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Diapositiva 1 - IIS Duca degli Abruzzi Padova
Programma di oggi 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. Introduzione Attività individuale «La gestione della classe difficile» _Lezione frontale Pausa Analisi di un caso _ Laboratorio di gruppo Presentazione e discussione dei lavori Conclusione «LA GESTIONE DELLE CLASSI DIFFICILI» APRILE 2016 PROF.SSA LUISA ZOTTI [email protected] Demotivato, provocatorio, talora aggressivo, pieno di sé, permaloso, immaturo, non ha voglia di venire a scuola, negativo ed attivatore di dinamiche negative, insomma davvero «difficile e problematico» Il singolo alunno? o la Classe? o l’Insegnante? Alunno ‘difficile’ • Incontrollabile, carismatico, disturbante, DOP (Disturbo Oppositivo Provocatorio), BES, aggressivo, bullo, talora violento, demotivato, prepotente, non ha voglia di venire a scuola, ha difficoltà ad integrarsi in classe, pieno di sé, orgoglioso, permaloso, talora maleducato, ansioso, in fondo insicuro, spesso portatore di disagio sociale/familiare,… • O al contrario: l’apatico, assente, demotivato, scansafatiche, spento, … Classe ‘difficile’ • Rumorosa, incontrollabile, aggressiva, contestatrice, oppositiva,… • Apatica, non-collaborativa, demotivata, …. Il docente ‘problematico’ • • • • • • È arrogante, autoreferenziale, non accetta consigli, crede di aver sempre ragione, non ha voglia cambiare/aggiornarsi, non ammette mai l’errore Tende ad urlare, «perde le staffe» prende soluzioni istintive autoritarie/punitive/selettive si sente solo, demotivato, frustrato E’ stanco del suo lavoro, spento, non ha più voglia di andare a scuola, o non vede l’ora di andare in pensione prova ripulsa, frustrazione (se non pianto) si sente inadeguato, privo delle necessarie competenze RELAZIONALI/AFFETTIVE/EDUCATIVE Didattica dell’INCLUSIONE impostazione pedagogica attenta ai livelli, ai bisogni ed alle esigenze degli allievi. …ma …..e gli insegnanti? Quando diventeranno anche loro centro di attenzioni e cura? In nome del comune obiettivo Re in guerra-Generali-truppa Imprenditori illuminati- operai Qualità di vita- miglioramento produzione? Eventuale Shifting ad altre mansioni interne? Il Sistema ‘problematico’ • Gruppi classe superiori ai 15/25 • Una generazione intera di docenti immobilisti INDIVIDUALISTI (residuo della scuola tradizionale) • spesso incapaci di LAVORO DI SQUADRA (conditio-sine-qua-non x scuola Inclusiva) • Burocrazia talora preminente alla «sostanza» • Politiche poco lungimiranti e poco con i «piedi per terra» SCUOLA D’ELITE Giudicava severamente per capacità prima, e per competenze poi. Strappava via le «erbacce», le «mele marce», gli inadatti, gli incapaci Obiettivo: creare piccoli settori di popolazione «altamente selezionata» ed utile al Sistema dominante SCUOLA DELL’INCLUSIONE Non seleziona in ingresso, e poco in uscita Accogli tutti ed insieme, anche handicap, tutti BES, … Obiettivo: migliorare intere popolazioni NATURALMENTE Un’utopia? «Il caso» 1. Ognuno/a di voi pensi ad un «caso» (singolo fatto, allievo specifico, o classe intera) che l’ha messo in seria difficoltà, ponendo particolare attenzione alle reazioni emotive che questo ha suscitato, o scatenato, dentro di sé 2. Individui poi le tipologie di persone che potrebbero essere coinvolte in una Equipe di supporto pronta ad intervenire in aiuto nella scuola-che-vorrei 3. Scriva tutto su un foglio che sarà poi condiviso. NON ESISTE CLASSE/LEZIONE PERFETTA IN OGNI CLASSE ESISTONO SITUAZIONI E MOMENTI BELLI E DIFFICILI IL DOCENTE DEVE IMPARARE A «CAVALCARE L’ONDA» IN UNO SFORZO CONTINUO. L’INSEGNANTE CHE HA INSTAURATO UNA BUONA RELAZIONE CON LA CLASSE HA IL 31% IN MENO DI PROBLEMI DISCIPLINARI (regole violate, atteggiamenti di sfida, ecc.) GESTIRE LA CLASSE… è come gestire un GRUPPO SPORTIVO? GRUPPO SCOUT o PARROCCHIALE? una BAND MUSICALE? • Come e perché il docente si differenzia dall’allenatore sportivo? dall’animatore? dal direttore d’orchestra? dal genitore? IL GRUPPO-CLASSE 1-LUOGO DI CONTINUE E MUTEVOLI INTER-RELAZIONI ED INTER-DIPENDENZE, CONSCIE ED INCONSCIE 2-EPPURE TENDE SEMPRE AD UN EQUILIBRIO DI FORZE, AD UNA STABILITÀ INTERNA (ma ciò significa che al cambiamento di una parte corrisponde il cambiamento di un’altra!) 3-LE SUE FORZE «DISPERDENTI» SONO DOVUTE A: 60% CHIACCHERE, RISATINE, ANSIE ECCESSIVE,.. 15% MOMENTANEA DEMOTIVAZIONE ED ISOLAMENTO 15% ALLIEVI NON-SCOLARIZZATI, SEMPRE CON BATTUTA, ETC. 2% ELEMENTI ALTAMENTE DEVIANTI (gli elementi devianti sono sempre minori rispetto a quelli positivi) …E NOI DOVREMMO RIUSCIRE A FARLO DIVENTARE UNA COMUNITÀ DI SOSTEGNO? GESTIONE DELLA CLASSE = DISCIPLINA? = stabilire un ambiente di lavoro produttivo promuovendo il coinvolgimento e la cooperazione = Stare Bene Diventiamo tutti «difficili» quando non riusciamo a STARE BENE e STARE BENE = poter soddisfare i propri BISOGNI Piramide dei bisogni di Maslow La Scuola deve soddisfare, in qualche modo, questi bisogni. NELLA BUONA GESTIONE NON SI IMPROVVISA NIENTE L’insegnante deve ormai conoscere le modalità alternative alla sola lezione frontale E pianificare il proprio intervento in modo consapevole Facendo un grosso lavoro di preparazione su di sé, e sugli allievi, Affinché le proprie attività siano efficaci e MIGLIORARE LE PROPRIE CAPACITA’ DI GESTIONE DELLA CLASSE significa Aver migliorato la propria didattica Aver costruito relazioni più umane Aver semplificato il proprio lavoro Aver aumentato la propria autostima Aver… Aver… TIPOLOGIE DI INSEGNANTI SUPER-ORGANIZZATO INTERMEDIO CREATIVO-SPONTANEISTA CONTROLLO-ASSOLUTO CLASSE INTERMEDIO CLASSE-FUORI-CONTROLLO COME NON PERDERE IL CONTROLLO? • • • • • COSTRUIRE PERCORSI DIDATTICI MOTIVANTI PIANIFICARE BENE IL PROPRIO LAVORO, ore di preparazione Avere RISPETTO degli allievi (e dei colleghi in squadra) Mettere bene in chiaro le POCHE regole Essere «LIQUIDO» e FLESSIBILE, ma anche SOLIDO E TENACE Si, ma in pratica, cosa