
•
ALUNNO DEMOTIVATO, il suo comportamento risulta essere irritante in quanto non ascolta. Evita il confronto e rinuncia senza
aver nemmeno provato ad iniziare le attività, anche semplici, che gli si propongono. La mia reazione ai suoi rifiuti è stata quella
di continuare comunque a coinvolgerlo nella lezione. Ma dopo i veramente numerosi tentativi, mi sono sentita incapace di
suscitare in lui degli stimoli, e di stabilire un dialogo. L’unica possibilità sarebbe forse quella di avere un numero di ore a
disposizione da spendere individualmente con lui, in modo tale da creare una prima relazione, un contatto vero, attraverso il
quale riuscire a portarlo verso la mia materia.
•
QUEST’ANNO nella mia sezione di scuola d’infanzia c’è un bambino di 3 anni che da subito ci ha messo in difficoltà con i suoi
atteggiamenti provocatori e di sfida. Lancia i giochi, si alza dal posto per andare a picchiare un b/o qualsiasi, a tavola non sta
seduto, lancia il bicchiere e la bavaglia, gira in mezzo ai tavoli e prima di combinare qualcosa ti guarda, ti sfida, e la «combina»,
anche se gli hai appena detto di non farlo. Ovviamente questa situazione diventa problematica con la classe, ed anche con i
genitori degli altri bambini , e di quelli che vengono picchiati. Spesso mi sento frustrata, e non riesco a gestire la situazione, se
non «arrabbiandomi» con me stessa. Poi ho capito, ed in questo sono stata aiutata dalla mia collega, che questo bambino si
calma e si rilassa quando «lavora». Infatti quando è impegnato, lui è calmo e tranquillo, e sempre interessato all’ascolto di storie
(che ricorda e rielabora con facilità).
•
ALESSANDRO disturba continuamente, parla, gesticola, e se ripreso, nega.
•
STAVO svolgendo la mia lezione, quando lui, come ogni altro giorno, ha iniziato a parlare. Ha interrotto la lezione più volte, e così
l’ho fatto uscire dalla classe. Essendo un ragazzo DSA, ho preferito non farlo star fuori a lungo, e così l’ho fatto rientrare. Ha
ripreso a parlare, continuando a negare (e questa cosa ha iniziato ad irritarmi), dopo non so più quanti rimproveri, gli ho messo
una nota. Ha così iniziato a lamentarsi della nota sul registro. Non smetteva più, tanto da costringermi ad interrompere la
spiegazione. Alla fine, esausta, ho messo anche una nota sul libretto affinché venisse firmata dai genitori. Sono stata nervosa
per giorni, chiedendomi sempre se fosse normale dover dare tre «punizioni» in una sola ora di lezione ad un ragazzo di terza
media (quindi non proprio un bambino), e sentendomi frustrata per giorni. Avevo voglia davvero di prenderlo a sberle. Un’equipe
di supporto? Sarebbe bello ogni tanto che tutti gli insegnanti di una classe si ritrovassero in classe stessa, in modo che ciascuno
possa far emergere i problemi , ed i problemi «dei singoli» diventino problemi «del gruppo ». Alcuni alunni hanno un
comportamento improprio solo con alcuni insegnanti!
•
ALUNNO CHE SPESSO VIENE A SCUOLA CON UN ABBIGLIAMENTO INADEGUATO. Questo alunno indossa sempre pantaloni a vita
bassa, ed io vedevo sempre le sue mutande, che mostravano il suo sedere. Reazione emotiva: Rabbia. La rabbia si è scatenata in
me quando, dopo numerosi avvertimenti, e rimproveri, l’alunno ha continuato ad usare lo stesso abbigliamento in tono di sfida e
scherno. Pensavo, speravo, che i miei colleghi o coordinatori o responsabili, cercassero e trovassero il modo di mettere dei
paletti, delle semplici Regole, affinché tutti avessero un abbigliamento adeguato al luogo in cui si trovavano (scolastico), ma non
è MAI stato fatto nulla.
