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Lezione 321 (CRO) La profezia delle 70 settimane
Lezione 321 (CRO) La profezia delle 70 settimane Nota Lezione alquanto difficile. Procedete un passo alla volta, Bibbia alla mano. Le successive date di notevole importanza nella nostra ricostruzione cronologica della Bibbia le ricaviamo da una profezia. Nel capitolo 9 di Daniele troviamo una serie di rilevanti predizioni che additano la venuta del messia e la sua morte nel 30 E. V., seguita poi dalla distruzione di Gerusalemme e del suo Tempio nei decenni seguenti. “Settanta settimane sono state fissate riguardo al tuo popolo e alla tua santa città, per far cessare la perversità, per mettere fine al peccato, per espiare l'iniquità e stabilire una giustizia eterna, per sigillare visione e profezia e per ungere il luogo santissimo. Sappi dunque e comprendi bene: dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme fino all'apparire di un unto, di un capo, ci saranno sette settimane; e in sessantadue settimane essa sarà restaurata e ricostruita, piazza e mura, ma in tempi angosciosi. Dopo le sessantadue settimane un unto sarà soppresso, nessuno sarà per lui. Il popolo d'un capo che verrà, distruggerà la città e il santuario; la sua fine verrà come un'inondazione ed è decretato che vi saranno devastazioni sino alla fine della guerra. Egli stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta; sulle ali delle abominazioni verrà un devastatore. Il devastatore commetterà le cose più abominevoli, finché la completa distruzione, che è decretata, non piombi sul devastatore”. - Dn 9:24-27. “Settanta settimane sono state fissate”. Così disse a Daniele l’angelo Gabriele. Data l’importanza della profezia, occorre stabilire bene il testo biblico. Prendiamo qui come riferimento La Bibbia Concordata, il cui libro di Dn è stato accuratamente tradotto dal compianto professor F. Salvoni, già direttore della Facoltà di Scienze Bibliche di Milano. Vediamo il testo. Daniele sta pregando: “Io parlavo ancora, pregando, confessando il mio peccato e il peccato del mio popolo Israele, ed effondendo la ma supplica dinanzi al Signore, mio Dio, sul monte santo del mio Dio” (9:20, Con). Mentre Daniele ‘parlava ancora in preghiera’, si presenta Gabriele (9:21). “Egli venne e mi parlò dicendo: ‘Daniele, sono uscito ora per farti comprendere. All’inizio della tua supplica uscì una parola e io sono venuto a comunicartela, poiché tu sei prediletto da Dio. Ora penetra la parola e comprendi la visione”. - 9:22,23, Con. 24 Settanta settimane sono fissate per il tuo popolo e la città santa per far cessare l’iniquità, per sigillare il peccato, per espiare l’iniquità, per addurre giustizia eterna, per suggellare visione e profeta e per ungere il Santo dei Santi. 25 Sappi e intendi: Dall’uscita della parola di tornare e di ricostruire Gerusalemme, fino all’unzione di un capo: sette settimane. Poi sessantadue settimane: piazza e fossato si ricostruiranno, ma in angustia di tempi. 26 E dopo le sessantadue settimane un unto sarò soppresso, e non sarà per lui … Il popolo di un principe che verrà distruggerà la città e il santuario. La sua fine avverrà nell’inondazione e sino alla fine vi sarà guerra e devastazione decretata. 27 Egli salderà un’alleanza con molti per una settimana, e per mezza settimana farà cessare sacrificio e offerta, porrà all’estremità l’abominio del devastatore, sino a che la rovina decretata si riversi sul devastatore. Il v. 24 non pone problemi. Le varie traduzioni sono concordi. Segnaliamo solo alcune particolarità del testo. “Sono fissate” è in ebraico ( נֶ ְח ַּת ְךnekhtàch), letteralmente: “Sono state recise/stroncate”. “Per suggellare visione e profeta”: il senso dell’ebraico ( ּו ַלחְּתֹםulakhtòm), “per suggellare”, è quello di “confermare”, “dare autorità”. V. 25. “Fino all’unzione di un capo”. L’ebraico