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assaggio di lettura
001-09-Prime-pagine_Catalogo 10/06/12 13:42 Pagina 3
L U C I A N O
A R C A N G E L I
FEDERICO
BAROCCI
I DISEGNI DELLA GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE
THE DRAWINGS OF THE GALLERIA NAZIONALE DELLE MARCHE
001-09-Prime-pagine_Catalogo 10/06/12 13:42 Pagina 4
Una realizzazione editoriale
Ministero per i Beni e le Attività Culturali
Published by
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche
Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche Gebart S.p.A.
Via Prenestina 685 - 00185 Roma
Soprintendente
Tel. +39 06 22582330 - Fax +39 06 22754229
Superintendent
[email protected] - www.gebart.it
Maria Rosaria Valazzi
Coordinamento editoriale e ricerca iconografica
Coordinamento amministrativo
Editor-in-Chief and picture research
Administrative coordinator
Stefania Spirito
Clorinda Petraglia
Progetto grafico e impaginazione
Responsabili di settore
Graphic design
Department heads
BerardiDesignTeam
Claudia Caldari
Agnese Vastano
Traduzione inglese
Gabriele Barucca
English translation
Oona Maria Smyth
Responsabile sicurezza
Security manager
Fotolito
Guido Principe
Photolithography
Assistente Tecnico
Secretariat
Massimo Fabbri
Responsabile conservazione disegni
Drawing conservator
Marina Conte
Segreteria
Administrative office
Anna Maria Savini
Referenze fotografiche
Photographic references
Marco Fanelli
Annarita Paccagnani
Ricerche bibliografiche
Bibliographic research
Albina Pucci
Emanuela Gostoli
Pageservice S.r.l.
Stampa
Printing
Miligraf S.r.l., Roma
Referenze fotografiche
Photographic Credits
© 2012 Archivio Fotografico della Soprintendenza per i Beni Storici Artistici
ed Etnoantropologici delle Marche pp. 5, 10, 13, 15, 17, 19, 21, 23, 25, 27, 29,
31, 35, 37, 38-101.
© 2012 Scala, Firenze, pp. 17 (Fig. I), 21 (Fig. III), 37 (Fig. XI).
© 2012 Copyright The National Gallery, London/Scala, Firenze, p. 19 (Fig. II).
© 2012 per gentile concessione della Collezione BNL, Gruppo BNP Paribas,
Roma, pp. 6, 33 (Fig. IX).
© 2012 per gentile concessione della Pinacoteca di Brera, Milano pp. 9, 29
(Fig. VII), 42-43.
© 2012 per gentile concessione del Gabinetto Fotografico della Soprintendenza
Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il
Polo Museale della città di Firenze, p. 25 (Fig. V).
L’autore ringrazia i colleghi e tutto il personale della Soprintendenza per i
Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche per la sempre prontissima e amichevole disponibilità dimostrata. Un ringraziamento in partiMovimentazione opere
colare alla Soprintendente Maria Rosaria Valazzi, a Claudia Caldari e ad
Artefact handling
Agnese Vastano; alla restauratrice Marina Conte per il continuo supporto;
Beniamina Marchionni
a Marco Fanelli con la collaborazione di Anna Rita Paccagnani per le ripreDolores Longhi
se fotografiche; ad Anna Maria Savini per le ricerche d’archivio e ad Albina
Pucci per quelle bibliografiche.
© 2012 Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per The author would like to thank his colleagues and all the staff at the
i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche e Luciano Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle
Marche for their unfailing kindness and readiness to help. Special thanks go
Arcangeli.
to the Superintendent Maria Rosaria Valazzi, to Claudia Caldari and Agnese
Vastano; to the conservator Marina Conte for her constant support; to
Marco Fanelli and his collaborator Anna Rita Paccagnani for the photograTutti i diritti riservati
phy; to Anna Maria Savini for archival research and to Albina Pucci for bibAll rights reserved
liographic research.
In copertina
Cover
Federico Barocci, La Madonna del Popolo (1579), olio su tavola, particolare, Firenze, Galleria degli Uffizi.
Federico Barocci, La Madonna del Popolo (1579), oil on panel, detail, Firenze,
Galleria degli Uffizi.
Federico Barocci, Testa di giovinetto rivolta verso l’alto, matita e gessetti policromi, particolare, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
Federico Barocci, Head of boy looking upwards, pencil and coloured chalks,
detail, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
INTRODUZIONE
Federico Barocci (Urbino, 1535-1612) non rappresenta soltanto la massima personalità artistica espressa dal territorio
marchigiano nel secondo Cinquecento, ma è anche vera figura
di genius loci in rapporto alla nativa città ducale (in cui passa
l’intera vita in volontario ritiro dopo il breve affaccio sulla
scena romana) ed elaboratore di un linguaggio che influenza i
pittori attivi nella regione adriatica, in Romagna, in Umbria e
buona parte della Toscana, i quali vengono a costituire forse il
movimento più omogeneo e caratterizzato della pittura tra i
due secoli in Italia centrale.Va detto che tale linguaggio è stato
spesso inteso dai suoi epigoni e seguaci in modo riduttivo, più
come repertorio di formule che per i valori e le aperture che
lo caratterizzano. Barocci è anche in qualche modo la figura più
significativa di artista italiano tra l’esaurirsi della concezione
manieristica fiorentino-romana, che trova i suoi frutti più
maturi da una parte nello studiolo di Francesco I de’ Medici a
Palazzo Vecchio e, dall’altra parte, nella decorazione di Palazzo
Farnese a Caprarola (ambedue cantieri che si concludono nei
primi anni Settanta del Cinquecento), e le rivoluzionarie novità
che si affermano a Roma al passaggio del secolo con il realismo caravaggesco e l’ideale classico perseguito da Annibale
Carracci. È un caso che le vicende di Annibale Carracci (15601609) e di Michelangelo Merisi (1573-1610) si compiano nel
corso della lunga vita di Federico Barocci che, anzi, sopravvive
loro di un paio d’anni. Un caso che ha però comportato prese
di posizioni spesso antitetiche da parte della critica nei confronti dell’appartato artista urbinate, ricondotto a ultimo dei
manieristi o invece promosso tra gli apripista del nuovo corso.
Non è tra i compiti di questo specifico catalogo dare conto
dell’amplissima letteratura critica su Barocci e sui diversi giudizi espressi già a partire dal Seicento sul ruolo da lui avuto
nella storia della pittura, per la quale si rinvia alla Bibliografia in
appendice a questo volume. Comunque, occorrerà rilevare l’unicità di una esperienza artistica non riconducibile alle solite
categorie di comodo in cui vengono incasellati i movimenti e
le personalità.
Intanto in Barocci il messaggio emotivo e devozionale di cui
l’arte si fa veicolo è quasi più importante delle forme utilizzate, peraltro nuovissime nel panorama del tempo. Egli è veramente uno dei massimi inventori di pittura religiosa in un
momento in cui la Controriforma dà nuovo slancio alle immagini sacre. La circolarità dei sentimenti espressa dalle sue
opere conferisce forma visiva al pensiero e alla pratica di alcune delle correnti più avanzate della nuova religiosità riformata,
in particolare il rinnovato corso del francescanesimo, in concomitanza con l’affermarsi dei cappuccini, con la sua mistica
interiorizzata. E, soprattutto, il movimento fondato da san
Filippo Neri, quello degli oratoriani, dove l’esperienza religiosa
si trova calata in una serena quotidianità, centrata sugli affetti
familiari. Il mondo figurativo immaginato da Barocci è poi di
INTRODUCTION
Not only is Federico Barocci (Urbino, 1535-1612) the
greatest artist from the Marche region of the latter half of the
sixteenth century, he is also a true genius loci of his native ducal
city, Urbino, where he would pass his entire life in voluntary
retreat after a brief spell in Rome. He was also to develop an
artistic language that would influence painters working all over
the Adriatic area – in Romagna, Umbria and most of Tuscany –
who would form one of the most homogeneous and characteristic art movements in Central Italy between the late sixteenth and early seventeenth centuries. It should be mentioned that this language was often interpreted in a simplistic
manner by his epigones and followers, as a series of stock formulas rather than in terms of its distinctive values and openness. Barocci is also one of the most significant Italian artists
active between the twilight of Florentine-Roman Mannerism,
which would bear its most mature fruits in the Studiolo of
Francesco I de’ Medici in the Palazzo Vecchio, on the one hand,
and in the decorations of the Palazzo Farnese at Caprarola, on
Federico Barocci, Donna abbigliata seduta di profilo,
particolare, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche (cat. 30).