faccio? Ho abbondanza di TECNICHE di CONDUZIONE (cooperative learning, peer education, flipped classroom), ed abbondanza di mezzi (mappe mentali, uso di tecnologie, dropbox etc.) Continuo ad aggiornarmi e confrontarmi con colleghi ed esperti Lavoro in SQUADRA con i colleghi Fornisco indicazioni precise sul lavoro Faccio lavorare intensamente e variegatamente Alleno, sempre più, alla concentrazione Lodo ed incoraggio Conosco le passioni dei miei studenti (anche i più difficili) e vi faccio leva • So entrare in classe con entusiasmo (è contagioso) Ottengo l’attenzione assoluta all’inizio dell’ora (il buon giorno si vede dal mattino) Mantengo attenzione (gruppo/singoli) se non perfetta, almeno accettabile Cammino, vado in giro per la classe ed ho il controllo sia dei primi che degli ultimi banchi (!) anche se non sempre intervengo Posiziono gli allievi in modo strategico, durante le verifiche soprattutto (mostro conoscenza dei casi) Faccio percepire ai ragazzi che conosco i loro ruoli interni Tengo sotto controllo /costruisco/rinforzo spesso l’Autostima (mia , e degli allievi) Tengo sotto controllo /costruisco/rinforzo la Motivazione (mia , e degli allievi) Curo la mia comunicazione non-verbale (gesti, sguardi,etc.) Ed ancora: non chiedete troppo, né troppo poco fate lavorare molto, soprattutto nelle classi in cui percepite menti vivaci, alternando attività lunghe con altre brevi e’ importante che la maggior parte della classe senta di fare progressi e di lavorare a qualcosa di costruttivo fate percepire che sono ben guidati spronate tutti a «fare squadra» (li farà sentire bene) aumentate la quantità di agganci della vs materia alla vita di ogni giorno, al mondo personale (links motivanti che costruiscono la Memoria) E Ricordo! Faccio buon uso del tono di Voce … dei Silenzi (molto preziosi) Calcolo bene i Tempi (pianificando anche i tempi di transizione) All’inizio presento il piano di ciò che dirò oggi, poi lo dico, ed infine dico ciò che ho detto (soddisfa) GLI ADOLESCENTI VOGLIONO PARLARE CON GLI ADULTI E GLI INSEGNANTI. DETESTANO che noi segnaliamo la soluzione del loro problema quando dovremmo solo aiutarli ad avere i mezzi. Detestano il «fiato sul collo», ed anche che noi li disturbiamo quando stanno finalmente lavorando.. Detestano i giudizi chiusi, penalizzanti, quelli che hanno un effetto devastante sull’autostima (a volte anche uno Sguardo in Silenzio può essere devastante). PRETENDONO apprezzamento e stima, trasmissione di regole e valori (anche a dosi massicce, con gli alunni più fragili) E dobbiamo dirlo quando c’è una difficoltà. La difficoltà va riconosciuta, per poter poi diventare una risorsa. Ma guai a noi se non riusciamo a COGLIERE IL CUORE di questi ragazzi. I 3 «MUST» NEL TRATTAMENTO PSICOTERAPEUTICO: 1. Contenere le richieste 2. Dare restituzione 3. Dare delle scadenze GENITORI =«ATTORI» AUSILIARI E’ nel nostro interesse instaurare buone relazioni di fiducia con i genitori, capire le loro sofferenze, i limiti, il loro punto di vista la loro fiducia va conquistata e quando l’abbiamo raggiunta, ci accorgiamo che i loro figli ci diventano più facili da gestire (anche in modo severo, se occorre!) E durante i pochi ricevimenti-genitori annuali proviamo talvolta a prendere noi le difese del figlio (sorprese!) Di fronte al bambino, al ragazzo, al genitore, se non si sa ammettere onestamente un errore, o si cerca ostinatamente di difendere ad oltranza la propria visione delle cose , si «perde la faccia» Ma tutti loro capiscono bene che talora una posizione dura ed intransigente fa «parte del gioco» ed è necessaria al bene del ragazzo. «Il caso_2a parte» 1. Condividete brevemente in gruppo i vostri «casi difficili da gestire» (5’) 2. Sceglietene uno da trattare nell’Equipe G.L.I. (Gruppo di Lavoro per l’Inclusione) scolastica (5’) 3. Assegnate poi un ruolo a ciascuno di voi –studente, docente , genitore preside, collaboratore scolastico (5’) 4. e trattate il caso in Equipe, difendendo animatamente ognuno il proprio punto di vista (10’) 5. Presentazione dei propri risultati agli altri gruppi Sono davvero pochi gli insegnanti che riescono a far CESSARE COMPLETAMENTE i casi che avete descritto!! «Don’t try and do it alone. Call on those who know the things you don’t , and build something together» (Ashley Ramsden, storyteller) Anche la migliore programmazione e le migliori strategie a volte non riescono a trasformare una classe di scalmanati. Ma voi non dovete permettere che ciò annichilisca la vs autostima! 7 REGOLE D’ORO 1. Passione 2. Preparazione 3. Fiducia 4. Autostima 5. Umiltà 6. Costruire Squadra 7. Laugh of your failures Proff e maestri si adattino ad uno stile pedagogico «liquido», flessibile, ed essi stessi ad «un apprendimento permanente». Per ritrovare l’autorevolezza è necessario scardinare i vecchi schemi, «quelli sono giunti al termine». (Baumann) «LA GESTIONE DELLE CLASSI DIFFICILI» APRILE 2016 PROF.SSA LUISA ZOTTI [email protected] Bibliografia 1. «La classe capovolta», M. Maglioni 2. Cecchinato G (2014). Flipped classroom: innovare la scuola con le tecnologie digitali, Tecnologie Didattiche, Edizioni Menabò, 3. «Sopravvivere nelle classi difficili» Blum, Mazzeo, ed.Erickson 4. «Gestire la classe», D’Alonzo, ed Giunti 5. «Uscirne vivi2», Doglio, ed. 6. «Diario di scuola», Pennac 7. «Insegnanti efficaci», Gordon, ed Giunti 8. «Il senso di autoefficacia», Bandura, ed.Erickson 9. «L’arte di insegnare», I. Milani, ed Vallardi 10. «Apprendimento cooperativo in classe», D. Johnson, ed. Erickson« 11. «Prof, non capisci niente», Nardo, ed Erickson 12. «Guida pratica alla gestione della classe.» Francesco Schiappani, ed Felici 13. «Stare bene insieme a scuola», D. Francescato, A. Putton, ed. Carocci 14. «Il lavoro educativo», Kanizsa, ed. Mondadori 15. http://www.giannimarconato.it/category/riflessioni/ www.senzazaino.it http://www.schoolofstorytelling.com Casi proposti da alcuni docenti: Allegato1 • CLASSE INTERA