•
ALUNNO DI TERZA SUPERIORE (LICEO), molto intuitivo, di tanto in tanto interviene nella discussione, in maniera pesante. Con
osservazioni personali…. Eppure per alcuni mesi segue poco le lezioni, cerca il contatto con altri alunni, è distratto, tenta di
distrarre anche altri, richiamando l’attenzione su di sé. Si alza in piedi e cammina in classe, sfida l’insegnante e trasgredisce le
regole. Accende il telefonino e fa sentire musica. Richiamato, non risponde oppure alza la voce ed è indisponente. Reazioni:
mantengo la calma, mi rivolgo a lui con tono pacato, lo invito a partecipare alla lezione portando il suo contributo. Lo caccerei
fuori dall’aula, gli risponderei per le rime. Alla fine dell’ora, in realtà, lo avvicino e cerco di capire cosa non funziona. Nella
scuola-che-vorrei mi piacerebbe avere più momenti a disposizione per parlare con i singoli alunni problematici. Chiederei
maggiori interventi da parte di psicologi/educatori. Vorrei discutere con i colleghi del CdC e con la famiglia.
•
ALUNNO DIVERSAMENTE-ABILE con un comportamento oppositivo provocatorio, con sindrome di Down, scarsamente
scolarizzato e con educazione stentata. All’inizio dell’anno scolastico ho avuto difficoltà nell’individuare attività didattiche che
potessero interessarlo. Inoltre la famiglia aveva assunto atteggiamenti, consolidatesi nel tempo, di opposizione a tutte le
istituzioni, e quindi anche al mondo della scuola. Fortunatamente il caso era stato suddiviso tra 2 insegnanti di sostegno, per cui
attraverso un continuo dialogo siamo riusciti a proporre attività didattiche coinvolgenti.
•
BAMBINO INIZIALMENTE APATICO, sembrava timoroso, non voleva essere toccato da nessuno, e non entrava in relazione.
Questo per due/tre mesi, fino a Dicembre. Nessun contatto, neanche visivo, né con l’adulto, né con i coetanei. Al rientro dalle
vacanze natalizie atteggiamento cambiato radicalmente: diventa un bambino provocatorio, aggressivo con se stesso , con i
coetanei, e con l’adulto. Usa un vocabolario «colorito». Al richiamo è indifferente. Si cerca di coinvolgerlo in situazioni di attività
pratiche ma è tutto inutile. I b/i della classe incominciano ad avere timore delle sue reazioni aggressive, l’adulto insegnante è in
difficoltà. Si cerca un coinvolgimento dei genitori per capire se era successo qualcosa di particolare, ma non si ottengono risultati
apprezzabili. Il bambino suscita apprensione e tenerezza nell’insegnante, e difficoltà nel gestire i rapporti con gli altri bambini.
Sarebbe stato auspicabile la collaborazione e sincerità dei genitori (situazione familiare molto disagiata) , forse di uno psicologo
e assistente sociale.
•
INTERA CLASSE DIFFICILE DA GESTIRE ( 3a in secondaria primo grado), in particolare la parte maschile. All’ingresso
dell’insegnante dopo la ricreazione gli alunni ignorano la sua presenza e non salutano (qualcuno nemmeno dopo richiesta). E’
difficile incominciare il dialogo perché tendono a fare quello che vogliono. Sono necessari diversi minuti per ripristinare un clima
sereno ed iniziare la lezione. Durante la lezione alcuni allievi non hanno sufficiente autocontrollo e rispetto per l’insegnante, e
nemmeno gli uni verso gli altri: quando devono intervenire le voci si sovrappongono e talora fanno interventi non pertinenti.
Chiaccherano molto di altri argomenti, anche a voce alta. L’insegnante entra con buona volontà e voglia di fare ma un po’ alla
volta durante l’ora prova scoraggiamento ed inadeguatezza. Sente il bisogno del sostegno di uno psicologo specializzato in
psicologia infantile/adolescenziale.
