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Diapositiva 1 - Raffaele solaini
Semiotica R. Solaini Prima lezione Il pensiero strategico R. Solaini A proposito di strategia • • • • • • Secondo il dizionario della lingua italiana (Treccani), strategia è: 1. nell’arte militare, la tecnica di individuare gli obiettivi generali e finali di una guerra o di un ampio settore di operazioni, di elaborare le grandi linee di azione, predisponendo i mezzi per conseguire la vittoria 2. regola generale di condotta che, prevedendo i possibili sviluppi di certe situazioni (per es., le successive mosse dell’avversario), stabilisce quali linee di azione si debbano seguire per il conseguimento dell’obiettivo. Strategia è innanzitutto capacità di commisurare i mezzi ai fini. Strategia è attuazione di una condotta ragionevole. Secondo la definizione data, però (voce 2), il pensiero strategico dipende anche dalla capacità di prevedere le mosse degli altri. Da questo punto di vista il pensiero strategico è un atto comunicativo, un dialogo a distanza, così come ogni vera dialettica presume anche una strategia. Ad esempio, prevedere, fare intendere, dissimulare, interrogare, tenere la posizione sono tutte mosse, che appartengono sia all’ambito della comunicazione, sia a quello della strategia. La strategia non usa la comunicazione. La strategia è comunicazione. R. Solaini Strategia e semiotica • Prima ancora che comunicazione, strategia è capacità di lettura, di interpretazione, di trasformazione, del mondo. Ancora prima di comunicarlo, la strategia, cioè, costruisce senso. • Strategia è, innanzitutto, un processo di attribuzione di senso: è uno stratega colui che sa “leggere” la situazione, “interpretare” una mappa, “valorizzare” le possibilità di azione. • Il lavoro strategico è quindi una performance cognitiva, che ha lo scopo di riconoscere dietro ogni situazione una possibile struttura di senso, e quindi di azione. • Ogni strategia dipende dalla capacità di trasformare gli oggetti in segni di quegli stessi oggetti. R. Solaini Cavalli • • • • • Il primo esempio di pensiero strategico è offerto, fin dalla nascita della cultura occidentale, dall’episodio del cavallo di Troia con il quale Ulisse riuscì a sconfiggere i Troiani. Fra i Greci si confrontano due diverse logiche di azione. La prima, impersonata da Achille, è basata sulla forza. La seconda, impersonata da Ulisse, sull’intelligenza. La condotta di Achille è basata sul legame immediato e diretto fra mezzi e fini. La condotta di Ulisse, invece è basata sulla trasformazione della realtà e sulla mediazione simbolica: il cavallo di Troia non è più un cavallo, ma la messa in scena di un cavallo, un segno (menzognero) di un cavallo, forse una statua in onore degli Dei, forse un nascondiglio. Infatti, intorno alla “vera” natura del cavallo si svolge una discussione fra l’indovino troiano Calcante (nell’antichità gli indovini erano incaricati dell’interpretazione dei segni) e una spia di Ulisse, strategicamente lasciara lì da Ulisse sotto mentite spoglie. I Greci vincono la guerra (nonostante con la forza non fossero riusciti ad avere la meglio) perché vince, perché viene ritenuto più credibile, il loro discorso, il racconto della spia di Ulisse. R. Solaini Statua o nascondiglio? R. Solaini Il segno • • • • • • Si ha un segno quando aliquid stat pro aliquo (qualcosa sta per qualcos’altro). Si definisce segno tutto ciò che rinvia a qualche cos’altro, tutto ciò che può essere interpretato come manifestazione sensibile di un contenuto intelligibile assente. Sono segni, ad esempio, i sintomi (che rinviano alla malattia), le tracce (che rinviano a colui che le ha impresse), gli indizi (che rivelano l’identità del colpevole), uno stemma (che rinvia a una famiglia nobiliare). Poiché segno è tutto ciò che parla di qualche cos’altro da sé, ciò che trasforma un oggetto nella manifestazione di un contenuto nascosto (e da interpretare), il segno, come il cavallo di Troia, è, strutturalmente una finzione. (Ad esempio, si possono lasciare falsi indizi per ingannare il detective) Il linguaggio, secondo la definizione di Umberto Eco (Trattato di semiotica generale) è “facoltà di mentire”. Se con il linguaggio non si potesse mentire, dice Eco, non si potrebbe dire nulla, neanche la verità. Lo studio dei segni cerca di determinare in che modo, a quali condizioni, in quali contesti culturali siamo portati a considerare una finzione credibile. Come accada che un segno diventi uno stereotipo ed possa quindi essere confuso con ciò per cui esso sta. R. Solaini “Questo non è un cavallo” R. Solaini Fra arte e semiotica: Magritte R. Solaini La semiotica • • • • • La semiotica è una disciplina che ha una lunga preistoria. Fin dall’inizio, e secondo la sua etimologia, il suo oggetto è stato lo studio dei segni (in greco, sēmeĩon) e della loro interpretazione. Da allora, hanno parlato di segni Eraclito, Aristotele, gli Stoici, Sant Agostino, Bacone Locke, Husserl (solo per citarne alcuni). Il segno, quindi, è stato un costante e ricorrente problema per il pensiero logico e filosofico, che affrontava il nodo di come l’uomo possa affacciarsi intenzionalmente sul mondo (guardando e non solo vedendo, ascoltando e non solo sentendo – cfr., The sound of Silence, Simon & Gurfunkel). Si tratta di capire come sia possibile attribuire significato a quanto ci circonda. La storia della semiotica, invece, comincia intorno all’inizio del 1900 con l’opera di Ferdinand de Saussure (linguista ginevrino, 1817-1913) e di Charles S. Peirce (filosofo e logico statunitense, 1839-1914). Si tratta di due figure profondamente diverse per formazione e carattere. Oggi, dopo un secolo di riflessione, piuttosto che di segni, si preferisce parlare di testi: di sistemi di significazione e di comunicazione. Si è riconosciuto, cioè, come ciascun segno esista, abbia un significato determinato, e possa quindi essere studiato, solo entro un contesto e in relazione ad altri segni. L’oggetto della semiotica è lo studio è il “senso”; la sua ambizione è “dire qualcosa di sensato sul senso” (cfr. Algirdas Greimas) R. Solaini Seconda lezione Costruire valori, progettare strategie R. Solaini Semiotica e strategia • La strategia diventa una questione eminentemente semiotica quando, piuttosto che beni materiali sono in gioco valori simbolici (in semiotica si parla di Oggetti di Valore). Detta in altri termini, la strategia diventa una questione semiotica quando si passa dal mercato dei bisogni (tendenzialmente saturo) a quello dei desideri (G. Fabris, Il nuovo consumatore). • La semiotica è quindi centrale, fondante, per il lavoro strategico in quanto: 1. Il mercato contemporaneo si è spostato sempre di più verso la circolazione di valori immateriali e simbolici piuttosto che di beni materiali. Il mercato, cioè, tende a soddisfare il bisogno secondario di produrre senso (J. Lotman, Semiotica della cultura). 2. La nozione di valore contiene quella di servizio o bene materiale, ma non viceversa: i servizi offerti fanno parte del valore simbolico (dell’identità) di una marca, senza essere riducibili ad essa. • La semiotica osserva, quindi come ciascuna strategia discorsiva si incarichi di trasformare oggetti in valori, ovvero in oggetti dotati di senso, ovvero in segni. R. Solaini Comunicare per creare mondi possibili • • • • Secondo gli approcci classici, la comunicazione è uno degli elementi del marketing mix (insieme al prezzo, alla scelta dei canali di distribuzione, al prodotto e al packaging). In questo contesto, la comunicazione ha una funzione accessoria e di servizio: si tratta di informare, di far conoscere l’esistenza di un nuovo prodotto e di sottolinearne i vantaggi. Si tratta di trovare i giusti canali per raggiungere il target e “colpirlo”. Un approccio semiotico alla strategia riconosce invece alla comunicazione un ruolo essenziale. Se si tratta di valori e non di beni materiali, la comunicazione non può avere una funzione descrittiva, ma necessariamente costitutiva: solo attraverso il linguaggio è possibile costruire valori, significati, simboli. Ad esempio, un oggetto non può diventare ed essere considerato “mitico”, o “di culto”, a meno che venga sancito come tale dal discorso di una comunità. R. Solaini Due concetti di comunicazione APPROCCIO CLASSICO • • • APPROCCIO SEMIOTICO La comunicazione ha valore importante ma accessorio: si tratta di informare circa strategie elaborate altrove. La comunicazione ha funzione informativa e descrittiva: si limita a raccontare il mondo per quello che esso è. Il linguaggio “riflette” e rappresenta il mondo. • La comunicazione ha valore essenziale: la comunicazione è essa stessa strategia. • La comunicazione ha una dimensione monologica: i consumatori prendono atto delle informazioni, ma non interagiscono con la marca (la parola target, in inglese “bersaglio”, lascia intendere quanto poco spazio di azione sia lasciato al consumatore) • La comunicazione ha valore costitutivo. Il linguaggio costruisce il mondo, per come esso appare, ne costituisce il tessuto di razionalità (logos significa in greco sia “parola”, sia “ragione”) La comunicazione ha una dimensione dialogica. I valori di associati a un prodotto non sono solo affermati dalla marca, ma sono il risultato di un continua contrattazione e negoziazione fra marca, competitors e consumatori. R. Solaini A proposito di valore • • Determinare il valore di un prodotto (o di una marca) equivale a determinare il significato. Valore e significato sono sinonimi, tanto è vero che si parla comunemente di “valori semantici” o “valori simbolici”. Indagando come si costruiscano i significati, la semiotica studia quindi anche come si costruiscano valori: – Valore come tipo: il valore è risultato di un’astrazione, fra scommessa e banalità, che riconduce ogni concreta occorrenza a un tipo più generale. – Valore come posizione entro un sistema: il valore viene determinato dalle relazioni che esso intrattiene con gli elementi dello stesso sistema. Da questo punto di vista il concetto di valore semantico coincide interamente con la nozione di posizionamento nel marketing – Valore come ruolo narrativo: il valore di un oggetto dipende dal ruolo che a esso viene assegnato dal racconto che lo mette in scena. R. Solaini La semiotica nella ricerca strategica • • • • • La semiotica è oggi diventata disciplina portante e fondamentale nel lavoro di analisi e di progettazione delle strategie di comunicazione. Attraverso l’analisi semiotica si intende ricostruire innanzitutto l’idea, i valori (i core values), il concetto (concept), che sta alla base di qualsiasi strategia di marketing. In tutti i momenti di verifica e di modifica di una strategia di comunicazione, la semiotica interviene per “grattare la superficie dei testi”, scoprendo così i nuclei semantici costanti, le idee portanti, e quindi strategiche, ma nascoste dalla variabilità delle scelte creative. In questo modo, la semiotica assicura la coerenza, e quindi l’efficacia, di una strategia di comunicazione e la sua adeguatezza rispetto agli obiettivi stabiliti. Al tempo stesso, la semiotica può indicare anche i modi in cui un concetto può trasformarsi coerentemente con la propria storia, ma anche in modo innovativo. R. Solaini Il primo presupposto • Sotto le forme espressive più eterogenee, dietro le soluzioni più creative, operano motivi profondi e costanti, che costituiscono la matrice del testo, oltre che il comune denominatore di un insieme di testi, fra di loro assimilabili. • Individuare con precisione tali motivi profondi serve, nel momento creativo, a “farli parlare” meglio, e, nel momento strategico, a trasformarli nella maniera più utile. • Per la semiotica, dunque, un testo (etimologicamente un “tessuto”) è una struttura, una trama ordinata su più livelli di diversa profondità. R. Solaini Il secondo presupposto • • • • • L’idea, il concetto, non è cartesianamente semplice, univoco. Il concetto può essere detto con una semplice parola, ma una parola non