oppositiva a qualsiasi attività, ingestibili, caratterialmente forti, menefreghisti a qualsiasi richiamo. Ho provato a creare una situazione di gioco per imparare un argomento, ed invece questo è stato motivo di dispersione: alunni che si alzavano, che urlavano. Non erano in grafo neppure di giocare. In quel momento ho pensato di non essere in grado di gestire l’attività, ma nello stesso tempo avevo rabbia perché mi sentivo mancata di rispetto. Se avessi avuto il supporto delle colleghe di classe (essendo appena arrivata) ed una collaborazione maggiore, forse sarei stata più preparata ed avrei organizzato altre attività. • ALUNNO CERTIFICATO PER COMPORTAMENTI VIOLENTI. Il ragazzo, allora tredicenne, aveva «l’abitudine» di offendere pesantemente i compagni, ma anche le insegnanti di sesso femminile, con epiteti volgari quando si rifiutava di svolgere un compito a lui assegnato. Spesso manifestava reazioni violente , aggressive, ed incontrollabili Come insegnante di sostegno, tra l’altro alle mie prime esperienze, provavo forte disagio e senso di inadeguatezza per il compito che mi era stato assegnato. Mi sarei sentita più sicura se fossi stata supportata da una psicologa e da un educatore. • CLASSE DIFFICILE_ Venendo da una realtà «selezionata» alla base, mi sono ritrovato in una classe con una forte componente di origine straniera. Riuscire ad individuare l’approccio corretto sul piano della motivazione e, inizialmente, anche della relazione, è stato difficile. In più è stato necessario individuare anche le sfumature (religione si/no, islamica o meno, origini straniere sul piano della lingua, ecc). Avere a monte qualche incontro metodologico con un esperto su questo tipo di problematiche mi sarebbe stato utile. • NICOLA, manesco, bugiardo, sfrontato, molto intelligente, leader, provocatorio, incurante del richiamo, senza amore, solo, in cerca di attenzione. Contesto familiare negativo, il bambino ripeteva ciò che vedeva a casa. Lasciato a se stesso, «adultizzato». Mie reazioni: rabbia, sgridate, tendenza ad isolarlo dal gruppo, sconforto, perdita della pazienza. Persone da coinvolgere: psicologo per il b/o ma anche per gli insegnanti, assistenti sociali per monitorare la famiglia. • ALUNNO PSICO/SOCIOPATICO, con alternanza di comportamenti di disturbo, di sonnolenza, di provocazione, di partecipazione. Mio sconforto, rabbia, pena. Sconforto perché mi sento incapace di far fronte ai suoi bisogni e trovare una modalità adeguata per contenerlo. Rabbia per la forte irritazione nei suoi confronti, per il disturbo che arreca a me e alla classe. Pena per la consapevolezza della sua sofferenza e dalla sua incapacità nel gestirla. Aiuto necessario di psicologo ed educatore. • TRE ALUNNI di una classe quarta per l’anno intero hanno tenuto la testa sul banco non partecipando a nessuna attività. Sensazioni provocate in me: impotenza, inadeguatezza, isolamento. Persone che potevano aiutarmi: le rispettive famiglie (assenti), i colleghi del Consiglio di Classe, il Dirigente scolastico, gli alunni stessi (considerata la loro maggiore età), Pedagogisti. • L’ALLIEVO ha attivato il sistema anti-incendio della scuola affermando che non aveva preso in considerazione le conseguenze che ne sarebbero derivate. L’alunno è posto in una classe già problematica, ed è molto fragile emotivamente. Spesso si lascia coinvolgere in cose sciocche. Ho come la sensazione che abbia bisogno di sentirsi protagonista. In quel momento mi sono innervosito(il fatto è avvenuto proprio durante la mia ora). Se fossi stato suo padre, l’avrei picchiato. Avrei voluto avere il supporto dei colleghi, di qualcuno che fosse competente nelle relazioni con questa tipologia di allievi. Al termine della mattinata, attendendo che il padre venisse a prenderlo, l’ho percepito come vulnerabile, assente, indifeso, cercava in me la rassicurazione dell’adulto. Era impaurito, improvvisamente la sua sicurezza era svanita. • ALUNNO DEMOTIVATO, il suo comportamento risulta essere irritante in quanto non ascolta. Evita il confronto e rinuncia senza aver nemmeno provato ad iniziare le attività, anche semplici, che gli si propongono. La mia reazione ai suoi rifiuti è stata quella di continuare comunque a coinvolgerlo nella lezione. Ma dopo i veramente numerosi tentativi, mi sono sentita incapace di suscitare in lui degli stimoli, e di stabilire un dialogo. L’unica possibilità sarebbe forse quella di avere un numero di ore a disposizione da spendere individualmente con lui, in modo tale da creare una prima relazione, un contatto vero, attraverso il quale riuscire a portarlo verso la mia materia. • QUEST’ANNO nella mia sezione di scuola d’infanzia c’è un bambino di 3 anni che da subito ci ha messo in difficoltà con i suoi atteggiamenti provocatori e di sfida. Lancia i giochi, si alza dal posto per andare a picchiare un b/o qualsiasi, a tavola non sta seduto, lancia il bicchiere e la bavaglia, gira in mezzo ai tavoli e prima di combinare qualcosa ti guarda, ti sfida, e la «combina», anche se gli hai appena detto di non farlo. Ovviamente questa situazione diventa problematica con la classe, ed anche con i genitori degli altri bambini , e di quelli che vengono picchiati. Spesso mi sento frustrata, e non riesco a gestire la situazione, se non «arrabbiandomi» con me stessa. Poi ho capito, ed in questo sono stata aiutata dalla mia collega, che questo bambino si calma e si rilassa quando «lavora». Infatti quando è impegnato, lui è calmo e tranquillo, e sempre interessato all’ascolto di storie (che ricorda e rielabora con facilità). • ALESSANDRO disturba continuamente, parla, gesticola, e se ripreso, nega. • STAVO svolgendo la mia lezione, quando lui, come ogni altro giorno, ha iniziato a parlare. Ha interrotto la lezione più volte, e così l’ho fatto uscire dalla classe. Essendo un ragazzo DSA, ho preferito non farlo star fuori a lungo, e così l’ho fatto rientrare. Ha ripreso a parlare, continuando a negare (e questa