•
BAMBINO NIGERIANO molto difficile nella classe in cui spesso sono docente di potenziamento. Il suo è certamente un disagio
derivante da più fattori, tuttavia il suo comportamento in classe è sempre esasperante. Disturba la classe, oltre che l’insegnante,
provocando reazioni di rabbia da parte degli alunni e dei docenti. Un giorno viene chiamato «delinquente» da una compagna
esasperata dal suo comportamento (erano ore che non faceva altro che rubare astucci e camminare sotto i banche a quattro
zampe). La reazione è stata immediata. D’improvviso ha incominciato ad avere comportamenti aggressivi: ga afferrato le forbici
minacciando i compagni e ripetendo la frase «un delinquente fa così». Non so spiegare il perché di quella sua reazione. Fino a
pochi attimi prima aveva un comportamento maleducato ed incivile ma che per lui rappresentava comunque la normalità. Ho
cercato di fermarlo ma lui continuava. Fino a quando ho dovuto dire , anche se non era vero, che non aveva inteso bene ciò che
la compagna gli aveva detto: «Ha detto che sei indolente, non delinquente». Chi avreoi voluto con me? Una «me stessa»
paziente e disponibile verso un solo alunno, cosa non possibile. Forse i genitori…così da far vedere loro quante difficoltà viviamo
ogni giorno.
•
SONO MUSICISTA e mi è capitato diverse volte l’incarico di docente di sostegno pur non possedendo la specializzazione. Mi sono
sempre sentita piuttosto sensibile verso i ragazzi con problematiche di disagio» ma sono andata in profonda crisi a contatto con
una ragazzina cinese con un forte deficit di apprendimento e di carattere fortemente aggressivo e provocatorio. Ogni volta che
trascorrevo del tempo con lei rischiavo il più delle volte di essere vittima di azioni aggressive, e proprio quando mi illudevo di
aver creato una piccola «breccia» di comunicazione, i suoi atteggiamenti mi ferivano profondamente ed una sensazione di
impotenza si impadroniva di me. Ho cercato di confidare al Dirigente la mia difficoltà a gestire la ragazza ma purtroppo ho
riscontrato in lui semplice indifferenza poiché l’unica sua preoccupazione era l’aver finalmente trovato qualcuno che si occupava
del caso. Forse avrei desiderato un docente con più esperienza nel sostegno, oppure anche un docente di classe più illuminato e
sensibile degli altri in grado di condividere il mio disagio e di offrirmi dei consigli.
«ALLEGATO 2»
Nella Flipped Classroom lo studente arriva in classe con già una
piccola preparazione (lettura) sull’argomento che si andrà a
trattare.
L’aula non è più il luogo in cui il docente trasmette «ex-novo» le
informazioni e gli studenti apprendono le stesse, ma diventa la
sede in cui gli studenti lavorano, discutono e si confrontano sugli
argomenti che hanno studiato precedentemente a casa, ognuno
con i propri tempi e seguendo i propri bisogni.
In questo modo, oltre che in ambito educativo e culturale, i
ragazzi possono crescere anche personalmente, imparando a
sostenere le proprie idee e i propri pensieri.
Questa parte importante della crescita, purtroppo, nelle classiche
lezioni frontali è poco valorizzata, poiché la maggior parte del
tempo in classe viene sfruttato per le spiegazioni del docente e
non c’è, così, lo spazio per l’interazione con gli altri, fattore,
invece, molto rilevante nella società.
theflippedclassroom.altervista.org
(Sopravvivere nelle classi difficili» Blum, Mazzeo, ed.Erickson)
1.
«ALLEGATO 3»
Gli studenti non vogliono entrare in classe all’inizio della lezione e sono riluttanti a togliersi i cappotti ed a sedere ai loro banchi senza un intervento energico
dell’insegnante (perdendo almeno 5 min di lezione).
2.
Piccoli gruppi di studenti arrivano in ritardo. Entrano e immediatamente iniziano a parlare con i loro compagni che voi avete cercato di predisporre alla lezione.
L’intero processo di farli sedere, far loro tirare fuori i libri dallo zaino e farli liberare dai cappotti deve incominciare di nuovo.
3.