ha ָׁשי ַח נָגִיד ִ ( עַדמad-mashìakh naghìd). Naghìd significa “capo”, “comandante”. Mashìakh è tradotto in greco christòs e significa “unto”. Si tratta quindi di un “capo unto” o consacrato. Il testo ebraico non ha l’articolo determinativo. Letteralmente è: “Fino a un capo consacrato”. Tradurre “fino a Messia [il] Condottiero” – come fa TNM – è speculativo. L’articolo determinativo non c’è nell’ebraico e, sebbene messo tra parentesi quadre, viene riferito da TNM a Yeshùa (si noti “Messia” e “Condottiero” resi col maiuscolo). Se la Bibbia avesse voluto dire così, avrebbe messo l’articolo, ma nel testo non c’è. La Scrittura dice solo: “Fino a un capo consacrato”. La parte finale del versetto appare oscura in TNM: “Ci saranno sette settimane, anche sessantadue settimane. Essa tornerà e sarà effettivamente riedificata, con pubblica piazza e fossato, ma nelle strettezze dei tempi”. “Essa tornerà”: essa chi o cosa?! “L’emanazione della Parola”? La “parola”? Non si capisce cosa TNM voglia intendere. Dato che è “riedificata”, sembrerebbe trattarsi di Gerusalemme. Ma come può una città tornare?! La traduzione è senza senso. La traduzione corretta dell’ebraico è: “Dall’uscita della parola di tornare e di ricostruire Gerusalemme, fino all’unzione di un capo: sette settimane. Poi sessantadue settimane: piazza e fossato si ricostruiranno, ma in angustia di tempi”. Questa ultima frase che riguarda la ricostruzione non riguarda il periodo dopo “sessantadue settimane”. Il metodo profetico trascura spesso l’esatta successione cronologica. Il Salvoni inserisce un “poi”: “Sette settimane. Poi sessantadue settimane”; TNM inserisce un “anche”: “Sette settimane, anche sessantadue settimane”. L’ebraico ha ּוׁשנַיִם ְ ְׁש ֻבעִים ִׁש ִּׁשים ָ ָׁש ֻבעִים ִׁש ְבעָה ו shavuìm shivàh veshavuìm shishìm ushnàim settimane sette e settimane sessanta e due Si potrebbe tradurre: “Dall’uscita della parola di tornare e di ricostruire Gerusalemme, fino all’unzione di un capo: sette settimane e sessantadue settimane. Piazza e fossato si ricostruiranno, ma in angustia di tempi”. In tal modo non si cade nell’equivoco di ritenere che “piazza e fossato” sarebbero stati ricostruiti dopo 7+62 settimane. Il v. 26 presenta una frase incompleta: “E non sarà per lui […]”. NR interpreta e aggiunge: “Nessuno sarà per lui”. TNM interpreta pure e aggiunge: “Senza nulla per lui stesso”. Ma l’ebraico, ripetiamo, ha una frase incompleta: ָׁשי ַח וְאֵין לֹו ִ יִָּכרֵת מ ikarèt mashìakh veèyn lo sarà stroncato un unto e non c’è per lui Data l’incompletezza della frase, il significato è incerto e ci sfugge. Il Salvoni commenta: “Forse vuol significare che egli sarà messo a morte non per colpa sua bensì per la malvagità altrui; oppure che tale morte avrà valore non per sé ma per altri. Varie maniere sono state suggerite per completare la frase mutila: ‘Non vi sarà per lui il giudizio, la colpa, un successore’, ecc.”. - Nota a Dn 9:26, Con. Il v. 27 – che chiude il cap. 9 – inizia con la frase “Egli salderà un’alleanza con molti”. L’ebraico ha l’articolo determinativo davanti a “molti”? Stando al testo masoretico, sì: ( ָל ַרּבִיםlarabìm). Si noti il segno diacritico (ָ) sotto il làmed iniziale (ל, lettera l). Quel segno si pronuncia a, che unito alla l dà la. Significa “per i” (se fosse solo l significherebbe “per”, senza l’articolo “i”). Dei segni diacritici abbiamo trattato nella lezione 59 (EBR): sono segni costituiti da punti e lineette inventati dai masoreti (“maestri della tradizione”) nel 6° secolo E. V., segni con cui corredare le consonanti per indicare gli accenti e la corretta pronuncia delle vocali. Per secoli l’ebraico era stato scritto adoperando solo consonanti: le vocali venivano aggiunte dal lettore. Secondo i masoreti, quindi, la parola in questione sarebbe larabìm, “per i molti”. Ma questo nel 6° secolo E. V.. L’originale