è un “semplice” concetto: una parola deve essere interpretata, contestualizzata, inserita all’interno di un tessuto di relazioni (vale a dire, in un testo), altrimenti rimane ambigua: una “nebulosa di senso”, un “iceberg”, che nasconde intere configurazioni testuali, che la spiegano e che occorre ricostruire (cfr. Floch, Semiotica, marketing e comunicazione, p. 51) Se una parola fosse un semplice concetto, se avesse un significato univoco e dato, di essa non si potrebbe dire nulla, se non attraverso sinonimi. Non si potrebbe fare altro che ribadire che un concetto significa (è uguale a) se stesso (concezione analitica del linguaggio). Al contrario, un concetto presume un linguaggio e dipende dall’uso che se ne fa. Nasconde una struttura che lo definisce, volta per volta in maniera diversa. Scopo dell’analisi semiotica è verificare come le parole si trasformino nell’uso: indagare la vita dei segni, le loro trasformazioni, la loro strategia. R. Solaini Terza lezione Intepretare, abdurre, dare valore R. Solaini Interpretare • Ogni attribuzione di valore presume un processo logico di astrazione, che è interpretazione. • Ogni meccanismo interpretativo si basa su un costante passaggio inferenziale. Si tratta sempre di ricondurre un’occorrenza (detta token) a un tipo generale (detto type), di considerare un caso come manifestazione di una regola, che lo spieghi (ovvero che gli dia senso). • Il passaggio dal caso alla regola costituisce un’operazione razionale, definita dal semiologo e logico americano Charles Sanders Peirce “abduzione”. R. Solaini Deduzione, induzione e abduzione • L’abduzione può essere definita in termini logici come una manipolazione dell’ordine del ragionamento deduttivo. Ciò dimostra come anche un’attività interpretativa (e quindi soggettiva) dipenda da un metodo. • Si intende per deduzione il ragionamento sillogistico codificato da Aristotele negli Analitici Primi e Analitici Secondi: il sillogismo è un’inferenza necessaria, basata su tre termini, e quindi su tre proposizioni: premessa maggiore (o regola), premessa minore (o caso), conclusione (o risultato). • Oltre alla deduzione (passaggio dall’universale al particolare; dalla regola al risultato), si hanno due altre forme di ragionamento; l’induzione (generalizzazione, passaggio dal particolare all’universale; dal risultato alla regola), e l’abduzione (o “ipotesi”, spiegazione del risultato come caso di una regola). R. Solaini La deduzione • Regola: • Caso Tutti gli uomini sono mortali I filosofi sono uomini Le biglie di questo sacco sono nere • Risultato Tutti i filosofi sono mortali Queste biglie sono nere Queste biglie vengono da questo sacco • La deduzione mira a trarre le conseguenze necessarie da due premesse note. La deduzione è un’inferenza necessaria perché le conclusioni che essa trae sono implicite nelle premesse poste. Per questo, si dice che la deduzione costituisce un’inferenza analitica, certa ma ovvia. • La deduzione ruota intorno al termine medio “uomini”, presente in entrambe le premesse, ma non nella conclusione. Il termine medio assicura la necessità del legame fra “filosofi” e “mortali”. Spiega per quale ragione i filosofi sono mortali: perché sono uomini. • Il termine medio costituisce una possibile definizione di filosofi. • La struttura del sillogismo aristotelico mostra come il ragionamento si fondi su una base semantica implicita, vale a dire su una definizione. R. Solaini L’induzione • • Risultato Caso Tutti i filosofi sono mortali I filosofi sono uomini Queste biglie sono nere Queste biglie vengono da questo sacco • Regola Tutti gli uomini sono mortali Tutte le biglie del sacco sono nere • L’induzione costituisce una generalizzazione delle precedenti osservazioni: tutti i fatti osservati che rientrano in una data classe (o caso) hanno una determinata caratteristica. Si può allora presumere che tale caratteristica potrà essere estesa anche alle future osservazioni e ipotizzare una regola universalmente valida. Vale a dire, valida per tutti i membri della classe. • L’induzione non costituisce un’inferenza logicamente necessaria: sono sempre di principio ipotizzabili “eccezioni” non ancora note, che falsifichino una regola, o che quantomeno ne limitino il campo di applicazione. • Poiché permette una generalizzazione, l’induzione espande la conoscenza solo sotto il profilo quantitativo: si afferma per un intero universo ciò che si è verificato essere il caso per alcuni esemplari di tale universo/regola. R. Solaini L’abduzione • • Regola Risultato Tutti gli uomini sono mortali Tutti i filosofi sono mortali Tutti le biglie nel sacco sono nere Tutte queste biglie sono nere • Caso I filosofi sono uomini Tutte queste biglie vengono da questo sacco • L’abduzione costituisce un tentativo di spiegare un risultato osservato, ipotizzando che sia il caso di una regola. L’abduzione non costituisce un’inferenza logicamente necessaria, perché retrocede dagli effetti alla causa, dal risultato al caso, ma rappresenta il modello del pensiero intelligente e strategico. L’abduzione è, ad esempio, il modello razionale che presiede al ragionamento diagnostico, o alle investigazioni criminali. La diagnosi infatti ricerca le cause che spiegano i sintomi, ovvero la malattia. Le investigazioni criminali ricercano invece l’antefatto (il responsabile del delitto). L’abduzione cerca di fare quel “passo indietro” sempre necessario per capire meglio. Per questo viene detta anche “retroduzione”. • • • R. Solaini L’induzione nelle ricerche di mercato • • • • • L’induzione è il modello logico da cui dipendono, ad esempio, i sondaggi (proiezione sull’universo degli elettori di ciò che è stato verificato per un campione rappresentativo) e, più in generale, le ricerche quantitative. Nelle ricerche quantitative il margine di approssimazione dipende dall’ampiezza del campione dal quale si traggono inferenze induttive. Più il campione è ampio, più si avvicina alla totalità dei soggetti, più l’induzione tende a diventare certa. Poiché però l’induzione si applica, per ragioni pratiche, su campioni quantitativamente ristretti, si dice che il campione deve anche essere rappresentativo. Costruire un campione rappresentativo è però problema di tipo abduttivo e non induttivo. Attraverso l’abduzione si procede infatti a costruire classi, tipi, i cui caratteri possono poi essere misurati ed generalizzati. Un campione è rappresentativo quando sono proporzionalmente rappresentati tutti gli elementi tipici, i caratteri rilevanti che compongono la società. Un campione ritenuto erroneamente rappresentativo, un errato campionamento della società (errore abduttivo) genera margini di errore molto più alti, di quelli derivanti dall’approssimazione statistica (errore induttivo). R. Solaini Imparare a pesare i numeri Scrive Michel de Certeau (L’invenzione del quotidiano) “La statistica coglie il materiale di queste pratiche non la loro forma; individua gli elementi utilizzati e non il fraseggio derivante dal bricolage, dall’inventiva artigianale”. • I dati quantitativi non possiedono altra validità e pertinenza al di fuori dalle condizioni entro cui sono stati raccolti: essi restano ciò che sono al momento della loro produzione: la loro qualità e la loro rilevanza informativa sono proporzionate a quelle delle procedure di suddivisione e costruzione delle categorie con cui sono stati ricavati e valgono altrettanto. • La semiotica viene impiegata all’interno delle ricerche qualitative: essa si incarica di determinare la rilevanza informativa, la pertinenza (il significato) dei dati che le ricerche quantitative dovranno poi misurare. R. Solaini Abduzione e senso • Attraverso l’abduzione, si produce senso, perché si interpreta un dato (un indizio o un sintomo) come manifestazione (come caso) di una regola (che può essere precedentemente nota, o costruita ad hoc). Si legge un’occorrenza come occorrenza di un tipo. • L’abduzione consente un aumento qualitativo della conoscenza, in quanto porta alla spiegazione di un fenomeno, ovvero a una sua possibile definizione (che coincide con il termine medio della deduzione sillogistica). • L’abduzione dà un nome alle cose, ipotizza una definizione. Posta una definizione, ad esempio il fatto che i filosofi sono uomini, diventa possibile inferire tutte le proprietà conseguenti, in linea di principio illimitate: se i filosofi sono uomini, allora sono mortali, ma anche razionali, dotati di linguaggio, … • Per questo, l’abduzione è un ragionamento sintetico: essa accresce la conoscenza, attribuendo senso al mondo. • Attraverso l’abduzione, si costruisce senso, ma si perde in certezza. Senso e certezza stanno in rapporto inversamente proporzionale: più un enunciato è certo, più esso è semanticamente povero. Al limite estremo della certezza c’è la tautologia (“x = x”), pura affermazione di identità, semanticamente vuota. Più un enunciato è semanticamente ricco, più esso è incerto e parziale. R. Solaini Abduzione, senso e strategia • Attribuire senso agli eventi è la prima mossa strategica. L’abduzione, scrive Peirce, è “un’inferenza rivolta al futuro”: l’abduzione formula un ipotesi, e da ogni ipotesi seguono conseguenze: “se, …, allora”. • Non esiste un’abduzione buona e una cattiva in funzione della sua maggiore o minore certezza (l’abduzione è sempre incerta e logicamente fallace). Esiste un’abduzione densa di conseguenze, di futuro, gravida cioè di senso (e quindi anche verificabile). • Più è ricca un’abduzione, più essa è capace di generare senso, più sarà forte la strategia basata su di essa. • Il modello abduttivo mostra come elaborare una strategia dipenda da un processo semiosico. Strategia è mettere in relazione eventi (“prima, .., dopo”; “se, …, allora”) attraverso una attribuzione di senso. R. Solaini Quarta lezione La forma del senso: relazioni R. Solaini Il segno • • • • • Secondo la definizione classica, segno è tutto ciò che può “stare per” qualche cos’altro, o che può essere interpretato come funtivo (come “elemento di una funzione”) entro una relazione di rinvio: si ha un segno quando aliquid stat pro aliquo. Il fondatore della semiotica strutturale Ferdinad de Saussure ha precisato la nozione di segno, definendolo come relazione fra un significante (o espressione) e un significato (o contenuto). Secondo la definizione di Saussure, significante e significato sono termini relativi: possono essere definiti solo reciprocamente (il significante è ciò che rinvia a un significato; il significato presuppone il significante che lo esprime). Secondo Saussure, dunque, segno è un’unità composta da due facce inscindibili (Espressione e Contenuto). La relazione stessa costituisce il segno; il segno viene quindi ridefinito come una struttura relazionale pura, e non come un oggetto capace di rinviare ad altro. Il linguaggio, composto da segni, è analogamente definito dalla relazione fra due piani: il piano dell’espressione (E) e il piano del contenuto (C), legati da un rapporto di presupposizione reciproca. R. Solaini Arbitrarietà verticale • Con il termine “arbitrarietà” si intende definire innanzitutto il rapporto fra espressione e contenuto (E/C), che è convenzionale e non motivato. • Grazie all’arbitrarietà, lingue diverse esprimono concetti analoghi con termini diversi, validi per convenzione). • Segni motivati sono invece le: – Icone: (es. la bilancia per rappresentare la giustizia), nelle quali il rapporto fra significante e significato è motivato da un rapporto di somiglianza (segni di ordine metaforico). – Indici: (es. le tracce lasciate da un animale), nei quali il rapporto fra significante e significato è motivato da un rapporto causale o di contiguità (segni di ordine metonimico). R. Solaini Arbitrarietà orizzontale • Arbitrario, però, è anche il rapporto che distingue un segno (unità di espressione e contenuto) dai segni contigui. Si parla in questo caso di “arbitrarietà orizzontale”. • Ad esempio: quale è il discrimine fra “bosco” e “foresta”? Ogni lingua decide tale confine