Mentre cercate di iniziare la lezione alcuni studenti iniziano a chiaccherare tra loro ed è molto difficile farli smettere. Ciò può essere aggravati dal fatto che sono
piegati o vi danno le spalle.
4.
Alcuni studenti iniziano a parlare con i loro compagni di banco appena iniziate a rivolgervi alla classe o fate una domanda.
5.
Alcuni studenti urlano risposte o gridano commenti, o domande, che sovrastano quello che state dicendo, e ciò blocca l’andamento regolare della lezione, anche
perché il più delle volte quel che dicono non ha alcuna attinenza con ciò di cui stavate parlando.
6.
Alcuni studenti abbandonano il loro posto senza chiedere il permesso e vanno a parlare, o disturbare, i compagni.
7.
Alcuni studenti urlano, si alzano dai banchi, picchiano i compagni o sottraggono loro qualche oggetto. Questi corrono anche fuori dall’aula e vi ritornano senza
far caso alle vostre istruzioni.
8.
Alcuni studenti discutono animatamente e si insultano a vicenda: ciò può sfociare nel peggiore dei casi in una lotta fisica , e nel migliore in un’accesa lite
verbale.
9.
Alcuni studenti hanno uno scoppio di rabbia se si chiede loro di smettere di parlare. Ciò ha spesso come conseguenza un confronto verbale se insistete nel
chiedere di smettere di disturbare. D’altro canto se decidete di spostare chi disturba lontano dal suo gruppo di amici, sapete che vi verrà opposto un rifiuto con
un conseguente confronto aperto.
10.
Alcuni studenti stracciano le schede su cui dovrebbero lavorare e buttano per terra la carta lacerata, o la usano per farne freccette e pallottoline che lanciano ai
compagni ed a voi.
11.
Altri scarabocchiano libri e quaderni. Si scambiano messaggi su pezzi di quaderno o di scheda.
12.
Alcuni studenti mangiano dolci, salatini e chewing-gum per tutto il corso della lezione. Gettano gli involucri per terra o li lanciano con scarso impegno in
direzione del cestino, dove si ammucchiano per terra.
13.
Alcuni studenti scrivono soltanto poche righe durante l’ora, molto meno di quel che potrebbero. Ignorano le vostre istruzioni di metter via i libri. I libri restano sul
banco o per terra mentre i ragazzi si precipitano fuori.
14.
Alcuni studenti, quando si avvicina la fine dell’ora, incominciano ad infilarsi i cappotti o a metter via i libri prima che voi abbiate chiesto di farlo. Lasciano il banco
prima che suoni la campanella e gironzolano per l’aula o escono. Dovete usare molta energia per persuaderli a ritornare ai loro posti.
15.
C’è un senso generale di irrequietezza e di «movimento» nell’aula, fin da quando la lezione ha inizio. I ragazzi si stirano o si stravaccano sulle sedie. Sono così
impegnati a parlare tra loro che fanno fatica a prestarvi attenzione.
16.
Ancor peggio, in alcune lezioni –specie prima del pranzo o nel pomeriggio- c’è un’atmosfera generale che potrebbe esser definita di semifrenesia. I ragazzi
cadono dalla sedia, urlano qualcosa all’indirizzo di qualcuno in particolare, o al vuoto, si sbellicano dalle risate come fossero ubriachi o isterici.
17.
Alcuni studenti hanno la tendenza a commettere prepotenze, a giocare in modo pesante, o a fare delle vere e proprie lotte. Quando vi rivolgete ad uno di loro
con voce calma, vi urlano aggressivamente la risposta. Parlare loro è quasi impossibile.