ebraico aveva l’articolo? Il Salvoni opta per lerabìm, senza articolo, traducendo “con molti”. TNM propende per larabìm: “Per i molti”. Com’era l’originale ebraico? Una preziosa indicazione l’abbiamo dal testo greco della LXX, del 2° secolo a. E. V.. Il greco ha εἰς πολλούς (èis pollùs), “per molti”, senza articolo. È quindi da preferire la traduzione del Salvoni: “Un’alleanza con molti”. Sia l’ebraico rabìm che il greco pollùs significano “molti”; è quindi del tutto sbagliata la nota in calce di TNM che osserva: “O, ‘per i grandi’”. Chiarite queste particolarità della sezione di Dn che stiamo analizzando, occorre tornare sul v. 25. C’è un aspetto importante da definire che riguarda l’ordinanza concernente Gerusalemme. Si notino le differenze delle varie traduzioni: VR Con Dn 9:25 TNM “Restaurare e ricostruire Gerusalemme” “Di tornare e di ricostruire Gerusalemme” “Di restaurare e riedificare Gerusalemme” CEI “Sul ritorno e la ricostruzione di Gerusalemme” Did “Che Gerusalemme sia riedificata” La discordanza delle traduzioni sta nella scelta di tradurre il verbo ebraico ָׁשיב ִ ְלה (lehashìv) con “ritornare” o “ricostruire”. Il verbo ebraico ha tutti e due i significati, per cui – in se stesse – le due traduzioni sono possibili. Ma che significato ha qui lehashìv? È il contesto che deve stabilirlo. Ma qui abbiamo, per così dire, due contesti. Uno narrativo e l’altro storico. Se stiamo a quello narrativo, sarebbe da preferire “restaurare”, perché qui si ha il classico parallelismo ebraico che ripete lo stesso concetto con espressioni diverse. L’inizio del versetto – “Sappi e intendi” (Con) – è un esempio di questo parallelismo. Avremmo quindi un duplice parallelismo: sappi-intendi, restaurare-ricostruire. Il Diodati lo interpreta così, tanto che riunisce il parallelismo restaurare-ricostruire in una sola espressione: “Riedificata”. Ma qui abbiamo anche un contesto storico, dato che è detto: “Dall’emanazione della parola di” (TNM). Si fa riferimento a un decreto. Il fatto è che gli esegeti fanno riferimento chi al decreto di Ciro, chi a quello di Artaserse. Vediamoli. Decreto di Ciro “Così dice Ciro, re di Persia: ‘Il Signore, Dio dei cieli, mi ha dato tutti i regni della terra, ed egli mi ha comandato di costruirgli una casa a Gerusalemme, che si trova in Giuda. Chiunque tra voi è del suo popolo, il suo Dio sia con lui, salga a Gerusalemme, che si trova in Giuda, e costruisca la casa del Signore, Dio d'Israele, del Dio che è a Gerusalemme”. - Esd 1:2,3. Il decreto riguarda la costruzione del Tempio Decreto di Artaserse “Il ventesimo anno del re Artaserse […]. ‘Mandami [me, Neemia] in Giudea, nella città dove sono le tombe dei miei padri, perché io la ricostruisca. […] Se il re è disposto, mi si diano delle lettere […] per costruire le porte della fortezza annessa al tempio del Signore, per le mura della città’ […]. Il re mi diede le lettere”. - Nee 2:1,5,7,8. Il decreto riguarda la ricostruzione di Gerusalemme Dato che Dn 9:25 parla di “ricostruire Gerusalemme”, pare proprio riferirsi al decreto di Artaserse. Si noti anche che in Nee il Tempio non pare aver bisogno di ristrutturazione, ma piuttosto ne hanno bisogno “le porte della fortezza annessa al tempio del Signore” e “le mura della città”. Ora, Dn 9:25 si riferisce a Gerusalemme e non menziona il Tempio. È quindi da preferire la traduzione “restaurare e ricostruire Gerusalemme”. Come verifica finale, possiamo mettere alla prova la traduzione “tornare” (Con) riferendola al decreto di Ciro. In tal caso l’unto del v. 25 sarebbe Ciro, che nella Bibbia è chiamato “unto” o “messia” o “cristo” (Is 45:1), ma poi dovremmo assumere Onia come “unto” del v. 26, morto nel 171 a. E. V. (cfr. 2Maccabei 4:32-34). Se partiamo poi dall’anno 538/537 a. E. V.. (anno del decreto di Ciro) non si arriva da nessuna parte, sia contando le “settimane” come giorni-anni