cosa ha iniziato ad irritarmi), dopo non so più quanti rimproveri, gli ho messo una nota. Ha così iniziato a lamentarsi della nota sul registro. Non smetteva più, tanto da costringermi ad interrompere la spiegazione. Alla fine, esausta, ho messo anche una nota sul libretto affinché venisse firmata dai genitori. Sono stata nervosa per giorni, chiedendomi sempre se fosse normale dover dare tre «punizioni» in una sola ora di lezione ad un ragazzo di terza media (quindi non proprio un bambino), e sentendomi frustrata per giorni. Avevo voglia davvero di prenderlo a sberle. Un’equipe di supporto? Sarebbe bello ogni tanto che tutti gli insegnanti di una classe si ritrovassero in classe stessa, in modo che ciascuno possa far emergere i problemi , ed i problemi «dei singoli» diventino problemi «del gruppo ». Alcuni alunni hanno un comportamento improprio solo con alcuni insegnanti! • ALUNNO CHE SPESSO VIENE A SCUOLA CON UN ABBIGLIAMENTO INADEGUATO. Questo alunno indossa sempre pantaloni a vita bassa, ed io vedevo sempre le sue mutande, che mostravano il suo sedere. Reazione emotiva: Rabbia. La rabbia si è scatenata in me quando, dopo numerosi avvertimenti, e rimproveri, l’alunno ha continuato ad usare lo stesso abbigliamento in tono di sfida e scherno. Pensavo, speravo, che i miei colleghi o coordinatori o responsabili, cercassero e trovassero il modo di mettere dei paletti, delle semplici Regole, affinché tutti avessero un abbigliamento adeguato al luogo in cui si trovavano (scolastico), ma non è MAI stato fatto nulla. • ALUNNO DI TERZA SUPERIORE (LICEO), molto intuitivo, di tanto in tanto interviene nella discussione, in maniera pesante. Con osservazioni personali…. Eppure per alcuni mesi segue poco le lezioni, cerca il contatto con altri alunni, è distratto, tenta di distrarre anche altri, richiamando l’attenzione su di sé. Si alza in piedi e cammina in classe, sfida l’insegnante e trasgredisce le regole. Accende il telefonino e fa sentire musica. Richiamato, non risponde oppure alza la voce ed è indisponente. Reazioni: mantengo la calma, mi rivolgo a lui con tono pacato, lo invito a partecipare alla lezione portando il suo contributo. Lo caccerei fuori dall’aula, gli risponderei per le rime. Alla fine dell’ora, in realtà, lo avvicino e cerco di capire cosa non funziona. Nella scuola-che-vorrei mi piacerebbe avere più momenti a disposizione per parlare con i singoli alunni problematici. Chiederei maggiori interventi da parte di psicologi/educatori. Vorrei discutere con i colleghi del CdC e con la famiglia. • ALUNNO DIVERSAMENTE-ABILE con un comportamento oppositivo provocatorio, con sindrome di Down, scarsamente scolarizzato e con educazione stentata. All’inizio dell’anno scolastico ho avuto difficoltà nell’individuare attività didattiche che potessero interessarlo. Inoltre la famiglia aveva assunto atteggiamenti, consolidatesi nel tempo, di opposizione a tutte le istituzioni, e quindi anche al mondo della scuola. Fortunatamente il caso era stato suddiviso tra 2 insegnanti di sostegno, per cui attraverso un continuo dialogo siamo riusciti a proporre attività didattiche coinvolgenti. • BAMBINO INIZIALMENTE APATICO, sembrava timoroso, non voleva essere toccato da nessuno, e non entrava in relazione. Questo per due/tre mesi, fino a Dicembre. Nessun contatto, neanche visivo, né con l’adulto, né con i coetanei. Al rientro dalle vacanze natalizie atteggiamento cambiato radicalmente: diventa un bambino provocatorio, aggressivo con se stesso , con i coetanei, e con l’adulto. Usa un vocabolario «colorito». Al richiamo è indifferente. Si cerca di coinvolgerlo in situazioni di attività pratiche ma è tutto inutile. I b/i della classe incominciano ad avere timore delle sue reazioni aggressive, l’adulto insegnante è in difficoltà. Si cerca un coinvolgimento dei genitori per capire se era successo qualcosa di particolare, ma non si ottengono risultati apprezzabili. Il bambino suscita apprensione e tenerezza nell’insegnante, e difficoltà nel gestire i rapporti con gli altri bambini. Sarebbe stato auspicabile la collaborazione e sincerità dei genitori (situazione familiare molto disagiata) , forse di uno psicologo e assistente sociale. • INTERA CLASSE DIFFICILE DA GESTIRE ( 3a in secondaria primo grado), in particolare la parte maschile. All’ingresso dell’insegnante dopo la ricreazione gli alunni ignorano la sua presenza e non salutano (qualcuno nemmeno dopo richiesta). E’ difficile incominciare il dialogo perché tendono a fare quello che vogliono. Sono necessari diversi minuti per ripristinare un clima sereno ed iniziare la lezione. Durante la lezione alcuni allievi non hanno sufficiente autocontrollo e rispetto per l’insegnante, e nemmeno gli uni verso gli altri: quando devono intervenire le voci si sovrappongono e talora fanno interventi non pertinenti. Chiaccherano molto di altri argomenti, anche a voce alta. L’insegnante entra con buona volontà e voglia di fare ma un po’ alla volta durante l’ora prova scoraggiamento ed inadeguatezza. Sente il bisogno del sostegno di uno psicologo specializzato in psicologia infantile/adolescenziale. • BAMBINO NIGERIANO molto difficile nella classe in cui spesso sono docente di potenziamento. Il suo è certamente un disagio derivante da più fattori, tuttavia il suo comportamento in classe è sempre esasperante. Disturba la classe, oltre che l’insegnante, provocando reazioni di rabbia da parte degli alunni e dei docenti. Un giorno viene chiamato «delinquente» da una compagna esasperata dal suo comportamento (erano ore che non faceva altro che rubare astucci e camminare sotto i banche a quattro zampe). La reazione è stata immediata. D’improvviso ha incominciato ad avere comportamenti aggressivi: ga afferrato le forbici minacciando i compagni e ripetendo la frase «un delinquente fa così». Non so spiegare il perché di quella sua reazione. Fino a pochi attimi prima aveva un comportamento maleducato ed incivile ma che per lui