Federico Barocci, Seated clothed woman shown in profile,
detail, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche (cat. 30).
the other, (both projects were completed in the early 1570s),
and the dawn of the revolutionary changes taking place in
Rome at the turn of the century with Caravaggesque realism
and the classic ideal pursued by Annibale Carracci. It just so
happens that both Annibale Carracci (1560-1609) and
Michelangelo Merisi (1573-1610) were active during the long
life of Federico Barocci; in fact, he even outlived them by a few
years. However, this coincidence has often caused critics to
assume antithetical positions with regard to this reclusive
artist, either placing him among the last Mannerists or among
the pioneers of the new art movement.
This particular catalogue does not set itself the task of
describing the vast body of critical literature on Barocci or the
various opinions expressed from the seventeenth century
onwards on his role in the history of art (see Bibliography at
the end of this work). Nevertheless, we need to point out the
uniqueness of an artistic experience that cannot be pigeonholed in the usual convenient categories that movements and
personalities are often confined to.
For Barocci the emotional and devotional message conveyed by art was almost more important than the forms that
he used, which were extremely innovative for the art scene of
the time. He was truly one of the greatest creators of religious
11
per sé particolarmente ambiguo, in quanto ottenuto attraverso procedimenti in qualche modo opposti. Da un lato, l’imprescindibile attenzione al dato naturale, animali e persone, colti
dalla realtà con una freschezza ignota agli altri artisti del
tempo; e, dall’altro lato, la volontà di sottoporre i protagonisti
dei suoi quadri a un processo via via astraente, utilizzando
gamme di colori cangianti secondo una sorta di pianificazione
armonica (non è un caso che Federico si riferisca talvolta alla
sua pittura parlandone come di una musica) e conferendo alla
luce una qualità sfarfalleggiante e ricca di riverberi che invece
di dare corpo e volume alle figure finisce per romperne le
forme chiuse, togliendo loro peso. Per Barocci non è concepibile una pratica artistica che non parta dal “vero”, cioè dai
modelli che gli offre la realtà circostante. Ma il suo lungo iter
compositivo, che ha come base la ricerca naturalistica, segue
una elaborazione intellettuale (oltre che una esigenza interiore) che ci restituisce un mondo trasfigurato e alleggerito dalla
grazia sorridente. Ciò si attua attraverso un formidabile metodo di lavoro, un incessante esercizio artistico che immagina,
individua e ricompone i singoli frammenti fino a fonderli nell’opera definitiva.
Questo metodo ha il suo elemento portante nel disegno. È
noto che fin da subito ci si rese conto del portato straordinario di Barocci grafico, certo il massimo disegnatore italiano di
fine Cinquecento. Per lui la pratica del disegno non è mai un
momento semplicemente propedeutico all’opera d’arte dipinta, che si conclude nei limiti dello schizzo d’assieme o del bozzetto, ma costante e continua esperienza estetica che accompagna tutta la genesi e la messa a punto delle opere finite. Il
magistero manuale dell’artista si esplica incessantemente ma
con metodo, attraverso schizzi veloci che vanno subito al
cuore di una idea compositiva: scegliendo posizioni e verificandole immediatamente con la messa in posa dei giovani
modelli; studiandone la rappresentazione da tutte le angolature, anche da quelle che non verranno utilizzate (è il caso del
gruppo di figure ripreso da vari punti di vista come si trattasse di un gruppo scultoreo); verificando al massimo le possibilità di resa di un particolare anatomico e, in parallelo, quelle
della ricaduta di un panneggio; sedimentando brani colti dalla
realtà (come il profilo di una testa) per il loro inserimento nel
dipinto finale. Poi, con ulteriori passaggi, l’artista mette a punto
montaggi scenografici che fissano la dinamica delle concentrazioni luminose all’interno della composizione pittorica o
modelletti che danno indicazioni sui rapporti cromatici tra le
varie figure. In questo modo il dipinto nell’attività di Barocci
finisce per essere un precipitato di tale continuo lavoro materiale, piuttosto che il punto di arrivo di stadi successivi e ognuno concluso in sé. Che il pittore non concepisca confini tra una
tecnica e l’altra dell’arte figurativa lo dimostra l’utilizzo di
mezzi squisitamente grafici, quali il guazzo nella paletta del
Riposo durante la fuga in Egitto della Pieve di Santo Stefano a
Piobbico o l’applicazione su alcune grandi tele di fogli di carta
con teste dipinte a olio separatamente, come nel caso del
ritratto della donatrice nella Madonna di san Simone o della
testa di san Francesco nel Perdono di Assisi. Al tempo stesso, la
pratica del disegno si allarga con Barocci a tutte le possibilità
espressive: l’uso del carboncino assume un ductus veloce e
scheggiato, con una energia e una immediatezza sconosciute
art at a time when the Counter Reformation was infusing sacred
images with fresh energy. The flow of sentiments between his
works and their viewers gave a visual form to the thought and
practices of some of the most advanced currents of the new
reformed religiosity, in particular the new direction of the
Franciscan movement, which saw the creation of the Capuchin
order with its interior mysticism, and, above all, the Oratorian
movement founded by saint Philip Neri, where religious experience was rooted in an everyday tranquillity based on family affections. Moreover, Barocci’s figurative world was particularly
ambiguous because it was obtained by procedures verging on the
contradictory: on the one hand, unswerving attention to natural
elements, animals and people that were depicted from life with a
freshness unknown to other artists of the time, and on the other,
the desire to represent the protagonists of his paintings in an
increasingly unrealistic manner, using a palette of cangiante
colours according to a kind of harmonious scheme (in fact
Federico occasionally referred to his painting as a sort of music)
and giving light a flickering quality full of reverberations breaking
up the closed forms of his figures and rendering them weightless,
rather than giving them body and volume. Barocci could not conceive of an artistic practice not based on “life”, that is, on the
models at hand in his surrounding world. But his long compositional journey grounded in a naturalistic search pursues an intellectual elaboration (as well as an interior need) that offers us a
world transfigured and eased by a smiling grace. This process
involves a formidable work method developed through a tireless
artistic practice that envisages, identifies and recomposes single
fragments, melding them into the definitive work.
This method is underpinned by drawing. Barocci’s contemporaries recognised his extraordinary talent for drawing, and
he is now considered the greatest Italian draughtsman of the
late sixteenth century. For Barocci, drawing was never just a
preliminary step leading to the painted work, one limited to a
sketch of the overall composition or to a bozzetto, but a tireless and continuous aesthetic experience accompanying the
entire creative process and perfecting of the finished works.
The artist’s mastery is ceaselessly and methodically expressed
in quick sketches going straight to the heart of a compositional
idea: selecting poses then trying them out with his young models; studying his subject from all angles, even from angles that
would not be used (he depicted groups of figures from various
points of view as if they were group sculptures); experimenting with every possible way of rendering anatomical details
and, at the same time, the fall of drapery; and building up a
repertoire of cultured excerpts taken from real life (like the
profile of a head) for inclusion in the final painting. Subsequent
phases would see the artist creating settings to capture the
dynamics of various concentrations of light within the pictorial composition or small-scale models revealing the chromatic
relations between the various figures. For Barocci, the painting
was not the final outcome of a series of hermetic phases, but
the precipitate of this uninterrupted work process. For him
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Federico Barocci, La Madonna di san Simone (1567 ca.), olio su
tela, particolare, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
Federico Barocci, Madonna di San Simone (c. 1567), oil on
canvas, detail, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
agli artisti contemporanei. Lo stesso carboncino, unitamente
alla sanguigna e al gessetto bianco, utilizzati su carte avana o
più spesso azzurre, viene piegato a una miriade di raffinati
effetti cromatici e di luce che lasciano ancora oggi stupiti e
ben spiegano l’incondizionato favore che il nostro artista ebbe
proprio come disegnatore nel XVIII secolo, epoca in cui l’uso
dei “trois crayons” conobbe la massima diffusione. A questi
elementi fondamentali si aggiunge l’uso dell’inchiostro e dell’inchiostro acquerellato, della biacca, fino ai pastelli colorati. È
vero che la sperimentazione di tali tecniche era avvenuta in
precedenza: le carte azzurre erano state usate dagli artisti
veneti e, per quanto riguarda i pastelli, sembra che Barocci ne
abbia mutuato l’uso da Correggio (anche se dei pastelli di
quest’ultimo o, più probabilmente, di Raffaello, non ne è stato
fino a oggi ritrovato alcuno). Ciononostante è con Barocci
che l’artista disegnatore dispone di una vera e propria orchestra di strumenti da utilizzare.