liberamente, vale a dire arbitrariamente, anche in funzione del maggiore o minore numero di termini che impiega per coprire una data area semantica. • A causa dell’arbitrarietà “orizzontale” il rapporto fra espressione e contenuto è immotivato, ma, al tempo stesso, necessario: solo perché si possiede un nome, un segno, è possibile identificare una determinata porzione di contenuto. • Espressione e contenuto sono, quindi, come i due lati di un foglio di carta: non si può tagliare un lato senza tagliare l’altro. I due piani sono legati da un rapporto di reciproca solidarietà e presupposizione. R. Solaini Dare forma al mondo • La tabella riporta la diversa (perché arbitraria) segmentazione di un medesimo campo semantico (il mondo vegetale) operata da diverse lingue (danese, tedesco e francese) • Poiché non esistono equivalenze fra le diverse lingue che possano essere utilizzate come definizioni (ad esempio, baum non “corrisponde” esattamente né a trae, né ad arbre), ogni termine si definisce solo all’interno del sistema, in quanto si distingue e si oppone ai termini contigui, che coprono una diversa porzione di contenuto. Trae Baum Arbre Holz Skov Bois Wald Forêt R. Solaini La forma del contenuto • La matrice, svuotata degli investimenti semantici relativi a ciascuna casella, mostra la “forma del contenuto” per un determinato campo semantico nelle diverse lingue. • La variabilità (l’arbitrarietà) della forma del contenuto, mostra l’impatto che il linguaggio ha su ogni cultura (vale a dire, sul suo modo di leggere il mondo, riconoscendo unità discrete), la quale viene da esso plasmata. • La mancanza di conformità fra la forme del contenuto di due lingue spiega la difficoltà di traduzione e mostra come tradurre significhi sempre tradurre due culture. Operazione tanto complessa, che alcuni autori – semiologi, logici, filosofi – hanno concluso che tradurre sia, in linea di principio, un’impresa impossibile. R. Solaini Il senso come relazione • Definire un segno (una parola), etimologicamente “tracciare i confini”, equivale a distinguerlo da ciò che esso non è, da ciò che esso non dice. Determinare la sua posizione all’interno del sistema. • Il senso si dà per relazione e per differenza. Il senso si definisce solo entro una struttura di relazioni ordinate. Il significato di un segno, determinato dal rapporto che intrattiene con i segni ai quali si oppone, o con i quali entra in relazione, è definito “valore”. • Così definito, il senso, il valore” si identifica completamente con il concetto di posizionamento usato nel marketing. R. Solaini Valori semantici e valori economici • • • • • Nella sua accezione strutturale, il “segno” è assimilabile al concetto di “moneta”: in entrambi i casi si parla di “valori”, determinati dai sistemi di relazioni entro i quali i segni e le monete vengono definite. Come il valore del segno è determinato dal rapporto fra Espressione e Contenuto e dal rapporto con gli altri segni contigui, allo stesso modo il valore di una moneta è determinato dal suo potere di acquisto (il suo “contenuto”) e dal rapporto con le altre valute, con le quali può essere confrontata scambiata. Le due dimensioni (valore di scambio e potere d’acquisto) si definiscono reciprocamente. Se il segno è come una moneta e viceversa, il mondo del consumo (scambio di monete/merci) può essere equiparato a un sistema di significazione (scambio di segni/testi). Comunicare significa consumare segni, consumare significa comunicare attraverso le merci (tesi sostenuta per primo da Baudrillard). Il mondo del consumo può essere interpretato come una forma di comunicazione, come un modo di appropriarsi e di trasformare i valori semantici investiti nei prodotti. La stessa dialettica economica fra produzione e consumo può essere interpretata come un dialogo fra un mittente (produttore) e un destinatario (consumatore). Attraverso il dialogo continuo, nel confronto, sempre strategico e alle volte polemico, fra produzione e consumo si genera il segno/prodotto: un oggetto dotato di un valore al tempo stesso economico e simbolico. R. Solaini Dalla forma alla sostanza • • • • La solidarietà fra Espressione e Contenuto definisce la particolarità epistemologica (“epistemologia” è una teoria filosofica che riguarda le condizioni di verità di una teoria) della semiotica: il linguaggio non produce senso perché si riferisce al mondo, ma dà forma al mondo, rendendolo riconoscibile e sensato. Il mondo è considerato dalla semiotica un continuum indistinto, una nebulosa alla quale solo il linguaggio può dare forma. La sintesi fra la forma del contenuto (le strutture semantiche) e la materia continua e ancora indistinta del mondo genera la sostanza del contenuto. Ogni linguaggio, ogni sistema semiotico, è definito dalla correlazione e dalla determinazione reciproca fra la forma (e quindi la sostanza) dell’espressione e la forma (e quindi la sostanza) del contenuto. Riconosciuta la solidarietà fra il piano dell’espressione e del contenuto, l’analisi semiotica, analizza espressioni per indagare i contenuti, analizza forme per identificare sostanze. La semiotica indaga ogni scelta formale, verificandone le conseguenze sul piano semantico. R. Solaini Materia, Forma, Sostanza Espressione Forma Forma Sostanza Contenuto R. Solaini Materia Materia Sostanza Quarta lezione Piani e assi R. Solaini Connotazione e metalinguaggio • Dalla definizione del linguaggio come rapporto di determinazione reciproca fra il piano dell’espressione (E) e il piano del contenuto (C), deriva la definizione di metalinguaggio e di linguaggio connotativo. • Si ha un uso connotativo del linguaggio quando un segno (E/C) rimanda ad un ulteriore contenuto (C): Ad esempio: “cane” denota in prima istanza “mammifero della specie dei canidi” e connota successivamente “fedeltà”. • La connotazione è quindi una significazione seconda (ma non per questo necessariamente meno rigidamente codificata), che si istituisce in maniera parassitaria sulla denotazione primaria. • Si ha un uso metalinguistico del linguaggio quando un’espressione (E) viene usata per menzionare un segno nella sua interezza (E/C). Es.: “Cane” è una parola di quattro lettere. R. Solaini Connotazione e metalinguaggio • Connotazione E/C C • Metalinguaggio E E/C R. Solaini Linguaggi verbali e non verbali • • • • Il linguaggio verbale è un sistema semiotico privilegiato, perché è l’unico a godere della funzione metalinguistica: è l’unico linguaggio che possa parlare di se stesso, oltre che di altri sistemi semiotici. Ad esempio, si può analizzare un quadro con il linguaggio verbale, ma non analizzare un romanzo con un quadro. (N.B.: analizzare è cosa diversa dal tradurre, parafrasare, riformulare). Grazie alla funzione metalinguistica il linguaggio verbale gode di una maggiore stabilità. Per questo, è stato a lungo considerato il sistema semiotico modello. Secondo R. Barthes (1915 – 1980), ad esempio, solo la didascalia verbale permetterebbe a una immagine di significare. La semiotica successiva, tuttavia, non si è limitata allo studio dei linguaggi verbali, ma ha esteso il suo sguardo su ogni sistema di significazione. La semiotica considera ogni linguaggio che sia interpretabile, che istituisca, cioè, un nesso formale fra Espressione e Contenuto. In questo modo, la semiotica si fa, fra le altre cose, garante della coerenza del “marketing mix”: dell’insieme della comunicazione di marca che impiega codici diversi e prevalentemente non verbali (design, packaging, naming, architettura dei punti vendita, testi pubblicitari sincretici, sonoro). R. Solaini La teoria dell’informazione • Intorno alla metà del ’900, la ricerca semiotica si interseca con la teoria dell’informazione. • La teoria dell’informazione, che proviene dagli studi di cibernetica e di intelligenza artificiale, analizza le condizioni che consentono il trasferimento ottimale e garantito di informazioni da un mittente a un destinatario, attraverso un canale e in un contesto. • Per funzionare, la comunicazione presume un codice condiviso fra mittente e destinatario e un canale privo di rumore. • Ma le cose spesso non vanno così: la teoria dell’informazione presume delle condizioni ideali e spesso irrealistiche. Al contrario, la comunicazione ha spesso il compito di aprire un canale e di ricostruire un codice condiviso. • Le condizioni presupposte dalla teoria dell’informazione sono, secondo la prospettiva semiotica, degli obiettivi da raggiungere. R. Solaini Gli attori della comunicazione (Secondo il modello dell’informazione – cfr. R. Jakobson, 1958) Contesto (funzione referenziale) Messaggio (funzione poetica) Mittente ------------------------------------------------------------Destinatario (funzione emotiva) (Funzione conativa) Canale (funzione fatica) Codice (Funzione metalinguistica) R. Solaini Le funzioni della comunicazione (Cfr. R. Jakobson - 1958) • Jakobson associa a ciascun attore della comunicazione una funzione specifica. Si fa largo l’idea che comunicare non serva solo a informare (funzione referenziale – vedi sotto), ma anche a esprimere emozioni, a provocare reazioni … • • • • • Funzione fatica (attenzione prevalente sul canale; mira a istituire il contatto comunicativo) Funzione referenziale (attenzione sul mondo; mira a dire qualcosa di vero sulla realtà). Funzione emotiva (attenzione sul mittente; mira a esprimere una dimensione passionale) Funzione conativa (attenzione sul destinatario; mira a manipolarlo) Funzione metalinguistica (attenzione sul codice; verifica o istituisce un linguaggio condiviso) Funzione poetica (attenzione sul messaggio; rimescola le carte) • • Tale modello non indica comunque la funzione unica di un dato testo, ma solo quella prevalente, a seconda di quale attore della comunicazione sia maggiormente preso in considerazione. R. Solaini La funzione poetica • La funzione poetica è definita come “la proiezione dell’asse del paradigma sull’asse del sintagma”. • Testo esemplare della funzione poetica è stato considerato lo slogan adottato da Eisenhower per la campagna presidenziale americana. “I like Ike” • Tale esempio dimostra come la funzione poetica ecceda i limiti della “poesia ufficiale”, ma rappresenti un modo di utilizzare le proprietà strutturali del linguaggio. • Per questo, non si parla di “poesia”, ma di “funzione poetica”, di uso poetico del linguaggio. R. Solaini Gli assi del linguaggio •Paradigma o sistema •Dimensione verticale • Selezione in absentia (Scelta fra termini mutuamente esclusivi, secondo la logica “o, … o”) • Principio di sostituzione • Codice, sistema (langue) •Sintagma •(dimensione orizzontale) • Combinazione in praesentia (accostamento fra termini ugualmente presenti) • Principio di contiguità (“e, …e”) • Messaggio, uso (parole) R. Solaini La funzione poetica II L’uso poetico del linguaggio produce i seguenti effetti di senso: •Rielaborazione semantica. L’assimilazione per via formale di termini contigui (assimilati, quindi sull’asse sintagmatico) porta alla costruzione di figure, ovvero di relazioni paradigmatiche. (Ad esempio, “donna” e “fiore”, che appartengono a due campi semantici lontani, vengono assimilati e ritenuti mutuamente sostituibili. Si crea per via metaforica un nuovo nucleo concettuale) •Opacità semantica. Le figure mettono in crisi le condizioni di sensatezza del testo. La lettura risulta deautomizzata. Occorre allora mettere in atto una strategia interpretativa attraverso la quale decidere sotto quale profilo, per quali particolari caratteri, ad esempio, una donna possa essere assimilata ad un fiore. •Autoriflessività: il testo non rinvia direttamente al mondo, difficilmente riconoscibile attraverso la descrizione che ne viene proposta, ma mostra innanzitutto se stesso, e la propria capacità di mettere in crisi e di trasfomare il codice. •La funzione poetica, rivela lo “spessore” del linguaggio, che non è una pellicola opaca che riflette le cose per come sono, ma un pack che dà loro forma e significato. Non un elenco neutro di etichette da