rappresentava comunque la normalità. Ho cercato di fermarlo ma lui continuava. Fino a quando ho dovuto dire , anche se non era vero, che non aveva inteso bene ciò che la compagna gli aveva detto: «Ha detto che sei indolente, non delinquente». Chi avreoi voluto con me? Una «me stessa» paziente e disponibile verso un solo alunno, cosa non possibile. Forse i genitori…così da far vedere loro quante difficoltà viviamo ogni giorno. • SONO MUSICISTA e mi è capitato diverse volte l’incarico di docente di sostegno pur non possedendo la specializzazione. Mi sono sempre sentita piuttosto sensibile verso i ragazzi con problematiche di disagio» ma sono andata in profonda crisi a contatto con una ragazzina cinese con un forte deficit di apprendimento e di carattere fortemente aggressivo e provocatorio. Ogni volta che trascorrevo del tempo con lei rischiavo il più delle volte di essere vittima di azioni aggressive, e proprio quando mi illudevo di aver creato una piccola «breccia» di comunicazione, i suoi atteggiamenti mi ferivano profondamente ed una sensazione di impotenza si impadroniva di me. Ho cercato di confidare al Dirigente la mia difficoltà a gestire la ragazza ma purtroppo ho riscontrato in lui semplice indifferenza poiché l’unica sua preoccupazione era l’aver finalmente trovato qualcuno che si occupava del caso. Forse avrei desiderato un docente con più esperienza nel sostegno, oppure anche un docente di classe più illuminato e sensibile degli altri in grado di condividere il mio disagio e di offrirmi dei consigli. «ALLEGATO 2» Nella Flipped Classroom lo studente arriva in classe con già una piccola preparazione (lettura) sull’argomento che si andrà a trattare. L’aula non è più il luogo in cui il docente trasmette «ex-novo» le informazioni e gli studenti apprendono le stesse, ma diventa la sede in cui gli studenti lavorano, discutono e si confrontano sugli argomenti che hanno studiato precedentemente a casa, ognuno con i propri tempi e seguendo i propri bisogni. In questo modo, oltre che in ambito educativo e culturale, i ragazzi possono crescere anche personalmente, imparando a sostenere le proprie idee e i propri pensieri. Questa parte importante della crescita, purtroppo, nelle classiche lezioni frontali è poco valorizzata, poiché la maggior parte del tempo in classe viene sfruttato per le spiegazioni del docente e non c’è, così, lo spazio per l’interazione con gli altri, fattore, invece, molto rilevante nella società. theflippedclassroom.altervista.org (Sopravvivere nelle classi difficili» Blum, Mazzeo, ed.Erickson) 1. «ALLEGATO 3» Gli studenti non vogliono entrare in classe all’inizio della lezione e sono riluttanti a togliersi i cappotti ed a sedere ai loro banchi senza un intervento energico dell’insegnante (perdendo almeno 5 min di lezione). 2. Piccoli gruppi di studenti arrivano in ritardo. Entrano e immediatamente iniziano a parlare con i loro compagni che voi avete cercato di predisporre alla lezione. L’intero processo di farli sedere, far loro tirare fuori i libri dallo zaino e farli liberare dai cappotti deve incominciare di nuovo. 3. Mentre cercate di iniziare la lezione alcuni studenti iniziano a chiaccherare tra loro ed è molto difficile farli smettere. Ciò può essere aggravati dal fatto che sono piegati o vi danno le spalle. 4. Alcuni studenti iniziano a parlare con i loro compagni di banco appena iniziate a rivolgervi alla classe o fate una domanda. 5. Alcuni studenti urlano risposte o gridano commenti, o domande, che sovrastano quello che state dicendo, e ciò blocca l’andamento regolare della lezione, anche perché il più delle volte quel che dicono non ha alcuna attinenza con ciò di cui stavate parlando. 6. Alcuni studenti abbandonano il loro posto senza chiedere il permesso e vanno a parlare, o disturbare, i compagni. 7. Alcuni studenti urlano, si alzano dai banchi, picchiano i compagni o sottraggono loro qualche oggetto. Questi corrono anche fuori dall’aula e vi ritornano senza far caso alle vostre istruzioni. 8. Alcuni studenti discutono animatamente e si insultano a vicenda: ciò può sfociare nel peggiore dei casi in una lotta fisica , e nel migliore in un’accesa lite verbale. 9. Alcuni studenti hanno uno scoppio di rabbia se si chiede loro di smettere di parlare. Ciò ha spesso come conseguenza un confronto verbale se insistete nel chiedere di smettere di disturbare. D’altro canto se decidete di spostare chi disturba lontano dal suo gruppo di amici, sapete che vi verrà opposto un rifiuto con un conseguente confronto aperto. 10. Alcuni studenti stracciano le schede su cui dovrebbero lavorare e buttano per terra la carta lacerata, o la usano per farne freccette e pallottoline che lanciano ai compagni ed a voi. 11. Altri scarabocchiano libri e quaderni. Si scambiano messaggi su pezzi di quaderno o di scheda. 12. Alcuni studenti mangiano dolci, salatini e chewing-gum per tutto il corso della lezione. Gettano gli involucri per terra o li lanciano con scarso impegno in direzione del cestino, dove si ammucchiano per terra. 13. Alcuni studenti scrivono soltanto poche righe durante l’ora, molto meno di quel che potrebbero. Ignorano le vostre istruzioni di metter via i libri. I libri restano sul banco o per terra mentre i ragazzi si precipitano fuori. 14. Alcuni studenti, quando si avvicina la fine dell’ora, incominciano ad infilarsi i cappotti o a metter via i libri prima che voi abbiate chiesto di farlo. Lasciano il banco prima che suoni la campanella e gironzolano per l’aula o escono. Dovete usare molta energia per persuaderli a ritornare ai loro posti. 15. C’è un senso generale di irrequietezza e di «movimento» nell’aula, fin da quando la lezione ha inizio. I ragazzi si stirano o si stravaccano sulle sedie. Sono così impegnati a parlare tra loro che fanno fatica a prestarvi attenzione. 