Il più autorevole tra i primi biografi di Barocci, Giovan Pietro
Bellori, che inserisce il nostro pittore nel ristretto ed eletto
Parnaso degli artisti “moderni”, dà conto del metodo lavorativo
dell’artista urbinate. Bellori pone come punto di partenza di
Barocci il disegno ripreso dalla realtà: “[…] E se avesse veduto
una bella alzata di occhi, un bel profilo di naso, overo una bella
bocca, ne formava le sue bellissime arie di teste”. Basandosi
sulla idea generale della composizione, prima di formarne uno
studio di assieme, Barocci utilizzava i suoi giovani di studio
facendoli mettere in posa, chiedendo loro di assumere le posizioni più naturali, e da questi traeva gli schizzi. Similmente, qualora avesse dovuto introdurre un gruppo di figure, metteva i
diversi modelli insieme in posa, riprendendone vari studi, fino ad
arrivare al disegno compiuto. Da questo Bellori ci dice che
Barocci ricavasse modelletti in creta o in cera su cui adattava
dei panni per studiarne le pieghe e le cadute: si tratta dell’unica
parte del processo creativo di cui non rimangono documenti,
cosa peraltro che accade anche con altri pittori dei quali le fonti
dicono utilizzassero modelli scultorei. A questo punto Barocci
formava un cartoncino a olio o a guazzo in cui erano evidenziati
i chiaroscuri della composizione, il cartone per i lumi e, quindi,
procedeva alla creazione del cartone vero e proprio a grandezza naturale, che veniva applicato alla tela con la sua imprimitura e attentamente ricalcato con lo stilo per trasferirvi tutti i
contorni. A parte eseguiva un ulteriore cartone di ridotte
dimensioni, su cui venivano studiati gli accordi e le proporzioni
dei colori che sarebbero stati utilizzati nella tela definitiva.1 È
molto probabile che l’inserimento di Barocci da parte di Bellori
nella sua scelta antologia di artisti e il risalto così particolareggiato che questo ultimo conferisce al metodo compositivo del
pittore, per il quale poteva attingere alle testimonianze ancora
fresche del matematico urbinate Pompilio Bruni, fosse finalizzato a ribadire la superiorità del disegno dal “naturale” e l’attenzione rispettosa alla verità circostante in confronto agli esercizi stilistici autoreferenziali in cui si era andata a invischiare la
maggior parte dell’ultima generazione di manieristi.
Oggi, affrontando con diversa attenzione la notevolissima
documentazione rimastaci del lavoro di Barocci, il processo
elaborativo riportato da Bellori può apparire in parte schematico e sacrificato alla tesi di fondo del predominio del disegno
dal vero, mancando, per esempio, i riferimenti ai cosiddetti
there were no boundaries between the different techniques
used in figurative art, exemplified in his use of graphic media
such as “guazzo”, or gouche, in the Rest on the Flight to Egypt
for the church of Santo Stefano, Piobbico, or the application of
several large sheets of paper with heads painted separately
using oils, as in the case of the female donor in the Madonna
di San Simone or the head of saint Francis in the Perdono.At the
same time, Barocci could call upon all the expressive possibilities offered by drawing: charcoal gave him a swift staccato ductus with an energy and immediacy unknown to contemporary
artists; used with red and white chalk on brownish and, more
often, on blue paper, it allowed him to create untold sophisticated colour and lighting effects that continue to amaze us today
and leave us in no doubt as to why he was accorded unconditional esteem as a draughtsman in the eighteenth century, the
period in which the “trois crayons” technique was at the height
of popularity. To these basic methods he added pen, pen and
wash, white lead and pastels.These techniques had all been used
by painters before Barocci – for example, blue paper had been
used by painters from the Veneto, and he may have been inspired
to use pastels by Correggio (although no pastel drawings by the
latter, or more probably, by Raphael, have ever shown up).
Nevertheless it was with Barocci that the artist-draughtman
would find an entire orchestra of instruments at his disposal.
It is thanks to Giovan Pietro Bellori, the most authoritative
of Barocci’s early biographers, who places the artist in the
select Parnassus of “modern” painters, that we know something about the working method adopted by the artist from
Urbino. Bellori describes how Barocci would begin by work-
ing from life: “[…] and if he had seen a beautiful uplifting of the
eyes, a fine profile of a nose, or else a lovely mouth, he would
compose his very beautiful arie di teste [faces expressing great
emotional naturalism] from them”. Based on his overall idea of
the composition, before executing a study of the whole,
Barocci would get his youthful pupils to model for him, asking
them to assume natural poses and sketching them individually. Similarly, when he needed to include a group of figures, he
would get the various models to pose together, making various studies until he had created a complete drawing. Bellori
informs us that Barocci would make models from wax or clay,
clothing them in order to study the folds and drape: this is the
only part of the creative process that has not been preserved
today, as is frequently the case with the other painters said
to have made use of statuettes. At this point Barocci would
paint a small cartoon in oils or gouache, concentrating on the
chiaroscuro or lighting effects of his composition before executing a full-scale cartoon that would be applied to the primed
canvas and carefully traced with a stylus to transfer the outlines. He would execute an additional small-scale cartoon to
study the juxtaposition of colours and palette to use in the
final canvas1. It seems likely that Bellori’s decision to include
Barocci in his select anthology of artists and his detailed
description of his compositional method based on the firsthand account of Barocci’s contemporary and fellow citizen,
mathematician Pompilio Bruni, was intended to affirm the
superiority of drawing “from life” and of reverential attention
to the surrounding world over the self-referential stylistic
exercises that had enmeshed most of the late Mannerists.
14
“scarpigni”, gli schizzi a macchia densissimi di segni, idee istantanee della composizione. Esso comunque riflette la memoria
storica del lavoro unitario, incessabile, fatto di disegno e pittura in tutte le possibili declinazioni, che porta alle creazioni
baroccesche. Lo studio stesso dell’artista era organizzato
intorno alla ingente mole di materiale grafico sedimentatovi
negli anni. Materiale, questo, più volte riutilizzato e sul quale si
Federico Barocci, La Madonna di san Simone (1567 ca.), olio
su tela, particolare, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
Federico Barocci, Madonna di San Simone (c. 1567), oil on
canvas, detail, Urbino, Galleria Nazionale delle Marche.
Federico Barocci, Il perdono di Assisi (1576), olio su tela,
particolare, Urbino, chiesa di San Francesco.
Federico Barocci, Il Perdono (1576), oil on canvas, detail,
Urbino, church of San Francesco.
Today, casting a fresh eye over the large body of documentation left by Barocci’s work, the work process described by
Bellori seems rather sketchy and tailored to his underlying
theory of the superiority of life drawing – in fact, he fails to
include any reference to Barocci’s “scarpigni”, his sketches
dense of lines, spontaneous compositions thoughts drawn alla
macchia and dense with lines like instantaneous compositional
ideas. This process reflects the historic memory of the ceaseless organic corpus composed of every possible variation on
drawing and painting that would culminate in Barocci’s creations. The artist’s studio was organised around the huge body
of graphic materials deposited there over the years that would
be reused on numerous occasions and that would provide the
basis for the work of his assistants, as described below, when
baserà in larga parte l’attività dei collaboratori del maestro,
come si avrà modo di dire più avanti, quando non sarà Barocci
stesso a riprendere i suoi fogli e studi finiti di teste e figure per
inserirli in nuove composizioni. Il disegno, insomma, costituirà
la grande eredità di Barocci, dal momento che nessuno dei
suoi allievi e seguaci saprà dare nuova vitalità alla sua lezione
pittorica che verrà fin da subito da loro costretta entro formule stilistiche senza grande futuro.
Del portato eccezionale che quello studio custodiva se ne
resero conto subito tutti e, dopo la morte del maestro urbinate, i collezionisti più prestigiosi cercheranno di assicurare alle
loro raccolte quell’eredità. La corsa è in pieno movimento già a
metà Seicento: il nipote di Federico, Ambrogio Barocci, responsabile dello studio di via San Giovanni a Urbino, vende oltre 800
fogli agli emissari del cardinale Leopoldo de’ Medici, che in due
mandate selezionano i disegni (Giovan Battista Staccoli nel
1658, monsignor Domenico Maria Corsi nel 1673). Essi andranno a costituire la collezione più cospicua di disegni di Barocci,
oggi agli Uffizi. Agli inizi del Settecento la dispersione è già avvenuta, mentre ormai la fortuna di Barocci come disegnatore è
somma a livello europeo. Nel 1710 Pierre Crozat compra molti
fogli dell’artista e, alla sua morte, un altro dei più formidabili collezionisti, Pierre-Jean Mariette, se ne assicura i più interessanti.