attaccare, ma un sistema di relazioni che mette in forma il mondo. R. Solaini A proposito di codici • La funzione poetica e la funzione metalinguistica (che prevedono entrambe un’attenzione autoriflessiva del linguaggio su di sé) mostrano come la comunicazione non possa essere intesa come trasferimento di informazioni precedentemente codificate. • Il codice viene affermato, ribadito, o rafforzato dalla funzione metalinguistica; interrogato, messo in crisi, destrutturato dalla funzione poetica. • Il codice, se ancora si può sensatamente parlare di codice, è un punto di equilibrio instabile fra l’esigenza di ordine che ogni testo (e ogni cultura) manifesta e la tendenza al disordine, un compromesso momentaneo fra stabilità e entropia. R. Solaini Significare: mostrare il senso • • • • • • La comunicazione non può basarsi su un codice condiviso e dato. Al contrario ogni testo costruisce il proprio codice. Ancora prima che per comunicare, si parla per produrre senso, per significare. La poesia, ad esempio, è stata a lungo considerata un messaggio senza codice, un testo capace di suscitare emozioni, oltre e contro le regole del linguaggio ordinario. Questa lettura è riduttiva. Secondo l’interpretazione strutturale, la poesia può essere considerata, al contrario, un codice senza messaggio (cfr. G. Genette, Figure II). Un pretesto, quasi, per elaborare nuovi linguaggi (o per approfondire le capacità espressive di un linguaggio dato). Questo vale anche in ambito pubblicitario, nel quale ha ampio spazio la funzione poetica (tanto che essa è stata originariamente riconosciuta da un esempio tratto dal mondo pubblicitario). Ancor prima che a ricostruire il senso di un messaggio, l’analisi semiotica mira quindi a ricostruire i particolari codici, ovvero le strutture, operanti in un testo. Nell’uso, il linguaggio mostra se stesso. Ciò che può essere mostrato non può essere detto (cfr. Wittgenstein, Tractatus). R. Solaini Svolte terminologiche • • • • • • Criticata e superata, la nozione di codice viene sostituita in semiotica da quella di struttura. La semiotica stessa, almeno quella di origine europea, si inserisce, del resto, all’interno della corrente culturale chiamata strutturalismo. Secondo la prospettiva semiotica, il linguaggio non è basato sulla correlazione puntuale e costante fra un significante e un significato (fra un’idea e una parola), ma su una struttura soggiacente: su un sistema di differenze, all’interno del quale tutto si tiene e tutto è interdefinito per la posizione che assume all’interno del sistema. A differenza del codice, la struttura è locale e singolare. Ogni atto linguistico manifesta la sua particolare struttura soggiacente, che gli dà coerenza, e quindi senso. Tuttavia, la struttura permette la comparazione fra sistemi diversi. Parallelamente, la nozione di messaggio (storicamente legata a quella di codice), lascia posto a quella di testo. Atto di parola più complesso e stratificato. Il testo è, etimologicamente, un tessuto, una struttura che mette in relazione unità semantiche, poste a diverso livello di profondità. Di codici si può continuare a parlare come strutture ipostatizzate e congelate, generalizzate a partire dai particolari testi che le hanno manifestate, e rese patrimonio comune. Come deposito di conoscenza, di già detto, lasciato dietro di sé dall’uso della lingua. Il codice manifesta lo sfondo sociale entro il quale ogni nuovo testo si inserisce e con il quale dialoga. Il modo in cui ciascun testo (con la sua particolare struttura) si inserisce nella sua cultura di riferimento, accettando o trasformandone i suoi codici ne costituisce la particolare retorica. R. Solaini Quinta lezione Il quadrato semiotico, fra sistema e processo R. Solaini Il quadrato semiotico • Il quadrato semiotico è il modello fondamentale e più profondo di articolazione di un asse semantico, costruito sull’opposizione fra termini contrari e fra i rispettivi termini contraddittori, definiti subcontrari. • Opposizione fra termini contrari. È un’opposizione qualitativa: viene negata una qualità di un termine (es.: “uomo vs. donna” si oppongono rispetto ad un solo tratto semantico, vale a dire rispetto alla “sessualità”) Opposizione fra termini contraddittori. Sono opposizioni privative: un termine viene negato in quanto tale (es. “uomo vs. non uomo”). Assi semantici, definiti dai termini complessi, che sintetizzanoi termini contrari attraverso relazioni partecipative (“ermafrodita”, “sia uomo, sia donna”; “Angelo”, termine neutro: “ne uomo, né donna”) Deissi: implicazioni, passaggio dal contraddittorio di un termine al suo contrario (“non uomo” “donna”) Si tratta di una implicazione logicamente non valida (“non uomo” può implicare anche “macchina”), ma narrativamente efficace. Ciascuna posizione, formalmente definita per le relazioni che essa intrattiene all’interno del quadrato può essere lessicalizzata. In questo modo il quadrato semiotico diventa una struttura capace di organizzare un paradigma semantico. • • • • R. Solaini Termine complesso: Ermafrodita (sia uomo, sia donna) Asse dei termini contrari X (uomo) Y (donna) Deissi o implicazione Deissi o implicazione non Y (non donna) non X (non uomo) Asse dei subcontrari Termine complesso: Angelo (Né uomo, né donna) R. Solaini Il quadrato dei valori di consumo (cfr. J.M. Floch, 1992, Semiotica, marketing e comunicazione • Il quadrato dei valori di consumo è una applicazione del quadrato semiotico, definita da J. m Floch, uno strumento che ha l’ambizione di coprire, articolare e definire l’intero ambito della comunicazione commerciale. • Il quadrato di basa sull’opposizione fra valori di base o utopici (costituiscono dei fini, “che corrispondono al piano delle preoccupazioni fondamentali dell’essere”) e valori pratici (mezzi necessari per ottenere i valori di base. Corrispondono alla dimensione del “fare”). • I termini contraddittori sono rispettivamente “ludico”, (contraddittorio rispetto a pratico “fare”) e “critico” (contraddittorio rispetto a mitico, “essere”) R. Solaini Pratico Mitico Critico Ludico R. Solaini Il caso Citroen • Jaen Marie Floch ha analizzato una pubblicità della Citroen, che mostra un percorso sul quadrato dei valori di consumo. • Pratico: l’auto esce dalla città in una sera lavorativa: piove. Si interpreta l’auto come strumento veloce e sicuro, anche in condizioni avverse. Ludico: uscita dalla città, l’auto arriva al mare e si butta nell’acqua. Negazione del pratico, distruzione dei valori di utilità, a favore del puro gioco. Mitico: la macchina esce dall’acqua rigenerata. Il Claim recita “Elle vit. Si attribuisce valore esistenziale all’auto: Critico: (rimane, seppure assente, come posizione potenziale): negazione del mitico per costruire nuove possibili storie, che riaffermino valorizzazioni pratiche. • • • • NB. La valorizzazione pratica non ha carattere diverso da quella Ludica, Mitica o Critica; non è maggiormente realista rispetto alle altre: le proprietà funzionali, così come quelle critiche costituiscono allo stesso titolo delle valorizzazioni semiotiche. • Nel caso Citroen, il quadrato dei valori di consumo descrive sia la struttura narrativa di un singolo testo pubblicitario, sia l’evoluzione del messaggio della casa automobilistica durante gli anni ’80. In questo senso, il testo analizzato riprende e pubblicizza la storia stessa della marca (ha funzione autoreferenziale). La narrazione serve a riprendere le fila del discorso e a ricostruire la coerenza nel tempo dei successivi passaggi. • Il quadrato dei valori di consumo di Floch è stato assunto dalla semiotica pubblicitaria come struttura universale, cui ricondurre ogni strategia di comunicazione. La scommessa circa l’universalità di un modello costituisce sempre un rischio, e deve essere per questo verificata rispetto alle indicazioni che un testo offre volta per volta. Ogni testo costruisce il proprio quadrato semiotico. R. Solaini Il quadrato della veridizione Il quadrato della veridizione articola l’opposizione epistemica “essere” vs. “sembrare”, termini che vanno intesi come marche semantiche predicate dal testo. • Il quadrato della veridizione mostra come per la semiotica la “verità” non sia data dalla “corrispondenza con il reale”, ma sia intesa come effetto di senso, creato e gestito dal testo. Per la semiotica strutturale, del resto, l’idea stessa di “corrispondenza fra linguaggio e mondo” è un nonsenso, poiché mondo e linguaggio non costituiscono piani autonomi, sovrapponibili e confrontabili. • Per questo, a differenza dalle teorie semantiche di impostazione filosofica, la semiotica considera verità e falsità (apparenza, menzogna e segreto) come aspetti del significato. Fra le altre cose che può dire, un enunciato può anche asserire autoreferenzialmente la propria verità, a prescindere da ogni verifica fattuale. • La asserzioni veridittive fanno parte delle strategie che i testi usano per costruire la propria credibilità. Contengono, ad esempio, delle strategie veridittive tutte quelle pubblicità che citano (improbabili) studi clinici, o tutte quelle argomentazioni che citano fonti autorevoli. • R. Solaini Verità Essere Sembrare Segreto Menzogna Non sembrare Non essere Falsità R. Solaini Funzione del quadrato semiotico a) b) c) d) e) dare una rappresentazione puramente formale del sistema semantico, entro il quale ci si muove. Il quadrato semiotico costruisce un paradigma semantico, determina un sistema di posizioni alternative. determinare gli assi semantici profondi (detti isotopie) tematizzati da un testo: come primo passo si ricostruisce il tema. Banalmente, si capisce ciò di cui si parla, si determina sotto quale aspetto vadano interpretati i lemmi di un testo (“uomo” significa cose diverse, se contrapposto a “donna”, oppure a “macchina”). chiudere l’universo del discorso all’interno del quale si produce un testo. Si definisce il sistema, chiuso e strutturato, entro e intorno al quale ruota una trama, o un’argomentazione. I casi di incomunicabilità dipendono dal fatto che discorsi alternativi manifestano paradigmi profondi (quadrati semiotici) alternativi. tracciare un abbozzo di narrazione: il senso di ogni narrazione (di ogni testo) si basa sulla capacità di operare una trasformazione: attraverso la negazione di un termine A (equivalente all’affermazione del termine contraddittorio NON A), si passa all’affermazione del termine contrario B Mostrare il nucleo più profondo della generazione del senso e, al tempo stesso, la matrice di ogni racconto. R. Solaini Senso: fra scelta e trasformazione • Il senso si genera all’intersezione fra paradigma e sintagma. Il quadrato semiotico, paradigma espandibile in un racconto, racconto congelato nelle sue opposizioni paradigmatiche fondamentali (come è nel caso del quadrato dei valori di consumo, che articola la successione narrativa fra mezzi e fini), costituisce il meccanismo di intersezione fra sistema e processo, fra paradigma e sintagma. • Il senso, visto nella sua dimensione paradigmatica, è il significato dizionariale, il concetto dipendente dal sistema semantico, dalle opposizioni pertinenti di un testo. Il senso, considerato a livello paradigmatico è scelta, fra le possibilità date dal sistema. • Il senso, determinato dal sintagma, è direzione, svolgimento possibile di un nucleo semantico, tema. Il senso, considerato a livello sintagmatico è trasformazione, all’interno di un sistema di possibilità precedentemente date. R. Solaini Dal segno al testo • Sintagma e paradigma si precisano reciprocamente: la storia (il tema) che si sviluppa intorno a un concetto (unità semantica) ne determina il significato. Il significato di un concetto limita le storie che si possono coerentemente raccontare a partire da esso. • Una narrazione altro non è che un segno espanso. Un segno è una narrazione potenziale e condensata. • Poiché un segno precisa il proprio significato solo all’interno di un contesto, che coincide con la storia che da esso si può sviluppare, la semiotica può