16. Ancor peggio, in alcune lezioni –specie prima del pranzo o nel pomeriggio- c’è un’atmosfera generale che potrebbe esser definita di semifrenesia. I ragazzi cadono dalla sedia, urlano qualcosa all’indirizzo di qualcuno in particolare, o al vuoto, si sbellicano dalle risate come fossero ubriachi o isterici. 17. Alcuni studenti hanno la tendenza a commettere prepotenze, a giocare in modo pesante, o a fare delle vere e proprie lotte. Quando vi rivolgete ad uno di loro con voce calma, vi urlano aggressivamente la risposta. Parlare loro è quasi impossibile. Allegato 4 Da:http://guamodi.blogspot.it/2011/11/come-gestire-le-classianche-le-piu.html Rispetto alla gestione della classe concorrono essenzialmente due variabili: - La prima riguarda effettivamente le caratteristiche degli alunni: ci sono classi di alunni tranquilli, laboriosi ed educati, con una solida famiglia alle spalle che tiene in primaria considerazione il fattore "educazione"; vi sono altre classi, invece, che sembrano agglomerati di alunni problematici, vivaci, poco rispettosi dell'ambiente e delle persone (immaginiamo, ad esempio, le classi che si formano nei quartieri degradati delle grandi città). E' ovvio che le strategie e i comportamenti degli insegnanti cambieranno a seconda che si abbia a che fare con l'uno o l'altro modello di classe (naturalmente le due tipologie sono una semplificazone di comodo; nella realtà non esistono né solo "classi ghetto" né sole classi "angeliche"). - La seconda variabile - ben più importante - riguarda l'insegnante, in riferimento alla sua personalità, alla sua autostima, al suo senso di autoefficacia, all'autorevolezza con cui si rapporta alle classi e ai singoli alunni. Allegato 5 Da: http://www.oxydiane.net/politiche-scolastiche-politiques/egalite-equiteuguaglianza-equita/article/insegnare-in-scuole-difficili Gli allievi che provengono dalle famiglie che non si occupano di loro e men che meno di quello che i loro figli combinano a scuola ruotano invece attorno ad un buco nero che li sta fagocitando in un’esistenza di disperazionee di fallimenti : sono eccellenti candidati all’insuccesso scolastico, professionale, sociale. Vanno male a scuola, non ce la fanno a progredire, non si adattano al sistema scolastico ( questo è il casus belli principale), non sono motivati, non sanno nemmeno che senso abbia la scuola, ignorano il valore dell’istruzione. In questo contesto, per gli insegnanti francesi, ma probabilmente anche per quelli italiani o di qualsiasi altro sistema scolastico , il primo compito della scuola e del personale scolastico sarebbe quello di dare o ridare, non si capisce bene, a questi studenti in difficoltà, che vivono in ambienti insalubri, in quartieri violenti, dove la vita ha un senso diverso da quello elaborato dalla cultura umanistica, dove il concetto di rispetto risponde a criteri ben diversi da quelli che invece sono valorizzati a scuola, la fiducia in sé e la stima di sé. Questa è la nuova frontiera dell’educazione scolastica : la ricostituzione di un’immagine di sé conforme con quanto richiede il lavoro scolastico e la presenza in classe. L’istruzione cede il passo alla psicoterapia. Allegato 6 Da: http://www.nostrofiglio.it/bambino/bambino-6-14-anni/scuolaprimaria/compiti-8-regole-d-oro-per-aiutare-il-bambino-a-concentrarsi Fare delle pause Numerose ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che fanno piccole interruzioni rendono meglio di quelle che studiano senza sosta” dice la Stuecke. Un bambino è in grado di concentrasi bene solo quando ha la possibilità di staccare e riposarsi, perciò è importante prevedere brevi pause di 2-5 minuti almeno ogni 10-15 minuti di studio. I bambini che alternano in modo regolare momenti di lavoro e momenti di pausa imparano in modo più efficace, perché in 10 minuti di lavoro concentrato si produce di più che in 30 minuti seduti distrattamente alla scrivania. La scuola, per quanto materna possa essere, oppure per quanti sforzi faccia, riesce con difficoltà dapprima a capire questi allievi e poi ad addomesticarli, anche perché non si tratta tanto di un faccia a faccia con gli allievi , come erroneamente molti insegnanti ritengono, ma bensì di uno scontro con altre culture, con nuclei familiari interi che vivono in modo del tutto diverso da quello che la scuola considera come la modalità di esistenza ideale per apprendere e riuscire a scuola. Allegato 7 DA: lineadidattica.altervista.org/files/lezioni-efficaci.pdf «Persino le migliori strategie e le lezioni più accuratamente programmate possono essere sopraffatte da un gruppo di alunni scarsissimamente motivati. Sopravviverete e riuscirete in una classe difficile soltanto se sarete fiduciosi nelle vostre capacità, se programmerete con accuratezza e se comunicherete con vivacità tutte le volte che ve ne si presenterà l’occasione. Dovrete cercare di rimanere calmi di fronte a provocazioni e confronti continui. Durante le lezioni dovrete porre in essere senza cedimenti e con energia strategie positive di gestione del comportamento per creare, anche «artificialmente», la motivazione degli studenti che tanto spesso manca. Non dovrete mai permettervi di accumulare una dose eccessiva di frustrazione ponendo aspettative troppo alte nei confronti dei ragazzi, né limitarvi ad accettare il minimo che essi tentano di offrirvi — e dovrete evitare di sfidarli perdendo le staffe. Vi converrà restare calmi, essere positivi e muovere piccoli passi, l’uno dopo l’altro, verso i progressi. Non è certo cosa facile! ALLEGATO 8 Da: «Sopravvivere nelle classi difficili», Paul Blum, Erickson ed. Le scuole dell’obbligo offrono uno strano contesto perché vi si verifichi un apprendimento e un insegnamento efficaci. Sono le uniche istituzioni educative del Paese che si è obbligati a frequentare fino a una certa età, indipendentemente dal fatto che si abbia un’inclinazione per lo studio oppure no. Questo elemento d’obbligo avvelena la situazione di apprendimento ideale. L’insegnante normale deve fare del suo meglio in questa realtà tremendamente difficile. Deve cioè trarre il meglio dagli