che – tanto meno – contandole come giorni. Stabilito quindi che il decreto di riferimento è di Artaserse, occorre ora capire cosa significhino le “settanta settimane”. Come conteggiare le 70 settimane Si noti che l’angelo Gabriele non parla di giorni, ma di “settanta settimane” (Dn 9:24). È vero che 70 settimane sono composte da 490 giorni (70 x 7 = 490), ma perché allora non dire ‘490 giorni’? Inoltre, la ricostruzione di Gerusalemme richiese ben più tempo di 490 giorni. Deve trattarsi dunque di anni: 490 anni. Abbiamo perciò: “Settanta settimane” “sette settimane” “sessantadue settimane” “una settimana” Dn 9:24 Dn 9:25 Dn 9:25 Dn 9:27 70 x 7 = 490 anni 7 x 7 = 49 anni 62 x 7 = 434 anni 7 anni Non ci resta ora che sapere da quando far partire i 490 anni. Dopo la morte di Ciro il Grande, re di Persia, gli succedette il figlio Cambise II. Dopo la morte di Cambise, il regno successivo durò sette mesi, e sembra che durante questo breve regno un’accusa contro gli ebrei venisse presentata all’allora re di Persia, chiamato nella Bibbia “Artaserse” (forse un nome o titolo regale). Questa volta le accuse sfociarono nell’interdetto reale che intimò di sospendere la costruzione del Tempio decretata da Ciro (Esd 4:7-23). Salì quindi al trono di Persia Dario I (Dario il Grande, figlio di Istaspe). I lavori del Tempio rimasero fermi “fino al secondo anno del regno di Dario, re di Persia” (Esd 4:24). A Gerusalemme, con l’approvazione di Dario, furono ripresi i lavori del Tempio, che fu completato nel sesto anno del suo regno (Esd 6:1-15). Fu poi la volta di Serse, figlio di Dario. E arriviamo così ad Artaserse Longimano, successore di Serse. Artaserse Longimano (nella foto a destra la sua tomba) ci interessa per aver autorizzato Esdra a tornare a Gerusalemme con un’ingente contribuzione per il Tempio. Questo avvenne nel settimo anno del regno di Artaserse (Esd 7:1-26;8:24-36). Durante il 20° anno di Artaserse, Neemia ebbe il permesso di tornare a Gerusalemme per ricostruire la città: “Parole di Neemia, figlio di Acalia. Nel mese di Chisleu del ventesimo anno, mentre mi trovavo nel castello di Susa, Anani, un mio fratello, e alcuni altri uomini arrivarono da Giuda. Io li interrogai riguardo ai Giudei scampati, superstiti della deportazione, e riguardo a Gerusalemme. E quelli mi risposero: ‘I superstiti della deportazione sono là, nella provincia, in gran miseria e nell'umiliazione; le mura di Gerusalemme restano in rovina e le sue porte sono consumate dal fuoco’”. - Nee 1:1-3. “Il ventesimo anno del re Artaserse, il vino stava davanti al re; io lo presi e glielo versai. Io non ero mai stato triste in sua presenza. Il re mi disse: ‘Perché hai l'aspetto triste? Eppure non sei malato; non può essere altro che per una preoccupazione’. Allora fui colto da grande paura, e dissi al re: ‘Viva il re per sempre! Come potrei non essere triste quando la città dove sono le tombe dei miei padri è distrutta e le sue porte sono consumate dal fuoco?’. E il re mi disse: ‘Che cosa domandi?’. Allora io pregai il Dio del cielo; poi risposi al re: ‘Se ti sembra giusto e il tuo servo ha incontrato il tuo favore, mandami in Giudea, nella città dove sono le tombe dei miei padri, perché io la ricostruisca’. Il re, che aveva la regina seduta al suo fianco, mi disse: ‘Quanto durerà il tuo viaggio? Quando ritornerai?’