Un altro fondo particolarmente ricco di disegni di Barocci viene
raccolto a Roma dall’artista-antiquario Bartolomeo Cavaceppi:
finito in possesso dello scultore e restauratore Vincenzo Pacetti
nel 1799, verrà venduto da suo figlio alle collezioni museali di
Berlino, dove andrà a costituire la seconda raccolta per numero di fogli della grafica dell’artista urbinate.2
Barocci would no longer be re-using these sheets and finished
studies of heads and figures for new compositions. His drawings would be his great heritage because none of his pupils or
followers would prove capable of infusing new life into his pictorial lesson; on the contrary, they would trammel it by means
of stylistic formulae with no great future.
The huge worth of the material contained in the master’s
studio was immediately recognised and, after his death, the
leading collectors sought to secure that heritage for their own
collections. By the mid-seventeenth century they were all
jostling to obtain his work; Federico’s nephew, Ambrogio
Barocci, who was responsible for the studio in Via San
Giovanni in Urbino, sold over 800 sheets to emissaries of
Cardinal Leopoldo de’ Medici, who selected drawings on two
separate occasions (Giovan Battista Staccoli in 1658,
Monsignor Domenico Maria Corsi in 1673). These drawings
would form the largest collection of drawings by Barocci, now
in the Uffizi. By the early eighteenth century his works had
already been dispersed, and his status as draughtsman in
Europe was unrivalled. In 1710 Pierre Crozat bought numerous sheets of drawings by the artist, and upon his death, another extraordinary collector, Pierre-Jean Mariette, succeeded in
obtaining the most interesting examples. Another important
group of Barocci drawings was built up in Rome by the artistantiquary Bartolomeo Cavaceppi; after ending up in the hands
of sculptor and restorer Vincenzo Pacetti in 1799, it would be
sold by his son to the Berlin museum collections and now represents the second most important collection in terms of
number of sheets by the artist from Urbino2.
15
DAL PROGETTO AL DIPINTO:
LA RELAZIONE TRA I DISEGNI DI URBINO
E L’OPERA DI BAROCCI.
Benché di dimensioni estremamente più contenute in confronto ai grandi fondi di disegni di Barocci presenti a Firenze e
a Berlino, la raccolta urbinate della Collezione Viviani riesce a
documentare buona parte del percorso dell’artista, con fogli
risalenti alle prime affermazioni romane fino alle prove estreme, non portate a compimento, del Commiato di Cristo dalla
Vergine e della Madonna Albani. Del momento della prima partecipazione a una impresa collegiale di grande prestigio quale
quella rappresentata dalla decorazione del Casino di Pio IV nei
Giardini Vaticani (dove peraltro Barocci si cimenta con l’affresco) sono presenti nella raccolta di Urbino due fogli: il primo
per una delle figure femminili allegoriche – in questo caso la
Felicitas – nei pennacchi della volta (cat. 21) della prima sala, e
il secondo con vari studi per la scena centrale della volta della
stessa sala, raffigurante la Sacra Famiglia con santa Elisabetta e
san Giovannino (cat. 26 v). Il foglio cat. 21 è uno dei disegni più
interessanti del giovane Barocci, interamente calato nella
dimensione manieristica, con la figura giocata su andamenti
contrapposti e delineata per masse muscolose delle membra
in cui è evidente l’influsso michelangiolesco; ma la linea maestra di provenienza di questa immagine femminile è quella che
parte dall’ultimo Raffaello delle Stanze Vaticane e della villa di
Agostino Chigi. Il recto del foglio cat. 26 reca un disegno in relazione con un altro lavoro in cui Barocci è impegnato in questo
breve ma decisivo periodo romano tra il 1561 e il 1563, le
Storie di Mosè in un appartamento dei Palazzi Vaticani (oggi
Museo Etrusco). Di esse l’artista riuscì a eseguirne solo una,
Mosè e il bastone che si trasforma in serpente, prima di interrompere in modo inaspettato la permanenza nella città a causa
della misteriosa malattia sopravvenuta. Il nudo del cat. 26 r,
come anche lo studio della gamba sinistra e del drappo svolazzante, contenuti nello stesso disegno, si riferiscono appunto
all’elaborazione della figura di Mosè, già individuata nella sua
posa definitiva, in quella scena: lo sfoggio di sapienza anatomica del disegno lascerà il posto al personaggio molto meno
eroico e più accostante dell’affresco.
Le prime opere dipinte da Barocci dopo il rientro in patria
da Roma sono per lo più fortunatamente rimaste nel territorio
urbinate: la Madonna di san Giovanni, la Crocifissione e i Dolenti, la
Madonna di san Simone (tutte conservate nella Galleria
Nazionale delle Marche). Manca a questo gruppo di dipinti, tutti
di carattere religioso, la Madonna col Bambino e i santi Giovanni
Battista e Francesco. Eseguita per la chiesa dei cappuccini di
Fossombrone verosimilmente entro il primo quinquennio degli
16
pleting one panel, Moses and the Serpent, before unexpectedly
breaking off his stay owing to a mysterious illness. The nude in
cat. 26 r, like the study of the left leg and swirling drapery contained in the same drawing, are preparatory for the figure of
Moses seen in his definitive pose in that scene: the display of
anatomical knowledge revealed in the drawing would be
replaced by a far less heroic character in the fresco.
Fortunately most of the works painted by Barocci immediately after his return to Urbino from Rome have remained in
their place of origin: the Madonna di san Giovanni, the Crucifixion
and Mourners, the Madonna di San Simone (all in the Galleria
Nazionale delle Marche). Missing from this group of religious
works is the Virgin and Child with St John and St Francis. Executed
for the Capuchin church in Fossombrone before 1560, it was
plundered by Napoleonic troops in 1806 and taken to Milan.
Long thought to be lost, it was recently rediscovered at the
Pinacoteca di Brera; the painting is only partly legible beneath
the extensive restoration, which means that the few related
autograph drawings have acquired great importance.A couple of
drawings from the Urbino sheets relate to this work. The first,
cat. 13 r, is a fragmentary study for a St John the Baptist, recognised by Olsen as being preparatory for the homonymous saint
Federico Barocci
La deposizione di Cristo dalla croce
(1569), olio su tela, 412 x 232 cm,
Perugia, Duomo.
The various studies for Joseph of
Arimathea on the cross are
characterised by swift dynamic
strokes that contrast with the
studied construction of the
painted image.
Federico Barocci
The Deposition
(1569), oil on canvas, 412 x 232 cm,
Perugia, Duomo.
Uno dei primi studi, in controparte, per la Pia Donna che
regge la Madonna svenuta. Come di consueto, Barocci
utilizza i giovani dello studio in posa nudi, a prescindere dal
sesso dei personaggi che devono raffigurare, per fissare
l’azione dei gruppi di figure, sia in una fase iniziale come
questa che in stadi successivi più definiti.
FROM THE PROJECT TO THE PAINTING:
THE RELATIONSHIP BETWEEN THE URBINO DRAWINGS
AND BAROCCI’S ŒUVRE.
Although far smaller than the Berlin and Florentine collections of Barocci drawings, Urbino’s Viviani Collection documents most of his artistic career with sheets dating to his earliest Roman works and going right up to the final unfinished
works of Christ Taking Leave of the Virgin (Il Commiato) and the
Madonna Albani. It has two sheets documenting his first participation in the highly prestigious collective project for the decoration of the Casino di Pio IV in the Vatican Gardens: the first
for one of the two allegorical female figures – in this case
Felicitas – in the pendentives (cat. 21) in the first room, and the
second with various studies for the central scene of the ceiling
in the same room depicting the Holy Family with St Elizabeth and
St John (cat. 26 v). Sheet cat. 21 is one of the young Barocci’s
most intriguing drawings; completely Mannerist in style, it
shows a figure based on an interplay of contrapposto and sculpturesque limbs clearly influenced by Michelangelo though owing
its greatest debt to the later Raphael in the Vatican Stanze and
in the villa of Agostino Chigi. The recto of sheet cat. 26 has a
drawing related to another work being carried out by Barocci
during his brief yet decisive Roman period between 1561 and
1563: the Life of Moses for an apartment in the Vatican Palace
(now the Etruscan Museum).The artist only succeeded in com-
I vari studi per la figura di
Giuseppe d’Arimatea sulla croce
sono caratterizzati da un segno
velocissimo e dinamico, in
contrasto con la studiata
costruzione dell’immagine dipinta.