studenti con una buona motivazione e calmare o domare altri studenti che si comportano come belve in gabbia in uno zoo. La vostra sfida più impegnativa è quella di far sì che gli alunni si sentano dell’umore di ascoltare e lavorare. La cosa più difficile da fare è pensare in termini positivi quando tutto quel che vi circonda appare così negativo e frustrante. ALLEGATO 9 Da: https://www.ted.com/talks/elizabeth_gilbert_on_genius?language=en TROPPE IDEOLOGIE CHE CREANO INSOPPORTABILI ASPETTATIVE SULLA PERFORMANCE Ci sono Fallimenti e Successi nel mio lavoro di scrittrice, ma io devo crearmi una sorta di costruzione protettiva psicologia, una sorta di DISTANZA DI SICUREZZA tra me e la mia ansietà molto naturale . …e quand’anche tu avessi toccato il cielo con le dita: hai vinto, e ti senti un GENIO, Beh, pensa che NON LO SEI, che il momento di genialità è già passato . Non aver paura, non abbatterti per questo, continua solo a fare il tuo lavoro, e dì «bravo» alla tua pochezza. Il successo e il fallimento ti spostano lontano da te stesso e tu devi sempre tornare a «casa», non alla tua famiglia, ma a ciò che sei tu «dentro». Il più rapidamente e fluidamente possibile. E se ti chiedi dove sia casa tua: ecco un suggerimento, casa tua è dove e qualsiasi cosa che ami più di quanto ami te stesso. Ciò a cui dedicheresti le tue energie con una devozione così forte che i risultati diventano una cosa insignificante. Quindi se per me lo è lo scrivere, ciò che devo fare dopo un grande fallimento o successo editoriale è ritornare semplicemente a scrivere! Con diligenza, devozione, rispetto e riverenza. E scriverò allora altre pagine alcune delle quali avranno successo altre no, ma io sarò sempre al sicuro dagli uragani del risultato, fintanto che mi ricorderò ciò per cui vivo. Non so per cosa tu viva, ma so che c’è qualcosa che ami oltre i risultati. Allegato 10 I compiti del Gruppo di lavoro e di studio di Istituto si estendono alle problematiche relative a tutti i BES, "nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento« , favorendo anche focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi. “A tale scopo i suoi componenti sono integrati da tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola (funzioni strumentali, insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, docenti "disciplinari" con esperienza e/o formazione specifica o con compiti di coordinamento delle classi, genitori , esperti istituzionali o esterni in regime di convenzionamento con la scuola), in modo da assicurare all'interno del corpo docente il trasferimento capillare delle azioni di miglioramento intraprese e un'efficace capacità di rilevazione e intervento sulle criticità all'interno delle classi. (Direttiva Ministeriale 27 dicembre 2012 + Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013) «Appendice 11» Da: http://www.giannimarconato.it/category/riflessioni Riconosciamo agli studenti il diritto di imparare o solo il DOVERE DI IMPARARE cosa e come stabilito da noi? Chi decide dei diritti degli studenti a imparare? Chi decide sul come esercitare questo diritto? Gli studenti vengono ascoltati? Viene chiesto loro come piacerebbe imparare? Creiamo le condizioni per cui gli studenti possano saper cosa chiedere ? O diciamo ” lascia fare a noi che di queste cose ce ne intendiamo?’. E’ solo questione di come percepiamo il nostro potere. Circolare 6 marzo 2013 Il Allegato 12 Gruppo di lavoro per l'inclusione (in sigla GLI) svolge le seguenti funzioni: - rilevazione dei BES presenti nella scuola; - raccolta e documentazione degli interventi didattico-educativi posti in essere anche in funzione di azioni di apprendimento organizzativo in rete tra scuole e/o in rapporto con azioni strategiche dell'Amministrazione; - focus/confronto sui casi, consulenza e supporto ai colleghi sulle strategie/metodologie di gestione delle classi; - rilevazione, monitoraggio e valutazione del livello di inclusività della scuola; - raccolta e coordinamento delle proposte formulate dai singoli GLH Operativi sulla base delle effettive esigenze, ai sensi dell' art. 1, comma 605, lett. b), della legge n. 296/2006, tradotte in sede di definizione del PEI come stabilito dall' art. 10, comma 5 della legge 30 luglio 2010, n. 122; - elaborazione di una proposta di Piano Annuale per l'Inclusività riferito a tutti gli alunni con BES, da redigere al termine di ogni anno scolastico (entro il mese di giugno). A tale scopo, il Gruppo procederà ad un'analisi delle criticità e dei punti di forza degli interventi di inclusione scolastica operati nell'anno appena trascorso e formulerà un'ipotesi globale di utilizzo funzionale delle risorse specifiche, istituzionali e non, per incrementare il livello di inclusività generale della scuola nell'anno successivo. Il Piano sarà quindi discusso e deliberato in Collegio dei Docenti e inviato ai competenti Uffici degli UUSSRR, nonché ai GLIP e al GLIR, per la richiesta di organico di sostegno, e alle altre istituzioni territoriali come proposta di assegnazione delle risorse di competenza, considerando anche gli Accordi di Programma in vigore o altre specifiche intese sull'integrazione scolastica sottoscritte con gli Enti Locali. A seguito di ciò, gli Uffici Scolastici regionali assegnano alle singole scuole globalmente le risorse di sostegno secondo quanto stabilito dall' art. 19, comma 11 della legge n. 111/2011. Nel mese di settembre, in relazione alle risorse effettivamente assegnate alla scuola -ovvero, secondo la previsione dell' art. 50 della L. n. 35/2012, alle reti di scuole -, il Gruppo provvederà ad un adattamento del Piano, sulla base del quale il Dirigente scolastico procederà all'assegnazione definitiva delle risorse, sempre in termini "funzionali". A tal punto i singoli GLHO completeranno la redazione del PEI per gli alunni con disabilità di ciascuna classe, tenendo conto di quanto indicato nelle Linee guida del 4 agosto 2009; - inoltre il Gruppo