coerentemente cambiare il suo oggetto di studio, passando dal segno al testo in cui il segno si espande. Viceversa, può analizzare singoli segni (ad esempio, prodotti di design) come “parole” che racchiudono e anticipano la storia della marca. R. Solaini Mapping vs. Quadrato semiotico •Il quadrato semiotico di Floch viene ripreso da Semprini (1993, Marche e Mondi possibili) e ristrutturato in modo da costruire una diversa matrice “logica”, detta mapping: un piano cartesiano, dominato dall’asse “pratico-mitico” e dalle rispettive qualificazioni “ludico-critico”. Sul piano così definito diventa possibile posizionare ciascuna marca e i valori che essa veicola, sottolineando intersezioni, eventuali sovrapposizioni e continuità. •Il mapping è uno strumento che risponde al problema strategico del posizionamento. • In funzione del posizionamento scelto, ciascuna marca/prodotto riceve particolari valorizzazioni semantiche. •Il quadrato semiotico definisce la differenza dell’approccio semiotico. •Ha carattere formale e non sostanziale: articola relazioni fra termini, definiti solo dalla loro reciproca posizione entro il sistema, senza necessità di ulteriori qualificazioni •Non risponde solo ad in problema statico di classificazione e posizionamento, ma delinea anche le possibilità evolutive di una marca e la logica delle sue trasformazioni assiologiche. •Non presume che ci sia un unico sistema soggiacente a tutti i testi (un macrodizionario), ma afferma che ogni testo va interpretato secondo le specifiche categorie semantiche che mette in gioco e ricostruisce. R. Solaini Mappe e strategia • Mapping e quadrato semiotico sono due diverse “mappe” del senso, che determinano comportamenti strategici alternativi. • Attraverso il mapping, la strategia si risolve nel problema del posizionamento su uno scenario, preventivamente dato e ritenuto costante. Il mapping mostra lo sfondo, sul quale le marche si muovono. • Il quadrato semiotico rappresenta non solo le posizioni relative dei competitor, ma anche la dinamica dei loro spostamenti, e gli investimenti di senso che li hanno resi possibili. Per la semiotica infatti, il senso non è solo posizionamento, ma anche trasformazione. • Secondo il modello semiotico, strategia è innanzitutto capacità di riscrivere continuamente la storia di un prodotto, muovendosi sullo scenario e obbligando il competitor a analoghe e speculari trasformazioni. Si determina così una dialettica fra competitor che è, a tutti gli effetti, una forma di comunicazione e di dialogo. • Attraverso il quadrato semiotico, si può pensare alla strategia anche come trasformazione dello scenario, ovvero delle coordinate semantiche di sfondo. Di fatto, ogni azione strategica mira a imporre il proprio scenario, obbligando il competitor a muoversi su un campo per lui sfavorevole. R. Solaini Sesta lezione Storie R. Solaini Dal quadrato alla narratività • • • Il quadrato semiotico rappresenta una struttura dinamica (una matrice sintagmatica, oltre che paradigmatica) che abbozza, a livello profondo, lo schema essenziale di ogni racconto. La narrazione procede, infatti, dalla negazione di un termine (di un valore) all’affermazione del suo contrario. Il piano narrativo costituisce la conversione del quadrato semiotico in una struttura meno profonda, o più superficiale all’interno di un percorso ordinato, detto percorso generativo. Postulato della semiotica (strutturale) è che sotto ogni manifestazione di senso si celi una struttura narrativa, della quale occorre comprendere la grammatica fondamentale. R. Solaini I valori del racconto • • • • • La narratività interviene quando, i valori semantici sono ridefiniti attraverso la relazione fra un Soggetto che persegue tali valori, e un Oggetto, nel quale i valori sono investiti, detto Oggetto di Valore (OV). Nel contesto narrativo valore non significa più una posizione relativa di un termine all’interno del sistema semantico, ma Oggetto di valore (OV) perseguito da un soggetto (S). Specularmente, il soggetto è colui che manifesta un’intenzione, una tensione verso un oggetto di valore. Sul piano narrativo, affermare un valore significa mostrare il congiungimento di un soggetto con un oggetto di valore. Soggetto e oggetto di valore (come sempre accade in semiotica) sono termini relativi, vale a dire, si definiscono solo reciprocamente. Il soggetto semiotico (l’eroe di un racconto) è colui che cerca di congiungersi con un oggetto di valore; oggetto di valore è l’oggetto cercato da un eroe. Non esiste eroe che non abbia una missione, né esiste un valore che non sia riconosciuto e perseguito da un soggetto. Attraverso la loro congiunzione, soggetto e oggetto si costituiscono in quanto tali. L’oggetto acquisisce il proprio valore, il soggetto acquisisce e trasforma la propria identità. R. Solaini Narrazione e polemica • • • Accanto a un soggetto, occorre pensare anche a un antisoggetto, che porta avanti un percorso narrativo antagonista, che cerca cioè di affermare i valori contrari rispetto a quelli fatti propri dal soggetto. In questo modo, la grammatica narrativa si incarica di rendere conto della struttura oppositiva del senso, che all’interno del racconto si traduce in una dimensione polemica fra due strategie opposte. Il racconto, quindi, manifesta due modi di costruire l’identità: – – • soggetto che si contrappone a un antisoggetto, in quanto persegue oggetti di valore contrari. Si tratta di un soggetto statico, inteso come idem. soggetto che segue il suo cammino, mantiene la promessa di sé, congiungendosi con un oggetto di valore, si modifica e si trasforma. Si tratta di un soggetto dinamico, inteso come ipse. La complessità e ambivalenza della nozione di identità (sia statica, sia dinamica) traduce un’analoga ambivalenza riscontrabile in ogni affermazione di brand identity, sempre paradossalmente scissa fra l’esigenza di identificarsi con il proprio passato, e quella di evolvere al passo con i tempi. R. Solaini Vladimir Propp • • • • Gli studi di narratologia derivano dalle ricerche di Vladimir Propp, autore di Morfologia della Fiaba (1928). Analizzando un campione ampio di fiabe di magia tratte della letteratura russa, Propp individua 31 funzioni narrative: azioni ricorrenti secondo un ordine costante, che costituiscono logica di ciascuna fiaba. L’ossatura di una fiaba viene, cioè, definita non più in funzione dei personaggi e dei caratteri che vi compaiono, ma delle azioni che essi compiono. Secondo il modello di Propp, ogni fiaba muove da una Mancanza, provocata da un Danneggiamento e mira a ricostruire l’equilibrio inizialmente smarrito. Funzioni particolarmente significative nella lista di Propp sono la Prova qualificante, attraverso la quale l’eroe si dota degli strumenti per compiere l’impresa, la Prova Decisiva, durante la quale l’eroe subisce una Marchiatura e porta a compimento la sua missione, e la Prova Glorificante, attraverso la quale si sancisce il successo dell’impresa. Il racconto si chiude con il Riconoscimento dell’eroe, tornato in incognito, o sotto mentite spoglie. R. Solaini La trasformazione del modello di Propp • • • • Il modello di Propp, ridondante, scarsamente formale e troppo condizionato dal particolare corpus sul quale è stato elaborato, è stato successivamente trasformato in una struttura più astratta e con maggiori ambizioni di universalità. La struttura di un racconto viene definita innanzitutto dalla presenza di ruoli narrativi astratti, detti attanti (o ruoli attanziali). Attante è una funzione grammaticale, un ruolo narrativo. Attante è colui che svolge un compito all’interno della logica del racconto. Così come il soggetto e il complemento oggetto costruiscono la grammatica della frase, gli attanti costruiscono la sintassi del racconto, imperniata sul rapporto fra: – Soggetto - Oggetto di Valore: relazione di tipo pragmatico – Destinatante - Destinatario: relazione di tipo comunicativo e cognitivo R. Solaini Il modello attanziale Destinante Oggetto Destinatario Opponente Soggetto Adiuvante R. Solaini Gli attanti • • • • • Destinante è colui che immette nel racconto i valori, condividendoli con il soggetto. (Tipicamente è il padre della fanciulla che convoca l’eroe e che lo attende al suo ritorno). All’inizio della narrazione manipola il Soggetto affinché esso si metta in cerca dell’Oggetto di valore e, alla fine del racconto, sancisce l’avvenuto congiungimento fra Soggetto e Oggetto di Valore Il Destinatario è colui che recepisce i valori proposti dal Destinante. Può coincidere spesso con il Soggetto, altre volte con lo spettatore o con il lettore di un testo. Il Soggetto è colui che compie la missione. L’Oggetto di valore incarna l’oggetto perseguito. Adiuvante e Opponente sono coloro che rispettivamente aiutano e ostacolano il Soggetto nella sua missione. R. Solaini Attanti e attori • • • • Attante si distingue da “attore”, colui che all’interno di un racconto si incarica concretamente di impersonare un dato ruolo. Data la non coincidenza fra attanti e attori, lo stesso attore può svolgere diversi ruoli attanziali, o uno stesso attante può essere impersonato da attori diversi. Si ha, in questo caso, un attante collettivo (ad esempio l’“opinione pubblica”, Destinante, o Destinatario del discorso politico, a seconda delle diverse concezioni della democrazia). Ad esempio, nel film Il primo cavaliere, Re Artù (Sean Connery) ricopre nei diversi momenti ruoli attanziali diversi e non compatibili. Egli è, al tempo stesso, Destinante, titolare dei valori di Camelot, e Antisoggetto rispetto al racconto di amore fra Lancillotto e Ginevra. Ciò spiega la strutturale drammaticità della vicenda di Re Artù e Lancillotto. La logica del racconto impone la morte di Re Artù, affinché si possa ristabilire una sensata (coerente) distribuzione di ruoli attanziali. Quando Re Artù muore, perde in quanto Antisoggetto, ma ricupera in pieno il suo ruolo di Destinante. Per questo, può accettare di condividere l’amore di Ginevra con Lancillotto. La sua morte risolve la contraddizione e l’equilibrio viene ristabilito. R. Solaini Il percorso narrativo • Destinante, Destinatario, Soggetto e Oggetto costruiscono un percorso standard, detto Percorso Narrativo (PN), che costituisce la logica profonda di ciascun racconto. Manipolazione Sanzione Competenza Performanza R. Solaini I passaggi • • • • Manipolazione è il momento iniziale, durante il quale il Destinante induce il Soggetto ad affrontare un’impresa. Accettando la missione, il soggetto dà mostra di condividere i valori del Destinate. Soggetto e Destinante sottoscrivono quindi un “contratto”. Competenza: il Soggetto si attrezza degli strumenti necessari per compiere la sua impresa. Nelle fiabe, tali strumenti vengono prevalentemente manifestati dal “mezzo magico”, ottenuto attraverso una “prova qualificante” (cfr. Propp). Performanza: l’eroe/Soggetto porta a termine la sua impresa, durante la quale il soggetto riceve una “marchiatura”. Il momento della marchiatura è strutturalmente importante, perché anticipa e consente la fase finale della “Sanzione”. Sanzione: L’eroe/Soggetto torna dal Destinate, spesso trasformato, sotto mentite spoglie. Il destinate riconosce l’avvenuta trasformazione (Ulisse, non più mendicante, si rivela per quello che è, Pinocchio si trasforma da burattino in bambino, l’eroe sposa la fanciulla, cambiando il suo status sociale) e sanziona il buon (o cattivo) esito della storia. R. Solaini Settima lezione Narrazione e modalità R. Solaini Alla fine della storia • Nel suo complesso la narrazione mira a istituire una relazione costitutiva fra un Soggetto e un Oggetto, attraverso la quale il Soggetto si costituisce come tale e l’Oggetto viene riconosciuto come Oggetto di valore. • In questo modo, la narrazione mira alla costruzione di un’identità (e le marche, che devono definire la propria identità, raccontano storie). • L’identità viene costruita nel racconto attraverso la successione di momenti in cui si descrive uno stato ed enunciati che esprimono