Allegato 4
Da:http://guamodi.blogspot.it/2011/11/come-gestire-le-classianche-le-piu.html
Rispetto alla gestione della classe concorrono essenzialmente due
variabili:
- La prima riguarda effettivamente le caratteristiche degli alunni: ci
sono classi di alunni tranquilli, laboriosi ed educati, con una solida
famiglia alle spalle che tiene in primaria considerazione il fattore
"educazione"; vi sono altre classi, invece, che sembrano agglomerati di
alunni problematici, vivaci, poco rispettosi dell'ambiente e delle persone
(immaginiamo, ad esempio, le classi che si formano nei quartieri
degradati delle grandi città). E' ovvio che le strategie e i
comportamenti degli insegnanti cambieranno a seconda che si
abbia a che fare con l'uno o l'altro modello di classe (naturalmente
le due tipologie sono una semplificazone di comodo; nella realtà non
esistono né solo "classi ghetto" né sole classi "angeliche").
- La seconda variabile - ben più importante - riguarda l'insegnante,
in riferimento alla sua personalità, alla sua autostima, al suo senso di
autoefficacia, all'autorevolezza con cui si rapporta alle classi e ai singoli
alunni.
Allegato 5
Da:
http://www.oxydiane.net/politiche-scolastiche-politiques/egalite-equiteuguaglianza-equita/article/insegnare-in-scuole-difficili
Gli allievi che provengono dalle famiglie che non si occupano di loro e
men che meno di quello che i loro figli combinano a scuola ruotano
invece attorno ad un buco nero che li sta fagocitando in un’esistenza di
disperazionee di fallimenti : sono eccellenti candidati all’insuccesso
scolastico, professionale, sociale. Vanno male a scuola, non ce la fanno
a progredire, non si adattano al sistema scolastico ( questo è il casus
belli principale), non sono motivati, non sanno nemmeno che senso
abbia la scuola, ignorano il valore dell’istruzione. In questo contesto, per
gli insegnanti francesi, ma probabilmente anche per quelli italiani o di
qualsiasi altro sistema scolastico , il primo compito della scuola e del
personale scolastico sarebbe quello di dare o ridare, non si capisce
bene, a questi studenti in difficoltà, che vivono in ambienti insalubri, in
quartieri violenti, dove la vita ha un senso diverso da quello elaborato
dalla cultura umanistica, dove il concetto di rispetto risponde a criteri ben
diversi da quelli che invece sono valorizzati a scuola, la fiducia in sé e la
stima di sé. Questa è la nuova frontiera dell’educazione scolastica : la
ricostituzione di un’immagine di sé conforme con quanto richiede il
lavoro scolastico e la presenza in classe. L’istruzione cede il passo alla
psicoterapia.
Allegato 6
Da:
http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-6-14-anni/scuolaprimaria/compiti-8-regole-d-oro-per-aiutare-il-bambino-a-concentrarsi
Fare delle pause
Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che fanno
piccole interruzioni rendono meglio di quelle che studiano senza sosta” dice
la Stuecke. Un bambino è in grado di concentrasi bene solo quando ha la
possibilità di staccare e riposarsi, perciò è importante prevedere brevi pause
di 2-5 minuti almeno ogni 10-15 minuti di studio. I bambini che alternano in
modo regolare momenti di lavoro e momenti di pausa imparano in modo più
efficace, perché in 10 minuti di lavoro concentrato si produce di più che in 30
minuti seduti distrattamente alla scrivania.
La scuola, per quanto materna possa essere, oppure per quanti sforzi faccia,
riesce con difficoltà dapprima a capire questi allievi e poi ad addomesticarli,
anche perché non si tratta tanto di un faccia a faccia con gli allievi , come
erroneamente molti insegnanti ritengono, ma bensì di uno scontro con altre
culture, con nuclei familiari interi che vivono in modo del tutto diverso da
quello che la scuola considera come la modalità di esistenza ideale per
apprendere e riuscire a scuola.
Allegato 7
DA:
lineadidattica.altervista.org/files/lezioni-efficaci.pdf
«Persino le migliori strategie e le lezioni più accuratamente programmate possono
essere sopraffatte da un gruppo di alunni
scarsissimamente motivati.