di lavoro per l'inclusione costituisce l'interfaccia della rete dei CTS e dei servizi sociali e sanitari territoriali per l'implementazione di azioni di sistema (formazione, tutoraggio, progetti di prevenzione, monitoraggio, ecc.). Dal punto di vista organizzativo, pur nel rispetto delle autonome scelte delle scuole, si suggerisce che il gruppo svolga la propria attività riunendosi (per quanto riguarda le risorse specifiche presenti: insegnanti per il sostegno, AEC, assistenti alla comunicazione, funzioni strumentali, ecc.), con una cadenza - ove possibile - almeno mensile, nei tempi e nei modi che maggiormente si confanno alla complessità interna della scuola, ossia in orario di servizio ovvero in orari aggiuntivi o funzionali (come previsto dagli artt. 28 e 29 del CCNL 2006/2009), potendo far rientrare la partecipazione alle attività del gruppo nei Il Gruppo, coordinato dal Dirigente scolastico o da un suo delegato, potrà avvalersi della consulenza e/o supervisione di esperti esterni o interni, anche attraverso accordi con soggetti istituzionali o del privato sociale e, a seconda delle necessità (ad esempio, in caso di istituto comprensivo od onnicomprensivo), articolarsi anche per gradi scolastici. All'inizio di ogni anno scolastico il Gruppo propone al Collegio dei Docenti una programmazione degli obiettivi da perseguire e delle attività da porre in essere, che confluisce nel Piano annuale per l'Inclusività; al termine dell'anno scolastico, il Collegio procede alla verifica dei risultati raggiunti”. Oggi i GLI (Gruppi di lavoro per l’inclusione) oltre a quanto stabilito nella Circolare n.8 del 2013, sono anche citati nella Nota Ministeriale del 22/11/2013, n. 2563 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S. 2013/2014. Chiarimenti”. In essa, al paragrafo rubricato “Gruppi di lavoro per l’inclusività” è scritto “(…) in relazione alle riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività ad inizio d'anno, le scuole definiranno tempi e modalità degli incontri anche sulla base di un congruo periodo di osservazione degli alunni in ingresso, al fine di poter stabilire eventuali necessità di interventi nell'ottica dell'inclusione. Inoltre, in relazione ai compiti del Gruppo di lavoro per l'inclusività, che assume, secondo quanto indicato nella Circ. 6 marzo 2013, n. 8, funzioni di raccordo di tutte le risorse specifiche e di coordinamento presenti nella scuola, si rammenta il rispetto delle norme che tutelano la privacy nei confronti di tutti gli alunni con bisogni educativi speciali. In particolare, si precisa che nulla è innovato per quanto concerne il Gruppo di lavoro previsto all' art. 12, comma 5 della legge n. 104/1992 (GLH operativo), in quanto lo stesso riguarda il singolo alunno con certificazione di disabilità ai fini dell'integrazione scolastica. A livello di Istituto, si precisa inoltre che le riunioni del Gruppo di lavoro per l'inclusività possono tenersi anche per articolazioni funzionali ossia per gruppi convocati su tematiche specifiche. Sempre con riferimento al Gruppo di lavoro per l'inclusività, si anticipa che verranno organizzati specifici incontri informativi per i referenti di istituto, al fine di dare corretta interpretazione alle indicazioni fornite nella Circ. 6 marzo”. La Circolare n.8 del 2013 nello stabilire l’azione a livello territoriale precisa che “fermi restando compiti e composizione dei GLIP di cui all' art. 15, commi 1, 3 e 4 della L. n. 104/1992, le loro funzioni si estendono anche a tutti i BES, stante l'indicazione contenuta nella stessa L. n. 104/1992 secondo cui essi debbono occuparsi dell'integrazione scolastica degli alunni con disabilità, "nonché per qualsiasi altra attività inerente all'integrazione degli alunni in difficoltà di apprendimento". In ogni caso, i CTS dovranno strettamente collaborare con i GLIP ovvero con i GLIR, la cui costituzione viene raccomandata nelle Linee guida del 4 agosto 2009.” In conclusione, dalla lettura della Circ. n.8 emerge che i GLHI si occupano anche delle problematiche degli alunni con BES e si pongono come gruppi allargati che agiscono in favore anche dell’inclusione, accanto ai GLI di recente introduzione. Pertanto i GLHI e i GLI coesistono e i primi non sono assorbiti dai secondi, giacché integrazione ed inclusione non hanno lo stesso significato. Mentre a dire della Nota 2563 restano inalterati i compiti dei GLHO così come previsti dalla Legge 104; in siffatta prospettiva quindi a ciascuno il suo compito per quanto di competenza così come stabilito dalla normativa vigente. Allegato 13 «Don’t try and do it alone. Call on those who know the things you don’t , and build something together» «To capture the attention of your auditorium, you must also : 1. Move around 2. Ask questions 3. Make them move all together 4. Say: «that is not what happened» 5. Let them know that there is a secret! 6. Insert something silly inside the story 7. Provoke somebody 8. Look down at your toes» (Ashley Ramsden, storyteller) (=«NON CERCARE DI FAR TUTTO DA SOLO. CHIEDI A QUELLI CHE SAI SANNO FARE LE COSE CHE TU NON SAI FARE, E COSTRUISCI CON LORO QUALCOSA» «Per catturare l’attenzione del tuo pubblico: muoversi sempre tra il pubblico, porre domande a singoli spettatori, una o due volte chiedere loro di fare un certo movimento tutti insieme –per risvegliare l’attenzione-, prospettare una cosa e subito dopo dire che no, quella cosa non è in realtà successa, dire al pubblico che c’è qualcosa di segreto nella storia –lo svelerai dopo-, inserire anche qualcosa di palesemente sciocco nei comportamenti o avvenimenti dei personaggi, provocare uno spettatore prendendolo quasi di mira chiedendogli inaspettatamente ad es. perché indossa quell’orrendo paio di scarpe, una volta interrompi il racconto della tua storia e ti fermi immobile a fissare i tuoi piedi in assoluto silenzio per qualche secondo –il che al pubblico sembra strano- e poi riprendi come se niente fosse»).