One of the first studies, a mirror-image drawing of the Pious
Woman holding up the swooning Virgin. As was his habit,
Barocci had his young assistants pose nude for him,
regardless of the gender of the figures that they were
supposed to represent, both in a preliminary phase like this
one and in later, more definitive phases.
Foglio rivelatore dell’interesse di Barocci per la statuaria
antica: in questi studi, sempre in controparte, per la testa
della Madonna svenuta l’artista definisce sia un modello di
chiara ispirazione classica (a sinistra) sia un altro
semplificato e più naturalistico (a destra) che sarà poi
utilizzato nella realizzazione pittorica.
Fig. I
Sheet revealing Barocci’s interest in antique statuary.
In this study for the head of the swooning Virgin, another
mirror-image, the artist creates a model with clearly
classical origins (left) as well as more simple, natural version
(right), which would be used for the final painting.
17
anni Sessanta del Cinquecento, la pala fu razziata dalle truppe
napoleoniche nel 1806 e portata a Milano. Data per dispersa e
rintracciata in pessime condizioni in epoca recente (Pinacoteca
di Brera), è leggibile solo in parte sotto gli estesi restauri.
Assumono pertanto maggiore importanza i non molti disegni
autografi che a essa si riferiscono. Tra i fogli di Urbino un paio
di disegni sono rapportabili a questa opera. Il primo, il foglio cat.
13 r, è uno studio frammentario per un san Giovanni Battista,
riconosciuto da Olsen come preparatorio per l’omonimo
santo del dipinto, anche se la postura di quest’ultimo nella tela
è abbastanza diversa; il secondo, cat. 24 r, non comporta invece
dubbi sul suo collegamento all’opera: si tratta di un bellissimo
studio a carboncino, rimasto fino ad oggi inedito, che individua
la figura di san Francesco nella sua redazione definitiva, anche
se vista in controparte. Il verso dello stesso foglio reca alcuni
studi di panneggi, per i quali però non è agevole dire se abbiano rapporto con quelli delle figure del dipinto di Fossombrone.
Uno dei gruppi più consistenti di disegni della Collezione
Viviani è relativo alla Deposizione di Cristo dalla croce (Fig. I, p. 17)
che Barocci eseguì, spostandosi a lavorare sul posto, per la cappella di San Bernardino della cattedrale di Perugia tra il 1568 e
il 1569. L’opera costituisce una tappa fondamentale nella carriera dell’artista in quanto primo racconto drammatico corale
di passioni e stati d’animo diversi e in cui la preferenza di
Barocci per le figure poste di scorcio o lungo assi diagonali ha
modo di rifrangersi in una molteplicità di piani inclinati. Questo
dipinto fu affrontato da Barocci con la massima attenzione e
con uno straordinario bagaglio di idee, riflessioni e correzioni
che si sono concretate in un grandissimo numero di disegni,
forse il più ricco all’interno del pur ricco corpus grafico rimastoci dell’artista. Alla prima fase di progettazione del dipinto
risale il foglio cat. 5, che esemplifica il modo di procedere dell’artista riprendendo modelli messi in posa: quello che sarà il
gruppo della Vergine svenuta sorretta da una delle Pie Donne
viene qui studiato utilizzando un ragazzo nudo che sorregge
un’altra figura, anch’essa nuda. Il gruppo è in posizione speculare in confronto a quella che avrà nella pala definitiva e il giovane che sostiene la figura accasciata mantiene un portamento
eretto, mentre in seguito il pittore deciderà di ripiegare questo
personaggio quasi a includere la Madonna nel proprio abbraccio, evidenziandone così la partecipazione emotiva al dramma
della madre di Cristo. Il volto della Vergine svenuta viene studiato in due disegni del foglio cat. 12 r. Si tratta di un esempio
particolarmente rivelatore, perché mostra come la conoscenza e la pratica dell’antico sia sottesa, ma non rimossa, dall’artista urbinate: a sinistra vi è il disegno di una testa femminile di
chiara matrice classica, forse ricordo di una scultura; a destra,
la testa ha assunto la rotazione e la scorciatura poi mantenute
nel dipinto, perdendo le caratteristiche troppo classicheggianti
e acquisendo al tempo stesso una fisionomia semplificata e più
realistica1. Un processo analogo è avvertibile nella tecnica,
morbida e ricca di passaggi chiaroscurali nel disegno di sinistra,
più incisa e secca in quello di destra. Il foglio cat. 10 è occupato da due disegni per il Cristo morto: quello inferiore2 analizza il rapporto tra il collo reclinato, la spalla destra e il braccio
teso perché ancora inchiodato alla croce, trascurando di caratterizzare il viso, reso con veloci tratti impersonali; al di sopra il
volto di Cristo ha invece la forza di un ritratto, una di quelle
in the painting, even though the posture of the latter in the
canvas is rather different from the study. The second, cat. 24
r, is quite clearly linked to the final work: a fine charcoal
study, previously unknown, it shows the final version of the
figure of St Francis, albeit as a mirror image. The verso of the
same sheet has several studies for drapery, but it is difficult
to establish whether these are related to the drapery of the
figures in the Fossombrone painting.
One of the largest groups in the Viviani collection concerns
the Deposition (Fig. I. p. 17), which Barocci executed in situ for
the chapel of San Bernardino in the cathedral of Perugia
between 1568 and 1569. This altarpiece represents a watershed moment in the artist’s career, his first dramatic choral
account of different passions and emotions, in which his preference for foreshortened or diagonally placed figures comes
to the fore in a multitude of sloping planes. Barocci brought
great attention to this work along with an extraordinary
stock of ideas, reflections and corrections that took the shape
of a vast body of drawings, possibly the largest in the rich
graphic œuvre bequeathed to us by the artist. Sheet cat. 5,
which belongs to the first phase of preparation, reveals how
the artist would begin by drawing his models in their poses:
the group that would show the swooning Virgin held up by
one of the Pious Women is studied using a nude boy supporting another figure that is also nude. The group is reversed
with respect to the group shown in the altarpiece and the
youth holding up the fainting figure is shown erect, while the
painter would later decide to portray this figure curving
around as if to embrace the Virgin, underlining her emotional
involvement in the tragedy being experienced by the mother
of Christ. The swooning Virgin’s face is studied in two drawings on sheet cat. 12 r. These extremely telling studies reveal
how Barocci’s theoretical knowledge and use of antique art is
implied but not removed: to the left is a drawing of a female
head with clearly classical origins, possibly inspired by a sculpture; to the right, the head is tilted at the angle that it will
maintain in the painting, losing some of its more classicising
tendencies while acquiring a more simple, natural look1. A
similar process is apparent in the technique: soft strokes with
chiaroscuro transitions in the left-hand drawing, cleaner, more
distinct lines in the right-hand sketch. Sheet cat. 10 has two
drawings of the dead Christ: the lower one2 analyses the relationship between the reclining neck, right shoulder and taut
arm still nailed to the cross, while barely sketching in the face,
which is rendered with swift, impersonal strokes; the face in
the top drawing resembles a portrait, one of those “arie di
teste” (sadly damaged due to the poor state of conservation
of the sheet) that Barocci would draw from everyday life.
Other studies for the Perugia Deposition are on the recto and
verso of sheet cat. 11 and show the men climbing up to
remove the body of Christ from the cross. The studies on cat.
11 r all show Joseph of Arimathea holding onto the cross
while attempting to free Christ’s arm which is still nailed to
the wood; these figures are all characterised by dense hatching of swift, feverish charcoal strokes and smudged white lead
streaks. The studies in cat. 11 v refer to the two figures on the
ladder in the right-hand part of the painting, which are
sketchily outlined yet highly expressive.
18
Federico Barocci
La Madonna del gatto
(1574-1575 ca.),
olio su tela, 112,7 x 92,7 cm,
Londra, The National Gallery.
Federico Barocci
Madonna del Gatto
(c. 1574-1575), oil on canvas,
112.7 x 92.7 cm, London,
National Gallery.