. La cosa piacque al re, che mi lasciò andare, e gli indicai una data. Poi dissi al re: ‘Se il re è disposto, mi si diano delle lettere per i governatori d'oltre il fiume affinché mi lascino passare ed entrare in Giuda, e una lettera per Asaf, guardiano del parco del re, affinché mi dia del legname per costruire le porte della fortezza annessa al tempio del Signore, per le mura della città, e per la casa che abiterò’. Il re mi diede le lettere, perché la benefica mano del mio Dio era su di me”. - Nee 2:1-8. Nel “ventesimo anno del re Artaserse” fu quindi emanato il decreto di cui parla Dn 9:25: “Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Gerusalemme”. Non è così scontato identificare il “ventesimo anno del re Artaserse”. Gli storici, infatti, non sono pienamente concordi. Diversi storici additano l’anno tradizionale del 445 a. E. V. come 20° anno di regno. Altri il 455 a. E. V.. Ci sono però validissimi motivi per propendere per il 455 a. E. V.: duplici testimonianze storiche delle fonti greca e babilonese. Fonte greca. Temistocle, un politico e generale ateniese, cadde in disgrazia presso i suoi concittadini e cercò scampo in Persia. Secondo lo storico greco Tucidide (I, CXXXVII, 3), noto per la sua accuratezza, in quel tempo Temistocle “inviò una lettera al re Artaserse figlio di Serse, che era salito al trono da poco”. Il biografo greco Plutarco (Vita di Temistocle, XXVII, 1) afferma che “Tucidide, e Carone di Lampsaco, riferiscono che dopo che Serse era morto Temistocle incontrò il figlio, Artaserse”. Carone era un suddito persiano che visse nel periodo del passaggio del regno da Serse ad Artaserse. Dalle testimonianze di Tucidide e di Carone di Lampsaco si desume che quando Temistocle arrivò in Persia, Artaserse aveva da poco cominciato a regnare. Questo è un dato importante perché possiamo stabilire quando Artaserse cominciò a regnare mediante un calcolo a ritroso, partendo dalla morte di Temistocle. Lo storico Diodoro Siculo (XI, 54, 1; XI, 58, 3) descrive la morte di Temistocle insieme ad altri avvenimenti verificatisi “quando Prassiergo era arconte in Atene”. Prassiergo fu arconte ad Atene nel 471/470 a. E. V. (Alan E. Samuel, Greek and Roman Chronology, Monaco, 1972, p. 206). Secondo Tucidide, l’arrivo di Temistocle in Persia fu seguito da un anno di studio della lingua in preparazione dell’udienza con Artaserse. Dopo ciò, il re gli concesse di stabilirsi in Persia. Dato che Temistocle morì nel 471/470 a. E. V., non può essersi stabilito in Persia più tardi del 472 a. E. V., e deve esservi arrivato un anno prima, nel 473 a. E. V.. A quel tempo Artaserse “era salito al trono da poco”. M. de Koutorga così riassume: “Abbiamo visto che, secondo la cronologia di Tucidide, Serse morì verso la fine del 475 a.E.V., e che, secondo il medesimo storico, Temistocle arrivò in Asia Minore poco dopo l’ascesa al trono di Artaserse Longimano” (Mémoires présentés par divers savants à l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres de l’Institut Impérial de France, prima serie, vol. VI, parte II, Parigi, 1864, pag. 147). Ed E. Levesque osserva: “È pertanto necessario, stando al Chronicon Alexandrinum, collocare la morte di Serse nel 475 a. E. V., dopo undici anni di regno. Lo storico Giustino [Giuniano], III, 1, conferma questa cronaca e le affermazioni di Tucidide. Secondo lui, all’epoca dell’assassinio di Serse, il figlio Artaserse non era che un fanciullo, puer, il che è vero se Serse morì nel 475. Artaserse aveva allora 16 anni, mentre nel 465 ne avrebbe avuti 26, e ciò non giustificherebbe più l’espressione di Giustino. Secondo questa cronologia, giacché Artaserse cominciò a regnare nel 475, il 20° anno del suo regno dev’essere stato il 455 e non il 445 come abbastanza spesso si sente dire”. - Revue apologétique, Parigi, 1939, vol. 68, pag. 94. Fonte babilonese. Scavi eseguiti in Babilonia hanno portato alla luce un palazzo di Serse ultimato nel 496 a. E. V.. A. T. Olmstead scrive: “Apprendiamo che il 23 ottobre del 498 a Babilonia era in corso di costruzione la casa del figlio del re [il figlio di Dario, Serse]; senza dubbio si tratta del palazzo di Dario nella parte centrale che abbiamo già descritto. Due anni dopo [nel 496 a. E. V.], un documento commerciale della vicina Borsippa fa riferimento al ‘nuovo palazzo’ come già ultimato” (History of the Persian Empire, pag. 215). Altre due