una trasformazione. • I verbi fondamentali che articolano la logica narrativa sono: – “Essere” (esprime uno stato di congiunzione, o disgiunzione fra soggetto e oggetto di valore) – “Fare” (esprime una trasformazione di un precedente stato) R. Solaini Ridefinire il Percorso • I momenti successivi del Percorso Narrativo possono essere definiti attraverso la combinatoria di “essere” e “fare”: – Manipolazione: “far fare” (il destinante fa in modo che il soggetto agisca) – Competenza: “essere del fare” (il soggetto si attrezza per fare: diventa colui che è in condizione di fare) – Performanza: “far essere” (il soggetto agisce e provoca trasformazioni. Genera un diverso stato o “essere”) – Sanzione: “essere dell’essere” (il soggetto guadagna una consapevole dimensione esistenziale: viene riconosciuto il suo nuovo essere) R. Solaini Narratività e posizionamento • • • • Il percorso narrativo offre una struttura rispetto alla quale riconoscere il posizionamento dei discorsi di marca e la loro struttura argomentativa implicita. Ogni testo, infatti non sviluppa necessariamente l’intero percorso narrativo, limitandosi a sottolinearne i passaggi più importanti. Ad esempio. Nike si colloca sul momento della manipolazione pura (“Just do it”) e Adidas su quello della competenza (“Impossibile is nothing”). Un posizionamento sulla competenza coincide con una valorizzazione pratica, mentre un posizionamento sulla sanzione coincide con una valorizzazione mitica. In questo modo, anche testi brevi (o solo apparentemente statici, come una fotografia) possono essere considerati delle narrazioni in nuce, dei “fermo immagine”, che mostrano un momento di una storia, alludendo a ciò che segue e affermando per implicito ciò che precede. R. Solaini Narrare, o argomentare • • • • Ogni narrazione cela un’argomentazione implicita (narrazione e argomentazione, Poetica e Retorica sono, fin da Aristotele i due modelli testuali intorno ai quali si è organizzato l’universo discorsivo). Una argomentazione differisce da un racconto, perché si basa su nessi causali (poiché, …, allora) piuttosto che su nessi temporali (prima, …, dopo). Tuttavia, all’interno di una narrazione, l’antecedente (il prima) appare essere anche causa di ciò che segue. Per questo, R. Barthes ha affermato che il racconto costituisce lo sviluppo di una nota fallacia, detta “affermazione del conseguente”: (post hoc propter hoc, “dopo di ciò, a causa di ciò”). In particolare, il racconto costruisce delle argomentazioni quando manifesta solo alcuni passaggi del Percorso Narrativo. Poiché tutto quanto segue presume quanto precede (la performanza presume la competenza, la quale presume la manipolazione), i passaggi antecedenti non manifestati vengono implicitamente affermati. R. Solaini Forme di vita • • • • • La sintassi narrativa costruisce una norma astratta rispetto alla quale ciascun testo e ciascun racconto costruisce il proprio stile e la propria identità. I testi concreti definiscono il loro particolare significato, alle volte assecondando, ma spesso violando il percorso narrativo: significano mostrando di violare la regola (se non ci fosse una regola sottesa non sarebbe possibile percepire lo scarto e la violazione). Un racconto costruisce un mondo possibile, o una forma di vita, che può essere definito come la deformazione coerente di una sintassi narrativa soggiacente. Ad esempio, il mondo proposto da Nike, si definisce in quanto manipolazione assoluta, senza un seguito prevedibile o alluso; mancano un antisoggetto, le regole del gioco, una prova, un orientamento; è debole anche la sanzione finale (vedi struttura ricorsiva dello spot). Tale meccanismo si riproduce costantemente e coerentemente anche nel pay off (“Just do it”, nel quale il significato del pronome “it” viene lasciato imprecisato), sia nel logo, che allude a un superamento indefinito e sfumato di noi stessi. R. Solaini Modalità • La sequenza dei momenti che costituiscono il Percorso Narrativo può essere interpretata come la successiva attribuzione al Soggetto di un diverso carico modale. • La variazione del carico modale spiega l’evoluzione del Soggetto e la necessità quindi di una sanzione finale che lo riconosca nonostante e attraverso le trasformazioni che ha subito. • Verbi modali sono quelli che precedono altri verbi, modificandone il significato. • Verbi modali sono: “sapere”, “potere”, “volere”, “dovere”. R. Solaini PN e modalità • Manipolazione: Il Soggetto viene caricato dal Destinante di un “volere” e un “dovere”. – A questo stadio, si dice che il Soggetto gode di un’esistenza semiotica virtuale: è portatore di un progetto e di una possibilità. • Competenza: il soggetto si carica di un “sapere” e di un “potere” – A questo stadio, si dice che il Soggetto gode di un’esistenza semiotica attuale. • Attraverso le fasi della performanza e della sanzione, il Soggetto arriva a conquistare un’esistenza realizzata. R. Solaini A proposito di manipolazione • • • • • • • La presenza del momento della manipolazione all’avvio di ogni racconto fa giustizia di un’accusa spesso rivolta al messaggio pubblicitario, che sarebbe insincero, in quanto manipolatorio. In realtà ogni atto di comunicazione ha una funzione anche manipolatoria (Jakobson avrebbe detto “conativa”): ha senso anche in quanto mostra delle intenzioni e mira a ottenere effetti (che nella teoria degli atti linguistici vengono definiti perlocutivi). Ad esempio, affermando qualche cosa, manifesto l’intenzione di dare una rappresentazione veritiera del mondo e miro a ottenere l’adesione, la credenza del mio interlocutore. La denuncia di un intento manipolatorio, teoricamente, non tiene. Si può allora solo distinguere una logica dell’acquisto da una logica del contratto (il termine “logica” va qui inteso come “modello comunicativo”). Secondo la logica dell’acquisto, il consumatore è un Soggetto con dei bisogni e la marca si pone come Adiuvante, che dona l’oggetto di valore (un “saper fare” o un “poter fare”). Secondo la logica del contratto, il Soggetto è portatore di desideri solo vagamente espressi. La marca si pone allora come Destinante, che esplicita, definisce tali desideri, mettendo in opera una strategia apertamente manipolatoria. In questo caso, il Destinante crea i desideri nominandoli. Poiché all’interno del percorso narrativo i bisogni (in quanto oggetti modali) presumono dei desideri, la differenza fra logica dell’acquisto e logica del contratto non fonda un diverso valore etico della comunicazione, ma solo un diverso modo di costruire la comunicazione fra consumatore e la marca, che svolge nei due casi differenti ruoli attanziali. Nel caso della logica del contratto, tuttavia, si presume un Soggetto più debole, meno consapevole dei propri valori e programmi d’azione. Il soggetto viene semioticamente costituito dalla marca, che lo definisce come Soggetto virtuale attraverso l’attribuzione di un volere che essa stessa nomina. R. Solaini Manipolazione e modalità • • • • Piuttosto che condannare la pubblicità in quanto manipolatoria, si può osservare le diverse strategie narrative (letteralmente, le diverse “modalità”) attraverso le quali la manipolazione viene generata. I termini modali (volere, dovere, potere, sapere) possono essere utilizzati per costruire una matrice con la quale definire forme diverse di manipolazione. volere dovere sapere Seduzione Provocazione potere Tentazione Intimidazione Seduzione è “non lasciar sapere a chi lo vorrebbe”; tentazione è “volere e non potere”; intimidazione è “non permettere di potere”; provocazione è “dover sapere”. L’analisi delle diverse forme di manipolazione, mostra come il carico modale attribuito a un attante sia responsabile anche della sua particolare disposizione passionale (l’appello alle passioni è, ovviamente, uno degli elementi essenziali della strategia di marca) R. Solaini Ottava lezione L’enunciazione R. Solaini Il soggetto nel testo • - Come è stato sottolineato dal semiologo Emile Benveniste (1958), alcuni segni linguistici non rinviano ad un contenuto predefinito (come è il caso per i nomi), ma significano solo in rapporto all’atto e al contesto dell’enunciazione, all’azione, cioè, attraverso la quale il soggetto usa e si appropria del linguaggio. Tali segni sono definiti deittici (dal greco déignumi: indicare, mostrare). Sono indici puntati verso il mondo da chi parla. - Pronomi personali: io/tu vs. egli. “Io” = “colui che parla”; colui che si manifesta nel discorso. Soggetto dell’enunciazione. “Tu” = “colui al quale mi rivolgo”. - “Io/tu” si definiscono reciprocamente, perché sono intercambiabili nel concreto scambio dialogico. Il “tu” è sempre generato da un “io che parla”. “Egli”, invece, designa una “non persona”: non colui che parla o a cui ci si rivolge, ma colui di cui si parla. - Tempi verbali: sono organizzati intorno al presente, tempo in cui si è, vale a dire tempo in cui si parla. Tempo dell’enunciazione. - Avverbi di spazio: organizzano le relazioni spaziali, intorno all’istanza dell’enunciazione (“qui”, “là”). Si definisce “contesto dell’enunciazione” il “io, qui, adesso”, che si proietta in un testo, in un enunciato, trasformandosi in “non io, non qui non adesso”. R. Solaini La soggettività • “Io” significa “io che parlo”. Parlare, appropriasi del linguaggio, è l’unico modo di affermare se stessi, costituendosi come soggetto discorsivo. Solo nel discorso si manifesta il soggetto empirico, ad esso logicamente presupposto. L’autore esiste solo nei suoi testi. “È nel linguaggio e mediante il linguaggio, che l’uomo si costituisce come soggetto; poiché solo il linguaggio fonda nella realtà, nella sua realtà che è quella dell’essere, il concetto di ego.” (Cfr. Benveniste, La soggettività nel linguaggio) • • Così come i codici attraverso i quali un testo significa si specificano solo all’interno dell’atto comunicativo, anche l’emittente e il destinatario (cfr. Jakobson) si definiscono solo nel testo, come “istanze dell’enunciazione”, o “configurazioni discorsive”. Concepiti come “configurazioni discorsive”, emittente e destinatario vengono ridefiniti come enunciatore e enunciatario, simulacri interni al testo dell’emittente e del ricevente empirico. R. Solaini Dalla significazione alla comunicazione • • • • • • Poiché enunciatore ed enunciatario si costituiscono come soggetti solo attraverso il discorso, ogni testo mette in scena una proposta di relazione, il simulacro di un rapporto. La comunicazione non è un monologo unidirezionale ma un dialogo bidirezionale. “Io” e “tu” si presuppongono e si fronteggiano reciprocamente, scambiandosi volta per volta i ruoli. Analizzare un testo significa verificare anche come si costruisca all’interno di esso la soggettività, quale ruolo e spazio l’enunciatore rivendichi per sé e quale per il suo interlocutore (enunciatario). La comunicazione è, da questo punto di vista, un gioco di ruoli. Analizzare un testo significa verificare quale “gioco linguistico” (Cfr. Wittgenstein, Ricerche filosofiche) venga messo in atto e, di conseguenza, quale relazione si costituisca fra le due polarità enunciative. Analizzare un testo significa comprendere la strategia che soggiace alla relazione fra enunciatore e enunciatario; capire come vengano gestiti i turni e lo spazio di parola, manifestazione di un potere sociale. R. Solaini Pubblicità come gioco enunciativo • • • • La comunicazione non è passaggio di informazioni fra un mittente e un ricevente, ma costruzione simbolica di un “io”, cui corrisponde la costruzione di un “tu” Analogamente, il messaggio pubblicitario non “comunica” i contenuti della marca, ma crea la marca come unità semiotica (come sistema valoriale e come istanza enunciativa); nel momento stesso in cui si pone (in cui si dice), la marca definisce anche il proprio interlocutore, come colui che condivide quel sistema valoriale e partecipa a una data modalità relazionale (stabilisce un “contratto enunciativo”). La comunicazione pubblicitaria ha, allora, innanzitutto una funzione fatica (cfr. le funzioni di Jakobson): vale come messa in scena e proposta di una relazione, di un contatto, che diventerà un contratto. Anche la funzione fatica non è una pre-condizione della comunicazione, ma una costruzione testuale. Secondo una concezione estesa ma coerente della comunicazione, l’atto concreto di acquisto di un prodotto, anch’esso un contratto, costituisce un’azione semiotica, attraverso la quale si sanziona il successo (uptake) dell’interazione comunicativa. R. Solaini Autore Modello e Lettore Modello • • • • Leggendo un testo è possibile comprendere chi sia il suo autore, sia chi sia il suo possibile lettore. Un testo, cioè, reca al suo interno una traccia implicita dell’autore e del lettore. Tali tracce vengono definite Autore Modello (LM) e Lettore Modello (LM). Diversamente dalla critica letteraria classica, che interpreta i testi alla luce delle condizioni empiriche di produzione e circolazione, l’analisi semiotica non considera il contesto sociale, l’autore e il lettore empirico, ma l’Autore Modello e il Lettore modello, intesi come strategie testuali speculari, di produzione e di interpretazione di un testo (Cfr. Eco, Lector in Fabula). Autore Modello (AM): si cela nelle scelte lessicali, nell’accezione in cui usa i termini, nello stile, nell’aggettivazione, nel tipo di rapporto che istituisce con il Lettore Modello, nella sua enciclopedia. Comprendere l’Autore Modello è un lavoro filologico attraverso il quale si ricostruisce il contesto culturale entro il quale un testo è stato prodotto. Lettore Modello (LM): è il lettore prefigurato dal testo, dotato delle competenze necessarie per ricostruirlo secondo la sua logica interna (il LM deve saper ricostruire l’enciclopedia del AM), e deve essere disponibile a stare al gioco (ad esempio, a essere consolato o ad accettare una sfida interpretativa) R. Solaini Lettore Modello e Target • • • • • L’Autore Modello coincide con la marca: istanza enunciativa responsabile della comunicazione di impresa, capace quindi di costituirne l’identità semiotica e culturale. Il Lettore Modello coincide con il Target, inteso però non come destinatario reale ma come destinatario previsto dal messaggio pubblicitario. Oltre ad essere un dato sociale, il target è quindi anche una costruzione semiotica, un modello di lettura previsto e iscritto nel testo. Un testo non presume solo un destinatario reale, ma contribuisce a costruirlo. Un testo è responsabile delle modalità della sua fruizione. La distinzione fra Lettore Modello e Lettore Empirico permette di distinguere fra il destinatario reale del messaggio e il destinatario presupposto. Affinché un testo pubblicitario (in particola modo, ma non solo) sia efficace, occorre che Lettore Modello (il target presupposto) e Lettore Empirico (il target reale) coincidano. Fino a quando il target non viene inteso anche come enunciatario di una strategia discorsiva o Lettore Modello di un testo, esso rimane un insieme di caratteri socio-economici (reddito, classe, età) non necessariamente coerente, né significativo. R. Solaini Proporre: fra gratificazione e inganno • Un testo mette in scena la proposta di un rapporto, mostrando la relazione che si instaura fra l’Autore Modello (AM) e il Lettore Modello (LM). Tale relazione è alle volte consolatoria, alle volte sviante. • Alcuni testi, guidano per mano il LM, ne confermano le interpretazioni, istituendo cui lui un rapporto consolatorio e gratificante. Altri testi ingannano intenzionalmente il LM, lo portano deliberatamente sulla strada sbagliata, lo sfidano. • I testi pubblicitari istituiscono tipicamente con il LM un rapporto consolatorio. Il racconto di fantascienza “Sentinella” di Fredric Brown è una esemplare dimostrazione di come fra AM e LM si possa alle volte instaurare un rapporto polemico. R. Solaini Leggere: fra uso e interpretazione • • • • La proposta di relazione avanzata da un testo può, o può non essere accettata dal Lettore Empirico. Quando il Lettore Empirico accetta la proposta di relazione avanzata da un testo, quando cioè decide di immedesimarsi con il Lettore Modello, si dice che egli interpreta un testo. Si ha interpretazione quando il Lettore Modello coopera nella ricostruzione del senso, secondo la prospettiva indicata dall’Autore Modello. Si ha interpretazione quando prevale l’intentio auctoris. Comanda l’autore e la sua prospettiva Quando il Lettore Empirico rifiuta la proposta di relazione avanzata da un testo, rileggendolo secondo il suo personale punto di vista, si dice che esso usa un testo, riducendolo a pretesto, per riaffermare se stesso. Si ha uso quando prevale l’intentio lectoris, quando si adotta una modalità di lettura che destruttura il testo originario, preso a spunto per una personale opera di riscrittura. Comanda il lettore e la sua libertà. Poiché il consumo può essere interpretato come una forma di comunicazione, l’opposizione fra uso e interpretazione può anche essere usata anche per distinguere modalità diverse, più o meno idiosincratiche, di appropriazione delle merci. R. Solaini Comunicare: fra cooperazione e polemica • La dialettica fra interpretazione e uso mostra come la comunicazione non avvenga sempre sulla base di un presupposto cooperativo (come, ad esempio, vorrebbe P. Grice). Molto più spesso, invece, la comunicazione avviene entro un contesto polemico. • La dimensione polemica non dipende dal disaccordo fra due punti di vista, ma dalla mancanza di disponibilità a condividere il punto di vista dell’interlocutore • Esempio paradigmatico (e idealizzato) di comunicazione cooperativa è il “dialogo d’amore” platonico. Esempi di comunicazione polemica sono i conflitti intergenerazionali (adulti/adolescenti, insegnante/studenti). Ritenere, ad esempio, le risposte non cooperative degli studenti un caso di rifiuto di comunicare manifesta solo una visione colpevolmente ingenua e inadeguata della comunicazione. • Una comunicazione strategica mira gestire la dimensione polemica e conflittuale soggiacente, imponendo, oltre ogni uso fuorviante e contro ogni risposta “fuori tono”, una modalità cooperativa e riaffermando la voce dell’autore, l’intentio auctoris. R. Solaini Nona lezione Contratti e veridizione R. Solaini Testo e contesto • • • L’enunciazione è il modo attraverso il quale il contesto (io-qui-ora) si proietta nel testo, trasformandosi in suo simulacro (non io – non qui – non ora). In questo modo, l’enunciazione mette in scena la dinamica fra testo e contesto Fra Testo e contesto non vi è un’opposizione intrinseca e “reale”, ma solo dialettica e funzionale. Contesto è ciò che appare più esterno rispetto a ciò che viene narrato. Per questo, il contesto ( la cornicie enunciativa, il “io, qui, ora”) viene avverito come più reale, mentre il testo come rappresentazione, finzione (altrove, simulacro). Ciò che appare realtà e cosa finzione dipende dal dialogo che il testo istituisce con il contesto; dipende dalla dialettica che si installa fra dipinto e cornice, “fra palco e realtà” (laddove la realtà fa parte dello spettacolo, basta andare a un concerto o allo stadio per rendersene conto), fra la rappresentazione e quel “fuori”, cui ogni testo allude e rimanda. R. Solaini Mosse enunciative - Débrayage (lett. disinnesco): nell’enunciato si proietta il simulacro dell’enunciazione. Il dèbrayage è un movimento che va dall’enunciazione all’enunciato, dal contesto al testo. Il dire si mostra nel detto; l’autore si mostra come attore, o narratore, voce interna. - - Il dèbrajage può essere in prima persona (débrayage enunciazionale) o in terza persona (débrayage enunciativo). Attraverso il débrayage enunciativo (in terza persona), si costruisce un discorso oggettivato (discorso storico, mimetico, mimesis); attraverso il débrayage in prima persona si costruisce un discorso in presa soggettiva (diegesi, o racconto). Embrayage (lett. innesco): movimento secondo, successivo al débrayage: l’attore (costruito in un primo momento attraverso un débrayage enunciativo) riemerge sotto le vesti dell’enunciatore (il personaggio si rivela narratore, un attore sul palco si rivolge al pubblico, o finge di essere il regista interno). Embrayage è un movimento che procede dall’enunciato all’enunciazione, dal testo al contesto. - Esempio: si ha un embrayage nel teatro di Pirandello, quando gli attori escono dalla “scena” dialogando direttamente con il pubblico o rientrano dalla platea. L’effetto di senso voluto è destrutturare la percezione stessa della distinzione fra realtà e finzione. R. Solaini Effetti di realtà • Débrayage e embrayage rendono possibile creare delle strutture enunciative stratificate e complesse: giochi di sguardi e di voci, che possono trasformare un testo in una vera e propria “matrioska enunciativa”. • Il livello enunciativo più esterno (cornice) funziona come piano della referenza (dà l’illusione della presenza del mondo reale), rispetto al livello più profondo, della messa in scena. La dialettica fra cornice e messa in scena produce degli effetti di senso di “realtà”: la cornice appare sempre più “vera” della messa in scena interna. • Le mosse enunciative fanno parte delle strategie veridittive, come ad esempio gli usi ironici del linguaggio (che funzionano per citazione di unp stereotipo e successiva presa di distanza, o embrayage), o i trompe-l’oeil (che funzionano attraverso il celamento del débrayage, portando a una perfetta continuità fra testo e contesto). R. Solaini Giochi di sguardi Velázquez, Las Meninas, 1656 R. Solaini Giochi di sguardi Picasso, Las Meninas, 1957 R. Solaini Paradossi enunciativi ed effetti di realtà: il trompe l’oeil R. Solaini Paradossi enunciativi ed effetti di irrealtà Escher, Mani che disegnano, 1984 R. Solaini Decima lezione Generi del discorso pubblicitario R. Solaini Strategie veridittive • Le diverse strategie veridittive adottate di un testo sono decisive al fine di definire un genere discorsivo. Una strategia veridittiva è un meccanismo autoreferenziale, attraverso il quale un testo parla di sé, del proprio linguaggio e di come questo intenda riferirsi al mondo. • Ad esempio, satira, mito, romanzo storico e romanzo realista, sono generi che possono essere definiti in funzione del loro diverso statuto veridittivo. Negli stessi termini si può cercare di distinguere, nel campo della pittura, fra i paesaggi naturalistici, impressionismo, surrealismo, pittura metafisica. • Le strategie veridittive manifestano una filosofia del linguaggio implicita (parlano di come si ritiene che il linguaggio si riferisca al mondo, e quindi di come si costruisca un testo ragionevole e credibile). Tali diverse filosofie implicite si manifestano attraverso stili altrettanto diversi, che selezionano opposizioni difficilmente superabili. (È più facile mediare fra valori opposti, che non fra stili opposti, quando gli stili sono segno di una filosofia) R. Solaini Contratti di lettura e generi testuali • • • • • Una strategia veridittiva porta a sottoscrivere un contratto di lettura con il destinatario implicito, che è chiamato ad accettare innanzitutto lo statuto di realtà/finzione del testo (non si va a teatro con le stesse attese con cui si legge una cronaca giornalistica). Da questo punto di vista, la semiotica non propone una propria epistemologia (una teoria delle condizioni di verità). Afferma, però, che ogni testo definisce attraverso particolari strategie veridittive le proprie condizioni di verità, costruendo in modo diverso i criteri di credibilità. Ad esempio, la credibilità di un testo giornalistico è costruita in modo diverso da quella di un discorso mitico. Questo accade perché per il giornalismo e per il mito “verità” significa cose diverse. In un caso, puntuale aderenza ai fatti, nell’altro rappresentazione di strutture di senso universali e verosimili. Anche i generi pubblicitari sono stati distinti in funzione della strategia veridittiva che mettono in atto. È stato quindi costruito un quadrato semiotico dei generi del discorso pubblicitario, che si basa