Fig. II
A differenza del recto, dove il santo è
tracciato di profilo, questo disegno,
nonostante l’estrema concentrazione
sommaria dei tratti, fissa in maniera
definitiva ed efficace l’immagine di san
Giuseppe che si affaccia sorridente.
A destra, accanto al braccio nudo, uno
studio a sanguigna per la manica.
Unlike the recto, where the saint is sketched
in profile, this drawing, despite its extremely
sketchy strokes, skilfully captures an
avuncular St Joseph looking on.
To the right, a red chalk study for the sleeve
alongside the nude arm.
Il foglio costituisce un caso quanto mai esemplificatore del processo creativo di Barocci, perché il gruppo
centrale del dipinto vi appare scomposto nei suoi elementi principali. Così a destra vi è lo studio del
modello nudo per la posizione della Madonna, a sinistra il panneggio che andrà a coprire la parte inferiore di
quella figura, in basso al centro il san Giovannino che andrà a sovrapporsi a quel panneggio
e finalmente, in basso a destra, lo studio della mano in scorcio della Madonna che regge il Bambino Gesù.
This sheet is a particularly illuminating example of Barocci’s work process because the central group in the
painting is broken down into its main elements. On the right is a study of a nude model for the position of
the Virgin, to the left, the folds of the drapery that will cover the lower half of that figure, bottom centre,
the St John, who will be in front of that drapery, and, lastly, on the bottom right, a study of the
foreshortened hand of the Virgin holding the Christ Child.
19
“arie di teste” (qui purtroppo malconcia per le condizioni
conservative del foglio) che Barocci traeva dalla realtà quotidiana. Altri studi per la Deposizione di Perugia si trovano sul
foglio cat. 11, sia sul recto sia sul verso, relativi agli uomini che
si arrampicano sulla croce per staccare il corpo di Cristo.
Gli studi del cat. 11 r sono tutti per la figura di Giuseppe
d’Arimatea aggrappato alla croce e intento a schiodare il
braccio di Cristo ancora fissato a essa, e sono caratterizzati
da un reticolo di segni febbrili e veloci di carboncino e striature (ormai impastate) di gessetto bianco. Quelli del cat. 11
v si riferiscono invece alle due figure sulla scala sulla parte
destra del quadro, rese in modo stringente, quasi stenografico, ma con una vivissima gestualità.
Un dipinto di pochi anni successivo alla grande Deposizione
di Perugia, la genesi del quale è documentata da diversi disegni
del fondo urbinate, è la Madonna del gatto (Fig. II, p. 19), dipinta
per il conte Antonio Brancaleoni di Piobbico intorno al 15741575 (oggi alla National Gallery di Londra) e uno dei più squisiti idilli domestici concepiti dal pittore. Si tratta dei fogli cat. 22,
23 e 29, recanti disegni sia sul recto sia sul verso. Tra questi, il
foglio cat. 22 offre una straordinaria testimonianza del processo creativo in progressione adottato da Barocci. Sul verso, in
basso a sinistra, vi è una idea ancora allo stato primigenio di
quella che sarà la composizione: un gomitolo di segni tumultuosi a inchiostro, spunti diversi che si accavallano contro uno
sfondo architettonico lontano da quello poi scelto, una tipica
finestra urbinate. La penna traccia immagini di putti, una figura
più grande che li accoglie in grembo (primo nucleo per il gruppo della Madonna con i due bambini, Gesù e Giovannino). Sul
resto del foglio, disegni in scala maggiore di gambe infantili e, a
destra, due studi per la figura della Madonna, ripresa dal vero
dal modello: un giovane nudo, seduto con le gambe incrociate,
in una posa ancora lievemente rigida. Sul recto del foglio il
modello ha assunto la posizione più scivolata e la leggera torsione del busto che avrà la Madonna nella redazione finale,
mentre sulla sinistra è delineato il panneggio che ne coprirà le
gambe accavallate; in basso, studi per il san Giovannino e per la
mano della Madonna. La bellezza dei disegni del foglio cat. 22 r
è sottolineata dalla tecnica tipicamente baroccesca della sanguigna lumeggiata a biacca su di un supporto colorato (una
carta verosimilmente cerulea all’origine, oggi color avana). Il
foglio cat. 23 presenta su entrambe le facce studi con varianti
della figura di san Giuseppe che si affaccia sulla destra del quadro; sul recto la figura è abbigliata e posta di profilo; sul verso il
modello a torso nudo si sporge inclinandosi nella posizione che
avrà il santo nella stesura dipinta. Il foglio cat. 29 r, infine, presenta uno studio per le gambe di san Giovannino, appena
accennate nel disegno del verso.
Del Perdono di Assisi (Fig. III) – uno dei più importanti dipinti religiosi della Controriforma che conobbe immediata diffusione e favore grazie anche all’incisione che lo stesso Federico
Barocci ne trasse – la raccolta grafica di Urbino conserva un
foglio con vari studi preparatori per la figura di san Nicola di
Bari (cat. 28). Come è noto, la prima idea del quadro, contenuta nel modello a olio su tela conservato nella Galleria
Nazionale delle Marche, prevedeva alla destra del Cristo l’immagine di santa Chiara. È verosimile che la decisione di sostituire la santa francescana (il dipinto avrebbe costituito la pala
Between 1574-1575, just a few years after the great Perugia
Deposition, Barocci painted his Madonna del Gatto (Fig. II, p. 19)
for Count Antonio Brancaleoni of Piobbico – now in London’s
National Gallery; one of the painter’s loveliest domestic idylls,
its creative process is documented in various drawings belonging to the Urbino collection. Sheets cat. 22, 23 and 29 have
drawings on both recto and verso sides; sheet cat. 22 offers an
extraordinary glimpse into the work process adopted by
Barocci. The bottom left-hand corner of the verso contains a
seminal idea of the form the composition would eventually
take: a tangle of turbulent ink strokes, various sketches layered
against an architectural setting quite unlike the final background chosen, which was a window in a typical Urbino palace.
The artist’s pen sketches putti, a larger figure holding them on
her lap (the first nucleus for the Virgin with the two children,
Jesus and John). On the rest of the sheet, larger scale drawings
of children’s legs and, on the right, two studies for the figure of
the Virgin, drawn from life using a model: a naked youth, seated with his legs crossed, assumes a slightly stiff pose. On the
recto of the sheet, the model is leaning forward slightly, bust
slightly rotated in the position that the Virgin will assume in
the final version, while on the left, Barocci has outlined the
folds of the dress that will cover her crossed legs; below are
studies for St John and the hand of the Virgin. The use of the
typically Barocci’s technique of red chalk highlighted with
white lead on a tinted support (probably blue in origin, the
paper now appears brown) heightens the beauty of the drawings on sheet cat. 22 r. Both sides of sheet cat. 23 have studies
showing variations on the figure of St Joseph looking on to the
right of the painting: on the recto the figure is shown clothed
and in profile; on the verso the bare-chested model leans forward in the position that the saint will assume in the painting.
Lastly, sheet cat. 29 r holds a study for the legs of St John,
which are lightly traced in the verso drawing.
The Urbino drawing collection has a sheet with various
preparatory studies for St Nicholas of Bari (cat. 28) relative
to Il Perdono (Fig. III). One of the most important religious
paintings of the Counter Reformation, it was widely diffused
from the beginning, thanks also to an engraving made by
Barocci himself, and met with great favour. As is well known,
the original idea for the painting, shown in an oil on canvas
model in the Galleria Nazionale delle Marche, showed St
Clare to the right of Christ (the commission was an altarpiece
for the high altar of the church of San Francesco in Urbino).
It is likely that the decision to replace the Franciscan saint
with St Nicholas is linked to the name of the patron commissioning the work, Nicolò Ventura known as il Fattore. The
sheet has a series of studies for the saint’s pose and a drawing relative to the folds of his cope, together with two separate drawings of the Virgin’s hands in the same painting.
The composition of the figure of Christ in Il Perdono, suspended in the air above the heads of the cherubs, is linked to
the Immaculate Conception (Fig. IV. p. 23) in the Galleria
Nazionale delle Marche, which was painted for the
Compagnia della Concezione of Urbino (precise dates
unknown). The work was originally based on an older iconography, that of the Virgin of Mercy sheltering the faithful
beneath her cloak. This aspect, which was intended to reflect
20
Federico Barocci
Il perdono di Assisi
(1576), olio su tela, 427 x 236 cm,
Urbino,
chiesa di San Francesco.
Federico Barocci
Il Perdono
(1576), oil on canvas, 427 x 236 cm,
Urbino, church of San Francesco.