tavolette d’argilla costituiscono un’ulteriore testimonianza della coreggenza di Serse e Dario. Una è un testo commerciale relativo all’affitto di un edificio nell’anno di accessione di Serse. Questa tavoletta porta la data del primo mese dell’anno, nissàn (R. Campbell Thompson, A Catalogue of the Late Babylonian Tablets in the Bodleian Library, Oxford, Londra, 1927, pag. 13, tavoletta A. 124). L’altra tavoletta - fatto degno di nota - non attribuisce a Serse il titolo di “re di Babilonia, re di paesi”, che era comune a quel tempo (M. San Nicolò e A. Ungnad, Neubabylonische Rechts- und Verwaltungsurkunden übersetzt und erläutert, Lipsia, 1934, vol. I, parte 4a, pag. 544, tavoletta n. 634, classificata VAT 4397). Queste due tavolette fanno pensare, perché di solito l’anno di ascensione di un re comincia dopo la morte del suo predecessore. Tuttavia ci sono testimonianze che il predecessore di Serse (Dario) visse fino al settimo mese del suo ultimo anno, mentre questi due documenti concernenti l’anno di ascensione di Serse recano date anteriori al settimo mese. Questi documenti, quindi, non si riferiscono a un periodo di ascensione di Serse posteriore alla morte del padre, ma a un anno di ascensione durante la sua reggenza con Dario. Se tale anno di ascensione fu il 496 a. E. V., quando il palazzo di Serse a Babilonia era stato ultimato, il suo primo anno come coreggente sarebbe iniziato il nissàn successivo, nel 495 a. E. V., e il suo 21° e ultimo anno di regno avrebbe avuto inizio nel 475 a. E. V.. In tal caso Serse avrebbe regnato 10 anni con Dario (dal 496 al 486 a. E. V.) e 11 anni da solo (dal 486 al 475 a. E. V.). Si consideri anche che gli storici sono concordi nel dire che il primo anno di regno di Dario II iniziò nella primavera del 423 a. E. V.. Una tavoletta babilonese indica che nel suo anno di ascensione Dario II era già sul trono il 4° giorno dell’11° mese, cioè il 13 febbraio del 423 a. E. V. (R. A. Parker e W. H. Dubberstein, Babylonian Chronology, 626 B.C.–A.D. 75, 1971, pag. 18). Altre due tavolette mostrano che Artaserse continuò a regnare dopo il 4° giorno dell’11° mese del suo 41° anno. Una, porta la data del 17° giorno dell’11° mese del suo 41° anno (Ibidem). L’altra reca la data del 12° mese del suo 41° anno (Old Testament and Semitic Studies, a cura di Harper, Brown e Moore, 1908, vol. 1, pag. 304, tavoletta n. 12, classificata CBM, 5505). Perciò Artaserse non fu sostituito nel trono durante il suo 41° anno di regno, ma regnò per l’intero anno. Questo indica che Artaserse deve aver regnato più di 41 anni e che il suo primo anno di regno non deve quindi contarsi dal 464 a. E. V.. Una prova che Artaserse Longimano continuò a regnare dopo il suo 41° anno è data da un documento commerciale di Borsippa datato al 50° anno di Artaserse (E. Leichty e A. K. Grayson, Catalogue of the Babylonian Tablets in the British Museum, vol. VII: Tavolette provenienti da Sippar 2, 1987, pag. 153; tavoletta classificata B. M. 65494). Una delle tavolette che collegano la fine del regno di Artaserse con l’inizio del regno di Dario II è così datata: “51° anno, anno di ascensione, 12° mese, giorno 20, Dario, re di paesi” (Albert T. Clay, The Babylonian Expedition of the University of Pennsylvania, Series A: Cuneiform Texts, 1908, vol. VIII, parte I, pagg. 34, 83, e tavola 57, tavoletta n. 127, classificata CBM 12803). Dato che il primo anno di regno di Dario II fu il 423 a. E. V., il 51° anno di regno di Artaserse dev’essere stato il 424 a. E. V. e il suo primo anno di regno il 474 a. E. V.. Perciò, le testimonianze storiche provenienti dalle fonti greca e babilonese concordano nell’additare il 475 a. E. V. come anno di ascensione di Artaserse e il 474 a. E. V. come suo primo anno di regno. Di conseguenza il 20° anno di Artaserse, anno da cui cominciano a contarsi le 70 settimane di Dn 9:24, fu