sull’opposizione fra una funzione rappresentativa del testo (presupposto filosofico: il mondo esiste è occorre solo mostrarlo per quello che esso è) e una funzione costruttiva (presupposto: il mondo esiste solo attraverso il linguaggio che lo racconta). R. Solaini Il quadrato dei generi del discorso pubblicitario Pubblicità referenziale (funzione rappresentativa) Pubblicità mitica (funzione costruttiva) Pubblicità sostanziale Pubblicità obliqua R. Solaini Generi del discorso pubblicitario • • • • Pubblicità rappresentativa: mostra il mondo per quello che è, o si pensa che sia. Usa quindi enunciati descrittivi (“le cose stanno così”) e non normativi (“le cose devono stare così”). Nasconde l’enunciatore. Propone al Lettore Modello un contratto fondato sull’onestà. Si basa su stereotipi, ribadisce il buon senso. Utilizza schemi narrativi lineari che non mettano in discussione il rapporto prima/dopo, causa/effetto. Mostra le immagini di cui parla (débrayage interno), mostrando la solidarietà fra parola e immagine. Pubblicità obliqua: rifiuta la logica immediata del buon senso a favore di testi che richiedano una mediazione interpretativa del LM. Utilizza strategie ironiche, ovvero forme di citazione, distanziazione e denegazione del buon senso. Mette in mostra un “pensiero laterale”: le cose sono sempre diverse da come appaiono e possono sempre essere lette da nuovi punti di vista. Propongono al LM un contratto fondato sulla complicità. Distanza e lateralità del punto di vista manifestano la presenza dell’enunciatario. Pubblicità mitica: mette in mostra lo scarto generato dal testo per ridisegnare la realtà. La forma prevale sulla funzione. Utilizza figure vuote, valorizzate dal loro ruolo all’interno del testo. Utilizza simboli dal forte contenuto immaginario. Mostra mondi ideali, nei quali il senso dona una valorizzazione ulteriore alla realtà rappresentata. La trasposizione nel mondo mitico avviene in terza persona, generando un effetto di oggettività. Fondano un rapporto con l’enunciatario basato sulla proiezione. Pubblicità sostanziale: attraverso un forte riavvicinamento del punto di vista, produce un effetto di straniamento. Destruttura gli stereotipi, alla ricerca dell’essenza della natura profonda. Mostra al soggetto la necessità di ritrovare una diversa distanza dal quale osservare le cose. Privilegia i valori tattili e sottolinea la dimensione estesica (dal greco aisthésis: sensazione) del prodotto. Costruisce così le condizioni per riaffermare la vera natura del prodotto, a prescindere dalle sue determinazioni culturali e stereotipiche. Propone un contratto basato sulla vicinanza. R. Solaini Testi, design e oggetti • Il quadrato dei generi pubblicitari (che riguarda il rapporto fra mondo e senso, ovvero l’oggetto di studio della semiotica) può essere utilizzato anche per analizzare quei particolari testi che sono le merci e il packaging, l’architettura e il design. • In questo caso, non si tratta più di vedere in che modo il senso si rivolga al mondo, ma, specularmente, in che modo i processi di trasformazione semiotica ricostruiscano il mondo, arredato da oggetti individuabili perché carichi di senso. • Poiché rimane sempre in questione il rapporto fra senso e mondo, anche nel caso del design si affronta sempre il tema della verità. Ad esempio, una sedia (vedi slide successiva) disegnata secondo canoni ludici non sarà una “vera” sedia, ma una sedia solo per chi è capace di interpretarla e usarla come tale. • Sedie diverse, bagni diversi mostrano un diverso modo attraverso il quale un oggetto e uno spazio vengono investiti di senso; costruiscono relazioni diverse con il soggetto, vengono usati e vissuti in maniera diversa. Strutture di senso diventano pratiche significanti. R. Solaini Il design R. Solaini Stili a confronto A B C D R. Solaini In bagno: filosofie e forme di vita • • • • Bagno A: la funzione prevale sulla forma. Lo spazio è infatti organizzato su basi pragmatiche e utilitaristiche, in modo da massimizzare la funzionalità di un ambiente volutamente piccolo e chiaramente domestico. La riconoscibilità dell’ambiente definisce la sua dimensione realistica, non a caso arredata da oggetti di uso quotidiano. Bagno B: la forma prevale sulla funzione. Ambiente disegnato con l’obiettivo prevalente di semantizzare forme pure (vedi l’opposizione fra linee rette e circolari) e quindi di costruire un’estetica minimalista. Lo spazio è ampio e allude a un fuori campo indefinito, sottolineando così la sua dimensione mitica. Bagno C: Scompare la messa in scena, sostituita da uno sguardo avvicinato, che vede, quasi “tocca”, la materia in tutte le sue venature. Le linee assecondano e scolpiscono gli elementi, generando sostanza, sintesi cioè fra materia e forma. Bagno D: le linee architettoniche e le scelte cromatiche citano, giocano e trasformano la natura che esse stesse contengono. Quale è la pianta? quella “vera” posta fra i due lavandini come ornamento, o i due lavandini che ricreano artificialmente un mondo naturale? Fra natura e cultura (fra dentro e fuori) si crea un rimando paradossale, circolare e ironico. R. Solaini Undicesima lezione Il percorso generativo R. Solaini Testo e discorso • Un testo diventa discorso, quando si installa al suo interno un enunciatore/enunciatario. Un discorso è una pratica discorsiva, perché enunciatore ed enunciatario mettono in scena un gioco di relazione. Agiscono uno di fronte all’altro, comunicando. • “Discorso” è interpretazione e manipolazione di una struttura profonda. Il soggetto si appropria della lingua e la usa. Questa trasformazione e interpretazione delle strutture (dei codici) costituisce la dimensione retorica di un testo. • Oltre a mostrare il punto di vista dal quale un testo è costruito (e quello dal quale si offre allo sguardo), l’enunciatore convoca la sua competenza, il suo repertorio di stereotipi, il suo lessico. • Si arriva così al livello più di superficie dell’analisi, detto livello discorsivo, o della manifestazione del testo: i valori profondi, articolati sul quadrato semiotico e disposti sul sintagma narrativo, trovano le parole, i temi, che li esprimono e le figure che li rappresentano. R. Solaini Il percorso generativo • I diversi livelli sui quali un testo può essere analizzato vengono composti in un’unica struttura gerarchica, che va dal più semplice, profondo e astratto, a quello più complesso, superficiale e concreto. • L’articolazione di livelli, legati fra di loro da una relazione di presupposizione successiva (ogni livello superiore presuppone quelli più profondi) viene denominata Percorso Generativo. • Con Percorso Generativo non si intende il processo mentale, che l’autore empirico ha seguito per concepire un testo, ma il meccanismo intrinseco, rilevato attraverso l’interpretazione, di costituzione di un testo, attraverso il coordinarsi dei livelli pertinenti di analisi. • Il percorso generativo è un’ipotesi operativa, su come si costruisca il senso. Questa ipotesi ha dato il nome alla teoria semiotica che la ha fatta propria (una evoluzione della semiotica strutturale di matrice europea), definita “semiotica generativa”. R. Solaini Il Percorso Generativo Strutture semio – narrative Struttura discorsive Componente Sintatica Componente Semantica Livello profondo (valori come posizioni) Operazioni di affermazione / negazione sul quadrato Quadrato semiotico come sistema semantico Conversione dei valori strutturali (posizioni) nei valori per un soggetto. Sintassi antrapomorfa (congiunzione – disgiunzione). Attanti, modalità, PN Valori investiti su Ov (Oggetto di valore) Istanza dell’enunciazione Débrayage – Embrayage Attorializzazione Temporalizzazione Spazializzazione Temi e Figure Manifestazione dei valori profondi attraverso la convocazione di un repertorio di temi (stereotipi) e di figure del mondo. Aspettualizzazione R. Solaini Punti di vista -Ottico prospettici -Cognitivi -Valutativi -Passionali. Il percorso generativo • • • • • Attraverso il percorso generativo la semiotica rende conto della dialettica fra permanenza valoriale profonda e continua variabilità dei testi che manifestano tale struttura valoriale. . Fra le strutture assiologiche profonde e le manifestazioni creative sta il livello tematico, che coincide con il concept, sintesi del racconto che ogni marca propone. Il livello tematico costituisce la cerniera fra semio-narrativo e figurativo: da un lato costituisce la lessicalizzazione dei valori articolati lungo il percorso narrativo (ad esempio, il concetto di libertà, definito sul piano narrativo dal punto di vista modale, si trasforma per Nike nel tema del gioco); dall’altro è l’interpretazione astratta dei più concreti strumenti figurativi utilizzati (ad esempio, la pista circolare). Il percorso generativo può essere interpretato come un meccanismo di motivazione a posteriori dei segni, processo di instaurazione di codici. All’interno di un testo, una configurazione formale, si incarica di manifestare una struttura tematica, a sua volta definita per la sua dimensione modale e per il paradigma semantico che la articola. La pista circolare della Nike diventa il simbolo della libertà di cui Nike parla, segno stabile e quasi necessario, pronto per essere utilizzato in altri testi. Diventa una parola del lessico Nike. Il semiologo ingenuo osserva i codici operanti. Il semiologo competente ricerca soprattutto i percorsi attraverso i quali i codici si sono costituiti e motivati. Il semiologo competente osserva come i segni si trasformino in simboli (in segni motivati). Il semiologo competente studia come si costituisca la “mitologia del quotidiano” (cfr. R. Barthes, Miti d’oggi). R. Solaini Fra creatività e strategia • • • • Il percorso generativo rende conto della diversità e, al tempo stesso, della complementarietà, fra il lavoro dei creativi e quello degli strategici. Compito dei creativi è tradurre strutture profonde in immagini e scelte stilistiche corrispondenti, ognuna delle quali sia consapevolmente motivata, in quanto manifestazione di nuclei semantici astratti e fondamentali. Il lavoro dei creativi trasforma la profondità del percorso generativo in manifestazioni di superficie. Compito degli strategici, al contrario, è quello di interpretare testi a partire dalle scelte figurative e tematiche di superficie, ricostruendo le strutture semantiche soggiacenti (e i codici vengano convocati per manifestarle). L’analisi permette di progettare nuove architetture di senso. Il lavoro degli strategici procede dalla superficie del percorso generativo, verso la profondità. Il lavoro creativo e strategico si fondono entro il percorso generativo del senso, perché la creatività è sensata quando è strategicamente motivata, mentre la strategia è (ri)generazione di senso: dare vita, consapevolezza e potere alle parole che ci definiscono. Usarle e trasformarle, prima che siano loro a usare noi. R. Solaini Bibliografia R. Solaini Bibliografia integrativa (Testi citati) • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • Austin, J. L:, 1987, Come fare cose con parole, Marietti, Milano. Benveniste, E., 1958, “La soggettività nel linguaggio”, in Problemi di linguistica generale, Il Saggiatore, Milano. Barthes, R., 1958, Miti d’oggi, Einaudi, Torino. Barthes, R., 1966, Elementi di semiologia, Einaudi, Torino. Barthes, R., 1967, Il sistema della moda., Eindaudi, Torino. Casetti, F., 1986, Dentro lo sguardo, Bompiani, Milano. Casetti, F., Di Chio, 1992, F., Analisi del film, Bompiani, Milano. Ceriani, G., 2001, Marketing moving. L’approccio semiotico, Franco Angeli, Milano. Ceriani, G. 2007, Hot Spots e sfere di cristallo, Franco Angeli, Milano. Eco, U., 1979, Lector in fabula, Bompiani, Milano. Fabris, G., 2003, Il nuovo consumatore. Verso il postmoderno, Franco Angeli, Milano. Floch, J. 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Wittgenstein, L. 1953, Ricerche filosofichem Einaudi, Torino, Wittgenstein, L. 1922, Tractatus Logico-Philosophicus, Einaudi, Torino. R. Solaini