Il foglio contiene una serie di studi per la figura di san
Nicola di Bari, ripresi da un modello inginocchiato in
semplice farsetto. A sinistra viene sperimentata una prima
idea per il panneggio del suo piviale, mentre in basso sono
tracciate separatamente le mani della Madonna intercedente
posta di fronte al santo.
This sheet has a series of studies for the figure
of St Nicholas of Bari, using a kneeling model wearing a
humble doublet. To the left, Barocci experiments with an
initial idea for the folds of his cope, while below are
separate sketches for the hands of the interceding
Virgin opposite the saint.
Fig. III
21
dell’altar maggiore della chiesa di San Francesco a Urbino) con
san Nicola sia legata al nome del committente dell’opera,
Nicolò Ventura detto il Fattore. Il foglio presenta una serie di
studi per la postura del santo e un disegno relativo al panneggio del suo piviale, unitamente a due disegni separati per le
mani della Madonna nello stesso dipinto.
Alla figura del Cristo nel Perdono di Assisi, sospeso a mezz’aria
sulla testa dei cherubini, si collega da un punto di vista compositivo l’Immacolata Concezione (Fig. IV) della Galleria
Nazionale delle Marche, eseguita per la Compagnia della
Concezione di Urbino, per la quale manchiamo di date certe.
L’opera nasceva con una iconografia più arcaica, quale la
Madonna della Misericordia con il manto aperto ad accogliere sotto di sé il popolo dei fedeli. Questo aspetto, che doveva riflettere la primitiva idea della committenza, è documentato da un modelletto per le lumeggiature del Gabinetto
Disegni e Stampe degli Uffizi (Inv. n. 11446F r), del quale esiste un’altra versione nel fondo Viviani con piccole differenze
(cat. 46): lo stato del foglio di Urbino, maldestramente ripassato nei contorni, non permette tuttavia di stabilire con certezza se si tratti di un originale di Barocci ritoccato o direttamente di una esercitazione della bottega.
Il Perdono di Assisi inaugura, alla metà degli anni Settanta del
Cinquecento, la grande stagione della maturità di Barocci, che
vede il susseguirsi (ma più spesso il sovrapporsi nella lenta lavorazione) di una serie di capolavori. Al compimento di questa
ultima opera s’intreccia la genesi della Madonna del popolo (Fig.
V, p. 25) per Santa Maria della Pieve ad Arezzo, che Barocci riuscì a consegnare alla città toscana solo nel 1579 (il dipinto verrà
poi acquistato nel tardo Settecento dal granduca Pietro
Leopoldo per gli Uffizi). Un primo abbozzo per la parte inferiore dell’imponente tavola, rimasto fino a oggi praticamente sconosciuto, è offerto dal verso del foglio cat. 32, che reca sulla sinistra la massa indifferenziata della folla da cui si staccano, sulla
destra, alcuni studi per il bimbetto in primo piano. Il recto del
foglio presenta un disegno molto finito per la colomba dello
Spirito Santo che si libra al centro del dipinto. Il ruolo da protagonista che ha il popolo nella pala aretina portò Barocci a eseguire una quantità di studi di teste, di cui solo una parte poi fu
da lui utilizzata nell’opera definitiva. Di questi fa quasi sicuramente parte il foglio cat. 27, una intensa testa di ragazzo: anche
se non puntualmente rintracciabile tra la moltitudine di personaggi che si accalcano nella pala, la scorciatura del viso, rivolto
verso l’apparizione celeste in alto, lo accosta a studi analoghi
condotti su fisionomie di varie età.3 Molto meno convincente è
la proposta di Olsen e di Emiliani di considerare tra gli studi
preparatori della Madonna del popolo quello della testa di una
dama della Collezione Viviani (cat. 19): il disegno non ha riscontri nemmeno nell’atteggiamento con i personaggi della pala aretina, e la testa rivolta verso chi guarda ha tutta l’aria di uno
schizzo per un ritratto, in cui Barocci si sofferma sull’acconciatura con i capelli raccolti e tirati verso l’alto, lasciando i tratti del
volto in una suggestiva indeterminatezza. Inoltre, l’acconciatura
stessa sembrerebbe indicare una epoca posteriore agli anni
della Madonna del popolo. Essa difatti si ritrova in ritratti di corte
eseguiti dallo studio di Barocci databili intorno alla fine del
Cinquecento, in particolare nei due Ritratti di dame, conservati
all’Ermitage. Questi ultimi sono indicati dubitativamente come
the original idea of the commission, is documented by a smallscale model for highlights in the Gabinetto Disegni e Stampe
degli Uffizi (Inv. n. 11446F r), and by a similar version with
minor differences in the Viviani collection (cat. 46): unfortunately the outlines of the version in the Urbino sheet have
been clumsily gone over at some time in the past making it
impossible to establish with any certainty whether this is an
original by Barocci that has been retouched or an exercise carried out in his workshop.
Il Perdono marks the beginning of Barocci’s mature period in
the mid-1570s, which would lead to a succession of masterpieces (mostly an overlapping succession of works produced
over long periods of time). The creation of this last work
would intertwine with the genesis of the Madonna del Popolo
(Fig.V, p. 25) for the church of Santa Maria della Pieve in Arezzo,
a work that was only consigned in 1579 (it was later purchased
by Grand Duke Pietro Leopoldo for the Uffizi). A preliminary
sketch for the lower section of this imposing work, which has
remained virtually unknown until today, is on the verso of sheet
cat. 32, which shows the indistinct mass of the crowd on the
left, and a few studies of the child in the foreground, on the
right of the page. The recto of the sheet has an extremely
accomplished drawing for the dove of the Holy Spirit hovering
in the centre of the painting. The key role played by the people in this altarpiece caused Barocci to execute a large number of studies of heads, only some of which were used in the
final work. One such study, of an intense boy, is undoubtedly
included on sheet cat. 27: although impossible to identify
among the crowd of people thronging the altarpiece, the tilt-
ed face looking up at the celestial apparition above resembles
similar studies for people of various ages3. Far less convincing
is Olsen and Emiliani’s proposal to include the head of a lady
in the Viviani collection (cat. 19) among the preparatory studies for the Madonna del Popolo: the drawing does not resemble
any of the figures in the altarpiece, not even in its attitude, and
the head turned to gaze at the onlooker resembles a sketch
for a portrait in every respect. Barocci leaves the features suggestively undefined, while dwelling on the hair, which is pulled
back from the face and pinned up in a style that seems to
belong to a later period than the Madonna del Popolo. In fact,
this hairstyle can be found in various court portraits carried
out by Barocci’s studio towards the end of the sixteenth century, in particular, two Portraits of Ladies in the Hermitage.
These paintings have tentatively been identified as portraying a
duchess from Urbino or a noblewoman belonging to the Della
Rovere entourage, the slightly older one wearing black, the
younger one, holding a lapdog, is wearing a light-coloured
gown and has a flower-like rosette pinned to the top of her
hair, just like in the Urbino drawing.
As pointed out above, Barocci would get his workshop
assistants to pose nude, regardless of the sex of the figures in
the final painting. One of the few exceptions is shown on
sheet cat. 8. It depicts a young female nude shown from the
back, a preparatory study for the figure of the Magdalene in
the Entombment (Fig.VI, p. 27), a work completed by Barocci in
1582 for the high altar of the church of the Confraternità della
Croce in Senigallia. A closer examination of the exquisitely
executed drawing, the only full-figure study for the Magdalene
22
Federico Barocci
L’Immacolata Concezione
(1575 ca.), olio su tela,
217 x 144 cm,
Urbino, Galleria Nazionale
delle Marche.
Federico Barocci
The Immaculate Conception
(c. 1575), oil on canvas,
217 x 144 cm, Urbino, Galleria
Nazionale delle Marche.
Il cartoncino per le luci, compromesso da
un pesante ricalco dei contorni che rende
impossibile stabilire se la stesura al di sotto
sia autografa, documenta la prima idea del
dipinto come Madonna della Misericordia,
cambiato poi da Barocci in una Immacolata,
con l’eliminazione del manto che copre i
fedeli e l’aggiunta della falce lunare.
Fig. IV
The heavily drawn-over outlines of this
small cartoon for the lighting effects makes
it impossible to establish whether the traces
below were by Barocci’s hand; it documents
the initial idea for a painting of the Virgin of
Mercy, which Barocci subsequently
transformed into an Immaculate Virgin,
eliminating the cloak sheltering the faithful
and adding a sickle moon.