il 455 a. E. V.. Abbiamo così il seguente schema: Settanta settimane (Dn 9) “Dal momento in cui è uscito l'ordine di restaurare e ricostruire Iniziano le “settanta settimane”, Gerusalemme”. nel 455 a. E. V. - V. 25. “Fino a Messia [il] Condottiero, ci 7 + 62 settimane = 69 settimane saranno sette settimane, anche 69 x 7 = 483 anni sessantadue settimane”. - V. 25, > 28 E. V. TNM. L’anno cui si arriva è il 28 E. V.: l’anno in cui Yeshùa si presentò pubblicamente, iniziando il suo ministero. Il calcolo è matematico: 455 + 28 = 483. La profezia di Dn continua: “Egli stabilirà un patto con molti, per una settimana; in mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta” (9:27). “Una settimana” è una settimana di anni, per cui si tratta di sette anni. “In mezzo alla settimana” indica il periodo dopo tre anni. Evento Termine delle 7 + 62 = 69 settimane = 483 anni (69 x 7) a partire dal 455 a. E. V. U L T I M A S E T T I M A N A 1 Primo giorno = anno dell’ultima settimana 2 Secondo giorno = anno dell’ultima settimana 3 Terzo giorno = anno dell’ultima settimana ½ Morte di Yeshùa, “agnello di Dio” 4 Quarto giorno = anno dell’ultima settimana 5 Quinto giorno = anno dell’ultima settimana 6 Sesto giorno = anno dell’ultima settimana 7 Settimo giorno = anno dell’ultima settimana Anno E. V. 28 Dopo nissàn 28 Dopo nissàn 29 Dopo nissàn 30 14 nissàn 30 Dopo nissàn 31 Dopo nissàn 32 Dopo nissàn 33 Dopo nissàn 34 “In mezzo alla settimana farà cessare sacrificio e offerta”: con la sua morte Yeshùa pose fine ai sacrifici e alle offerte previste dalla Legge. Yeshùa “è entrato una volta per sempre nel luogo santissimo, non con sangue di capri e di vitelli, ma con il proprio sangue. Così ci ha acquistato una redenzione eterna”. - Eb 9:12. “In mezzo [( ֲחצִיkhatzì)] alla settimana” (Dn 9:27). La parola ( ֲחצִיkhatzì) non indica sempre la metà esatta; può significare in mezzo o nel mezzo ma non necessariamente nella metà precisa, come in Ger 17:11: “Chi acquista ricchezze, ma non con giustizia, è come la pernice che cova uova che non ha fatte; nel bel mezzo [( ֲחצִיkhatzì)] dei suoi giorni egli deve lasciarle”. Cosa accadde alla fine dell’ultima settimana di anni? “Egli stabilirà un patto con molti, per una settimana”. I giudei, nel loro insieme, non accettarono Yeshùa come messia. Yeshùa poté stabile “un patto” solo con “molti” giudei, ma non con tutti. Dopo la sua morte, la via era ancora aperta per i giudei, e solo per loro. Ma venne il tempo in cui la porta fu aperta anche ai non ebrei. Alla fine delle 70 settimane di anni – dopo il nissàn del 34 E. V. -, l’apostolo Pietro ricevette il comando di predicare a un gentile, Cornelio (At 10:1-48). Ora il “patto con molti” non era più circoscritto ai giudei. La salvezza veniva predicata anche agli incirconcisi gentili. Il direttivo dei Testimoni di Geova sbaglia i conti, affermando: “Dal 455 a.E.V. all’1 E.V. ci sono 455 anni interi. Aggiungendo i rimanenti 28 anni (per fare 483 anni) si arriva al 29 E.V., l’anno esatto in cui Gesù di Nazaret fu battezzato in acqua e unto con spirito santo, e in cui cominciò il suo ministero pubblico come Messia, o Cristo. — Lu 3:1, 2, 21, 22” (Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 2, pag. 573). L’errore sta nell’affermare che “Dal 455 a.E.V. all’1 E.V. ci sono 455 anni interi” (Ibidem). La matematica non è un’opinione. Dal 455 all’1 a. E. V. compreso ci sono 455 anni interi. Se s’include l’1 E. V. occorre aggiungere un anno. Ai 455 anni a. E. V. occorre aggiungere i primi 28 anni dell’E. V. per ottenere i 483 anni delle 69 settimane (69 x 7 = 483). Si potrebbe osservare che è dopo la fine del 483° anno che si deve verificare l’evento, poiché Dn dice: “Fino a Messia [il] Condottiero, ci saranno sette settimane, anche sessantadue settimane” (9:25, TNM). Vero. E le 69 settimane terminano nell’anno 28 E. V.. Ma dopo le 