Sopravviverete e riuscirete in una classe difficile soltanto se sarete fiduciosi nelle
vostre capacità, se programmerete con accuratezza e se comunicherete con
vivacità tutte le volte che ve ne si presenterà l’occasione. Dovrete cercare di
rimanere calmi di fronte a provocazioni e confronti continui. Durante le lezioni
dovrete porre in essere senza cedimenti e con energia strategie positive di gestione
del comportamento per creare, anche «artificialmente», la motivazione degli
studenti che tanto spesso manca. Non dovrete mai permettervi di accumulare una
dose eccessiva di frustrazione ponendo aspettative troppo alte nei confronti dei
ragazzi, né limitarvi ad accettare il minimo che essi tentano di offrirvi — e dovrete
evitare di sfidarli perdendo le staffe. Vi converrà restare calmi, essere positivi e
muovere piccoli passi, l’uno dopo l’altro, verso i progressi. Non è certo cosa facile!
ALLEGATO 8
Da:
«Sopravvivere nelle classi difficili», Paul Blum, Erickson ed.
Le scuole dell’obbligo offrono uno strano contesto perché vi si verifichi un
apprendimento e un insegnamento efficaci. Sono le uniche istituzioni educative del
Paese che si è obbligati a frequentare fino a una certa età, indipendentemente
dal fatto che si abbia un’inclinazione per lo studio oppure no.
Questo elemento d’obbligo avvelena la situazione di apprendimento ideale.
L’insegnante normale deve fare del suo meglio in questa realtà tremendamente
difficile. Deve cioè trarre il meglio dagli studenti con una buona motivazione e
calmare o domare altri studenti che si comportano come belve in gabbia in uno zoo.
La vostra sfida più impegnativa è quella di far sì che gli alunni si sentano dell’umore
di ascoltare e lavorare.
La cosa più difficile da fare è pensare in termini positivi quando tutto quel
che vi circonda appare così negativo e frustrante.
ALLEGATO 9
Da:
https://www.ted.com/talks/elizabeth_gilbert_on_genius?language=en
TROPPE IDEOLOGIE CHE CREANO INSOPPORTABILI ASPETTATIVE SULLA PERFORMANCE
Ci sono Fallimenti e Successi nel mio lavoro di scrittrice, ma io devo crearmi una sorta di costruzione
protettiva psicologia, una sorta di DISTANZA DI SICUREZZA tra me e la mia ansietà molto naturale .
…e quand’anche tu avessi toccato il cielo con le dita: hai vinto, e ti senti un GENIO,
Beh, pensa che NON LO SEI,
che il momento di genialità è già passato .
Non aver paura, non abbatterti per questo, continua solo a fare il tuo lavoro, e dì «bravo» alla tua
pochezza.
Il successo e il fallimento ti spostano lontano da te stesso e tu devi sempre tornare a «casa», non alla
tua famiglia, ma a ciò che sei tu «dentro». Il più rapidamente e fluidamente possibile.
E se ti chiedi dove sia casa tua: ecco un suggerimento, casa tua è dove e qualsiasi cosa che ami più di
quanto ami te stesso. Ciò a cui dedicheresti le tue energie con una devozione così forte che i risultati
diventano una cosa insignificante.
Quindi se per me lo è lo scrivere, ciò che devo fare dopo un grande fallimento o successo editoriale è
ritornare semplicemente a scrivere! Con diligenza, devozione, rispetto e riverenza.
E scriverò allora altre pagine alcune delle quali avranno successo altre no, ma io sarò sempre al sicuro
dagli uragani del risultato, fintanto che mi ricorderò ciò per cui vivo.
Non so per cosa tu viva, ma so che c’è qualcosa che ami oltre i risultati.
Allegato 10
I compiti del Gruppo di lavoro e di studio di Istituto si estendono alle problematiche
relative a tutti i BES, "nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione
degli alunni in difficoltà di apprendimento« , favorendo anche focus/confronto sui
casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione
delle classi. “A tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse
specifiche e di coordinamento presenti nella scuola (funzioni strumentali,
insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, docenti
"disciplinari" con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di
coordinamento delle classi, genitori , esperti istituzionali o esterni in regime di
convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all'interno del corpo
docente il trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e
un'efficace capacità di rilevazione e intervento sulle criticità all'interno delle
classi. (Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 + Circolare Ministeriale n.8 del
6 marzo 2013)
«Appendice 11»
Da: http://www.giannimarconato.it/category/riflessioni
Riconosciamo agli studenti il diritto di imparare o solo il DOVERE DI IMPARARE cosa e
come stabilito da noi?