23
raffiguranti una duchessa di Urbino o qualche gentildonna dell’entourage dei della Rovere, una di età appena più matura in
abito nero, l’altra in età più giovanile in abito chiaro con un
cagnolino; quest’ultima porta l’acconciatura dei capelli ornata
al sommo da una coccarda a forma di fiore, la stessa che appare nel disegno di Urbino.
Si è già avuto modo di indicare come Barocci studi il modello nudo in posa utilizzando costantemente i ragazzi della bottega, a prescindere dal sesso del personaggio che va a raffigurare.
Una delle poche eccezioni a questa prassi è costituito dal foglio
cat. 8. Esso raffigura un nudo femminile di spalle, preparatorio
per la figura della Maddalena nella Sepoltura di Cristo (Fig.VI, p. 27),
opera licenziata da Barocci nel 1582 per l’altare maggiore della
chiesa della Confraternita della Croce a Senigallia. Il finissimo
disegno, oltre a essere l’unico studio a piena figura fino a oggi
conosciuto per la Maddalena del dipinto senigalliese4, rivela all’esame di non essere il riadattamento di un corpo maschile, bensì
uno dei rari nudi di donna colti dal vero dall’artista.
L’anno dopo, il 1583, Federico portava a termine un altro
tour de force compositivo, la pala con il Martirio di san Vitale
(Fig. VII, p. 29) per l’omonima basilica bizantina di Ravenna,
anch’essa finita con le razzie napoleoniche a Brera. Qui l’artista
spingeva al massimo il contrasto tra l’episodio drammatico centrale con il santo gettato nella fossa e la pausa di tranquillità
domestica espressa dai personaggi e dagli animali in primo piano.
La Collezione Viviani conserva tre fogli di studi per il dipinto: cat.
1 r e v, cat. 14 r e v, cat. 30. Per la figura con funzione di quinta
sulla sinistra del quadro, la donna che allatta un bambino, è possibile seguire attraverso i disegni una sequenza nella definizione
dell’immagine: il verso del foglio cat. 1 mostra, pur nell’economia
dei tratti che fissano un primo pensiero, la scelta della scorciatura della testa e del busto e il braccio proteso verso il basso
della figura; il recto dello stesso foglio è occupato da uno studio
più definito del volto dalle palpebre abbassate, tipico topos
baroccesco, qui visto in controparte rispetto al quadro ed evidentemente riutilizzato in altre redazioni, come dimostrano i
tratti ricalcati con lo stilo. Il disegno cat. 30, infine, è uno studio a sanguigna per l’intera figura della donna abbigliata, con
particolare attenzione alle maniche, senza l’inserimento del
bimbo poppante al suo seno. Il foglio cat. 14 reca invece sia
sul recto sia sul verso studi di nudo per l’aguzzino di spalle
che getta una pesante pietra sul santo, con leggere varianti
nelle due redazioni. Lo stato particolarmente buono del
foglio, uno dei meglio conservati della raccolta urbinate,
permette di apprezzare la sorprendente freschezza del
segno al carboncino di Barocci, velocemente ravvivato con la
biacca, e di misurare il differente approccio dell’artista urbinate con la rappresentazione dal modello vivo in confronto
alla maggioranza degli artisti manieristi coevi.
Con gli anni Ottanta del Cinquecento vediamo che le destinazioni delle maggiori opere realizzate da Barocci in patria si
sono gradualmente spostate da Urbino a Pesaro e alla seconda città costiera del ducato, Senigallia, in sintonia con il centro
in cui gravita maggiormente la corte. Su interessamento di
Lucrezia d’Este, prima moglie del duca Francesco Maria II,
Barocci esegue contemporaneamente al Martirio di san Vitale la
pala con la Chiamata di sant’Andrea per l’omonima confraternita di Pesaro5. Il dipinto (oggi ai Musées Royaux des Beaux-Arts
in the Senigallia painting known today4, shows that this is not
an adaptation of a male body, but one of the artist’s rare portrayals of a female nude from life.
A year later, in 1583, Federico would complete yet another
compositional tour de force, the Martyrdom of St Vitalis (Fig.VII.
p. 29) for the homonymous Byzantine basilica in Ravenna, yet
another altarpiece that would end up in the Brera gallery in
the wake of Napoleonic plundering. Here the artist would
exploit the contrast between the dramatic central episode of
the saint being hurtled into the grave and the quiet domesticity expressed by the figures and animals in the foreground. The
Viviani collection has three sheets of studies for this painting:
cat. 1 r and v, cat. 14 r and v, and cat. 30. The drawings reveal
the sequence of studies culminating in the figure in the lefthand wings of the painting, the woman suckling a child:
although the verso of sheet cat. 1 only has a few strokes capturing the primo pensiero, or original idea, it shows the choice
of tilt of the head and the torsion of the bust and arm
stretched out below; the recto of the same sheet shows a more
definitive study of the face with eyelids lowered, a typical
Barocci’s topos, shown as a mirror-image with respect to the
painting and evidently used in other versions, revealed by the
outlines which have been gone over by stylus. Lastly, drawing
cat. 30 is a full-length study in red chalk of the clothed woman,
paying particular attention to the sleeves, without the child
suckling at her breast. Both recto and verso of sheet cat. 14 have
nude studies for the tormenter shown from the back in the
act of throwing a huge rock, with slight variations in the two
versions. The outstanding condition of the sheet, one of the
best preserved in the collection, reveals the extraordinary
immediacy of Barocci’s charcoal strokes, swiftly lifted with
white lead, and his unique approach to life drawing when compared to most of his contemporaries.
In the 1580s, most of the major works executed by Barocci
in his home town were destined for Pesaro, rather than
Urbino, and for Senigallia, the second-most important coastal
town in the duchy, around which court life now revolved. At
the request of Lucrezia d’Este, first wife of Duke Francesco
Maria II, Barocci carried out the Calling of St Andrew for the
homonymous confraternity of Pesaro while still working on
the Martyrdom of St Vitalis5. Immediately after its completion,
Barocci made a replica of The Calling of St Andrew (now in the
Musées Royaux des Beaux-Arts in Brussels following the
Napoleonic confiscations) at the request of Francesco Maria
II, who wished to donate it to the King of Spain who had
awarded him the prestigious Order of the Golden Fleece.
King Philip II had this second version placed in the Escorial,
where it still hangs today. The Urbino drawing collection has
at least one autograph drawing relating to the Calling of St
Andrew but this sheet (cat. 44 v) raises some questions
because it has drawings by different hands on either side: the
verso has the study of the head by Barocci examined below,
the recto of the sheet has a Virgin and Child clearly by another artist, a Marchigian artist, who has yet to be identified but
is clearly influenced by Zuccari, and by Roman art in general.
Possibly a painter from Barocci’s circle reused the sheet or
the master may have sketched a drawing on a piece of paper
already containing a drawing by another hand. It is hard to
24
Federico Barocci
La Madonna del popolo
(1579), olio su tavola,
359 x 252 cm,
Firenze, Galleria degli Uffizi.
Federico Barocci
Madonna del Popolo
(1579), oil on panel,
359 x 252 cm,
Florence, Uffizi.
Il disegno costituisce uno studio puntuale
per la colomba dello Spirito Santo che si
libra al di sotto di Cristo. Esso mostra la
straordinaria freschezza con cui Barocci
annota i particolari naturalistici che poi
inserirà nei suoi quadri: qui con un uso
rapido e sicurissimo del carboncino, appena
ravvivato da un tocco di sanguigna sul
becco.
The drawing is a detailed study for the dove
of the Holy Spirit hovering below Christ. It
reveals the extraordinary freshness that
Barocci brings to the natural details
included in his paintings: the sketch consists
of swift, sure charcoal strokes heightened by
a touch of red chalk on the beak.
Fig. V
Benché non sia rintracciabile una esatta ripresa
del disegno all’interno della pala, questa testa di
ragazzo rientra pressoché certamente tra gli
studi per gli astanti rivolti verso l’alto
all’apparizione della Madonna. Gli sguardi come
i gesti del popolo cristiano creano così un legame
visivo particolarmente intenso con
l’epifania divina.
Although it is impossible to identify an exact
copy of the drawing in the altarpiece, this boy’s
head is undoubtedly among the studies for the
onlookers looking upwards to see the apparition
of the Virgin. The gazes and gestures of the
Christians in the crowd create an extremely
intense visual link with the divine epiphany.
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