69 settimane non si entra automaticamente nell’anno 29. Gli anni biblici non iniziano a gennaio, ma con il 1° di nissàn. Nell’anno 28, quindi, abbiamo sia il termine di 483 anni completi che l’inizio del 484° anno o primo anno dell’ultima settimana di anni. Il direttivo americano sembra voler far tornare i conti a tutti i costi, adottando l’idea tradizionale che Yeshùa sarebbe morto nel 33 E. V.. È partendo da questa data errata che a ritroso si è costretti a risalire al 29 E. V., data errata come conseguenza del primo errore. Le 70 settimane di anni 455 a. E. V. 28 E. V. prima di nissàn 28 E. V. 29 E. V. 30 E. V. 31 E. V. 32 E. V. 33 E. V. dopo dopo dopo dopo dopo dopo 34 E. V. dopo nissàn nissàn nissàn nissàn nissàn nissàn nissàn 3° Decreto di Artaserse giorno/anno 1° 2° giorno/anno giorno/anno 14 nissàn Il Messia è stroncato 4° 5° 6° 7° giorno/anno giorno/anno giorno/anno giorno/anno La chiamata è estesa ai gentili Il Messia appare nella scena pubblica 7 settimane (49 giorni/anni) + 62 settimane Ultima settimana di anni (434 giorni/anni) = 69 settimane (483 giorni/anni) 490 ANNI (70 settimane = 70 x 7 giorni = 490 giorni = 490 anni) “Ecco il testo della lettera data dal re Artaserse a Esdra, sacerdote e scriba, esperto nei comandamenti e nelle leggi dati dal Signore a Israele: Artaserse, re dei re, a Esdra, sacerdote e scriba esperto nella legge del Dio del cielo, eccetera. Io decreto che nel mio regno, chiunque del popolo d'Israele, dei suoi sacerdoti e dei Leviti sarà disposto a partire con te per Gerusalemme, vada pure. Tu infatti sei mandato dal re e dai suoi sette consiglieri in Giuda e a Gerusalemme per informarti come laggiù sia osservata la legge del tuo Dio, la quale è nelle tue mani, e per portare l'argento e l'oro che il re e i suoi consiglieri hanno volontariamente offerto al Dio d'Israele, la cui dimora è a Gerusalemme, e tutto l'argento e l'oro che troverai in tutta la provincia di Babilonia, e i doni volontari fatti dal popolo e dai sacerdoti per la casa del loro Dio a Gerusalemme. Tu avrai quindi cura di comprare con questo denaro tori, montoni, agnelli, e ciò che occorre per le relative oblazioni e libazioni, e li offrirai sull'altare della casa del vostro Dio che è a Gerusalemme. Dell'argento e dell'oro che avanzeranno farete, tu e i tuoi fratelli, quel che vi sembrerà meglio, conformandovi alla volontà del vostro Dio. Quanto agli utensili che ti sono dati per il servizio della casa del tuo Dio, rimettili davanti al Dio di Gerusalemme. Inoltre prenderai dal tesoro della casa reale quello che ti servirà per qualunque altra spesa che dovrai fare per la casa del tuo Dio. Io, il re Artaserse, do ordine a tutti i tesorieri d'oltre il fiume di consegnare senza indugio a Esdra, sacerdote e scriba, esperto nella legge del Dio del cielo, tutto quello che vi chiederà, fino a cento talenti d'argento, a cento cori di grano, a cento bati di vino, a cento bati d'olio, e una quantità illimitata di sale. Tutto quello che è comandato dal Dio del cielo sia puntualmente fatto per la casa del Dio del cielo. Perché infatti l'ira di Dio dovrebbe riversarsi sopra il regno, sul re e i suoi figli? Vi facciamo inoltre sapere che non si possono esigere tributi o imposte o pedaggi da nessuno dei sacerdoti, dei Leviti, dei cantori, dei portinai, dei Netinei e dei servi di questa casa di Dio. E tu, Esdra, secondo la saggezza di cui il tuo Dio ti ha dotato, stabilisci dei magistrati e dei giudici che amministrino la giustizia a tutto il popolo d'oltre il fiume, a tutti quelli che conoscono le leggi del tuo Dio; e voi fatele conoscere a chi non le conosce. Senza esitare farete giustizia di chi non osserverà la legge del tuo Dio e la legge del re, e lo punirete con la morte o con l'esilio, con una multa o con il carcere”. - Esd 7:11-26. “Nel mese di Nisan, il ventesimo anno del re Artaserse”. - Nee 2:1.