Chi decide dei diritti degli studenti a imparare? Chi decide sul come esercitare questo
diritto?
Gli studenti vengono ascoltati? Viene chiesto loro come piacerebbe imparare?
Creiamo le condizioni per cui gli studenti possano saper cosa chiedere ? O diciamo ”
lascia fare a noi che di queste cose ce ne intendiamo?’.
E’ solo questione di come percepiamo il nostro potere.
Circolare 6 marzo 2013
Il
Allegato 12
Gruppo di lavoro per l'inclusione (in sigla GLI) svolge le seguenti funzioni:
- rilevazione dei BES presenti nella scuola;
- raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento
organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell'Amministrazione;
- focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi;
- rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola;
- raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze, ai sensi dell'
art. 1, comma 605, lett. b), della legge n. 296/2006, tradotte in sede di definizione del PEI come stabilito dall' art. 10, comma
5 della legge 30 luglio 2010, n. 122;
- elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l'Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni
anno scolastico (entro il mese di giugno).
A tale scopo, il Gruppo procederà ad un'analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati
nell'anno appena trascorso e formulerà un'ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per
incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell'anno successivo. Il Piano sarà quindi discusso e deliberato in
Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR, per la richiesta di organico di
sostegno, e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza, considerando anche gli
Accordi di Programma in vigore o altre specifiche intese sull'integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di
ciò, gli Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di sostegno secondo quanto stabilito dall'
art. 19, comma 11 della legge n. 111/2011.
Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola -ovvero, secondo la previsione dell' art. 50 della
L. n. 35/2012, alle reti di scuole -, il Gruppo provvederà ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente
scolastico procederà all'assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini "funzionali".
A tal punto i singoli GLHO completeranno la redazione del PEI per gli alunni con disabilità di ciascuna classe, tenendo conto di
quanto indicato nelle Linee guida del 4 agosto 2009;
- inoltre il Gruppo di lavoro per l'inclusione costituisce l'interfaccia della rete dei CTS e dei servizi sociali e sanitari territoriali per
l'implementazione di azioni di sistema (formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.).
Dal punto di vista organizzativo, pur nel rispetto delle autonome scelte delle scuole, si suggerisce che il gruppo svolga la propria
attività riunendosi (per quanto riguarda le risorse specifiche presenti: insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla
comunicazione, funzioni strumentali, ecc.), con una cadenza - ove possibile - almeno mensile, nei tempi e nei modi che
maggiormente si confanno alla complessità interna della scuola, ossia in orario di servizio ovvero in orari aggiuntivi o funzionali
(come previsto dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2006/2009), potendo far rientrare la partecipazione alle attività del gruppo nei
Il Gruppo, coordinato dal Dirigente scolastico o da un suo delegato, potrà avvalersi della consulenza e/o supervisione di esperti
esterni o interni, anche attraverso accordi con soggetti istituzionali o del privato sociale e, a seconda delle necessità (ad
esempio, in caso di istituto comprensivo od onnicomprensivo), articolarsi anche per gradi scolastici.
All'inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una programmazione degli obiettivi da perseguire e delle
attività da porre in essere, che confluisce nel Piano annuale per l'Inclusività; al termine dell'anno scolastico, il Collegio procede
alla verifica dei risultati raggiunti”.
Oggi i GLI (Gruppi di lavoro per l’inclusione) oltre a quanto stabilito nella Circolare n.8 del 2013, sono anche citati nella Nota
Ministeriale del 22/11/2013, n. 2563 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S. 2013/2014.
Chiarimenti”. In essa, al paragrafo rubricato “Gruppi di lavoro per l’inclusività” è scritto “(…) in relazione alle riunioni del Gruppo
di lavoro per l'inclusività ad inizio d'anno, le scuole definiranno tempi e modalità degli incontri anche sulla base di un congruo
periodo di osservazione degli alunni in ingresso, al fine di poter stabilire eventuali necessità di interventi nell'ottica
dell'inclusione.
Inoltre, in relazione ai compiti del Gruppo di lavoro per l'inclusività, che assume, secondo quanto indicato nella Circ. 6 marzo
2013, n. 8, funzioni di raccordo di tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola, si rammenta il rispetto
delle norme che tutelano la privacy nei confronti di tutti gli alunni con bisogni educativi speciali. In particolare, si precisa che
nulla è innovato per quanto concerne il Gruppo di lavoro previsto all' art. 12, comma 5 della legge n. 104/1992 (GLH
operativo), in quanto lo stesso riguarda il singolo alunno con certificazione di disabilità ai fini dell'integrazione scolastica.
A livello di Istituto, si precisa inoltre che le riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività possono tenersi anche per articolazioni
funzionali ossia per gruppi convocati su tematiche specifiche.
Sempre con riferimento al Gruppo di lavoro per l'inclusività, si anticipa che verranno organizzati specifici incontri informativi per
i referenti di istituto, al fine di dare corretta interpretazione alle indicazioni fornite nella Circ. 6 marzo”.
La Circolare n.8 del 2013 nello stabilire l’azione a livello territoriale precisa che “fermi restando compiti e composizione dei GLIP di
cui all' art. 15, commi 1, 3 e 4 della L. n. 104/1992, le loro funzioni si estendono anche a tutti i BES, stante l'indicazione
contenuta nella stessa L. n. 104/1992 secondo cui essi debbono occuparsi dell'integrazione scolastica degli alunni con
disabilità, "nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento". In ogni caso, i
CTS dovranno strettamente collaborare con i GLIP ovvero con i GLIR, la cui costituzione viene raccomandata nelle Linee guida
del 4 agosto 2009.”
In conclusione, dalla lettura della Circ. n.8 emerge che i GLHI si occupano anche delle problematiche degli alunni con BES e si
pongono come gruppi allargati che agiscono in favore anche dell’inclusione, accanto ai GLI di recente introduzione.
Pertanto i GLHI e i GLI coesistono e i primi non sono assorbiti dai secondi, giacché integrazione ed inclusione non hanno lo stesso
significato. Mentre a dire della Nota 2563 restano inalterati i compiti dei GLHO così come previsti dalla Legge 104; in siffatta
prospettiva quindi a ciascuno il suo compito per quanto di competenza così come stabilito dalla normativa vigente.
Allegato 13
«Don’t try and do it alone. Call on those who know the things you don’t , and
build something together»
«To capture the attention of your auditorium, you must also :
1. Move around
2. Ask questions
3. Make them move all together
4. Say: «that is not what happened»
5. Let them know that there is a secret!
6. Insert something silly inside the story
7. Provoke somebody
8. Look down at your toes»
(Ashley Ramsden, storyteller)
(=«NON CERCARE DI FAR TUTTO DA SOLO. CHIEDI A QUELLI CHE SAI SANNO FARE LE COSE CHE TU NON SAI
FARE, E COSTRUISCI CON LORO QUALCOSA»
«Per catturare l’attenzione del tuo pubblico:
muoversi sempre tra il pubblico, porre domande a singoli spettatori,
una o due volte chiedere loro di fare un certo movimento tutti insieme –per risvegliare l’attenzione-,
prospettare una cosa e subito dopo dire che no, quella cosa non è in realtà successa,
dire al pubblico che c’è qualcosa di segreto nella storia –lo svelerai dopo-,
inserire anche qualcosa di palesemente sciocco nei comportamenti o avvenimenti dei personaggi,
provocare uno spettatore prendendolo quasi di mira chiedendogli inaspettatamente ad es. perché indossa quell’orrendo paio
di scarpe,
una volta interrompi il racconto della tua storia e ti fermi immobile a fissare i tuoi piedi in assoluto silenzio per qualche
secondo –il che al pubblico sembra strano- e poi riprendi come se niente fosse»).
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